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IL LINGUAGGIO POETICO La poesia è quell’arte che per trasmettere un’esperienza perennemente valida usa: il significato semantico delle parole; il suono.

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1 IL LINGUAGGIO POETICO La poesia è quell’arte che per trasmettere un’esperienza perennemente valida usa: il significato semantico delle parole; il suono delle parole; il ritmo che queste imprimono alle frasi. La poesia possiede alcune qualità della musica e riesce a trasmettere emozioni e stati d'animo in maniera più evocativa e potente di quanto faccia la prosa.

2 La poesia è presente nella nostra vita, anche in testi d’uso comune che imitano la poesia vera riprendendone alcuni aspetti formali: scrittura in versi, uso della rima, attenzione a particolari valori ritmici… C‘è una donna che semina il grano, Volta la carta si vede il villano Il villano che zappa la terra Volta la carta e viene la guerra E la guerra con tanti soldati Volta la carta ci sono i malati… ( F. De Andrè) Poltrone e sofà Alto tasso di qualità Questo è l’ombelico del mondo È qui che nasce l’energia Centro nevralgico del nuovo mondo Da cui passa una nuova via….. (Jovanotti)

3 Il Poeta Il poeta è un uomo che, pur vivendo
nella realtà del suo tempo, tende a superare la realtà concreta, per comunicare un’esperienza perennemente valida: i suoi versi riflettono così sentimenti e interrogativi di sempre.

4 La strofa Il verso La rima Il linguaggio poetico FIGURE METRICHE
RETORICHE DENOTAZIONE E CONNOTAZIONE

5 metrica Il componimento poetico per la presenza per la presenza
si distingue per la presenza di strofe per la presenza di rime per la presenza di versi L’insieme delle regole che ordinano questi elementi si chiama metrica

6 ritmico Il verso Questa crea alternanza l’accento
è l’unità metrica costituita da una serie di parole suddivise in sillabe in cui si alternano sil la be ac cen ta te e sil la be a tone ritmico Questa crea alternanza l’accento

7 Il Ritmo E’ la cadenza musicale da cui deriva l’armonia poetica che caratterizza il verso. Esso è dato dal numero delle sillabe del verso e dagli accenti ritmici disposti secondo particolari schemi in ogni tipo di verso. Gli accenti ritmici sono gli accenti fondamentali che cadono sulle sillabe toniche, cioè accentate, dove la voce si appoggia. Vediamone alcuni

8 Ritmo lento Ritmo lento e monotono come una nenia: Lenta la neve fiocca, fiocca, fiocca. Senti: una zana dondola pian piano. Un bimbo piange, il piccol dito in bocca; canta una vecchia, il mento sulla mano. La vecchia canta: Intorno al tuo lettino c’è rose e gigli, tutto un bel giardino. Nel bel giardino il bimbo s’addormenta. La neve fiocca lenta, lenta, lenta. (G. Pascoli, Orfano)

9 Ritmo calmo, meditativo:
Forse perché della fatal quiete tu sei l’immago a me sì cara vieni o Sera! E quando ti corteggian liete le nubi estive e i zeffiri sereni e quando dal nevoso aere inquiete tenebre e lunghe all’universo meni sempre scendi invocata, e le secrete vie del mio cor soavemente tieni. (U. Foscolo, Alla sera)

10 Ritmo incalzante: E ripenso’ le mobili tende, e i percossi valli, e il lampo de’ manipoli, e l’onda dei cavalli, e il concitato imperio e il celere ubbidir. (A. Manzoni, Il Cinque Maggio, vv 79-84)

11 Ritmo veloce e martellante
Scatta un comando: un fischio di rimando querulo, acuto, lungo, fora l’aria, e il treno si divincola su le rotaie sussultando e ansando. Diétro quàlche vétro quàlche vìso biànco quàlche rìso stànco strepitanti varcan varcano; e il treno con palpito eguale, guadagna fiammando nel buio, l’aperta campagna. quàlche gèsto lèsto; i vagoni si succedono e i furgoni sul binario trabalzanti (G. A. Cesareo, Parte il treno)

12 Il ritmo risulta dalla alternanza nei versi di sillabe con accenti tonici e sillabe con accenti atoni 2 sillabe S’al/za binario 3 sillabe ti /scher/ni ternario 4 sillabe da/mi/gel/la quaternario 5 sillabe nin/fa gen/ti/le quinario 6 sillabe Sul/chiù/so/qua/dér/no senario 7 sillabe da /vo/lar/ su/ le/ nu/bi settenario 8 sillabe Teo/do/ri/co/ di/ Ve/ro/na ottonario 9 sillabe Na/scon/di/ le/ co/se/ lon/ta/ne novenario 10 sillabe Sof/fer/ma/ti/ sul/l’a/ri/da/ spon/da decasillabo 11 sillabe Nel/mez/zo/del/cam/min/di/no/stra/vi/ta endecasillabo

13 I versi sono costituiti da un numero predeterminato di sillabe, dal quale prendono il nome
2 sillabe dié / tro bisillabo 3 sillabe ti /scher/ni trisillabo 4 sillabe da/mi/gel/la quadrisillabo 5 sillabe nin/fa gen/ti/le quinario 6 sillabe Dol/ci /miei /so/spi/ri senario 7 sillabe da /vo/lar/ su/ le/ nu/bi settenario 8 sillabe Teo/do/ri/co/ di/ Ve/ro/na ottonario 9 sillabe Na/scon/di/ le/ co/se/ lon/ta/ne novenario 10 sillabe Sof/fer/ma/ti/ sul/l’a/ri/da/ spon/da decasillabo 11 sillabe Per/ me/ si/ va/ ne/ la/ cit/tà/ do/len/te endecasillabo

14 Il verso Il verso non è altro che una riga di una poesia, la sua unità ritmica minima di lunghezza variabile. E’ la caratteristica più evidente del testo poetico. Il metro della poesia italiana è accentuativo: si fonda cioè su versi che, entro un numero definito di sillabe, alternano sillabe forti e sillabe deboli. MA... ATTENZIONE ! Un verso non si definisce quinario, perché ha cinque sillabe, o endecasillabo perché ha undici sillabe; e nemmeno ottonario, perché ne ha otto.

15 Il verso Spar-sa - le - trec-ce - mor-bi-de
Il computo delle sillabe di un verso tiene conto anzitutto dell'accento tonico della parole finale. Consideriamo questi settenari di A. Manzoni, sono la prima strofa del coro famoso dell’ADELCHI Spar-sa - le - trec-ce - mor-bi-de Sul-l’ af-fan-no-so - pet-to Len-ta - le - pal-me, e - ro-ri-da di - mor-te il - bian-co - as-pet-to, Gia-ce - la- pia, - col - tre-mo-lo Sguar-do - cer-can-do il - ciel.

16 Il verso Il computo delle sillabe tiene conto anzitutto dell'accento tonico della parola finale. Sparsa le trecce morbide sull'affannoso petto lenta le palme, e ròrida di morte il bianco aspetto, giace la pia, col tremolo sguardo cercando il ciel. Considerate questi settenari di A. Manzoni, sono la prima strofa di un coro famoso dell' Adelchi Rorida=impregnata Bagnato di rugiada; estens. umido, madido di sudore • sec. XVI

17 Il verso Solo nel verso 2 le sillabe sono proprio sette; nel verso 1 le sillabe sono otto, nel verso 6 le sillabe sono sei: ma tutti i tre versi si considerano settenari: perché l'ultima parola del verso 1 è sdrucciola; l'ultima parola del verso 6 è tronca. Notate però che in tutte queste parole finali l'accento coincide con la sesta sillaba del verso. Per definire il numero di sillabe nel verso, dobbiamo contarle sino all’ultimo accento tonico e sommare 1

18 I versi sono costituiti da un numero predeterminato di sillabe, dal quale prendono il nome
Diétro quàlche vétro quàlche vìso biànco Trisillabo Bisillabo o ternario o binario La morte si sconta vivendo (G.A.Cesareo) (G.Ungaretti)

19 I versi sono costituiti da un numero predeterminato di sillabe, dal quale prendono il nome
Quinario Quadrisillabo Ecco il mondo vuoto e tondo, s'alza, scende, balza e splende (A. Boito) Il morbo infuria il pan ti manca: sul ponte sventola bandiera bianca (A. Fusinato)

20 I versi sono costituiti da un numero predeterminato di sillabe, dal quale prendono il nome
Senario Settenario L’àlbero a cui tendévi la pargolétta màno, il vèrde melogràno da’ bei vermìgli fiòr, nel muto òrto solìngo rinverdì tutto or óra e giùgno lo ristòra di lùce e di calór. Fratelli d'Italia, l'Italia s'è desta, dell'elmo di Scipio s'è cinta la testa

21 I versi sono costituiti da un numero predeterminato di sillabe, dal quale prendono il nome
Ottonario Novenario Quant'è bella giovinezza, che si fugge tuttavia! Chi vuol esser lieto, sia: di doman non c'è certezza. Il giorno fu pieno di lampi; ma ora verranno le stelle, le tacite stelle. Nei campi c’è un breve gre gre di ranelle. Le tremule foglie dei pioppi trascorre una gioia leggera.

22 I versi sono costituiti da un numero predeterminato di sillabe, dal quale prendono il nome
Decasillabo A.Manzoni Conte di Carmagnola S'ode a destra uno squillo di tromba; a sinistra risponde uno squillo: d'ambo i lati calpesto rimbomba da cavalli e da fanti il terren. Endecasillabo E tu onore di pianti, Ettore, avrai, ove fia santo e lagrimato il sangue per la patria versato, e finché il Sole risplenderà su le sciagure umane. U. Foscolo Dei Sepolcri

23 Dodecasillabo o doppio senario
I versi sono costituiti da un numero predeterminato di sillabe, dal quale prendono il nome Dodecasillabo o doppio senario Dagli àtrii muscósi, / dai Fòri cadènti, dai bòschi, dall’àrse / fucìne stridènti, dai sòlchi bagnàti / di sèrvo sudór, un vólgo dispèrso / repènte si désta; intènde l’orécchio, / sollèva la tèsta percòsso da nòvo / crescènte romór. A. Manzoni, Adelchi

24 I versi parisillabi. Ottonario
Filastrocca del gregario corridore proletario, che ai campioni di mestiere deve far da cameriere, e sul piatto, senza gloria, serve loro la vittoria. Ottonario di Gianni Rodari Attenzione: poiché gli accenti cadono sempre sulla terza e sulla settima sillaba abbiamo una filastrocca con un ritmo cantilenante.

25 I versi parisillabi Il Conte di Carmagnola decasillabi
S'ode a destra uno squillo di tromba; a sinistra risponde uno squillo: d'ambo i lati calpesto rimbomba da cavalli e da fanti il terren Notate la struttura sempre identica, che si replica per tutto il componimento (128 versi), con un effetto ritmico molto particolare e ricercato.

26 I versi parisillabi struttura sempre identica
Lo stesso capita in un altro notissimo componimento manzoniano, in dodecasillabi o senari doppi. Gli ictus cadono sempre nelle stesse posizioni   Adelchi Dagli atri muscosi dai fori cadenti, 2 – dai boschi, dall'arse fucine stridenti,2 – dai solchi bagnati di servo sudor, – un volgo disperso repente si desta; 2 – intende l'orecchio, solleva la testa 2 – percosso da novo crescente rumor. 2 – struttura sempre identica

27 Trisillabo Quinario Novenario Settenario Endecasillabo
Versi imparisillabi I versi imparisillabi concedono molta libertà Il più usato di tutti è l'endecasillabo, che è anche quello che concede più libertà. Trisillabo Quinario Novenario Settenario Endecasillabo

28 Figure metriche uniscono separano Sinalefe – episinalefe Sineresi
Dialefe Dieresi uniscono separano

29 Sinalefe o elisione un’unica sillaba
Il computo delle sillabe in un verso tiene presente non solo le regole normali della morfologia, ma anche di alcune particolarità Sinalefe o elisione Consiste nel considerare due vocali contigue, una fine di parola e l’altra al principio di quella successiva,come un’unica sillaba Ei fu Sicco me im mobile Dolce e chiara è la notte e senza vento(G. Leopardi, La sera del dì di festa, v.1)  e tu non torni ancora al tuo paese! (G. Pascoli, Lavandare, v.8). e il naufragar m’è dolce in questo mare (G. Leopardi, L’infinito, v 15); nel muto orto solingo (G. Carducci, Pianto antico, v 5).

30 episinalefe un’unica sillaba
Il computo delle sillabe in un verso tiene presente non solo le regole normali della morfologia, ma anche di alcune particolarità episinalefe Consiste nel considerare due vocali contigue, una fine di verso e l’altra al principio di quello successivo, come un’unica sillaba pei bimbi che mamma le andav a a prendere in cielo.(G. Pascoli, La figlia maggiore, 7-8) È l'alba: si chiudono i peta li un poco gualciti; si cova, dentro l'urna molle e segreta, non so che felicità nuova.(G. Pascoli, Il gelsomino notturno).

31 Ed oggi nella troade inseminata
Il computo delle sillabe in un verso tiene presente non solo le regole normali della morfologia, ma anche di alcune particolarità sineresi Consiste nel considerare due vocali contigue, all’interno della stessa parola, come un’unica sillaba Ed oggi nella troade inseminata “..morte bella parea nel suo bel viso..” (Petrarca, Canzoniere, Trionfo della morte, v.172) la sineresi interviene due volte (parea, suo) “..ed erra l'armonia per questa valle..” (G. Leopardi, Il passero solitario, v.4)

32 “..tant'era pien di sonn o a quel punto..”
Il computo delle sillabe in un verso tiene presente non solo le regole normali della morfologia, ma anche di alcune particolarità Dialefe o iato Diversamente dalla sinalefe,considera le due vocali (finale e iniziale di parola) come due sillabe separate “..tant'era pien di sonn o a quel punto..” (Dante, Inferno, Canto I) va scandito così: Tan -t'e -ra -pien -di -son -no -a -quel-pun –to ottenendo il computo di undici sillabe metriche.

33 Forse perché della fatal qui ëte
Il computo delle sillabe in un verso tiene presente non solo le regole normali della morfologia, ma anche di alcune particolarità dieresi Consiste nel considerare le due vocali contigue all’interno di una parola come due sillabe separate Forse perché della fatal qui ëte “Dolce color d’orï/ental zaffiro” (Dante, Purgatorio, I, v.13) “orïental” va letto come se fosse scandito in quattro sillabe (”o-ri-en-tal”). A te convien tenere altro vï/aggio  (Dante, Inferno, Canto I).

34 strutture fonetiche, la ripetizione, la musicalità
Le figure retoriche Sono accorgimenti formali, processi stilistici letterari e poetici per arricchire il senso del messaggio Figure sintattiche disposizione delle parole all’interno del testo Figure fonetiche strutture fonetiche, la ripetizione, la musicalità Figure semantiche Incidono sul significato della parola

35 Le figure retoriche fonetiche
Attraverso la combinazione di suoni si crea non solo una particolare musicalità ma si arricchisce il significato delle parole

36 Figure retoriche fonetiche
allitterazione Ripetizione di suoni identici (vocali,consonanti,sillabe) nella parte iniziale o centrale di due o più parole quello spirto guerrier ch'entro mi rugge onomatopea il tuono rimbombò di schianto: rimbombò, rimbalzò, rotolò cupo Suono di parole che riproduce un suono naturale

37 Figure retoriche fonetiche
assonanza Quando/tanto Inverno/allegro Rombo/tramonto Rima imperfetta con rispondenza delle sole vocali a partire da quella accentata consonanza Sole/solo Terra/torre Rima imperfetta con rispondenza delle sole consonanti a partire dalla vocale accentata

38 Figure retoriche fonetiche di accento
Sistole: quando l’accento tonico di una parola si ritrae verso l’inizio di questa: la notte ch’io passai con tanta pièta (Dante, Inferno, I, v 21; Inferno, VI, v 96) invece di pietà quando verrà la nimica podèsta - invece di podestà Diastole: quando l’accento tonico di una parola si sposta verso la fine di questa: abbraccia terre il gran padre Oceàno (U. Foscolo, Dei Sepolcri, v 291; invece di Ocèano calvi gravati di carni lugùbri G. D’Annunzio, Alcyone, Ditirambo IV, v 359) invece di lùgubri

39 Sincope e apocope Sincope: consiste nella caduta di una o più lettere all’interno di una parola: allor che all’opre femminili intenta (G. Leopardi, A Silvia, v 10) - invece di opere - … quello spirto guerrier ch’entro mi rugge (U. Foscolo, Alla sera, v 14) - invece di spirito - … veniano a conversar (G. Carducci, Avanti! Avanti!, v 108) - invece di venivano - Apocope: indica la caduta di una o più lettere alla fine della parola: … lo fan d’ozi beato e di vivande (U. Foscolo, Dei Sepolcri, v 61) - invece di fanno - … per lo libero ciel fan mille giri (G. Leopardi, Il passero solitario, v10) - invece di cielo -

40 Figure retoriche sintattiche o dell’ordine
Il poeta trasgredisce l’ordine sintattico per creare significati aggiuntivi e fare affiorare livelli diversi del senso

41 Figure retoriche sintattiche o dell’ordine
Ripetizione di una o più parole all’inizio di due o più frasi o versi successivi Per me si va nella città dolente Per me si va ne l’etterno dolore Per me si va tra la perduta gente anafora Consiste nel disporre in ordine invertito i termini corrispondenti di due frasi successive Le donne i cavalier Le armi gli amori chiasmo Inversione di parole che spezza un forte legame sintattico Questa bella d’erba famiglia e d’animali inversione

42 Figure retoriche sintattiche o dell’ordine
Costruzione sintattica con reggente e Secondarie Lingua mortal non dice quel ch’io sentiva in seno ipotassi paratassi Costruzione sintattica con proposizioni legate con congiunzioni coordinanti o per asindeto E suona ancora l’ora e mi manda Indica una progressione o successione di termini in ordine di intensità decrescente o crescente Vegghio (veglio), penso, ardo, piango climax

43 Figure retoriche sintattiche o dell’ordine
Forse perché della fatal quiete tu sei l’immago a me sì cara vieni o Sera! E quando ti corteggian liete le nubi estive e i zeffiri sereni   e quando dal nevoso aere inquiete tenebre e lunghe all’universo meni sempre scendi invocata, e le secrete vie del mio cor soavemente tieni.   Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme che vanno al nulla eterno; e intanto fugge questo reo tempo, e van con lui le torme   delle cure onde meco egli si strugge; e mentre io guardo la tua pace, dorme quello spirto guerrier ch’entro mi rugge. (U. Foscolo, Alla sera) Enjambement (scavalcamento) Fenomeno metrico per cui la frase logica del discorso poetico non coincide con il verso, ma prosegue in quello successivo (scavalcando quindi il primo)

44 Pausa o cesura Negli azzurri mattini le file svelte e nere
La pausa, o cesura, si ha quando all’interno di un verso si trova un segno di punteggiatura forte (. : ; ! ?): Negli azzurri mattini le file svelte e nere dei collegiali. Chini sui libri poi. Bandiere di nostalgia campestre gli alberi alle finestre Sandro Penna

45 LA STROFA: I versi, in numero determinato o vario, si raggruppano in unità metriche che vengono chiamate strofe - Distico: due versi Terzina: tre versi Quartina: quattro versi Sestina: sei versi Ottava: otto versi A schema fisso Strofa libera Canzone libera leopardiana (endecasillabi e settenari) A schema libero

46 DISTICI LA STROFA composta da due versi (di solito endecasillabi) uniti in rima baciata oppure non rimati Nella torre il silenzio era già alto A Sussurravano i pioppi del rio Salto A I cavalli normanni a le lor poste B Frangean la biada con rumor di croste B G. Pascoli La caratteristica principale di questo testo è rappresentata, dal punto di vista formale, dal tentativo sperimentale di riprodurre la metrica classica utilizzando i versi italiani. In ognuno dei versi più lunghi, quelli dispari, si rintraccia un settenario seguito da un novenario. In seguito, nel Novecento, non si cercherà più di rivitalizzare forme metriche della tradizione, ma ci si libererà da qualunque vincolo metrico; qui Carducci attua dunque a suo modo una sperimentazione che alla fine porterà alla dissoluzione delle forme metriche tradizionale, ma che con lui resta ancora all'interno delle norme. Picchiano uccelli raminghi a vetri appannati: gli amici Spiriti reduci son, guardano e chiamano a me. In breve, o cari, in breve – tu calmati, indomito cuore – Giù al silenzio verrò, ne l’ombra riposerò. G. Carducci

47 LA STROFA TERZINE composta da tre endecasillabi a rima incatenata
E come quei che con lena affannata uscito fuor del pelago a la riva si volge a l’acqua perigliosa e guata, Così l’animo mio, ch’ancor fuggiva, si volse a retro a rimirar lo passo che non lasciò già mai persona viva. Dante Alighieri L’acqua del terzo cerchio è fosca e sordida. Hanno compiuto in questo dì gli uccelli Il nido (oggi è la festa dell’ulivo) Di foglie secche, radiche,fuscelli Quel sul cipresso, questo su l’alloro, Al bosco, lungo il chioccolo d’ un rivo, Nell’ombra mossa d’un tremolio d’oro. G.Pascoli

48 QUARTINE LA STROFA quattro versi uniti da rima con diverse varianti, ma generalmente da rima alternata E s'aprono i fiori notturni, A nell'ora che penso ai miei cari B Sono apparse in mezzo ai viburni A le farfalle crepuscolari B Da un pezzo si tacquero i gridi: C là sola una casa bisbiglia D Sotto l'ali dormono i nidi, C come gli occhi sotto le ciglia D (G. Pascoli, Gelsomino notturno)

49 SESTINE LA STROFA sei versi, spesso i primi quattro a rima alternata, gli ultimi due a rima baciata. Possono essere settenari o endecasillabi o di settenari ed endecasillabi A qualunque animale alberga in terra, se non se alquanti ch’ànno in odio il sole, tempo da travagliare è quanto è ’l giorno; ma poi che ’l ciel accende le sue stelle, qual torna a casa et qual s’anida in selva per aver posa almeno infin a l’alba.  F.Petrarca A qualunque animale alberga in terra, se non se alquanti ch’ànno in odio il sole, 2 tempo da travagliare è quanto è ’l giorno;3 ma poi che ’l ciel accende le sue stelle,4 qual torna a casa et qual s’anida in selva 5 per aver posa almeno infin a l’alba. 6 Et io, da che comincia la bella alba 6 a scuoter l’ombra intorno de la terra 1 svegliano gli animali in ogni selva, 5 non ò mai triegua di sospir’ col sole; 2 poi qund’io veggio fiammeggiar le stelle 4 vo lacrimando, et disiando il giorno. 3 Quando la sera scaccia il chiaro giorno, 6 et le tenebre nostre altrui fanno alba, 1 miro pensoso le crudeli stelle, 5 che m’ ànno facto di sensibil terra: 2 et maledico il dì ch’i’vidi ’l sole, 4 che mi fa in vista un huom nutrito in selva. 3 Non credo che pascesse mai per selva sì aspra fera, o di nocte o di giorno, come costei ch’i’piango a l’ombra e al sole; et non mi stancha primo sonno od alba: ché, bench’i’ sia mortal corpo di terra, lo mio fermo desir vien da le stelle. Prima ch’i’torni a voi, lucenti stelle, o tomi giù ne l’amorosa selva, lassando il corpo che fia trita terra, vedess’io in lei pietà, che ’n un sol giorno può ristorar molt’anni, e ’nanzi l’alba puommi arichir dal tramontar del sole. Con lei foss’io da che si parte il sole, et non ci vedess’altri che le stelle, sol una nocte, et mai non fosse l’alba; et non se trasformasse in verde selva per uscirmi di braccia, come il giorno ch’Apollo la seguia qua giù per terra. Ma io sarò sotterra in secca selva e ’l giorno andrà pien di minute stelle prima ch’a sì dolce alba arrivi il sole. 

50 OTTAVE LA STROFA otto versi endecasillabi, di cui i primi sei a rima alternata e gli ultimi due a rima baciata (ABABABCC). E' la strofa dei poemi epico-cavallereschi. Le donne , i cavalier, l'arme gli amori A le cortesie, l'audaci imprese io canto, B che furo al tempo che passaro i Mori A d'Africa il mare, e in Francia nocquer tanto, B seguendo l'ire e i giovenil furori A d'Agramante lor re, che si diè vanto B di vendicar la morte di Troiano C sopra re Carlo imperator romano C Ludovico Ariosto, Orlando Furioso

51 LA STROFA OTTAVE «Puzone, cheres bolare chen’alas però de jugher alas non presumas, ca si las as sun privas de sas pumas o si tenes sas pumas sunu malas. Si pones mente a mie las allumas de badas ti sun naschidas in palas. Pro chi est pro tenner pumas gai Disizo de no aer alas mai. » Giuseppe Calvia (Uccello, vuoi volar senz’'ali/ ma di aver ali non pretendere, chè se le hai son prive di piume/ e se hai piume esse sono inutili.  Se a me poni mente le abbruci, /invano ti son cresciute sulle spalle.  Ed io per aver simili piume / desidero di non aver mai ali).

52 ADIOS NUGORO AMADA Parole di Antonio Giuseppe Solinas Musica di Giampaolo Mele ADDIO AMATA NUORO Adios, Nugoro amada prite parto a terra anzena, chin crudelissima pena ti lasso terra istimada. Ca est già bennida s'ora de partire dolorosa; già de purpura e de rosa s'oriente si colora. Frade, sorre, mama, amante, dilettos parentes mios, chin su coro lacrimante a tottus bos naro adio.   Addio, amata Nuoro, giacché parto in terre altrui, con crudelissima pena ti lascio, terra stimata. E' già giunta l'ora dolorosa di partire; già di porpora e di rosa l'oriente si colora. Fratello, sorella, mamma, amante, diletti parenti miei, col cuore lacrimante a tutti voi dico addio.

53 La strofa libera con versi regolari di solito con versi
ha un  numero di versi ogni  volta differente, e  la disposizione  delle  rime è affidata alla libera  ispirazione dell'artista. con versi regolari di solito   endecasillabi e settenari con versi liberi senza schema fisso, ma si articola secondo l'ispirazione del poeta Esempi di  strofe libere costituite  da versi regolari nei  Canti di Leopardi, raggruppamenti  strofici di versi liberi più frequenti nei poeti moderni. 

54 La strofa libera con versi regolari Silvia, rimembri ancora
quel tempo della tua vita mortale, quando beltà splendea negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi, e tu, lieta e pensosa, il limitare di gioventù salivi? (G. Leopardi) La strofa è costituita da sei versi (settenari ed endecasillabi) che si alternano senza un ordine preciso e non sono legati da rime regolari.

55 La strofa libera con versi liberi Mi tengo a quest'albero mutilato
abbandonato a questa dolina che ha il languore di un circo prima o dopo lo spettacolo e guardo il passaggio quieto delle nuvole sulla luna (G. Ungaretti, I fiumi) La strofa è costituita da versi liberi.

56 Figure retoriche di significato
SIMILITUDINE SINESTESIA OSSIMORO METONIMIA METAFORA IPERBOLE SINEDDOCHE ANALOGIA PERSONIFICAZIONE ANTITESI PERIFRASI ALLEGORIA Quali sono Figure retoriche di significato Che scopo hanno Si sta come - d’autunno - sugli alberi - le foglie Ungaretti – Soldati Laudata sii pel tuo viso di perla, o Sera, e pe’ tuoi grandi umidi occhi D’Annunzio - La sera fiesolana Così tra questa immensità s’annega il pensier mio e il naufragar m’è dolce in questo mare Leopardi - L’infinito Accrescono il valore della parola. Come? Ampliando il senso e dando luogo Evidenziando a immagini inaspettate Rendendo diverso

57 Figure retoriche di significato
Similitudine Consiste nell'esprimere un'idea mediante il suo accostamento a un'altra idea che abbia con la prima un rapporto di somiglianza esplicitamente descritto. amo i tuoi occhi azzurri come il cielo quando partisti, come son rimasta! come l'aratro in mezzo alla maggese Quale delle foglie tale la stirpe degli uomini. Il vento brumal le sparge a terra e le ricrea la germogliante selva a primavera. Così l’uomo nasce e così muore. Quale… tale, così…come, come sono nessi che introducono la similitudine Talvolta il nesso non c’è: Ripenso il tuo sorriso, ed è per me un’acqua limpida….. quando partisti, come son rimasta! come l'aratro in mezzo alla maggese Pascoli – Lavandare Ripenso il tuo sorriso, ed è per me un’acqua limpida Montale

58 Figure retoriche di significato
Metafora -- il trasferire una parola dall'oggetto a cui normalmente la si riferisce ad un altro oggetto, mediante un paragone sottinteso -- è una similitudine abbreviata, cioè sottratta dell'avverbio di paragone Sei una volpe propone una vera e propria identificazione attraverso una forzatura una montagna di compiti Dicendo: "L'infanzia è l'alba della vita" intendiamo dire che L’infanzia è l'inizio della vita, come l'alba lo è del giorno. Prima luce Lattiginosa d’alba, nasce sulle colline, balbettanti parole ancora infantili, la prima luce. La terra, con la sua faccia madida di sudore, apre assonnanti occhi d’acqua alla notte che sbianca. G. Caproni L’alba è paragonata prima al latte, per il suo biancore, poi a un bambino che balbetta le sue prime parole. La terra è paragonata a una persona: ha una faccia e due occhi. Il sudore è anch’esso una metafora, è la rugiada che imperla la terra come fa il sudore con la fronte. Gli occhi d’acqua sono pozze d’acqua, stagni, laghetti.)

59 Analogia accostamento immediato di due immagini, situazioni, oggetti tra loro lontani di somiglianza, basato su libere associazioni di pensiero o di sensazioni. Nella poesia tradizionale l'analogia era espressa mediante la similitudine, che veniva introdotta dalle particelle correlative «come…, così… ( tale )». I nuovi poeti sopprimono le particelle correlative e fondono insieme nell'analogia i due concetti. L'uso dell'analogia è molto antico e frequente e coincide in qualche misura con la metafora. L’uso frequente dell’analogia è una delle caratteristiche della poesia ermetica. “..Tornano in alto ad ardere le favole..” (Ungaretti, Stelle, v.1): tornano in cielo a splendere le stelle, belle come le illusioni (le favole) che addolciscono la vita. “..Si levano tremuli scricchi di cicale dai calvi picchi..”  (Montale, Meriggiare pallido e assorto, vv.11-12): dai picchi nudi di vegetazione come una testa calva si levano i canti delle cicale che sono come tremuli scricchiolii.

60 Allegoria   E' un'immagine o un discorso che nasconde un significato diverso dal suo significato letterale, di carattere simbolico e di ordine per lo più morale o filosofico. Può trasformare nozioni astratte o concetti morali in immagini spesso suggestive. Oltre che riguardare i singoli elementi di un'opera ,(per esempio la lupa usata per indicare nella Divina Commedia di Dante, l'avarizia), può riguardare intere situazioni (per esempio la barca abbandonata sulla spiaggia indica la solitudine dell'uomo).

61 Sinestesia Attribuisce a un oggetto percepibile con uno o più sensi qualità percepibili con altri sensi cogliendo rapporti di corrispondenza anche fra cose lontane  mi ripigneva là dove 'l sol tace.Dante Alighieri, Inferno canto I  l'urlo nero della madre  S.Quasimodo        Altri esempi: "fredde luci"; "colore caldo". là, voci di tenebra azzurra…G. Pascoli Non vi ster molto, ch'un lamento amaro  Ariosto 

62 METONIMIA Consiste nel sostituire qualcosa con un’altra che è legata alla prima da un rapporto di contiguità, cioè da una "vicinanza" di significato, da un'affinità di tipo logico o materiale. In particolare la metonimia può indicare:   - l'effetto per la causa ("guadagnarsi la vita con il sudore"= con un lavoro pesante, che fa sudare); - la causa per l'effetto ("sentire le campane"= i rintocchi delle campane);       - la materia di cui è fatto l'oggetto per l'oggetto ("lucidare gli ottoni"=gli oggetti di ottone);                                                 - il contenente per il contenuto ("bere un bicchiere"= il vino contenuto in un bicchiere);                                                   l' astratto per il concreto (“la giovinezza è spensierata"=i giovani sono…) il concreto per l'astratto ("avere del fegato"= del coraggio);       - l' autore di un'opera per l'opera ("leggere Leopardi"= le opere di…);   - il luogo dove una persona si trova per la persona stessa ("una decisione della panchina"= dell'allenatore della squadra

63 SINEDDOCHE Consiste nel sostituire qualcosa con un’altra che è legata alla prima, ma stavolta anche con un rapporto di quantità e non solo di contiguità. Si usa quindi in senso figurato i una parola al posto di un'altra, mediante l'ampliamento o la restrizione del senso La sostituzione può riguardare: la parte per il tutto (tetti al posto di paese) il materiale per l'oggetto (ferro al posto di spada) il singolare per il plurale e viceversa (l'Italiano (come persona) all'estero per gli Italiani all'estero) il genere per la specie e viceversa (il mortale per l'uomo; il felino per il gatto) Si distingue dalla metonimia perché si basa su relazioni di tipo quantitativo.

64 ANTITESI Consiste nell’ accostamento di parole o frasi di significato opposto. Pace non trovo, et non ò da far guerra; e temo, et spero; et ardo, et son un ghiaccio; et volo sopra 'l cielo, et giaccio in terra; et nulla stringo, et tutto 'l mondo abbraccio.

65 OSSIMORO (acuto-ottuso)
Consiste nell'accostare, nella stessa locuzione, parole di significato opposto, che si contraddicono a vicenda.  Un simile accostamento produce effetti espressivi densi di significati inediti e suggestivi. Esempi: E 'l naufragar m'è dolce in questo mare brivido caldo, urlo silenzioso, ghiaccio bollente disgustoso piacere, amara dolcezza illustre sconosciuta Dato l'etimo del termine, anche la stessa parola ossimoro è un ossimoro.

66 Molto frequente nel linguaggio comune
IPERBOLE Consiste nel descrivere la realtà con espressioni esagerate, per eccesso o per difetto; tanto esagerate che, prese alla lettera, risulterebbero inverosimili o assurde. Molto frequente nel linguaggio comune Ti amo da morire  Ti ho aspettato un secolo Mi si spezza il cuore Facciamo quattro passi Te l'ho detto un milione di volte

67 Personificazione Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai,
consiste nell’attribuire un aspetto umano a cose, idee o sentimenti e nel rivolgersi loro o dar loro la parola come se fossero umani Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai, silenziosa luna? Leopardi là sola una casa bisbiglia Pascoli Sotto l'ali dormono i nidi Pascoli … e da le aurate volte a lei impietosita eco rispose G. Parini

68 PERIFRASI Consiste nell' usare un giro di parole invece del termine proprio per indicare una persona, una cosa o un concetto. La gloria di colui che tutto move per indicare Dio Dante A. Par I di colui che nuovo Olimpo alzò in Roma a’ celesti per indicare Michelangelo Foscolo Dei Sepolcri …e di chi vide sotto l'etereo padiglion rotarsi piú mondi, e il Sole irradïarli immoto, per indicare Galilei Foscolo Dei Sepolcri

69 Più strofe danno vita a particolari strutture metriche.
I METRI Più strofe danno vita a particolari strutture metriche. Ballata Sonetto Canzone Madrigale Ode

70 sonetto Solo et pensoso i più deserti campi
forma metrica più diffusa della lingua italiana struttura chiusa e fissa: 14 endecasillabi rimati 2 quartine, 2 terzine Solo et pensoso i più deserti campi Vo mesurando a passi tardi e lenti, et gli occhi porto per fuggire intenti Ove vestigio uman l’arena stampi. Altro schermo non trovo che mi scampi Dal manifesto accorger de le genti, Perché ne gli atti d’alegrezza spenti Di fuor si legge com’io dentro avvampi: Sì ch’io mi credo omai che monti e piagge Et fiumi et selve sappian di che tempre Sia la mia vita ch’è celata altrui Ma pur sì aspre vie né sì selvagge Cercar non so c’amor non venga sempre Ragionando con meco, et io co llui. E' il componimento poetico più usato nella poesia italiana. Di origine provenzale (in provenzale sonet piccola melodia), acquisì la sua struttura più tipica in Italia, ad opera (si dice) di Jacopo da Lentini ed è frequentissimo poi in tutta la storia della poesia italiana (perfino nell'opera di poeti del Novecento, in piena versificazione libera). E' costituito da 14 endecasillabi raggruppati in due quartine e due terzine. Le quartine sono per lo più a rima incrociata (ABBA, ABBA) o a rima alternata (ABAB, ABAB). Le terzine possono essere a rima alternata (CDC, DCD), a rima ripetuta (CDE, CDE), a rima invertita (CDE, EDC) o possono seguire altri schemi (CDD-DCC CDC-CDD CDD-CDD, CDC-DEE).

71 sonetto Le quartine sono per lo più a rima incrociata (ABBA, ABBA)
Di origine provenzale,acquisì la sua struttura più tipica in Italia, ad opera di Jacopo da Lentini ed è frequentissimo poi in tutta la storia della poesia italiana anche nel Novecento, in piena versificazione libera). E' costituito da 14 endecasillabi raggruppati in 2 quartine e 2 terzine. Le quartine sono per lo più a rima incrociata (ABBA, ABBA) o a rima alternata (ABAB, ABAB). Le terzine possono essere a rima alternata (CDC, DCD), o a rima ripetuta (CDE, CDE), a rima invertita (CDE, EDC) o possono seguire altri schemi (CDD-DCC CDC-CDD CDD-CDD, CDC-DEE).

72 sonetto altre forme metriche da esso derivate
sonetto minore : versi più brevi dell'endecasillabo sonetto tronco o sdrucciolo: con rime tronche e sdrucciole di tono scherzoso sonetto doppio o rinterzato: con un settenario dopo ciascuno dei versi dispari delle quartine e dopo il primo e il secondo verso delle terzine sonetto acrostico: unendo le prime lettere di ciascun verso si legge il nome del personaggio a cui è dedicato il componimento sonetto caudato o ritornellato: con coda aggiunta di uno o due versi per lo più endecasillabi a rima baciata oppure in forma moderna con un settenario che rima col 14°verso e altri due endecasillabi a rima baciata. Un esempio di sonetto minore: « Il mio cuore è una rossa macchia di sangue dove io bagno senza posa la penna, a dolci prove eternamente mossa. E la penna si muove e la carta s'arrossa sempre a passioni nuove. Giorno verrà: lo so che questo sangue ardente a un tratto mancherà, che la mia penna avrà uno schianto stridente... ... e allora morirò.  » (S. Corazzini, "Il mio cuore") Un esempio di Sonetto Caudato « Io vi mando, Giuliano, alquanti tordi, non perché questo don sia buono o bello, ma perché un po' del pover Machiavello Vostra Magnificenzia si ricordi. E se d'intorno avete alcun che mordi, li possiate nei denti dar con ello, acciò che, mentre mangia questo uccello, di laniare altrui ei si discordi. Ma voi direte: - Forse ei non faranno - l'effetto che tu di', ch'ei non son buoni e non son grassi: ei non ne mangeranno. io vi risponderei a tai sermoni, ch'io son maghero anch'io, come lor sanno, e spiccon pur di me di buon bocconi. Lasci l'opinïoni Vostra Magnificenzia, e palpi e tocchi, e giudichi a le mani e non agli occhi. » (N. Machiavelli)

73 La canzone tradizionale
La canzone E’ la più antica forma metrica della lirica ed è stata considerata da Dante la più adatta a trasmettere contenuti elevati di tipo morale, politico, amoroso e anche religioso. La canzone tradizionale o petrarchesca La canzone libera o leopardiana La Canzone è un componimento lirico formato da un numero variabile di strofe dette stanze, (di solito 4, 5 o 6). Ogni strofa è formata da due parti, una detta fronte divisa in piedi con un numero identico di versi e con uguale disposizione di versi (lo schema rimico, invece, può variare); l'altra, chiamata coda o sirma, può rimanere, come nel Canzoniere di Francesco Petrarca, indivisa oppure può dividersi in due parti chiamate volte, cioè periodi metrici strutturalmente identici come nel caso dei piedi. Fronte e sirma sono di solito uniti da un verso chiamato chiave.[1]. Alla fine della canzone, può trovarsi un congedo che consiste in una strofa più breve con una struttura metrica ripresa dalla coda. Chiare, fresche e dolci acque, ove le belle membra pose colei che sola a me par donna; gentil ramo ove piacque (con sospir' mi rimembra) a lei di fare al bel fianco colonna; erba e fior' che la gonna leggiadra ricoverse co l'angelico seno; aere sacro, sereno, ove Amor co' begli occhi il cor m'aperse: date udïenza insieme a le dolenti mie parole estreme. S'egli è pur mio destino e 'l cielo in ciò s'adopra, ch'Amor quest'occhi lagrimando chiuda, qualche gratia il meschino corpo fra voi ricopra, e torni l'alma al proprio albergo ignuda. La morte fia men cruda se questa spene porto a quel dubbioso passo: ché lo spirito lasso non poria mai in piú riposato porto né in piú tranquilla fossa fuggir la carne travagliata e l'ossa. Tempo verrà ancor forse ch'a l'usato soggiorno torni la fera bella e mansüeta, e là 'v'ella mi scorse nel benedetto giorno, volga la vista disïosa e lieta, cercandomi; e, o pietà!, già terra in fra le pietre vedendo, Amor l'inspiri in guisa che sospiri sí dolcemente che mercé m'impetre, e faccia forza al cielo, asciugandosi gli occhi col bel velo. Da' be' rami scendea (dolce ne la memoria) una pioggia di fior' sovra 'l suo grembo; ed ella si sedea umile in tanta gloria, coverta già de l'amoroso nembo. Qual fior cadea sul lembo, qual su le treccie bionde, ch'oro forbito e perle eran quel dí a vederle; qual si posava in terra, e qual su l'onde; qual con un vago errore girando parea dir: - Qui regna Amore. - Quante volte diss'io allor pien di spavento: Costei per fermo nacque in paradiso. Cosí carco d'oblio il divin portamento e 'l volto e le parole e 'l dolce riso m'aveano, e sí diviso da l'imagine vera, ch'i' dicea sospirando: Qui come venn'io, o quando?; credendo d'esser in ciel, non là dov'era. Da indi in qua mi piace quest'erba sí, ch'altrove non ò pace. Se tu avessi ornamenti quant'ài voglia, poresti arditamente uscir del bosco, et gir in fra la gente. Ebbe larga diffusione dal Duecento fino all’Ottocento La canzone venne Utilizzata in questa forma nel XIX secolo

74 L’ode Il termine ode nella poesia greca è un componimento di vario metro, accompagnato dalla musica. L’ode venne ripresa durante il Rinascimento, al fine di sostituire alla canzone una forma più agile e duttile. Fu spesso utilizzata per cantare temi civili o impegnati. Nell’Ottocento l’ode diede vita a componimenti ispirati a temi patriottici.

75 Il madrigale è un componimento lirico destinato ad essere musicato, sviluppatosi dal Trecento L’etimologia del nome è incerta , pare derivi da matrical carmen, canto in lingua materna, quindi in volgare e non in latino. Tratta temi prevalentemente amorosi e idilliaci, ma venne adoperato anche per la poesia politica e burlesca Relativo all'idillio come forma poetica SIN bucolico, pastorale Caratterizzato da armonia, pace, serenità Qual rugiada o qual pianto, quai lagrime eran quelle che sparger vidi dal notturno manto e dal candido volto de le stelle? E perché seminò la bianca luna di cristalline stille un puro nembo a l'erba fresca in grembo? Perché ne l'aria bruna s'udìan, quasi dolendo, intorno intorno gir l'aure insino al giorno? Fûr segni forse de la tua partita, vita de la mia vita? T.Tasso

76 Il madrigale Attilio Bertolucci (Sirio)
Come un lupo è il vento che cala dai monti al piano, corica nei campi il grano ovunque passa è sgomento. Fischia nei mattini chiari illuminando case e orizzonti, sconvolge l'acqua nelle fonti caccia gli uomini ai ripari. Poi, stanco s'addormenta e uno stupore prende le cose, come dopo l'amore. Alcuni poeti del secondo Novecento (Montale, Bertolucci, Pasolini, Fortini, Sanguineti) hanno scritto versi in forma di madrigale con qualche concessione al gusto moderno, usando cioè il verso sciolto o le assonanze.

77 La ballata Componimento presente nel XIII secolo nelle regioni centro-settentrionali ed è così chiamata perché destinata ad essere insieme cantata e danzata. Si distingue dalla canzone perchè più umile e più semplice, tradendo la sua natura popolare. Il Poliziano toccò vari argomenti, da quello amoroso a quello comico-realistico La ballata, chiamata anche canzone a ballo perché destinata al canto e alla danza, è un componimento che si trova in tutte letterature di lingua romanza e ha una particolare struttura. Quando ci penso, che il tempo è passato, le vecchie madri che ci hanno portato, poi le ragazze, che furono amore, e poi le mogli e le figlie e le nuore, femmina penso, se penso una gioia: pensarci il maschio, ci penso la noia. Quando ci penso, che il tempo è venuto, la partigiana che qui ha combattuto, quella colpita, ferita una volta, e quella morta, che abbiamo sepolta, femmina penso, se penso la pace: pensarci il maschio, pensare non piace. Quando ci penso, che il tempo ritorna, che arriva il giorno che il giorno raggiorna, penso che è culla una pancia di donna, e casa è pancia che tiene una gonna, e pancia è cassa, che viene al finire, che arriva il giorno che si va a dormire. Perché la donna non è cielo, è terra carne di terra che non vuole guerra: è questa terra, che io fui seminato, vita ho vissuto che dentro ho piantato, qui cerco il caldo che il cuore ci sente, la lunga notte che divento niente. Femmina penso, se penso l’umano la mia compagna, ti prendo per mano. Perch’i’ no spero di tornar giammai , ballatetta, in Toscana, va’ tu, leggera e piana, dritt’a la donna mia, che per sua cortesia ti farà molto onore. Tu porterai novelle di sospiri piene di dogli’ e di molta paura; ma guarda che persona non ti miri che sia nemica di gentil natura: ché certo per la mia disaventura tu saresti contesa, tanto da lei ripresa che mi sarebbe angoscia; dopo la morte, poscia, pianto e novel dolore. Tu senti, ballatetta, che la morte mi stringe sì, che vita m’abbandona; e senti come ’l cor si sbatte forte per quel che ciascun spirito ragiona. Tanto è distrutta già la mia persona, ch’i’ non posso soffrire: se tu mi vuoi servire, mena l’anima teco (molto di ciò ti preco) quando uscirà del core. Deh, ballatetta mia, a la tu’ amistate quest’anima che trema raccomando: menala teco, nella sua pietate, a quella bella donna a cu’ ti mando. Deh, ballatetta, dille sospirando, quando le se’ presente: «Questa vostra servente vien per istar con voi, partita da colui che fu servo d’Amore». Tu, voce sbigottita e deboletta ch’esci piangendo de lo cor dolente coll’anima e con questa ballatetta va’ ragionando della strutta mente. Voi troverete una donna piacente, di sì dolce intelletto che vi sarà diletto starle davanti ognora. Anim’, e tu l’adora sempre, nel su’ valore.

78 LA RIMA Identità di suono, a partire dall’ultima sillaba accentata, fra due parole fine verso Quest’era un lago piccolo e giocondo d’acque tranquille e chiare in sin al fondo baciata Matteo Maria Boiardo Nel mezzo del cammin di nostra vita Mi ritrovai per una selva oscura Che la diritta via era smarrita incatenata Ahi quanto a dir qual era è cosa dura Esta selva selvaggia e aspra e forte Che nel pensier rinnova la paura! Dante Alighieri Voi che per li occhi mi passaste ‘l core E destaste la mente che dormia, incrociata Guardate a l’angosciosa vita mia, Che sospirando la distrugge amore. Guido Cavalcanti

79 La rima Rima baciata (AABBCC)
Si ha quando due versi consecutivi rimano. E’ uno schema tipico della poesia popolare che dà alla lirica un ritmo cantilenante. Rima incrociata (ABBA) E’ uno schema a quattro versi in cui il primo rima con l’ultimo e il secondo col terzo. Rima alternata (ABAB) Collega due versi dispari e due versi pari. Rima incatenata (ABA BCB CDC) Realizza uno schema a gruppi di tre versi (terzina) in cui il primo rima col terzo, il secondo col primo e il terzo della terzina successiva.

80 Due versi successivi rimano tra loro, presentando lo stesso suono (AA, BB)
Rima baciata Una donna s’alza e cànta  A La segue il vento e l’incànta      A E sulla terra la stènde                B E il sogno vero la prènde.         B Questa terra è nùda                   C Questa donna è drùda                C Questo vento è fòrte                  D Questo sogno è mòrte                D (G. Ungaretti, Canto beduino)

81 Il primo verso rima con il quarto e il secondo con il terzo (ABBA, CDDC…) e così via.
Rima incrociata Solo et pensoso i più deserti campi      A  vo mesurando a passi tardi e lenti      B  e gli occhi porto per fuggire intenti       B  ove vestigio  uman la rena stampi    A        Altro schermo non trovo che mi scampi A dal manifesto accorger de le genti, B perché negli atti d'alegrezza spenti B di fuor si legge com'io dentro avampi: A

82 Rima alternata Rimano i versi alterni ( ABAB, CDCD…)
Forse perché della fatal quiete A tu sei l’immago a me sì cara vieni B o Sera! E quando ti corteggian liete A le nubi estive e i zeffiri sereni B e quando dal nevoso aere inquiete A tenebre e lunghe all’universo meni B sempre scendi invocata, e le secrete A vie del mio cor soavemente tieni B Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme C che vanno al nulla eterno; e intanto fugge D questo reo tempo, e van con lui le torme C delle cure onde meco egli si strugge; D e mentre io guardo la tua pace, dorme C quello spirto guerrier ch’entro mi rugge. D (U. Foscolo, Alla sera) Rima alternata Rimano i versi alterni ( ABAB, CDCD…)

83 Rima incatenata mi ritrovai per una selva oscura B
Organizzato a gruppi di tre versi: il primo verso rima con il terzo; il secondo rima con il primo e terzo della terzina seguente (ABA, BCB, CDC...)  Nel mezzo del cammin di nostra vita A mi ritrovai per una selva oscura B ché la diritta via era smarrita.    A Ahi quanto a dir qual era è cosa dura B esta selva selvaggia e aspra e forte C che nel pensier rinova la paura! B Tant'è amara che poco è più morte; C ma per trattar del ben ch'i' vi trovai, D dirò de l'altre cose ch'i' v'ho scorte C

84 La funzione della rima di affinità di opposizione
La rima congiunge parole stabilendo tra loro rapporti particolari: di affinità di opposizione Ciò può servire a cogliere alcuni aspetti del il messaggio del poeta. Facciamo un esempio:

85 . Nulla(= spavento, collera della natura, vuoto, assenza) opposto a
E nella notte nera come il nulla A un tratto, col fragor d’arduo dirupo Che frana, il tuono rimbombò di schianto: Rimbombò, rimbalzò, rotolò cupo, e tacque, e poi rimareggiò rinfranto E poi svanì. Soave allora un canto S’udì di madre, e il moto di una culla. Proviamo a individuare il rapporto fra le parole in rima: . Nulla(= spavento, collera della natura, vuoto, assenza) opposto a culla(= rifugio contro le avversità, mondo degli affetti familiari) . Dirupo (= insicurezza, pericolo) affine a cupo (=oscuro, buio) . Schianto-rinfranto (=paura, spavento, elemento negativo) va al positivo canto (=rassicurazione, tranquillità)

86 Denotazione e connotazione
la denotazione consiste nell’oggetto ulivo cui la parola si riferisce. ulivo la connotazione consiste nell’insieme di significati e valori aggiunti di cui la parola ulivo è portatrice in una determinata cultura. In questo caso starebbe dunque ad indicare un significato di “pace”

87 Ancora piano denotativo e connotativo
Ora ti presentiamo una poesia di Ungaretti Accanto al testo, abbiamo scelto delle parole significative che costituiscono dei campi semantici Infine abbiamo accostato la vita del protagonista con quella del poeta, un cammino parallelo con molti punti di contatto e una diversa conclusione

88 In memoria Si chiamava Moammed Sceab Discendente di emiri nomadi suicida perché non aveva più Patria Amò la Francia e mutò nome Fu Marcel ma non era Francese e non sapeva più vivere nella tenda dei suoi dove si ascolta la cantilena del Corano gustando un caffè (Giuseppe Ungaretti) Si chiamava Suicida Patria Non sapeva più vivere Moammed lascia la propria terra africana e va in Francia ma non si integra Rimane sospeso tra una cultura che ha rifiutato e la nuova patria ,mai accettata

89 Non è in grado di esprimere il proprio disagio e si uccide
E non sapeva sciogliere il canto del suo abbandono. L’ho accompagnato insieme alla padrona dell’albergo dove abitavamo a Parigi dal numero 5 della rue des Carmes appassito vicolo in discesa Riposa nel camposanto d’Ivry sobborgo che pare sempre in una giornata di una decomposta fiera E forse io solo so ancora che visse Non sapeva Sciogliere Il canto Dove abitavamo Riposa Decomposta fiera Io solo visse Non è in grado di esprimere il proprio disagio e si uccide

90 Per comprendere questo testo
devi conoscere la vita e il mondo culturale del poeta perché vi sono molti elementi autobiografici

91 Il poeta racconta la storia di uno sradicamento
e di una crisi di identità Moammed lascia la propria terra africana e va in Francia ma non si integra. Rimane sospeso tra una cultura che ha rifiutato e la nuova patria, mai accettata. Non è in grado di esprimere il proprio disagio e si uccide Anche Ungaretti è di origini non francesi ed è stato trapiantato in Francia Il poeta vive la propria crisi di identità Riesce a esprimere la propria sofferenza con la poesia e non si uccide

92 ESEMPIO DI ANALISI COMPLETA DI UN TESTO POETICO L'infinito
Sempre caro mi fu quest'ermo colle E questa siepe, che da tanta parte Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude. Ma sedendo e mirando,interminati Spazi di là da quella e sovrumani Silenzi e profondissima quiete Io nel pensier mi fingo, ove per poco Il cor non si spaura. E come il vento Odo stormir fra queste piante, io quello Infinito silenzio a questa voce vo comparando: e mi sovvien l'eterno, e le morte stagioni, e la presente viva, e il suon di lei. Così tra questa immensità s'annega il pensier mio: e il naufragar m'è dolce in questo mare.

93 Analisi denotativa: Mi è stato sempre caro questo colle solitario (ermo) e questa siepe che impedisce di vedere (il guardo esclude) l'orizzonte più lontano (ultimo).Ma sedendo e contemplando mi creo nella mente (io nel pensier mi fingo),al di là della siepe, spazi sconfinati, silenzi sconfinati e una quiete profondissima e in tutto ciò il cuore sembra quasi smarrirsi (si spaura). E nel momento in cui sento stormire il vento tra queste piante io metto a confronto quel silenzio infinito con la voce del vento e mi torna in mente (mi sovvien) l'idea di eternità, il passato lontano (le morte stagioni)e il presente (la presente e viva, sottintesa stagione)e il rumore di ciò che è vivo. Così tra queste sensazioni immense il mio pensiero immerge totalmente e per me è piacevole naufragare in questo mare.

94 Struttura metrica 15 endecasillabi privi di rima (sciolti) e senza legami di strofe; numerosi enjambement attraverso i quali si formano altri versi , non corrispondenti agli endecasillabi ma ai concetti.

95 Analisi connotativa Idea centrale: l'immaginazione va oltre la realtà, il presente, oltre ciò che si vede realmente con gli occhi o ciò che si sente. Attraverso di essa si percepisce ciò che è indefinito, fino ad arrivare all' idea di infinito, non raggiungibile con i sensi. Come si può giungere a questa analisi? Attraverso l'analisi delle sfere semantiche; Attraverso l'analisi di alcune figure retoriche; Attraverso l'analisi di alcuni termini particolari (per es. gli aggettivi determinativi questo/quello)

96 a) Parole indefinite: Infinito Ermo Interminati Sovrumani Eterno Immensità

97 b)VERSI CHE RIMANDANO ALL'INFINITO SPAZIALE V. 2,3,4,5,6,7,8 VERSI CHE RIMANDANO ALL'INFINITO TEMPORALE V.8,9,10,11,12,13

98 Il mare è simbolo dell'infinito (questa immensità).
c) La metafora del mare Il mare è simbolo dell'infinito (questa immensità). d) L'uso dell'aggettivo indeterminativo All'inizio "questo" connota il reale, "quello" tutto ciò che è indefinito, ma alla fine il reale non esiste più, il poeta è immerso nella dimensione immaginaria ed è l'unica dimensione possibile (perciò diventa "questa") REALTA' SENSIBILE quest'ermo colle questa siepe DIMENSIONE DELL'IMMAGINARIO interminati spazi di là da quella RITORNO DEI SENSI tra queste piante CONFRONTO TRA LE DUE DIMENSIONI quello infinito silenzio questa voce PREDOMINIO DELL'IMMAGINAZIONE questa immensità questo mare

99 FINE

100 Correzioni In velocità FINALMENTE
Nella storia della letteratura la poesia ha avuto realizzazioni in totale opposizione rispetto alle forme classiche finora spiegate E’ significativo in questo senso il Futurismo , un vasto movimento artistico –letterario che con modalità e caratterizzazioni diverse si sviluppò in Europa nel primo ventennio del Novecento. La novità delle sue proposte , la radicale posizione di rifiuto della tradizionali canoni espressivi del passato, gli influssi che in vario modo determinarono nella società comportamenti sorprendenti, hanno inciso profondamente nella poesia. Il fondatore e teorico fu Marinetti Filippo Tommaso. Il suo poema in versi Zang Tumb Tumb ,ovverosia Parole in libertà, raccoglie molte delle proposte del movimento. di cui ora ne diamo un esempio in questa poesia. Correzioni di bozze + desideri In velocità Nessuna poesia prima di noi Colla nostra immaginazione senza fili parole In libertà vivaaaaaa il Futurismo fi nalmente finalmente finalmente finalmente finalmente FINALMENTE poEsia nascERE

101 In questa immagine cogliamo la totale rottura di ogni regola metrica e di ogni vincolo . Govoni esprime i suoi sentimenti senza freno e senza fili, lasciandosi prendere per mano dalla creatività e dalla fantasia.


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