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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PAVIA Facoltà di Giurisprudenza

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Presentazione sul tema: "UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PAVIA Facoltà di Giurisprudenza"— Transcript della presentazione:

1 UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PAVIA Facoltà di Giurisprudenza
COLLEGIO GHISLIERI (Centro di Informatica giuridica) Il DOCUMENTO INFORMATICO e la FIRMA DIGITALE Corso di Informatica e logica giuridica anno accademico a.a. 2011/2012 1° sem.

2 Appunti del corso INFORMATICA GIURIDICA a. a. 2011/2012
a.a. 2011/2012 1° sem.

3 di cosa si occupa l’Informatica giuridica? [1]
Non c’è attualmente accordo su una definizione degli oggetti di studio dell’ I.G. , tanto che possiamo trovare definizioni diverse o addirittura opposte. Noi considereremo oggetti di studio privilegiati dell’I.G. quelle strutture o procedure, riconosciute come giuridicamente rilevanti dalla normativa italiana, nelle quali la presenza della componente informatica gioca un ruolo di insostituibile rilevanza, tanto che l’assenza della stessa le annullerebbe o le priverebbe di significato. a.a. 2011/2012 1° sem.

4 di cosa si occupa l’Informatica giuridica? [2]
Conseguentemente non ci occuperemo dell’utilizzo della strumentazione informatica come mezzo, sia pure efficacissimo, di videoscrittura, e nemmeno della ricerca di dati giuridici, ricerca resa velocissima dall’informatica e di grande efficienza anche su basi di dati lontane o fisicamente collocate in posti diversissimi. Queste categorie di operatività ricavano enormi vantaggi dall’utilizzo della strumentazione informatica, ma non rappresentano mutazioni drammatiche del paradigma cognitivo rispetto all’oggetto dell’operare: scrittura e ricerca delle fonti sono state sempre compiute, anche se con lente modalità manuali, e l’informatica in questi casi funge da protesi multipotenziante l’azione umana. a.a. 2011/2012 1° sem.

5 di cosa si occupa l’Informatica giuridica? [3]
Il nostro interesse si focalizzerà invece su strutture giuridico-informatiche quali il documento informatico e la firma digitale , il cui riconoscimento giuridico è sancito dall’art. 15 c. 2 della legge 59/1997 “gli atti, dati e documenti formati dalla pubblica amministrazione e dai privati con strumenti informatici e telematici, i contratti stipulati nelle medesime forme, nonché la loro archiviazione e trasmissione con strumenti informatici, sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge”. In effetti, mentre con il word processing o con i data sheets vengono sì forniti strumenti più efficaci, veloci e perfezionati, ma sostanzialmente si prosegue nella tradizione della macchina per scrivere e della calcolatrice meccanica, per cui possiamo dire che l’utilizzo dell’informatica assume una valenza strumentale, al contrario il contributo dell’informatica nel documento informatico assume una valenza costitutiva. a.a. 2011/2012 1° sem.

6 di cosa si occupa l’Informatica giuridica? [4]
Un documento informatico, senza il supporto informatico su cui è memorizzato, non è più un documento informatico; già l’atto stesso, d’altronde imprescindibile per molti, di stamparlo su carta, immediatamente lo snatura e lo priva delle sue caratteristiche costitutive e conseguentemente della sua valenza giuridica. Il giurista di trova così di fronte ad un paradigma cognitivo del tutto nuovo, che non è assolutamente facile utilizzare ed assimilare senza una conoscenza approfondita di come lavora e “scrive” lo strumento informatico, il computer. Ecco perché l’Informatica giuridica non può prescindere da alcune conoscenze tecnico-informatiche specializzate. a.a. 2011/2012 1° sem.

7 di cosa si occupa l’Informatica giuridica? [5]
Strettamente dipendente dalla firma digitale è tutta l’attività di certificazione informatica, e quindi ci occuperemo di certificati digitali, di transazioni sicure e di posta elettronica certificata (PEC). Ma la firma digitale non esisterebbe se, oltre al supporto di potenti microprocessori, non fossero stati inventati, negli anni , degli algoritmi crittografici specifici, che occorrerà conoscere, anche se non in maniera approfondita dato che non possiamo richiedere troppe conoscenze matematiche agli studenti di legge … Ecco perché una non piccola parte del corso dovrà essere utilizzata per apprendere alcune nozioni basilari di crittografia. a.a. 2011/2012 1° sem.

8 di cosa si occupa l’Informatica giuridica? [6]
D’altra parte, magari senza rendercene conto, noi tutti facciamo un uso quotidiano, magari anche intensivo, della crittografia: ogni volta che utilizziamo il cellulare la nostra voce viene crittata; diversamente chiunque, nel raggio di qualche chilometro dal nostro telefonino, potrebbe intercettare con un ricevitore le nostre conversazioni; la televisione a pagamento (pay tv) utilizza la crittografia per rendere le trasmissioni incomprensibili, salvo fornire la chiave (smartcard) per decodificarle e renderle fruibili ai paganti; le carte di credito e bancomat utilizzano la crittografia per trasmettere i dati della transazione; Le transazioni sicure in Internet utilizzano la crittografia (appare l’icona del lucchetto e il protocollo ‘http’ diviene ‘https’ (secure). a.a. 2011/2012 1° sem.

9 Come si sviluppa il corso [01]
Il punto di partenza è, evidentemente, l’art. 15 c.2 della legge 15 marzo 1997, n.59. Gli atti, dati e documenti formati dalla pubblica amministrazione e dai privati con strumenti informatici o telematici, i contratti stipulati nelle medesime forme, nonché la loro archiviazione e trasmissione con strumenti informatici, sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge. I criteri e le modalità di applicazione del presente comma sono stabiliti… con specifici regolamenti… a.a. 2011/2012 1° sem.

10 Come si sviluppa il corso [02]
Sarà opportuno richiamare il titolo della legge 59/97 (Bassanini 1), “Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa”, per rendersi subito conto del significato della riforma e degli obiettivi che si intendevano conseguire, anche attraverso la digitalizzazione della amministrazione pubblica. a.a. 2011/2012 1° sem.

11 Come si sviluppa il corso [03]
Con queste poche righe, l’Italia, prima in Europa e tra i primi nel mondo, si trovava ad aver introdotto, accanto al tradizionale supporto cartaceo della documentazione giuridica, il nuovo supporto informatico, con la stessa efficacia e rilevanza negli effetti giuridici. Il documento informatico viene così definito (CAD, art.1 lett.p )”la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti” a.a. 2011/2012 1° sem.

12 Come si sviluppa il corso [04]
Questo parallelismo tra il cartaceo e il digitale, come sancito dalla legge, non sembra però essere così automatico e privo di aspetti problematici: li approfondiremo durante il corso. Appare tuttavia ineludibile il problema della firma: come può essere possibile il trasferimento delle caratteristiche peculiari della firma, legata come è strettamente al supporto cartaceo, sul supporto informatico? E’ subito evidente che non sarà possibile una simulazione elettronica della firma chirografa, ma si dovranno studiare procedure informatiche che forniscano garanzie comparabili con quelle fornite dalla firma tradizionale: arriveremo così a comprendere la firma digitale. a.a. 2011/2012 1° sem.

13 Come si sviluppa il corso [05]
Verranno di conseguenza trattati i seguenti argomenti: VERSANTE CARTACEO (o ANALOGICO ?) Il documento cartaceo: caratteristiche testuali; Aspetti linguistici del testo-documento: la struttura combinatoria, i grafemi, i caratteri, gli alfabeti, la disposizione lungo l’asse sintagmatico; Aspetti semiotici del testo-documento: significante, significato, referente, mittente, destinatario; Aspetti logici delle operazioni sul testo: la classificazione come strumento logico per la conoscenza; la rappresentazione e la copia. a.a. 2011/2012 1° sem.

14 Come si sviluppa il corso [06]
VERSANTE INFORMATICO (DIGITALE) Il documento informatico: un ossimoro o l’araba fenice? La rappresentazione come interfaccia antropomorfica: i bit, i caratteri e i font. La realtà informatica sottostante alla rappresentazione: i bit e le codifiche dei caratteri (ASCII, UNICODE ecc.) L’inganno degli editor testuali: come impegnare migliaia di byte (caratteri) per mostrarne uno solo. Lo strumento che ci mostra quello che sta dietro allo schermo: l’editor esadecimale. a.a. 2011/2012 1° sem.

15 Come si sviluppa il corso [07]
LA FIRMA CHIROGRAFA La sottoscrizione nella legge notarile (n.89 del 16/2/1913) La firma come segno: significante e significato Gli aspetti extralinguistici della firma autografa: la nozione di originalità La firma come sigillo: gli aspetti sfragistici Aspetti funzionali della firma: i vari utilizzi a.a. 2011/2012 1° sem.

16 Come si sviluppa il corso [08]
LA FIRMA DIGITALE (1) Elementi di crittografia classica e moderna Le funzioni di controllo: i codici di controllo (ISBN, EAN, codici bancari, codice fiscale, codice matricola, codice a barre) Le funzioni di compressione Le funzioni di hash Cifrari a chiavi simmetriche (RC4, DES, AES) Cifrari a chiavi asimmetriche: l’algoritmo RSA a.a. 2011/2012 1° sem.

17 Come si sviluppa il corso [09]
LA FIRMA DIGITALE (2) La garanzia di integrità nel documento firmato La garanzia di segretezza (eventuale) nel documento firmato La garanzia di autenticità della provenienza del documento firmato: la certificazione La certificazione di esistenza del documento ad una data determinata: la marca temporale a.a. 2011/2012 1° sem.

18 Come si sviluppa il corso [10]
LA FIRMA DIGITALE (3) Il dispositivo sicuro per la generazione della firma digitale: smartcard, USB token La procedura di firma La verifica della firma: strumenti disponibili Le liste di revoca e di sospensione dei certificati La marcatura temporale a.a. 2011/2012 1° sem.

19 Come si sviluppa il corso [11]
LE FIRME ELETTRONICHE Generalità sulle firme elettroniche Tipologia e definizioni presenti nel CAD Il PGP (Pretty Good Privacy) Valore probatorio riconosciuto ai documenti sottoscritti con firme elettroniche a.a. 2011/2012 1° sem.

20 Come si sviluppa il corso [12]
LA NORMATIVA SULLA FIRMA DIGITALE La normativa italiana prima della direttiva europea La direttiva europea e la legge italiana di recepimento La normativa italiana successiva (TUDA, CAD, Regole tecniche) a.a. 2011/2012 1° sem.

21 Come si sviluppa il corso [13]
APPLICAZIONI BASATE SULLA FIRMA DIGITALE La posta elettronica certificata (PEC) La dematerializzazione documentaria Il protocollo elettronico Il processo civile telematico (PCT) Carta nazionale dei servizi (CNS) e carte regionali dei servizi (CRS) Carta di identità elettronica a.a. 2011/2012 1° sem.

22 <romano.oneda@unipv.it>
Cosa imparerete (1) Al termine del corso avrete aggiunto molte nuove conoscenze a quelle già possedute, ed acquisito diverse abilità utili per la vostra futura professione. Un questionario finale, da compilare a casa prima dell’ esame, accerterà la vostra padronanza di alcune nozioni e tecniche trattate nel corso. a.a. 2011/2012 1° sem.

23 <romano.oneda@unipv.it>
Cosa imparerete (2) In particolare: conoscerete tutti i segreti del codice fiscale individuale: come è costruito e cosa comunica. a.a. 2011/2012 1° sem.

24 <romano.oneda@unipv.it>
Cosa imparerete (3) - i segreti dei codici bancari, ABI, CAB, CIN, IBAN ecc. a.a. 2011/2012 1° sem.

25 <romano.oneda@unipv.it>
Cosa imparerete (4) Avrete qualche conoscenza del codice Braille: come è costruito e come si legge Avrete qualche conoscenza del codice Braille, come è costruito e come si legge a.a. 2011/2012 1° sem.

26 <romano.oneda@unipv.it>
Cosa imparerete (5) anche qualcosa sul codice Morse… a.a. 2011/2012 1° sem.

27 <romano.oneda@unipv.it>
Cosa imparerete (6) Come è costruita e come funziona una ‘smart card’ a.a. 2011/2012 1° sem.

28 <romano.oneda@unipv.it>
Cosa imparerete (7) a lavorare con il codice ‘Unicode’, a conoscere i ‘font’ e i glifi dei più diversi sistemi di scrittura. 賂良廉 شאझफ़ચઊଶଗணோఞఱ ദളළདྷღᗫᗦ a.a. 2011/2012 1° sem.

29 <romano.oneda@unipv.it>
Cosa imparerete (8) Conoscerete i principali codici a barre, sia monodimensionali come bidimensionali, e studierete le loro possibili applicazioni. a.a. 2011/2012 1° sem.

30 <romano.oneda@unipv.it>
Cosa imparerete (9) Imparerete ad usare consapevolmente l’aritmetica dell’orologio, o aritmetica modulare, dove 2+2 non fa sempre 4… a.a. 2011/2012 1° sem.

31 <romano.oneda@unipv.it>
Cosa imparerete (10) vi eserciterete a crittare un messaggio utilizzando la famosissima macchina Enigma. a.a. 2011/2012 1° sem.

32 <romano.oneda@unipv.it>
Cosa imparerete (11) e naturalmente saprete (quasi) tutto sulla firma elettronica/digitale e sulla normativa di riferimento a.a. 2011/2012 1° sem.

33 <romano.oneda@unipv.it>
Cosa imparerete (12) farete conoscenza anche del funzionamento del cifrario RSA, alla base della firma digitale a.a. 2011/2012 1° sem.

34 <romano.oneda@unipv.it>
Parole chiave Troviamo frequentemente utilizzato, nei testi normativi di interesse per il nostro corso, più di un termine afferente alla tecnologia elettronica o informatica, il cui significato sarà opportuno approfondire. E’ il caso, ad esempio, di digitale, e del suo derivato digitalizzazione. Con la deliberazione CNIPA del 19 febbraio 1994 viene utilizzato anche il termine analogico (“documento analogico”, “formato analogico”), il cui significato si colloca in contrapposizione a digitale. a.a. 2011/2012 1° sem.

35 <romano.oneda@unipv.it>
DIGITALE [1] Il termine è importato direttamente dall’inglese digital, aggettivo di digit, che significa cifra, quindi è sinonimo di numerico (elettronica digitale = elettronica numerica); non va dunque confuso con il significato dell’aggettivo omonimo che troviamo, ad esempio, in “impronte digitali”. Fa riferimento alla tecnologia binaria utilizzata dal microprocessore, in cui i due unici stati possibili di segnale vengono di solito rappresentati rispettivamente con le cifre “0” e “1” (bit). Se poi ad una sequenza o configurazione di bit assegniamo un valore posizionale possiamo interpretarla come rappresentazione di un numero (vedi ad es. il sistema di numerazione decimale) . a.a. 2011/2012 1° sem.

36 <romano.oneda@unipv.it>
DIGITALE [2] I dati digitali sono quindi rappresentabili da sequenze o blocchi di simboli binari 0/1; come tali, quindi come bit, vengono elaborati dal microprocessore, memorizzati (in ciascuna cella di memoria troviamo appunto un bit) e trasmessi ad altre apparecchiature digitali. Considerando il bit come unità di misura minima (atomica) dell’informazione digitale, ne ricaviamo i multipli più utilizzati, come byte (23 bit), word (24 o 25 bit) ecc. Ancora più utilizzati sono i numerosi multipli del byte (KiloB, MegaB, GigaB, TeraB ecc.) a.a. 2011/2012 1° sem.

37 <romano.oneda@unipv.it>
ANALOGICO [1] La rappresentazione analogica è quella che abbiamo utilizzato in maniera esclusiva fino all’arrivo dell’elettronica digitale: con essa le variazioni di una grandezza continua vengono rappresentate o trasmesse attraverso variazioni di altre grandezze, con un rapporto di analogia (ad es. al crescere dell’una cresce anche l’altra, e analogamente al diminuire dell’una diminuisce l’altra) a.a. 2011/2012 1° sem.

38 <romano.oneda@unipv.it>
ANALOGICO [2] Comunissimi esempi sono: l’orologio tradizionale, in cui l’incremento del periodo temporale viene rappresentato proporzionalmente dall’ incremento dell’angolo descritto dalla lancetta (l’orologio digitale invece presenta unicamente delle cifre); Il termometro tradizionale, in cui l’incremento della temperatura viene rappresentato proporzionalmente dall’incremento della lunghezza della colonnina di mercurio (il termometro digitale mostra soltanto dei numeri); a.a. 2011/2012 1° sem.

39 <romano.oneda@unipv.it>
ANALOGICO [3] Altri esempi sono: la tecnologia di riproduzione sonora basata su dischi o nastri magnetici (cassette) la tecnologia di trasmissione radiofonica, con le varie tipologie di modulazione (ampiezza, frequenza ecc.) la tecnologia di trasmissione televisiva tradizionale, che sarà gradualmente sostituita dal digitale a.a. 2011/2012 1° sem.

40 <romano.oneda@unipv.it>
DIGITALIZZAZIONE [1] In senso tecnico il termine indica la procedura di trasformazione-conversione di una rappresentazione analogica nel formato digitale. Poiché il passaggio dall’analogico al digitale significa sostanzialmente il passaggio dalla rappresentazione continua di una determinata grandezza alla rappresentazione numerica dei valori che quella grandezza assume nel tempo, è evidente che la misurazione dei relativi valori non potrà essere continua, ma avverrà a intervalli di tempo definiti, anche se ravvicinati quanto necessario per rappresentare con buona fedeltà l’andamento della grandezza misurata (campionamento). a.a. 2011/2012 1° sem.

41 <romano.oneda@unipv.it>
DIGITALIZZAZIONE [2] La tecnica del campionamento per approssimare una grandezza continua non è certo nata con il digitale. Sappiamo bene che, quando guardiamo un film, l’impressione del movimento è determinata dalla successione di un certo numero di “campioni” di immagini statiche, i fotogrammi; lo stesso avviene con lo schermo televisivo o con il monitor del computer, dove pure l’illusione del movimento viene generata attraverso la successione di schermate fisse (più o meno dalle 50 alle 100 volte al secondo). Comunque il campionamento digitale implica anche la trasformazione della grandezza in misura della stessa, quindi in numeri, immediatamente memorizzabili e comunicabili con le tecnologie informatiche. a.a. 2011/2012 1° sem.

42 <romano.oneda@unipv.it>
DIGITALIZZAZIONE [3] Ad esempio, chi abbia utilizzato un programma di registrazione sonora, anche soltanto il Registratore di Windows, avrà notato la stretta correlazione tra la frequenza di campionamento impostata e la qualità sonora della registrazione ottenuta. Naturalmente l’impostazione di frequenza di campionamento elevate implica la registrazione-memorizzazione di un numero molto maggiore di dati per secondo, per cui, a parità di durata della registrazione, il peso in byte del file ottenuto risulterà nettamente aumentato. a.a. 2011/2012 1° sem.

43 <romano.oneda@unipv.it>
DIGITALIZZAZIONE [4] Nel linguaggio giuridico-amministrativo, invece, il termine digitalizzazione viene per lo più utilizzato in senso meno specifico, e vuole indicare l’attività di trasformazione della burocrazia conseguita attraverso l’introduzione delle tecnologie informatiche. Indica anche il risultato di questa attività di trasformazione, una delle cui principali componenti viene anche definita, piuttosto impropriamente, come “dematerializzazione”, volendo alludere all’eliminazione del supporto cartaceo, tanto caro alla burocrazia, sostituito da un supporto informatico grazie alla digitalizzazione . a.a. 2011/2012 1° sem.

44 Il testo ed il supporto cartaceo [1]
Ci occuperemo soprattutto del testo scritto, cioè di quella tecnica che l’uomo da millenni utilizza per conservare nel tempo ciò che invece viene subito disperso nella produzione orale. La tecnica consiste, in via generale, nell’associare ad ogni fonema del linguaggio parlato un simbolo grafico, un grafema , che possa venire chiaramente distinto dagli altri simboli appartenenti all’ insieme (sistema grafematico) specifico per ogni linguaggio. a.a. 2011/2012 1° sem.

45 Il testo ed il supporto cartaceo [2]
E’ molto importante, nello studio del linguaggio, la nozione di fonema, che purtroppo non possiamo qui approfondire. Comunque ricordiamo che ogni linguaggio è costruito sulla base di questi componenti, che sono in numero ridotto (qualche decina) e si combinano variamente per costruire i vari linguaggi (sistema fonematico). Vengono riconosciuti a causa del loro effetto differenziante sul piano del contenuto (il significato) in parole diverse solo per un fonema. a.a. 2011/2012 1° sem.

46 Il testo ed il supporto cartaceo [3]
Si tratta di quelle che vengono chiamate tecnicamente ‘coppie minime’ , che evidenziano nitidamente l’effetto dei fonemi sul piano del significato. Ad esempio, in italiano, la presenza della coppia ‘pere/bere’ ci mostra l’effetto oppositivo dei fonemi /p/ e /b/, così come la coppia ‘modo/nodo’ individua l’effetto dei fonemi /m/ e /n/. a.a. 2011/2012 1° sem.

47 Il testo ed il supporto cartaceo [4]
Dobbiamo comunque tenere ben presente che il fonema è una entità astratta, perché rappresenta una classe, l’ insieme di tutte le sue possibili realizzazioni sul piano acustico, che vengono chiamate allofoni. Ricordiamo sempre che un insieme di gatti NON è un gatto, e che le parole del linguaggio sono appunto entità astratte, classi: è proprio questa attività di classificazione percettiva che ci permette di ordinare e conoscere il mondo esterno. a.a. 2011/2012 1° sem.

48 Il testo ed il supporto cartaceo [5]
Mentre l’oralità si svolge nel tempo, la scrittura si svolge nello spazio, quello spazio delimitato dal supporto che viene utilizzato. Nello spazio la scrittura individua una progressione lineare in cui poter trasferire il prima e il dopo del parlato. Abbiamo quindi, lungo una linea generalmente orizzontale, una direzione che spesso va da sinistra a destra, ma anche da destra a sinistra (arabo, ebraico). a.a. 2011/2012 1° sem.

49 Il testo ed il supporto cartaceo [6]
In linea teorica, la scrittura dovrebbe conservare fedelmente quanto più possibile del contenuto comunicativo del linguaggio orale, per cui ci aspettiamo che la struttura grafematica rispecchi fedelmente il sistema fonematico di una lingua: cioè che ad ogni fonema corrisponda uno ed un solo grafema. Questo è vero, però, solamente per alcune lingue, come il turco o il finlandese, che hanno una tradizione di scrittura non molto antica. a.a. 2011/2012 1° sem.

50 Il testo ed il supporto cartaceo [7]
Nelle lingue per noi più comuni troviamo spesso, invece, una discrasia anche profonda tra fonemi e grafemi: ad es. più grafemi per rappresentare un unico fonema (fr. [eau] /o/; ted. [tsch] /č/; it.[sci] /š/, [gn] /ñ/, ecc.) Si tratta spesso della documentazione di una certa fase storica in cui effettivamente la scrittura si avvicinava alla reale pronuncia; poi col tempo la pronuncia si è andata modificando, anche profondamente, mentre la scrittura ha conservato la grafia originaria. a.a. 2011/2012 1° sem.

51 Il testo ed il supporto cartaceo [8]
Anche il grafema è un’entità astratta, una classe contenente tutte le sue potenziali realizzazioni, che chiameremo allografi. Poiché caratteristica delle classi è che un qualunque elemento appartenente alle stesse può essere usato come rappresentante della classe, potremo indicare un grafema con un suo allografo messo tra parentesi quadre, ad es. [a], oppure [A], ma anche [a], [a] ecc. a.a. 2011/2012 1° sem.

52 Il testo ed il supporto cartaceo [9]
Possiamo ora, inizialmente, considerare un testo scritto in una determinata lingua come una successione di grafemi (allografi) tutti appartenenti al sistema grafematico caratteristico della lingua stessa. Occorre sempre tener distinti i vari sistemi grafematici, perché uno stesso simbolo può essere utilizzato da lingue diverse per rappresentare fonemi differenti (si consideri ad es. l’alfabeto greco o l’alfabeto cirillico). a.a. 2011/2012 1° sem.

53 Il testo ed il supporto cartaceo [10]
Per quanto poi riguarda la distribuzione e la frequenza dei grafemi nella catena dello scritto, essa rispecchia quella dei fonemi nel parlato, e quindi risulta vincolata da cause articolatorie (sequenze difficili da pronunciare) ma soprattutto da norme linguistiche di composizione (morfologia, sintassi), per cui avremo una distribuzione delle frequenze caratteristica per ogni lingua, e in ogni caso ben distante da una distribuzione uniforme. a.a. 2011/2012 1° sem.

54 <romano.oneda@unipv.it>
Il segno [01] I vari linguaggi utilizzano i fonemi/grafemi come mattoncini per costruire delle aggregazioni complesse, che chiamiamo genericamente ‘parole’. Le parole del linguaggio sono segni, cioè entità linguistiche in grado di trasportare con sé, di veicolare dei significati, costruzioni astratte della nostra mente che hanno bisogno di un supporto concreto per essere comunicate. a.a. 2011/2012 1° sem.

55 <romano.oneda@unipv.it>
Il segno [02] Per questo motivo il segno è una entità bifronte, in cui coesistono un aspetto destinato a essere percepito dai nostri sensi, il significante, e un aspetto frutto di astrazione logica, il significato. Il collegamento tra significante e significato è definito da ciascun linguaggio: si usa dire che è arbitrario, o convenzionale. Conoscere un linguaggio significa quindi appropriarsi di quello specifico sistema di convenzioni caratteristico di quel linguaggio. a.a. 2011/2012 1° sem.

56 <romano.oneda@unipv.it>
Il segno [03] Ad esempio, la parola italiana ‘cane’ trasporta con sé, come significato e contenuto, il riferimento al ben noto animale domestico; lo stesso contenuto, o comunque un contenuto comparabile, viene veicolato, in altri ambienti linguistici, da significanti del tutto differenti: DOG, CHIEN, PERRO, HUND, СОБАКА, ecc. Può poi naturalmente capitare che un significante omografo abbia differenti significati in lingue differenti, ad es, ‘sale’ in italiano e inglese. a.a. 2011/2012 1° sem.

57 <romano.oneda@unipv.it>
Il segno [04] Poiché lo scopo del linguaggio è appunto quello di veicolare significati, sarà possibile, sostituendo adeguatamente i significanti, riuscire a trasmettere gli stessi contenuti anche a parlanti lingue diverse: è quello che fa la tecnica della traduzione ed i vocabolari bilingui. Ci sono tuttavia delle situazioni in cui la parola viene presa in considerazione non tanto per il significato che essa veicola, quanto proprio per il significante, per l’aspetto visibile della stessa. a.a. 2011/2012 1° sem.

58 <romano.oneda@unipv.it>
Il segno [05] In questi casi si usa indicare che ci si riferisce al significante mettendo la parola tra virgolette, anche se si tratta di una consuetudine poco rispettata. Ad es. ‘cane’ termina in vocale; ‘cane’ è bisillabo; ‘cane’ rima con ‘pane’; ‘cane’ non morde (e nemmeno abbaia), e così via. Il metalinguaggio grammaticale usa spesso riferirsi al significante delle varie parole che analizza e classifica. a.a. 2011/2012 1° sem.

59 <romano.oneda@unipv.it>
Il segno [06] Sul non utilizzare le virgolette e quindi sul non indicare subito che ci si riferisce al significante giocano spesso gli enigmisti, proponendo definizioni di parole crociate un poco ambigue. Ad es. La chiusura dei conti La sanzione senza azione Il preludio della fine In mezzo al mare e così via. a.a. 2011/2012 1° sem.

60 <romano.oneda@unipv.it>
Il segno [07] E’ poi evidente che, nel momento in cui dirigiamo la nostra attenzione soltanto sul significante e sulle sue caratteristiche specifiche, non sarà possibile il ricorso alla traduzione, che si basa appunto sullo scambio dei significanti. Una frase come “cane in inglese si dice dog” come potrebbe essere tradotta in francese o in una qualsiasi altra lingua? E’ subito chiaro che le due parole di cui si considera l’aspetto significante (cane, dog) non potranno essere tradotte e dovranno essere mantenute nella loro forma originale. a.a. 2011/2012 1° sem.

61 La rappresentazione e la copia [01]
Possiamo affrontare l’argomento con un piccolo esperimento che può stimolare la riflessione sul fenomeno della copia. Proviamo a trascrivere su un foglio di carta quanto segue: Informatica giuridica -Informatica giuridica a.a. 2011/2012 1° sem.

62 La rappresentazione e la copia [02]
Se poi guardiamo cosa abbiamo trascritto sul nostro foglio, probabilmente avremo scritto la prima riga semplicemente utilizzando la nostra grafia consueta (idiografia), il nostro modo corrente di scrittura; cioè abbiamo individuato e riconosciuto ogni grafema presente nella prima riga, e abbiamo trascritto sul foglio un allografo dello stesso, cioè un altro membro della stessa classe grafemica, con la forma caratteristica della nostra scrittura. a.a. 2011/2012 1° sem.

63 La rappresentazione e la copia [03]
Passando alla seconda riga, ci saremo senz’altro chiesti il perché del dover trascrivere lo stesso sintagma della riga precedente, e qualcuno può aver pensato di dover prestare attenzione alla diversa forma (glifo) dei caratteri e di doverla riprodurre fedelmente nel proprio scritto. In questo caso emerge un differente aspetto del copiare, perché i nostri automatismi di scrittura vengono abbandonati in favore di una riproduzione il più possibile fedele dell’originale. a.a. 2011/2012 1° sem.

64 La rappresentazione e la copia [04]
Quello che avviene è che, pur nella consapevolezza che si tratta di un testo, e quindi riproducibile con infinite allografie senza mutarne il contenuto, si presta attenzione e si dà valore, in questo caso specifico, all’aspetto particolare del significante. Un significante che, oltre alla funzione consueta di trasportare il significato, in questa situazione attira l’attenzione su di sé e sulla propria conformazione (effetto estetico). a.a. 2011/2012 1° sem.

65 La rappresentazione e la copia [05]
Passando alle righe seguenti svanisce la percezione di trovarsi di fronte ad un testo, per cui prevale la necessità di produrre una copia fedele di quanto mostrato. Alcuni glifi hanno un aspetto familiare, e sono portatori di qualche significato (simboli), per cui potranno essere copiati più speditamente, mentre altri risultano meno comprensibili e quindi saranno più difficoltosi da copiare, in quanto il copista non sa quali tratti del glifo sono fondamentali e rilevanti e quali invece sono accessori o superflui. a.a. 2011/2012 1° sem.

66 La rappresentazione e la copia [06]
Da questo piccolo esperimento sono emersi quindi due differenti aspetti dell’operazione del copiare: uno che aspira ad una riproduzione il più possibile perfetta e fedele dell’originale, quindi dell’aspetto del significante (la copia del falsario, o la copia-fotocopia); l’altro, realizzabile solo in presenza di una struttura grafematica, che sfrutta il fatto che ogni elemento di una classe può essere utilizzato per rappresentare la classe stessa, ed è quanto facciamo nel trascrivere un testo in un linguaggio a noi conosciuto. a.a. 2011/2012 1° sem.

67 La rappresentazione e la copia [07]
Infatti, quando copiamo un testo, come abbiamo già visto, attraverso l’allografo testuale che vediamo noi individuiamo la classe grafemica cui appartiene, e, nello scrivere produciamo un altro allografo della stessa classe, del tutto equipollente anche nel caso che l’aspetto grafico (il glifo) risulti notevolmente differente. In effetti, cosa troviamo in comune, dal punto di vista grafico, tra questi due allografi: [a] e [a] ? a.a. 2011/2012 1° sem.

68 La rappresentazione e la copia [08]
Il problema, in questo caso, è di quanto gli allografi si possano discostare continuando ad essere riconoscibili come tali.E’ il problema delle scritture manuali difficili da leggere o addirittura illeggibili (talvolta anche al loro autore). Ma soprattutto è il problema dei programmi OCR (Optical Character Recognition): come si fa ad insegnare al computer a leggere testi scritti acquisiti mediante lo scanner, cioè in forma grafica? a.a. 2011/2012 1° sem.

69 La rappresentazione e la copia [09]
Quali indicazioni, quali regole, quale procedura possiamo inserire nei programmi per istruire il computer a riconoscere che [a] e [a] appartengono ad una stessa classe, e quindi hanno la stessa codifica? Ecco perché i programmi OCR sono estremamente complessi e comunque poco affidabili, a meno che non operino su allografi predefiniti e ristretti. a.a. 2011/2012 1° sem.

70 La rappresentazione e la copia [10]
Chi volesse rendersi conto del problema può fare qualche ricerca tra i numerosissimi libri che Google ha scannerizzato e poi sottoposto ai programmi OCR: molto di frequente il testo risulta corrotto o addirittura incomprensibile, per il funzionamento inadeguato dei programmi di riconoscimento dei caratteri. Ad esempio, nei testi antichi un segno simile a questo ‘ ſ ’ indica la lettera ‘ s ‘: l’OCR regolarmente lo scambia per una ‘ f ‘ , leggendo così ‘fante’ per ‘sante’. a.a. 2011/2012 1° sem.

71 La rappresentazione e la copia [11]
A conclusione di quanto osservato possiamo dire che, nel testo scritto, ogni grafema viene rappresentato dagli allografi, con la funzione di rappresentazione che serve appunto a presentare sensibilmente un elemento della classe rimandando nel contempo ad un oggetto astratto come la classe stessa. Ogni allografo quindi può essere preso come esempio e come rappresentante della classe cui appartiene. a.a. 2011/2012 1° sem.

72 <romano.oneda@unipv.it>
La firma chirografa [01] La parola ‘firma’ deriva dal latino ‘firmare’, cioè ‘rendere fermo’, ‘confermare’, chiaramente riferendosi al contenuto del testo precedente nel documento e all’azione del confermare, dando valore giuridico, quanto dichiarato, promesso, voluto, contrattato ecc. Quindi possiamo intenderla come una sintesi di un discorso che potremmo indicare, più o meno, così: “io personalmente, individuato dal mio nome e cognome, confermo solennemente e mi impegno ad attuare quanto dichiarato in questo documento, che approvo in quanto riconosco contenere le mie intenzioni e volontà” a.a. 2011/2012 1° sem.

73 <romano.oneda@unipv.it>
La firma chirografa [02] Nel linguaggio tecnico alla parola firma viene di solito preferito il termine ‘sottoscrizione’ , che chiaramente allude al fatto che la firma conclude il documento e quindi sta sotto tutte le altre righe di scrittura. Un’altra opzione è quella della parola ‘segnatura’ , di utilizzo ormai raro, anche se è stata riproposta recentemente come ‘segnatura elettronica’, e si riferisce propriamente all’azione di apporre il sigillo (signum) al documento. a.a. 2011/2012 1° sem.

74 <romano.oneda@unipv.it>
La firma chirografa [03] L’operazione del firmare/sottoscrivere consiste nello scrivere il proprio nome e cognome direttamente sul supporto cartaceo con la propria mano (autografia e chirografia), al termine di un testo che abbia rilevanza giuridica, scritto sullo stesso supporto, in modo che testo e firma non siano separabili, ma costituiscano un unicum documentale. Il testo può essere manoscritto, dattiloscritto, stampato, o anche scritto mescolando le varie possibilità (moduli). a.a. 2011/2012 1° sem.

75 <romano.oneda@unipv.it>
La firma chirografa [04] E’ chiaro che il semplice fatto di scrivere il proprio nome e cognome non integra una sottoscrizione se non sono verificate le altre condizioni di presenza di un testo con valenza giuridica, contenente dichiarazioni o impegni direttamente imputabili al sottoscrittore. L’atto del firmare è un gesto con valenza giuridica, la cui effettuazione può essere documentata ulteriormente da una dichiarazione di pubblico ufficiale. a.a. 2011/2012 1° sem.

76 <romano.oneda@unipv.it>
La firma chirografa [05] Dal punto di vista semiologico, la firma si distingue nettamente dagli altri testi scritti in quanto non è riproducibile in infinite copie equivalenti, come abbiamo visto essere caratteristica costitutiva del testo, ma esiste solo in esemplare unico, proprio per questo denominato ‘originale’. Come si spiega e si giustifica questa anomalia? Con la necessità di avere la certezza giuridica dell’imputabilità del testo firmato ad una determinata persona. a.a. 2011/2012 1° sem.

77 <romano.oneda@unipv.it>
La firma chirografa [06] Innanzitutto occorre avere la certezza che la sottoscrizione sia stata apposta direttamente e personalmente dalla persona titolare di quello specifico nome e cognome; per questo in situazioni di rilevante importanza può essere richiesto un riconoscimento anagrafico documentale e un’attestazione, da parte di pubblico ufficiale, di aver assistito personalmente, in data dichiarata, all’atto della sottoscrizione. a.a. 2011/2012 1° sem.

78 <romano.oneda@unipv.it>
La firma chirografa [07] Nel caso in cui manchino conferme del tipo appena descritto, deve esserci comunque la possibilità di ricavare dalla sottoscrizione in esame elementi probatori sufficienti a convalidare l’imputabilità della firma ad una determinata persona. Per questo fine vengono utilizzate le tecniche di verifica fornite dalla scienza grafologica, che però possono esercitarsi con successo soltanto con l’esame sul significante originale. a.a. 2011/2012 1° sem.

79 <romano.oneda@unipv.it>
La firma chirografa [08] Alcuni parametri caratteristici dell’interazione tra stilo e supporto governata dall’azione manuale, come la pressione sul supporto e le sue variazioni nello spazio, vengono irremediabilmente persi o alterati in caso di riproduzione o copia; e quindi verrebbero a mancare preziosissimi elementi per la ricostruzione delle caratteristiche idiografiche di un ductus scrittorio. a.a. 2011/2012 1° sem.

80 <romano.oneda@unipv.it>
La firma chirografa [09] In questo caso specifico e particolare, la messa a fuoco dell’attenzione sul significante, come unicum irripetibile, attenua di molto la funzione segnica della firma, come portatrice di un contenuto (nome e cognome); infatti l’autenticità della firma (verificata sul significante) prevale di norma sulla sua leggibilità, cioè sulla realizzazione della sua funzione segnica. Il mondo è pieno di firme illeggibili, ma autentiche. a.a. 2011/2012 1° sem.

81 <romano.oneda@unipv.it>
La firma chirografa [10] Il collegamento fisico, all’atto della firma, tra la mano del sottoscrittore ed il supporto cartaceo, garantisce anche e testimonia della presenza fisica del sottoscrittore nel luogo in cui si trova il supporto, e quindi il documento da firmare. Questa particolarità viene sfruttata nel caso delle cosiddette ‘firme di presenza’, in cui i firmanti non dichiarano nulla, quindi non sono sottoscrittori, ma tuttavia il loro atto di firmare testimonia la loro presenza nel luogo in cui il supporto cartaceo viene reso disponibile. a.a. 2011/2012 1° sem.

82 <romano.oneda@unipv.it>
La firma chirografa [11] Il lato significante della sottoscrizione è estremamente rilevante anche per l’aspetto sfragistico dello stesso, cioè per la funzione assimilabile a quella del sigillo. Come è noto, il sigillo serve a garantire l’autenticità e l’integrità di un oggetto, e consiste nell’impronta apposta attraverso questo strumento su di un materiale (cera, ceralacca ecc.) idoneo a ricevere e conservare i segni caratteristici identificativi di un soggetto. a.a. 2011/2012 1° sem.

83 <romano.oneda@unipv.it>
La firma chirografa [12] I sigilli quindi contengono elementi grafici caratteristici e specifici, idonei a far riconoscere ufficialmente la provenienza da un’autorità riconosciuta, o comunque da un individuo ben definito. Nel caso della firma, ciascuno di noi ha sviluppato nel tempo specifici automatismi grafici per cui la firma viene effettuata appunto ‘in automatico’, senza un controllo rigorosamente cosciente, e il risultato è che le varie firme risultano tutte molto simili, e quindi comparabili tra di loro, come se fossero state apposte da un timbro, da un sigillo. a.a. 2011/2012 1° sem.

84 <romano.oneda@unipv.it>
La firma chirografa [13] Questa caratteristica risulta utile quando sia indispensabile una verifica della firma in assenza del firmatario. Il caso più comune è quello della firma sugli assegni: la banca effettua un confronto tra la firma apposta sull’assegno e lo ‘specimen’ di firma preventivamente depositato dal titolare del conto.L’autenticità della firma viene riconosciuta attraverso il confronto. A tale proposito occorre rilevare che proprio l’automatismo della firma offre una discreta garanzia contro i tentativi di contraffazione, se non hanno ancora acquisito la richiesta automaticità risultano facilmente individuabili. a.a. 2011/2012 1° sem.

85 <romano.oneda@unipv.it>
La firma chirografa [14] Un altro caso di utilizzo sfragistico del significante si rileva nelle cosiddette ‘sigle’, in cui la componente letterale grafemica è quasi del tutto abbandonata in favore di una componente grafica che funge appunto da simbolo caratteristico individuante la persona, da sigillo. I ghirigori e gli svolazzi delle sigle vengono quindi associati ad una persona e sostituiscono il nome e cognome della firma. a.a. 2011/2012 1° sem.

86 <romano.oneda@unipv.it>
La firma chirografa [15] Ora, a completamento dell’argomento, possiamo analizzare anche alcuni casi di utilizzo della firma per finalità che non sono di sottoscrizione. un esempio è quello della cosiddetta ‘firma per presa visione’, molto utilizzata in ambienti strutturati gerarchicamente, che consiste in una firma che attesta di aver letto un determinato testo, senza che però tale firma implichi adesione a quanto scritto o la condivisione della paternità dei contenuti. a.a. 2011/2012 1° sem.

87 <romano.oneda@unipv.it>
La firma chirografa [16] un altro esempio è la firma che si appone, in aggiunta a svariate altre, sotto una dichiarazione, un appello ecc., dichiarando con questo atto di condividere le idee espresse dagli estensori del testo; un altro esempio è quello della ‘firma di presenza’ , di cui abbiamo già trattato; abbiamo anche la firma-timbro di controllo, che viene apposta dai commissari d’esame o di concorso sui fogli distribuiti ai candidati, per ufficializzare il supporto ed evitare sostituzioni. a.a. 2011/2012 1° sem.

88 <romano.oneda@unipv.it>
La firma chirografa [17] c’è anche la firma con funzione di sigillo, in sostituzione o aggiunta alla ceralacca, che viene apposta normalmente alla giuntura di due fogli o dei lembi di una busta per attestare l’integrità del documento e l’assenza di tentativi di effrazione; c’è la firma ‘specimen’ , modello e pietra di paragone sulla quale confrontare le altre firme, al fine di verificarne l’autenticità; e infine c’è la firma ‘reliquia’, l’autografo, conservato come oggetto mistico che riconduce al personaggio che vi ha lasciato una traccia di sé… a.a. 2011/2012 1° sem.

89 Verso il mondo dei bit [1]
In questa fase iniziale del corso dobbiamo tentare di avvicinarci alla comprensione del mondo binario, che è l’ambiente esclusivo di lavoro del computer, per poterci rendere conto delle sue peculiarità operative. Un mondo binario è un insieme di oggetti in cui tutto è conosciuto/riconosciuto/classificato/memorizzato ecc. mediante (mutuamente) esclusiva assegnazione ad una di due classi di oggetti. La coppia di etichette utilizzate per distinguere le due classi e l’appartenenza degli oggetti alle stesse è, di solito, SI’/NO, VERO/FALSO, 0/1, BIANCO/NERO, ALTO/BASSO ecc.; si può chiaramente utilizzare qualunque coppia di termini risulti didatticamente efficace ed appropriata. Per motivi che risulteranno chiari in seguito noi utilizzeremo le etichette 0 e 1. a.a. 2011/2012 1° sem.

90 Verso il mondo dei bit [2]
Questo ambiente binario viene comunemente chiamato anche digitale (o numerico), e anche noi non faremo distinzioni (anche se, a rigore, potrebbe esistere un digitale ternario, quaternario ecc. , ma tuttavia l’informatica attuale lavora esclusivamente sul binario, come dice la parola BIT = BInary digiT ). Dall’elettronica (che si articola in “analogica” e “digitale”, a seconda che si occupi di segnali continui o discreti) mutueremo anche il termine analogico , quasi sempre utilizzato per indicare ciò che NON è digitale. Vedremo più avanti di chiarire meglio il significato. Passando all’ idraulica, con un esempio immediatamente comprensibile, un normale rubinetto controlla il flusso dell’acqua istituendo un rapporto di analogia tra l’aumento di un angolo in un dato verso (la rotazione della manopola o lo spostamento di una leva) e l’aumento del flusso di acqua; invertendo la direzione si ha l’effetto opposto di diminuzione. a.a. 2011/2012 1° sem.

91 Verso il mondo dei bit [3]
Inoltre il controllo è continuo e progressivo, non ci sono salti nell’azione di apertura/chiusura: potremmo scherzosamente invocare il paradosso di Zenone, per cui tra una posizione della leva e la successiva ce ne sono infinite altre … : insomma potremmo definire questo rubinetto un rubinetto analogico. Proseguendo nella finzione potremmo pensare ad un rubinetto digitale, cioè, naturalmente, ad un rubinetto con due sole possibilità: APERTO/CHIUSO. Un rubinetto digitale potrebbe avere una manopola/leva identica a quella del collega analogico, solo che il funzionamento sarebbe del tutto differente: metà del percorso sarebbe ininfluente, poi in un punto del percorso della manopola il flusso passerebbe improvvisamente dal NIENTE al TUTTO e continuerebbe nel nuovo stato per tutta la restante metà del percorso; naturalmente succederebbe l’inverso nel percorso di ritorno. Un simile funzionamento sarebbe piuttosto disastroso per l’uomo, mentre invece un rubinetto simile, naturalmente elettronico, sta alla base di tutto il funzionamento dei computer. a.a. 2011/2012 1° sem.

92 Verso il mondo dei bit [4]
Vediamo come: un rubinetto digitale ha un ambito operativo alquanto ridotto, dato che ammette solo due stati, APERTO e CHIUSO. Un rubinetto digitale che invece di controllare il flusso dell’acqua controlli un flusso di elettroni ha un nome preciso: INTERRUTTORE: anch’esso, naturalmente, ammette solo due stati, APERTO e CHIUSO. Curiosamente, ma si tratta solo di questioni semantiche, con un rubinetto aperto l’acqua passa, ma con un interruttore aperto la corrente NON passa, e viceversa. Se con un solo rubinetto possiamo fare ben poco, proviamo a collegarne DUE, e teniamo presente che in un microprocessore attuale, come scopriremo più avanti, troviamo centinaia di milioni di interruttori elettronici … Due rubinetti, o interruttori, possono essere collegati in DUE modi differenti (in SERIE e in PARALLELO), che presentano naturalmente caratteristiche di funzionamento differenti, in funzione dello stato (aperto/chiuso) di ciascuno dei due: in totale abbiamo QUATTRO stati possibili di combinazione di ingresso: 0/0, 0/1,1/0,1/1. a.a. 2011/2012 1° sem.

93 Verso il mondo dei bit [5]
COLLEGAMENTO in SERIE [1] Si parla di collegamento in serie quando l’uscita di un rubinetto/interruttore è collegata con l’ingresso dell’altro; in questo caso l’ingresso del primo rubinetto/interruttore costituirà l’ingresso iniziale del sistema e l’uscita del secondo costituirà l’uscita finale del sistema. Vediamo i quattro possibili casi e l’uscita corrispondente al comportamento del sistema, che considereremo come un superinterruttore: 1° chiuso – 2° chiuso  l’acqua NON passa = CHIUSO 1° aperto – 2° chiuso  l’acqua NON passa = CHIUSO 1° chiuso – 2° aperto  l’acqua NON passa = CHIUSO 1° aperto – 2° aperto  l’acqua passa = APERTO a.a. 2011/2012 1° sem.

94 Verso il mondo dei bit [6]
COLLEGAMENTO in SERIE [2] I risultati che abbiamo ottenuto possono essere tabulati in vari modi, dato che, come vedremo successivamente, sono importanti anche in logica, ma ora, visto che stiamo operando in un mondo binario, decidiamo di cambiare etichette e di utilizzare 0 (= chiuso) e 1 (= aperto); inoltre utilizzeremo il simbolo ∩ per indicare il connettore seriale (il collegamento in serie): 0 ∩ 0 = 0 1 ∩ 0 = 0 0 ∩ 1 = 0 1 ∩ 1 = 1 Ora osservate bene la tabellina dell’operazione binaria: vi ricorda qualcosa di familiare ? a.a. 2011/2012 1° sem.

95 Verso il mondo dei bit [7]
COLLEGAMENTO in SERIE [3] Senza dubbio avrete riconosciuto nei risultati il comportamento, familiare fino dalle scuole elementari, della moltiplicazione aritmetica. E infatti possiamo tranquillamente sostituire al simbolo ∩ il più comune segno della moltiplicazione. Tra l’altro possiamo già da ora ricordare che il simbolo ∩ viene anche chiamato ‘moltiplicatore logico’ o ‘operatore AND’ , per i suoi utilizzi nella logica binaria. Possiamo allora concludere che anche i rubinetti sanno contare, o quantomeno che si possono utilizzare i rubinetti al posto del pallottoliere ? E’ decisamente troppo presto per arrivare a qualunque conclusione, quindi intanto occupiamoci dell’altro tipo di collegamento, quello in parallelo. a.a. 2011/2012 1° sem.

96 Verso il mondo dei bit [8]
COLLEGAMENTO in PARALLELO [1] Parliamo di collegamento in parallelo quando gli ingressi dei dispositivi (rubinetti/interruttori) sono collegati assieme, e così pure le uscite sono collegate assieme. In questo sistema ciascun elemento darà il suo contributo all’uscita finale, ma nessuno potrà bloccare da solo il flusso d’uscita finale, come invece avveniva nel seriale. Vediamo anche qui il comportamento del sistema: 1° chiuso – 2° chiuso  l’acqua NON passa = CHIUSO 1° aperto – 2° chiuso  l’acqua passa = APERTO 1° chiuso – 2° aperto  l’acqua passa = APERTO 1° aperto – 2° aperto  l’acqua passa = APERTO a.a. 2011/2012 1° sem.

97 Verso il mondo dei bit [9]
COLLEGAMENTO in PARALLELO [2] Analogamente a quanto abbiamo fatto prima con il connettore seriale procediamo a tabulare i risultati del collegamento in parallelo utilizzando questa volta il simbolo connettivo U : 0 U 0 = 0 1 U 0 = 1 0 U 1 = 1 1 U 1 = 1 Anche stavolta proviamo a vedere se ritroviamo nei risultati una qualche somiglianza con operazioni aritmetiche familiari. a.a. 2011/2012 1° sem.

98 Verso il mondo dei bit [10]
COLLEGAMENTO in PARALLELO [3] Notiamo, in effetti, una forte ma apparentemente non completa somiglianza con l’operazione di addizione aritmetica. Non “tornano i conti” soltanto con l’ultima operazione, in cui troviamo che 1+1=1, mentre ci aspetteremmo 2. Tuttavia dovremmo ricordare che nel mondo binario abbiamo a disposizione soltanto 0 e 1, per cui il 2 non è (ancora) rappresentabile. Questa operazione è chiamata anche, in logica, operatore OR ; esiste anche un operatore XOR, o OR esclusivo, che dà risultati identici ad OR nei primi tre casi, mentre nell’ultimo si ha che 1+1=0 . Vedremo meglio questi operatori più avanti; per ora ci basti considerare che la non rappresentabilità del numero 2 è collegata con il problema del riporto aritmetico : se vogliamo rappresentare altri numeri oltre a 0 e 1 avremo bisogno di un sistema di notazione più articolato, con ulteriori convenzioni che ci permettano di assegnare anche altri, differenti valori alle cifre 0 e 1. a.a. 2011/2012 1° sem.

99 Verso il mondo dei bit [11]
I NUMERI [1] Sappiamo che i numeri sono delle entità aritmetiche astratte, delle classi logiche, che abbisognano di una qualche rappresentazione per poter essere umanamente gestibili. Il problema della rappresentazione dei numeri ha trovato svariate soluzioni nella storia dell’umanità; citeremo soltanto quella adottata dai romani, che conosciamo dalle elementari. Si tratta di un sistema in cui alcuni numeri fondamentali hanno un simbolo fisso corrispondente (cifra), mentre tutti gli altri vengono costruiti per somma e sottrazione delle cifre prefissate. La regola generale è che, procedendo da sinistra verso destra, i valori da sommare vengono disposti dal più alto al più basso; se qualche cifra di valore inferiore si trova a precederne una di valore superiore, la cifra inferiore viene sottratta a.a. 2011/2012 1° sem.

100 Verso il mondo dei bit [12]
I NUMERI [2] La notazione romana presenta i pesanti difetti di non avere una rappresentazione estensibile a numeri grandi, di ignorare lo zero e di consentire più rappresentazioni differenti per lo stesso numero. Si fa comunemente l’esempio del numero 999, che può essere correttamente rappresentato nella notazione romana in ben cinque modi: CMXCIX = ( )+(100-10)+ (10-1) = ( ) LMVLIV = ( )+(50-5)+ (5-1) = ( ) XMIX = ( )+(10-1) = (990+9) VMIV = (1000-5)+(5-1) = (995+4) IM = (1000-1) NOTA: I fogli elettronici Microsoft EXCEL e CALC di OpenOffice v.2 mettono a disposizione la funzione ROMANO(), che provvede a trasformare un numero in rappresentazione decimale nella corrispondente romana. a.a. 2011/2012 1° sem.

101 Verso il mondo dei bit [13]
I NUMERI : LA NOTAZIONE POSIZIONALE [1] La notazione che usiamo correntemente è invece del tipo posizionale, in quanto numera le posizioni delle cifre a partire da destra verso sinistra, ed assegna ad ognuna di queste posizioni un valore fisso, detto peso, per cui si parla anche di posizioni pesate. La notazione che utilizziamo è chiamata anche polinomiale, in quanto, proprio come in un polinomio, le posizioni successive verso sinistra rappresentano le potenze crescenti di un ‘x’, che viene chiamato base. Il nostro sistema di notazione è chiamato decimale proprio perché la base scelta è il numero dieci; di conseguenza le prime posizioni da destra verso sinistra avranno questi pesi: 100 = 1 (il peso delle unità) 101 = 10 (il peso delle decine) 102 = 100 (il peso delle centinaia) 103 = 1000 (il peso delle migliaia) 104 = (il peso delle decine di migliaia) e così via… a.a. 2011/2012 1° sem.

102 Verso il mondo dei bit [14]
I NUMERI : LA NOTAZIONE POSIZIONALE [2] Ma non è finita! Le varie posizioni pesate ospitano dei simboli, le cifre, che rappresentano il risultato della moltiplicazione del loro valore naturale (da 0 a 9) per il peso assegnato alla posizione occupata; le cosiddette cifre vengono anche chiamate coefficienti polinomiali. Ad esempio il numero ‘centoventisette’ , scritto in notazione decimale ‘127’ , è il risultato dei seguenti conteggi : (7x100) + (2x101) + (1x102) , che le nostre routine mentali effettuano senza apparente sforzo, almeno per un numero ridotto di cifre; quando si supera la decina di cifre, diventa arduo anche solo individuare la grandezza del numero. Ci si aiuta con il punto separatore dei gruppi di tre cifre. La corrispondente notazione polinomiale sarebbe x2+2x+7, per x=10. a.a. 2011/2012 1° sem.

103 Verso il mondo dei bit [15]
I NUMERI : LA NOTAZIONE POSIZIONALE [3] La notazione posizionale, come abbiamo visto, a differenza di quella romana, utilizza sia addizioni che moltiplicazioni, è la somma di vari prodotti di coefficienti per il peso della posizione occupata. Questo però implica che, se anche una posizione intermedia non dovesse risultare occupata, ci debba comunque essere un segnaposto per mantenere la posizione, altrimenti non sarebbe possibile calcolare la corretta successione dei pesi. E’ proprio questa la funzione dello zero: il coefficiente zero, moltiplicato per il peso della relativa posizione, ne annulla il valore, per cui alla somma finale non fornisce alcun contributo, però nel contempo mantiene immutata e salva la corretta successione dei pesi. Ricordiamo infine di non confondere mai ‘cifra’ con ‘numero’ , il rappresentante con il rappresentato. Un numero può essere rappresentato in molti modi differenti senza che la sua natura e le sue proprietà vengano mutate. a.a. 2011/2012 1° sem.

104 Verso il mondo dei bit [16]
I NUMERI : LA NOTAZIONE POSIZIONALE [4] La notazione posizionale viene utilizzata anche con una base non necessariamente decimale, ma che viene scelta secondo esigenze di funzionalità ed efficienza operativa: in informatica si usano comunemente le notazioni binaria (in base 2), ottale (in base 8, attualmente desueta) ed esadecimale (in base 16). Teoricamente si potrebbe utilizzare qualunque numero come base di numerazione posizionale; in realtà però non dobbiamo dimenticare che, scelta una base, ci occorrono altrettanti simboli che fungano da cifre. Ora, se la cosa è semplicissima per le notazioni con base inferiore a 10, visto che sono già disponibili, si complica invece sempre più per le basi superiori. La convenzione spesso seguita è quella di adottare come cifre prima le lettere maiuscole dell’alfabeto, nel numero strettamente necessario, e poi quelle minuscole. Così la notazione esadecimale utilizza le cifre da 0 a 9, poi rappresenta il 10 con A, l’11 con B, il 12 con C, il 13 con D, il 14 con E, il 15 con F. Utilizzando sia le cifre da 0 a 9 sia le lettere maiuscole dell’alfabeto latino si raggiunge al massimo la base 36; aggiungendo anche le minuscole si può arrivare alla base 62 ( ). Ma per fare che??? a.a. 2011/2012 1° sem.

105 Verso il mondo dei bit [17]
I NUMERI : LE BASI (o RADICI) nella NOTAZIONE POSIZIONALE [1] Che il discorso sull’utilizzazione di notazioni posizionali con base (o radice) differente da 10 non sia un discorso meramente accademico o di curiosità è provato anche dalla disponibilità in Calc (OpenOffice v.2) della funzione base(), che appunto mostra la rappresentazione di un numero nelle varie basi, da 2 a 36. Inoltre, tra le varie possibilità, daremo un’occhiata a dei programmi liberamente disponibili sul web, che offrono analoghe possibilità: (Base2Base 1.1;NumEdit 3.0 (editor multibasico) (Radix 1.0) (Numerical Chameleon 1.6.0) a.a. 2011/2012 1° sem.


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