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UN PERCORSO TEOLOGICO Lanfranco Gianesin

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Presentazione sul tema: "UN PERCORSO TEOLOGICO Lanfranco Gianesin"— Transcript della presentazione:

1 UN PERCORSO TEOLOGICO Lanfranco Gianesin
IL PURGATORIO UN PERCORSO TEOLOGICO Lanfranco Gianesin

2 Gustave Doré

3 I NOVISSIMI “In omnibus operibus tuis memorare novissima tua et in aeternum non peccabis”. (Ecclesiasticus 7,40) Ho citato con le parole della “vulgata” di san Girolamo il Liber ecclesiasticus, testo biblico deuterocanonico del II secolo a.C., considerato ispirato da cattolici e ortodossi, chiamato Siracide nella traduzione italiana. Novissima nella tradizione cristiana sono le cose ultime, in greco τò ἔσχατον, to éskaton, che significa la fine, le cose ultime. Nella teologia cristiana i novissimi sono: morte, giudizio, inferno, paradiso.

4 La spensierata modernità, castello di infantile onnipotenza, costruito su formidabili rimozioni, ha spazzato via tutti questi miti primitivi e imbarazzanti. Troppo vincolante l’imperativo della felicità subito e ad ogni costo. Basti pensare alla morte, esperienza sempre più privatizzata, che non riusciamo più ad elaborare socialmente. Non abbiamo più riti, gesti, parole, per dire la morte come comunità solidale e l’abbiamo ricacciata nell’inconscio. Il tabu della morte, che ha sostituito quello del sesso, assedia l’individuo, con il suo carico di insopprimibile angoscia. Il nulla, che ha licenziato i novissimi, è un orizzonte di senso più confortante? In questo contesto parlare di purgatorio ha ancora un significato dal punto di vista teologico?

5 Oggi fa tendenza la credenza nella reincarnazione, basata su una concezione dualistica che svaluta il corpo, in un’epoca che tende ad esaltarlo. La reicarnazione ha preso il posto del purgatorio mettendo in secondo piano la resurrezione della carne, elemento fondamentale del cristianesimo. Per molti dei suoi sostenitori la reincarnazione gioca il ruolo di una «seconda possibilità», mentre nelle spiritualità orientali, dalle quali viene fatta derivare, essa, in quanto ciclo delle rinascite, è piuttosto una fatalità, una condanna da cui si cerca una liberazione. È interessante notare che la reincarnazione era sostenuta degli eretici catari del XIII secolo, i quali non credevano al purgatorio e ritenevano che la purificazione delle anime si realizzasse in vite successive, sempre sulla terra.

6 CHE COSA DICE LA BIBBIA? La Bibbia non parla esplicitamente del purgatorio. La credenza in una purificazione delle anime dopo la morte, come pure della possibilità dei vivi di aiutare i defunti, si trova la prima volta in un brano del Secondo libro dei Maccabei (12,38-46), scritto alla fine del II secolo a.C. In questo testo deuterocanonico, che né gli ebrei né i protestanti riconoscono come ispirato, si parla di un sacrificio espiatorio per i combattenti caduti, “perché fossero assolti dal peccato”, nella “ferma fiducia che i caduti sarebbero risuscitati”).

7 Giuda poi radunò l'esercito e venne alla città di Odollàm; poiché stava per iniziare il settimo giorno, si purificarono secondo l'uso e vi passarono il sabato. Il giorno dopo, quando ormai la cosa era diventata necessaria, gli uomini di Giuda andarono a raccogliere i cadaveri dei caduti per deporli con i loro parenti nei sepolcri dei loro padri. Ma trovarono sotto la tunica di ciascun morto oggetti sacri agli idoli di Iàmnia, che la legge proibisce ai Giudei. Così fu a tutti chiaro il motivo per cui costoro erano caduti. Perciò tutti, benedicendo Dio, giusto giudice che rende palesi le cose occulte, si misero a pregare, supplicando che il peccato commesso fosse pienamente perdonato. Il nobile Giuda esortò tutti a conservarsi senza peccati, avendo visto con i propri occhi quanto era avvenuto a causa del peccato di quelli che erano caduti. Poi fatta una colletta, con tanto a testa, per circa duemila dracme d'argento, le inviò a Gerusalemme perché fosse offerto un sacrificio per il peccato, compiendo così un'azione molto buona e nobile, suggerita dal pensiero della risurrezione. Perché, se non avesse avuto ferma fiducia che i caduti sarebbero risuscitati, sarebbe stato superfluo e vano pregare per i morti. Ma se egli pensava alla magnifica ricompensa riservata a coloro che si addormentano nella morte con sentimenti di pietà, la sua considerazione era santa e devota. Perciò egli fece offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal peccato. (1 Mac 12, 38-46)

8 Un altro riferimento si trova nel Nuovo Testamento, nella
Un altro riferimento si trova nel Nuovo Testamento, nella Prima Lettera ai Corinzi. Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come un saggio architetto io ho posto il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento a come costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo. E se, sopra questo fondamento, si costruisce con oro, argento, pietre preziose, legno, fieno, paglia, l'opera di ciascuno sarà ben visibile: infatti quel giorno la farà conoscere, perché con il fuoco si manifesterà, e il fuoco proverà la qualità dell'opera di ciascuno. Se l'opera, che uno costruì sul fondamento, resisterà, costui ne riceverà una ricompensa. Ma se l'opera di qualcuno finirà bruciata, quello sarà punito; tuttavia egli si salverà, però quasi passando attraverso il fuoco.

9 LA TRADIZIONE CRISTIANA
Nella tradizione cristiana il problema delle pene purgatorie (da cui il nome di "purgatorio") è molto antico, legato al concetto dell’imperfezione dell’anima quando si è separata dal corpo. Dove "abitano" infatti le anime dopo la morte? Due erano le ipotesi correnti: a) la morte come una specie di sonno e d’attesa (un’idea ebraica, accettata dai primi cristiani e passata anche nell’islam); b) l’anima che vaga senza sosta (è il concetto greco e pagano in genere: le "anime in pena", quelle di chi ha commesso un crimine grave oppure di chi non ha avuto una sepoltura onorevole, si aggirano nell’aria senza riuscire a trovar pace). Di qui il concetto di una beatitudine non perfetta dell’anima, che deve ripulirsi dalle impurità anche attraverso la sofferenza, si trasferisce nel cristianesimo.

10 I PADRI DELLA CHIESA Le prime tracce della fede nella purificazione delle anime appaiono dalla fine del II secolo negli scritti di alcuni Padri della Chiesa (Tertulliano, Clemente Alessandrino, Origene, Agostino) e nelle iscrizioni sepolcrali delle catacombe. Se Clemente di Alessandria parla di anime peccatrici e di anime scellerate, di anime correggibili e incorreggibili sulla terra e in cielo, se Origene parla di un nuovo battesimo attraverso il fuoco, di una purificazione più lunga, ma non eterna, dei peccatori, entrambi affermano la fede comune dei credenti, pur nel contesto ereticale della teoria dell’apocatastasi (riconciliazione universale): l’esigenza di una purificazione temporale nell’aldilà per le anime del giusti che devono ancora espiare i propri peccati; la necessità di preghiere e suffragi.

11 La tradizione latina progredisce in modo decisivo con Agostino (Cfr
La tradizione latina progredisce in modo decisivo con Agostino (Cfr. De libero arbitrio, opera del 387), che distingue chiaramente l’ignis purgationis (che scomparirà dopo il Giudizio Universale) dalla poena aeterna dell’Inferno, sottolineando anche che immediatamente dopo la morte l’anima accede alla visione beatifica o alla purificazione del purgatorio o al fuoco eterno. San Gregorio Magno (VI secolo) ritiene che "per quanto riguarda alcune colpe leggere, si deve credere che c’è, prima del giudizio, un fuoco purificatore".

12 VIGNALI, Jacopo, S. Michele Arcangelo libera le anime del purgatorio, 1650, Firenze, S. Francesco di Paola

13 I CONCILI I concili riprendono e confermano una dottrina che è esistita sin dall’inizio come attesta ampiamente la liturgia e l’offerta di preghiere e suffragi per i defunti. Il concilio di Lione (1274) afferma che "le anime sono purificate dopo la morte con pene che lavano". Il concilio di Firenze (1439) è il primo che indica il purgatorio come verità di fede. Il concilio di Trento (1563, XXV e ultima sessione) ribadisce che "il purgatorio esiste e che le anime ivi trattenute possono essere aiutate dai suffragi dei fedeli".

14 Il Concilio Ecumenico Vaticano II (1964) parla del purgatorio con molta sobrietà:
Fino a che dunque il Signore non verrà nella sua gloria, accompagnato da tutti i suoi angeli (cfr. Mt 25,31) e, distrutta la morte, non gli saranno sottomesse tutte le cose (cfr. 1 Cor 15,26-27), alcuni dei suoi discepoli sono pellegrini sulla terra, altri, compiuta questa vita, si purificano ancora, altri infine godono della gloria contemplando “chiaramente Dio uno e trino, qual è”. (Lumen Gentium, 49)

15 NASCITA DEL PURGATORIO?
Lo storico medievista francese Jacques Le Goff ha pubblicato nel 1981 un libro intitolato La nascita del Purgatorio, dimostrando che la credenza nel Purgatorio come “luogo” nasce alla fine del XII secolo. Effettivamente nell’immaginario collettivo l’idea del purgatorio come luogo è andata radicandosi nel tempo fino alla grande rielaborazione dei monaci di Cluny, avvenuta nel X e XI secolo e giunta fino a noi. Il purgatorio, come molte altre credenze, ha insomma una sua storia, che dipende anche dalla cultura del tempo in cui lo si è studiato. Perciò, secondo Franco Cardini, medievista italiano, Le Goff avrebbe fatto meglio a parlare di "scoperta" piuttosto che di "nascita" del purgatorio. Prima del Medioevo esisteva già la nozione di uno stato di purificazione delle anime dei defunti.

16 Il medioevo semmai ha “inventato” la montagna di Dante, l’isola oppure il luogo sotterraneo, cercando una corrispondenza topografica per un concetto - l’immortalità dell’anima, la comunione dei santi e la graduale purificazione anche dopo la morte - che in realtà era ben noto fin dall’inizio del cristianesimo. Nella società del 1200, caratterizzata da un forte senso della giustizia e da un sistema penale molto elaborato, la rappresentazione del purgatorio ha un’evoluzione parallela allo sviluppo del sacramento della Penitenza, che passa, grazie ai monaci irlandesi, da una prassi molto dura (confessione pubblica per i peccati più gravi, penitenza concessa una volta in vita e molto lunga) a una “penitenza delle tariffe”, che prevede la ripetizione dell’assoluzione e un meticoloso catalogo di “opere di riparazione”.

17 Mentre le Chiese d’Oriente sottolineano la maturazione spirituale dell’anima dopo la morte (purificazione più che punizione), la Chiesa di Roma conferma il potere dei vivi di fornire un aiuto spirituale alle anime dei defunti (affermando in tal modo il suo stesso potere). Da questa impostazione e dalla distinzione tra pena eterna e pena temporale deriva tutta la questione delle indulgenze (che ottengono non il perdono della colpa, ma la remissione della pena temporale). Le indulgenze non sono riconosciute dagli ortodossi, né dai protestanti. Questi ultimi inizialmente attaccarono solo le superstizioni e gli abusi, poi rifiutarono il concetto stesso di purificazione, dato che l’espiazione da parte e per i defunti sarebbe in contrasto con il perdono per pura grazia.

18 Per la teologia cattolica la comunità cristiana può soccorrere i defunti con i suoi suffragi (l’Eucaristia e le preghiere), perché uno stesso amore unisce vivi e defunti in Cristo. Questa unione crea la possibilità di una comunione di meriti, come un grande capitale sociale (il “tesoro della Chiesa”), che ha Cristo come socio fondatore e viene sostenuto con tutto il bene compiuto dai cristiani nella storia. Un accumulo di energia rinnovabile, a disposizione di tutti. Insomma una cosa equa e solidale. È quella che viene chiamata la “comunione dei santi”. A pensarci bene accumulare - si diceva anche lucrare - le indulgenze in fondo era come conquistare il paradiso a punti, un sistema oggi attualissimo. Dalla patente ai titoli di studio. Certo che comprare e vendere le indulgenze non era il massimo della limpidezza.

19 CONCLUDENDO Di per sé la dottrina della Chiesa dice solo che esiste un purgatorio (al di là di ogni metafora e rappresentazione mitologica, come il fuoco ecc.). Il purgatorio non è un luogo, ma uno stato o un confronto decisivo tra il credente e Dio. Splendida l’affermazione di Agostino: “Dopo questa vita, Dio stesso è il nostro luogo”. Il Catechismo della Chiesa cattolica se ne occupa ai numeri : "Coloro che muoiono nella grazia e nell’amicizia di Dio, ma sono imperfettamente purificati, sebbene siano certi della loro salvezza eterna, vengono però sottoposti, dopo la loro morte, ad una purificazione... La Chiesa chiama purgatorio questa purificazione finale degli eletti, che è tutt’altra cosa dal castigo dei dannati".

20 Giovanni Paolo II, nell’udienza del 4 agosto 1999, ha detto che il purgatorio "non indica un luogo, ma una condizione di vita. Coloro che dopo la morte vivono in uno stato di purificazione sono già nell’amore di Dio, il quale li solleva dai residui dell’imperfezione. In definitiva nella Chiesa latina il p. costituisce il prolungamento della pratica penitenziale dopo la morte. La pena di cui si parla (poenae purgatoriae) è dal punto di vista teologico, un dolore di pentimento (per non aver amato abbastanza l’Amore).

21 a questo tempo di purificazione, senza angoscia, sapendo che mi ami,
Vado incontro con pace a questo tempo di purificazione, senza angoscia, sapendo che mi ami, nell’unico desiderio di presentarmi a te con la veste bianca delle nozze. Ci vado incontro con sollievo perché esso mi libera dall’ossessione di una perfezione assoluta rimettendo tutto me stesso e quel poco che ho fatto e il molto che non ho fatto al tuo amore purificatore. (Carlo Maria Martini)

22 IL PURGATORIO SECONDO DANTE
Qual è la vera differenza tra l’inferno e il purgatorio secondo Dante? Il primo è il luogo della disperazione. Il secondo è il luogo della speranza. E il limbo? È desiderio senza speranza. Dal punto di vista teologico il purgatorio dantesco è quanto mai convincente, non tanto per la sua “geografia”, ma perchè coglie gli elementi essenziali del “rivolgersi a Dio”, del ritorno a Dio come conversione del cuore. Così Manfredi: «Ma la bontà infinita ha sì gran braccia, / che prende ciò che si rivolge a lei» Mentre i dannati dell’inferno sono incentrati su di sé, autoreferenziali, in purgatorio nessuno pretende o si ritiene grande o autosufficiente, ma chiede umilmente l’aiuto altrui.

23 L’inferno è caratterizzato dall’etica classica, cioè dalla giustizia
L’inferno è caratterizzato dall’etica classica, cioè dalla giustizia. Il purgatorio è sotto il segno delle beatitudini evangeliche, che vanno ben al di là della giustizia. Il purgatorio è un mondo diverso, in cui solo l’amore è la misura del peccato, non la mera trasgressione di regole morali. In esso regna la dolcezza, l’umiltà e la gratuità. Nel purgatorio la gratuità totale del perdono richiama la gratuità come elemento determinante nell’amicizia e l’arte (poesia, pittura, musica) come l’espressione terrena più alta del gratuito. Infine, per Dante le lacrime sono il solo prezzo che Dio richiede per l’ingresso nel suo regno, vale a dire per quel mutamento interiore che porta l’uomo oltre se stesso, nella dimensione divina. (cfr. Anna Maria Chiavacci Leonardi)

24 (Gustave Martelet) Come da un torrente di lacrime e di fuoco
(che cosa è più divorante delle lacrime?) sarà annegata, bruciata e in ogni modo spiritualmente distrutta, ogni contraddizione personale con l’amore di Dio. (Gustave Martelet)

25 BIBLIOGRAFIA LE GOFF, Jacques, La nascita del purgatorio, Torino, Einaudi, 1982. MARTELET, Gustave, Realtà ultime, in Grande Dizionario delle Religioni, Assisi/Casale Monferrato, Cittadella/Piemme, 1988, p VORGRIMLER, Herbert, Escatologia/Giudizio, in Enciclopedia teologica, Brescia, Queriniana, 1989, p. 292. FINKENZELLER, Josef, Purgatorio, in Lessico di teologia sistematica, Brescia, Queriniana, 1990, p. 535. ALIGHIERI, Dante, Commedia, con il commento di Anna Maria Chiavacci Leonardi, vol. 2: Purgatorio, Bologna, Zanichelli, 2000.


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