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Corso di Sistemi di telecomunicazione

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Presentazione sul tema: "Corso di Sistemi di telecomunicazione"— Transcript della presentazione:

1 Corso di Sistemi di telecomunicazione
A.A. 2009/2010 TEORIA DELLA STIMA Ref. ‘Detection, Estimation and Modulation Theory, Part I’, H.L.Van Trees, ed. John Wiley&Sons, Inc. 1968 Prof. C. Regazzoni

2 CONTENUTI Introduzione Parametri casuali: stima Bayesiana Stima di parametri non casuali Stima di parametri multipli Ipotesi composta Stima a massima verosimiglianza Disuguaglianza di Cramer-Rao Limite inferiore del minimo MSE

3 INTRODUZIONE Nella teoria della decisione viene considerato un problema in cui si presenta una tra diverse ipotesi; Come risultato di una particolare ipotesi, veniva osservato una variabile casuale vettoriale r. Basandoci sulla nostra osservazione, occorreva cercare di scegliere l’ipotesi vera. Adesso consideriamo il problema della stima di parametri

4 Il problema della stima: esempio
INTRODUZIONE Il problema della stima: esempio Vogliamo misurare una tensione a ad un certo istante di tempo; da considerazioni fisiche sappiamo che la tensione è tra -V e +V volt; La misurazione della tensione è corrotta da rumore che può essere modellato come variabile casuale n indipendente con distribuzione Gaussiana a media nulla; La variabile osservata è: La densità di probabilità che governa il processo dell’osservazione è, in questo caso: Il problema della teoria della stima consiste nell’osservare r e stimare a

5 Il problema della stima
INTRODUZIONE Il problema della stima L’esempio precedente mostra le caratteristiche principali del problema della stima; Un modello per il problema generico della stima è mostrato nella seguente figura:

6 Il problema della stima
INTRODUZIONE Il problema della stima Il modello ha 4 componenti: 1. Spazio dei parametri L’uscita della sorgente è un parametro (o variabile). Noi vediamo questa uscita come un punto nello spazio dei parametri. Nel caso di un singolo parametro, questo corrisponde ad un segmento nella retta: 2. Mappaggio probabilistico dallo spazio dei parametri allo spazio delle osservazioni Questa componente è la legge probabilistica che governa l’effetto di a sull’osservazione.(es rumore) 3. Spazio delle osservazioni L’osservazione è un punto denotato dal vettore R. 4. Regola di stima Dopo avere osservato R, vogliamo stimare il valore del parametro a. Denotiamo la stima con: Studieremo diverse regole di stima e la loro implementazione

7 PARAMETRI CASUALI: STIMA DI BAYES
Nel problema del decisore di Bayes alle quantità che dobbiamo specificare sono assegnati dei costi Cij e delle probabilità a priori Pi; La matrice dei costi assegna un costo ad ogni possibile azione da intraprendere, data ogni possibile ipotesi vera Nel problema della stima a e sono variabili continue;  occorre assegnare un costo a tutte le possibili coppie [a, ] nell’intervallo di interesse. Il costo è una funzione a due variabili C(a, â); In molti casi di interesse è realistico assumere che il costo dipenda solo dall’errore di stima, che è: La funzione di costo C(a) è funzione di un’unica variabile.

8 PARAMETRI CASUALI: STIMA DI BAYES
Nella seguente figura sono mostrati alcuni esempi di funzioni di costo: Un costo elevato è assegnato se l’errore è elevato.

9 PARAMETRI CASUALI: STIMA DI BAYES
La funzione di costo viene scelta tenendo conto di due fattori: 1. Vorremmo che la funzione di costo sia coerente con la natura del problema (richieste dell’utente); 2. Vorremmo che la funzione di costo sia tale per cui il problema della stima risulti analiticamente trattabile (lo scopo è trovare una stima che minimizzi il valore aspettato del costo). In pratica, le funzioni di costo rappresentano un compromesso tra i due obiettivi sopra citati. Analogamente alle probabilità a priori del problema della decisione, nel problema della stima abbiamo una densità di probabilità a priori pa(A). Assumeremo che pa(A) sia nota; nel caso che non fosse nota, può essere adottata una procedura analoga al test minimax.

10 PARAMETRI CASUALI: STIMA DI BAYES
Una volta specificate la funzione di costo e la probabilità a priori, possima screivere un’espressione per la funzione di rischio: La media è eseguita sulla variabile a e sulle variabili osservate r. La stima di Bayes è la stima che minimizza il rischio. Consideriamo il caso in cui la funzione di costo è rappresentato dall’ errore quadratico. Il rischio in questo caso è: La densità congiunta può essere riscritta come segue:

11 PARAMETRI CASUALI: STIMA DI BAYES
L’integrale più interno della funzione di rischio a minimo MSE e Pr(R) sono non negativi  possiamo minimizzare la funzione di rischio minimizzando l’integrale più interno. Denotiamo la stima a minimo MSE con Per trovare la stima differenziamo l’integrale interno rispetto ad e poniamo il risultato uguale a 0: Ponendo il risultato uguale a zero ed osservando che il secondo integrale è uguale a 1, abbiamo: Questo minimo è unico, poiché la derivata seconda della funzione da minimizzare è uguale a due; La stima è uguale alla media della densità a posteriori.

12 PARAMETRI CASUALI: STIMA DI BAYES
Ricaviamo ora la stima di Bayes per il criterio del valore assoluto dell’errore: Per minimizzare l’integrale più interno scriviamo: Differenziando rispetto a â(R) e ponendo il risultato uguale a zero, abbiamo: Questa è la definizione del mediano della densità a posteriori.

13 PARAMETRI CASUALI: STIMA DI BAYES
Ricaviamo ora la stima di Bayes nel caso di costo uniforme: Per minimizzare questa equazione, massimizziamo l’integrale più interno. Di particolare interesse è il caso in cui  è arbitrariamente piccolo, ma non zero. Un andamento tipico di densità di probabilità a posteriori è mostrato nella seguente figura:

14 PARAMETRI CASUALI: STIMA DI BAYES
Si vede che per  piccolo, la migliore stima è il valore di A per cui la densità di probabilità a posteriori ha il suo massimo; Denotiamo la stima per questo caso particolare con âmap(R), la stima massima a posteriori. Per trovare la stima massima a posteriori, dobbiamo conoscere dove si trova il massimo della probabilità condizionale. Poiché il logaritmo è una funzione monotona, possiamo cercare il massimo di ln[pa|r(A|R)] Se il massimo cade nell’intervallo di valori di A permesso e ln[pa|r(A|R)] ha una derivata prima continua, allora una condizione necessaria, ma non sufficiente, per un massimo può essere ottenuta differenziando ln[pa|r(A|R)] rispetto ad A e ponendo il risultato uguale a zero: (1)

15 PARAMETRI CASUALI: STIMA DI BAYES
L’equazione (1) è l’equazione MAP; Dobbiamo cercare di verificare che la soluzione ottenuta sia effettivamente il massimo assoluto. Possiamo riscrivere l’espressione di pa|r(A|R) per cercare di separare la variabile osservata R dalla conoscenza a priori: Facendo il logaritmo: Per la stima MAP siamo interessati solo nel trovare il valore di A in cui il termine a sinistra è massimo; Siccome l’ultimo termine a destra non è funzione di A, possiamo considerare solo la funzione: (2)

16 PARAMETRI CASUALI: STIMA DI BAYES
Il primo termine dell’equazione (2) descrive la dipendenza di R da A e il secondo termine descrive la conoscenza a priori. L’equazione MAP può essere riscritta come:

17 PARAMETRI CASUALI: STIMA DI BAYES
Esempio 1 Consideriamo: Assumiamo che la variabile a sia Gaussiana, N(0,a), e che i campioni ni siano variabili Gaussiane indipendenti N(0,n). Quindi: Per trovare âms(R) abbiamo bisogno di conoscere pa|r(A|R). Una possibilità consiste nel trovare pr(R) e sostituirla nella regola di Bayes sulla probabilità condizionale per ricavare pr|a(R|A), ma questa procedura è piuttosto noiosa.

18 PARAMETRI CASUALI: STIMA DI BAYES
Esempio 1 E’ più facile osservare che pa|r(A|R) è la densità di probabilità di a per ogni R dato, quindi: Pr(R) è solo una costante di normalizzazione. Completando il quadrato all’esponente e considerando come una costante i termini dipendenti solo da Ri2 si ottiene: dove: è la varianza a posteriori.

19 PARAMETRI CASUALI: STIMA DI BAYES
Esempio 1 Osserviamo che pa|r(A|R) è una densità Gaussiana. La stima âms(R) è la seguente media condizionale: Siccome la varianza a posteriori non è funzione di R, il rischio quadratico medio è uguale alla varianza a posteriori (v. espressione del rischio). OSSERVAZIONI: 1. I valori Ri entrano nella densità a posteriori solo attraverso la loro somma, cioè: è la statistica sufficiente. Il concetto di statistica sufficiente è lo stesso introdotto nella teoria della decisione.

20 PARAMETRI CASUALI: STIMA DI BAYES
Esempio 1 2. La regola di stima usa l’informazione disponibile in maniera logica ed intuitiva: - Se a2 << n2/N , la conoscenza a priori è migliore dei dati osservati è la stima è molto vicina alla media a priori (in questo caso la media a priori è zero). - Se a2 >> n2/N , la conoscenza a priori è di poca utilità e la stima usa principalmente i dati ricevuti. Nel caso limite âms è la media aritmetica degli Ri:

21 PARAMETRI CASUALI: STIMA DI BAYES
Esempio 1 La stima MAP per questo caso si ricava facilmente: - Osservando l’espressione della pa|r(A|R), vediamo che siccome la densità è Gaussiana, il massimo valore di pa|r(A|R) si ha in corrispondenza della media condizionale, cioè: - Siccome il valore mediano condizionale di una densità Gaussiana corrisponde alla media condizionale, abbiamo anche che:

22 PARAMETRI CASUALI: STIMA DI BAYES
Nell’esempio precedente si può quindi osservare che tutte e tre le funzioni di costo considerate in precedenza portano alla stessa stima. Questa invarianza rispetto alla scelta della funzione di costo è una caratteristica importante perché spesso, nella scelta della funzione di costo C(a), sono considerati giudizi soggettivi. Alcune condizioni per cui vale questa proprietà di invarianza sono contenute nelle due proprietà seguenti:

23 PARAMETRI CASUALI: STIMA DI BAYES
PROPRIETA’ 1 Assumiamo che la funzione di costo C(a) sia una funzione simmetrica con convessità verso l’alto e che la densità di probabilità a posteriori pa|r(A|R) sia simmetrica rispetto alla sua media condizionale: simmetria convessità per ogni b nell’intervallo (0,1) e per ogni x1 e x2. Funzione simmetrica convessa Funzione simmetrica strettamente convessa

24 PARAMETRI CASUALI: STIMA DI BAYES
Definendo: la simmetria della densità a posteriori implica che: La stima â che minimizza qualsiasi funzione di questa classe è identica a âms (che è la media condizionale). DIM: Possiamo minimizzare il rischio condizionale. Usando la definizione di z e la proprietà di simmetria definiamo:

25 PARAMETRI CASUALI: STIMA DI BAYES
Usando la condizione di convessità e considerando il secondo integrale dell’espressione precedente, possiamo scrivere: Nell’espressione, l’uguaglianza può essere raggiunta se âms = â. Questo completa la dimostrazione. Se la funzione di costo è strettamente convessa, allora la stima â è unica ed uguale a âms. La funzione di costo uniforme non è convessa, quindi si introduce la seconda proprietà.

26 PARAMETRI CASUALI: STIMA DI BAYES
PROPRIETA’ 2 Assumiamo che la funzione di costo sia simmetrica, non decrescente e che la densità a posteriori pa|r(A|R) sia simmetrica (rispetto alla media condizionale), unimodale e soddisfi la seguente condizione: La stima â che minimizza ogni funzione di costo in questa classe è identica a âms. La dimostrazione di questa proprietà è simile alla precedente.

27 PARAMETRI CASUALI: STIMA DI BAYES
D’ora in poi prenderemo in considerazione solo le stime a minimo valore quadratico medio e a massima probabilità a posteriori. Le proprietà 1 e 2 assicurano che ogni volta che le densità a posteriori soddisfano le assunzioni date precedentemente, le stime che otteniamo saranno ottime per una larga classe di funzioni di costo.

28 PARAMETRI CASUALI: STIMA DI BAYES
Esempio 2 Il parametro a appare nel segnale in modo non lineare. Denotiamo questa dipendenza con s(A). Ogni osservazione ri consiste di s(A) più una variabile aleatoria ni Gaussiana N(0, n). Le variabili ni sono statisticamente indipendenti tra loro e rispetto al parametro a: Quindi:

29 PARAMETRI CASUALI: STIMA DI BAYES
Esempio 2 L’espressione precedente non può essere semplificata ulteriormente senza specificare esplicitamente s(A). L’equazione MAP risulta essere: Per risolvere l’equazione in maniera esplicita, occorre specificare s(A). Quando s(A) è una funzione non lineare di A, non è possibile trovare una soluzione analitica.

30 PARAMETRI CASUALI: STIMA DI BAYES
Esempio 3 Un altro tipo di problema che frequentemente si presenta è la stima di un parametro in una densità di probabilità. Il numero di eventi in un esperimento obbedisce ad una legge di Poisson con valore medio a: Vogliamo osservare il numero di eventi e stimare il parametro a della legge di Poisson. Assumiamo che a sia una variabile casuale con una densità esponenziale: La probabilità a posteriori di a è:

31 PARAMETRI CASUALI: STIMA DI BAYES
Esempio 3 Quindi la densità a posteriori risulta essere: dove ha lo scopo di normalizzare la densità in modo che il suo integrale sia unitario. La stima a minimo valore quadratico medio (MS) è la media condizionale:

32 PARAMETRI CASUALI: STIMA DI BAYES
Esempio 3 Per trovare âmap facciamo il logaritmo della densità a posteriori: Differenziando rispetto ad A, ponendo la derivata uguale a zero e risolvendo, otteniamo: Osserviamo che âmap è diverso da âms(la pa|n(A|N) non è simmetrica rispetto alla media).

33 PARAMETRI CASUALI: STIMA DI BAYES
SINTESI La stima a minimo errore quadratico medio è sempre la media della densità a posteriori (media condizionale); La stima massima a posteriori (MAP) è il valore di A in corrispondenza del quale la densità a posteriori ha il suo massimo; Per una vasta classe di funzioni di costo la stima ottima è la media condizionale ogni volta che la densità a posteriori è una funzione unimodale simmetrica rispetto alla media condizionale.

34 STIMA DI PARAMETRI NON ALEATORI
In molti casi non è realistico trattare i parametri sconosciuti come variabili aleatorie; Vogliamo trovare criteri di stima adatti per la stima di parametri non aleatori;  cerchiamo di adattare la procedura di Bayes a questo caso, cercando di eliminare la media su pa(A). Come esempio consideriamo la stima MMSE: dove l’operazione di media è solo su R, poiché è l’unica variabile aleatoria nel modello. Minimizzando la funzione di rischio, si ottiene: Il risultato ottenuto è corretto, ma di nessun valore, poiché A è la quantità sconosciuta che stiamo cercando di stimare  questo approccio non è di alcun aiuto.

35 STIMA DI PARAMETRI NON ALEATORI
Un metodo più utile per la stima di parametri non aleatori consiste nell’esaminare altre possibili misure di qualità delle procedure di stima e quindi vedere se possiamo trovare stime che siano buone in termini di queste misure. La prima misura di qualità da considerare è il valore medio della stima: I possibili valori della media possono essere raggruppati in tre classi: 1. Se E[â(R)] =A per tutti i valori di A, diciamo che la stima è non polarizzata. Questo significa che il valore medio della stima è uguale alla quantità che vogliamo stimare. 2.Se E[â(R)] =A+B, dove B non è funzione di A, diciamo che la stima ha polarizzazione nota. Possiamo ottenere una stima non polarizzata sottraendo B da â(R). 3.Se E[â(R)] =A+B(A), diciamo che la stima ha una polarizzazione non nota.

36 STIMA DI PARAMETRI NON ALEATORI
Chiaramente anche una stima non polarizzata potrebbe dare un cattivo risultato su una particolare realizzazione. Un semplice esempio è dato dalla seguente figura: La densità di probabilità della stima è centrata in A, ma la varianza di questa densità è così larga che è molto probabile commettere errori grandi. Una seconda misura di qualità è la varianza dell’errore di stima: Questa fornisce una misura di quanto si può espandere l’errore. In generale noi cercheremo di trovare stime non polarizzate con piccola varianza.

37 STIMA A MASSIMA VEROSIMIGLIANZA
Consideriamo il semplice problema riportato nell’esempio 1: Scegliamo come stima il valore di A che più verosimilmente genera il valore ricevuto R. Nel semplice caso additivo vediamo che questo equivale a scegliere il valore più probabile del rumore (N=0) e sottraendola da R. Denotiamo il valore ottenuto usando questa procedura come stima a massima verosimiglianza: Nel caso generale denotiamo la funzione pr|a(R|A), vista come funzione di A, come funzione di verosimiglianza (likelihood). Frequentemente noi lavoriamo con il logaritmo, ln[pa|r(A|R)], e denotiamo questa funzione come loglikelihood.

38 STIMA A MASSIMA VEROSIMIGLIANZA
La stima a massima verosimiglianza (ML) âml(R) è quel valore di A per cui la funzione di verosimiglianza è massima. Se il massimo è interno al rango di A e la ln[pr|a(R|A)], ha una derivata prima continua, allora una condizione necessaria su âml(R) è ottenuta differenziando ln[pr|a(R|A)] rispetto ad A e ponendo il risultato uguale a zero: Questa è chiamata equazione di verosimiglianza. Se confrontiamo l’equazione MAP con l’equazione di verosimiglianza vediamo che la stima ML corrisponde matematicamente al caso limite di una stima MAP in cui la conoscenza a priori tende a zero.

39 STIMA A MASSIMA VEROSIMIGLIANZA
Per vedere se la stima ML è una buona stima, dovremmo calcolarne la polarizzazione e la varianza. Spesso questi calcoli sono difficili da svolgere  anziché affrontare il problema direttamente, procederemo nel seguente modo: 1. ricaveremo, per prima cosa, un limite inferiore sulla varianza di ogni stima non polarizzata; 2.in secondo luogo, confronteremo la varianza di âml(R) con questo limite inferiore

40 DISUGUAGLIANZA DI CRAMER-RAO Parametri non aleatori
Consideriamo la varianza di ogni stima â(R) di una variabile A. Può essere dimostrato il seguente: TEOREMA: (a) Se â(R) è una qualunque stima non polarizzata di A, allora: o equivalentemente: (b) dove si assume che siano soddisfatte le seguenti condizioni: (c) esistono e sono integrabili in senso assoluto. Quando la stima è tale per cui vale l’uguaglianza, allora viene chiamata stima efficiente.

41 DISUGUAGLIANZA DI CRAMER-RAO Parametri non aleatori
DIM: La dimostrazione è una semplice applicazione della disuguaglianza di Schwartz. Siccome â(R) è una stima non polarizzata, allora: Differenziando rispetto ad A: dove la condizione (c) ci permette di portare la differenziazione dentro l’integrale.

42 DISUGUAGLIANZA DI CRAMER-RAO Parametri non aleatori
Il primo integrale è uguale a 1. Osserviamo che: Sostituendo questa espressione nella precedente abbiamo: Usando la disuguaglianza di Schwartz:

43 DISUGUAGLIANZA DI CRAMER-RAO Parametri non aleatori
Nella disuguaglianza precedente, l’uguaglianza si ottiene se: (3) per tutti i valori di R e A. I due termini a sinistra nella disuguaglianza precedente sono le medie dell’espressione (a): (4) Per dimostrare la (b) osserviamo che: Differenziando rispetto ad A, abbiamo:

44 DISUGUAGLIANZA DI CRAMER-RAO Parametri non aleatori
Differenziando di nuovo rispetto ad A, abbiamo: che insieme alla equazione (4) dà la condizione (b).

45 DISUGUAGLIANZA DI CRAMER-RAO Parametri non aleatori
OSSERVAZIONI 1. Il risultato ottenuto mostra che ogni stima non polarizzata deve avere una varianza più grande di un certo valore; 2.Se l’uguaglianza (3) è soddisfatta, la stima âml(R) sarà proprio uguale al limite; questo può essere dimostrato combinando l’equazione (4) con l’equazione di verosimiglianza: Il termine a destra è uguale a zero se: oppure Siccome ci interessa una soluzione che dipende dai dati, allora consideriamo la prima delle due condizioni  se una stima efficiente esiste, allora è âml(R) e può essere ottenuta come unica soluzione alla equazione di verosimiglianza.

46 DISUGUAGLIANZA DI CRAMER-RAO Parametri non aleatori
3.Se una stima efficiente non esiste, non sappiamo quanto buona sia âml(R); inoltre non sappiamo quanto la varianza si avvicini al limite inferiore. 4.Allo scopo di utilizzare il limite, dobbiamo verificare che la stima che stiamo considerando sia non polarizzata. Vediamo ora alcuni esempi dell’applicazione della disuguaglianza di Cramer-Rao, considerando la stima di parametri non aleatori.

47 DISUGUAGLIANZA DI CRAMER-RAO
Esempio 2 Riprendiamo l’esempio 1: Abbiamo che: (5) ponendo la derivata uguale a zero, otteniamo: Per ricavare la polarizzazione, eseguiamo l’operazione di media: la stima âml(R) è non polarizzata.

48 DISUGUAGLIANZA DI CRAMER-RAO
Esempio 2 Siccome l’espressione (5) ha la forma richiesta dalla (3), possiamo affermare che âml(R) è una stima efficiente. Per valutare la varianza differenziamo l’equazione (5): Usando la condizione (b) della disuguaglianza di Cramer-Rao e il risultato di efficienza appena ottenuto, abbiamo:

49 DISUGUAGLIANZA DI CRAMER-RAO
Esempio 3 Riprendiamo l’esempio 3. In questo caso abbiamo che: (6) La stima ML è: La stima è chiaramente non polarizzata ed efficiente.

50 DISUGUAGLIANZA DI CRAMER-RAO
Esempio 4 Per valutare la varianza, differenziamo l’equazione (6): Quindi: In entrambi gli esempi 1 e 3, osserviamo che la stima potrebbe essere ricavata con la stima MAP (ponendo a nell’equazione MAP, ricordando che âms= âmap e ponendo 0 nel risultato ottenuto precedentemente nell’esempio 4.

51 DISUGUAGLIANZA DI CRAMER-RAO
Esempio 2 Riprendiamo ora l’esempio 2. In questo caso abbiamo: (togliendo il contributo della pa(A)): (7) In generale, il termine a destra non può essere scritto nella forma richiesta dall’equazione (3), e quindi una stima non polarizzata ed efficiente non esiste. L’equazione di verosimiglianza è: Se l’intervallo di valori assunto da s(A) contiene allora una soluzione esiste: (8)

52 DISUGUAGLIANZA DI CRAMER-RAO
Esempio 3 Se la (8) è soddisfatta, allora: Questa equazione assume che esista la funzione inversa di s( . ). Se questa non esiste allora anche in assenza di rumore non siamo in grado di determinare A senza ambiguità. Quando progettiamo un sistema, dobbiamo sempre scegliere una funzione s( . ) che ci permetta di trovare A senza ambiguità in assenza di rumore. Se l’intervallo di valori assunto da s(A) non contiene allora il massimo si trova in uno dei punti estremi dell’intervallo.

53 DISUGUAGLIANZA DI CRAMER-RAO
Esempio 3 Vediamo che la stima a massima verosimiglianza commuta su operazioni non lineari (questo non è vero per le stime MS o MAP). Se la stima non è polarizzata, valutiamo il limite sulla varianza differenziando la (7): Osservando che: otteniamo il seguente limite per ogni stima non polarizzata:

54 DISUGUAGLIANZA DI CRAMER-RAO
Esempio 3 Vediamo che il limite è esattamente lo stesso ricavato per l’esempio 2, a meno del fattore La ragione intuitiva per cui abbiamo questo fattore può essere ottenuta analizzando la tipica funzione mostrata nella seguente figura: Definiamo:

55 DISUGUAGLIANZA DI CRAMER-RAO
Esempio 3 La varianza nella stima di Y è proprio 2/N. Se ye, l’errore nella stima di Y, è abbastanza piccolo, così che la pendenza è costante, allora: e Osserviamo che se ye è elevato, non ci sarà più una semplice relazione lineare tra ye e ae; questo ci dice quando ci possiamo aspettare che il limite di Cramer-Rao fornisca una risposta accurata nel caso in cui il parametro da stimare sia presente nel problema con una legge non lineare. Precisamente, quando l’errore di stima è piccolo relativamente a , dovremmo aspettarci che la vera varianza sia vicina al limite dato dalla disuguaglianza di Cramer-Rao.

56 STIMA ML: proprietà Possono essere dimostrate le seguenti proprietà: 1. La soluzione dell’equazione di verosimiglianza converge in probabilità al valore corretto di A per N che tende all’infinito.(N numero di osservazioni indipendenti) Ogni stima con questa proprietà è chiamata consistente, quindi la stima ML è consistente. 2.La stima ML è asintoticamente efficiente, cioè: 3.La stima ML è asintoticamente Gaussiana, N(A, sae). Queste proprietà riguardano il comportamento della stima ML con un elevato numero di osservazioni; esse forniscono una motivazione per l’utilizzo della stima ML anche quando una stima efficiente non esiste.

57 Limite inferiore sul minimo MSE nella stima di parametri casuali
Dimostriamo il seguente teorema: Siano a una variabile aleatoria e r il vettore di osservazioni. Il valore MSE di ogni stima â(R) soddisfa la disuguaglianza: (9) Osserviamo che la densità di probabilità è una densità congiunta e che la media è eseguita sia su a che su r. Si assume che esistano le funzioni indicate e valgano: è assolutamente integrabile rispetto ad R e A. è assolutamente integrabile rispetto

58 Limite inferiore sul minimo MSE nella stima di parametri casuali
3. La media condizionale dell’errore, dato A, è: (10) Assumiamo che: DIM. Moltiplichiamo entrambi i membri della (10) per pa(A) e quindi differenziamo rispetto ad A:

59 Limite inferiore sul minimo MSE nella stima di parametri casuali
Integriamo rispetto ad A: L’assunzione nella condizione (3) rende la parte a sinistra uguale a zero. Seguendo lo stesso procedimento usato per la dimostrazione della disuguaglianza di Cramer-Rao si ottiene alla fine: o, equivalentemente: L’uguaglianza vale solo se: per ogni R e A.

60 Limite inferiore sul minimo MSE nella stima di parametri casuali
Differenziando nuovamente, si ottiene una condizione equivalente: (11) Osservando che questa equazione può essere riscritta in termini della densità a posteriori, abbiamo che: Integrando quest’ultima equazione due volte e applicando l’esponenziale al risultato, abbiamo: (12) per ogni R e A. L’equazione (11) afferma semplicemente che la densità di probabilità a posteriori di a deve essere Gaussiana per tutti gli R per fare in modo che esista una stima efficiente.

61 Limite inferiore sul minimo MSE nella stima di parametri casuali
Possiamo osservare che se la (11) è soddisfatta allora la stima MAP sarà efficiente. Siccome la stima a minimo MSE non può avere un errore maggiore, questo ci dice che: ogni volta che esiste una stima efficiente. Quando una stima efficiente non esiste, generalmente è computazionalmente più semplice risolvere la equazione MAP piuttosto che trovare la media condizionale. Quando non esiste una stima efficiente, non sappiamo, usando sia âms(R), sia âmap(R), quanto il valore MSE si avvicina al limite inferiore. Si hanno propieta’ asintotiche “buone”. (v. ML per parametri non random).

62 STIMA DI PARAMETRI MULTIPLI
In molti problemi di interesse noi vogliamo stimare più di un parametro. Il modello è mostrato nella seguente figura:

63 STIMA DI PARAMETRI MULTIPLI
Se ci sono K parametri da stimare, allora li descriviamo tramite un vettore di parametri a nello spazio K-dimensionale. Gli altri elementi del modello rimangono invariati. Può essere considerato sia il caso in cui a sia un vettore di parametri aleatori, sia il caso in cui a sia un vettore di parametri reali (non aleatori). Anche nel caso vettoriale ci sono tre cose di interesse, che sono: 1. Procedure di stima; 2. Misure di errore; 3. Limiti sulle prestazioni.

64 STIMA DI PARAMETRI MULTIPLI
Procedure di stima Nel caso di stima di Bayes minimizziamo il rischio per un’arbitraria funzione di costo scalare C(a, â), ma per i nostri scopi consideriamo solo funzioni di costo dipendenti dall’errore: Per il criterio MSE la funzione di costo è: Si può dimostrare che la stima MS si riduce: Inoltre la stima MS commuta su operazioni lineari,cioe’ se: dove D è una matrice L x K, e vogliamo minimizzare il risultato sarà:

65 STIMA DI PARAMETRI MULTIPLI
Procedure di stima Nel caso di stima MAP, abbiamo un insieme di K equazioni simultanee: Per la stima ML dobbiamo trovare il valore di A che massimizza pr|a(R|A). Se il massimo è interno ed esiste la derivata parziale di pr|a(R|A) rispetto ad Ai, allora una condizione necessaria è ottenuta dalle seguenti equazioni di verosimiglianza: In entrambi i casi si deve verificare che si abbia un massimo assoluto.

66 STIMA DI PARAMETRI MULTIPLI
Misure di errore Per parametri non casuali la prima misura di errore è la polarizzazione: Se ogni componente del vettore è nulla per ogni A, allora la stima è polarizzata. La seconda misura di interesse analoga alla varianza dell’errore è la matrice di covarianza: Dove: Consideriamo il caso di limite sull’errore relativo ad una singola componente Ai. Si possono definire altri limiti, ad esempio nel caso Gaussiano utilizzando l’intera matrice di covarianza.(v. Van Trees).

67 STIMA DI PARAMETRI MULTIPLI Limiti sulle prestazioni
Consideriamo una stima non polarizzata Ai. Allora: dove J*ii sono gli elementi ii-esimi della matrice KxK J-1. Gli elementi di J sono: La matrice J e’ detta “matrice dell’informazione di Fisher” (Fisher’s information matrix). L’uguaglianza vale se e solo se:

68 IPOTESI COMPOSITE Fino ad ora abbiamo considerato l’ipotesi semplice. Per capire cosa si intende per ipotesi composite consideriamo il seguente ESEMPIO 1 Sotto l’ipotesi 0 la variabile osservata r è Gaussiana a media nulla e varianza 2. Sotto l’ipotesi 1 la variabile osservata r è Gaussiana a media m e varianza 2. Il valore di m può essere un qualsiasi valore nello intervallo [M0,M1]. Quindi:

69 IPOTESI COMPOSITE Chiamiamo H1 ipotesi composita perché il valore del parametro M, che caratterizza l’ipotesi, può assumere un insieme di valori. Un modello per questo problema di decisione è mostrato nella figura seguente:

70 (Esempio-continuazione)
IPOTESI COMPOSITE (Esempio-continuazione) L’uscita della sorgente è un valore M che vediamo come un punto nello spazio dei parametri . Quindi definiamo le ipotesi come un sottospazio di . In questo caso H0 corrisponde al punto M=0 e H1 corrisponde all’intervallo [M0, M1]. Assumiamo che la densità di probabilità che governa il processo di mapping dallo spazio dei parametri allo spazio dell’osservazione pr|m(R|M) sia nota per tutti i valori di M in . La componente finale è una regola di decisione che divide lo spazio delle osservazioni in due parti che corrispondono alle due possibili decisioni. È importante osservare che siamo interessati solo nel prendere una decisione è che l’attuale valore di M non è di nostro interesse. Per questa ragione il parametro M è spesso chiamato ‘parametro non voluto’. Fine esempio

71 IPOTESI COMPOSITE Nel test di ipotesi composita l’uscita della sorgente è quindi un punto nello spazio dei parametri  denotato dal vettore . Le ipotesi sono sottospazi di . La densità di probabilità che governa il mapping dallo spazio dei parametri allo spazio delle osservazioni è denotata da pr|(R| ) e si assume essere nota per tutti i valori di  in . La componente finale del modello è la regola di decisione.

72 IPOTESI COMPOSITE Per completare la formulazione del problema, dobbiamo caratterizzare il parametro . Come nel caso della stima dei parametri,  può essere una variabile aleatoria o non aleatoria. Consideriamo il caso in cui  sia una variabile (vettore) aleatoria con una densità di probabilità nota; denotiamo la densità di  sotto le due ipotesi con p|H0(|H0) e p|H1(|H1)  il rapporto di verosimiglianza è: La densità di probabilità nota su  ci permette di ridurre questo problema ad un semplice problema di hipothesis-testing integrando su .

73 IPOTESI COMPOSITE Esempio 1 Riprendiamo l’esempio 1. Assumiamo che la densità di probabilità che governa m su H1 sia: Quindi il rapporto di verosimiglianza diventa:

74 IPOTESI COMPOSITE Esempio 1 Integrando ed applicando il logaritmo naturale ad entrambi i membri dell’uguaglianza, otteniamo: Questo risultato è identico a quello ottenuto nel secondo esempio visto nella teoria della decisione; ciò è dovuto alla particolare scelta della densità di probabilità che governa m. (h ha lo stesso significato visto in quel caso: soglia determinata dal criterio adottato).

75 IPOTESI COMPOSITE Come ci aspettavamo, il test usa solo l’ampiezza di R, perché m ha una densità di probabilità simmetrica. Per il caso generale rappresentato dall’equazione di verosimiglianza, il calcolo può risultare più complicato, ma la procedura da seguire rimane la stessa. Quando  è una variabile aleatoria con una densità non nota, la migliore procedura di test non è chiaramente specificata. Un approccio possibile consiste nel test minimax sulla densità sconosciuta. Un approccio alternativo consiste nel considerare diverse densità basandosi sulla parziale conoscenza a priori di  che si ha a disposizione. In molti casi la struttura del test non e’ molto sensibile all’andamento della densità di probabilità.

76 IPOTESI COMPOSITE Il secondo caso di interesse è il caso in cui  è una variabile non aleatoria. Qui, come nel problema della stima di parametri non aleatori, cercheremo una procedura ed analizzeremo i risultati. Una prima osservazione è che, siccome  non ha densità di probabilità su cui eseguire una media, il test di Bayes non è significativo.  consideriamo il test di Neyman-Pearson Cominciamo la discussione esaminando ciò che chiamiamo ‘limite di misurazione perfetta’ sulle prestazioni del test. Per chiarire l’idea, riprendiamo l’esempio 1.

77 IPOTESI COMPOSITE Esempio 2 In questo caso  = M e si ha che: dove M è un parametro non aleatorio sconosciuto. È chiaro che ogni test che progettiamo, non potrà mai essere migliore di un ipotetico test in cui il ricevitore prima misura perfettamente M (o, alternativamente, conosce M perché gli viene detto) e quindi progetta il test ad ottimo rapporto di verosimiglianza. Quindi noi possiamo limitare le curve ROC per ogni test con la curva ROC di questa misurazione fittizia.

78 IPOTESI COMPOSITE Esempio 2 In questo esempio consideriamo le seguenti curve dette “Power Function”:

79 IPOTESI COMPOSITE Esempio 2 Questa curva è chiamata funzione di potenza. Essa è semplicemente PD per tutti i valori di M (più generalmente ) per diversi valori di PF. Siccome H0=H1 per M = 0, PD= PF. Le curve mostrate nella figura precedente rappresentano un limite sulla bontà di un test. Ora volgiamo vedere quanto le prestazioni ottenute dal nostro test si avvicinano a questo limite.

80 IPOTESI COMPOSITE Esempio 2 Le migliori prestazioni che possiamo ottenere sarebbero raggiunte se la curva di test uguagliasse il limite per tutti gli M appartenenti . Chiamiamo questo test UMP (il più uniformemente potente). In altre parole, per una data PF un test UMP ha una PD maggiore o uguale ad ogni altro test per ogni M appartenente . Le condizioni affinchè esista un test UMP possono essere viste nella seguente figura:

81 IPOTESI COMPOSITE Esempio 2 Costruiamo prima il limite di misurazione perfetta; poi consideriamo altri possibili test e le relative prestazioni; Il test A è un normale test a rapporto di verosimiglianza (LRT) progettato secondo l’assunzione che M = 1. La prima osservazione è che la potenza di questo test è uguale al limite quando M = 1, che segue dal modo in cui abbiamo costruito il limite. Per altri valori di M la potenza del test A può essere uguale o meno al limite. Similarmente il test B è un LRT progettato sotto l’assunzione M = 2 e il test C è un LRT progettato sotto l’assunzione M = -1. In ogni caso la loro potenza uguaglia il limite nei punti per i quali il test è stato progettato.

82 IPOTESI COMPOSITE Esempio 2 Nella figura le curve relative ai test LRT non sono quantitativamente corrette, ma servono per fare notare che la potenza uguaglia il limite per il valore di M per cui e’ stato progettato il test. Cio’ non toglie che possa eguagliarlo anche in altri punti. Le condizioni per un test UMP ora sono chiare: dobbiamo essere in grado di progettare un test LRT completo (compreso il valore di soglia) per ogni M appartenente a  senza conoscere M.

83 IPOTESI COMPOSITE In generale il limite può essere raggiunto per ogni particolare  semplicemente progettando un normale LRT per quel particolare . Ogni UMP test deve essere non meno buono di altro test per quel particolare . Ciò fornisce una condizione necessaria e sufficiente per la sua esistenza. PROPRIETA’: Un test UMP esiste se e solo se il test LRT per ogni  appartenente a  può essere completamente definito (inclusa la soglia) senza la conoscenza di . Il ‘se’ della proprietà è ovvio. Il ‘solo se’ segue direttamente dalla nostra discussione nel paragrafo precedente: se esiste    per cui non possiamo trovare un LRT senza conoscere , dovremmo usare un altro test perché non conosciamo . Però questo test sarà inferiore per quel particolare  al test LRT e quindi non è uniformemente il più potente.

84 IPOTESI COMPOSITE Esempio 2 Ritorniamo all’esempio e usiamo il risultato ottenuto dalla seguente figura: Sappiamo che il test di verosimiglianza è: e L’apice + indica che M assume solo valori positivi.

85 IPOTESI COMPOSITE Esempio 2 Questo è mostrato nella seguente figura: Analogamente, se M è minore di zero: e

86 IPOTESI COMPOSITE Esempio 2 Rispetto all’esempio 1 traiamo le seguenti conclusioni: 1. Se M può assumere solo valori non negativi, allora esiste il test UMP. 2.Se M può assumere solo valori non positivi, allora 3.Se M può assumere valori positivi e negativi, allora il test UMP non esiste. Nella seguente figura è mostrata la funzione potenza per i test LRT ottenuti sotto l’ipotesi che M sia positivo.

87 IPOTESI COMPOSITE Ogni volta che il test UMP esiste, lo usiamo e il test lavora bene come se conoscessimo . Un problema più difficile si ha quando il test UMP non esiste. Discuteremo ora alcuni test possibili per il caso in cui non esiste il test UMP. Confiniamo la nostra discussione ad una possibile procedura di test, il test di verosimiglianza generalizzato. Se conosciamo il segno di M: Il test UMP esiste perche’,per Neym.Pears., serve solo PF e questa dipende solo da p(R|Ho). In questo caso se p(R|Ho) e’ nota e non dipende da M (fissata pF, fisso la soglia). Se non conosciamo il segno di M, anche fissato PF, non sappiamo fissare la soglia (conosciamo |Rth|, ma non il segno).

88 Test di verosimiglianza generalizzato
IPOTESI COMPOSITE Test di verosimiglianza generalizzato Il limite di misurazione perfetta suggerisce che una procedura logica consista nello stimare  assumendo che H1 sia vera, quindi nello stimare  assumendo che H0 sia vera ed nell’usare queste stime nel test di verosimiglianza, come se fossero corrette. Se sono usate le stime a massima verosimiglianza il risultato è chiamato LRT generalizzato. In particolare: dove 1 assume tutti i valori in H1 e 0 assume tutti i valori in H0. In altre parole, facciamo una stima ML di 1 assumendo che sia vera l’ipotesi H1, quindi valutiamo pr|1(R|1) per e usiamo questo valore al numeratore. Una procedura simile fornisce il valore per il denominatore.

89 IPOTESI COMPOSITE Esempio 2 Riprendiamo i dati dell’esempio 1, quindi  = M. Anziché una, abbiamo N osservazioni indipendenti, che denotiamo con il vettore R. Le densità di probabilità sono: In questo esempio H1 è un’ipotesi composita, mentre H0 è un’ipotesi semplice.

90 IPOTESI COMPOSITE Esempio 2 Dalla stima a massima verosimiglianza otteniamo: (come visto prima) quindi Cancellando i termini comuni ed applicando il logaritmo: Il termine a sinistra è sempre maggiore o uguale a zero, così  può sempre essere scelto maggiore o uguale a uno.  un test equivalente è: dove 1 è maggiore o uguale a zero. Equivalentemente:

91 IPOTESI COMPOSITE Esempio 2 La funzione di potenza di questo test si ricava facilmente. La variabile z ha una varianza pari a 2; su H0 la sua media è zero e su H1 la sua media è Le densità di probabilità sono riportate nella figura seguente.

92 IPOTESI COMPOSITE Esempio 2 Si ha che: e

93 IPOTESI COMPOSITE Esempio 2 La funzione di potenza risultante è riportata nella figura seguente: Nella figura è riportato il limite di misurazione perfetta per fare un confronto. Come ci si aspetta, la differenza si avvicina a zero quando

94 IPOTESI COMPOSITE Esempio 2 Come esistono casi in cui la stima ML fornisce risultati scarsi, ci sono casi in cui il test di verosimiglianza generalizzato fornisce risultati scadenti. In questi ultimi casi dobbiamo cercare altre procedure test. Fortunatamente, nella maggior parte dei problemi fisici di interesse sia il test UMP che il test di verosimiglianza generalizzato danno risultati soddisfacenti.


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