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Introduzione allo Humanistic Management Marco Minghetti Lezioni 13-14 Pavia 2011.

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1 Introduzione allo Humanistic Management Marco Minghetti Lezioni 13-14 Pavia 2011

2 5 LA LEADERSHIP CONVOCATIVA

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14 La leadership convocativa Il potere di convocazione esiste da quando esistono comunicatori efficaci, ovvero coloro che sanno attivare la comunicazione di altri: Il potere di convocazione esiste da quando esistono comunicatori efficaci, ovvero coloro che sanno attivare la comunicazione di altri: Gesù, Kennedy, Mandela, ad esempio. Gesù, Kennedy, Mandela, ad esempio. In letteratura: Dopo il discorso di Bruto Antonio sulla tomba di Cesare. In letteratura: Dopo il discorso di Bruto Antonio sulla tomba di Cesare.Dopo il discorso di Bruto Antonio sulla tomba di Cesare.Dopo il discorso di Bruto Antonio sulla tomba di Cesare. Antonio conosceva i suoi interlocutori e non come Bruto solo l’astratta formula della Repubblica. Antonio conosceva i suoi interlocutori e non come Bruto solo l’astratta formula della Repubblica. Il convocatore è colui che sulla base di una idea forte sa aprirsi agli altri con l’ingenuità del principe Myschkin, l’idiota, facendoli aprire a loro volta al dialogo. Il convocatore è colui che sulla base di una idea forte sa aprirsi agli altri con l’ingenuità del principe Myschkin, l’idiota, facendoli aprire a loro volta al dialogo.

15 Potere di convocazione Il volume che compendia questi studi è in particolare: Trupia P. “Potere di convocazione. Manuale per una comunicazione efficace”. Liguori, Napoli, 2002. Scrive Piero Trupia (2002, 158): “La convocazione è una modalità di comunicazione “attiva”, un discorso-azione, un atto di “parola” con l’enfasi sull’altro nell’esperienza intersoggettiva… La convocazione non è risposta e non è domanda. E’ invito attivo, suscitamento dell’iniziativa discorsiva dell’altro, a partire dal riconoscimento di principio della sua autorevolezza in quanto altro. Da qui il ruolo centrale della convocazione nel rapporto educativo, in quello terapeutico e nell’esercizio della leadership. In generale in tutte le interazioni per il cui esito positivo è essenziale l’atto consapevole, autonomo ed energico dell’altro: volontà di guarire, desiderio di apprendere, interesse e coraggio di partecipare. Tutte le iniziative fondate sulla intersoggettività, rientrano nel campo della convocazione, all’insegna del privilegio programmatico riconosciuto all’alterità.”

16 La convocazione come potere abdicante Trupia definisce la capacità di convocazione come “potere pragmaticamente abdicante” (ibidem, 179), in quanto il convocatore spende se stesso nell’azione comunicativa. “Non si mette al riparo delle formule, delle tesi, del discorso rotondo e inattaccabile. Il suo non è il dire di un capo che sa dove andare ed invita gli altri a seguirlo, ma quello di un leader che cerca la via, insieme a chi accetti di condividere l’avventura” (ibidem, 55). “Il locutore convocativo non cerca il consenso, ma invita, di fatto, il locutario a costruire, insieme, un messaggio a partire da una semplice idea, la sua è una pro-vocazione, intesa, questa, come chiamata a favore, non di una tesi, ma di un dialogo. Il locutario, che in tal modo costruisce il messaggio insieme al locutore, diviene in questa sua partecipazione, a sua volta, locutore” (ibidem, 58).

17 La convocazione non è pre-data C’è una differenza fondamentale fra il potere di convocazione e le altre forme di leadership: si costruisce nell’esercizio anzi nel tentativo di esercitarsi. Le altre forme di potere invece – il prestigio, il carisma, la tradizione, l’autorità… - sono pre-dati: sono già costituiti prima del loro esercizio. Di pre-dato nella convocazione c’è solo la volontà di esercitarla. Il prestigio viene esibito, l’autorità esercitata, il carisma irraggiato: la convocazione discorsiva viene costruita nell’interazione e in cooperazione con il convocato.

18 Apofàtica della convocazione L’apofàtica è un procedimento logico per negazione (ad es. la teologia apofàtica ci dice ciò che Dio non è) e per quanto attiene alla convocazione Trupia indica i seguenti cinque gruppi di azioni comunicative non- convocative (ibidem, 241-245): a) al primo gruppo appartengono atti comunicativi che hanno in comune movimenti invasivi verso il locutario, o tendenze a passivizzare l’altro predeterminandone le risposte. Comprendono: - Seduzione, condurre l’altro verso sè; - Induzione, immettere qualcosa nella mente e nell’animo altrui, - Conduzione, portare altri passivamente nel proprio mondo, ad es. il conduttore televisivo, o nella forma esasperata il duce, il fuhrer, il conducator. b) il secondo gruppo comprende azioni comunicative di chi esercitando il potere indirizza l’altro che subisce, come accade per - la guida, che indica la via, precedendo. - Il leader, che pur restando al suo posto indica la via, traccia una prospettiva, apre un orizzonte e motiva a perseguirlo. La Leadership può accompagnare la convocazione, ma se ne può distinguere fortemente, quando la spinta narcisistica induce il leader al non ascolto, alla chiusura verso il locutario, del quale ritiene di saper interpretare i bisogni e poter colmare le aspettative. - Il capo carismatico, che viene creduto e seguito perché dotato di poteri e qualità superiori, straordinari, ma non può chiedere ai seguaci il comportamento ordinario. Inoltre, il carismatico trasmette la propria energia, il convocatore, invece, suscita energia. Infine, il carisma riempie lo spazio mentale ed affettivo dell’altro, la convocazione lo crea. - Il Mentore, consigliere affidabile che assiste lungo la via, ma non può far mancare la propria presenza. Ha un potere di ruolo.

19 Apofàtica della convocazione - 2 c) il terzo gruppo di azioni comunicative non-convocative riguarda il lavoro svolto sul locutario per trasformarlo, in modo da renderlo soggetto al potere del locutore. Rientrano in questo gruppo: - manipolazione,, trasforma il carattere assoggettandolo, - influenza,, agisce sui convincimenti dell’altro per mutarli a proprio vantaggio; - istigazione, spinge all’azione l’altro, declinandone la responsabilità. d) il quarto gruppo è caratterizzato dalla capacità del locutore di limitare o annullare le energie e la capacità di decisione del locutario. Comprende: - la fascinazione, riduce le energie del locutario; -l’incantamento, annulla la capacità di autonomia del locutore che si limita alla contemplazione estatica del locutario; - l’ipnosi, anche in termini figurativi, crea dipendenza fisico-psichica. - l’ipnosi, anche in termini figurativi, crea dipendenza fisico-psichica. e) L’ultimo gruppo di azioni comunicative non convocative ha per oggetto la “chiamata al futuro” del locutario, chiamata che può avere la forma del fato, come nell’oracolo; dell’impegno e della testimonianza morale, come nel profetismo; della trasformazione ipotetica della realtà, co me nel progetto, specie politico, ispirato alla volontà di potenza. In generale, l’atto linguistico non convocativo viene detto da Trupia ‘revocativo’ (ibidem, 23) e le tracce semantiche che lascia nel discorso ‘segnali di arresto’ in opposizione alla traccia semantica convocativa in atto che denomina ‘segnale d’invito’ (ibidem, 115).

20 Specialismo e revocazione vs. convivialità Gli specialisti per loro natura non sono convocativi ma revocativi: vedi ad esempio cosa avviene abitualmente nei Convegni, dopo raramente si sviluppa un vero dialogo, un vero scambio conviviale, con riferimento all’Eros del Convivio platonico. Gli specialisti per loro natura non sono convocativi ma revocativi: vedi ad esempio cosa avviene abitualmente nei Convegni, dopo raramente si sviluppa un vero dialogo, un vero scambio conviviale, con riferimento all’Eros del Convivio platonico. Persino Facebook può far rivivere il Convivio (o Simposio) di Platone, un luogo dominato dall’eros e dalla cooperazione discorsiva, regolata da un simposiarca. Il modello conviviale comporta l’attualizzazione del potere di parola e d’iniziativa attribuito a tutti i soggetti-persone presenti nel sistema dello “stare insieme per”. In questo quadro, l’"umanesimo digitale" diviene quello in cui l'Uomo si riappropria della tecnologia e la ripone al centro della sua vita sia come singolo “plurale”, sia come collettività. Persino Facebook può far rivivere il Convivio (o Simposio) di Platone, un luogo dominato dall’eros e dalla cooperazione discorsiva, regolata da un simposiarca. Il modello conviviale comporta l’attualizzazione del potere di parola e d’iniziativa attribuito a tutti i soggetti-persone presenti nel sistema dello “stare insieme per”. In questo quadro, l’"umanesimo digitale" diviene quello in cui l'Uomo si riappropria della tecnologia e la ripone al centro della sua vita sia come singolo “plurale”, sia come collettività. CFR: Il mondo vitale di Facebook http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/01/07/i-pro-e-i- contro-di-facebook/ CFR: Il mondo vitale di Facebook http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/01/07/i-pro-e-i- contro-di-facebook/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/01/07/i-pro-e-i- contro-di-facebook/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/01/07/i-pro-e-i- contro-di-facebook/

21 Atti linguistici convocativi Il giudizio catafàtico è un processo logico, opposto all’apofàtico, perché procede per affermazione. L’aspetto catafàtico della convocazione viene sintetizzato da Trupia in cinque classi di atti linguistici convocativi (A.L.C.) in base alle cinque variabili: locutore, messaggio, locutario, codice e canale, di cui si avvale il locutore, nella pur ampia libertà sintattica e semantica, ma, soprattutto pragmatica, per la modalizzazione convocativa ( CFR. ibidem, 246- 267). La caratteristica della convocatività è nell’utilizzare forme comunicative performative aperte, nel senso che il loro effetto performativo – una certa risposta linguistica o comportamentale del locutario- non è né automatica né obbligata. Nella tassonomia di Trupia gli A.L.C. del locutore presentano una forma enunciativa, vocativa e imperativa, che si sottopone, esplicitamente ed effettivamente, non formalmente, alla convalida del locutario. Ad es. “Vi prego di credere…”, “Mi affido alla vostra verifica…”, “Faccio affidamento alla vostra comprensione…”, Spero mi consentiate di affermare che…”, ecc. Si tratta di espressioni che si differenziano nettamente dalle forme retoriche, le quali mancano di convocatività, poiché la risposta è scontata. Ad es. “Potete facilmente constatare che…”, “Ditemi voi se questo non è così…”, ecc.

22 Atti linguistici convocativi 2 A.L.C. del messaggio. Presentano la forma generale di un testo aperto a una valutazione del locutario – afferma Trupia – con una modalizzazione che può essere epistemica (vero/falso) o di altro valore categoriale (etico, politico, estetico ). Ad es: “Questi sono i fatti, a voi giudicarli”, “Il problema è aperto. Lascio a voi decidere…”, “Faccio appello all’attiva partecipazione dei presenti, per dipanare una matassa che si presenta tra le più intricate”, ecc.

23 Atti linguistici convocativi 3 A.L.C. del locutario A.L.C. del locutario Per Trupia in questo atto linguistico convocativo il locutario è l’interlocutore reale e concreto a cui il messaggio è rivolto e, come tale, è presente all’interno del messaggio con qualcosa che parla di lui, che ne evoca un contenuto mentale, emotivo, esperienziale, fino alla situazione-limite dell’assunzione totale del mondo del locutario da parte del locutore. E’ il caso del mirroring, tecnica con la quale un terapeuta si pone nella disponibilità di ascolto più totale. Al primo impatto vedere un’interazione ove il terapeuta esercita il mirroring, potrebbe far apparire lui il locutario, in quanto la sua prestazione è fondamentalmente quella di ascoltare, ma nella sostanza egli è - dice Trupia – un locutore/convocatore, perché è lui che ha dichiarato disponibilità all’ascolto e che attivamente ascolta. Questa modalità di ascolto, del tutto recettiva, che accoglie e non giudica, convoca l’altro ad aprirsi, ad accettare senza riserve l’offerta di ascolto, ad abbandonarsi confidentemente. Pertanto la modalizzazione convocativa del locutario è caratterizzata dall’assumerne come propri i riferimenti, configurando su di essi il proprio dire. Ad es: Locutario: - “ogni sera ritorna in casa e già prima di aprire la porta, mi immagino la scena: sempre la stessa, da più di dieci anni ormai”: Locutore: - “Dieci anni!”. E’ un atto linguistico convocativo del locutario, ove il mirroring esplicita, e, in un certo senso con quell’aggiunta del punto esclamativo, “certifica” la profondità della propria attenzione (ibidem, 257- 258). NB: Per una diversa intenzione nel mirroring si legga ad esempio Rabbia di C. Palihanuk (Il venditore di automobili).

24 Atti linguistici convocativi 4 A.L.C. del codice Riguardano il testo nella sua materialità semiotica sia esso composto di parole che di altri significanti con precisi fini comunicativi convocativi in un determinato contesto sociale. Ad es. risulta potentemente convocativa l’allocuzione di un operatore sociale che lavori in un carcere e che si rivolga ai detenuti affidati alle sue cure con l’appellativo “ragazzi”! (ibidem, 259). A.L.C. del canale A.L.C. del canale Questi atti linguistici riguardano il canale della comunicazione convocativa, inteso nei suoi tre aspetti:1) quale mezzo fisico di trasmissione del messaggio (aria, cavo, etere); 2) come ambiente in cui l’interazione discorsiva ha luogo; 3) come linguaggio di supporto strumentale del messaggio. Si può modalizzare convocativamente ciascuno dei tre aspetti: dal livello minimale di migliorare l’acustica del luogo ove si parla, al livello massimo del contatto fatico. Risulta importante, per Trupia, ai fini del potere convocativo del locutore, la capacità di “dominio del contatto”, ovvero la capacità di controllare e semantizzare, il tempo ed il ritmo dell’eloquio (ibidem, 265- 267). NB : Confronta con il modello delle 4 C del social networking: contesto, canale, contenuto, conversazione.

25 Spazi edificabili e linguaggio insaturo Con una chiara metafora, Trupia presenta il discorso convocativo come intenzionalmente disseminato di spazi vuoti, “quali terreni edificabili offerti al locutario, terreni che il locutore ha spianato e delimitato; una lottizzazione convocativa dello spazio cognitivo” (ibidem, 181). Con una chiara metafora, Trupia presenta il discorso convocativo come intenzionalmente disseminato di spazi vuoti, “quali terreni edificabili offerti al locutario, terreni che il locutore ha spianato e delimitato; una lottizzazione convocativa dello spazio cognitivo” (ibidem, 181). “Il discorso convocativo infrange quell’obbligo di pragmatica linguistica che prescrive la completezza del detto… è progettualmente e programmaticamente, volutamente incompleto, appellante nella sua stessa forma-struttura, il soccorso di colui al quale è rivolto” (ibidem, 176). “Il discorso convocativo infrange quell’obbligo di pragmatica linguistica che prescrive la completezza del detto… è progettualmente e programmaticamente, volutamente incompleto, appellante nella sua stessa forma-struttura, il soccorso di colui al quale è rivolto” (ibidem, 176). E’ un discorso aperto, nel senso che lascia spazio all’altro, convocandolo con un linguaggio insaturo, topicalizzato con termini che invitano a discutere, a completare un’opera, solo abbozzata dal locutore, con una cooperazione discorsiva, una cooperazione locutiva che è innanzitutto impegno etico. E’ un discorso aperto, nel senso che lascia spazio all’altro, convocandolo con un linguaggio insaturo, topicalizzato con termini che invitano a discutere, a completare un’opera, solo abbozzata dal locutore, con una cooperazione discorsiva, una cooperazione locutiva che è innanzitutto impegno etico. Il passaggio dal logos all’ethos del discorso non riveste solo il concetto proprio della retorica di moderato grado di partecipazione emotiva con cui l’oratore cerca di conciliarsi il favore di chi ascolta; ma è fondamentalmente apertura all’altro, riconoscimento del suo ruolo locutivo nell’interazione intersoggettiva. Il passaggio dal logos all’ethos del discorso non riveste solo il concetto proprio della retorica di moderato grado di partecipazione emotiva con cui l’oratore cerca di conciliarsi il favore di chi ascolta; ma è fondamentalmente apertura all’altro, riconoscimento del suo ruolo locutivo nell’interazione intersoggettiva.

26 Due leader a confronto

27 La piramide della comunicazione LOGOS PATHOS ETHOS

28 Il caso di Enrico V…

29 … e quello di un allenatore di football americano (scene 5 e 35)

30 Episodio n°41/128 “Esperienze professionali pregresse”( we are such staff the music are made on – lato E). Episodio n°41/128 “Esperienze professionali pregresse”( we are such staff the music are made on – lato E). Da una tesi di Giulia Chini In questo episodio viene utilizzata la metafora della scuola come spunto per una riflessione sull’organizzazione aziendale: la situazione precedecente l’arrivo di Miranda corrisponde all’ applicazione dello Scientific Management, mentre quella successiva coincide con l’attuazione dello Humanistic Management. L’edificio scolastico è descritto come un luogo vissuto ma ormai trascurato e malridotto, quasi pericolante a causa delle troppe crepe; i professori non credevano più al loro compito formativo ed educativo ed erano passivi di fronte a ciò che insegnavano, non esprimendo propri pensieri o punti di vista a riguardo. Bastava loro solamente mantenere “buoni” e semi-addormentati gli studenti. Ma un bel giorno giunse Miranda, una nuova e giovane professoressa di Storia e Filosofia, dall’aspetto insolito, che capì di cosa realmente i ragazzi avevano bisogno. Li guardava negli occhi uno per uno e li chiamava i “suoi” studenti; avrebbe parlato loro del sapere degli antichi e del valore degli esseri umani. Una mattina si accorse che gli studenti stavano cantando..

31 Episodio n°41/128 e Armilla Osservazione di Silvia Vallè Tra la città di Armilla e la trasposizione aziendale è possibile evidenziare analogie e differenze. La città di Armilla “non ha muri, né soffitti, né pavimenti”, manca di quegli elementi che realmente danno una connotazione fisica ed identitaria alla città. Ad essa le si oppone la vecchia scuola solida, rigida, scura e polverosa, con pareti ormai crepate per la poca manutenzione. La città di Calvino è formata da sole tubature, che con il loro intrecciarsi danno l’idea di una possibile struttura e forma di città. Ma è una struttura particolare, perché è comunque possibile vedere al di là attraverso gli interstizi tra i tubi; essa comunica l’idea di uno spazio libero, arioso, privo di rigide barriere. Allo stesso modo, le materie di insegnamento sono ravvisabili come possibili vie che aprono lo sguardo, facendo vedere oltre i muri di pietra di un insegnamento vetusto e nozionistico, verso nuovi orizzonti culturali.

32 We are such staff the music are made on “ We are such stuff as dreams are made on” ovvero “Siamo fatti della stessa sostanza dei sogni” recita il celebre aforisma di William Shakespeare. La massima del poeta inglese ha diverse interpretazioni plausibili, può lasciare intendere infatti che gli esseri umani possono essere trasportati dalla fantasia proprio come accade nei sogni, oppure, il fatto che si dica che i sogni siano irrealizzabili, ma se noi siamo fatti della stessa loro sostanza allora i sogni sono reali e ciò è un modo per dire che è la speranza ciò che ci mette in moto davvero. Un’ esistenza priva di sogni è come un giorno senza sole, triste e malinconico; sognare fa bene alla mente, ci motiva alla vita e al raggiungimento di determinati obiettivi. Un’ ulteriore lettura sostiene che siamo noi a rispecchiare i nostri sogni, che siamo volubili, mutevoli e incerti proprio come questi ultimi, ma per questo abbiamo maggiore speranza di realizzarci nella vita, in quanto ci è possibile desiderare tutto ed ottenerlo. Non per niente il più famoso aforisma di Walt Disney è proprio questo: “Se puoi sognarlo,puoi farlo”. La musica, dal canto suo invece, risveglia le funzioni mentali assopite, origina inaspettatamente capacità di rappresentazioni e stimola la creatività. Essa non appare all’ascoltatore con immagini definite, visive o olfattive, bensì le immagini suscitate dalla musica sono di tipo onirico, impalpabili, illogiche, confuse come quelle dei sogni. Inoltre, grazie al ritmo è in grado di sollecitare funzioni come quella di coordinamento e il divario tra l’immaginario onirico e quello della memoria “fotografica” lascia posto alla scelta soggettiva e all’interpretazione personale; proprio per queste ragioni rende l’immaginario ideativo. In altre parole, i sogni e la musica danno ampio spazio alla soggettività progettuale e questo per dire che l’ individuo, lo studente o il lavoratore a cui vengono rubati i sogni, avrà una minor resa produttiva rispetto all’individuo lasciato libero di esprimersi. Restando al titolo del racconto, anziché “stuff”, “ cosa” ( “sostanza” nel caso di Shakespeare), notiamo la parola “staff”, che, oltre ad indicare lo spartito musicale, indica l’insieme di persone che fan parte di un’ organizzazione, come appunto lo staff di un’azienda.

33 “Non vi racconterò delle cazzate, cercheremo invece di capire insieme ciò che davvero interessa a voi”. La frase di Miranda rivolta ai suoi studenti racchiude in sé il concetto di leadership convocativa, intesa come capacità di spingere gli individui a fare ciò che non farebbero mai da soli per mancanza di motivazione e di stimoli. La leadership non è legata principalmente al prendere decisioni, ma riguarda piuttosto la capacità di ispirare le persone con lo scopo di far loro cambiare direzione e raggiungere degli obbiettivi. Nell’episodio in questione gli studenti erano demotivati nello studio e la causa era da ricercare nei metodi inefficaci dei professori; quando la nuova insegnante capisce i loro bisogni, il loro desiderio e necessità di parole vere, essi ritrovano la voglia di fare e di applicarsi. Per leadership si intende anche il rispetto e la fede che viene riconosciuta ad una persona in modo naturale, quel senso di ammirazione e referenza che gli altri gli attribuiscono gratuitamente. Ci si chiede come mai ad alcune persone viene riconosciuta quella stima e considerazione e ad altre no. Esistono, infatti, persone che si trovano in posizioni di comando come ad esempio un dirigente, un capo ufficio, un capo famiglia, e non riescono a comandare e a farsi ascoltare, a far valere le loro ragioni e a farle condividere dagli altri, ed invece ce ne sono altre che assumono questi ruoli in modo più naturale. Dunque la leadership è strettamente legata ad una comunicazione efficace, quindi al saper trasferire le abilità e le capacità per realizzare un determinato obbiettivo, e alla giusta motivazione per far si che il risultato venga compiuto. Oggi il termine “leadership” è stato rivalutato poiché in passato faceva riferimento per lo più ad un capo che tendeva a soffocare le idee diverse dalle sue, evitando perciò di farle emergere e risolvendo i problemi con soluzioni conformistiche che precludevano il miglioramento delle stesse. Nell’ambito specificatamente aziendale un buon leader è colui che convoca i suoi dipendenti inducendoli al dialogo, all’iniziativa e al miglioramento: in questo modo si cerca di incentivare la leadership a tutti i livelli, fattore chiave nel successo delle imprese. Inoltre, ogni lavoratore si sentirà un componente fondamentale nel processo decisionale dell’azienda, proprio come accadeva grazie alla nuova professoressa che, guardando negli occhi gli studenti “uno per uno”, faceva sentire ognuno di essi parte importante nel gruppo classe. Oggigiorno, infatti, si necessita sempre di più di un’ “intelligenza collettiva” che si genera autonomamente in contesti lavorativi in cui si fanno emergere e si valorizzano le idee di tutti gli impiegati. In questa situazione il lavoratore avrà la sensazione di essere protagonista della vita aziendale e avrà la motivazione ad agire seguendo un binario comune, facilitando così lo sviluppo dei processi innovativi per assicurare il successo dell’impresa.

34 “ “Indossava un cappello ricoperto di lamelle rosate, stranamente abbinato alle buffe scarpe azzurre che sembravano rubate dal guardaroba di Minnie.” Si usa dire che il modo di vestire di una persona rispecchia il suo essere. C’è chi considera questa frase un semplice luogo comune, ma spesso i capi che scegliamo di indossare sono veramente espressione del nostro animo. Come possiamo notare, la nostra nuova professoressa porta un abbigliamento insolito, fantasioso e originale, insomma creativo. Ed è proprio la creatività uno dei punti di forza di questa insegnante che, con la creazione di un nuovo metodo d’insegnamento, è riuscita a trarre il meglio di sé dagli studenti e quindi a risvegliare in loro la creatività sopita. Essere creativi significa saper produrre idee, individuare soluzioni attraverso logiche nuove, essere attivi e personali in tutto ciò che si dice e si fa ed esser capaci di tramutare in azione o in materia tangibile/udibile qualcosa che prima era solo una forma mentale astratta, un’idea. Si può essere creativi, quindi, nel vestire ma anche nell'organizzare una festa, nell'arredare una casa, nel dirigere un'azienda.. Nella gestione di un’azienda, proprio così, poiché per poter occupare una posizione rilevante oggi non bisogna dimenticare che la creatività e il sapere sono fattori economicamente strategici e fondamentali per le industrie e, oggi più che mai, il futuro di un’azienda dipende dalla capacità di immaginazione e dalla creatività dei suoi dipendenti. Occorre prestare molta attenzione alle industrie culturali e creative, vere e proprie portatrici di benessere economico e sociale e la musica non può che risultare tra i protagonisti a pieno titolo! È necessario favorire la creatività e l’apertura mentale del personale alla ricerca del progetto giusto da realizzare, così alle aziende si renderà possibile la creazione di un ambiente dinamico e aperto all’ascolto delle idee e tutto ciò porterà a migliorare la qualità del prodotto.

35 “La distingueva un atteggiamento nuovo.” Miranda era contraddistinta da un atteggiamento nuovo e aveva nuovi progetti che andarono a risvegliare le menti degli studenti. La progettazione getta un ponte tra la creatività e l’innovazione ed essere innovativi vuol dire contribuire allo sviluppo dell’economia e della società. L’innovazione parte tutta dalle risorse umane: qualsiasi tipo di tecnologia, infatti, necessita di un supporto fatto di impegno e motivazione, volontà e capacità delle persone. Nessuna tecnologia può generare competitività quando la motivazione, la preparazione e la volontà di conseguire risultati viene meno. E queste qualità risiedono soltanto nel capitale umano. L’innovazione appunto deve sapere sviluppare un certo grado di competitività sul mercato poiché il cambiamento fine a se stesso non è realmente innovativo, inoltre, è un processo costante e graduale. Un’azienda veramente innovativa non realizza grandi progetti una volta tanto per poi restare diversi anni statica e immobile ma porta avanti innovazioni pian piano, giorno dopo giorno. Essere innovativi sul mercato significa anche investire sul capitale intellettuale, ovvero sulle conoscenze, dato che un grande capitale finanziario spesso non basta per garantire il futuro dell’impresa e questo è un aspetto che veniva negato nelle aziende di stampo tayloristico..

36 “Avrebbe raccontato alla classe la saggezza dei savi, avrebbe mostrato il valore degli esseri umani.[...]Le parole scorrevano su quei giovani per riportarli a una nuova dimensione esistenziale. La sapienza antica, come sapere fluido e liquido, impregnava di sé quei giovani, che per troppo tempo erano stati assetati del vero, senza nemmeno esserne coscienti.” Gli studenti sembravano aver smarrito la propria identità dentro le pareti scolastiche, non essendo neanche coscienti di quello che desideravano in realtà, fino a che un giorno riuscirono a ritrovare se stessi grazie anche ad uno sguardo verso il passato e la sapienza degli antichi. La costruzione di identità e la retrospettività sono proprio due caratteristiche di quello che Weick chiama “sensemaking”, ossia processo di produzione di senso. Non per niente la nuova professoressa insegnava Filosofia e Storia e praticare la filosofia è prima di tutto una ricerca di senso, un interrogarsi sul mondo e sulla propria esistenza; la filosofia dà la consapevolezza della realtà e gli alunni infatti prima erano “assetati del vero senza nemmeno esserne coscienti”, senza esserne consapevoli. La storia, invece, oltre che a farci riflettere sugli errori passati, ha il compito di farci capire il presente. Capendo chi siamo stati, siamo in grado di leggere meglio la nostra vita attuale e conoscendo il passato saremo più in grado di affrontare il futuro. Anche per un’ azienda l’identità è molto importante ed ha bisogno di senso per generarla. Grazie al senso crea anche una certa comunanza di obiettivi e valori, una certa stabilità e coesione interna. La retrospezione, inoltre, è fondamentale per il sensemaking perché ricostruisce le diverse fasi che portano al risultato come una serie di eventi collegati e rinforza i nessi causali e questo aspetto è molto importante per l’economia. La costruzione di significato deve prodursi sia individualmente che collettivamente per non perdere il proprio orientamento in un contesto come quello attuale che è in perenne trasformazione. Il sensemaking ha dunque un aspetto sociale in quanto gli individui si relazionano e sono influenzati dalla presenza di altri, così come i colleghi di lavoro collaborano tra di loro, e si tratta di un never ending process poiché è continuo, senza inizio nè fine. Inoltre si basa su informazioni selezionate, nell’episodio in questione, infatti, Miranda“Avrebbe fatto piazza pulita di tutto quello che era ormai morto e sepolto, di tutto quello che si era sedimentato in gravose incrostazioni nozionistiche etc” e sulla plausibilità dell’azione, in quanto l’uomo crea e realizza ciò che crede si avveri..


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