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Essere se stessi … o stare nel gregge?.

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Presentazione sul tema: "Essere se stessi … o stare nel gregge?."— Transcript della presentazione:

1 Essere se stessi … o stare nel gregge?

2 Accodarmi agli altri adattandomi, mimetizzandomi, o essere me stesso sempre?

3 E’ la domanda che la convivenza pone continuamente.

4 Spesso siamo dei pecoroni, e la cosa che sappiamo fare bene, è piegare la testa, ubbidire e stare nel gregge!

5 Quando ci viene un’idea, fuori dalla “normalità”,

6 siamo subito scoraggiati dagli altri.

7 Il sano desiderio di comunicare e rendere partecipi gli altri di una cosa nuova capita, conquistata, è spesso mortificato.

8 Il cambiamento, la novità, l’uscire dal seminato, dalla tradizione ...

9 … ha molti nemici.

10 Però, se con fatica e costanza (a volte anche sbagliando),

11 senza badare troppo agli altri, procediamo dove ci indica la ragione ed il cuore,

12 raggiungiamo la meta … e l’orizzonte espande!

13 La fedeltà alle proprie idee e principi,

14 spesso porta alla solitudine e, a volte, ci porge un po’ di tristezza.

15 Le strade nuove, quasi sempre ci mettono paura e ci spingono a tornare nell’ovile, dal gregge,

16 ma poi, si schiudono orizzonti impensati, a volte fantastici.

17 Il lasciare il gregge, per essere sé stessi,

18 con le proprie idee, valori, obiettivi,

19 senza pretendere il consenso degli altri,

20 non contro gli altri, ma amandoli, anche se non sono d’accordo,

21 porta ad incontri e avvenimenti inaspettati, inimmaginabili.

22 Spalanca la vita al mondo,

23 amplifica gli avvenimenti della nostra storia.

24 Avere il coraggio dei propri pensieri,

25 di ciò che crediamo giusto, vero

26 e che vale la pena di essere vissuto,

27 fa si che guardando al passato,

28 ci rende contenti delle nostre scelte,

29 anche se, a volte, sono state faticose.

30 Perché se mostriamo solo ciò che ci conviene … uccidiamo in noi la parte migliore. Ci condanniamo umanamente a una rappresentazione ridicola di noi stessi, e, nel tempo, alla tristezza, perché abbiamo distrutto la nostra identità unica, cioè le nostre aspirazioni più profonde.

31 Se il nostro agire è la reazione al giudizio o all’azione altrui, diventiamo dei mostriciattoli, il vero che è in noi muore. La contentezza di vivere sboccia dentro di noi quando le nostre azioni esprimono concretamente, nei rapporti, ciò che ha valore e senso; ciò che riteniamo giusto e vero.

32 Essere se stessi o stare nel gregge?
Accodarsi agli altri adattandomi, mimetizzandomi o essere me stesso sempre? E’ la domanda che la convivenza pone continuamente. - Spesso siamo dei pecoroni e la cosa che sappiamo fare bene, è piegare la testa, ubbidire e stare nel gregge! - Quando ci viene un’idea, fuori dalla “normalità”, siamo subito scoraggiati dagli altri. - Il sano desiderio di comunicare e rendere partecipi gli altri di una cosa nuova capita, conquistata, è spesso mortificato. - Il cambiamento, la novità, l’uscire dal seminato, dalla tradizione, ecc. ha molti nemici. - Però, se con fatica e costanza (a volte anche sbagliando), senza badare troppo agli altri, procediamo dove ci indica la ragione ed il cuore, raggiungiamo la meta … e l’orizzonte espande! - La fedeltà alle proprie idee e principi, spesso porta alla solitudine, e, a volte, ci porge un po’ di tristezza. - Le strade nuove, quasi sempre ci mettono paura e ci spingono a tornare nell’ovile, nel gregge, ma poi, si schiudono orizzonti impensati, a volte fantastici.

33 Il lasciare il gregge, per essere sé stessi, con le proprie idee, valori, obiettivi, senza pretendere il consenso degli altri, non contro gli altri, ma amando gli altri, anche se non sono d’accordo, porta ad incontri e avvenimenti inaspettati, inimmaginabili. Spalanca la vita al mondo, amplifica gli avvenimenti della nostra storia. Avere il coraggio dei propri pensieri, di ciò che crediamo giusto, vero e che vale la pena di essere vissuto, fa si che guardando al passato, ci rende contenti delle nostre scelte, anche se, a volte, sono state faticose. Perché se mostriamo solo ciò che ci conviene … uccidiamo in noi la parte migliore. Ci condanniamo umanamente a una rappresentazione ridicola di noi stessi, e, nel tempo, alla tristezza, perché abbiamo distrutto la nostra identità unica,, cioè, le nostre aspirazioni più profonde.


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