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Perché dobbiamo lavorare sull’educazione permanente A cura di Carlo Bonora 1.

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Presentazione sul tema: "Perché dobbiamo lavorare sull’educazione permanente A cura di Carlo Bonora 1."— Transcript della presentazione:

1 Perché dobbiamo lavorare sull’educazione permanente A cura di Carlo Bonora 1

2 Nel discorso pubblico sull’istruzione è necessario mettere a fuoco i temi “dell’apprendimento lungo tutto il corso della vita” 2

3 In Europa il life long learning ha assunto un grande rilievo all’interno delle Strategie per l’Occupazione (S.E.O.) e nella trasformazione del Welfare. Esso è diventato una vera e propria bussola per le riforme dei sistemi della prima formazione e costituisce uno dei principali indicatori della loro qualità ed efficacia. 3

4 Occorre superare l’idea tradizionale per cui l’apprendimento, nella sua dimensione dimensionale e sistemica, concluderebbe i suoi giochi nella prima fase della vita, riducendosi nella seconda al solo aggiornamento professionale e ai soli consumi culturali (per i fortunati che ne avvertono il bisogno) 4

5 Gli argomenti utilizzati in Europa a favore del ricorso ad attività formative anche da adulti per far fronte non solo ai mutamenti tecnologico-organizzativi del lavoro ma anche alla crescente complessità del vivere sociale – l’esercizio della cittadinanza attiva è un obiettivo di pari valore rispetto a quello dell’occupabilità – sono stati interiorizzati dalle culture politiche e istituzionali degli Stati membri? 5

6 La Società della conoscenza, pur essendo riferimento frequente nel linguaggio dei media e della politica, sembra presentarsi più spesso in veste di omaggio retorico alla modernità che come quadro o insieme di iniziative organiche e coerenti. 6

7 Occorre che: - le decisioni che si assumono sulla fisionomia culturale e metodologico-didattica del sistema dell’istruzione e della formazione non siano distanti dall’esigenza di assicurare a tutti i giovani un patrimonio di competenze di base di solidità e complessità sufficienti per poter rientrare in formazione da adulti senza troppe difficoltà. 7

8 E’ necessario che: - si combattano le tentazioni di un tradizionale enciclopedismo a scapito di un apprendimento centrato sugli strumenti conoscitivi essenziali e sullo sviluppo di una propensione positiva all’apprendimento (l’apprendere ad apprendere) 8

9 Occorre che: -Non si sottovalutino le patologie del sistema che portano ancora oggi (in Italia) il 4,8% dei ragazzi (nel 2002, più di 30.000) ad uscire dalla scuola media senza aver conseguito la licenza, e quindi ad essere esclusi, nonostante il diritto/dovere all’istruzione e formazione fino a 18 anni, dall’accesso a qualsiasi percorso formativo. -Si destinino quindi risorse e politiche adeguate a garantire la massima qualità possibile e tutti i percorsi formativi, a partire da quelli non liceali orientati all’inserimento professionale. 9

10 Occorre tenere in debito conto quello che è ampiamente noto agli esperti di life long learning, cioè che la possibilità di tornare in formazione da adulti è sempre correlata a buoni livelli di istruzione iniziale e a esperienze scolastiche positive; mentre, viceversa, corrono forti rischi di esclusione o autoesclusione dalle opportunità di formazione, anche se resa necessaria dalla collocazione lavorativa, i soggetti con bassi titoli di studi che dalla scuola hanno ricevuto più mortificazioni che gratificazioni o che, nell’esperienza formativa, hanno appreso poco più di quello che serve ad una specifica prestazione professionale. 10

11 Anche le differenziazioni nei termini che definiscono la formazione può ingenerare equivoci e creare differenze di accesso alle opportunità. Proviamo a pensare per esempio alla differenza interpretativa tra: -Formazione permanente, che nella vulgata europea comprende tutte le tipologie di apprendimento in età adulta. -Formazione continua: una formula che indica solo gli interventi di formazione d’interesse diretto delle imprese, finalizzati all’aggiornamento delle competenze professionali dei lavoratori. 11

12 Occorre riflettere sul fatto che, mentre mancano o restano deboli e discontinue le politiche per la crescita culturale dell’intera popolazione, è solo per i piani formativi promossi dalle aziende che nell’ultimo decennio si sono messe in fila risorse pubbliche significative, apposite agevolazioni fiscali, dispositivi normativi: fino alla recente costituzione (in Italia) di un vero e proprio sistema per il finanziamento di “piani formativi aziendali, settoriali, territoriali” imperniato sui Fondi Interprofessionali Paritetici cogestiti da Imprese e Sindacati. 12

13 E’ evidente che l’innalzamento delle competenze culturali e tecnico-operative di tutta la popolazione adulta cui si riferiscono le strategie di life long learning non può essere affidato per intero al sistema economico-produttivo. La formazione continua, anche se concordata con i Sindacati, è per sua natura condizionata dalle strategie e dalle convenienze d’impresa. Essa si risolve in aggiornamento professionale finalizzato a specifiche prestazioni ben più che ad incrementi delle competenze utili al rafforzamento soggettivo dei lavoratori rispetto al Mercato del Lavoro. Si concentra prevalentemente sui dipendenti stabili e di collocazione professionale medio/alta, mentre restano largamente esclusi gli operai, privilegia i maschi, i più giovani, i più scolarizzati. 13

14 La formazione continua non è sufficiente alla “occupabilità”, cioè per assicurare gli strumenti per la tenuta nel Mercato del Lavoro e per la capacità di orientarsi e di muoversi nelle sue trasformazioni, soprattutto se si considera l’area vasta del lavoro instabile e precario, dei lavoratori anziani (che pure dovrebbero restare attivi più a lungo) e di quelli culturalmente e professionalmente più deboli. E’ evidente, in questo quadro, che gli interventi formativi di interesse aziendale dovrebbero essere accompagnati – integrati, contaminati, preparati e seguiti – da altre opportunità di formazione permanente. 14

15 Il Consiglio europeo di Lisbona (2000) ha assunto l’impegno secondo cui entro il 2010 in ogni Paese occorre raggiungere una soglia minima di almeno il 12,5% di adulti in attività formative. L’universo di riferimento è di circa 35 milioni di individui tra i 25 e i 65 anni di età, di cui 22 sono lavoratori occupati e non occupati. Al centro della questione non c’è solo una maggiore incisività della formazione continua, ma lo sviluppo di pratiche formative cui gli adulti possano accedere anche individualmente, finalizzate al conseguimento di titoli di studio e di qualifiche professionali, all’incremento delle competenze di base e funzionali, al superamento delle resistenze soggettive all’apprendimento. 15

16 Questo programma richiede la mobilitazione di tutte le istituzioni statali, regionali, locali, delle forze economiche e sociali, degli operatori culturali e del volontariato per un’ educazione degli adulti capace di attrarre, orientare, accompagnare anche i soggetti meno consapevoli dei rischi di obsolescenza professionale e di marginalità sociale connessi con la povertà formativa. 16

17 Il coinvolgimento nella formazione delle persone che ne hanno più bisogno passa soprattutto attraverso percorsi di carattere “non formale”, connessi non solo con il lavoro ma con i più diversi versanti della vita sociale, capaci di mobilitare gli interessi e di offrire possibilità di identificazione individuale e collettiva. Percorsi anche “descolarizzati”, ma in grado di certificare le competenze acquisite, e sostenuti da azioni di orientamento e di accompagnamento lungo i diversi passaggi formativi. 17

18 I percorsi formativi di carattere “Formale” sono quelli finalizzati al conseguimento di titoli di studio e qualifiche professionali. “Non formale” è, viceversa, l’intera tipologia di attività formative che non danno luogo a titoli e qualifiche ufficiali. “Informale” è l’apprendimento non intenzionale che accompagna la maggior parte delle attività ed esperienze. Questa distinzione è nel Memorandum della Commissione Europea in cui si sostiene la necessità di sviluppare sia il formale che il non formale, coordinandone ed integrandone le risorse ed i percorsi 18

19 Deve emergere l’intero tema del diritto alla formazione anche in età adulta che, pur all’interno di un dibattito sulle questioni dell’istruzione, contribuisca a far emergere i connotati di un programma di modernizzazione del sistema educativo, delle politiche del lavoro e del Welfare, dello sviluppo. 19

20 E’ di interesse valutare l’esperienza italiana del CENTRI TERRITORIALI PERMANENTI. La possibilità di affiancare ai corsi di recupero dei titoli di studio della scuola elementare e media altri tipi di percorsi formativi ha fatto emergere domande inedite, attirando pubblici assolutamente nuovi. In Italia, i 529 Centri oggi attivi sono passati in pochissimo tempo da poche decine di migliaia a oltre 400.000 iscrizioni l’anno: ma solo il 15% in corsi di durata annuale per il recupero dell’obbligo scolastico; l’altro 85% è fatto invece di corsi più brevi, in grandissima parte dedicati all’apprendimento dell’informatica, della multimedialità, delle lingue straniere, ma anche in campi d’interesse artistico, musicale e letterario, scientifico, sociale, economico. 20

21 Ancora sui CTP: Gli utenti non sono più solo fasce deboli e non tornano a scuola solo per riacciuffare uno standard minimo che una prima volta è stato mancato. Sono in prevalenza giovani (al di sotto dei 45 anni), per lo più occupati e in possesso di diplomi, talora anche di lauree. L’impegno dei CTP nell’alfabetizzazione linguistica e sociale degli stranieri (cieca 70.000 ogni anno), nella formazione culturale nelle carceri e in altri luoghi della sofferenza sociale, nell’accompagnamento all’inserimento lavorativo di giovani marginali, non oscura il fatto che lo straordinario successo della nuova offerta formativa è legato principalmente a proposte formative che rispondono ad altri bisogni emergenti. 21

22 Tutto ciò funziona in quanto riesca: -ad intercettare bisogni effettivamente presenti nella popolazione; -a trovare supporto nella interazione con le istituzioni locali e, attraverso questa via, a declinarsi anche sulla formazione permanente di risorse pubbliche comunitarie e nazionali; -ad essere capace di creare alleanze ed integrazioni tra risorse diverse, pubbliche, private, del privato sociale; -a costruire contesti che incoraggino l’accesso alla formazione anche dei pubblici sfavoriti e l’integrazione di settori e gruppi marginali; - quando incontra istituzioni (di cui quelle che appartengono al sistema formativo sono parte fondamentale) dotate di un certo grado di consapevolezza dell’importanza del life long learning per la qualità dello sviluppo. 22

23 I tempi sembrerebbero maturi per lo sviluppo di politiche formative non limitate alla sola formazione continua, capaci di sviluppare interesse e partecipazione all’apprendimento anche oltre la necessità del lavoro. Ciò è imposto dalla persistenza della domanda assente in determinati e tutt’altro che marginali settori di popolazione, mentre per altri vale la consueta regola per cui è proprio chi ha più e meglio appreso che è più interessato ad apprendere ancora.


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