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Marco Di Franco DOMUS DE MARIA CAGLIARI - CHIA LAGUNA 17 Ottobre 2008

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Presentazione sul tema: "Marco Di Franco DOMUS DE MARIA CAGLIARI - CHIA LAGUNA 17 Ottobre 2008"— Transcript della presentazione:

1 Marco Di Franco DOMUS DE MARIA CAGLIARI - CHIA LAGUNA 17 Ottobre 2008
XVIII CONGRESSO NAZIONALE ANCE RISCHIO CARDIOMETABOLICO: Il ruolo della pratica clinica Marco Di Franco DOMUS DE MARIA CAGLIARI - CHIA LAGUNA 17 Ottobre 2008

2 RUOLO DEL CARDIOLOGO DEL TERRIOTORIO
PAZIENTE Prevenzione primaria (Medicina del territorio) Evento clinico (Ospedale) Prevenzione secondaria (Medicina del territorio)

3 Rischio Cardiometabolico
Il rischio Cardiometabolico è un concetto nuovo che supera e completa il concetto di Rischio Cardiovascolare. Non c’è equivalenza tra RCV e RCM. Non si tratta di una variazione semantica o lessicale ma di una nuova affermazione che ha una ricaduta pratica importante.

4 Rischio Cardiometabolico
Con il concetto di RCM abbiamo la possibilità di individuare meglio e più facilmente il paziente ad alto o ad altissimo RCV. Ai classici fattori di rischio abbiamo aggiunto altri fattori di rischio emergenti. La determinazione dei criteri della Sindrome Metabolica consente di correlare un cluster di fattori di rischio con un’alta probabilità che un evento clinico cardiovascolare si verifichi.

5 Cos’è il rischio cardiometabolico?
Il rischio cardiometabolico globale rappresenta il rischio complessivo di sviluppare diabete di tipo 2 e/o malattie cardiovascolari (MCV) in seguito alla presenza di un insieme di fattori di rischio classici ed emergenti. MI: myocardial infarction; LDL: low-density lipoprotein; HDL: high-density lipoprotein Després et al. Nature 2006; Vol 444:

6 Cos’è il rischio cardiometabolico?
Fattori di rischio classici: fumo, elevato C-LDL, ipertensione, iperglicemia Fattori di rischio emergenti strettamente correlati all’obesità addominale: insulino-resistenza, basso C-HDL, elevati trigliceridi e markers infiammatori MI: myocardial infarction; LDL: low-density lipoprotein; HDL: high-density lipoprotein Després et al. Nature 2006; Vol 444:

7 Rischio cardiometabolico globale
Abbiamo considerato per decenni il ruolo dei fattori di rischio “classici” – elevato colesterolo LDL, ipertensione, elevata glicemia e fumo – nella patogenesi delle patologie cardiovascolari. La ricerca più recente sta delineando il contributo di fattori di rischio emergenti nel determinare il rischio di sviluppare diabete mellito di tipo 2 e patologie cardiovascolari, particolarmente in presenza di insulino-resistenza. L’obesità addominale è associata a fattori di rischio cardiometabolico multipli, come la dislipidemia aterogena (ipertrigliceridemia e basso colesterolo HDL), l’iperglicemia e l’infiammazione, che sono i maggiori driver della patologia cardiovascolare e del diabete di tipo 2. In aggiunta, l’aterosclerosi viene considerata sempre più come una condizione su base infiammatoria. Gelfand EV et al. Rimonabant: a cannabinoid receptor type 1 blocker for management of multiple cardiometabolic risk factors. J Am Coll Cardiol 2006:47(10):1919–26. Vasudevan AR, Ballantyne C et al, Cardiometabolic risk assessment: an approach to the prevention of cardiovascular disease and diabetes mellitus. Clin Cornerstone 2005; 7(2-3):7–16. Gelfand EV et al, 2006; Vasudevan AR et al, 2005

8 The Risk Factors Continuum
Atherosclerosis and LVH Myocardial Infarction Remodeling Hypertension at high risk Il RCM si basa sul concetto di continuum del rischio Congestive Heart Failure Risk Factors IGT Hypertension È ormai acclarato che i classici fattori di rischio cardiovascolare operano in un continuum inarrestabile, provocando dapprima il danno d’organo e, successivamente, gli eventi clinici. Segnatamente all’infarto miocardico, la cavità ventricolare subisce un progressivo rimodellamento, caratterizzato da dilatazione della cavità ed assottigliamento degli spessori parietali, che, inevitabilmente comporta, se non antagonizzato efficacemente, la progressione verso l’insufficienza cardiaca cronica e la morte. End-Stage Heart Disease and Death Dzau V, Braunwald E. Am Heart J. 1991;121:

9 Fattori contribuenti al rischio cardiometabolico globale
Sindrome metabolica LDL Sindrome metabolica LDL HDL HDL Ipertensione Diabete Ipertensione Diabete + = Sesso maschile Sesso maschile Età Età Altri (fattori genetici) e Fumo Altri (fattori genetici) e Fumo Il rischio cardiometabolico è il rischio complessivo di sviluppare patologie cardiovascolari risultante dalla presenza di sindrome metabolica ma anche da fattori di rischio tradizionali quali le alterazioni del quadro lipidico (LDL e HDL), ipertensione, diabete, età, sesso maschile, fumo e, ancora, altri fattori di rischio meno noti (inclusi i fattori genetici che in gran parte dei casi non possono essere valutati nella pratica clinica). In accordo con questo modello, la presenza di sindrome metabolica non sostituisce la necessità di valutare il rischio CV globale, ma deve eventualmente essere considerata nella valutazione globale del rischio. Che la sindrome metabolica sia un fattore indipendente che aggiunge qualcosa di significativo nella valutazione del rischio globale di MCV, così come accade considerando i fattori di rischio tradizionali, non è condiviso da tutti e vi è ancora molto dibattito in letteratura; la diatriba sul suo valore aggiunto è molto sentita. Nuovo fattore di rischio CV Rischio CV globale da fattori di rischio tradizionali Rischio cardiometabolico globale Després et al, Nature 2006; Vol 444:

10 RISCHIO CARDIOMETABOLICO GLOBALE
Identificazione dei fattori di rischio in un paziente a rischio per patologie cardiovascolari e diabete Iper- tensione Età Sesso maschile Diabete SINDROME METABOLICA Infiam- mazione  ApoB LDL dense  TG  HDL  Press. arteriosa Alterata glicemia a digiuno Trombosi Fumo HDL Obesità addominale Insulino resistenza  Insulina Sindrome Metabolica Rischio cardiometabolico Modello per la definizione di rischio cardiometabolico globale Il modello enfatizza la necessità di considerare le informazioni fornite dai parametri della sindrome metabolica nella valutazione del rischio globale di patologie cardiovascolari. Gli attuali algoritmi considerano i fattori di rischio tradizionali ma non includono potenziali importanti rischi aggiuntivi associati alle conseguenze dell’obesità viscerale/insulino-resistenza come i parametri della sindrome metabolica. In questo modello, il rischio cardiometabolico globale e la sindrome metabolica non possono essere considerati come termini equivalenti perché il rischio cardiometabolico globale include i fattori di rischio cardiovascolare tradizionali e il fattore di rischio equivalente associato alla sindrome metabolica. RISCHIO CARDIOMETABOLICO GLOBALE

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12 Caratteristiche cliniche della Sindrome Metabolica: NCEP-ATP III
La diagnosi è confermata quando sono presenti > 3 fattori Fattore di Rischio Valore diagnostico Obesità addominale (Circonferenza addominale) Uomini >102 cm Donne >88 cm Trigliceridi >150 mg/dl HDL-C <40 mg/dl <50 mg/dl Pressione Arteriosa >130 / >85 mm Hg (o ipertensione trattata) Glicemia a digiuno >110 (>100**) mg/dl Clinical identification of the metabolic syndrome: NCEP-ATP III The NCEP ATP III guidelines define 5 components of the metabolic syndrome; at least 3 of the 5 criteria are required for the diagnosis of the metabolic syndrome. Note that the NCEP metabolic syndrome has different criteria for triglycerides and HDL-C, unlike the WHO definition, which lists high triglycerides and/or low HDL-C as a single factor. Almost all individuals in North America who have the metabolic syndrome have a high waist circumference as one of the criteria. Note also that the NCEP definition of the metabolic syndrome is more liberal than the NCEP major risk factors for blood pressure (140/90 mm Hg) and HDL-C (<40 mg/dl in both men and women) [1]. In 2003, the American Diabetes Association has recommended lowering the limit for impaired fasting glucose from 110 mg/dL to 100 mg/dlL. It seems likely that the NCEP criteria will eventually accept this new criteria for fasting glucose levels [2]. In 2004 a report from the series of workshops sponsored by the NIH, ADA and AHA reported the new ADA IFG criteria in a footnote to a table on the NCEP metabolic syndrome [3]. Expert Panel on Detection, Evaluation, and Treatment of High Blood Cholesterol in Adults. Executive summary of the third report of the National Cholesterol Education Program (NCEP) Expert Panel on Detection, Evaluation, and Treatment of High Blood Cholesterol in Adults (Adult Treatment Panel III). JAMA 2001;285: The Expert Committee on the Diagnosis and Classification of Diabetes Mellitus: Follow-up report on the diagnosis of diabetes mellitus. Diabetes Care 26: ,2003. Grundy SM, Brewer HB, Cleeman JI, Smith SC, Lenfant D, for the Conference Participants. Definition of metabolic syndrome: report of the National, Heart, Lung, and Blood Institute/American Heart Association conference on scientific issues related to definition. Circulation. 2004;109: ** 2003 New ADA IFG criteria (Diabetes Care) Expert Panel on Detection, Evaluation, and Treatment of High Blood Cholesterol in Adults. JAMA. 2001;285:

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14 La sindrome metabolica come “cluster” di fattori di rischio
Obesità Addominale Intolleranza Glucosio/Resistenza Insulina Ipertensione Dislipidemia Aterogena Stato Proinfiammatorio/ Protrombotico Diabete CVD Characteristics of the metabolic syndrome: NCEP-ATP III In 2001, the Expert Panel on Detection, Evaluation, and Treatment of High Blood Cholesterol in Adults (ATP Treatment Panel III, or ATP III) released updated guidelines for cholesterol testing and management that included a definition and treatment recommendations for the metabolic syndrome. According to ATP III, the metabolic syndrome consists of a constellation of risk factors that place patients at risk for both the development of type 2 diabetes and atherosclerotic disease. The hallmarks of the syndrome are: Abdominal obesity Atherogenic dyslipidemia – characterized by elevated triglycerides, small LDL particles, and low HDL Elevated blood pressure Insulin resistance with or without glucose intolerance A prothrombotic state A proinflammatory state These “lipid and non-lipid risk factors of metabolic origin” not only increase the risk of type 2 diabetes, but also enhance the risk for coronary heart disease “at any given cholesterol level.” Expert Panel on Detection, Evaluation, and Treatment of High Blood Cholesterol in Adults. Executive summary of the Third Report of the National Cholesterol Education Program (NCEP) Expert Panel on Detection, Evaluation, and Treatment of High Blood Cholesterol in Adults (Adult Treatment Panel III). JAMA. 2001;285: National Cholesterol Educational Program (NCEP), Adult Treatment Panel (ATP) III; 2001

15 Cos’è l’obesità addominale?
Accumulo di tessuto adiposo viscerale - Grasso mesenterico e omentale Indicato dalla circonferenza addominale: >102 cm negli uomini e >88 cm nelle donne Il grasso viscerale è più attivo metabolicamente del grasso sottocutaneo - Maggiore attività endocrina - Maggiori effetti negativi sul metabolismo e sul rischio di CV Wajchenberg BL. Endocr Rev 2000;21:

16 Ruolo del tessuto adiposo nella patogenesi del diabete di tipo 2
L’adiposità intra-addominale è strettamente correlata con l’obesità addominale 300 r = 0.80 200 IAA (cm2) 100 Adiposità intra-addominale Per quello che riguarda la maniera di definire la obesità intra-addominale, la TAC o la Risonanza Magnetica Nucleare rappresentano il glod standard. Sono tuttavia tecniche troppo complesse e costose per poter essere usate nella routine clinica. Si è osservato, d’altronde, che la circonferenza della vita correla in maniera significativa con il contenuto in grasso addominale misurato con la TAC o la RMN. Pertanto, negli studi di popolazione, la circonferenza vita può essere usata come “proxy” di obesità addominale. 60 80 100 120 Girovita (cm) Il girovita è strettamente correlato con la misurazione diretta dell’IAA mediante scansione CT o MRI, considerate il “ gold standard”. Després JP et al, 2001; Pouliot MC et al, 2004 Despres JP, Lemieux I, Prud'homme D. Treatment of obesity: need to focus on high risk abdominally obese patients. Br Med J 2001;322:716–20. Pouliot MC, Despres JP, Lemieux S et al. Waist circumference and abdominal sagittal diameter: best simple anthropometric indexes of abdominal visceral adipose tissue accumulation and related cardiovascular risk in men and women. Am J Cardiol 1994;73:460–8. 16

17 (elevata circonferenza addominale)
Adiposità intra-addominale: la causa principale della patologia cardiometabolica L’adiposità intra-addominale è caratterizzata dall’accumulo di grasso intorno e all’interno agli organi addominali Obesità addominale (elevata circonferenza addominale) Fattori di rischio cardiovascolare Indiretto Adiposità intra-addominale Diretto L’obesità addominale è dovuta ad un accumulo di grasso intorno e all’interno degli organi addominali (adiposità intra-addominale), come ad es. il fegato. Ciò può influenzare direttamente la progressione del rischio cardiovascolare, come mostrato dallo studio InterHeart, e indirettamente, attraverso i suoi effetti su altri aspetti del metabolismo. I fattori di rischio cardiovascolare che sono stati associati con l’obesità addominale includono:  Basso colesterolo HDL  Elevati trigliceridi  Elevate Apo B  LDL piccole e dense  Insulino-resistenza/iperinsulinemia  Ipertensione  Intolleranza al glucosio  Infiammazione cronica di basso grado  Disfunzione endoteliale  Alterata fibrinolisi Frayn KN. Med Princ Pract 2002;11 Suppl 2:31-40. Caballero AEObes Res 2003;11: Misra A, Vikram NK Nutrition 2003;19: Patologia CV Frayn 2002; Caballero 2003; Misra & Vikram 2003

18 Ruolo del tessuto adiposo nella patogenesi del diabete di tipo 2
L’adiposità intra-addominale è uno degli elementi che contribuisce maggiormente all’aumento del CMR Associata ai marker infiammatori (proteina C-reattiva) Dislipidemia Maggior Rischio Cardio- metabolico (CMR) Insulino resistenza Acidi grassi liberi L’obesità, ed in particolare l’obesità addominale, è infatti un elemento importante nella fisiopatologia del rischio cardiovascolare. Ad essa è direttamente legata la progressione di diversi fattori di rischio, che vengono influenzati dalla obesità addominale (come vedremeo meglio in seguito) attraverso la eccessiva produzione di acidi grassi liberi e di citochine infiammatorie ed attraverso la diminuita secrezione di adiponectina. Inoltre la adiposità addominale contribuisce pesantemente alla dislipidemia, alla insulino resistenza ed alla patogenesi del diabete di tipo 2. Infiammazione Secrezione di adipochine (↓ adiponettina) Kershaw EE et al, 2004; Lee YH et al, 2005; Boden G et al, 2002 Kershaw EE, Flier JS. Adipose tissue as an endocrine organ. J Clin Endocrinol Metab 2004;89:2548–2556. Lee YH, Pratley RE. The evolving role of inflammation in obesity and the metabolic syndrome. Curr Diab Rep 2005;5:70–75. Boden G, Shulman GI. Free fatty acids in obesity and type 2 diabetes: defining their role in the development of insulin resistance and beta-cell dysfunction. Eur J Clin Invest 2002;32:14–23. 18

19 Inflammation Diabetes Dyslipidemia CVD Carenza Di Insulina Insulino-
Ruolo del tessuto adiposo nella patogenesi del diabete di tipo 2 e CVD Obesità Centrale Inflammation CVD Insulino- Resistenza Carenza Di Insulina Risposta Fase Acuta Diabetes Dyslipidemia In sintesi, l’obesità, ed in particolare la obesità addominale, è associata ad importanti modificazioni degli aspetti secretivi del tessuto adiposo con aumento della sintesi di proteine implicate nella induzione di infiammazione (TNFalfa, IL-6), di modificazioni endoteliali pro-aterogene ( TNFalfa, IL-6), di insulino resistenza (TNFalfa, IL-6, FFA) e, possibilmente, nella riduzione della capacità secretiva della beta cellula (TNFalfa, IL-6, FFA) e diminuzione della sintesi di proteine (Adiponectina) capaci di migliorare la insulino-sensibilità e di esercitare azioni protettive sulla parete vascolare. E’ ragionevole pensare che questo da un lato, attraverso la concomitanza di insulino-resistenza e riduzione della secrezione insulinica porti ad iperglicemia, e quindi a diabete di tipo 2 e , dall’altro, possa costituire il primo step dell’insulto sulla parete vascolare che porta alla formazione della placca aterosclerotica. Tuttavia, il danno vascolare già favorito da questa condizione viene ulteriormente alimentato, in condizioni di insulino-resistenza, forse dalla iperinsulinemia e sicuramente dalla iperglicemia post-prandiale e a digiuno. 19

20 Insulino-resistenza: difetto chiave?
Intolleranza Glucosio Patologia Macrovascolare Iperglicemia Insulino Resistenza Alterata Fibrinolisi Ipertensione Disfunzione Endoteliare The metabolic syndrome is a constellation of interrelated risk factors thought to be linked by the core defect of insulin resistance. Reusch JEB. Current concepts in insulin resistance, type 2 diabetes mellitus, and the metabolic syndrome. Am J Cardiol. 2002;90(suppl):19G-26G. Obesità Dislipidemia Modificata da Reusch JEB. Am J Cardiol. 2002;90(suppl):19G-26G.

21 Tessuto adiposo viscerale e ipertensione arteriosa
Adipochine Citochine Adipochine Mediatori di flogosi Citochine Monociti/ macrofagi Adipociti Disfunzione endoteliale Attivazione del simpatico Insulino-resistenza e iperinsulinemia Rilascio sostanze vasoattive (angiotensinogeno, …) Iperattività del sistema renina-angiotensina-aldosterone Riassorbimento renale di sodio Sono ancora da indagare in profondità i nessi patogenetici che correlano l’adiposità intra-addominale allo sviluppo di ipertensione arteriosa; quello che è certo è che i processi biologici innescati dal grasso viscerale, e cioè la produzione di adipochine e lo stato iperinsulinemico dovuto all’insulino-resistenza, aumentano l’incidenza di ipertensione attraverso un’attivazione del sistema ortosimpatico e del sistema RAA, e attraverso un’alterazione del ricambio idrosalino, cioè una ritenzione idrosodica, che esita in una espansione della volemia. IPERTENSIONE ARTERIOSA

22 Il Sistema degli Endocannabinoidi (ECS)
Il sistema EC è un sistema fisiologico endogeno che gioca un ruolo chiave nella regolazione dell’omeostasi energetica e dell’accumulo di grasso, così come nel metabolismo lipidico e glucidico. L’espressione dei recettori CB1 è diffusa e include alcune aree cerebrali e molti tessuti periferici come il tessuto adiposo, il muscolo e il fegato. Il blocco dei recettori CB1 può essere un nuovo approccio per ridurre i fattori di rischio cardiometabolico multipli focalizzandosi sull’obesità addominale e migliorando direttamente il metabolismo glicolipidico e l’insulino-resistenza. Il sistema endocannabinoide (sistema EC), agendo tramite i recettori CB1, è strettamente coinvolto nella regolazione dell’omeostasi energetica centrale e periferica, nell’accumulo del grasso e nel bilancio metabolico.1 Recenti dati sperimentali hanno mostrato che l’iperattivazione del sistema EC, associata all’eccessivo introito di cibo e accumulo di grasso, si manifesta sia centralmente che perifericamente; ciò porta alla rottura dei meccanismi di feedback che regolano l’omeostasi energetica, con conseguente iperfagia, eccessivo accumulo di grasso e disturbi nel bilancio glucidico e lipidico. Il blocco selettivo dei recettori CB1 riduce l’iperattivazione del sistema EC ed è stato dimostrato che tale blocco farmacologico influenza positivamente queste conseguenze metaboliche negative, migliorando molteplici fattori di rischio cardiometabolico.2,3 Il blocco selettivo dei recettori CB1 fornisce quindi una strategia terapeutica chiave per la gestione di molteplici fattori di rischio cardiometabolico che portano ad esisti cardiovascolari negativi. 1. Cota D et al. The endogenous cannabinoid system affects energy balance via central orexigenic drive and peripheral lipogenesis. J Clin Invest 2003;112:423–31. 2. Ravinet-Trillou C et al. Anti-obesity effect of SR141716, a CB1 receptor antagonist, in diet-induced obese mice. Am J Physiol Regul Integr Comp Physiol. 2003;284:R345–53. 3. Arnone M et al. Selective inhibition of sucrose and ethanol intake by SR141716, an antagonist of central cannabinoid (CB1) receptors. Psychopharmacology 1997;132:104–6. 4. Hayashi T et al. Visceral adiposity and the risk of impaired glucose tolerance. Diabetes Care 2003;26:650–5. 5. Nguyen-Duy T et al. Visceral fat and liver fat are independent predictors of metabolic risk factors in men. Am J Physiol Endocrinol Metab 2003;284:E1065–71.

23 La scoperta del sistema endocannabinoide
1964 – Identificazione chimica del THC 1990 – Clonazione del recettore CB1 1992 – Primo endocannabinoide: Anandamide 1993 – Clonazione del recettore CB2 1994 – Primo bloccante del recettore CB1: Rimonabant 1999 – Prima caratterizzazione del topo senza CB1 2001 – Endocannabinoidi come neurotrasmettitori 2003 – ECS agisce sia a livello centrale che periferico 2004 – Rimonabant: primi risultati della Fase III 2005-6 – Rimonabant: studi RIO e SERENADE

24 Fattori di rischio per la patologia cardiovascolare
MODIFICABILI NON MODIFICABILI Fumo Dislipidemia Elevato C-LDL Ridotto C-HDL Elevati trigliceridi Ipertensione Diabete mellito Obesità Fattori dietetici Fattori trombogenici Scarso esercizio fisico Eccessivo consumo di alcool Anamnesi di CHD Storia familiare di CHD Età Sesso Adattato da: Pyörälä K et al. Eur Heart J 1994;15:1300–1331.

25 Fattori di rischio per malattia coronarica
Principali fattori di rischio indipendenti Altri fattori di rischio (predisponenti) Fattori di rischio condizionati Fumo di sigaretta  Pressione arteriosa  Colesterolo serico totale ed LDL  Colesterolo HDL serico Diabete mellito Età avanzata Obesità addominale Inattività fisica Familiarità per CHD premature Caratteristiche etniche Fattori psicosociali  Trigliceridi Particelle piccole e dense di LDL  omocisteina serica  Lp(a) Fattori protrombotici (es. fibrinogeno) Stato infiammatorio (es. PCR) Le malattie cardiovascolari (MCV) rappresentano le principali cause di mortalità e morbilità in Italia: nel 1997 il 43,4% dei decessi è avvenuto per malattie del sistema cardiocircolatorio. I tumori sono stati responsabili del 28% dei decessi (ASI 2001). Nei paesi occidentali una buona parte dei decessi per MCV avviene per cardiopatia coronarica (CAD). Allo sviluppo delle MCV concorrono numerosi fattori di rischio modificabili e non modificabili. Si è dimostrato che, attraverso l’intervento sui fattori di rischio, si può ridurre l’incidenza di eventi sia nella popolazione di pazienti senza un precedente episodio vascolare (prevenzione primaria) che in quella con una storia clinica di pregressi eventi cardiovascolari (prevenzione secondaria). Il fumo è un fattore di rischio maggiore modificabile di CAD e la principale causa prevenibile di mortalità. L’obesità, in particolare quella di tipo addominale, è considerata a pieno diritto un fattore di rischio maggiore di CAD (non è inserita, tuttavia, nei vari strumenti per la valutazione del rischio cardiovascolare) e predispone allo sviluppo di o aggrava altri fattori di rischio maggiori (diabete, ipertensione e dislipidemia). (CAD = coronary artery disease; CHD = coronary heart disease: ambedue sono abbreviazioni di cardiopatia coronarica o cardiopatia ischemica). Pearson TA Circulation 2002; 105: ; Grundy et al JACC 1999; 34: ; Eckel RH. Circulation 1997; 96: Annuario Statistico Italiano 2001 – ISTAT. Grundy S et al JACC 1999 ; 34: Pearson TA Circulation 2002; 105:

26 Serum cholesterol level
Levels of Risk Associated with Smoking, Hypertension and Hypercholesterolaemia Hypertension (SBP 195 mmHg) x3 x4.5 x9 Serum cholesterol level (8.5 mmol/L, 330 mg/dL) Smoking x16 Multiple risk factors for CVD are usually present in an individual; rarely do they occur in isolation. When risk factors co-exist the effect is often exponential; their combined effect is greater than the sum of their individual effects.1 Multiple risk factors are also associated with the metabolic syndrome which is characterised by dyslipidaemia, hypertension, insulin resistance, visceral distribution of body fat, and a prothrombotic state.2 References 1. Poulter N. In Cardiovascular Disease: Risk Factors and Intervention. Eds: Poulter N, Sever P, Thom S. Radcliffe Medical Press, Oxford, 1993. 2. Deedwania PC. Am J Med 1998;105(1A);1S–3S. Reproduced with permission from Radcliffe Medical Press. x1.6 x4 x6 Poulter N et al., 1993

27 Overweight and Obesity as a Risk Factor
Associated with significant mortality and morbidity Now reached epidemic proportions in Western society and causes: 220,000 deaths per year in US and Canada 320,000 deaths per year in Western Europe An independent risk factor for CVD Abdominal obesity associated with the metabolic syndrome which also includes: dyslipidaemia, hypertension and insulin resistance Approximately 220,000 deaths in the US and Canada, and 320,000 deaths in Western Europe (20 countries) per year can be attributed to obesity.1,2 The obesity epidemic has reached unprecedented proportions in Western society, and represents a growing threat to health in an increasing number of countries worldwide.1,2 Obesity, especially abdominal obesity, represents a strong independent risk factor for CVD and is associated with the metabolic syndrome. The metabolic syndrome is characterised by the presence of other multiple other risk factors for CVD including dyslipidaemia, hypertension and insulin resistance, all of which tend to cluster in abdominally obese individuals.1,2 References 1. World Health Organization. The World Health Report 2002. 2. International Cardiovascular Disease Statistics 2005; American Heart Association. The World Health Report 2002 and International Cardiovascular Disease Statistics 2003; AHA.

28 Infiammazione sistemica ed esiti cardiovascolari negativi
Physicians' Health Study: 9 anni di follow-up 4,4 2,8 3,4 Rischio relativo di IM 2,5 2,8 1,3 1,1 1,2 1,0 Alto Medio hs-PCR La proteina C reattiva ad alta sensibilità (PCR us) è un marker di infiammazione sistemica che risulta implicato nella progressione dell’infiammazione intravascolare e dell’aterogenesi. Livelli elevati di PCR sono stati osservati in soggetti con obesità addominale.1 Un follow up di 9 anni dei partecipanti al Physicians’ Health Study2 ha valutato l’influenza della PCR sul rischio di avere un primo IM. I soggetti sono stati stratificati in terzili di PCR e di rapporto colesterolo totale/colesterolo-HDL (quale marker di dislipidemia). Una PCR elevata si è associata ad un aumentato rischio di IM, indipendentemente dalla gravità della dislipidemia. Il rischio più elevato di IM si è verificato nei soggetti con elevata PCR ed elevato rapporto colesterolo totale/colesterolo-HDL. I markers di infiammazione, come la PCR, forniscono un altro legame causale tra adiposità intra-addominale e patologie cardiovascolari. 1. Lemieux I, Pascot A, Prud'homme D et al. Elevated C-reactive protein: another component of the atherothrombotic profile of abdominal obesity. Arterioscler Thromb Vasc Biol 2001;21:961-7. 2. Ridker PM, Glynn RJ, Hennekens CH. C-reactive protein adds to the predictive value of total and HDL cholesterol in determining risk of first myocardial infarction. Circulation 1998;97: Basso Medio Alto Basso Rapporto colesterolo/colesterolo HDL Ridker et al 1998

29 Elevata circonferenza addominale al momento di un evento coronarico
Pazienti con IM o sindromi coronariche acute Uomini Donne InterHeart (World)a 46,5% 45,6% EuroAspire II (Europe)b 46,2% 69,5% SMART (The Netherlands)c 29,0% 65,0% Turkeyd 20,0% 72,0% Ricordiamoci che elevata CA (circonferenza addominale) si riferisce ai cut-off canonici (102 cm e 88 cm negli uomini e nelle donne rispettivamente). aYusuf S et al. Lancet 2004;364:937-52; bDe Bacquer D et al. Eur Heart J 2004,25:121-8 cGorter PM et al. Atherosclerosis. 2004; 173:363-9; dSönmez K et al. Int J Obes 2003;27:341-6.

30 Eccesso di grasso viscerale e dislipidemia
310 248 186 124 62 60 45 30 mg/dL Trigliceridi Magri Colesterolo HDL Grasso viscerale (soggetti obesi) Basso Alto L’influenza della distribuzione regionale del tessuto adiposo (misurato tramite TAC) sui profili lipidici è stata valutata in 58 uomini obesi; altri 29 uomini magri sono serviti da controllo. I soggetti obesi erano molto più ipertrigliceridemici e mostravano valori di colesterolo HDL inferiori rispetto ai soggetti magri. All’interno del gruppo degli obesi, i soggetti con elevata adiposità intra-addominale tendevano ad avere trigliceridemia più elevata e colesterolo HDL più basso rispetto ai soggetti con scarsa adiposità intra-addominale. Il grado di adiposità intra-addominale (area del grasso viscerale) è risultato il predittore più potente di profili lipidici negativi (analisi univariata). Pouliot MC et al. Diabetes 1992;41:826-34

31 Rischio relativo * per DM
Circonferenza addominale come miglior predittore di DM T2 negli uomini (Health Professionals Follow-up Study) 5,0 4,5 4,5 4,0 3,5 3,0 3,0 Rischio relativo * per DM T2 2,5 2,0 2,0 1,7 1,5 1,0 (1,1,2,5) (1,3, 3,0) (2,0, 4.5) (3,0, 6,7) (95% CI) 1,0 0,5 0,0 (73,7- 86,4) (87,0-91,4) (92,1-95,9) (96,5-101,0) (101,6-157,5) L’obesità è un forte fattore di rischio per il diabete di tipo 2. Tuttavia, pochi studi hanno confrontato il potere predittivo dell’obesità totale con quello dell’obesità centrale. I cut-off per la WC (waist circumference) e il rapporto vita-fianchi come misure dell’obesità addominale rimangono controversi. E’ stato condotto uno studio prospettico di coorte (Health Professionals Follow-Up Study) su uomini al fine di confrontare BMI, WC e rapporto vita-fianchi nel predire il diabete tipo 2. Durante 13 anni di follow-up, sono stati documentati 884 casi di diabete di tipo 2. I rischi relativi (RR) aggiustati per l’età attraverso i quintili di WC erano 1,0, 2,0, 2,7, 5,0 e 12,0; quelli del rapporto vita-fianchi erano 1,0, 2,1, 2,7, 3,6 e 6,9; quelli del BMI erano 1,0, 1,1, 1,8, 2,9 e 7,9 (p per trend 0,0001 per tutti). L’aggiustamento multivariato per i fattori di rischio per il diabete hanno attenuato solo lievemente questi RR. L’aggiustamento per il BMI ha sostanzialmente attenuato i RR sia per il WC che per il rapporto vita-fianchi. L’analisi della curva receiver operator ha indicato che la WC e il BMI erano simili e migliori del rapporto vita-fianchi nel predire il diabete di tipo 2. Le percentuali cumulative dei casi di diabete di tipo 2 identificati in accordo alle mediane di BMI (24,8), WC (94 cm) e rapporto vita-fianchi (0,94) erano 82,5%, 83,6% e 74,1%, rispettivamente. Le percentuali corrispondenti erano 78,9%, 50,5% e 65,7% in accordo ai cut-off consigliati. Sia l’adiposità totale che quella addominale sono fortemente e indipendentemente predittivi del diabete di tipo 2. La WC è un miglior predittore del rapporto vita-fianchi. I cut-off attualmente consigliati per la WC di 102 cm per gli uomini e 88 per le donne devono essere rivalutati; un cut-off più basso può essere più appropriato. Am J Clin Nutr 2005;81:555– 63. * Aggiustato nei modelli Cox per età, fumo, attività fisica, consumo di alcool e apporto di grassi trans e fibre misurato durante il follow-up, e per il BMI. Wang et al Am J Clin Nutr 2005;81:555– 63.

32 Prevalenza di obesità addominale
Prevalenza di obesità addominale * in pazienti italiani con diabete di tipo 2 n= 6517 n= 5705 n= 6816 n= 854 n= 715 * CA: > 102 cm per uomini e > 88 cm per donne 41% 38% 43% 79% 74% 73% 0% 20% 40% 60% 80% 100% Studio SFIDA Studio DAI Marchesini et al Uomini Donne La prevalenza di obesità addominale nei pazienti con diabete di tipo 2, definita da circonferenza addominale (CA) elevata (>102 cm per gli uomini e >88 cm per le donne), è di circa il 40% negli uomini e del 75% nelle donne, ed è notevole e consistente attraverso 3 indagini italiane (Comaschi et al – SFIDA 2005; Mannucci et al DAI study 2004; Marchesini et al 2004). Comaschi et al (SFIDA) Nutr Met Cardiovasc Dis 2005; 15: ; Mannucci et al (DAI) J Endocrinol Invest 2004; 27: ; Marchesini et al Diabetes Med 2004;21: Comaschi et al (SFIDA) Nutr Met Cardiovasc Dis 2005; 15: ; Mannucci et al (DAI) J Endocrinol Invest 2004; 27: ; Marchesini et al Diabetes Med 2004;21:

33 Sindrome Metabolica: alcuni numeri
50% degli Europei sono sovrappeso 30% sono Obesi 23-24% in USA hanno SM WHO ha stimato che circa 2.5 milioni di morti nel mondo siano dovute al sovrappeso ed in questi casi le malattie cardiovascolari sono la causa principale di morte SM: ICD-9-CM code = 277.7 Metabolic syndrome The metabolic syndrome is also known as the insulin resistance syndrome, dysmetabolic syndrome, and syndrome X. There is no precise definition of this syndrome, but it represents a specific body phenotype in conjunction with a group of metabolic abnormalities that are risk factors for coronary heart disease (CHD). Characteristics of this syndrome include abdominal obesity, insulin-resistant glucose metabolism (hyperinsulinemia, high fasting plasma glucose concentrations, impaired glucose tolerance), dyslipidemia (hypertriglyceridemia, low serum HDL-cholesterol concentration), and hypertension. Recently, additional metabolic abnormalities associated with abdominal obesity that are also risk factors for coronary heart disease have been identified, such as increased serum concentrations of apolipoprotein B, small, dense low-density-lipoprotein (LDL) particles, increased C-reactive protein, increased plasminogen activator inhibitor 1 (PAI-1), and impaired fibrinolysis [1-3]. Obesity itself is not a requirement for the metabolic syndrome, and metabolically obese, normal-weight persons, presumably with increased abdominal fat mass, have been identified [4]. Approximately 22% (47 million) of the US adult population have the metabolic syndrome, as defined by the Third Report of the National Cholesterol Education Program Expert Panel on Detection, Evaluation, and Treatment of High Blood Cholesterol in Adults (Adult Treatment Panel III) (ATP III) [5]. This diagnosis was made by having 3 or more of the following: 1) abdominal obesity (waist circumference >102 cm for men and >88 cm for women), 2) hypertriglyceridemia (150 mg/dL or 1.69 mmol/L), 3) low HDL cholesterol (<40 mg/dL or 1.04 mmol/L in men; <50 mg/dL or 1.29 mmol/L in women), 4) high blood pressure (130/86 mm Hg), and 5) high fasting glucose (110 mg/dL or 6.1 mmol/L). Recently, the metabolic syndrome was formally recognized as a distinct medical condition, and the ICD-9-CM code for Dysmetabolic Syndrome X was approved by the Centers for Disease Control. This syndrome denotes the presence of a constellation of metabolic abnormalities, such as those listed in this figure, but does not require that a predetermined number of components be present. Lemieux I, Pascot A, Prud'homme D, et al. Elevated C-reactive protein: another component of the atherothrombotic profile of abdominal obesity. Arterioscler Thromb Vasc Biol 2001;21: Landin K, Stigendal L, Eriksson E, et al. Abdominal obesity is associated with an impaired fibrinolytic activity and elevated plasminogen activator inhibitor-1. Metabolism 1990;39: Lemieux I, Pascot A, Couillard C, et al. Hypertriglyceridemic waist: a marker of the atherogenic metabolic triad (hyperinsulinemia; hyperapolipoprotein B; small, dense LDL) in men? Circulation 2000;102: Ruderman N, Chisholm D, Pi-Sunyer X, Schneider S. The metabolically obese, normal-weight individual revisited. Diabetes 1998;47: Ford ES, Giles WH, Dietz WH. Prevalence of the metabolic syndrome among US adults. Findings from the third National Health and Nutrition Examination Survey. JAMA 2002;287: Van Gaal LF, et al. Lancet 2005;365:

34 Prevalenza di Sindrome Metabolica (SM) (criteri ATP III) nella popolazione del NHANES III e in quella italiana 22% globale per età da 20 anni in su % % 23 10 20 30 35-74 anni Uomini (n= 4908) Donne (n=4804) La prevalenza di sindrome metabolica aumenta in funzione dell’età in ambedue i sessi nella popolazione americana, raggiungendo il picco nella classe di età almeno negli uomini, mentre nelle donne la maggior prevalenza è osservata in età più avanzata. In Italia la prevalenza della sindrome, secondo l’osservatorio, è del 23%, ed è, pertanto, sovrapponibile al dato americano: ambedue gli osservatori hanno utilizzato i criteri dell’ATP III. Ford ES, et al. JAMA. 2002;287(3): ; The Italian Cardiovascular Epidemiological Observatory It Heart J 2004 (suppl 3): 49S-52S. Osservatorio Epidemiologico Cardiovascolare Italiano. It Heart J 2004 (suppl 3): 49S-92S. Ford ES, et al. JAMA. 2002;287(3):

35 Obesità viscerale e rischio cardiovascolare (“cardiometabolico”)
Lo studio HOPE Tertile 1 Tertile 2 Tertile 3 Men Women <95 95–103 >103 <87 87–98 >98 Waist circ. (cm): 1.4 1.35 1.29 1.27 1.2 1.17 1.16 1.14 Adjusted relative risk 1 1 1 Abdominal obesity and increased risk of cardiovascular events This analysis from the Heart Outcomes Protection Evaluation (HOPE) study evaluated the effects of abdominal obesity (tertiles of waist circumference) on the risk of all-cause or cardiovascular death, or myocardial infarction in 6620 men and 2182 women followed for an average of 4.5 years. Results were adjusted for BMI, age, smoking, sex, previous MI, stroke, peripheral arterial disease, microalbuminuria, use of antiplatelet agents, diuretics, lipid-lowering agents, and anti-hypertensives, history of hypertension, diabetes, or total cholesterol >5.2 mmol/L, or HDL <0.9 mmol/L. The risk of cardiovascular death, MI, or death from any cause increased in line with increasing tertiles of waist circumference. These data from this major intervention study add to the growing database of evidence linking high waist circumference with a clinically significant increase in the risk of an adverse cardiovascular outcome. Dagenais GR, Yi Q, Mann JF, Bosch J, Pogue J, Yusuf S. Prognostic impact of body weight and abdominal obesity in women and men with cardiovascular disease. Am Heart J 2005;149:54-60. 1 Adjusted for BMI, age, smoking, sex, CVD disease, DM, HDL-C, total-C 0.8 CVD death MI All-cause deaths Dagenais et al, 2005

36 Impatto della sindrome metabolica
sul rischio cardiovascolare (“cardiometabolico”) Verona Diabetes Complications Study Incidenza CVD (%) La presenza di Sindrome Metabolica è associata ad un rischio 5 volte superiore di eventi CV Bonora E at al. Diabetic Medicine 2003; 21:52

37 Mortality Botnia Study
Impatto della sindrome metabolica sul rischio cardiovascolare (“cardiometabolico”) Mortality Botnia Study 25 Without metabolic syndrome With metabolic syndrome N = 3.928 F.up = 6,9 aa 20 * 18 *P < 0.001 15 * 12 Mortality Rate (%) 10 Metabolic syndrome: impact on mortality Isomaa and colleagues also evaluated differences in mortality between subjects with and without the metabolic syndrome (as defined by WHO). The all-cause mortality rate was significantly higher in subjects with the metabolic syndrome (18.0% vs 4.6%, P < 0.001), as was cardiovascular mortality (12.0% vs 2.2%, P < 0.001). Isomaa B et al. Cardiovascular morbidity and mortality associated with the metabolic syndrome. Diabetes Care. 2001;24: 4,6 5 2,2 All-cause Mortality Cardiovascular Mortality Isomaa B et al. Diabetes Care. 2001;24:

38 * * * CV Health Botnia Study Impatto della sindrome metabolica
sul rischio cardiovascolare (“cardiometabolico”) CV Health Botnia Study 25 Without metabolic syndrome With metabolic syndrome * 20 N = 3.928 F.up = 6,9 aa *P < 0.001 15 Prevalence (%) * 10 Metabolic syndrome: impact on cardiovascular health Although it has been widely assumed that the metabolic syndrome is associated with an increased risk of cardiovascular disease, relatively little research has been done on the prevalence of cardiovascular morbidity and mortality in patients with the syndrome. Following the introduction of the WHO definition, Isomaa and colleagues assessed cardiovascular morbidity and mortality in a cohort of subjects (N = 3,928; age, 35 to 70 years) being followed in a longitudinal study in Finland and Sweden (the Botnia study). Median follow-up was 6.9 years. Subjects meeting the WHO definition of metabolic syndrome were significantly more likely to have a history of coronary heart disease, myocardial infarction, and stroke than those without the syndrome. The presence of metabolic syndrome was associated with significantly increased risk of coronary heart disease (relative risk, 2.96, P < 0.001), myocardial infarction (RR 2.63, P < 0.001), and stroke (RR 2.27, P < 0.001). Overall, the prevalence of coronary heart disease, MI, and stroke were approximately 3-fold higher in the group with metabolic syndrome. Isomaa B et al. Cardiovascular morbidity and mortality associated with the metabolic syndrome. Diabetes Care. 2001;24: * 5 CHD MI Stroke Isomaa B et al. Diabetes Care. 2001;24:

39 Cause attuali di morte negli U.S.A.
500 450 1990 2000 400 350 300 Numero medio annuo di morti (in migliaia) 250 200 150 100 50 Il fumo è attualmente la principale causa di morte negli USA: tuttavia emerge con forza il ruolo degli effetti della cattiva alimentazione e della sedentarietà che portano all’obesità e che rappresentano la seconda causa di morte. In linea tendenziale, si osserva un aumento molto più consistente della mortalità attribuibile al sovrappeso/obesità rispetto a quello osservato per il fumo (un aumento del 33% vs 8,75%): nei prossimi anni l’obesità/sovrappeso potrebbe rappresentare la principale causa di morte negli USA. Mokdad et al. JAMA 2004; 291: Tabacco Dieta inadeguata e inattività fisica Consumo di alcool Infezioni microbiche Agenti tossici Veicoli a motore Armi da fuoco Comportamento sessuale Uso illecito di droghe Adapted from Mokdad et al. JAMA 2004; 291: Number of Average Annual Deaths* (in thousands)

40 Caratteristiche epidemiologiche dell’obesità in Italia
L’Osservatorio Epidemiologico Cardiovascolare Italiano, istituito dall’ANMCO (Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri) in collaborazione con l’ISS (Istituto Superiore di Sanità), ha stimato la prevalenza delle principali malattie cardiovascolari aterosclerotiche e dei relativi fattori di rischio nella popolazione italiana di ambedue i sessi (35-74 anni) selezionata casualmente fra i comuni di residenza di 51 centri di cardiologia (200 persone per centro). Circa il 20% della popolazione è obesa (BMI ≥30): il 68% degli uomini e il 56% delle donne sono in sovrappeso/obesi (BMI ≥25). I dati dello studio FAST (pazienti che afferiscono all’ambulatorio dei MMG) indicano per il sovrappeso/obesità una prevalenza del 57% negli uomini e del 44% delle donne. La diversa composizione per classi di età può solo in parte spiegare queste differenze. Si è osservato un aumento consistente di questa condizione in Italia rispetto a circa 10 anni fa: infatti, in una osservazione epidemiologica simile effettuata su di una popolazione di lavoratori, il 32% delle donne e il 40% degli uomini erano sovrappeso/obesi. E’ utile sottolineare che vi è una certa discrepanza fra obesità e obesità addominale, con una maggiore prevalenza di quella addominale, il che può spiegare la prevalenza di sindrome metabolica osservata in questa popolazione. The Italian Cardiovascular Epidemiological Observatory It Heart J 2004 (suppl 3): 49S-52S The Italian Cardiovascular Epidemiological Observatory It Heart J 2004 (suppl 3): 49S-92S.

41 Gestione del rischio “cardiometabolico”
Un trattamento appropriato è fondamentale per ridurre il rischio cardiovascolare Primo passo: modificare lo stile di vita! La terapia farmacologica deve avere effetti favorevoli su: - intolleranza glucidica e diabete - obesità - ipertensione arteriosa - dislipidemia Management of the metabolic syndrome Aggressive intervention directed at underlying causes of cardiovascular morbidity and mortality is required to reduce the burden of cardiovascular disease. Addressing the underlying causes of cardiometabolic disease may yield greater clinical benefit than continuing to focus on managing individual risk factors. Lifestyle intervention does address all of the components of the metabolic syndrome and must always be tried first. Where patients cannot or will not undertake sufficiently effective lifestyle intervention programmes, pharmacotherapy will be required. The ideal pharmacotherapy should address multiple components of the metabolic syndrome, and not its individual components. International Diabetes Federation, 1st International Congress on “Prediabetes” and Metabolic Syndrome (2005) International Diabetes Federation, 1st International Congress on “Prediabetes” and Metabolic Syndrome (2005)

42 Gestione del rischio “cardiometabolico”
Indispensabile il trattamento intensivo dei singoli FR, tenendo conto del profilo di RCVG Il trattamento dovrebbe essere indirizzato a tutti i componenti del rischio “cardiometabolico” senza limitarsi al singolo componente Management of the metabolic syndrome Aggressive intervention directed at underlying causes of cardiovascular morbidity and mortality is required to reduce the burden of cardiovascular disease. Addressing the underlying causes of cardiometabolic disease may yield greater clinical benefit than continuing to focus on managing individual risk factors. Lifestyle intervention does address all of the components of the metabolic syndrome and must always be tried first. Where patients cannot or will not undertake sufficiently effective lifestyle intervention programmes, pharmacotherapy will be required. The ideal pharmacotherapy should address multiple components of the metabolic syndrome, and not its individual components. International Diabetes Federation, 1st International Congress on “Prediabetes” and Metabolic Syndrome (2005) International Diabetes Federation, 1st International Congress on “Prediabetes” and Metabolic Syndrome (2005)

43 NCEP ATP III: LDL-C Goals
CHD or CHD risk equivalents < 2 risk factors ≥ 2 risk factors LDL-C level 100 - 160 - 130 - 190 - goal 100 mg/dL 130 160 100 mg/dL = 2.6 mmol/L; 130 mg/dL = 3.4 mmol/L; 160 mg/dL = 4.1 mmol/L This slide provides a graphic representation of the NCEP ATP III LDL-C goals.1 The goal of therapy in patients with CHD is to reduce LDL-C to 100 mg/dL (2.6 mmol/L) or lower. Patients with established CHD or other atherosclerotic disease should receive drug therapy when LDL-C levels are 130 mg/dL (3.4 mmol/L). The degree of risk should indicate the severity of intervention. For example, NCEP guidelines state that for patients without a history of CHD but who have two or more risk factors (such as smoking and hypertension), LDL should be brought below 130 mg/dL (3.4 mmol/L). Less aggressive intervention may be warranted if fewer risk factors are present. The LDL-C cut-off is 160 mg/dL (4.1 mmol/L) for patients with fewer than two risk factors. Reference Expert Panel on Detection, Evaluation, and Treatment of High Blood Cholesterol in Adults. JAMA 2001:285;2486–2497. Adapted from JAMA 2001;285:2486–2497, with permission from the American Medical Association. All rights reserved. Adapted from NCEP, Adult Treatment Panel III, JAMA 2001:285;

44 NCEP ATP III: LDL-C Goals (2004 proposed modifications)
High Risk CHD or CHD risk equivalents (10-yr risk >20%) LDL-C level 100 - 160 - 130 - 190 - Lower Risk < 2 risk factors Moderately High Risk ≥ 2 risk factors (10-yr risk 10-20%) goal 160 mg/dL 130 70 - 100 or optional 70 mg/dL* Moderate Risk (10-yr risk <10%) 100 mg/dL* Based on recent clinical trial evidence, an NCEP report1 has been published recommending tighter control of cholesterol management. The trials support an LDL-C goal of <100 mg/dL in high-risk patients, and the inclusion of diabetes in the high-risk category. All patients with CHD or CHD risk equivalents are at high-risk. Therapeutic lifestyle changes (TLC) remain an essential part of clinical management. In patients at high risk (CHD and CHD risk equivalents, 10-year risk >20%), the recommended LDL-C goal is <100 mg/dL, but when risk is very high, an LDL-C goal of <70 mg/dL (1.8 mmol/dL) is a proposed therapeutic option. Patients at very high risk are those with established CVD plus: multiple major risk factors (especially diabetes); severe and poorly controlled risk factors (especially continued cigarette smoking); multiple risk factors of the metabolic syndrome and patients with acute coronary syndrome. The recommended point at which TLC should be initiated is an LDL-C level of 100 mg/dL (2.6 mmol/L). The guidelines recommend that drug therapy be considered in this category simultaneously with TLC in persons whose LDL-C levels are 100 mg/dL (2.6 mmol/L). In patients at moderately high risk (2 risk factors and 10-year CHD risk of 10–20%) the guidelines recommend that TLC are initiated at LDL-C levels of 130 mg/dL (3.4 mmol/L), with the aim of <130 mg/dL (3.4 mmol/L), but an LDL-C goal of <100 mg/dL (2.6 mmol/L) is a therapeutic option based on clinical trial evidence. This also applies to patients with a baseline LDL-C of mg/dL. Drug therapy should be considered if LDL-C levels remain 130 mg/dL (3.4 mmol/L), after 3 months of TLC. In patients at moderate risk (2 risk factors and 10-year CHD risk of <10%) the guidelines recommend that TLC are initiated at LDL-C levels of 130 mg/dL (3.4 mmol/L), with the aim of <130 mg/dL (3.4 mmol/L). In this group drug therapy should be considered at LDL-C levels 160 mg/dL (4.1 mmol/L). In individuals at lower risk (<2 risk factors) and whose LDL-C levels are 160 mg/dL (4.1 mmol/L), TLC are recommended. Drug therapy should be considered when LDL-C levels are 190 mg/dL (5 mmol/L) despite TLC, and is optional depending on clinical judgement at LDL-C levels of 160–189 mg/dL (4.1-5 mmol/L). The goal for LDL-C in this risk category is <160 mg/dL (4.1 mmol/L). When LDL-C lowering drug therapy is employed in high-risk or moderately high-risk patients, it is advised that intensity of therapy be sufficient to achieve at least a 30% to 40% reduction in LDL-C levels. Moreover, any person at high risk or moderately high risk who has life-style related risk factors (eg obesity, physical inactivity, elevated TG, low HDL-C or the metabolic syndrome) is a candidate for TLC to modify these risk factors regardless of LDL-C level. Reference 1. Grundy SM, Cleeman JI, Merz NB et al. Circulation 2004;110:227–239. Existing LDL-C goals Proposed LDL-C goals *Therapeutic option 70 mg/dL =1.8 mmol/L; 100 mg/dL = 2.6 mmol/L; 130 mg/dL = 3.4 mmol/L; 160 mg/dL = 4.1 mmol/L Grundy SM et al. Circulation 2004;110:

45

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47 Linee Guida ESH-ESC per il trattamento dell’ipertensione arteriosa 2003: quando iniziare la terapia
J Hypertension 2003, 21:

48 RCM: CONCLUSIONI (1) Nonostante le innovazioni terapeutiche, le malattie cardiovascolari (MCV) rimangono la causa principale di mortalità nel mondo I trattamenti attuali in genere si indirizzano ai classici fattori di rischio individuali Il rischio cardiometabolico globale (CMR) rappresenta il rischio complessivo di sviluppare diabete di tipo 2 o MCV a causa di un cluster di fattori di rischio classici ed emergenti Data l’importanza clinica delle patologie cardiovascolari quale causa principale di mortalità nel mondo, è importante ricercare le cause sottostanti della morbilità e mortalità cardiovascolari. Piuttosto che continuare a focalizzarsi sulla gestione dei singoli fattori di rischio, è un approccio globale alle patologie cardiometaboliche che può portare grande beneficio clinico. L’obesità addominale, con la sua adiposità intra-addominale, sta emergendo come causa sottostante di fattori di rischio cardiovascolare multipli. Gli adipociti intra-addominali sono cellule endocrine attive, secernenti un insieme di sostanze che influenzano in maniera negativa i fattori di rischio cardiometabolico associati alla sindrome metabolica, come il profilo lipidico, l’insulino-sensibilità e la tolleranza al glucosio, ed anche altri fattori di rischio emergenti, quali l’infiammazione e l’alterazione della bilancia emostatica. Ricerche recenti mostrano che l’iperattività del sistema endocannabinoide, che agisce tramite i recettori CB1, aggrava questi fattori di rischio cardiometabolico multipli. Il blocco selettivo dei recettori CB1 fornisce un nuovo approccio terapeutico alla gestione simultanea di più fattori di rischio cardiometabolico, particolarmente nei pazienti con adiposità intra-addominale. Questi pazienti possono essere facilmente identificati utilizzando misure standard di circonferenza addominale insieme ad altri indicatori cardiometabolici come C-HDL, trigliceridi, glucosio e pressione arteriosa.

49 RCM: CONCLUSIONI (2) L’obesità addominale è un fattore di rischio cardiometabolico emergente ed è superiore al BMI nel predire l’aumento del rischio di esiti cardiovascolari negativi I fattori di rischio cardiometabolici multipli si raggruppano tipicamente nei pazienti con obesità addominale. Si pensa che l’adiposità intra-addominale sia una delle cause principali dei fattori di rischio CM Data l’importanza clinica delle patologie cardiovascolari quale causa principale di mortalità nel mondo, è importante ricercare le cause sottostanti della morbilità e mortalità cardiovascolari. Piuttosto che continuare a focalizzarsi sulla gestione dei singoli fattori di rischio, è un approccio globale alle patologie cardiometaboliche che può portare grande beneficio clinico. L’obesità addominale, con la sua adiposità intra-addominale, sta emergendo come causa sottostante di fattori di rischio cardiovascolare multipli. Gli adipociti intra-addominali sono cellule endocrine attive, secernenti un insieme di sostanze che influenzano in maniera negativa i fattori di rischio cardiometabolico associati alla sindrome metabolica, come il profilo lipidico, l’insulino-sensibilità e la tolleranza al glucosio, ed anche altri fattori di rischio emergenti, quali l’infiammazione e l’alterazione della bilancia emostatica. Ricerche recenti mostrano che l’iperattività del sistema endocannabinoide, che agisce tramite i recettori CB1, aggrava questi fattori di rischio cardiometabolico multipli. Il blocco selettivo dei recettori CB1 fornisce un nuovo approccio terapeutico alla gestione simultanea di più fattori di rischio cardiometabolico, particolarmente nei pazienti con adiposità intra-addominale. Questi pazienti possono essere facilmente identificati utilizzando misure standard di circonferenza addominale insieme ad altri indicatori cardiometabolici come C-HDL, trigliceridi, glucosio e pressione arteriosa.


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