La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

Corso di laurea Formazione Sviluppo Risorse Umane

Presentazioni simili


Presentazione sul tema: "Corso di laurea Formazione Sviluppo Risorse Umane"— Transcript della presentazione:

1 Corso di laurea Formazione Sviluppo Risorse Umane
Insegnamento “Politica economica e gestione risorse umane” Prof. Aldo Gandiglio Seminari di approfondimento La formazione continua: politiche, strumenti, attori. Come qualificare l’intervento per offrire una risposta efficace all’attuale crisi economico-finanziaria. Introduzione: Prof. Stefano Di Vetta Giovedì 13 maggio 2010

2 Definizione di FORMAZIONE CONTINUA
Una prima definizione generica: “Formazione continua come la formazione ulteriore intrapresa da coloro che hanno già completato la formazione iniziale al fine di acquisire competenze e conoscenze ulteriori” (ILO, Vocational Training) Una definizione che comprende target-group diversi: lavoratori occupati, disoccupati e adulti in generale e si distribuisce su due filoni: Quello della FC in cui le competenze tecnico-professionali e quelle trasversali vengono acquisite sul posto di lavoro”; Quello dell’educazione o apprendimento degli adulti, in cui le competenze di base e quelle che afferiscono alla cittadinanza attiva, vengono acquisite in situazioni non lavorative o di tipo formale (CTP e corsi serali) o di tipo non formale (UP e della terza età)(MLPS, 2003) La sfera decisionale risulta complessa: nella formazione per lavoratori, la decisione di fare formazione può essere presa dall’individuo-lavoratore che dall’impresa: in questi casi si parla di formazione aziendale

3 La distinzione tra la formazione continua in generale e la formazione aziendale è rappresentato dal tipo di soggetto che decide di effettuare l’investimento in formazione: impresa o il lavoratore. La formazione continua è finalizzata a migliorare il livello di qualificazione e di sviluppo professionale della forza lavoro assicurando la stabilità occupazionale, l'adattabilità ai cambiamenti tecnologici e organizzativi atti a sostenere la competitività delle imprese e di tutti gli operatori economici pubblici e privati (Formazione continua), garantendo opportunità di formazione lungo l'intero arco della vita (Formazione permanente) E' destinata a soggetti occupati (titolari e soci d'impresa e lavoratori autonomi), soggetti in CIG e mobilità, inoccupati, inattivi e disoccupati per i quali la formazione è propedeutica all'occupazione nonché ad apprendisti che abbiano assolto l'obbligo formativo. Si realizza attraverso la proposta di: percorsi interaziendali di aggiornamento del personale occupato. corsi interaziendali di alfabetizzazione, qualificazione, riqualificazione, specializzazione volti all'acquisizione o sviluppo di nuove competenze professionali richieste in ambito lavorativo o per l'arricchimento del proprio patrimonio culturale. percorsi aziendali di riqualificazione e aggiornamento del personale occupato (programmati e richiesti dall'impresa beneficiaria o da un soggetto terzo su commessa di una o più imprese)

4 Lo scenario macro economico nel corso del biennio 2010-2011 prevede:
Crescita contenuta del PIL; Persiste la flessione occupazionale; Per combattere la crisi occupazionale un ruolo importante è costituito dall’insieme dei provvedimenti legislativi (Governo), seguiti dagli Accordi tra lo Stato e le Regioni e tra ciascuna Regione e i rappresentanti regionali delle parti sociali; Misure anticrisi (stanziamento complessivo pari a 8 miliardi di euro, di cui 5,35 di contributo nazionale e 2,65 assicurati dalle Regioni mediante l’utilizzo delle risorse del Fondo sociale europeo); Oggetto degli interventi sono i lavoratori sospesi, i lavoratori a rischio di espulsione dai processi produttivi ma ancora in costanza di rapporto di lavoro e i lavoratori già espulsi dai processi produttivi; Durante il periodo di sospensione i lavoratori avranno l’obbligo di seguire percorsi di riqualificazione/aggiornamento delle competenze in linea con i fabbisogni professionali del contesto aziendale di provenienza; Per i lavoratori espulsi, le attività formative saranno orientate all’individuazione di percorsi per la ricollocazione professionale.

5 FONDO SOCIALE E FORMAZIONE CONTINUA
Con l’Agenda di Lisbona e la Strategia Europea per l’Occupazione i Paesi dell’Unione Europea hanno messo in luce il profondo legame che sussiste tra la crescita di un sistema economico e l’investimento nelle risorse umane, attraverso l’istruzione, la formazione e le politiche attive del lavoro. + conoscenze + competenze: costituiscono una delle principali strategie per aumentare la competitività del sistema-Europa e realizzare quella che dovrebbe diventare “l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo”. Nella nuova programmazione gli strumenti finanziari del FESR e del FSE contribuiscono al finanziamento sia dell’obiettivo Convergenza” (ex Obiettivo 1), che di quello indicato per la “Competitività regionale e occupazione”(ex Obiettivo 2 e 3). FESR è diretto a sostenere la priorità “competitività regionale” mentre il FSE è diretto al sostegno della priorità “Occupazione”.

6 Obiettivo dell’Asse Adattabilità:
L’intervento del FSE, nel nuovo obiettivo Occupazione (ex Obiettivo 3) si articola: Adattabilità; Occupabilità; Inclusione Sociale; Capitale Umano; Transnazionalità e interregionalità Obiettivo dell’Asse Adattabilità: sostenere azioni finalizzate al miglioramento delle prospettive occupazionali e professionali delle persone, orientandole alle sempre più complesse esigenze del sistema economico-sociale; differenziazione, specializzazione e personalizzazione delle opportunità formative; adattabilità dei lavoratori e delle imprese al fine di migliorare l’anticipazione e gestione positiva dei cambiamenti economici; apprendimento permanente e investimenti nelle risorse umane da parte delle imprese, in particolare le PMI; applicazione di sistemi e strategie, per garantire un più agevole accesso alla formazione per i lavoratori meno qualificati; messa a punto di servizi specifici di occupazione, formazione e sostegno ai lavoratori, incluso il ricollocamento nel contesto di ristrutturazioni aziendali o settoriali.

7 Il contesto Europeo e la crisi
La crisi economica: la ricetta condivisa in ambito europeo prevede risorse sul capitale umano (+ competenze + conoscenze tecnico-professionali); anticipazione dei fabbisogni professionali da parte delle imprese. Nelle indicazioni di policy in materia di formazione professionale, bisogna tener conto di due fattori: i benchmark definiti nell’ambito della strategia di Lisbona, che consentono di rilevare il posizionamento dell’Italia in relazione alla media europea e agli altri Stati membri; gli scenari sul futuro dell’occupazione e delle competenze richieste e offerte che si stanno delineando a livello europeo. Con riferimento al primo punto l’Italia si trova al di sotto della media europea e lontana dagli Stati membri più grandi per la maggior parte dei benchmark da raggiungere entro il 2010. Per la partecipazione ad attività di istruzione e formazione lungo tutto l’arco della vita: l’Italia registra un valore pari al 6,2% a fronte di una media europea del 9,6% con punte dal 26,6% (Regno Unito), del 10,4% (Spagna), del 7,5% (Germania e Francia) in rapporto a un obiettivo europeo al 2010 pari al 12,5%.

8 I nuovi target affermano che entro il 2020:
1. Benchmark relativo ai drop-out: l’Italia registra una quota di drop-out pari al 19,3% a fronte di una media europea al 14,8%; Germania, Francia e Regno Unito intorno al 13% in rapporto a un obiettivo europeo al 2010 pari al 10%. Il nuovo quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione, identifica quattro obiettivi strategici e i nuovi target per il periodo : Fare in modo che l’istruzione e la formazione lungo l’arco della vita e la mobilità divengano una realtà. Migliorare la qualità e l’efficacia dell’istruzione e della formazione. Promuovere l’equità, la coesione sociale e la cittadinanza attiva. Incoraggiare la creatività e l’innovazione, ivi compreso lo spirito imprenditoriale, a tutti i livelli dell’istruzione e della formazione. I nuovi target affermano che entro il 2020: almeno il 15% degli adulti dovrà partecipare ad attività di istruzione e di formazione lungo l’arco della vita; la percentuale di quindicenni aventi insufficienti competenze in lettura, matematica e scienze dovrà scendere sotto il livello del 15%; la percentuale di persone tra i 30 e i 34 anni diplomate dovrà essere pari almeno al 40%; la dispersione scolastica e formativa dovrà essere inferiore al 10%.

9 2. Comunicazione della Commissione Europea “Nuove competenze per nuovi lavori” (Cedefop, 2009) che sulla base delle previsioni sull’evoluzione dell’occupazione e sui fabbisogni di competenze in Europa stimati fino al 2020, suggerisce agli Stati membri una strategia centrata sulla capacità di riorientare l’offerta di istruzione e formazione alla domanda delle imprese ed ai fabbisogni professionali richiesti dal sistema produttivo. Tre sono le principali tendenze della domanda di lavoro al 2020: 1) i due terzi dell’occupazione europea si concentreranno nel settore terziario; 2) quasi tutta l’occupazione aggiuntiva e una forte componente di quella sostitutiva saranno caratterizzate da lavori ad alta intensità di conoscenza e competenze tecniche; 3) cresceranno i livelli di istruzione/formazione e competenze richiesti in tutti i tipi di lavoro, anche nelle occupazioni elementari. La maggior parte dell’occupazione aggiuntiva richiederà alta qualificazione, molta di quella sostitutiva si concentrerà sulle qualificazioni intermedie, soprattutto di natura tecnica e professionale. Nel 2020, l’economia europea domanderà: il 31,5 % di occupati con alti livelli di istruzione e qualificazione, il 50% con livelli intermedi i posti di lavoro per i soggetti con bassi livelli di qualificazione crolleranno dal 33 % del 1996 al 18,5 %.

10 Cambiamento nella struttura delle qualificazioni nella popolazione in età lavorativa (25-64anni),in %, EU-”% 25 (Media qualifica, Alta qualifica, bassa qualifica) Cedefop, 2009

11 I temi indicati come prioritari dall’Unione europea per fronteggiare la crisi:
le risorse finanziarie le misure a favore dell’occupazione le misure per lo sviluppo di nuove competenze Gli indirizzi generali che l’Unione individua come fondanti l’exit strategy: investire in politiche sostenibili a livello finanziario e ambientale migliorare i servizi per l’accesso al lavoro e alla qualificazione promuovere politiche di mobilità e flessibilità coerenti con le aspirazioni e le esigenze dei gruppi sociali. Tra gli strumenti a disposizione dell’Europa per contrastare le conseguenze negative della crisi e sostenere tanto l’occupazione e l’inclusione di individui e lavoratori quanto la produttività e la competitività delle imprese, i Fondi Strutturali e in particolare il Fondo Sociale Europeo. Nel periodo il volume finanziario messo a disposizione dal Fse è di 76 miliardi di euro, destinati a progetti nazionali e transnazionali rivolti a promuovere l’occupazione e contrastare la disoccupazione.

12 Le misure anticrisi in Italia
L’intervento legislativo si è focalizzato su misure dirette a proteggere lavoratori, imprese e famiglie dagli effetti della crisi. d.l. n. 185/2008 (cd. Decreto anticrisi), convertito dalla legge n. 2/2009), costituito: dal potenziamento ed estensione degli strumenti di tutela del reddito, in particolare in caso di sospensione dei rapporti di lavoro, collegati a crisi aziendali o occupazionali. l’istituzione del Fondo di sostegno per l'occupazione e l'imprenditoria giovanile, il rafforzamento del sistema dei cd. ammortizzatori sociali, l’istituzione, presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, del “Fondo sociale per occupazione e formazione” la proposta di riforma del sistema di relazioni industriali e specificatamente del modello di contrattazione. (dal Libro Verde, Ministro del Lavoro: funzione di «vera leva strategica per la competitività e lo sviluppo»)

13 Il Programma anticrisi attivato dal Governo italiano, si avvale del cofinanziamento del FSE al fine di contribuire tramite i sistemi della formazione e del lavoro alla conservazione dei posti di lavoro, potenziando al contempo le competenze del capitale umano interessato dai processi di crisi aziendale. Gli Assi “Adattabilità e Occupabilità” sono quelli maggiormente interessanti dal Programma del FSE, ma anche l’Asse “capitale umano” (obiettivo strategico di uscire dalla crisi con livelli occupazionali accettabili e competenze adeguate). Il contributo del FSE è pertanto inteso quale “ammortizzatore attivante” perché sostiene economicamente i soggetti che si trovano in condizione di svantaggio, ammortizzando il disagio economico in cui versano, e li “costringe” entro percorsi di attivazione (percorsi formativi) che devono avere come esito finale l’occupazione, sia essa dipendente che autonoma.

14 Tra i vari Assi del Fse quelli che appaiono maggiormente associabili ad interventi di contrasto alla crisi sono Adattabilità ed Occupabilità. Stima delle risorse finanziarie disponibili nel triennio su tre linee di finanziamento tradizionalmente dedicate al sostegno della formazione continua

15 La formazione continua in ambito nazionale - Quadro normativo
Legge n. 845 del 1978: Legge quadro in materia di Formazione Professionale Legge n. 236 del 1993: Interventi urgenti a sostegno dell’occupazione Legge n. 196 del 1997 art. 17: Norme in materia di promozione dell’occupazione Legge n.144 del 1999, art. 67: "Misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all' occupazione e della normativa….) Legge n. 53 del 2000, artt. 5 e 6: "Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città" Art. 5. (Congedi per la formazione). Art. 6. (Congedi per la formazione continua). Legge n. 30 del 10/02/2003 ( Legge Marco Biagi)

16 I principali accordi sulla Formazione Continua
Linee guida per la formazione continua nel Accordo tra governo, regioni, province autonome e parti sociali, 17 febbraio 2010 Accordo Quadro di riforma degli assetti contrattuali, 22 gennaio 2009 Linee di indirizzo e proposte operative per la riforma del modello contrattuale e per lo sviluppo delle bilateralità della piccola e media impresa, 4 dicembre 2008 Linee Guida per la riforma del sistema di assetti contrattuali, delle relazioni sindacali della bilateralità nell’artigianato, novembre 2008 La riforma del Sistema bilaterale artigianato, ottobre 2008 Linee di riforma della struttura della contrattazione, maggio 2008 Accordi Fondi Interprofessionali e formazione continua tra Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, regioni, Province Autonome e Parti Sociali, aprile 2006

17 I soggetti della formazione continua
La politica di decentramento amministrativo (Legge Cost. n. 3 del 2001): lo Stato non è più l’unico attore del sistema, vengono valorizzate le autonomie degli Enti territoriali (Comuni, Province, Città Metropolitane, Regioni) e delle istituzioni scolastiche. Le Regioni hanno acquisito competenza esclusiva in materia di sistema pubblico di formazione professionale, ma con fonti di finanziamento diversificate non tutte riconducibili alla gestione regionale Alle Regioni e alle Province Autonome, che agiscono finanziariamente tramite proprie leggi, finanziate dai propri bilanci e trasferimenti di risorse nazionali (come i fondi messi a disposizione dalla legge 236/93) e comunitarie (in particolare quelle del Fondo Sociale Europeo), si aggiunge l’attività delle Parti Sociali, con l’attivazione dei Fondi Paritetici Interprofessionali L’insieme delle misure e delle sinergie tra Stato, Regioni e Parti sociali, produce un cambiamento nella “destinazione d’uso della formazione continua”, utilizzata in questo quadro come nesso centrale nell’integrazione tra politiche passive e attive.

18 La riforma del sistema di relazioni industriali: intesa come modello di contrattazione ispirato alla creazione delle condizioni per un’evoluzione partecipativa delle relazioni industriali. “Libro Bianco sul futuro del modello sociale. La vita buona nella società attiva” (Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Consiglio dei Ministri il 6 maggio 2009), la formazione viene indissolubilmente legata al lavoro, in tal modo il sistema di mantenimento e di accrescimento delle proprie competenze rappresenta una condizione fondamentale nel processo di collocamento e ricollocamento degli individui, anche e soprattutto nei periodi di crisi. Nelle “Linee guida per la formazione nel 2010”, intesa tra Governo, Regioni, Province Autonome e Parti Sociali (il 17 febbraio 2010), individuano alcuni fondamentali criteri diretti ad orientare, attraverso una prima sperimentazione, l'impiego delle risorse finanziarie per la formazione degli inoccupati, dei disoccupati, dei lavoratori in mobilità o temporaneamente sospesi

19 Principali indicatori della formazione del capitale umano (2008) Istat
(a) Popolazione anni con al più la licenza media e che non frequenta altri corsi scolastici o svolge attività formative superiori ai 2 anni (%) (b) Percentuale della popolazione in età anni che ha conseguito al più un livello di istruzione secondario inferiore ( c) Percentuale della popolazione in età anni che ha conseguito almeno il diploma di scuola secondaria superiore (d) Percentuale della popolazione anni che frequenta un corso di studio o di formazione professionale (e) Percentuale della popolazione anni che frequenta un corso di studio o di formazione professionale

20 L’offerta di formazione continua in ambito nazionale
L’offerta di formazione continua in Italia coinvolge diversi contesti, che seppure in alcuni casi non strutturano un’offerta appositamente dedicata ai lavoratori, realizzano formazione che vede una loro presenza significativa nelle diverse iniziative. Nello specifico si tratta di: Università ed Enti di ricerca; Scuole superiori e loro emanazioni operative (CTP e Centri EDA); Enti e Agenzie formative accreditate dalle amministrazioni regionali; Società di consulenza e formazione accreditate; Imprese formatrici. Il sistema dell’istruzione pubblica contribuisce all’offerta formativa per il lavoro attraverso quattro distinte tipologie di percorsi formativi: corsi organizzati dai CTP- Centri Territoriali Permanenti per l’educazione degli adulti; corsi serali finalizzati al conseguimento di qualifiche professionali e di diplomi organizzati dagli istituti di scuola secondaria superiore; corsi brevi extracurricolari di istruzione/formazione non formale organizzati dagli istituti di scuola secondaria superiore; corsi di istruzione e formazione tecnica superiore – IFTS.

21 Il modello di formazione continua in ambito nazionale
In Italia lo sviluppo di un sistema di formazione continua, in ragione del recente sviluppo dei suoi strumenti (in particolare dei Fondi Interprofessionali) presenta ancora problemi di governance, le imprese mostrano ancora una incerta propensione all’innovazione tecnologica ed organizzativa, inferiore a quella presente in altri Paesi dell’Unione. Con l’Accordo dell’aprile 2007 (tra il Ministero del Lavoro, le Regioni e le Parti Sociali) si intendeva porre le basi del “sistema nazionale di formazione continua, progressivamente ordinato, non concorrenziale ma integrato” La legge 236/93 rappresenta uno dei due canali tradizionali (insieme al FSE) utilizzati dalle imprese e dai lavoratori di ogni settore e dimensione per il finanziamento delle iniziative di formazione continua. Il suo ruolo ha assunto negli anni grande importanza sia come banco di prova per la bilateralità, sia come ambito di sviluppo delle competenze e delle pratiche regionali in materia di organizzazione, di programmazione e di gestione della formazione continua.

22 Le iniziative di formazione continua registrano un significativo sviluppo quantitativo con il potenziamento dei Fondi Paritetici Interprofessionali, gli organismi costituiti dalle organizzazioni delle parti sociali maggiormente rappresentative sul piano nazionale e dedicati alla promozione e al finanziamento dei Piani formativi proposti dalle imprese loro aderenti. Le linee strategiche di intervento della legge si sono evolute nel tempo: prime circolari, finanziamento di azioni di formazione aziendale e di “azioni di sistema”; gli ultimi decreti attuativi introduzione dei Piani formativi concordati tra le Parti Sociali. In questo ambito le Regioni hanno sperimentato per la prima volta gli strumenti per la Formazione continua a domanda individuale unitamente allo sviluppo del cosiddetto Piano formativo (territoriale, settoriale, aziendale o individuale), posto alla base dell’attività dei nuovi Fondi Paritetici Interprofessionali per la Formazione Continua. La sperimentazione della Formazione Continua Individuale prende l’avvio dalla circolare 139/98 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (in attuazione della legge 236/93) che consentiva alle Regioni di riservare una parte delle risorse destinate ai piani formativi aziendali, settoriali e territoriali, per il finanziamento di progetti di formazione continua proposti da singoli lavoratori.

23 I dispositivi organizzativi attraverso cui si realizza l’offerta di FCI da parte delle Regioni (o Province, nei casi in cui la materia è stata decentrata) sono principalmente due: i cataloghi e i voucher. I cataloghi, cartacei e su sito web, sono elenchi, corsi disponibili presso i diversi Enti formativi. In alcuni casi, l’offerta è sostenuta da misure di accompagnamento di carattere orientativo, con il coinvolgimento dei Servizi per l’Impiego o di altri sportelli di informazione/consulenza, e di pubblicizzazione delle opportunità. I voucher (buoni formativi), sono di valore diversificato (da 500 a euro) e vengono per lo più accreditati direttamente agli Enti di formazione in base a una documentazione comprovante la frequenza del lavoratore di almeno il 70-75% delle ore previste per il corso. Con la legge 53/2000, la FCI si configura come un diritto soggettivo che: deve essere riferito ad una possibile mediazione tra interessi del lavoratore e interessi dell’azienda, (contrattazione tra le parti sociali) e da un intervento pubblico che destina ad esso specifiche risorse. I progetti possono essere di due tipi: Tipologia A) presentati dalle imprese sulla base di accordi contrattuali che prevedano quote di riduzione dell’orario di lavoro; Tipologia B) presentati direttamente dai singoli lavoratori.

24 Voucher aziendali: si configurano a metà strada tra i voucher individuali propriamente detti e i progetti aziendali. Tali strumenti possono essere definiti come incentivi economici di natura individualizzata volti al finanziamento di attività formativa documentabile scelta dai destinatari (lavoratori delle imprese). Le iniziative di formazione vengono svolte generalmente fuori dell’orario di lavoro. Caratteristiche comuni dei voucher aziendali con i voucher individuali e con i progetti formativi aziendali

25 Il modello per la valutazione della formazione continua
La teoria e la prassi ha individuato due livelli valutativi: Livello microeconomico: la formazione aziendale è considerata un investimento in R&S (contabilizzata nei bilanci aziendali) e la sua valutazione è legata al suo rendimento in termini di performance, capacità innovativa, effetto di un investimento; (le politiche di formazione continua si propongono come politiche per la competitività delle imprese) 2. L’impresa è considerata come un intermediario corresponsabile e cofinanziatore (con il soggetto pubblico) dell’aumento di capitale umano attraverso la “manutenzione” e l’aggiornamento delle competenze dei lavoratori; (le politiche di sostegno alla FC viene a configurarsi come politica del lavoro e la valutazione misurerà i benefici ottenuti dai lavoratori in termini di accrescimento delle competenze e migliori performance sul MdL)

26 Nel recente documento: Rapporto sul futuro della formazione in Italia, (MLPS, 2009):
per uno sviluppo concreto del sistema formativo, occorre ridisegnare la sua intera governance rendendo sempre di più trasparente, efficace ed efficiente l’intero processo di gestione della formazione. Il documento individua alcuni ambiti in cui sperimentare nuove regole di governance: l’integrazione tra componente attiva e passiva delle politiche del lavoro attraverso una personalizzazione delle misure (incentivi, servizi e politiche di formazione e riqualificazione) rispetto alle caratteristiche dei target sociali di riferimento; lo sviluppo della formazione continua lo sviluppo dei sistemi informativi per favorire domanda e offerta azione di monitoraggio e valutazione delle politiche del lavoro e della formazione per programmare le misure di politica attiva e passiva e valutare sistematicamente i risultati. La qualità e l’efficacia della formazione dipendono in maniera sostanziale dalla qualità della programmazione e dalla sua capacità di renderla il più aderente possibile al fabbisogno del sistema produttivo locale, di selezionare gli organismi formativi adeguati, di valutare i risultati conseguiti e le criticità.

27 Esigenza di realizzare sistemi di monitoraggio, valutazione e controllo che permettano di verificare la qualità dell’offerta formativa, i risultati occupazionali raggiunti e la trasparenza nella gestione delle risorse. Il più noto e utilizzato modello di valutazione della formazione dalle aziende è il cosiddetto modello gerarchico che introduce quattro livelli di valutazione dell’oggetto formazione: le reazioni dei partecipanti, il loro effettivo apprendimento, il grado di trasferimento di quanto appreso nella pratica di lavoro l’impatto di questo trasferimento sui risultati aziendali a livello aggregato. Approcci che si propongono di valutare in termini monetari le risorse impiegate e i benefici ottenuti, facendo riferimento all’analisi costi/benefici (Return on Investment della formazione).

28 L’importanza della valutazione della formazione per le amministrazioni pubbliche:
disporre di informazioni certe e condivise sui risultati raggiunti e sulla qualità della spesa sostenuta (lo sviluppo del sistema di monitoraggio e di valutazione della qualità dell’offerta formativa e dei risultati in termini di sviluppo del capitale umano, della sua occupabilità e della sua effettiva occupazione). Valutazione della formazione, che interviene su diversi piani: la valutazione degli esiti/risultati delle attività formative che va correlata con gli obiettivi e i criteri che hanno determinato il finanziamento e differenziata a seconda delle tipologie di intervento; 2. la valutazione di efficacia della politica interessata.

29 Analisi della domanda e offerta di Formazione Continua (Rapporto FC in Italia 2009)
La domanda e l’offerta di formazione delle imprese Nel corso del 2008, circa 376 mila imprese hanno effettuato corsi di formazione per i propri Dipendenti; il 25,7% del totale delle unità locali provinciali di impresa con almeno un dipendente in organico, operanti nei settori dell’industria e dei servizi. Trend : aumento del 7% del ricorso alla formazione dovuta alla crescita del numero di micro-imprese (+ offerta corsi di formazione ai propri dipendenti); piccole aziende, minor accesso alla formazione rispetto all’offerta disponibile Le imprese di maggiore dimensione (con almeno 50 dipendenti) confermano un andamento caratterizzato da una crescita sostenuta Le grandi aziende (circa il 2% delle imprese italiane) presentano tassi di crescita costanti e più elevati; la formazione rappresenta un’attività strategica ricorrente Settore di attività economica: la maggior propensione delle imprese alla formazione si registra nel settore dei servizi, bancarie e assicurative, delle costruzioni e dell’industria in senso stretto

30 Imprese che hanno effettuato corsi di formazione per il personale 2008
Dipendenti che hanno partecipato a corsi di formazione in impresa 2008

31 A livello territoriale: le differenze sono più contenute
A livello territoriale: le differenze sono più contenute. L’andamento dei valori in tutte le macro-aree è simile a quello del valore medio nazionale evidenziando che il Nord-Est è l’area che offre maggiori opportunità di formazione, seguita dal Nord-Ovest e dal Centro (che ha valori molto vicini alla media nazionale); la zona più penalizzata è il Mezzogiorno. Imprese che hanno effettuato nel 2008 corsi di formazione per il personale, e dipendenti coinvolti per classe dimensionale e ripartizione geeografica

32 Offerta e domanda di formazione: il confronto con l‘Europa
L’ultima indagine comparata a livello europeo sulla formazione nelle imprese (CVTS3 – Continuing Vocational Training Survey, 2008) l’Italia occupa una delle ultime posizioni nella graduatoria europea: media europea delle imprese che hanno offerto formazione ai propri dipendenti è pari al 60%, quella italiana raggiunge il 32%, poco più della metà (dato in crescita rispetto al 1999) questo indicatore colloca le imprese italiane al terzultimo posto in Europa; il 29% dei dipendenti (2,5 milioni) ha partecipato a corsi di formazione interni o esterni, contro la media europea del 33%; in media, i corsi sono durati 26 ore in Italia, contro 27 ore in Europa; Il confronto europeo mostra come le imprese italiane sono ancora molto lontane dai valori benchmark rispetto ai paesi competitor (Francia, Germania e Regno Unito).

33 Le motivazioni del ritardo:
Caratteristiche strutturali del sistema produttivo italiano (prevalente dimensione ridotta dell’organico aziendale) composizione qualitativa della forza lavoro, in particolare alla insufficiente preparazione culturale-professionale, evidenziata dai bassi livelli di scolarità dei lavoratori italiani; le piccole imprese risultano poco inclini alla leva formativa mentre è presente una maggiore propensione a processi di apprendimento in contesto di lavoro (trasmissione nell’innovazione dei saperi taciti (gerarchia di mestiere) In ambito europeo esiste una forte correlazione tra dimensione d’impresa e propensione alla formazione: con la dimensione aumenta anche la percentuale di imprese formatrici.

34 Investimenti delle imprese in Ricerca e Sviluppo (R&S)
Nel corso del 2006, il settore delle imprese ha svolto R&S intra-muros per un impegno pari al 48,8% del totale nazionale. Le università hanno speso in tali attività il 30,3% della spesa totale, il settore delle istituzioni pubbliche il 17,2%, il settore delle istituzioni private non profit il 3,7%. I dati del 2006 confermano la sostanziale stabilità nel tempo del contributo relativo dei diversi settori istituzionali alla spesa totale per R&S, mentre le quote della spesa pubblica e della spesa privata per R&S permangono entrambe intorno al 50 per cento. La spesa privata per R&S rimane, pertanto, sensibilmente al di sotto del 66% raccomandato dalla Commissione europea. La spesa per R&S del settore delle imprese è caratterizzata da una forte concentrazione nelle unità produttive di maggiore dimensione, con almeno 500 addetti

35 Gli investimenti in attività innovative
Nel triennio , il 27,1% delle imprese italiane con almeno 10 addetti ha introdotto sul mercato, o al proprio interno, innovazioni di prodotto e/o processo. Differenze significative nella propensione ad innovare emergono a livello dimensionale; in particolare, l’introduzione di nuovi prodotti e/o processi interessa oltre la metà delle imprese con almeno 250 addetti e solo un quarto di quelle con addetti. Rispetto al triennio , la percentuale delle imprese innovatrici sul totale risulta più contenuta, registrando una tenuta nel settore dell’industria in senso stretto (36,4%) e una riduzione nei servizi (27,1%). Esiste un diffuso orientamento verso l’innovazione di processo. Le imprese che hanno innovato nel triennio , il 50,5% ha introdotto innovazioni che interessano unicamente il processo produttivo, il 35,2% ha innovato congiuntamente processi e prodotti il rimanente 14,3% ha concentrato le proprie attività innovative sui soli prodotti

36 I bisogni formativi e di apprendimento dei lavoratori ( Rapporti: INDACO, INPS, Excelsior)
Percezione del fabbisogno formativo da parte dei lavoratori: circa il 60% dei lavoratori intervistati riconosce la necessità di dover aggiornare o acquisire nuove competenze, ma molto rilevante è anche la quota di persone, circa il 40%, che non ritiene utile per il proprio lavoro intraprendere processi di miglioramento delle proprie competenze professionali; più importante è il riconoscimento della necessità di accrescere le competenze da parte dei lavoratori del pubblico impiego (79,7% dei lavoratori ritiene di dovere acquisire o aggiornare le competenze) rispetto ai dipendenti privati o ai lavoratori autonomi (circa il 55%). molto significativa è pure l’alta percentuale di lavoratori privati ed autonomi (circa il 44%) che dichiara di non “dovere né aggiornare né acquisire nuove competenze e conoscenze per svolgere al meglio il proprio lavoro”. relativamente al genere: tra i dipendenti privati ed i lavoratori autonomi sono più gli uomini delle donne a riconoscere la necessità di misurarsi con un miglioramento delle competenze professionali mentre nel caso dei dipendenti pubblici sono le donne ad esprimere una maggiore domanda di formazione.

37 La necessità di fare aggiornamento è maggiormente sentita per le classi di età più giovani.
La consapevolezza della necessità di dovere procedere a miglioramenti delle competenze (domanda formativa) è direttamente proporzionale al titolo di studio o di formazione professionale conseguito. Condizione professionale: le figure a più basso inquadramento risultano le meno recettive alla percezione della utilità della formazione, mentre molto più motivati si dimostrano i lavoratori di livello superiore o i professionisti alla necessità di “new skills” per il lavoro. La partecipazione dei lavoratori alle attività di formazione continua si caratterizza in Italia: per essere fortemente correlata alla categoria di appartenenza del lavoratore (+ dipendenti pubblici in formazione); difficoltà dei segmenti deboli del mercato del lavoro (donne, lavoratori con bassi titoli di studio, lavoratori maturi ) ad esprimere una adeguata domanda formativa. La maggiore partecipazione alle attività formative rende il lavoratore più sensibilizzato all’utilità di fare formazione, le maggiori difficoltà di consapevolezza e le barriere all’accesso riguardano soprattutto quei lavoratori che presentano maggiori necessità.

38 La partecipazione alle attività formative (Indagine Istat, 2008)
Partecipazione degli individui alle attività di formazione: In Italia, sono più di sei milioni gli individui con un’età compresa fra i 15 e i 64 anni che nel 2008 hanno frequentato corsi di studio o di formazione.

39 Nel corso del 2008: La partecipazione della popolazione dei 25-64enni a corsi di studio o di formazione -indicatore utilizzato nella comparazione europea per misurare la partecipazione nei vari paesi degli adulti ad attività di lifelong learning - raggiunge nel 2008 il 6,3%. L’indicatore mostra un lieve incremento (era pari al 6,1% nel 2006 e al 6,2% nel 2007); il tasso di crescita è insufficiente e il gap rimane ancora considerevole rispetto al valore di benchmark del 12,5%, obiettivo che sarebbe stato necessario raggiungere entro il 2010.

40 La partecipazione dei lavoratori (Indagine Isfol INDACO Lavoratori, 2008)
La formazione continua, finalizzata all’aggiornamento professionale o all’acquisizione di nuove competenze, coinvolge una quota crescente ma ancora insufficiente di lavoratori: gli occupati che nell’arco di un anno hanno avuto l’opportunità di partecipare ad almeno un’attività di formazione collegata al proprio lavoro sono stati, nel 2008, il 42,8% del totale, con una crescita in quattro anni di oltre dieci punti percentuali (erano infatti il 32,7% nel 2004). La crescita della partecipazione formativa, (popolazione degli occupati), presenta differenze fra dipendenti pubblici, dipendenti privati e lavoratori autonomi: le opportunità formative si distribuiscono, infatti, in modo ancora molto differenziato fra i dipendenti pubblici, che presentano un tasso di partecipazione molto alto, e le altre tipologie di lavoratori, i cui livelli di partecipazione sono di molto inferiori. I tassi specifici di partecipazione formativa sono i seguenti: 58,3% per i dipendenti pubblici, 39,5% per i dipendenti di imprese private, 36,3% per i lavoratori autonomi (tab. 1.9).

41 Partecipazione per età: fra i dipendenti privati e gli autonomi, c’è la tendenza a concentrare la formazione sulle fasce giovani; tale concentrazione rischia di accrescere la difficoltà di ricollocamento per i lavoratori che sono al centro di fenomeni congiunturali di calo dell’occupazione (over 55); Esiste una correlazione positiva tra livello di istruzione e proporzione dei formati. l’istruzione rappresenta un’evidente discriminante nell’accesso alla formazione: a percentuali molto basse di partecipazione fra i lavoratori in possesso di scuola dell’obbligo si contrappongono tassi molto elevati in corrispondenza dei laureati. Se l’accesso alle attività di formazione continua è correlata ai livelli di istruzione del lavoratore, a sua volta il livello di istruzione è però fortemente legato alla scolarità della famiglia di origine. (Ciò rende difficile il ruolo di attenuare i divari nella qualificazione nella forza lavoro, che spesso si attribuisce all’impresa). Settore di attività economica: i tassi di partecipazione sono in media più alti nel terziario, ma con una differenza rilevante per chi è occupato in imprese dell’industria in senso stretto o nel commercio

42 Tassi di occupazione e disoccupazione (15-64 anni) per titolo di studio e territorio (2009)

43 Occupati che hanno partecipato ad attività di formazione continua sul totale degli occupati, per condizione occupazionale, sesso, classe di età, livello di istruzione, area geografica e settore di attività. Anno 2008

44 I risultati di un’indagine Isfol (2009)
Il Mutamento delle prassi formative delle imprese nel contesto della crisi. I risultati di un’indagine Isfol (2009) Indagine: campione di poco superiore alle imprese, rappresentativo di un universo di (cioè il totale delle imprese private con almeno 6 addetti dei quali almeno uno formalmente dipendente). La crisi viene avvertita trasversalmente sia rispetto ai settori che alla dimensione aziendale. Circa il 79% delle imprese intervistate dichiara di subirne gli effetti. Alcune significative peculiarità: la grande industria è quella che riscontra una quota superiore di imprese che percepiscono la crisi (oltre il 91%), proprio perché più fortemente interconnessa con i mercati internazionali. Le imprese di costruzioni, in generale, e in particolare le grandi (solo la metà di esse dichiara di subire la crisi), sembrano essere state investite in minor misura, presumibilmente usufruendo del sostegno pubblico per la realizzazione di opere già programmate e che comunque hanno continuato a ricevere finanziamenti anche proprio in funzione anti-crisi

45 Tutti i settori esposti all’andamento dei mercati internazionali (in particolare il turismo e il manifatturiero la cui produzione è destinata ai mercati esteri) hanno sofferto in maggior misura. Percezione leggermente più ampia del tempo di crisi per il settore commerciale; sono invece le imprese più piccole e le più grandi a subire mediamente da più tempo la congiuntura.

46 Correlazione con il territorio: è il Mezzogiorno ad avvertire gli effetti da più tempo, al contrario del Nord-Ovest. Le manifestazioni della crisi hanno assunto diversi accenti in relazione alle condizioni endogene delle imprese (l’assetto organizzativo, il livello di liquidità e di indebitamento pre-crisi, la qualità dei prodotti/servizi e delle tecnologie e know how presenti) e ad altri elementi esogeni legati alla strutturazione dei mercati di riferimento. Emerge una sostanziale tenuta anche durante il periodo di crisi: il 34% delle imprese del campione ha realizzato attività di formazione (o comunque ha avuto proprio dipendenti coinvolti in iniziative formative), al di là degli obblighi di legge; l’incidenza è maggiore tra le imprese grandi e medie e minore tra le imprese artigiane E’ interessante considerare le motivazioni: emerge una chiara prevalenza della necessità di aggiornamento delle competenze dei lavoratori, l’aggiornamento fa parte di quei processi di mantenimento e incremento del capitale umano.

47 Il ruolo dei Fondi Paritetici Interprofessionali
I Fondi Paritetici Interprofessionali: in questa fase di crisi svolgono una funzione che va al di là della prassi ordinaria. La legge n. 2/2009 consente loro di allargare la platea dei lavoratori beneficiari di politiche attive, comprendendo sia collaboratori a progetto che apprendisti, secondo una logica di intervento rivolta ai profili potenzialmente più esposti alla crisi. La conoscenza dei Fondi Paritetici da parte delle imprese è ancora scarsa: l’adesione ai Fondi scende ulteriormente presso le piccole e medie imprese Le aspettative più rilevanti si concentrano sulla richiesta di “Maggiore velocità nelle procedure di finanziamento” e sulla possibilità di “Disporre di più risorse per il finanziamento dei piani di formazione” Diverse imprese pur aderenti ai Fondi, non ha mai presentato piani formativi

48 Le politiche di sostegno alla Formazione continua
I Fondi Paritetici Interprofessionali per la formazione continua D.L.29 novembre 2008, n. 185 (convertito in legge 28 gennaio 2009, n. 2), nell’ambito delle misure urgenti adottate per ridisegnare, in funzione anti-crisi, il quadro strategico nazionale, ha previsto che “i Fondi possono destinare interventi, anche in deroga alle disposizioni vigenti, per misure temporanee ed eccezionali anche di sostegno al reddito per l'anno 2009, volte alla tutela dei lavoratori, anche con contratti di apprendistato o a progetto, a rischio di perdita del posto di lavoro ai sensi del regolamento” I Fondi, pertanto, sono chiamati ad adottare misure atte a fronteggiare la crisi e favorire la partecipazione dei lavoratori alle attività formative, nel periodo di sospensione del rapporto di lavoro. In un’ottica di coordinamento ed integrazione degli interventi e di sinergia tra politiche passive e politiche attive del lavoro e della formazione, i Fondi possono finanziare piani formativi condivisi. Nel corso del 2008 le adesioni ai Fondi Paritetici hanno registrato nel complesso una crescita (circa imprese e lavoratori).

49 In sintesi: circa il 42% delle imprese private italiane e il 59% dei lavoratori aderisce attualmente ad un Fondo Paritetico Interprofessionale. Specializzazioni settoriali: Fondo Banche Assicurazioni (il 90% delle proprie imprese provenire dal mondo finanziario); Fond.E.R. che risulta concentrato su imprese del settore sanitario e degli altri servizi sociali alle persone, di For.Agri in agricoltura, di Fondo Professioni nei servizi alle imprese, di Fon.Ter. e For.Te nel commercio, di Fondimpresa nel manifatturiero. Fenomeno sul territorio: piuttosto evidente è la coerenza del Fondo tra le vocazioni settoriali di alcuni organismi e la loro maggiore penetrazione in alcune specifiche aree del Paese. Tematiche formative: la più frequente riguarda la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro; lo sviluppo delle attività personali, le lingue e l’informatica. Minore peso assumono tematiche specialistiche, legate ai processi produttivi nei diversi settori.

50 Gli interventi finanziati dalla legge 236/93
Il MLPS ha emanato, nel novembre del 2009, un nuovo decreto di ripartizione delle risorse della Legge 236 del 1993 (Decreto Direttoriale n. 320/V/2009) per sostenere iniziative di formazione a favore dei lavoratori e delle imprese e per svilupparne la competitività Destinatari sono: Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano Principali novità: le amministrazioni possono utilizzare le risorse anche per interventi a favore di lavoratori colpiti dalla crisi e per giovani disoccupati che abbiano avuto un contratto di lavoro. Le risorse, con priorità per i lavoratori delle piccole e medie imprese, sono destinate al finanziamento di: Piani formativi aziendali, territoriali, settoriali; Piani straordinari di intervento ai sensi della Legge n.2/2009; Voucher individuali Le amministrazioni beneficiare possono favorire l’integrazione con le risorse del FSE e con quelle dei Fondi paritetici interprofessionali per la formazione continua.

51 La crisi economica che ha colpito le diverse realtà territoriali ha accelerato il ricorso a risorse per la formazione fondamentale per attivare interventi di politica attiva (competenze dei lavoratori e la competitività dell’impresa). Non si riscontra un comportamento uniforme ma un adattamento degli interventi al contesto territoriale e sulla base delle esigenze di lavoratori e imprese. Il numero stimato di lavoratori coinvolti tra il 2004 e il 2009 è stato pari a circa 800 mila, di cui 725 mila in azioni formative sviluppate nei piani concordati e oltre 90 mila in voucher formativi individuali. Più della metà dei beneficiari di piani formativi appartiene alle regioni del Nord-Ovest mentre quasi la metà dei beneficiari di voucher individuali alle regioni del Nord-Est.

52 La legge 53/2000 Le risorse sono destinate alle Regioni e alle Province Autonome per il finanziamento di progetti di formazione destinati ai lavoratori occupati. I progetti possono essere di due tipi: Tipologia A) presentati dalle imprese sulla base di accordi contrattuali che prevedano quote di riduzione dell’orario di lavoro; Tipologia B) presentati direttamente dai singoli lavoratori. Alcune Regioni hanno emanato Avvisi per la concessione di voucher sul catalogo interregionale dell’alta formazione che integra le risorse del FSE (Asse Trasnazionalità), della Legge 236/93 e della legge 53/00. Il Catalogo interregionale dell’alta formazione, prevede l’erogazione di voucher formativi individuali per i seguenti percorsi: • master universitari; • master non universitari; • corsi di specializzazione e riqualificazione. I beneficiari sono diplomati e laureati occupati, inoccupati o disoccupati, compresi i lavoratori in CIG/CIGS o mobilità.

53 Nel 2009 sono stati emessi 2. 683 voucher a fronte di 8
Nel 2009 sono stati emessi voucher a fronte di richieste presentate. I vincitori sono stati in maggioranza donne (70,7%), giovani (il 52,9% ha meno di 31 anni) e laureati (58,6% del totale). A prevalere sono gli occupati: il 18,3% a tempo pieno e indeterminato, poi i dipendenti a termine (12,2%), gli occasionali (11,4%), i collaboratori (8,8%) e gli autonomi (2,4%). I disoccupati sono stati il 37,9%, mentre i lavoratori in CIG o mobilità il 2,5 %.

54 Il contributo del Fondo Sociale Europeo
Tra le politiche pubbliche di finanziamento della formazione continua, il Fondo Sociale Europeo (FSE) ha rappresentato, e rappresenta uno strumento importante per l’Italia, sia in termini finanziari che strategici. La programmazione FSE ha dedicato una specifica linea di intervento alla formazione continua. In particolare, i finanziamenti FSE per la formazione dei lavoratori del settore privato sono quelli della specifica misura dei programmi regionali e nazionali, mentre un’altra misura ad hoc è stata destinata alla formazione continua rivolta ai dipendenti della Pubblica Amministrazione (P.A.) L’obiettivo prioritario individuato dal FSE è stato quello di offrire opportunità di formazione agli occupati del settore privato per sostenerne la capacità di adattamento alle nuove tecnologie ed ai nuovi mercati, prevedendo altresì interventi di formazione dei dipendenti pubblici.

55 Nell’attuale programmazione 2007-2013 la priorità “Adattabilità” ha incorporato tre obiettivi:
il miglioramento della competitività del sistema produttivo, sia sostenendo le PMI sia incentivando nuove attività imprenditoriali; lo sviluppo di sistemi di formazione continua e il miglioramento della qualità e dell’organizzazione del lavoro; il sostegno alla mobilità geografica e professionale. La somma totale stanziata per i sette anni è pari a euro Bilancio delle politiche per l’adattabilità cofinanziate nel periodo Investimento finanziario, tra il 2000 e il 2008 complessivamente in Italia sono stati spesi milioni di euro per la formazione continua. Di questi il 74,4% ha riguardato la formazione continua in senso stretto ossia quella rivolta agli occupati del settore privato e pubblico e la restante quota è stata spesa per la formazione nell’ambito delle azioni di sistema. Le Regioni del Centro-nord (obiettivo 3) hanno speso milioni di euro, mentre la quota a carico delle Regioni del Mezzogiorno (obiettivo 1) si è attestata sui 730 milioni di euro

56 in termini di beneficiari, complessivamente tra il 2000 e il 2008 in Italia sono stati coinvolti in formazione oltre 1,7 milioni di occupati, circa 1,4 milioni nel Centro-nord e nel Mezzogiorno analisi di genere: vi è una prevalenza di uomini coinvolti in formazione rispetto alle donne (54,2% rispetto al 45,8%), differenza che però si annulla se si considera il solo Mezzogiorno. lavoratori coinvolti: prevalenza con titoli di studio medio-alti, il 47,5% possiede un diploma di scuola superiore e il 19,9% ha conseguito una laurea. Tra coloro che non hanno un diploma di secondo grado prevalgono i possessori della licenza media classi di età: la concentrazione maggiore di lavoratori formati si concentra nella classe anni. Il gruppo degli over 45, che rappresenta uno dei target prioritari in ambito europeo, la partecipazione alla formazione continua riguarda solo il 29,4% a fronte del 65,3% degli occupati con un’età compresa tra i 25 e i 44 anni

57 Lo scenario in Europa: sistemi di formazione continua
Il modello di formazione continua spagnolo è fondato sulla condivisione tra le parti sociali e con le amministrazioni centrali e regionali, prevede l’accordo tra l’impresa e le rappresentanze dei lavoratori per la realizzazione di piani formativi per i lavoratori, condivide le stesse preoccupazioni per lo sviluppo della formazione nelle PMI e per la valutazione dell’impatto della formazione. La Formazione continua (Formación Profesional para el Empleo) è, in Spagna, un sottosistema della Formazione professionale. E’ regolata dal Real Decreto 395 del 23 marzo e ha per oggetto sia la formazione dei lavoratori occupati che dei disoccupati. Il sistema prevede tre tipologie di azioni: 1. Formación de demanda, ovvero Piani formativi realizzati dalle imprese e Permessi individuali di formazione (PIF); 2. Formación de oferta, ovvero piani di formazione prioritariamente rivolti a lavoratori occupati e disoccupati, realizzati da organismi / enti di formazione; 3. azioni di sostegno e accompagnamento alla formazione. Per la realizzazione delle azioni formative relative alla formación de demanda le aziende dispongono di un credito il cui ammontare è determinato in base a quanto da esse versato nell’anno precedente, cui viene applicato un coefficiente stabilito di anno in anno dalla Legge di bilancio dello Stato, correlato alla dimensione di impresa: minore è la dimensione dell’impresa, maggiore sarà il coefficiente e la corrispondente quota di finanziamento

58 Il sistema della formazione continua francese è stato negli anni più recenti, oggetto di attenzione delle politiche nazionali 2009: nuova fase del processo di riforma del sistema, attraverso la pubblicazione, della Legge sull’orientamento e la formazione professionale lungo tutto l’arco della vita, discendente dall’Accordo nazionale interprofessionale (ANI) del 7 gennaio La nuova legge francese attualizza le finalità della formazione continua, orientandola in risposta ai nuovi bisogni di tutele e di stabilità – dei lavoratori, dei disoccupati e delle imprese. Il sistema della formazione continua in Francia trae origine dal primo accordo interprofessionale del 1970 e dalla legge di recepimento del 1971 su “la formazione professionale continua nel quadro dell’educazione permanente” (detta “Legge Delors”). Con essi furono introdotti l’obbligo per le imprese di versare una contribuzione finalizzata alla formazione continua, il diritto dei lavoratori ad usufruire di attività formative attraverso il Congedo Individuale di Formazione (CIF)

59 I dispositivi attualmente disponibili per l’accesso alla formazione dei lavoratori sono:
il Piano di formazione, su iniziativa del datore di lavoro, il Congedo di Formazione (CIF) che, su richiesta del lavoratore, offre la possibilità di beneficiare di azioni di accompagnamento e di orientamento per la costruzione e realizzazione di un progetto individuale di professionalizzazione; il Diritto Individuale di Formazione (DIF), che consiste nel diritto generale del lavoratore di disporre di venti ore l’anno per la propria professionalizzazione, con la possibilità di cumulare le ore su un arco di sei anni. i Dispositivi di professionalizzazione, consistenti in Periodi di professionalizzazione, attraverso i quali specifiche categorie di lavoratori dipendenti a tempo indeterminato possono accedere alla formazione per una durata non inferiore alle 150 ore, nell’ambito di un Piano di formazione; Contratti di professionalizzazione, rivolti ai giovani dai 16 ai 25 anni e agli adulti in cerca di lavoro.


Scaricare ppt "Corso di laurea Formazione Sviluppo Risorse Umane"

Presentazioni simili


Annunci Google