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Dalle manifestazioni preletterarie alla letteratura latina

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Presentazione sul tema: "Dalle manifestazioni preletterarie alla letteratura latina"— Transcript della presentazione:

1 Dalle manifestazioni preletterarie alla letteratura latina
Storia delle origini di Roma e della conquista della penisola italica, fino alla Magna Grecia

2 Definizione di letteratura latina
Potremmo intendere per letteratura latina l'insieme delle opere d'intento artistico e letterario scritte in latino: una definizione formalmente valida, ma altresì decisamente vasta, comprendendo di fatto varie letterature, differenti l'una dall'altra. L’uso della scrittura è presupposto alla letteratura, ma ancora non lo è. Una letteratura nasce come tale quando è capace di padroneggiare un proprio repertorio di moduli espressivi, di temi, di convenzioni stilistiche espressione del gusto e della cultura del proprio popolo. L'uso letterario del latino, che comincia ad affermarsi nel corso del III sec. a.C.: per convenzione 240a.C. prima opera letteraria e teatrale, l’Ousia di Livio Andronico, uno schiavo liberato proveniente da Taranto. > LA LETTERATURA LATINA NASCE Già ADULTA COME TRADUZIONE DI QUELLA GRECA Padre della epica latina sarà però poi Ennio (DOPO LE GUERRE PUNICHE), un poeta completamente latino-italico che dovrebbe cancellare i retaggi greci dalla letteratura latina. > LA LETTERATURA LATINA HA UNA SUA PROPRIA ORIGINALITà

3 Per la gloria di Roma Questa letteratura, infatti, è essenzialmente quella di Roma, della Roma repubblicana e conquistatrice, della Roma imperiale e trionfatrice. 0-E’ animata dallo spirito romano, 1-celebra la gloria dei padroni del mondo: 2-ma si sforza anche di definire i valori fondamentali sui quali poggia questa conquista; 3-segue, e talvolta anticipa, l'evoluzione intellettuale, contribuendo in questo modo alla formazione di una civiltà originale.

4 Letteratura romana o latina? LATINA!
Tra coloro che hanno contribuito a formarla, com'è noto, pochi autori infatti furono "romani di Roma": fin dal principio sono dei sudditi (schiavi provenienti dopo la conquista di Magna Grecia e Grecia) o degli alleati coloro che compongono le prime opere e, via via che la conquista avanza, si vedono provinciali, i "barbari" della vigilia, arricchire la letteratura dei loro vincitori. Il che lascia intravedere come questa letteratura sia in realtà il prodotto di una convergenza tra uno stato sociale e politico e uno stato linguistico, tra la città romana e la lingua latina. Ciò che dobbiamo tentare di cogliere e definire è, così, una letteratura di lingua latina e di ispirazione romana.

5 Condizioni indispensabili per la nascita della letteratura latina
Alla sua nascita, era necessario : 1- che Roma fosse già affermata e sufficientemente forte come centro politico (lotte patrizi plebei dalla secessione del 494aC alle leggi Liciniae Sextiae del 367ac, alla legge Ortensia del 287; l’imperialismo romano: 271aC caduta di Taranto; 168aC battaglia di Pidna e il Circolo degli Scipioni), 2- e che la lingua latina avesse acquistato flessibilità, lessico e ricchezza sufficienti (non esistono nemmeno testimonianze epigrafiche di scrittura latina precedenti al III sec Ac: la più antica iscrizione è la Cista Ficoroni IV-IIIsec., scrittura preletteraria: iscrizioni private su strumenti parlanti; carmina sacrali e antichi documenti ufficiali in prosa.). Al momento del suo declino, fu il crepuscolo dell'Impero, la scomparsa dei valori tradizionali, che ne compromisero definitivamente il vigore. Per riferimenti storici: fino a pag.6 del manuale. Per riferimenti ai primi documenti preletterari: p.8

6 Il debito con la Grecia? C’è, ma prevale l’originalità
Altra questione è il debito della letteratura latina nei confronti di quella greca: se è oramai assodato che l'una è "figlia" dell'altra, ma non si deve tuttavia credere che, già inizialmente, si tratti solo di una copia maldestra e scolastica. Le composizioni latine sono una trasposizione originale, rispondente ai bisogni culturali propri di Roma, più della funzione che della materia di quelle opere che i romani vedevano vivere all'interno del mondo greco. Volendo azzardare una schematizzazione, potremmo quindi dire che la letteratura latina: 1 non è originale, in quanto assume l'elemento formale greco (verso, forme stilistiche, generi letterari) e spesso quello contenutistico (pensiero filosofico, mitologia, scienza, leggende…); 2 è originale, invece, in quanto esprime i valori essenziali che erano il fondamento della tradizione, della cultura, dell'educazione, dello spirito del popolo romano

7 Le novità del mondo romano-latino ENNIO – LUCILIO - CATONE
l'apporto della romanità è, più che altro, dovuto ai caratteri che denotano il suo spirito: - la tendenza pratica, propria della sua anima "contadina"; - la preferenza per uno stile solenne nella forma e una certa inclinazione alla sentenziosità (uso del verso Saturnio); - la capacità di assimilare ed unificare il pensiero di popoli tanto diversi ; - il superamento dell'individualismo (non c’è spazio per il singolo eroe miceneo), per cui prevale una tendenza nazionale (la Res publica sopra tutto e tutti – cfr. exempla) e patriottica.

8 Le prime forme letterarie
Si creano, così, delle epopee e un teatro tragico, che tenderanno a fissare, per Roma, un passato mitico; la stessa commedia si svilupperà intorno a valori morali e sociali, proprio come faceva la "commedia nuova" greca. La prosa, quella degli storici, dei legislatori, dei giuristi, degli oratori, si integrerà anch'essa allo spirito della città, e l'imitazione dei grandi prosatori greci sarà tutt'altro che sterile schiavitù. E’ vano, insomma, voler opporre una Grecia creatrice a una Roma che ne sarebbe soltanto l'imitatrice servile: la creatività si sussegue, dall'uno all'altro campo, tanto che l'anteriorità della letteratura greca spiega solo come quella di Roma abbia potuto svilupparsi così rapidamente e prendere una sorta di "scorciatoia" per giungere alla perfezione

9 Situazione storica Roma res publica • III sec a.C. Roma vive un momento di grande espansione: impone la sua supremazia su tutta l’Italia meridionale e sulla Sicilia, inglobando la Magna Grecia. (interazioni tra romani e mondo ellenistico) • Già tra IV e V sec a.C. vi erano interazioni tra la civiltà romana e quella greca: molte divinità romane erano di origine greca (vedi Enea: eroe troiano venerato a Lavinio). • L’alfabeto latino deriva da quello greco. • Influsso ellenico in tutti i campi culturali.

10 CONQUISTA DELLA MAGNA GRECIA
Nel 295 a.C. Con la battaglia di Sentinum Roma si afferma sui Sanniti. Questa guerra aveva fatto sì che nascesse una nuova NOBILITAS, composta da Patrizi e Plebei. Il loro avvicinamento determinò una svolta politica in senso espansionistico, infatti servivano nuove terre da coltivare e nuove popolazioni con cui commerciare. La città di Turi, attaccata dai Lucani, chiese aiuto a Roma, che la liberò ma occupò l'Italia meridionale. Ovviamente Taranto sentì minato il suo potere e nel 282 a.C. Scoppia la guerra. Nonostante Pirro, re dell'Epiro, fosse a difesa di Taranto, Roma vinse e la città nemica fu costretta a far parte di una confederazione romano-italica. Roma era padrona fino a Reggio e ben presto si sarebbe scontrata con Cartagine, poiché questa occupava Sardegna e Sicilia.

11 LE GUERRE PUNICHE La I guerra punica iniziò nel 264 a.C. E terminò nel 241 a.C. Con la battaglia navale delle Isole Egadi. La Sicilia divenne provincia romana e dopo 3 anni lo divenne anche la Sardegna. La II guerra punica durò 18 anni. Per Roma fu particolarmente difficile poiché Annibale, se Scipione non lo avesse “distratto” facendo una guerra in Africa, avrebbe conquistato l'Urbe. La II guerra unica finì nel 202 a.C. con la battaglia di Zama. Nel 203 a.C. Roma ebbe il predominio su tutto il Mediterraneo. Nel 146 Cartagine fu rasa al suolo: III guerra punica.

12 ELLENIZZAZIONE DELLA CULTURA ROMANA
Roma, conquistata l'Italia meridionale, si trovò a contatto con la cultura greca, già “adulta” rispetto a quella romana. Anche se Roma era orgogliosa delle sue tradizioni, non poté che lasciarsi influenzare dalla cultura ellenistica. Infatti ben presto i Romani capirono che la Grecia poteva dar loro molto anche mantenendo integri I loro valori. Strumenti di questo processo sono stati gli schiavi, che hanno svolto un ruolo importantissimo. Questi nella maggior parte dei casi erano molto colti e furono incaricati dalle famiglie “nobili” di occuparsi dell'educazione dei figli, divenendo veri e propri maestri I genitori che fino a prima si occupavano dell'educazione dei figli persero quindi questo “privilegio”. I maestri greci fondarono scuole pubbliche togliendo al pater familias la gestione dell'educazione dei figli, attuando una vera e propria rivoluzione del sistema educativo. Nello stesso periodo si diffusero nella città culti propri dei Greci: riti dionisiaci, riti orgiastici, che coinvolgevano tutta la popolazione, la quale non era più controllata dalla classe dirigente. Così nel 186 a.C. fu proibito partecipare ai riti baccanali. Orazio disse che Roma conquistatrice fu conquistata dai Greci, infatti le tradizioni romane furono influenzate non poco dai Greci.

13 Cronologia in letteratura Età pre-ciceroniana
Per esigenza espositiva, abbiamo inteso quale "età preciceroniana" il periodo storico-politico-letterario che comprende l' - età precedente all' "ellenizzazione": comprende le forme letterarie "indigene" o di origine italica che si affermano prima dell'incontro di Roma con la cultura greca. Cronologicamente giunge fino alle soglie del II sec. a.C.; FASE PRE-LETTERARIA - età dell' "ellenizzazione" (o degli Scipioni): comprende il II sec. a.C.. Vede l'affermarsi di una nuova letteratura, nata dall'incontro della cultura indigena con quella greca, già matura e raffinata. E' dominata dall'attività mediatrice degli Scipioni e dalle figure di Ennio, Plauto e Terenzio. FASE ARCAICA

14 LA STORIA ROMANA Fondazione di Roma
Epoca della monarchia dalla sottomissione agli etruschi, al dominio sulla lega latina La Repubblica e l’espansione nella penisola italica (fino alla guerra di Taranto) L’espansione nel Mediterraneo (dalle guerre puniche alla conquista del mondo ellenistico)

15 La FASE DELL’ORALITà I Romani, popolo di origine indoeuropea, si trovano a convivere per alcuni secoli con diverse popolazioni preesistenti nel Lazio e nei territori circostanti, per esempio popolazioni italiche, Etruschi e Greci. Da essi assimilano usi, costumi, tradizioni ritenuti superiori, E LA LINGUA, senza trascurare di rivendicare comunque la propria identità culturale.

16 Consapevolezza della propria identità
Il sincretismo = la capacità di assimilazione dell'universo culturale di altri popoli con il patrimonio spirituale proprio . Questo ha consentito che un popolo sostanzialmente rurale e dedito alla pastorizia possa aver raggiunto un livello così elevato di sviluppo. Spirito pratico Consapevolezza della propria identità

17 Italia: da dove nasce il nome della nostra penisola?
parola greca usata dallo storico siracusano Antioco nel V secolo a.C. per definire una piccola zona dell’entroterra di Locri, nella punta meridionale dell’odierna Calabria. Questa definizione si estese col tempo tino a comprendere, nel IV secolo, anche la Puglia, la Campania e le aree interne osco-sannitiche. Quando poi il dominio romano raggiunse la pianura padana, passò ad indicare un territorio esteso fino al Po, come emerge dai testi di autori del III-Il secolo a.C. (Plauto, Polibio).

18 Viteliù*** : non è un termine indoeuropeo
La denominazione deriva probabilmente dal mitico re Italo, che qui si stabilì con il suo popolo oppure dal termine vitulus, «vitello»*: i Greci, intatti, sarebbero rimasti impressionati dall’alto numero di allevamenti bovini rispetto a quello di capre e pecore. * animale totemico di qualche tribù… ***dial.ital: rimane la V= Elea\Velia

19 Italia pre-proto-storica Un mosaico di popoli
Le prime tracce della presenza umana in Italia risalgono all’età della pietra parti di scheletro rinvenute in provincia di Frosinone e di Forlì risalgono a circa anni fa Homo erectus.

20 La fondazione Primi insediamenti risalgono al XIV sec a.C. (età del bronzo), a sud del Tevere, su Capitolino, Palatino, Esquilino e Quirinale: villaggi modesti di capanne , separati tra loro, dediti alla pastorizia. Cartina pag 4. Fine II millennio aC nella penisola italica: fusione lenta tra i popoli originari mediterranei (Liguri e Veneti) con le migrazioni indoeuropee. Importanti saranno le popolazioni: gli Umbro-Sabelli sugli Appennini, i Latini nel Lazio, gli Etruschi sul versante tirrenico (n.b: imperium), i Greci micenei in Italia meridionale e Sicilia, i Fenici in Sardegna. La data della fondazione di Roma è 753 a.C. (secondo l’enciclopedista Varrone). È zona strategica: via Aurelia, via Appia, via Latina, via Salaria o del sale. Nell’VIII sec SINECISMO = unificazione dei diversi villaggi in un’unica città. Fase di assoggettamento ad opera del Palatino=Latini sull’Esquilino=Sabini >>> miti di Romolo e ratto Sabine;. Dopo Romolo (DIVIDE LA POPOLAZIONE IN PATRIZI E PLABEI) tre re latini: Numa Pompilio, Tullo Ostilio (conquista Albalonga, costruisce ponte Sublicio e Porto di Ostia), Anco Marzio.

21 I primi abitanti dell’Italia
A) AUTOCTONI LIGURI (dal Piemonte a parte della Pianura Padana) SARDI (civiltà nuragica) SICANI ed ELIMI (in Sicilia) QUESTE ed altre sono definite Popolazioni pre-indoeuropee

22 B) Nel 2000-1000 aC. circa: migrazioni indoeuropee
B) Nel aC. circa: migrazioni indoeuropee. Principali popolazioni insediate in Italia latini Lazio siculi Sicilia orientale veneti Veneto-Friuli umbri Italia centrale appenninica sabini Lazio meridionale sanniti Abruzzo, Molise, Campania piceni Marche-Abruzzo iapigi Puglia meridionale

23 I VENETI Illiria una popolazione di origine illirica
si stanziarono nella parte orientale della pianura padana e nell’area prealpina (Este e Padova sono i centri principali); la loro cultura (atestina) è vicina a quella villanoviana, come testimoniano i ritrovamenti nelle necropoli e nei santuari.

24 I popoli appenninici Lungo la dorsale appenninica vivevano tribù di pastori seminomadi, costretti a seguire pecore e capre nella transumanza Osco-Umbri nell’Italia centrale, nell’entroterra adriatico fino all’alto corso del Tevere. Sette tavole di bronzo ritrovate presso la città di Gubbio (di qui il nome di Tabulae Iguvinae) ci tramandano, in osco-umbro, i nomi delle divinità e alcune pratiche religiose. Sanniti Più a Sud vivevano Lucani e Bruzzi.

25 popolazioni italiche nel IV secolo a.C.
Esempio di civiltà appenninica I sanniti Il territorio abitato dai Sanniti, nella parte centro-meridionale della penisola italiana, era chiamato dai suoi abitanti Safinim i quali designavano se stessi come Safineis. In latino Safinim divenne per assimilazione Samnium, da cui i Romani derivarono il termine Samnites per designare gli abitanti. I Greci li chiamavano Saunitai e la loro terra Saunitis (1). La tradizione antica vuole che popolazioni ataviche fossero immigrate in quelle terre dove precedentemente vivevano gli Opici o Osci (più esatto Oschi) e che ne avrebbero assimilato gradualmente gli usi e la lingua, l'Osco appunto. Si crede che fossero arrivati nel Sannio dalle terre limitrofe dei Sabini, di cui sarebbero stati i discendenti (2) ai quali, secondo Strabone "... si sono forse aggiunti coloni laconici e che per questo sarebbero di stirpe ellenica. Inoltre anche i Pitanati (gli abitanti di uno dei distretti di Sparta, ma anche di Taranto, colonia laconica della Megale Hellas) si sarebbero aggiunti ad essi. Sembra che questa spiegazione sia stata inventata dai Tarentini, che volevano così lusingare i loro vicini a quel tempo assai potenti ed insieme guadagnare la loro amicizia, dal momento che i Sanniti potevano mettere allora facilmente insieme soldati di fanteria e cavalieri ..." (Geo. VI,12). Le popolazioni osco-umbre, che includevano sia i Sanniti che i Sabini, si erano quindi sviluppate dalla fusione di abitanti del luogo con infiltrazioni indoeuropee ma, in seguito alla colonizzazione greca del sud della penisola italiana, anche mescolanze coloniali elleniche riconducibili agli ultimi periodi dell'Età del Ferro. Nel VII secolo a.C. esistevano ormai popolazioni distinte dalla primitiva radice comune umbra e nel VI secolo a.C., se non prima, il popolo storicamente noto come Sanniti deve essere stato chiaramente identificabile ed aver avuto il controllo incontrastato del Sannio. IL VER SACRUM Le ampie aree pianeggianti dai contorni limitati e modellati dalle pendici delle impervie montagne del Sannio favorirono quindi l'insediamento di queste popolazioni stanziatesi probabilmente a causa di un Ver Sacrum o Primavera Sacra, una manifestazione divinatoria attuata dalle popolazioni antiche e basata su emigrazioni forzate (3). Che vi sia stata all'inizio un'impostazione sacrale di tali riti sarà forse vero ma in seguito questa prassi si rivelò anche un ottimo metodo per diminuire la pressione demografica in talune zone della penisola favorendo la colonizzazione delle altre aree limitrofe. Analizzando le procedure dei riti sacri dedicati alle divinità dell'Olimpo italico è possibile intuire come venivano a formarsi le singole tribù sabelle. Ciò grazie anche alla tradizione tramandataci dagli scrittori antichi che descrissero come questo rituale religioso, il Ver Sacrum appunto, spingesse i popoli di lingua osca ad inoltrarsi sempre più lungo gli Appennini, discendendo periodica-mente alle pianure su entrambi i versanti. Secondo queste tradizioni il rito arcaico prendeva forma nel momento in cui avversità di carattere fisico come malattie e pestilenze oppure psicologico come il succedersi di avvenimenti negativi, spingessero una determinata tribù a sacrificare i primogeniti nati nel periodo primaverile al dio Mamerte (Marte). In verità il sacrificio consisteva nel rendere, coloro che dovevano essere sacrificati, dei sacrati ovvero persone offerte al dio in una forma però che rispettava sia l'idea del sacrificio sia le esigenze di crescita della tribù stessa. In questo modo tali individui vivevano fino all'età adulta come elementi particolari con un destino già segnato. L'obbligo era di lasciare il proprio gruppo di appartenenza per cercare nuove terre dove insediarsi, muovendosi sotto la guida di un animale sacro alla divinità. L'animale guida poteva essere rappresentato da un toro, un lupo oppure un cervo ed il gruppo emigrante lo seguiva nel suo errare e si stabiliva nel luogo che pensavano l'animale avesse indicato. A compiere questo genere di migrazioni dovettero essere in modo particolare quei guerrieri-pastori tipici di tante etnie mediterranee. Anche l'animale guida ha i suoi equivalenti: la sua esistenza è nota presso altre comunità indoeuropee. L'origine remota di tale pratica si può forse ricercare in qualche cerimonia connessa con la migrazione stagionale delle greggi. E' molto probabile che con il passare del tempo non si facesse più ricorso ad un animale reale ma i Sacrati marciassero sotto un vessillo su cui l'animale era raffigurato. Nelle tradizioni dei popoli oschi, l'inizio dei viaggi sacri cioè il punto geografico da cui partivano i Sacrati per colonizzare altri territori, era da identificarsi in un luogo della Sabinia in cui dimorava un oracolo nei pressi di una zona ricca di acque solfuree, probabilmente l'attuale  Paterno tra Città Ducale e Antrodoco. In quelle terre una volta vi era stato un grande lago determinato dall'allargarsi del letto del fiume Velino, in mezzo al quale esisteva una verde isola galleggiante che era stata indicata anticamente da quell'oracolo ai profughi provenienti da Dodona, in Grecia, come il luogo dove fondare la nuova città di Cutilia. Il "laghetto sacro di Cutilia", nell'odierno territorio di Rieti, venerato per la sua isoletta natante e ritenuto dagli antichi come l'ombelico d'Italia (4), fu quindi il luogo da cui, secondo Festo, partirono 7000 Sabini con a capo Comio (o Comino) Castronio, guidati da un bove, l'animale sacro che avrebbe indicato la strada da seguire. Interpretando i segni divini che il bove, influenzato dal dio Mamerte (Marte per i Latini, Mamerte per gli Oschi ed Ares per i Greci) avrebbe manifestato, i Sacrati, dopo un lungo cammino, si fermarono nella terra degli Opici, presso un colle chiamato "Samnium" da quella gente, in un'area pianeggiante molto fertile e ricca d'acqua. Sempre secondo Festo, i Sanniti avrebbero tratto il proprio nome da quel colle. La figura di Comio Castronio che guidò i primi Sanniti nel loro futuro territorio acquisì con il passare del tempo l'aureola della miticità, tanto che l'immagine iconografica del condottiero-sacerdote che veglia il bove a riposo venne raffigurata nel I secolo a.C. come simbolo etnico sulle monete della Guerra Sociale. LE TRIBU' Il popolo sannita propriamente detto era formato dall'unione di quattro tribù, come spesso elencano gli scrittori antichi: i Pentri, i Carricini, i Caudini e gli Irpini. In seguito, forse con la nascita della Lega Sannitica come organismo di coordinamento militare già dal V secolo a.C., altre tribù stanzianti nell'Italia centrale si unirono ad essi. Tra queste i Frentani. La tribù che costituiva il cuore del popolo sannita era quella dei Pentri, che popolava il centro del Sannio nel territorio compreso tra la catena montuosa delle Mainarde a nord ed il massiccio del Matese a sud. Forti e temibili, erano la spina dorsale della nazione. Nell'ultimo periodo delle guerre contro Roma ressero quasi da soli l'urto degli eserciti consolari che si infrangevano contro le difese occidentali del Sannio. Città pentre erano Aesernia, Allifae, Aquilonia, Aufidena, le due Bovianum, Fagifulae, Saepinum, Terventum e Venafrum. I Carricini erano la tribù situata più a nord, stanziata nei territori meridionali dei monti della Maiella ai confini con i Peligni. Sembra essere stata la meno numerosa. Città carricine erano Cluviae e Juvanum. I Caudini erano i più occidentali e quindi i più esposti all'influsso greco della Campania. Dalla gran quantità di reperti di buona fattura trovati durante gli scavi archeologici si evince la notevole raffinatezza di vita e costumi in un periodo in cui altre popolazioni limitrofe, tra cui i Romani, erano lungi dal possedere lo stesso tenore di vita. Vivevano nel territorio compreso tra le montagne che delimitano la pianura campana, il Monte Taburno e i Monti Trebulani, nella valle del fiume Isclero e lungo il tratto centrale del Volturno. Tra le città caudine ricordiamo Caudium, Caiatia, Cubulteria, Saticula, Telesia e Trebula. Gli Irpini abitavano la parte meridionale del Sannio, nel territorio delimitato dalle vallate dell'Ofanto, del Calore e del Sabbato. Come i Caudini anch'essi usufruirono dell'influenza della vicinora civiltà della Magna Grecia. Gli Irpini erano chiamati uomini-lupo ed il loro nome deriva da hirpus che in osco significa "lupo". Tra le loro città principali ricordiamo Abellinum, Aeclanum, Compsa, Malies o Maloenton (chiamata Malventum dai Romani per le numerose sconfitte subite a causa dei Sanniti e, in seguito alla guerra contro Pirro e ad una memorabile quanto inaspettata vittoria dell'Urbe contro le schiere epirote nel 275 a.C. venne rinominata Beneventum) e Trevicum. I Frentani abitavano le terre di pianura che dalle falde appenniniche del Sannio arrivavano fino al mar Adriatico, tra i territori dei Marrucini a nord ed i Dauni a sud. Erano i territori più orientali sotto il controllo sannita e si estendevano per una fascia di circa 20 chilometri dalla costa verso l'interno. La maggior parte dei Frentani era per lo più dedita alla pastorizia ed all'agricoltura ed erano in prevalenza stanziati verso l'entroterra. Sapevano andar per mare ma non avevano una vera e propria flotta o almeno nulla ci è pervenuto dalle fonti storiche. Eressero centri abitati sulla costa e ne praticavano il controllo applicando dazi e tributi ai naviganti-mercanti che frequentavano i loro approdi. Secondo il geografo greco Strabone (V.4.2), costruivano le loro case adattando ad abitazioni sulla terraferma le carcasse delle navi naufragate. Città frentane erano Anxanum, Geronium (forse l'arcaica Maronea), Sicalenum, Uscosium e Larinum, quest'ultima, in verità, considerata una cittadina di "frontiera" cioè era formata da una cittadinanza mista composta sia da Pentri che da Frentani. Sulla costa, insediamenti frentani erano Buca, Cliternia, Histonium e Hortona. Secondo gli autori classici, erano sicuramente di stirpe sannita anche i Marrucini, i Lucani, ed i Campani. I Marrucini, stanziati a nord dei Frentani, avevano come capitale del Touto l'insediamento di Teate, l'odierna Chieti. I Lucani si insediarono, forse sempre a causa di un "Ver Sacrum", nei territori compresi tra gli Irpini e le colonie della Magna Grecia di Metaponto e Sibari. Occuparono le terre degli Enotri a sud e si spinsero a nord verso la Campania e le colonie greche di Poseidonia (Paestum) e della foce del fiume Sele. La lingua osca era la stessa ed osche erano anche le credenze e la religione. Uno dei più importanti santuari, quello di Rossano di Vaglio vicino l'odierna Potenza, era dedicato alla Mefite, una deità tutta sannitica. Ma con i cugini del nord non vi era molta unità d'intenti. Le vicende storiche tra i Lucani ed i touti dei "Sanniti settentrionali" sono state sempre segnate da alterni periodi di amicizia e di grandi divergenze createsi per problemi territoriali ed economici. I nascosti interessi romani verso gli sbocchi commerciali dell'Adriatico e dello Ionio, supportati da interventi militari celati sotto sembianze pacificatorie, divelsero totalmente qualsiasi rapporto tra Touti riuscendo ad aizzare l'uno contro l'altro i diversi gruppi territoriali, distruggendo così le antiche fratellanze. Questo inserirsi tra dispute "familiari" allo scopo di trarne vantaggio, portato avanti abitualmente e senza scrupolo dai Romani, riuscì persino con il popolo dei Campani, considerato una "costola" dei Sanniti ed affine ai diversi popoli oschi. Quando nel V secolo a.C. la Lega Sannitica si spinse verso i territori che dalle falde dei monti del Matese si aprivano fin verso le coste tirreniche controllate dalle colonie degli Etruschi e dei Greci, riuscirono a trasformare le sparse popolazioni indigene di quelle terre in una unità tribale. Elevarono la cittadina etrusca di Capua, da fortezza-granaio difesa da un popolo colonizzatore, alla capitale dei Campani, cacciando l'etnia etrusca a vantaggio delle popolazioni natie. I rapporti commerciali e di amicizia tra i touti stanziati e confinanti in quell'area vennero ad incrinarsi quando iniziarono a farsi pressanti gli interventi romani per la salvaguardia dei propri interessi economico-espansionistici verso il sud dell'Italia, con la nota tattica del "dividi et impera". LA SOCIETA' I Sanniti non hanno lasciato, o almeno non ci sono pervenuti, documenti o codici o semplici scritti che possono oggi aiutarci a descrivere il loro assetto sociale, politico ed economico. Solo le fonti classiche ci permettono, congiuntamente alle attività archeologiche, di ricostruire per grandi linee quella che poteva essere la vita quotidiana di questo antico popolo. Il Sannio, al pari di altre regioni, ebbe un processo di sviluppo alquanto lento fino al periodo delle guerre contro Roma. Il contatto con i Romani, o meglio lo scontro con i Romani, sviluppò e rafforzò molto la loro concezione politica di Stato e, di conseguenza, si ebbe una repentina rinascita della loro organizzazione sociale, come il contatto con gli Etruschi della Campania migliorò l'attività commerciale e lo sviluppo culturale, e la civiltà greca influenzò le convinzioni religiose. Nella società sannita non esistevano ricchezze concentrate nelle mani di pochi personaggi che calamitavano le attività produttive a discapito del resto della popolazione. Vi erano nuclei familiari particolarmente agiati che emergevano sulla massa contadina e dedita alla pastorizia e che spesso caratterizzavano determinati territori del Sannio, ma la loro agiatezza veniva ripartita con il resto della popolazione, quasi a sottolineare l'importanza che i legami di gruppo avevano nella mentalità politica sannita a discapito dei personalismi e delle sopraffazioni. Infatti non esistevano latifondisti o proprietari di grandi appezzamenti terrieri per il semplice fatto che i territori compresi nei "pagi" erano sfruttabili da tutti coloro che possedevano animali da far pascolare nelle enormi distese verdi degli altopiani appenninici, pagando all'amministratore statale dei luoghi il giusto compenso. Il declino dello "Stato Federale del Sannio" avvenuto in conseguenza delle guerre contro Roma, favorì l'adozione di un atteggiamento consono alla mentalità dei "nuovi amministratori" che propendevano verso un tipo di economia basata più sull'iniziativa individuale che su quella collettiva. Per Roma era più facile tassare un latifondista che una moltitudine di pastori. I Sanniti dovettero così adeguarsi per continuare a vivere in un mondo dove le antiche regole degli avi erano state abrogate. La schiavitù non dovette essere una pratica molto seguita proprio per il metodo in cui la società sannita era organizzata. Tutti avevano la massima libertà di affermare le proprie opinioni, tanto da criticare apertamente nelle assemblee i propri magistrati. Per questa ragione, i Sanniti ebbero una evoluzione sociale diversa rispetto alle altre popolazioni della penisola, un'evoluzione che portò queste genti a cognizioni politiche che rispettavano "in primis" la famiglia ed il territorio. Erano questi i fondamenti dell'ideologia politica sannita, e dalla famiglia con il suo territorio si giungeva all'idea di unità popolare e quindi di Stato. Sia il clima che la diffusione della pastorizia imponevano ai Sanniti l'uso di indumenti di lana che veniva lavorata dalle donne con il fuso per poi essere colorata e venduta. Gli ornamenti erano solitamente di bronzo, qualche volta d'argento o d'oro. La donna portava anelli, collane girocollo con pendenti e bracciali, come quelli con terminali riproducenti cerchi e spirali (chatelaine) ritrovati in molte sepolture sannite. L'uomo indossava bracciali bronzei con raffigurazioni varie, come animali e forme geometriche ed essendo particolarmente attento all'aspetto ed alla prestanza fisica, usava indossare candide tuniche strette alla vita con un cinturone metallico o di cuoio duro, portato in modo da permettere tutti i movimenti. Proprio il cinturone era l'emblema dell'uomo sannita, era il segno distintivo della raggiunta maggiore età. Aveva valenza sia civile che militare ed era formato da una lunga striscia metallica, cesellata e borchiata, chiusa con fermagli raffiguranti soggetti vari, anche mitologici. L'interno era foderato ed imbottito con cuoio o tessuto, fermato al metallo con ribattini e graffe. Numerosi sono i cinturoni ritovati nei corredi delle sepolture in tutto il Sannio. Erano ottimi guerrieri e usavano dimostrare la propria baldanza fisica con giochi di combattimento che avvenivano durante feste e banchetti ma anche in occasioni di manifestazioni funebri per la commemorazione di importanti personaggi. Di solito la lotta finiva con la messa a terra dell'avversario. A volte questi giochi servivano anche a scegliere i giovani migliori per maritare fanciulle di particolare bellezza, in modo da evitare contese sfocianti in modi molto più tragici. I Sanniti erano monogami ed alla moglie era affidato il compito di educare i figli e governare la casa. Era una società di tipo patriarcale. popolazioni italiche nel IV secolo a.C. Leggi le note

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27 C) L’arrivo di Greci, Fenici e Celti
Tre popoli provenienti dall’esterno ebbero un ruolo importante nella storia dei popoli italici, a partire dal IX-VIII secolo a.C. Nell’Italia meridionale vennero fondate le prime colonie greche nello stesso periodo si affermava, nel bacino occidentale del Mediterraneo, la potenza fenicia attraverso la sua colonia Cartagine (814aC). I Cartaginesi stabilirono solide basi in Sicilia e Sardegna e trovarono l’alleanza degli Etruschi, a quel tempo la più potente delle popolazioni italiche. Venuti presto in urto con i Greci, che minacciavano il loro monopolio sulle rotte commerciali dell’Ovest, i Fenici ne bloccarono l’ulteriore espansione. Verso il 600 a.C. infine, un altro popolo, meno civile ed estremamente bellicoso, si affacciò dalle Alpi, portando saccheggio e devastazione fino alle porte di Roma: i Celti.

28 I Celti I contatti commerciali fra i Celti e le popolazioni italiche erano già avviati da tempo quando, verso il 600 a.C., i primi gruppi di Celti passarono i valichi alpini per stabilirsi nella nostra penisola. Nei secoli successivi, bande di Celti, desiderose di prede e di ricchezze, puntarono sui ricchi centri della valle del Po, che all’epoca si trovavano sotto l’influenza etrusca.

29 toponimi Numerosi toponimi (nomi di luogo) ricordano una fondazione celtica, perlopiù attraverso la mediazione del latino. Milano (Mediolanum, semplificato da Medioplanum) deriverebbe dal celtico mid-ianda, «in mezzo alla pianura». Belluno, da bhel, splendente e dunum, fortezza. Bergamo, da bergh, monte e hem, casa. Brescia, da briga, colle. Bologna, da bona, castello, attraverso il latino Bononia. Ravenna, da rava, frana.

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31 I primi celti in Italia Culture di Golasecca leponti insubri orobi

32 Le grandi invasioni del VI secolo a.Ch.
Cenomani Brescia Boi, Senoni, Lingoni  Bologna, Senigallia Nel 390 a.Ch. saccheggiano Chiusi e giungono a minacciare Roma

33 D) Il dominio etrusco Nel VI sec. Roma fu sotto il dominio etrusco (popolo non indoeuropeo; confederazione di stati indipendenti, max espansione tra il 600 e il 500 aC: agricoltura, miniere metallifere, commercio; grandi costruttori e ingegneri contro la malaria; vita dalle pitture tombali; Letteratura etrusca? Non si sa; certo il teatro che influenzerà quello latino) con gli ultimi tre re che furono etruschi ovvero Tarquinio Prisco, Servio Tullio (divisione popolazione secondo ricchezza a fini militari; costruzione delle mura serviane) e Tarquinio il Superbo. Periodo di prosperità, espansione a sud. Tarquinio il Superbo fu cacciato nel 509 da Giunio Bruto perché aveva oltraggiato Lucrezia, una matrona romana, la popolazione si sollevò e cacciò i re. >>> lotte intestine. La spiegazione storica è che i romani si erano stancati della monarchia. NASCE LA REPUBBLICA. I romani non avevano subito l’influenza etrusca, infatti dopo averli cacciati cominciarono a parlare il latino (lingua indoeuropea), si cominciarono a dedicare all’agricoltura (no commercio) inoltre furono anche abili conquistatori.

34 Roma alla conquista della Penisola italica: Espansionismo del IV -III sec. aC:
396 aC (IV sec) conquistano verso nord la città etrusca di Veio; ma nel 390 aC Roma fu invasa e incendiata dai Galli (probabilmente distrutti i documenti su periodo più antico della città). Presenza di Galli insediati nella Padania nel IV sec. contro i Sanniti (per l’Italia centrale – 290 aC), contro Pirro (III sec – 275 aC), e anche tutta l’Italia meridionale (Taranto 272 aC) e la Sicilia (prima guerra punica). Quindi solo in quel momento di estensione territoriale vennero a contatto con la Grecia che aveva una propria cultura, parlavano il greco, allora Roma decise che anche lei doveva avere una propria letteratura (prima no, perché il cittadino romano era subordinato alla stato).

35 L’organizzazione del territorio: Roma non era uno stato unitario
Ager publicus (=terreno di proprietà comune della città di Roma) >>> coloniae a privati cittadini (coloni che coltivano); Popolazioni sottomesse >>> municipia con differente grado di autonomia (cittadini, cives sine suffragio…) e di libertà fiscale, ma tutti devono prestare assistenza militare in caso di guerra Roma non ampliava il proprio territorio ma diffondeva la sua influenza: LE CITTà STRINGEVANO PATTI (foedera) e DIVENTAVANO ALLEATI (socii), ma INDIPENDENTI.

36 Timocrazia L’organizzazione della società romana si basava sulla suddivisione per censo/ricchezza (timé=onore) Il censimento da parte dei censori stabiliva a quale fascia di reddito uno apparteneva >>> tasse differenti e differenti diritti politici legati al differente rango dei cittadini nell’esercito: cavalleria, fanteria o esenzione per povertà dal servizio militare (uno non in grado di pagarsi l’equipaggiamento) >>> i patrizi possedevano tutta la terra e legavano a sé la plebe secondo rapporto patronus e clientes La magistratura della censura: Appio Claudio e Catone

37 Le rivendicazioni della plebe sono contemporanee alle guerre esterne per la conquista della penisola italica: prosa giuridica e leggi scritte. V e IV sec. Grandi tensioni sociali tra patrizi che detenevano il potere e plebei. I PLEBEI CHIEDEVANO TERRE DA COLTIVARE, LEGGI Più EQUE SULL’INDEBITAMENTO E MAGGIOR PESO POLITICO Tribunato della plebe; XII tavole (450 a.C.); consolato Nasce il ceto dei NOBILI: PATRIZI + PLEBEI >>> BISOGNO DI NUOVE TERRE.

38 La questione agraria e il problema dell’uso dell’ager publicus
Riduzione in schiavitù per debiti Schiavitù per conquista liberti= schiavi liberati con manumissione, diventano cliente del loro ex-padrone che diventa patronus. (cfr lessico del rapporto padre-figlio) Verso la fine del II sec. Riforme dei fratelli Tiberio e Gaio Gracco. Pag.42

39 LA STORIA ROMANA Fondazione di Roma
Epoca della monarchia dalla sottomissione agli etruschi, al dominio sulla lega latina La Repubblica e l’espansione nella penisola italica (fino alla guerra di Taranto) L’espansione nel Mediterraneo (dalle guerre puniche alla conquista del mondo ellenistico)

40 LA LINGUA LATINA Fase orale La nascita dell’alfabeto
Fase scritta preletteraria Fase scritta letteraria arcaica Classica

41 Primi esempi scritti pre-letterari l’alfabeto latino
Una società orale nota1 L’alfabeto latino deriva dall’alfabeto greco di Cuma o dall’etrusco? Anche il greco comunque venne trasmesso dagli Etruschi in Roma (canali commerciali, scopi pratico-amministrativi). nota2 L’alfabeto latino venne definitivamente fissato solo attorno al I sec a.C. in 23 lettere. I più antichi reperti-esempi di scrittura latina risalgono però alla prima metà del VII sec. a.C. (VII-VI sec) e hanno orientamento bustrofedico, ma probabilmente era già nota a Roma nell’VIII sec. Del latino arcaico (fino al III secolo a.C.) rimangono tracce in alcune citazioni degli autori e soprattutto in iscrizioni, che insieme alla comparazione con altre lingue affini consentono una ricostruzione di esso assai parziale. Nota 3 Nota1: Il latino è una lingua indoeuropea appartenente al gruppo delle lingue latino-falische[1]. Veniva già parlata nel Lazio almeno dagli inizi del I millennio a.C. Nota2: L’etrusco è la scrittura più antica tra quelle pre-romane,si riallaccia all’alfabeto fenicio attraverso la mediazione greca. Comunque l’alfabeto latino nasce dall’alfabeto greco calcidese (di Eubea isola greca). Dall’Eubea viene fondata una tra le prime colonie greche in Campania, nella zona di Cuma e attraverso questi coloni la scrittura greca calcidese viene diffusa tra gli Etruschi che arricchiscono l’alfabeto greco arcaico di alcune lettere fenice. I Latini imparano l’alfabeto greco calcidese attraverso la mediazione etrusca e lo semplificano fino alle attuali 23 lettere dell’alfabeto latino classico (Alfabeto italiano + y + x; la lettera w non appartiene al latino) di Cesare. La lingua latina si è sviluppata grazie anche al contributo di tutte le lingue dei popoli con cui è entrata in contatto durante l'epoca romana, ed in particolare con gli idiomi italici, l'idioma etrusco e con quelli parlati nel Mediterraneo orientale (soprattutto il greco). Il latino acquistò grande importanza con l'espansione dello stato romano e in quanto lingua ufficiale dell'impero si radicò in gran parte dell'Europa e dell'Africa settentrionale. Attualmente le lingue con maggiore somiglianza al latino sono il sardo per la pronuncia, l'italiano per il lessico, il romeno per la struttura grammaticale (declinazioni). Nota3: Del latino arcaico (fino al III secolo a.C.) rimangono tracce in alcune citazioni degli autori e soprattutto in iscrizioni, che insieme alla comparazione con altre lingue affini consentono una ricostruzione di esso assai parziale. Solo frammenti restano anche dei testi letterari più antichi, quelli di Livio Andronico, Nevio e Ennio, tutti risalenti al III secolo a.C., databili quindi circa cinque secoli dopo la mitologica fondazione di Roma (secondo Varrone avvenuta nel 753 a.C.). L'unica eccezione sono le commedie di Plauto, che costituiscono dunque la principale fonte per lo studio della lingua arcaica. Col II secolo a.C. la letteratura latina si sviluppò, e soprattutto con l'opera di Marco Porcio Catone il Censore nacque una prosa letteraria latina. La lingua aveva però ancora una certa rudezza, e non era priva di influssi dialettali. Pertanto, l'uso del termine "latino arcaico" è esteso fino a considerare tale la lingua latina precedente al 75 a.C. circa.

42 UNE MI ARA THESANS MENR-VAS TURMUSC 'Benevolentiam impetro Dianae Minervae et Mercurii'

43 Lingue dell’Italia antica
VIII sec . circa

44 PRIMI FRAMMENTI SCRITTI
Prosa Poesia Carmina

45 Primi documenti scritti: Ie iscrizioni PRIVATE O PUBBLICHE
La prime formule scritte: il cippo del Foro romano (metà VI sec), il Vaso di Dueno (VI sec), la cista Ficoroni (portagioie- IV sec), la fibula prenestina (metà del VII sec, ma autentica? È un oggetto parlante). Vedi nota: ISCRIZIONI PRIVATE Cista Ficoroni: sul coperchio di una cista c’è un’epigrafe nella quale si leggono i nomi della committente dell’oggetto (Dindia Malconia), della destinataria (figlia), del luogo di fabbricazione (Roma). Iscrizioni sepolcrali: elogium = iscrizione tombali a scopo pubblico - conteneva il nome del defunto, indicazione delle cariche ricoperte e lodi delle sue imprese. Testo in saturni. Esempi gli elogia degli Scipioni (III sec.). Vedi file n.3 con immagini delle iscrizioni; e vedi tabella riassuntiva a fondo di pag.8 manuale. Cista=La cista è un recipiente di forma cilindrica e dotato di coperchio, in uso durante l'antichità per contenere oggetti di toletta o di abbigliamento sia maschile che femminile. Oltre che oggetto di vita quotidiana molto diffuso, ricopriva anche una funzione rituale legata ai culti dionisiaci: era chiamata cista mystica, e veniva utilizzata per contenere i serpenti sacri da impiegare durante i riti per la divinità. La cista, conosciuta fin dall'età preistorica, poteva essere realizzata in materiali diversi, quali vimini intrecciati, legno, cuoio, ma soprattutto in metallo. Gli Etruschi ne fabbricarono diverse quantità a partire dal V secolo a.C.

46 Primi documenti scritti: prime forme pre-letterarie documenti scritti IN PROSA
Le più antiche forme letterarie indigene sono rintracciabili in frammenti sparsi provenienti da opere in versi (verso Saturno) o in prosa: nei foedera, cioè i trattati/contratti con i vicini; nell'organizzazione giuridica troviamo nel 451aC le Leggi delle XII Tavole, base del diritto romano nella storiografia (Annales Maximi redatti dai pontefici massimi ogni anno: scritti distrutti dall’incendio dei Galli di Brenno del 390aC – ce ne parla Cicerone) nelle opere di genere differente di Appio Claudio Cieco il Censore (312aC) TALE PERIODO FINISCE NEL 241aC-240aC: fine prima guerra punica e inizio dell’espansione nella Magna Grecia e nell’area Ellenistica. DAL 241 AL 78 (morte di Silla) SI PARLA DI Età ARCAICA Vedi file n.3

47 Primi documenti scritti: prime forme pre-letterarie documenti scritti IN VERSI
Le più antiche forme letterarie indigene sono rintracciabili in frammenti sparsi provenienti da opere in versi (verso Saturno) o in prosa: nella lirica religiosa (carmen saliare o arvale), nella celebrazione degli antenati (carmina triumphalia, convivalia ed elogi funebri che stanno all'origine della dell’epica latina), nei versi fescennini (dalla città etrusca di Fescennium) che secondo Catone sono alla base della Satura latina in forme teatrali come la fabula atellana, assimilabile alla Commedia dell'Arte, e al teatro in generale; Vedi file n.3

48 Lapis niger La più famosa iscrizione del periodo rimane quella del lapis niger nel Foro romano a Roma, su un cippo mutilo a forma piramidale in un alfabeto latino arcaico, cioè coi caratteri alfabetici di derivazione greco-etrusca, con andamento bustrofedico (alternativamente, da sinistra a destra e da destra a sinistra, come si muovono i buoi quando arano il campo): « QUOI HON [...] / [...] SAKROS ES / ED SORD [...] [...] OKA FHAS / RECEI IO [...] / [...] EVAM / QUOS RE[...] [...]KALATO / REM HAB[...] / [...]TOD IOUXMEN / TA KAPIAD OTAV[...] [...]M ITER PE[...] / [...]M QUOI HA / VELOD NEQV[...] /[...]IOD IOUESTOD LOVQVIOD QO[...] » (Una delle possibili trascrizioni)

49 Cista Ficoroni La cista fu ritrovata a Labico (antica Lugnano) da Francesco de' Ficoroni, antiquario, nel Passò poi al Museo Kirkeriano per poi finire nelle collezione del Museo nazionale etrusco di Villa Giulia a Roma, dove tuttora si trova. Si ipotizza possa trattarsi di un manufatto del IV secolo a.C., commissionato come dono di dote per la figlia da una matrona di una famiglia nobile prenestina, Dindia Macolnia, ad un artigiano probabilmente di origini campane, come traspare dal nome, Novios Plautios. Ne è conferma l'iscrizione sul coperchio, in latino arcaico (CIL I, 561= ILLRP 1197 = ILS 8562): DINDIA MACOLNIA FILEAI DEDIT NOVIOS PLAUTIOS MED ROMAI FECID In latino classico: DINDIA MACOLNIA FILIAE DEDIT NOVIUS PLAUTIUS ME ROMAE FECIT "Dindia Macolnia (mi) donò alla figlia / Novio Plauzio mi fece a Roma". Importante è anche la notizia che il manufatto venne eseguito a Roma, mentre il nome dell'artista farebbe pensare a un'origine campana.

50 Laudatio funebris Gli Elogia erano dei testi elogiativi, spesso in versi saturni, scritti sulle tombe dei defunti, del tutto simili a una laudatio funebris ma più brevi. Contenevano brevi informazioni sulla carriera politica e sulle origini familiari del defunto. Essi venivano usati per lodare le imprese del defunto. I più antichi da noi conosciuti sono quelli della famiglia degli Scipioni trovati nel loro sepolcro sulla Via Appia. Il testo dell'elogium di Scipione Barbato è il seguente: (LA) « CORNELIVS·LVCIVS SCIPIO·BARBATVS GNAIVOD·PATRE·PROGNATVS FORTIS·VIR·SAPIENSQVE QVOIVS·FORMA·VIRTVTEI PARISVMA·FVIT CONSOL CENSOR·AIDILIS QVEI·FVIT·APVD·VOS TAVRASIA·CISAVNA SAMNIO·CEPIT SVBIGIT·OMNE·LOVCANAM OPSIDESQVE·ABDOVCIT » (IT) « Cornelio Lucio Scipione Barbato, generato da Gneo suo padre, uomo forte e saggio, la cui bellezza era in armonia con la sua virtù, che fu console, censore e edile fra voi, prese Taurasia Cisauna, nel Sannio e soggiogò tutta la Lucania e liberò ostaggi. » (CIL VI, 1285.)

51 IL VERSO SATURNIO Il verso saturnio era una struttura ritmica[15] utilizzata nei carmina di tutta l'età preletteraria; ne sono giunti ad oggi circa centocinquanta esempi piuttosto vari, che non permettono di affermare se si trattasse di un verso quantitativo, come risulta probabile, o di un verso qualitativo.[16] Altrettanto dibattuta resta l'origine di tale metro: è tradizionalmente considerato di origine locale, ma in età giulio claudia si iniziò a pensare che potesse essere stato derivato dai metri lirici del teatro greco.[16] Ecco come Varrone definisce il verso saturnio, ad illustrare un passo di Ennio: (LA) « Fauni dei Latinorum, ita ut et Faunus et Fauna sit; hos versibus, quos vocant saturnios / in silvestribus locis traditum est solitos fari, a quo fando Faunos dictos. » (IT) « I Fauni sono dèi latini, così come esiste Fauno e Fauna. Si tramanda che queste divinità si esprimessero nelle selve con i versi che chiamano saturni, mentre sono stati detti Fauni dal verbo fari (esprimersi). » (Marco Terenzio Varrone, De lingua latina, VII, 36)

52 I carmina Il fatto che la letteratura a Roma nasca solo nel 240 a.C non significa che prima di questa data nessun cittadino conoscesse o praticasse qualche forma di attività poetica, ma che a tale attività mancava la dimensione letteraria. I componimenti, che non venivano scritti ma erano ripetuti e tramandati oralmente, non si inserivano in un sistema letterario compiuto, ma erano finalizzati di volta in volta al rituale, all'invocazione degli dei, al motto mordace, al divertimento conviviale o festivo, al rafforzamento dei vincoli sociali attraverso la memoria delle imprese degli antenati e così via. I romani chiamavano Carmina tali componimenti e includevano in questa definizione sia quelli scritti in verso saturnio che quelli scritti in prosa. Il senso più comune del termine Carmina, infatti, è "poesia, composizione poetica". Distintiva dei Carmina arcaici non era il metro, ma piuttosto lo stile, fatto di continue assonanze e di ripetizioni formali, che producevano una sorta di cadenza ritmica che ne facilitava la memorizzazione. Esistono vari tipi di Carmina come ad esempio: il Carmen Arvale, il Carmen Saliare e i Carmina Triumphalia.

53 Forme preletterarie tramandate oralmente
I Carmina sono testi arcaici formulati per la preghiera collettiva, per celebrare un sacrificio, per accompagnare le operazioni agricole e per sanzionare atti politici. Saturnio è l'unico verso indigeno romano. I Carmina si dividono in: - Carmina religiosi: gli dei sono visti come figure minacciose che bisogna propiziare per mezzo della pietas. - Carmen arvale: appartenevano ai riti della vita agraria- preghiera dei fratelli Arvali, VI sec. a.C.- - Precatio del pater familias: si recitava durante la lustratio (rito per un raccolto funebre) Il primo è il canto dei Salii, collegio sacerdotale istituito secondo la tradizione da Numa Pompilio, che ogni anno, nel mese di maggio recavano in processione i 12 scudi sacri, gli ancilia, con l’accompagnamento di formule rituali. Il Carmen Arvale invece era il canto dei Fratres Arvales, collegio di 12 sacerdoti che la tradizione vuole fondato da Romolo, i quali ogni anno, nel mese di maggio, levavano un inno di purificazione dei campi. Laudationes Funebres, Carmina Convivalia, Carmina Triumphalia - Rituale funebre: il morto veniva portato nel foro, con un corteo di uomini che impersonavano i suoi antenati con maschere di cera. Il figlio maggiore del defunto teneva un discorso, laudatio, per celebrare le virtù e le imprese del defunto. - Carmina convivalia: espresse in versi, cantate nel corso di riunioni conviviali, in cui si esaltavano le virtù dei personaggi illustri. - Carmina triumphalia: brevi componimenti poetici, cantati dai soldati che, nella cerimonia del trionfo, seguivano il carro del comandante vittorioso ed erano spesso di carattere scherzoso e beffardo.

54 I latini e gli dei Il civis pregava gli dei per accattivare la loro benevolenza e per ottenere in cambio dei piaceri, quindi per un fine utilitaristico, vi erano diversi tipi di preghiere: - Precatio: preghiere che il padre di famiglia recitava ed erano connesse con i riti agricoli. - Evocatio: prima di assediare una città i romani erano soliti recitare un carmen per costringere gli dei del nemico a passare dalla loro parte - Devotio: era un secondo carmen con il quale si consacrava la città agli dei inferi - Laudationes Funebres: erano dei discorsi che si tenevano nel foro romano in onore di un parente morto. Prima di arrivare al foro la salma veniva preceduta da un corte che indossava maschere di cera che rappresentavano i parenti. - Carmina Convivalia: sono dei brevi versi che i convitati al banchetto indirizzano alla volta del padrone di casa che li ha ospitati; erano di elogio. Inoltre esistevano anche i Carmina Triumphalia ovvero dei versi che i soldati indirizzare al loro generale vittorioso

55 Carmina: un solo nome per vari tipi di testo
È riferito a preghiere, giuramenti, profezie, sentenze solenni di tribunali, proverbi, scongiuri, precetti pratici… Cicerone definisce Carmina anche le leggi delle XII tavole, che a loro volta definiscono carmina le formule magiche rituali … non importa il contenuto, ma la forma. 1-Carmina Arvales Il collegio dei dodici Fratres Arvales aveva compiti di carattere agrario, legati alla fertilità ed alla difesa dei terreni. Nei Carmen sono invocati i Lari, gli dei del focolare, Marte ed i Sermoni anch'essi divinità agresti. Lo stile è quello tipico dei carmina rituali, ricco di ripetizioni e di figure di suono, come omoteleuti ed allitterazioni. 2-Carmina Saliaria 3-Carmina Triumphalia 4-Leggere “Il parallelismo dei cola” p.9. 5-le XII tavole e lo stile solenne Nel manuale p.9-13: una lingua difficile uno stile solenne = ricopia un certo ordine del mondo.

56 Carmina: un solo nome per vari tipi di testo
2-Carmina Saliaria La confraternita dei Salii era formata da dodici sacerdoti di Marte, che portavano in processione due volte all'anno un ancile (uno scudo di bronzo) che, per i Romani, era come una sorta di talismano. Di questi Carmina Saliaria conoscimo solo singole parole ed alcuni versi. 3-Carmina Triumphalia Il comandante vittorioso in una campagna militare aveva il diritto di essere acclamato Imperatore dai suoi soldati e, tornato a Roma, di celebrare una grande festa, dai risvolti insieme politici e religiosi, il trionfo. Vestito con una toga color porpora e con altri accessori regali, come ad esempio la corona di alloro e lo scettro, che servivano a renderlo come Giove, l'Imperatore guidava il corteo formato da soldati, da una parte del bottino e dai prigionieri. Il Corteo attraversava il Campo di Marte sino al Foro. Si trattava del più alto onore cui un cittadino romano poteva aspirare ed era concesso ai soldati un atto apotropaico che rientra nella concezione romana della religione, quello cioè di rintuzzare la malasorte indirizzando al trionfatore motti ironici e scherzi, con doppi sensi spesso assai volgari ed offensivi, che servivano a ricordare all'Imperatore i sui difetti e le sue debolezze. Non è rimasto nulla. 4-Leggere “Il parallelismo dei cola” p.9. 5-le XII tavole e lo stile solenne Nel manuale p.9-13: una lingua difficile uno stile solenne = ricopia un certo ordine del mondo.

57 Le leggi delle XII tavole
Le leggi delle XII tavole (duodecim tabularum leges) è un corpo di leggi compilato nel a.C. dai decemviri legibus scribundis, contenenti regole di diritto privato e pubblico. Rappresentano una tra le prime codificazioni scritte del diritto romano, se si considerano le più antiche mores e lex regia. (LA) « [...] bibliothecas me hercule omnium philosophorum unus mihi videtur XII tabularum libellus [...] et auctoritatis pondere et utilitatis ubertate superare » (IT) « [...] mi pare che il solo libro delle XII tavole superi per autorità ed utilità le biblioteche di tutti i filosofi » (Marco Tullio Cicerone, De Oratore, I - 44, 195.) Tavola IV (genitori e figli) Un bambino chiaramente deformato deve essere ucciso. (LA) « Si pater filius ter venum duerit, filius ad pater liber esto » (IT) « Se un padre vende il figlio per tre volte consecutive perde la patria potestas su di lui. »

58 LE DODICI TAVOLE FONDAMENTO DEL DIRITTO ROMANO (451 a.C.)
Se si esclude il foedus stipulato tra Romani e Cartaginesi contro gli Etruschi, le XII tavole sono il primo scritto di diritto romano 1) Se uno cita un altro in giudizio, che costui si presenti ; se non si presenta, l'accusatore trovi chi può darne testimonianza, quindi lo vada a prendere. 2) Se l'accusato cerca falsi pretesti o tenta di fuggire, l'accusatore l'arresti. 3) Se l'accusato è impedito da malattia o da vecchiaia l'accusatore gli dia un veicolo, ma se rifiuta non potrà costringerlo a entrare in lettiga 4) A un possidente farà da garante un altro possidente a un proletario potrà essere garante chiunque 5) Per il pagamento di un debito scaduto e per la restituzione di proprietà aggiudicate con sentenza di tribunale ci saranno 30 giorni di tolleranza, subito dopo il creditore arresterà il debitore e lo condurrà in giudizio 6) Nei confronti di uno straniero vale sempre il diritto di rivendicazione 7) Se un padre ha venduto il figlio tre volte sia il figlio svincolato dall'autorità paterna 8) Se uno muore senza testamento e non ha erede diretto abbia l'eredita il consanguineo più vicino; se non ci sono neanche consanguinei, abbiano l'eredità quelli della sua casata 9) Se un ladro ruba di notte e il derubato lo uccide sia considerato ucciso legalmente 10) Se un patrono avrà frodato un suo cliente, sia ucciso 11) Non si seppelliscano né si brucino cadaveri in città 12) Nei funerali le donne non si graffino le guance né cantino nenie lamentose Il codice decemvirale è oggi perduto; ma possediamo un centinaio di frammenti e testimonianze che ci consentono di stabilire, come in ognuna delle prime dieci Tavole, fossero raccolte leggi concernenti un medesimo titolo: nella I procedura della citazione in giudizio, nella II giudizio, nella III pagamento, nella IV autorità del Pater Familias, nella V eredità, nella VI e VII proprietà, nell' VIII crimini, nella IX diritto pubblico, nella X diritto sacro. Le ultime due Tavole contenevano norme aggiuntive e integrative.  Il testo della legge delle XII Tavole è stato ricostruito, per quanto possibile, stante la limitatezza dei frammenti pervenutici, da Heinrich E. Dirksen (Lipsia 1824), da R. Schöll (Lipsia 1966) e, infine, da Karl G. Bruns, Theodor Mommsen e Otto Gradenvitz che lo hanno pubblicato nella loro opera "Fontes Iuris Romani Antiqui" (III ed., Tubinga, 1909). Nel 1941 il Riccobono lo ha ripubblicato nella sua opera "Fontes Iuris Romani Anteiustinianei", tenendo conto dei frammenti di Gaio scoperti nel 1933.

59 Forme preletterarie teatrali
Sono forme antichissime di arte, le prime. Sono molte e a noi ne interessano tre: 1. I fescennini (fescenium città etrusca confini lazio): erano preghiere rivolte agli dei durante il raccolto, nei frescennini dei contadini mascherati si scambiavano battute scherzose, ma pesanti. Lo storica Livio ci racconta che dopo il 364 d.C a Roma scoppiò una pestilenza e per ringraziare di esserne usciti illesi i romani indissero una grande festa alla quale parteciparono musicisti e danzatori dell‘Etruria, durante queste feste continuavano a lanciarsi battute e queste feste presero il nome di: Ludi scenici 2. L’Atellana (cittadina della campania abitata dagli osci): era una sorta di farsa che veniva recitata da attori che interpretavano dei ruoli precisi, questa farsa veniva recitata su un canovaccio (sottile trama) sulla quale gli attori improvvisavano. Alla fine del primo secolo quando si comincia a parlare di commedia regolare, l’atellana si trova comunque nella parte finale della commedia come exodium.

60 APPIO CLAUDIO CIECO Appio Claudio Cieco (IV-III a.C.) è il primo letterato prima di Livio Andronico. Egli è un romano orgoglioso che difendeva Roma dai nemici, in particolare da Pirro. Nel 280 pronunciò l'orazione con la quale convinse il senato a non accettare nessuna condizione di pace avanzata da Pirro se prima non avesse lasciato l'Italia; l'orazione venne pubblicata e probabilmente circolò sino all'età di Cicerone. Appio Claudio Cieco era favorevole all'espansione romana nel meridione poiché i contatti con la cultura greca avrebbero portato vantaggi culturali, perciò fece costruire la via Appia, che collegava Roma a Capua (Brindisi), detta “regina viarum” Politica interna Egli partecipò attivamente alla vita politica, era un aristocratico progressista e si adoperò a favore della plebe, in quanto non voleva sottostare al patriziato. Infatti inserì i figli dei liberti nelle liste dei senatori. Interessi giuridici Ha scritto un trattato a carattere giuridico “De usurpationibus”, inoltre incaricò il suo scrivano (Gneo Flavio) di scrivere e pubblicare un testo che conteneva le norme di procedura giudiziaria:“Ius Flavianum” Interessi filologici Teorizzazione del fenomeno ormai quotidiano del “rotacismo”, sostituzione della -s- intervocalica con la -r-. Abolizione della -z Produzione letteraria Il contatto con la cultura greca influenza la sua produzione, che è espressione di una nuova cultura italica. Cicerone dice che Appio Claudio scrisse un carmen in cui sono presenti tracce di Pitagorismo, si riferisce ad una raccolta di “Sententiae”.

61 Nascita della Letteratura Latina per influsso greco – LIVIO ANDRONICO
Prima del III sec a.C. non ci sono opere specificamente letterarie a Roma. L'ANNO CONVENZIONALE DI NASCITA DELLA LETTERATURA LATINA VERA E PROPRIA È IL 240 A.C., QUANDO LIVIO ANDRONICO, UNO SCHIAVO DI LINGUA GRECA PORTATO DA TARANTO A ROMA ANCORA NEL 272AC (Svetonio lo chiamerà "semigraecus“; partecipò alla guerra tra Taranto e Roma al seguito del suo protettore, il senatore Livio Salinatore, il quale lo affrancò e gli concesse il "prenomen", dopo avergli affidato l'educazione dei figli, a Roma L. è "grammaticus", "professore di scuola"),, TRADUSSE E ADATTÒ PER LE SCENE ROMANE, DIETRO INCARICO DEL SENATO, UN TESTO TEATRALE GRECO; il 240 a.C. è l’anno di tale rappresentazione, durante una festività pubblica.

62 LIVIO ANDRONICO Seguirono, sempre a opera sua, altri rifacimenti di tragedie e commedie greche, soprattutto a tema troiano (Il cavallo di Troia, Ermione e Neottolemo, Il suicidio di Aiace, Egidio…). Ma il capolavoro di Andronico è certamente la traduzione - o forse è più esatto dire l’ "adattamento artistico-letterario" - in lingua latina e nel verso italico il saturnio, dell'Odissea di Omero ("Odyssa" o "Odusia“). L’Odissea appariva più "moderna" dell'Iliade, più vicina alla sensibilità del mondo ellenistico (cosmopolitismo, viaggi ed avventure, passioni e sofferenze umane), dal quale lo stesso L. proveniva, e più legata all'Occidente ed al gusto dei Romani, tra l'altro oramai già abituati a solcare i mari (cercò di dare per altre vie solennità e intensità al suo linguaggio letterario: all'inizio della traduzione egli rende, ad es., la "Musa" di Omero con l'antichissima "Camena", divinità italica delle acque; ancora, alcuni dei passi scritti da Omero non erano concepibili per i Romani e L. si trovò così a dover modificare e "tradire" spesso il testo originale dell'Odissea (tipicamente romana, ad es., è la considerazione dell'eroe che si evince dall'opera, reso quasi pari agli dei). Nel 207aC compose poi un "partenio" (= canto per un coro di vergini), in onore di Giunone, ovvero un "carmen" propiziatorio cantato in una solenne processione per le vie di Roma, durante la II guerra punica; di cui però nulla conserviamo.

63 GNEO NEVIO ( a.C.) Il campano GNEO NEVIO fu il primo scrittore italico. Scrisse un poema epico in saturni sulla prima guerra punica (Bellum poenicum), inaugurando il poema epico di argomento nazionale, in cui l'elemento mitico si fondeva con quello storico. Fu inoltre il primo a scrivere drammi di argomento romano (fabula praetexta) oltre a commedie di grande successo sulla falsariga di quelle greche.

64 QUINTO ENNIO (239-169 a.C.) Nasce a Rudiae
Fondamentale nell'età arcaica fu QUINTO ENNIO soprattutto per i suoi Annales, poema appassionato e vigoroso nel quale la storia di Roma e delle sue conquiste è narrata in esametri dattilici, adattati con successo alla lingua latina. Ennio offrì il modello linguistico dell'epica romana fino a Virgilio. Delle opere di questi primi scrittori rimangono solo frammenti giuntici attraverso le citazioni di altri autori.

65 PLAUTO 255 nasce a Sarsina – muore 184.
Abbiamo invece 21 commedie di Plauto, il più originale manipolatore di commedie greche per adattarle alla sensibilità latina, e insieme il più grande innovatore nel campo della lingua latina, resa brillante anche attraverso il gioco continuo dell'allitterazione. La sua opera interpreta una società ancora unitaria nell'etica e nella cultura: sciocchi e furfanti sono solo greci, per i romani sarebbe stato un disonore.

66 Annalisti Le origini della storiografia romana
La nascita di una storiografia nazionale. In modo abbastanza paradossale, sembra che l'influenza dell'ellenismo abbia avuto sulla formazione della prosa latina un ruolo più importante che nella formazione della poesia. Questa prosa fece la sua prima apparizione in coincidenza con la II guerra punica, allorché si avvertì il bisogno di opporre agli storiografi greci, che si trovavano nel campo di Annibale, una storiografia d'impronta nazionale. il primo storico romano, Q. FABIO PITTORE (vissuto all'incirca fra il 260 e il 190 a.C.), ha composto la sua opera storica ("Rerum gestarum libri": a carattere annalistico, dalla fondazione di Roma alla fine della II guerra punica) sia in greco che in latino (salvo che addirittura l'opera non si limitasse in origine all'edizione greca, e che la versione latina non sia altro, perciò, che un semplice rimaneggiamento successivo): ciò rispondeva alla necessità di raggiungere un pubblico di ambito appunto mediterraneo, e significò una rottura con la tradizione della cronaca pontificale, da cui pur erano tratti strutture e materiali. P. apparteneva alla gens Fabia. Senatore e magistrato, aveva combattuto i Galli Insubri. Nella sua opera, dunque, l'autore rappresenta il punto di vista aristocratico, da qui l’acceso nazionalismo e il gusto antiquario: notevole così l’interesse per le origini di Roma, per l’età regia e per gl’inizi della Repubblica (epoche alle quali si facevano risalire molte istituzioni, costumi, usanze religiose e civili).

67 Su quali documenti operavano questi primi storiografi?
Poche testimonianze sulle fonti e sulle stesse opere. L'opera dei primi annalisti romani è andata quasi interamente perduta. Le poche notizie di cui disponiamo provengono tutte da citazioni di autori più tardi e dall'uso che delle loro opere è stato fatto da Tito Livio. SU QUALI DOCUMENTI OPERAVANO ? 1- disponevano solo di leggende elaborate dall'orgoglio nazionale o, più di frequente, dall'orgoglio delle famiglie nobili. 2- L'indigenza degli archivi di Stato (che, per giunta, sarebbero andati distrutti durante l'incendio di Roma ad opera dei Galli nel 390 a.C. e sarebbero stati ricostituiti successivamente alla meno peggio); 3- l'incertezza stessa dell'elenco dei consoli dei primi secoli, tutto ciò avrebbe contribuito a far sì che i primi storici costruissero vicende in gran parte inventate, colmando le lacune con racconti favolosi forniti dalle epopee popolari (soprattutto "carmina convivalia"), con l'aiuto di "ricalchi" immaginati a partire da circostanze posteriori o con anticipazioni anacronistiche. Tale è stata e rimane l'opinione dei moderni "ipercritici". Eppure in alcuni casi, l'archeologia ha potuto stabilire un qualche riscontro (come sul problema delle origini di Roma, quello delle tradizioni dei re…), i fatti tramandati dalla tradizione annalistica si sono rivelati più solidi di quanto si potesse immaginare.

68 IL CIRCOLO DEGLI SCIPIONI
Dopo di Plauto, la cultura cominciò a divaricarsi anche per il crescente peso del mondo greco-ellenistico, che aveva il suo centro più vitale ad Alessandria. A Roma, nel cosiddetto "circolo degli Scipioni", con la figura centrale di Scipione Emiliano e con la presenza di Terenzio e dei greci Polibio e Panezio, venne elaborata una mediazione tra la cultura etico-estetica dell'ellenismo da un lato e la virtus e il senso realistico dei romani dall'altro; e prese forma una concezione neostoica della vita, di tipo aristocratico, che per lungo tempo costituì l'ideologia della classe dirigente romana. L'africano Terenzio, uno dei due grandi nomi del teatro latino insieme a Plauto, servì da modello a gran parte delle commedie europee fino all'età moderna. Egli propose una sensibilità morale così nuova e moderna da apparire ostico al pubblico romano.

69 CATONE IL CENSORE (234-149 a.C.)
Latino di Tuscolo era invece CATONE, il primo maestro della prosa latina, che espresse nelle Origines l'ideologia politica della confederazione italica e nel De agricoltura (giuntoci per intero) la mentalità sociale dei contadini italici.

70 Le satire di LUCILIO La dimensione individualistica e per certi aspetti autobiografica si configura per la prima volta con le Satire di LUCILIO, anch'egli legato al "circolo degli Scipioni". Del periodo compreso tra Catone e Cicerone non ci è giunta nessuna opera completa, anche se i fermenti culturali furono vivi, specie nell'ambito teatrale (Pacuvio, Accio, Afranio) e nella storiografia (in particolare Sisenna, continuato da Sallustio).


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