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Psicosi e Post-razionalismo

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Presentazione sul tema: "Psicosi e Post-razionalismo"— Transcript della presentazione:

1 Psicosi e Post-razionalismo
(Roma 2014) Pasquale Parise, IPRA,

2 In the 6th edition of Psychiatrie of 1899, Kraepelin reordered the psychiatric universe for the next century by grouping most of the insanities into two large categories, dementia precox and manic-depresive illness. They were distinguished by the following characteristics: (1) dementia praecox was primarily a disorder of intellectual functioning, manic-depressive illness was primarily a disorder of affects or mood (2) dementia praecox had a uniformly deteriorating course and a poor prognosis, manic-depressive insanity had a course of acute exacerbations followed by complete remissions with no lasting deterioration of intellectual functioning (3) there were no recoveries from dememtia praecox, whereas in manic-depressive illness there were many complete recoveries Berrios

3 Classificazione Kraepeliniana
Dementia Praecox (1899 VI ediz.) Psicosi Maniaco-Depressiva Ebefrenia di Hecker Catatonia di Kahlbaum Demenza paranoide di Morel In the 6th edition of Psychiatrie of 1899, Kraepelin reordered the psychiatric universe for the next century by grouping most of the insanities into two large categories, dementia precox and manic-depresive illness. They were distinguished by the following characteristics: (1) dementia praecox was primarily a disorder of intellectual functioning, manic-depressive illness was primarily a disorder of affects or mood; (2) dementia praecox had a uniformly deteriorating course and a poor prognosis, manic-depressive insanity had a course of acute exacerbations followed by complete remissions with no lasting deterioration of intellectual functioning; and (3) there were no recoveries from dememtia praecox, whereas in manic-depressive illness there were many complete recoveries. In 1899 dementia praecox took its now-familiar form as a heterogeneous class of psychotic disorders comprised of hebephrenic, catatonic, and paranoid forms The 8th edition of Kraepelin’s Psychiatrie was a four-volume opus, each of which appeared in different years between 1909 and In this edition dememtia praecox became one of the "endogenous dementias." It is in the 1913 third volume (second part) of this edition that Kraepelin adjusts his concept of prognosis to admit that a partial remission of symptoms occurred in approximately 26 percent of his patients. This brought dementia praecox in line with Eugen Bleuler’s claims about schizophrenia, which he had insisted from the start (in 1908) that (a) in many cases there was no fateful progressive deterioration, that (b) in some cases the symptoms did indeed remit for periods of time, and (c) that there were cases of complete recovery. The 8th edition of 1913 is also notable for the fact that Kraepelin increased the number of forms of dementia to 11. However, the three classical original subtypes would remain as the most influential description of this disorder for the century that followed. The 8th edition of Psychiatrie was that last Kraepelin would produce in his lifetime. He was working on a 9th edition with Johannes Lange ( ) but died in 1926 before it could be completed. Lange finished the bulk of it and published it in 1927. Kraepelin realized that the state of scientific knowledge was such that definitive claims about the cause of dementia praecox could not be made. Heredity clearly played a role, as Kraepelin and his research associates had demonstrated this in their quantitative research. As a result of following the clinical method suggested by Kahlbaum, Kraepelin set aside claims about underlying brain disease or specific neuropathology in diagnostic descriptions of mental disorders. However, from the 5th edition of 1896 to the third volume of the 8th edition of 1913 it was clear that Kraepelin believed that dementia praecox was caused by a poisoning of the brain, and “autointoxication,” probably arising from the sex glands after puberty

4 Criteri Classificatori Kraepeliniani
Raggruppamento di sintomi Decorso della psicopatologia Predittività prognostica (outcome)

5 Limiti del modello kraepeliniano
Non era frequente una distinzione così evidente tra forma clinica ed evoluzione della malattia La periodicità del decorso era considerata una caratteristica generale della malattia mentale Numerose osservazioni cliniche contrastarono fin dall’inizio la rigida divisione binaria delle psicosi “..sta diventando sempre più chiaro che non possiamo fare una soddisfacente distinzione tra queste due malattie, e questo ci fa nascere il sospetto che la nostra formulazione del concetto possa essere scorretta” (E.Kraepelin, 1920)

6 La Paranoia La paranoia la possiamo considerare concettualmente un tentativo di spostare il fulcro del paradigma psichiatrico di fine ‘800 dalla nozione di processo destinato inevitabilmente alla defettualità del deterioramento (caratterizzato dalla inesorabilità degli aspetti demenziali della follia, che si poteva ritrovare nella concezione unicista di Griesinger, in quella della degenerazione di Magnan, ancora più esplicita nella demenzia praecox di Kraepelin fino ad arrivare, per alcuni aspetti, al concetto inderivabilità del delirio primario di Jaspers) a quella di sviluppo (reazione) comprensibile sulla base delle caratteristiche di personalità.

7 La Paranoia Kraepelin nell’edizione del trattato del 1899 cercò di delimitarne in maniera drastica i confini, distinguendola dalle forme paranoidi e definendola come “un sistema delirante durevole, immutabile, che suole svilupparsi molto lentamente accanto ad una totale conservazione della chiarezza e dell’ordine nel pensiero, nel volere e nell’azione” Tra la fine dell’800 e i primi del 900 la paranoia era diventata una diagnosi di moda, nel senso che dal 70 all’80% dei ricoveri era diagnosticati come tali (un pò come oggi accade per la diagnosi di disturbo bipolare).

8 La paranoia kraepeliniana era caratterizzata sostanziamente dalla produzione di un delirio interpretativo lucido, con le caratteristiche della plausibilità, sostenuto da una struttura logica forte, sistematica, sostanzialmente senza aspetti allucinatori e, soprattutto, che non andava incontro a deterioramento. Questa concezione veniva fatta risalire a delle forme deliranti descritte qualche decennio prima (negli anni 60 da due psichiatri tedeschi, Snell e Sander) che esordivano “a freddo”, senza cioè quegli elementi passionali e affetivi che erano stati descritti come prodromici nella concezione unicista della follia da Griesinger

9 La paranoia rappresentava infatti un ottimo argomento di discussione non solo per definire l’origine primariamente affettiva o intellettuale delle esperienze deliranti, ma anche per riflettere sull’antinomia del delirio come sviluppo di personalità, “destino fatale di una costituzione”, e quindi con una sua comprensibilità, oppure delirio come processo morboso, momento di rottura di una biografia, stravolgimento di significati in una costituzione di personalità

10 La concezione kraepeliniana rivede il paradigma della paranoia definendola come una forma di alterazione della ragione (concezione intellettualistica) non così grave da involvere verso il deterioramento, caratterizzata da una forte coerenza narrativa, e in cui, soprattutto, non c’è il dissolvimento di una temporalità narrativa; esiste cioè una possibilità di una evoluzione biografica: la temporalità del delirio rimane nell’ambito della temporalità della vita. Anche in questa definizione della paranoia é evidente il criterio nosodromico della classificazione di kraepelin. Nella sua concezione il delirio paranoico racconta comunque una biografia

11 Il Delirio di interpretazione di Serieaux e Capgras
In quegli stessi anni, in maniera simile alla Paranoia di Kraepelin, viene descritto il Delirio di interpretazione da due psichiatri francesi, Serieux e Capgras (1909), che seppure sembrano riferirsi agli stessi malati, dal punto di vista del “meccanismo generatore” iniziano a introdurre il concetto della follia non più come demenza, ma come squilibrio delle funzioni psichiche. Questo evidentemente rappresenta un superamento dell’ottica demenzialista della follia

12 Il Delirio di interpretazione di Serieaux e Capgras
Nel delirio paranoico infatti loro sottolineano l’iperrazionalità, una vera “ossessione di causalità” di un intelletto che si mostra svincolato da quell’ equilibrio che dovrebbe tenere insieme le varie facoltè psichiche. Questo evidentemente rappresentava un superamento dell’ottica demenzialista della follia

13 Il Delirio di interpretazione di Serieaux e Capgras
Altra importante distinzione del Delirio di interpretazione dei francesi riguarda la concezione della temporalità, che per loro diventa una temporalità “figèe”, non più evolutiva, cristalizzata in una ripetizione infinita dello stesso meccanismo delirante. Per loro “il delirio si espande ma non evolve”. Il delirante attraverso la reiterazione dello stesso meccanismo morboso, tende a ripetere lo stesso tema (persecuzione, gelosia, erotomania...) all’infinito, determinando il congelamento di una biografia. Per loro il meccanismo delirante funziona come uno stampo industriale che traduce ogni volta nella stessa forma la “tranche” di vita della costruzione delirante che sta edificando. Il tempo del delirio é come il presente eterno dell’inferno dantesco, il tempo dove tutto é già accaduto Per loro il meccanismo delirante funziona come uno stampo industriale che traduce ogni volta nella stessa forma la “tranche” di vita della costruzione delirante che sta edificando (Del Pistoia) Del Pistoia, 2008

14 Allor surse a la vista scoperchiata un'ombra, lungo questa, infino al mento: credo che s'era in ginocchie levata. Dintorno mi guardò, come talento avesse di veder s'altri era meco; e poi che 'l sospecciar fu tutto spento, piangendo disse: "Se per questo cieco carcere vai per altezza d'ingegno, mio figlio ov'è? e perché non è teco?". E io a lui: "Da me stesso non vegno: colui ch'attende là, per qui mi mena forse cui Guido vostro ebbe a disdegno". Le sue parole e 'l modo de la pena m'avean di costui già letto il nome; però fu la risposta così piena. Di subito drizzato gridò: "Come? dicesti "elli ebbe"? non viv'elli ancora? non fiere li occhi suoi lo dolce lume?". Quando s'accorse d'alcuna dimora ch'io facea dinanzi a la risposta, supin ricadde e più non parve fora. A questo punto si levò dall’apertura scoperchiata un’ombra accanto a quella di Farinata, visibile dal mento in su: penso si fosse messa ginocchioni. Guardò intorno a me, come se avesse desiderio di vedere se con me c’era qualcun altro; e dopo che ebbe finito di dubitare, tra le lacrime disse: "Se il tuo alto ingegno ti consente di attraversare la buia prigione infernale, dov’è mio figlio? perché non è con te?". Ed io: "Non giungo per mio merito: Virgilio, che là mi aspetta, mi condurrà, passando di qui, fino a colei che il vostro Guido ebbe in dispregio". Le sue parole e la qualità del supplizio mi avevano già palesato il nome di questo peccatore; perciò la mia risposta fu tanto esauriente. Alzatosi di scatto in piedi gridò: "Come hai detto? - Egli ebbe? - Dunque non vive più? la dolce luce del sole non colpisce più i suoi occhi?" Quando si avvide di un certo indugio che io facevo prima di rispondergli, cadde nuovamente indietro e non si mostrò più fuori.

15 "Deh, se riposi mai vostra semenza", prega' io lui, "solvetemi quel nodo che qui ha 'nviluppata mia sentenza. El par che voi veggiate, se ben odo, dinanzi quel che 'l tempo seco adduce, e nel presente tenete altro modo". "Noi veggiam, come quei c'ha mala luce, le cose", disse, "che ne son lontano; cotanto ancor ne splende il sommo duce. Quando s'appressano o son, tutto è vano nostro intelletto; e s'altri non ci apporta, nulla sapem di vostro stato umano. Però comprender puoi che tutta morta fia nostra conoscenza da quel punto che del futuro fia chiusa la porta". "Deh, possa aver pace un giorno la vostra discendenza" lo pregai, "scioglietemi quel dubbio che in questo cerchio ha confuso le mie idee. Sembra che voi prevediate, se intendo bene, quello che il tempo porta con sé, ma per il presente vi trovate in una condizione diversa." "Noi vediamo" disse "come colui che ha la vista difettosa, le cose quando sono da noi lontane; di tanto ancora ci illumina Dio. Ma quando esse si avvicinano, la nostra mente non ci è di nessun aiuto; e se altri non ci porta notizie, nulla sappiamo del vostro stato sulla terra. Puoi pertanto capire come la nostra conoscenza sarà del tutto offuscata dal momento in cui la porta del futuro si chiuderà.“ I DURI VELI. VIAGGIO PSICOPATOLOGICO ATTRAVERSO L’INFERNO DI DANTE (L. Del Pistoia) L’acutissima intuizione di Del Pistoia è che i Dannati danteschi subiscano, nel loro passaggio dalla vita terrena all’eternità della pena infernale, gradi variabili del medesimo processo di depersonalizzazione che è subìto dai nostri simili quando entrano in una dimensione psicotica: subiscono cioè «un’esperienza da brivido che spianta l’Io dal suo fondamento e lo fa puro terrore», consegnandolo al Potere assoluto di un agente esterno anonimo e totipotente («vuolsi così colà dove si puote») e dei suoi esecutori e aguzzini, riducendosi, come i deliranti, a “dover essere” nell’unico modo della pena “eterna” (assolutamente irreversibile e non evolutiva), attaccati al ricordo della vita passata. Molti di questi dannati, infine, come molti psicotici guardati da vicino, hanno una vita ridotta ad un «formalismo rigido privo di qualsiasi anima e lontano da quell’intreccio di progetto, memoria e affetto che è la vita autentica. La loro passione progettuale è tutta investita nel loro delirio, il quale, essendo però un progetto campato per aria, che non si confronta con la realtà ma solo si impone ad essa, non può che ripetersi indefinitamente nella sua astrattezza»: siamo qui chiaramente nel mondo delle Missglukten Daseins (esistenze mancate, ma qui verrebbe da dire piuttosto esistenze perdute) di Ludwig Binswanger.

16 Questa distinzione, tra Paranoia di Kraepelin e Dellirio d’interpretazione di Serieaux e Capgras, sottolinea una importante differenza di paradigma tra una concezione ottocentesca del delirio, caratterizzata da una cifra sostanzialmente contenutistica (temi e loro evoluzione nel tempo) e una concezione del nuovo secolo, interessata maggiormente ai meccanismi generatori del delirio, e alla struttura psicopatologica dell’esperienza delirante

17 Paranoia come sviluppi di personalità
Psicosi passionali di de Clerambault Costituzione paranoica dei francesi Il Beziehungswahn di Kretschmer Gli sviluppi di personalità di Jaspers Nel suo lungo e magistrale lavoro Kretschmer ha individuato un percorso clinico all’interno del quale un delirio persecutorio è lo sbocco di profonde emozioni di angoscia-vergogna-rabbia che si articolano nel contesto di personalità che definì “sensitive”. L’Autore attraverso un rapporto psicoterapeutico continuativo ricostruiva con intelligenza ed amore le tappe che conducono dalla personalità e dalla biografia alla fatale svolta di emozioni tradotte poi nel delirio. Nella prefazione alla quarta edizione di Der sensitive beziehungswahn Kretschmer scrive: "Lo sforzo [...] fu un significativo segnale e un avanzamento per due tendenze di base della moderna psichiatria: 1) per il compito della psicoterapia [...] nel campo dei disturbi deliranti risalendo verso il confine delle psicosi schizofreniche; 2) per il passaggio ad una diagnostica multidimensionale". L’attenzione di Kretschmer, la sua continua donazione di senso alle esperienze deliranti, si incentra su una valutazione massima delle emozioni dei suoi deliranti e sullo strumento del comprendere genetico rispetto alla comprensibilità statica: vale a dire che l’articolazione di senso si impianta sulla sequenza affetti-delirio e sulla relazione Io-mondo espressa nelle situazioni, più che sulla rivivibilità da parte dell’osservatore di singoli fenomeni del delirio, che pur continuano ad esprimere modi di pensiero altamente patologici. Dall’insegnamento di Kretschmer nasce un modello delle sindromi deliranti che va ben al di là della categoria del “delirio in personalità sensitive” e che si rivolge a tutti i collegamenti coglibili, anche in maniera frammentaria, fra affetti e delirio e fra questi e situazioni di esistenza.

18 Paranoia come sviluppi di personalità
Conferimento al delirio di un significato “comprensibile” (inteso quindi come ‘reazione paranoide’ ad un evento) Continuità tra delirio e stile di personalità Ottimismo della prognosi

19 Paranoia e Ipocondria Interessante risulta essere l’accostamento tra paranoia e ipocondria, caro ad una certa tradizione fenomenologica, dove si possono individuare due tratti psicopatologici distintivi comuni: l’argomentare (caratterizzato dalla continua ricerca dell’accreditamento sociale del proprio delirio) e il vissuto del corpo opaco (ogni segno della corporeità dell’ Altro é caratterizzato dalla polisemia, nel senso che può essere espunto dal contesto di appartenenza e reinterpretato in termini autoreferenziali) Laddove i paranoidi invece il delirio lo asseriscono e non lo argomentano. Del Pistoia

20 Paranoia e Ipocondria In questo senso l’ipocondriaco può essere considerato il geloso, l’erotomane, il querulomane del proprio corpo (Tatossian). Il corpo diventa un oggetto destorificato e deanimato, centro di costanti attenzioni e continua fonte di preoccupazioni, di cui si rivendica un possesso sempre sul filo del tormento e della sofferenza da un lato, e della esibizione e del compiacimento dall’altro Per il paranoico ipocondriaco i medici che successivamente consulta diventano solo “una collezione di sconfitti”, tutti accomunati dall’incapacità di guarirlo.

21 Dopo Kraepelin il concetto di “demenzia praecox”, sempre contrapposto alla psicosi maniaco-depressiva, venne affrontato e ridefinito da Eugen Bleuler che introdusse il termine di “schizofrenia”. Bleuler, che aveva subito l’influenza delle idee di Freud, allargò il concetto, sottolineando gli aspetti psicologici alla base del disturbo, in particolare l’allentamento dei nessi associativi. 21

22 “Quando Eugen Bleuler ha introdotto il termine di schizofrenia, sostituendolo a quello di dementia praecox, ha spostato radicalmente e vertiginosamente l'asse della conoscenza e della denominazione della forma morbosa dal piano di una esperienza psicotica, che si riconosca e si costituisca utilizzando criteri clinici, a una esperienza psicotica che si abbia a definire e a diagnosticare mediante criteri non clinici (comportamentali ed esteriori) ma, appunto, psicopatologici (interiori e immedesimativi).” (E. Borgna)

23 Le Schizofrenie di Bleuler
Sottolineava gli aspetti psicologici del disturbo Modello teoretico-patogenetico Gruppo di sintomi descrittivo Gruppo di sintomi eziopatogenetico Sintomi fondamentali Sintomi accessori Even if, as in every ‘scientific finding’, some of the ideas were not completely new, Freud had clarified them and used them to develop a perspective, which was the basis for further research. Psychopathology, Bleuler contends, would not have made progress without these ideas, and he highlights the following, in particular: the role of the unconscious in symptom formation; the concept of repression; the ubiquity of inner conflicts; the deferred effect of earlier affective experiences; the transference of affect to unrelated ideas; the mechanisms of condensation, conversion symptoms, abreaction; and the importance, if perhaps exaggerated, of sexuality. Sintomi primari Sintomi secondari

24 Le Schizofrenie di Bleuler
Sintomi fondamentali Sintomi accessori Sintomi primari: alterazioni delle associazioni (spaltung e allentamento dei nessi associativi) Sintomi secondari: tutti gli altri Autismo Ambivalenza Alterazioni delle Associazioni Alterazione dell’Affettività Deliri Allucinazioni Comportamenti catatonici Disturbi del comportamento In contrasto con la tradizionale comprensione della Demenzia Praecox in termini di assenza o appiattimento dell’affettività, Bleuler sosteneva che l’affettività tende a predominare nei pz schizofrenici a causa della debolezza delle loro funzioni logiche. Bleuler sosteneva che il blocco di un complesso affettivo era dovuto alla repressione e inibizione da parte di altri complessi affettivi B. sosteneva che la “perdita primaria delle associazioni” spiegava la fondamentale spaltung (splitting) della psiche (Spaltung o dissociazione (da cui la radice greca skizein del neologismo) in complessi indipendenti che compromettono l’unità della personalità) Per “ambivalenza” intendeva un’esperienza patologica nella quale pensieri ed emozioni contraddittori coesistevano senza influenzarsi gli uni con gli altri

25 Il concetto di Autismo “Chiamiamo autismo il distacco dalla realtà e la predominanza della vita interiore… Gli schizofrenici gravi non hanno più alcun rapporto col mondo esterno, vivono in un mondo a sé; se ne stanno con i loro desideri, che ritengono appagati, o con la sofferenza della propria persecuzione; limitano al massimo i contatti col mondo.” E. Bleuler , 1911

26 Il concetto di Autismo Minkowski (1926) parla di perdita del “contatto vitale con la realtà” e di quel radicamento abituale al mondo intersoggettivo della vita che determina la “presunzione che l’esperienza continui costantemente nel medesimo stile costitutivo” (Husserl). L’accordo e la sintonia col mondo della vita non riguarda la conoscenza razionale delle cose, ma il presupposto ontologico della costituzione del mondo, quello sfondo pre-categoriale, pre-riflessivo, pre-verbale che caratterizza l’esperienza della propria ipseità. l’autismo inizia ad essere considerato come un “disturbo generatore” dell’essere schizofrenico che indica una profonda trasformazione del tessuto dell’esperienza e della possibilità di condividerla con gli altri esseri umani Per Mink. il ritiro era una conseguenza della perdita del contatto vitale, inteso come disturbo generatore Es. il padre schizoide che acquista una bara come regalo di Natale della figlioletta morente.

27 Il concetto di Autismo Binswanger (1963) “il concetto base usato nella comprensione di ciò che è chiamato il tessuto esistenziale dello schizofrenico è la nozione di crisi della coerenza della esperienza naturale - la sua incoerenza. L’incoerenza implica precisamente l’incapacità di “lasciare essere le cose” nell’incontro immediato con esse, in altre parole di sostare indisturbato presso le cose”

28 Il concetto di Autismo In questo senso l’autismo non è una proprietà indipendente dalla persona ma indica una trasformazione del Sé, una trasformazione del dialogo tra il Sé e il Mondo, che implica la perdita di quel “senso comune”, quella naturalità dell’evidenza caratterizzata da una tacita condizione dell’esperienza, qualcosa di simile ad un medium o a un orizzonte nel quale l’esperienza, inclusa la riflessione esplicita e tematica, è resa possibile e prende luogo Parnas, 2002

29 Il concetto di Autismo Disturbo dell’intenzionalità costitutiva dell’esserci intersoggettivo, dove per “intenzionalità” intendiamo la “necessità di raggiungere, nell’interazione sociale, una comune costituzione di significato”. C. Mundt, 1985

30 Il concetto di Autismo Blankenburg si riferisce a quelle forme di schizofrenie paucisintomatiche, “subapofaniche”, nelle quali può essere colta l’essenza della modificazione schizofrenica in quanto non sommersa dalla produzione delirante allucinatoria. “L’evidenza dell’evidente si sottrae all’attenzione dell’essere sano nasconendosi dietro la maschera del banale, del trascurabile,e si rifiuta ostinatemente alla coscienza...nelle schizofrenie subapofaniche si perde questa caratteristica dell’evidenza...che è una qualità di fondo e di base allo stesso tempo” (Blankenburg, 1971)

31 Le Schizofrenie di Bleuler
Forma Simplex Forma Ebefrenica Forma Catatonica Forma Paranoidea Chiusura autistica, appiattimento dell’affettività, mancanza d’interessi e d’iniziative Appiattimento affettivo, giovane età, dissociazione ideoaffettiva stupor catatonico: grado estremo di assenza di consapevolezza negativismo catatonico: resistenza attiva ai comandi o ai tentativi di mobilizzazione rigidità catatonica: postura rigida e resistenza passiva agli sforzi di mobilizzazione Catalessia: rigidità muscolare per cui il paziente mantiene a lungo la stessa posizione, a volte anche scomoda, ed è quasi impossibile dall’esterno modificarla: “segno del cuscino”: mantenere da sdraiati la testa di poco sollevata dal piano Flessibilità cerea: quando si tenta di sollevare un arto del malato, si apprezza durante il movimento passivo imposto una certa resistenza muscolare Manifestazioni catatoniche (stupor, flexibilità cerea, negativismo) Produttività delirante, Allucinazioni

32 K. Jaspers e la psicopatologia fenomenologica
"L’oggetto della psicopatologia è l’accadere psichico reale e cosciente. Noi vogliamo sapere che cosa provano gli esseri umani nelle loro esperienze e come le vivono" Il delirio viene quindi visto non come un errore del giudizio ma come un’alterazione dell’esperienza (un’esperienza delirante primaria), caratterizzata da uno stravolgimento dei significati del mondo attraverso il meccanismo della percezione delirante (l’esperienza del delirare è contemporanea alla percezione di una trasformazione dei significati mondani)

33 Karl Jaspers e l’incomprensibiltà dell’esperienza schizofrenica
Nel 1913 Jaspers, nel suo trattato di Psicopatologia Generale introduce il concetto d’incomprensibilità dell’esperienza delirante primaria (schizofrenica) attraverso la definizione di “processo psichico”, che rappresenta tutto ciò che non si riesce ad afferrare attraverso la comprensione empatica, che non si riesce a derivare in senso storico-biografico dall’incontro col pz: paradigma della discontinuità dell’esperienza e della relazione. Per Jaspers lo schizofrenico è qualcuno da cui ci si sente separati da “un abisso che si oppone a qualsiasi descrizione” Per Jaspers lo schizofrenico è qualcuno da cui ci si sente separati da “un abisso che si oppone a qualsiasi descrizione”

34 Karl Jaspers e l’esperienza delirante
Introduce quindi la distinzione tra i “veri” deliri, che riguardano le esperienze deliranti primarie, e i deliroidi (wahnhafte ideen), che sono in qualche misura derivabili dalle variazione dell’umore e comprensibili nell’ambito di queste variazioni.

35 Karl Jaspers e l’esperienza delirante
"Diamo il nome di vere idee deliranti solamente a quelle idee deliranti che hanno la radice in una esperienza patologica primaria...mentre chiamiamo idee deliroidi quelle che sorgono, comprensibilmente...e che possono quindi psicologicamente essere derivate dalle emozioni, dalle pulsioni, dai desideri e dalle paure" Jaspers, 1913

36 Karl Jaspers e l’esperienza delirante
Le convinzioni deliranti derivano da esperienze deliranti, a partire dalle quali il paziente costruisce un sistema delirante “che nella sua concatenazione può essere completamente comprensibile, anzi talvolta molto acuto, stringente e tale che ci diventa incomprensibile solo nelle fonti ultime dell’esperienza primaria” “L’esperienza delirante... consiste.. nello stravolgimento dei significati che assume il mondo circostante” Quella di Jaspers può essere considerata una posizione vicina a quella della psichiatria romantica ottocentesca (Griesinger, Pinel) che consideravano il delirio come derivabile da esperienze di alterato sentire, con la differenza che in Jaspers l’alterazione dell’esperienza é in termini di coscienza intenzionante, e non in termini di alterazione delle facoltà. Jaspers, 1913

37 Kurt Schneider e la sua psicopatologia clinica
Concetto medico-scientifico, naturalistico della patologia mentale Sistema di classificazione triadico La diagnosi fondata su criteri di status e non di decorso Introduzione del concetto di sintomi di primo rango per la diagnosi di schizofrenia La distinzione, nell’ambito delle psicosi endogene, tra Dasein e Sosein Il dasein si riferisce alla struttura esistenziale dell’esserci, l’essere radicato nel mondo della vita, il sosein invece agli aspetti tematici di una biografia, all’essere ‘così’. Nella schizofrenia quella che entra in crisi è la struttura formale dell’esistenza, il dasein appunto, mentre viene mantenuta la comprensibilità dei temi, il sosein.

38 Il concetto di ‘malattia’ in psichiatria per KS era supportato non tanto da obiettività patologiche del soma, quanto da una serie di peculiarità psicopatologiche: la psicosi “infrange la compiutezza, la sensatezza e la continuità di significato dello sviluppo di una vita” sono caratterizzate da sintomi psicopatologici che non hanno analogie con le esperienze psichiche non psicotiche (come i sintomi di primo rango) non sono comprensibili alla luce di particolari eventi nè motivate da questi

39 Attraverso la ‘comprensione genetica’ si può afferrare l’esser-così (Sosein) dello psicotico, arrivando ad una buona comprensione dei temi e dei contenuti, ma rimane l’’incomprensibiltà’ degli aspetti formali del delirare, l’inaccessibilità dell’essere-con (del Dasein).

40 La psicopatologia di K. Schneider
“L’esperienza insegna che spesso vi sono grosse difficoltà nel basare una diagnosi psichiatrica su un dato psicopatologico. Non si tratta qui infatti di addizionare o combinare sintomi obiettivamente coglibili e dimostrabili, come nelle diagnosi di malattie fisiche, bensì della valutazione di affermazioni, della valorizzazione di comportamenti e di atteggiamenti dell’esaminato, e delle impressioni dell’esaminatore” Il successivo tentativo, fortemente coerente metodologicamente e radicale nella sua linearità, è stato quello di K.Schneider e del gruppo di Heidelberg, di asserire che la diagnosi di schizofrenia è una diagnosi di stato e non di decorso, qualsiasi esso sarà, e che si fonda sulla psicopatologia jaspersiana, vale a dire sullo studio delle esperienze interne del paziente. E’ questo studio che ha portato ad individuare alcuni modi dell’esperire, alcuni Erlebnisse considerati tipici, e che sono stati tradotti a livello semiologico dai “Sintomi di I° Rango” di K.Schneider. L’impatto che questo modo di pensare ha avuto ed ha nella clinica della schizofrenia è enorme, per il rigore epistemico che lo connota, ed i “Sintomi di I° Rango” sono entrati in ogni sistema diagnostico della schizofrenia; direttamente o camuffati, come per i disturbi dell’Io, le esperienze di influenzamento, in gran parte fatti erroneamente rientrare e confusivamente mescolati dai D.S.M.(III e successivi) nell’ambito dei deliri, come “deliri bizzarri”. Le conseguenze della psicopatologia schneideriana della schizofrenia non sono piccole: esclude dall’ambito definitorio della schizofrenia sia la linearità del decorso verso stati cronici, abolendo così, almeno a livello di criteri diagnostici, quello che era stato il “pricipio di Kraepelin” (<<Per noi la diagnosi psichiatrica si basa fondamentalmente sui quadri di stato e non sul decorso>>, K.Schneider 1950,op.cit.p.97), ed esclude inoltre il ruolo fondamentale che il disturbo delle associazioni aveva avuto nella definizione bleuleriana della schizofrenia e dei suoi esiti (<<Per “scucito” - zerfahren - si intende, in senso stretto, il fatto che non si possono compiutamente collegare insieme i rapporti di dipendenza di un pensiero con il precedente...Molto spesso gli schizofrenici pensano e parlano proprio così. Ma gradi più leggeri di “scucitezza” possono esservi ovunque...Per quanto anche questi disturbi del pensiero possano essere importanti per l’essenza e la teoria della schizofrenia, essi tuttavia, da un punto di vista diagnostico-pratico, sono di scarsa importanza>>. K.Schneider,1950, op.cit. pg. 97 e 104). Così ogni delirio, “autentico” in quanto fondato su esperienze interne del tipo “percezione delirante”, è per l’A. sintomo schizofrenico, ed inoltre, a mio parere, si centra la attenzione più su un modo, fugace o duraturo, di procedere della mente, su uno stato dell’esperire chiamato schizofrenia, che sulla malattia schizofrenica in senso clinico. L’operazione di psicopatologia clinica di K.Schneider sembra in definitiva più cogliere il profilo indiscutibile della o delle psicosi non-affettive, che non una specifica psicosi chiamata schizofrenia. K. Schneider, 1950

41 I Sintomi di Primo Rango
“I sintomi che abbiamo posto in rilievo ai fini diagnostici sono talvolta esperienze abnormi, altre volte espressioni abnormi. Dobbiamo quindi cercare di stabilire un ordinamento per rango dei sintomi nella loro struttura ai fini della diagnosi. Si può dire, in generale, che alcune modalità abnormi dell’esperienza, riconosciute in modo inequivocabile, hanno la precedenza rispetto alle abnormità dell’espressione.” Dai più importanti dieci studi di esito della schizofrenia condotti nel secolo J.Cutting (1986) conclude che al giorno di oggi, circa un quarto dei pazienti dopo una prima ammissione in ospedale va incontro a completa guarigione, circa un altro quarto va incontro ad un cronico deterioramento sociale ed intellettuale che richiede frequenti ricoveri e/o una grande impegno di supporto comunitario, e circa una metà dei pazienti ha un decorso oscillante fra questi due estremi, ma con stati finali giudicati globalmente “favorevoli” nel 49% da L.Ciompi e C.H.Muller (1976), nel 53% dei casi da M.Bleuler (1978), nel 57% da G.Huber e Coll.(1979). Naturalmente i parametri di decorso-esiti sono da sempre inestricabilmente connessi ai criteri diagnostici adoperati. Per esempio J.Cutting sottolinea come la scelta dei D.S.M. (dalla terza edizione in poi) di considerare criterio diagnostico indispensabile per la schizofrenia che il disturbo con caratteristiche sintomatologiche schizofreniche perduri per almeno sei mesi, fa sì che i pazienti con cattiva prognosi risultino iper-rappresentati La descrizione dei sintomi di primo rango di KS si trova a pg 103, mentre quella del delirio come “esperienza primaria” a pg 88 della ‘Psicopatologia Clinica’.

42 I Sintomi di Primo Rango
“ Tra le numerose varianti abnormi dell’esperienza schizofrenica, ve ne sono alcune che noi chiamiamo sintomi di primo rango, non perchè li abbiamo considerati “disturbi fondamentali”, ma perchè essi hanno un’importanza e un peso tutto particolare ai fini della diagnosi. Questa valutazione si riferisce quindi solo alla diagnosi. Non dicono cioè nulla nei riguardi della teoria della schizofrenia, come invece i sintomi ‘fondamentali’ e ‘accessori’ di Bleuler “ La descrizione dei sintomi di primo rango di KS si trova a pg 103, mentre quella del delirio come “esperienza primaria” a pg 88 della ‘Psicopatologia Clinica’. I sintomi di primo rango di Schneider sono sostanzialmente disturbi dei Confini dell’Io e possono essere concettualizzati secondo 4 organizzatori psicopatologici

43 Disturbi dei confini dell’Io
I disturbi dei confini dell’Io possono essere concettualizzati secondo quattro organizzatori psicopatologici: Perdita della meità Passività Permeabilità dei confini dell’Io Immediatezza

44 Perdita della meità Questa fa riferimento alla perdita del senso di appartenenza dei propri pensieri (sentimenti, impulsi, atti di volontà), che vuol dire il pz ha la convinzione che i pensieri, sentimenti, ecc... non gli appartengano, non siano i suoi. Anche se sono localizzati nella sua mente, non sono generati da lui.

45 Passività Questa si riferisce al senso di perdita del sentimento di attività rispetto ai propri pensieri (affetti o movimenti). L’esperienza del pz è che i pensieri, le sensazioni, i movimenti del suo corpo gli siano imposti da forze esterne (ciò viene generalmente espresso con la convinzione di “essere controllato”), e che lui deve passivamente sottomettersi a queste esperienze. Queste esperienze di passività possono essere descritte lungo un continuum che va dall’esperienze aspecifiche di influenzamento all’esperienze di completa alienazione (come nella diffusione del pensiero)

46 Continuum della passività (Koehler, 1979)
F5 Esperienze aspecifiche di influenzamento: il soggetto è certo che c’é un qualche controllo o influenza generale che é esercitata su di lui dall’esterno F6 Esperienze specifiche d’influenzamento: l’esperienza è come in F5 ma ora il soggetto ha acquisito certezza rispetto a quali aree specifiche dell’Io sono controllate da una forza esterna F7 Esperienze d’influenzamento e depersonalizzazione: si realizza una combinazione della più comune esperienza di depersonalizzazione del sé, con l’esperienza specifica d’influenzamento come in F6 F8 Esperienze di alienazione positive: come in F6 ma ora il soggetto è certo di esperire positivamente pensieri, sentimenti, ecc..che gli sono completamente alieni o estranei; questi non li riconosce come suoi ma come imposti dall’esterno (ad es: inserzione del pensiero)

47 Continuum della passività (Koehler, 1979)
F9 Esperienza di alienazione negativa-attiva: come in F6 ma qui il soggetto é certo di essere consapevole “in negativo” di aver perduto i propri pensieri, sentimenti, ecc.. poichè questi gli sono stati attivamente sottratti dall’esterno (ad es: furto del pensiero) F10 Esperienze di alienazione negativa-passiva: come in F6 ma il soggetto é certo di essere consapevole “in negativo” del fatto di aver perso i propri pensieri, sentimenti, ecc.. poichè questi sono stati, contro la sua volontà, in qualche modo diffusi o persi nel mondo esterno (ad es: diffusione del pensiero) In questa progressione dinamica un passaggio estremamente significativo é quello siglato dalla perdita della meità. Questo elemento infatti fa da spartiacqua tra l’esperienza d’influenzamento dei propri pensieri, senza perdita del senso della loro appartenenza, e le esperienze di alienazione, nelle quali il pz ha consapevolezza che i pensieri che si trova in testa non gli appartengono, non sono suoi. La crisi della meità sembra quindi realizzarsi o coincidere con il passaggio tra esperienze d’influenzamento e esperienze di alienazione, passaggio nel quale si realizza la perdita della sensazione di essere agente generatore (autore) di una parte dei propri pensieri (Rossi Monti)

48 Permeabilità dei confini dell’Io
Si intende che tutti i disturbi dell’Io, vale a dire furto, influenzamento, diffusione del pensiero e le esperienze di passività descritte possono essere raggruppate insieme e considerate “sotto il comune angolo visuale della permeabilità della ‘barriera’ Io-Ambiente, cioè della perdita dei limiti dell’Io, della dissolvenza dei suoi contorni” (Schneider, 1950)

49 Immediatezza Ai primi tre organizzatori della psicopatologia classica, Blankemburg ha aggiunto quello della immediatezza dell’esperienza avvertita, che rimanda al tema del preriflessivo, e quindi immediato, dell’esperienza delirante.

50 Depersonalizzazione (Disturbi della coscienza dell’Io)
La depersonalizzazione è l’angosciante vissuto che gli eventi psichici non appartengano all’Io. Tale sentimento di estraneità si caratterizza nella perdita della “meità”, dei propri atti e stati psichici.-Depersonalizzazione autopsichica: sentimento di estraneità, di non appartenenza all’Io dei contenuti di coscienza; si associa a sentimenti angosciosi, all’esperienza di automatismo mentale e delle proprie azioni o alla perdita del sentimento (depersonalizzazione affettiva).Depersonalizzazione somatopsichica: sentimento di estraneità del proprio corpo o di sue parti (può accompagnarsi a sensazioni di trasformazione o cambiamento degli organi. Il delirio nichilistico ne rappresenta l’estrema gravità).Depersonalizzazione allopsichica o derealizzazione: l’ambiente è vissuto come irreale, estraneo 

51 Percezione Delirante “ Si parla di percezione delirante quando a una percezione reale viene attribuita, senza un motivo comprensibile conforme alla ragione (razionale) o al sentimento (emozionale), un significato abnorme, generalmente nel senso dell’autoriferimento. Questo significato è di tipo particolare: quasi sempre è inteso come qualcosa di importante, di profondo, di penetrante, in certo qual modo di personale, come un avvenimento, un messaggio, un’ambasciata proveniente da un altro mondo.” La percezione delirante si riferisce all’esperienza che alcune percezioni sensoriali ‘reali’ (integre) assumano improvvisamente un significato privato nuovo, abnorme e autoreferenziale. In questa Schneider implica una doppia articolazione di una percezione sensoriale normale, accidentale e innocua con una spiegazione abnorme, speciale, diretta all’Io con i caratteri di un improvviso stravolgimento del proprio mondo di significato K. Schneider, 1950

52 La percezione delirante rappresenta quindi il delicato punto di equilibrio tra la sospensione dell’abituale significatività delle cose, l’incrinatura delle categorie dell’esperienza e l’improvvisa comparsa (apofania) di un contenuto tematico nuovo, autoreferenziale e idiosincrasico. Quello che qualcuno ha chiamato una “regressione tolemaica” dell’esperienza, Quella che qualcuno ha chiamato una “regressione tolemaica” dell’esperienza

53 “ In una esperienza delirante primaria è insito qualcosa che ribalta una visione del mondo, una rottura epistemologica, una crisi di paradigma...che rivoluziona il rapporto figura/sfondo. L’elemento di rottura che la percezione delirante introduce ha a che vedere con la necessità di uno iato nella propria biografia...che fratturi la contiguità tra il tema del delirio e la propria esistenza.” M. Rossi Monti, 2008

54 Torso arcaico d’Apollo (R.M. Rilke)
Non conoscemmo il suo capo inaudito e le iridi che vi maturavano. Ma il torso  tuttavia arde come un candelabro  dove il suo sguardo, solo indietro volto, resta e splende. Altrimenti non potrebbe abbagliarti la curva del suo petto e lungo il rivolgere lieve dei lombi scorrere un sorriso  fino a quel centro dove l'uomo genera. E questa pietra sfigurata e tozza vedresti sotto il diafano architrave delle spalle, e non scintillerebbe come pelle di belva, e non eromperebbe da ogni orlo come un astro: perché là non c'è punto che non veda te, la tua vita. Tu devi mutarla. Nella poesia di Rilke secondo Blankenburg, si ritrovano gli aspetti formali di una percezione delirante nell’incontro con una opera d’arte. In quella poesia Rilke racconta la sua esperienza durante una visita al Louvre davanti ad un busto arcaico di Apollo. Il poeta si sente soggiogato e trasformato da quell’incontro: colui che osserva si sente all’improvviso colui che viene osservato, e dal torso scaturisce all’improvviso un imperativo categorico: “devi cambiare la tua vita!”, come improvvisa nuova certezza di sè. Si assiste quindi all’irruzione di un evento nuovo, improvviso e soggiogante sulla propria esperienza. Non è questa, si chiede Blankenburg, la struttura tipica del vissuto nella percezione delirante? Non siamo di fronte a quella condizione nella quale un significato emerge in maniera non comprensibile emozionalmente nè intellettualmente da un’esperienza percettiva? La differenza tra l’esperienza di Albrecht e quella del poeta sta non tanto negli aspetti formali dell’irruzione di un evento nuovo e discrepante nella biografia dell’individuo, quanto nella capacità di assimilazione dell’evento stesso da parte della persona. Nel poeta la continuità della storia di vita non viene spezzata ma l’evento rappresanta il tema di una elaborazione personale. Il torso di Apollo trova un ‘tu’ con cui entrare in dialettica, nel caso di Albrecht il quadro non trova nessun ‘tu’ con cui confrontarsi: al contrario impone il proprio significato come un diktat. (M.Rossi Monti, 2008)

55 Nella poesia di Rilke, secondo Blankenburg, si ritrovano gli aspetti formali di una percezione delirante nell’incontro con una opera d’arte. Il poeta si sente soggiogato e trasformato da quell’incontro: colui che osserva si sente all’improvviso colui che viene osservato, e dal torso origina in maniera inaspettata un imperativo categorico: “devi cambiare la tua vita!”, come improvvisa nuova certezza di sè. Si assiste quindi all’irruzione di un evento nuovo, improvviso e soggiogante sulla propria esperienza. Non è questa, si chiede Blankenburg, la struttura tipica del vissuto nella percezione delirante? Non siamo di fronte a quella condizione nella quale un significato emerge in maniera incomprensibile da un’esperienza percettiva?

56 La differenza tra l’esperienza di Albrecht e quella del poeta sta non tanto negli aspetti formali dell’irruzione di un evento nuovo e discrepante nella biografia dell’individuo, quanto nella capacità di assimilazione dell’evento stesso da parte della persona. Nel poeta la continuità della storia di vita non viene spezzata ma l’evento rappresanta il tema di una elaborazione personale. Il torso di Apollo trova un ‘tu’ con cui entrare in dialettica. Il quadro di Albrecht non trova nessun ‘tu’ con cui confrontarsi: al contrario impone il proprio significato come un diktat. M. Rossi Monti, 2008

57 Schneider’s Symptom Deliri Percezione delirante Allucinazioni uditive
Eco del pensiero Voci che discutono o litigano Voci che commentano le azioni del paziente Disturbi del pensiero: passività del pensiero Furto del pensiero Inserimento del pensiero Trasmissione (diffusione) del pensiero Esperienze di passività: deliri di controllo Passività affettiva Passività degli impulsi Passività della volontà Passività somatica

58 “Non c'è una modalità astratta e impersonale in psicopatologia, ma in essa ogni forma di conoscenza è implacabilmente implicata e immersa in una circolarità ermeneutica che trascini con sè la interiorità (la soggettività) del paziente e la soggettività (la interiorità) del medico. Non c'è, dunque, possibilità di conoscenza in psicopatologia, non c'è captazione possibile degli orizzonti infiniti che fanno da sfondo ai sintomi (ai fenomeni), che possano fare a meno delle connessioni radicali con l'area sfuggente e problematica, ma essenziale, della intersoggettività. Non è possibile fare della psicopatologia, non è possibile sondare i modi di vivere e di ri-vivere (le cose e le situazioni) da parte dei pazienti se non si rinuncia a ogni atteggiamento di neutralità, di fredda e gelida scientificità, di fronte a loro, e se non ci si serve della intuizione e della immedesimazione.” (E.Borgna)

59 SISTEMI NOSOGRAFICI ATTUALI
Modestia epistemologica (caratterizzata da pretese finalità essenzialmente operative, rifiutando ogni responsabilità di carattere ontologico) Aspirazioni essenzialiste e oggettiviste (sforzi di carattere scientifico, culturale, economico per la ricerca di markers biologici, genetici, neurofisiologici della schizofrenia)

60 Una tale nosografia descrittiva e statica ha avuto il vantaggio della massima condivisione all’interno del mondo scientifico privando però di significato e di storicità la sofferenza individuale, che viene vista in maniera impersonale, senza mostrare molto interesse per il contenuto di questa sofferenza, dove deliri e allucinazioni sono spesso visti come “rami secchi” da potare farmacologicamente

61 Le premesse epistemologiche di una tale prospettiva sono che esista una realtà oggettiva data alla quale i tentativi di classificazione debbano tendere PROSPETTIVA EMPIRISTA Esiste un ordine univoco della realtà in cui è già contenuto il significato delle cose, che può essere desunto se l’osservatore si situa in una posizione metodologica particolare, cioè quella dell’OSSERVATORE PRIVILEGIATO PROSPETTIVA COSTRUTTIVISTA Di fatto, l’ORDINE ESPERENZIALE non è qualcosa che ci viene dato dall’esterno, ma è un prodotto del nostro interagire con l’ambiente. Le nostre esperienze e le nostre conoscenze sono sempre COESISTENTI alla nostra costruzione di Mondo

62 Dal nostro punto di vista, invece, i sintomi vanno ricondotti in un contesto storico di significato dell’individuo e la psicopatologia dovrebbe essere organizzata su costrutti generatori di senso piuttosto che di diagnosi.

63 Da questa prospettiva il concetto d’incomprensibilità e inderivabilità dell’ esperienza delirante primaria, al centro del tentativo di sistematizzazione della psicopatologia di Jaspers, corre il rischio di rimandare all’esperienza dell’osservatore il giudizio sulla congruità e comprensibilità di un significato (che in altri termini potrebbe anche voler dire cercare una corrispondenza di significati tra osservatore e osservato). Concetto di comprensione statica e comprensione genetica in Jaspers

64 “Il sentimento di estraneità dello psichiatra corrisponde all’estraneazione del malato. Il fallimento della comprensione é in psicopatologia un criterio fondamentale. La coscienza dello psichiatra diventa, per così dire, un ‘reattivo sensibile’, ed acquisisce una specie di ipersensibilità all’incomprensibile. Questa ipersensibilità consente di isolare più facilmente l’elemento schizofrenico.” Qualcosa di simile era teorizzata nella “diagnosi per penetrazione” di Minkoswski e nel “sentimento precoce” di Rumke Blankenburg, 1971

65 In questo senso il rischio è di non cogliere che la comprensibilità riguarda non soltanto il mondo del pz ma piuttosto qualcosa che riguardi l’osservatore: il suo zelo, l’elasticità dei suoi concetti interpretativi, le sue capacità empatiche, il tempo dedicato e trascorso insieme al pz, etc. Esempio della sign. Mancuso e della sua convinzione del signore svizzero-francese che l’aspettava all’uscita dal ricovero, che lei non aveva mai conosciuto personalmente ma che era in contatto con lei da diversi mesi, e che era l’unica persona in quel periodo che poteva darle dei consigli su cosa fare.

66 “…è difficile evitare la conclusione che una delle principali funzioni dei sistemi di classificazione fosse convincere i medici e il pubblico della complessità della follia e della conoscenza precisa e specialistica necessaria per il suo trattamento.” Mary Boyle Questa dia riguarda l’ipernosografismo (delirio nosografico) dei vari DSM

67 Attualmente è ancora difficile dire in maniera definitiva cosa sia la schizofrenia e, soprattutto, se esista un’unica patologia caratterizzata da un'unità di sintomi, decorso, esito e fisiopatologia che rappresenti l’espressione prototipica della follia umana

68 La Schizofrenia Realtà sindromica cui poter arrivare da più direzioni caratterizzata da una mutazione profonda dell’esperienza, in cui viene definitivamente persa la certezza preriflessiva nelle caratteristiche del mondo e della realtà, che determina quindi l’impossibilità a partecipare ad una prassi condivisa di senso con la perdita di quello sfondo di “evidenza naturale”, di “common sense” che ci permette di “sostare indisturbati vicino le cose”

69 Il ‘Senso Comune’ “..la sempre presente e sempre dimenticata cornice dell’esperienza…che dà continuità storica al Sé e costituisce il flusso dell’intersoggettività” A. Tatossian

70 Psicosi Non Schizofreniche
Nelle forme di scompenso psicotico non schizofreniche è più evidente una amplificazione di temi basici di significato senza che però vengano messe in discussione le categorie attraverso le quali facciamo esperienza della realtà. In questi casi non si assiste alla completa rottura della cooperazione e del consenso nella condivisione dell’esperienza. In questi casi “il congedo dalla funzione del reale” è solo temporaneo. (G. Arciero)

71 Esperienza e Narrazione
Esistono costantemente, per ognuno di noi, due livelli dell’esperienza rappresentati dal continuo accadere della propria vita (sotto forma di un’esperienza antepredicativa e preintenzionale) e della sua riconfigurazione narrativa attraverso il linguaggio (quindi attraverso significati condivisi che ne permettano un suo riordinamento stabile).

72 Esperienza e Narrazione
La nostra ‘esperienza del vivere’ prende continuamente forma attraverso uno “sforzo di appropriazione” del senso, mediato dalla ricomposizione simbolica del linguaggio. (G. Arciero)

73 Dalla continua dinamica circolare tra questi due livelli, cioè l’esperienza vissuta e la continua ricomposizione della propria storia, prende forma l’IDENTITA’ NARRATIVA, la cui principale funzione è quella di articolare i temi emotivi, ai quali è ancorata, e di integrare le emozioni discordanti e gli eventi inaspettati in un senso di unicità e di unitarietà.

74 Identità Narrativa Questo implica che più efficacemente si riesce ad
articolare l’esperienza, riuscendo a darle un significato ‘personalmente’ riconoscibile, più si riesce a modulare oscillazioni emotive perturbanti e integrarle in un proprio senso di continuità personale. Sulla modulazione di oscillazioni emotive perturbanti si può portare l’esempio di Gabriele (inizio dello scompenso con l’attivazione emotiva per una collega di Università)

75 La costituzione dell’esperienza soggetttiva: l’ipseità
Da un lato abbiamo il senso dell’accadere, della discontinuità dell’accadere rappresentato dalla ipseità, legata agli avvenimenti e agli eventi emotivi, espressione dell’immediatezza situazionale e di un’esperienza pre-riflessiva dell’accadimento. L’ipseità, intesa come un mio modo di essere ‘intenzionalmente’ diretto verso questo o quello in ciascuna occasione, è caratterizzata da una co-appartenenza al mondo su base ante-predicativa. L’ipseità, intesa come un mio modo di essere intenzionalmente diretto verso questo o quello in ciascuna occasione, è caratterizzata da una co-appartenenza al mondo. E’ la continuità delle relazioni con il mondo che da ad ognuno di noi il senso della continuità del self. Ed è attraverso il rapporto con le cose che l’ipseità afferra se stessa nella riflessione (Arciero, 2010, pg 29)

76 La costituzione dell’esperienza soggettiva: la medesimezza
Dall’altro lato abbiamo il percepire una continuità e una persistenza nella propria esperienza del vivere, il sentirsi sempre sé stesso, e questa dimensione è rappresentata dalla medesimezza, che si struttura su tratti emotivi ricorrenti e a sua volta dà forma alla propria dimensione emotiva

77 Medesimezza Ipseità Senso di continuità Permanenza nel tempo
Tratti emotivi Percezione emotiva del Sé sedimentata nel tempo Discontinuità dell’accadere Costanza nel tempo Stati emotivi Espressione dell’immediatezza situazionale

78 L’Identità Narrativa unifica in maniera dinamica, per mezzo di una trama, gli aspetti ricorrenti del Self con il Self situazionale. Crea una continua dialettica tra i fattori che permettono all’individuo di essere certo di essere sempre sé stesso, di essere sempre la stessa persona nel tempo (medesimezza) e la variabilità, instabilità e discontinuità dell’esperienza del vivere (ipseità).

79 Dimensione Inward Pazienti prevalentemente inward, più orientati sulla medesimezza, tenderanno a dar forma all’Identità Narrativa attraverso la sedimentazione di stati emotivi basici ricorrenti. Questo fa sì che nella costituzione della propria identità personale sia evidente (dato) il mantenimento di una trama narrativa stabile, dove le principali possibilità di regolazione emozionale sono costituite dalla modulazione dell’attivazione dell’intensità emotiva. Qui si possono fare esempi dei deliri paranoidei, classici, dove l’altro diventa minaccioso e persecutorio,ad esempio il caso di Elisabetta V.; ma anche dei deliri erotomanici o dei deliri genealogici (esempi di deliri genealogici: Marco De Rossi, esperienza delirante di giovanni Sorrentino rispetto all’idea di comportarsi come suo padre)

80 Dimensione Inward Da ciò deriva un carattere molto più stabile nel tempo, con un senso molto più netto di demarcazione dagli altri. Questo implica un primato ontologico assegnato al Sé a spese del mondo Negli scompensi inward la trama narrativa diventa più rigida e si ha un’amplificazione delle caratteristiche del personaggio, dove il Mondo cambia (diventa minaccioso, persecutorio, effimero, deludente) in relazione al mantenimento della trama del personaggio.

81 Dimensione Outward Pazienti prevalentemente outward, più orientati sulla ipseità, saranno caratterizzati da un maggior ancoramento al Mondo/Altro nella costituzione della propria Identità Narrativa, che si costituirà soprattutto attraverso l’adesione ad un contesto esterno di riferimento: questo farà sì che stati emotivi interni possono passare inosservati o selettivamente esclusi, senza riuscire a dar forma a delle esperienze emotive corrispondenti. Anche qui si può fare l’esempio di Gabriele (Internet come estensione della propria interiorità; Consapevolezza del tema dell’invadenza dei genitori attraverso lo sguardo e il pensiero del terapeuta) Tema della discontinuità, dei pz che vi raccontano che non sanno più chi sono, che nel momento in cui non percepiscono l’altro completamente sintonizzato su di loro si sentono persi e si disconnettono, che diventano ipersensibili alle disconferme (come sentirsi giudicato dal portiere che usa un diminuitivo per salutare, o sentirsi annullata dal fidanzato che viene colto a guardare un cartellone pubblicitario con una bella ragazza)

82 Dimensione Outward Il mantenimento di un senso di stabilità personale può essere dato dal cambiamento della prospettiva, del punto di vista con il quale interpretare l’evento: questo porta ad un continuo prendere il punto di vista dell’altro come modalità definitoria di sé. In questi casi la trama narrativa viene asservita al mantenimento del personaggio. Questo implica un primato ontologico assegnato al Mondo/Altro a scapito del Sé. “E’ come se non fossi cognitiva...non riesco a capire cosa pensa l’altro di me e quindi non riesco ad organizzarmi mentalmente” Negli scompensi outward si assiste ad una perdita del senso di proprietà dei propri vissuti. Il Mondo amplifica la propria valenza ontologica, la demarcazione tra Sè e il Mondo tende progressivamente a venire meno.

83 Caso di Gabriele “..era come se quello che vedevo non corrispondesse alla realtà, cioè io vedevo gli arti ma in realtà non li avevo…pensavo che ciò che vedevo fosse tutto un’illusione, fino a pensare che la mia stessa identità fosse un’illusione…fino a pensare di poter essere un’altra persona…ad es. la mia sorellina morta 30 anni prima…”

84 Caso di Gabriele Quando si discuteva sul tema della intrusività ‘percepita’ degli altri (sensazione di essere spiato su Internet) lui mi dice: “…mi viene in mente che lei possa pensare che questo tema ci porti all’invadenza dei miei genitori…se non avessi pensato che lei ci pensava non ci avrei pensato..”

85 Nello stile INWARD la medesimezza orienta la costruzione del racconto di Sé
nello stile OUTWARD l’identità narrativa è orientata dalla corrispondenza a frame esterni di referenza.

86 Caratteristiche della riconfigurazione dell’esperienza negli scompensi psicotici
Negli scompensi psicotici il paziente spesso perde la capacità di riconoscere come propria l’esperienza, e la sua riconfigurazione narrativa viene avvertita come un dato del livello esperenziale. È inoltre evidente la difficoltà di integrazione dell’esperienza, cioè la capacità di mantenere una narrazione sequenzialmente unica, stabile, cronologica, in cui sia rigidamente diviso l’interno dall’esterno.

87 L’evento discrepante produrrà un’alterazione dell’articolazione emotiva che si manifesta in maniera diversa a seconda che la propria identità narrativa sia orientata verso la medesimezza (INWARD) o verso la ipseità (OUTWARD).

88 Scompensi psicotici in INWARD ed OUTWARD
difficoltà di regolazione dell’attivazione emotiva dell’intensità emotiva con incremento dei processi di mantenimento Amplificazione dei tratti emotivi basici INWARD difficoltà di gestire il contesto esterno di lettura, interruzione del senso di continuità, con incapacità a riordinare la propria esperienza in una trama narrativa consistente Amplificazione della dipendenza dal contesto di referenza OUTWARD

89 Scompenso psicotico Inward
In questi pazienti si ha un irrigidimento della trama narrativa, dove il Mondo/Altro viene stravolto (e può diventare minaccioso, persecutorio, effimero come nel delirio nihilistico dei depressi, o inattendibile come nei deliri genealogici, ma anche appassionato e ipercoinvolto come nel delirio erotomanico) in relazione al mantenimento della trama del personaggio. Questo vuol dire che, ad esempio, nel paranoico l’emergenza della paura è l’elemento centrale nella costruzione dei significati deliranti, e questa paura viene spiegata con la costruzione di un delirio persecutorio, dove è il mondo a trasformarsi

90 Scompenso psicotico Inward
I cambiamenti dell’esperienza del Mondo/Altro, stravolgendo il senso del rapporto col reale, tendono a mantenere il primato ontologico alla propria dimensione esperenziale pre-riflessiva (ad es la paura nella costruzione delirante di un paranoico). In questi pazienti è generalmente mantenuta la distanza tra il proprio Sé e l’Altro (ad es. le esperienze di controllo di questi pz non hanno generalmente il carattere della perdita dei confini del Sé come nella lettura o nell’inserzione del pensiero)

91 Scompenso psicotico Outward
In questi pazienti è più caratteristica la perdita del senso di meità dei propri vissuti (nel senso della ownership intesa come senso di appartenenza dell’esperienza, e dell’agency nel senso dell’autorialità delle proprie azioni): il Mondo/Altro amplifica la propria valenza ontologica, la demarcazione tra Sé e il Mondo/Altro tende progressivamente a venire meno. I disturbi dell’esperienza, amplificando il tema del primato ontologico dell’Alterità, darebbero forma alle esperienze caratterizzate dalla perdita della meità, passività, permeabilità dei confini dell’Io. In questi pazienti lo sconvolgimento del senso di agency e di ownership è maggiore, con una maggiore evidenza dei disturbi dei confini dell’Io.

92 Scompenso psicotico Outward
E’ come se la dimensione esperenziale pre-riflessiva, disancorata dalla propria carne, fosse in balia dell’Altro/Mondo e perdesse progressivamente ogni possibilità di prospettiva sull’attribuzione di senso degli eventi.


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