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La svolta degli anni ‘60-’70: nuove chiavi di lettura?

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Presentazione sul tema: "La svolta degli anni ‘60-’70: nuove chiavi di lettura?"— Transcript della presentazione:

1 La svolta degli anni ‘60-’70: nuove chiavi di lettura?
Bernardini Giovanni Istituto Storico Italo-Germanico di Trento

2 Quando si sono prodotti alcuni fenomeni che oggi danno forma al nostro mondo?
In altri termini: andando a ritroso, quando riconosciamo i lineamenti delle questioni che oggi sono considerate “urgenti”, o preoccupanti, o promettenti? In questo senso, il passaggio a cavallo tra gli anni ‘60 e ‘70 del Novecento è ritenuto oggi fondamentale per varie ragioni

3 Chiaramente è un “gioco” che ha bisogno di alcune avvertenze (e magari ne discuteremo insieme a fine lezione): Pensare in termini di “mutamento radicale” è spesso frustrante perché questo non succede quasi mai (anzi: poi vedremo che si possono sempre sollevare obiezioni a questo schema generale) Ragionare in termini di cambio di paradigma (ne avevamo parlato la volta scorsa): il cambiamento mentale è sempre più lento di quello materiale Alcuni di questi mutamenti all’epoca non furono visti come tali, o furono sottostimati proprio perché li si guardava con gli occhi e con i paradigmi dell’epoca

4 Due temi: Mutamento strutturale della Guerra Fredda
Mutamento dell’economia internazionale

5 Il lungo tramonto della guerra fredda?
Inizio anni ’60: la Guerra Fredda raggiunge estensione globale maggiore “dinamicità” nel rinnovamento ideologico massima pericolosità per il mondo intero

6 La Presidenza Kennedy

7 Nikita Krusciov al potere
Tra il 1953 e il 1958 l’Unione Sovietica conosce il suo boom economico: ambizione a superare l’Occidente su questo terreno entro gli anni ‘60 Krusciov emerge dalla lotta di potere come nuovo leader (Segretario del PCUS) dell’Unione Sovietica Insistenza sul riarmo, ma anche sulle necessità di sviluppo e consumi che fino a quel momento erano state duramente sacrificate

8 La Presidenza Kennedy Accettazione della sfida di Crusciov per “l’anima” del Terzo Mondo Rilancio del contenimento su scala globale: “Pagheremo ogni prezzo, sopporteremo ogni peso, affronteremo qualsiasi difficoltà, sosterremo ogni amico e ci opporremo a ogni nemico pur di assicurare la sopravvivenza e la vittoria della libertà”

9 La Presidenza Kennedy Gli Stati Uniti, soprattutto dopo l’elezione di Kennedy alla presidenza, avrebbero risposto con l’ideologia della “modernizzazione”, che è già un passo ulteriore rispetto alla dottrina “ricchezza contro comunismo” È l’idea che il capitalismo postbellico (già affermatosi in Europa occidentale) offrisse una ricetta efficace per governare i conflitti sociali, diffondere il benessere e “omogeneizzare” il Terzo Mondo rispetto all’Occidente Critica: era una riformulazione delle dottrine “civilizzatrici” degli imperi?

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11 La Presidenza Kennedy Banco di prova fu l’ “Alleanza per il Progresso” in America Latina È una reazione diretta e contraria alla rivoluzione cubana Lotta alla povertà e al comunismo, obiettivo di crescita di una classe media per depotenziare le classi (operai, contadini) più a rischio della propaganda rivoluzionaria Legare lo sviluppo del subcontinente agli Stati Uniti

12 La Presidenza Kennedy I risultati, in larga parte deludenti, dimostrano quando fossero errati i presupposti: Pur di contrastare il comunismo, si finisce per dialogare e spesso appoggiare governanti tutt’altro che democratici L’imposizione di un modello di sviluppo esterno e uguale per tutti su situazioni del tutto differenti porta a distorsioni e sperequazioni enormi Si rafforza la dualità continentale: Stati Uniti ricchi e “prepotenti”

13 Lo scontro sino-sovietico
Ma i problemi nell’esportazione del proprio modello non riguardavano soltanto gli Stati Uniti Nel campo sovietico l’emersione di contrasti e divergenze diventa evidente con lo scontro tra Cina e Unione Sovietica Dal 1954 la cooperazione economica si era intensificata. Tuttavia, la richiesta di Pechino alla tecnologia nucleare costituisce un probema Critica di Mao al “revisionismo” contro Stalin e all’intervento in Ungheria

14 Lo scontro sino-sovietico
Soprattutto: critica alla leadership di Mosca sul movimento comunista mondiale; e critica del modello unico di socialismo che Mosca vorrebbe imporre ovunque Inizia la sfida per il primato tra i movimenti anticolonialisti e rivoluzionari Dal 1958 inizia il “Grande balzo in avanti”: politica di industrializzazione a tappe forzate, collettivizzazione dell’agricoltura e requisizioni di terre. Risultati devastanti, con carestie che fecero 20 milioni di morti. Attriti con Mosca, che intendeva imporre ritmi più moderati

15 Lo scontro sino-sovietico
Allo stesso tempo, Mao decide di accrescere la tensione internazionale, bombardando le isole tra Cina e Taiwan occupate dai nazionalisti (Quemoy e Matsu) L’obiettivo è sabotare qualunque ipotesi di “Coesistenza pacifica” tra i due campi e di dialogo tra URSS e USA Anche se gli attacchi finiscono, i sovietici bloccano il trasferimento di materiale e tecnologia nucleare verso la Cina

16 Lo scontro sino-sovietico
Dal 1959 Mao accusa l’URSS di voler controllare completamente gli affari cinesi, anteponendo i loro interessi Tutti i tecnici sovietici nel paese vengono ritirati; la diatriba diventa pubblica Pechino arriverà alla bomba atomica nel 1964 È l’inizio di un dissidio politico che attraverserà tutto il momento comunista internazionale MA: la lente ideologica (il “monolitismo comunista” è un postulato) farà sì che l’Occidente non saprà approfittarne a lungo

17 La crisi di Berlino Si discute ancora delle ragioni per cui Krusciov dette origini alla crisi: dimostrazione di “vitalità” sovietica in Europa? Cedimento ai partner tedeschi orientali? Desiderio di testare per l’ennesima volta la determinazione statunitense a rimanere in Europa? Forzare il riconoscimento paritetico dell’Unione Sovietica e spingere gli Stati Uniti a regolamentare i rapporti bipolari? Di certo c’era una distanza economica e di benessere tra le due Germanie che cresceva progressivamente

18 La crisi di Berlino

19 La crisi di Berlino Nel novembre 1958 Krusciov annuncia un ultimatum: senza un trattato di pace sulla Germania, entro sei mesi l’URSS avrebbe trasferito alle autorità della Repubblica Democratica Tedesca il pieno controllo degli accessi su Berlino Questo significa che Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti (responsabili per Berlino ovest) saranno obbligati a trattare direttamente con autorità che non riconoscono Nonostante le tentazioni di negoziare, alla fine i tre rigettano l’ultimatum

20 La crisi di Berlino Elezione di Kennedy e incontro con Krusciov a Vienna nel giugno 1961: viene ribadito l’ultimatum su Berlino ma Kennedy lo rigetta In definitiva, Krusciov non ha intenzione di rischiare una guerra nucleare per Berlino Il 13 agosto si prende l’unica soluzione che sembra percorribile, che viene auspicata dai governanti tedeschi dell’est (unità di fuga dal paese intorno alle al giorno!) e che in fin dei conti non dispiace nemmeno agli statunitensi

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22 La crisi di Berlino

23 La crisi di Berlino Ulteriore, devastante insuccesso sovietico in Europa e nel mondo. Si rafforza l’idea che i popoli dell’est siano prigionieri dei loro regimi Fu però evidente presto che anche per gli americani la soluzione non era così sgradita. Come avrebbe detto Kennedy in sede riservata: meglio un muro di una guerra Si rafforza l’idea, almeno presso alcuni, che l’Europa (o il mondo intero?) sia ostaggio della contrapposizione USA-URSS: “Guerra impossibile – pace improbabile”

24 La crisi di Berlino Dopo molte accuse di scarsa reazione (ma si sarebbe potuto fare qualcosa?), Kennedy compie un viaggio “riparatore” a Berlino. Accolto da una folla oceanica che testimonia il desiderio della città di resistere.

25 Verso l’equilibrio del terrore

26 Verso l’equilibrio del terrore
Gli anni ‘50 e ‘60 non sono caratterizzati soltanto da una sfida di modelli Inizia una corsa folle ad armamenti nucleari sempre più potenti e quindi distruttivi Già alla fine degli anni ‘40, come abbiamo visto, gli Stati Uniti hanno perso il monopolio nucleare Nel 1952 esplode la prima bomba statunitense a fusione nucleare (molto più potente di quelle a fissione sganciate sul Giappone) Anche su questo terreno, l’URSS avrebbe raggiunto presto la parità

27 Verso l’equilibrio del terrore
Nel frattempo, altri paesi che desiderano condurre una politica estera più autonoma dai blocchi, o che percepiscono pericoli del tutto particolari, si adoperano per costruire la bomba (Francia, Israele, Cina Popolare, poi India) Si tratta di armamenti che potrebbero mettere fine alla vita sulla terra

28 Verso l’equilibrio del terrore
Einstein (sarebbe morto nel 1955): “Non so con quali armi sarà combattuta la terza guerra mondiale, ma la quarta sarà sicuramente combattuta con la fionda” Nascono movimenti in tutto il mondo contro gli armamenti nucleari e soprattutto contro la segretezza degli esperimenti (che incentiva una rincorsa senza fine)

29 Verso l’equilibrio del terrore
Ma presso i governanti e le alte sfere militari si afferma il paradosso per cui l’arma nucleare è irrinunciabile proprio per la sua estrema distruttività, e che si tratti infondo di armi difensive “First strike capability” e “second strike capability” Dal 1954 l’amministrazione statunitense di Eisenhower afferma la dottrina della “Rappresaglia massiccia”: qualunque atto offensivo sovietico causerà una risposta con tutto l’arsenale statunitense

30 Verso l’equilibrio del terrore
Il paradosso è: minacciare in modo credibile che la guerra sarà più distruttiva possibile in modo da dissuadere l’avversario a scatenarla MA c’è un presupposto non detto: il territorio statunitense non può subire minacce dirette, al contrario di quello sovietico. L’URSS può essere colpita da armamenti nucleari dislocati in Europa, lo stesso non vale dagli Stati Uniti. O meglio, non valeva fino al 1957…

31 Verso l’equilibrio del terrore
In quell’anno vengono testati missili intercontinentali sovietici, capaci in teoria di colpire il territorio statunitense I sovietici sono persino in grado di mettere in orbita il primo satellite artificiale della storia: lo Sputnik Teoricamente, l’Unione Sovietica è in grado di lanciare testate nucleari sugli Stati Uniti e su tutti i loro alleati L’effetto psicologico negli Stati Uniti è devastante Il colpo ulteriore è il viaggio nello spazio del primo essere umano, Jurij Gagarin

32 Verso l’equilibrio del terrore
Per qualche anno, serve a mascherare il reale gap tecnologico che invece esiste tra USA e URSS La reazione è un investimento massiccio in tecnologia e armamenti da parte dell’amministrazione statunitense (tra il ‘61 e il ’64 le spese militari Usa crescono del 13% Basti pensare che in quegli anni, come reazione, nasce il progetto di sbarco sulla luna e persino il primo embrione di una rete di trasmissione dati a pacchetti per scopi militari (il “nonno” di internet) L’aumento vertiginoso di spese militari avviene in entrambe le superpotenze

33 Verso l’equilibrio del terrore
Per qualche anno, serve a mascherare il reale gap tecnologico che invece esiste tra USA e URSS La reazione è un investimento massiccio in tecnologia e armamenti da parte dell’amministrazione statunitense (tra il ‘61 e il ’64 le spese militari Usa crescono del 13% Basti pensare che in quegli anni, come reazione, nasce il progetto di sbarco sulla luna e persino il primo embrione di una rete di trasmissione dati a pacchetti per scopi militari (il “nonno” di internet) L’aumento vertiginoso di spese militari avviene in entrambe le superpotenze

34 Mutual Assured Destruction = M.A.D.

35 La crisi di Cuba Ma il territorio degli Stati Uniti sembrava vulnerabile anche da un altro punto: Cuba L’amministrazione Eisenhower, ormai avviata alla conclusione, aveva immaginato diversi piani per risolvere il problema cubano Uno di questi fu tentato nell’aprile del 1961, quando ormai Kennedy era Presidente Cubani addestrati e armati negli Stati Uniti sbarcarono nella Baia dei Porci. Dovevano incontrare il favore della popolazione e innescare la controrivoluzione, avendo poi l’appoggio militare degli Stati Uniti

36 La crisi di Cuba Al contrario, essi furono immediatamente bloccati dall’esercito cubano Kennedy si rifiutò di impegnare l’aviazione statunitense e l’operazione fallì Ma la minaccia di nuovi interventi non era sfumata Il valore simbolico di Cuba è enorme per Mosca: decisa una massiccia assistenza economica, tecnica e militare Portare sul posto anche un credibile deterrente contro nuove iniziative: missili nucleari che controbilanciassero quelli statunitensi in Europa

37 La crisi di Cuba Dal maggio 1962 inizia l’operazione che doveva dispiegare in segreto 40 missili nucleari a Cuba. Teoricamente sono per “autodifesa”

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39 La crisi di Cuba A settembre, di fronte ai primi sospetti, sia Kennedy che il Congresso si impegnano pubblicamente a impedire che Cuba ospitasse armi pericolose per gli Stati Uniti Un mese dopo le prove sono schiaccianti Hanno origine 13 lunghissimi giorni di quella che probabilmente è stata la più grave crisi della Guerra fredda, il momento in cui l’umanità arrivò a “contemplare il baratro della propria autodistruzione”

40 La crisi di Cuba Tuttavia, le stime realistiche dell’amministrazione statunitense confermavano che l’equilibrio complessivo non mutava sostanzialmente Quindi, come sempre, il problema è ben più politico che militare

41 La crisi di Cuba Come sempre è a rischio la credibilità (“una sconfitta in ogni luogo è una sconfitta ovunque”, come nell’NSC-68): Gli alleati avrebbero dubitato della risolutezza dei “protettori” Il germe del castrismo si sarebbe diffuso in America Latina L’URSS avrebbe guadagnato in sicurezza e Krusciov avrebbe avuto prova che, nonostante il mezzo insuccesso su Berlino, la sua strategia “provocatoria” era corretta Il Congresso e l’opinione pubblica avrebbero scatenato una tempesta politica per il cedimento dopo 15 anni di dogma di Guerra fredda

42 La crisi di Cuba Ciò che Kennedy non poteva sapere è che Krusciov aveva dato ordine di non usare armi nucleari neanche in caso di invasione Quindi è sempre più evidente l’assurdità delle armi atomiche: non servono a nulla (visto che non si possono usare!), ma comportano rischi inimmaginabili

43 La crisi di Cuba Kennedy scarta le ipotesi più rischiose: né attacco né invasione: “quarantena” (blocco) navale attorno a Cuba L’ONU serve come palcoscenico per la denuncia Discorso alla nazione: gli Stati Uniti non accettano mutamenti provocatori e ingiustificati dello status quo Il mondo col fiato sospeso

44 La crisi di Cuba 170 vascelli della marina Usa attuano il blocco; ai mercantili sovietici viene dato ordine di fermarsi

45 La crisi di Cuba Giorni convulsi: abbattimento di un aereo spia statunitense su Cuba; dubbi che Krusciov sia ancora al comando a Mosca, a causa di richieste contraddittorie da parte del Cremlino Come se ne esce: promessa scritta solenne (praticamente pubblica) da parte di Kennedy che gli Stati Uniti non invaderanno mai Cuba In via riservata, impegno a rimuovere missili Jupiter dalla Turchia entro sei mesi. Ma lo scambio deve rimanere segreto L’impressione finale è che gli Stati Uniti abbiano vinto il braccio di ferro

46 La crisi di Cuba Questa “sconfitta” avrebbe determinato il declino di Krusciov: la sua linea “avventurista” viene sempre più criticata dentro al Cremlino. Dal 1964 viene esautorato ma non eliminato fisicamente (è già una novità) In realtà, l’episodio genera disorientamento in entrambi i blocchi La leadership cinese denuncia sia l’avventurismo che il cedimento finale agli Usa e la disponibilità a trovare un accordo sopra alle teste e a spese altrui

47 La crisi di Cuba Discorsi non dissimili si fanno anche a occidente: Washington rischia una guerra disastrosa, che sarebbe stata combattuta soprattutto in Europa, quando il suo territorio è minacciato. Ma farebbe lo stesso per difendere Berlino o l’Europa occidentale (o magari il Giappone)? In generale, cresce la coscienza che il mondo è preda dell’ “equilibrio del terrore”, e che un minimo incidente può portare alle peggiori conseguenze per tutti Sarà un motivo ricorrente di lì a poco nei movimenti di protesta del “ ’68 ”

48 La crisi di Cuba Per le due Superpotenze, i risultati sono paradossali: Ulteriore incremento delle spese militari per ottenere la superiorità strategica sull’avversario. Non soltanto il nucleare, ma anche armamenti di terra, sistemi di difesa e di prevenzione, spionaggio, guerriglia e controguerriglia D’altro canto, entrambi i contendenti sanno che le armi nucleari non possono essere usate. Nonostante la rivalità intrinseca alla Guerra fredda, è possibile giungere a una sua regolamentazione?

49 Il lungo inizio della distensione
Il 5 agosto 1963 USA, URSS e Gran Bretagna firmano un accordo che bandisce gli esperimenti atomici nell’atmosfera e nello spazio. Nasce anche il “telefono rosso”: linea diretta tra Mosca e Washington Inizia un lungo e travagliato negoziato per “blindare” il club atomico: non fornire tecnologia e materiali a chi vuole realizzare un proprio arsenale nucleare

50 Schizofrenia nei rapporti USA-URSS
Il comportamento ambiguo delle due Superpotenze non agevola la comprensione dei loro reali obiettivi di lungo periodo Da un lato c’è la ricerca di una regolamentazione del loro conflitto permanente: Il 1° luglio 1968 viene firmato i Trattato di Non Proliferazione Nucleare, proposto a tutti gli altri stati del mondo

51 Schizofrenia nei rapporti USA-URSS
In sintesi, i punti fondamentali erano due: Nel lungo periodo, il TNP avrebbe dovuto promuovere il negoziato per limitare (e magari iniziare a ridurre) gli armamenti nucleari Nel breve periodo i firmatari si impegnavano: Se erano in possesso di armamenti nucleari, a non cedere tecnologia e mezzi per la loro costruzione ai paesi non nucleari Se non ne erano in possesso, si impegnavano a non cercare di acquisirne il controllo

52 Schizofrenia nei rapporti USA-URSS
Sollievo nel mondo, per chi crede che si stia realmente limitando la proliferazione dei rischi connessi all’arma atomica (chi ne entra in possesso è “affidabile” quanto hanno dimostrato USA e URSS durante la crisi di Cuba?) Inoltre: alcune potenze regionali o aspiranti tali non sono più convinte (se mai lo sono state) che i loro interessi corrispondano pienamente a quelli della superpotenza di riferimento

53 Schizofrenia nei rapporti USA-URSS
Ma anche percezione diffusa che si stia realizzando un “condominio” delle due superpotenze: un protettorato sul quale i cittadini del resto del mondo non hanno alcuna influenza

54 Schizofrenia nei rapporti USA-URSS
D’altro canto, la Guerra fredda e l’influenza delle superpotenze non cessa di estendersi anche ad altre aree del globo, sovrapponendosi e complicando dinamiche di natura regionale e peculiare L’esempio più evidente è il Medio Oriente, dove si combatte negli stessi giorni in cui si tengono le prime discussioni informali per il TNP

55 Schizofrenia nei rapporti USA-URSS
Indipendentemente dalle crisi “periferiche”, dalla metà degli anni ‘60 negli Stati Uniti crescono spinte che favoriscono la Distensione con l’Unione Sovietica: Ragioni interne: crisi del ‘Cold War consensus’ Ragioni internazionali: crisi della leadership consensuale esercitata dagli Stati Uniti, e più in generale del prestigio morale di Washington nel mondo (soprattutto in conseguenza della Guerra in Vietnam)

56 Schizofrenia nei rapporti USA-URSS
Europa occidentale: Economia: declino relativo dell’egemonia statunitense Vietnam: l’Europa ha una posizione ormai secondaria nei piani statunitensi Cuba: rischi per l’Europa senza contropartita Esclusione permanente dal ‘club atomico’ in seguito al TNP Timore di un ‘condominio’ delle superpotenze

57 Schizofrenia nei rapporti USA-URSS
Da parte di Washington è sempre più forte il desiderio di una tregua nella Guerra Fredda per ‘mettere ordine in casa’. Distensione = stabilizzazione Se si giunge a qualche risultato, è perché dall’altra parte della cortina di ferro si vive una situazione con risvolti del tutto simili

58 Schizofrenia nei rapporti USA-URSS
Unione Sovietica: Dal 1964 c’è un cambio di leadership: dopo l’esito della crisi cubana, Krusciov viene progressivamente allontanato, a vantaggio di Breznev, personaggio ben più incline alla stabilizzazione rispetto a chi lo aveva preceduto Tentativi di riforma economica, sia in URSS che nel COMECON: sostanziale fallimento, ritardo tecnologico (colmabile solo grazie all’ovest), problemi di credito e alimentari

59 Gravi crisi all’interno della propria ‘sfera d’influenza:
Primavera di Praga – Dottrina Breznev della sovranità limitata: segnale di forza o debolezza ? Conseguente perdita di prestigio presso i paesi di recente indipendenza: sempre più Mosca e Washington hanno problemi simili con i ‘non allineati’ e il Terzo Mondo: ne è un esempio la difficoltà sovietica di porre dei limiti alle attività dei comunisti vietnamiti Cina: dalla tensione agli scontri

60 Necessità di raffreddare almeno alcuni dei fronti ‘caldi’: rapporti con l’Europa, con gli Stati Uniti, corsa agli armamenti nucleari Per questo, nonostante la crisi cecoslovacca e l’impressione che essa provoca in occidente, continuano le trattative per il Trattato di Non Proliferazione L’episodio appare sempre meno come un caso isolato e limitato alla questione atomica, e sempre più come una logica di dialogo tra le Superpotenze, animate da desideri convergenti. Trovare un “codice di condotta” per la Guerra Fredda

61 Nixon, Kissinger e la nuova politica estera

62 Certamente, Nixon era cosciente di:
Declino (quantomeno) relativo della potenza statunitense Necessità di concludere la guerra del Vietnam: questo gli fa guadagnare l’elezione alla Presidenza. “Vietnamizzazione del conflitto”. Esigenze di ridimensionamento dell’impegno diretto americano all’estero (discorso di Guam; dottrina Nixon) Imprescindibile dialogo con l’Unione Sovietica e tattica “del bastone e della carota” per limitare gli effetti destabilizzanti della sua politica estera (“era di negoziato”)

63 Henry Kissinger “mente europea della politica americana”
Critica dei limiti concettuali della politica estera statunitense dalle origini Messianesimo e crociata morale Il compito dell’amministrazione Nixon: “educare il popolo americano alle necessità dell’equilibrio di potenza”. Coscienza dei limiti di azione

64 Per Kissinger il problema NON E’ la natura interna del regime sovietico, ma l’aggressività della sua politica estera Quindi, l’obiettivo NON E’ trasformare l’Unione Sovietica, ma indurla (‘stick and carrot’) ad abbandonare i suoi progetti di destabilizzazione del sistema internazionale Per questo, essa deve accettare la legittimità del sistema stesso e cooperare a costruire l’equilibrio e la stabilità

65 Henry Kissinger MA: non si distacca dall’ “ossessione per la credibilità” E soprattutto: la sua visione strategica bipolare finisce per azzerare le specificità nazionali e regionali, come altri “cold warrior” prima di lui

66 Trattare con Mosca: Diplomazia strettamente personale, sin dal febbraio 1969 Massima segretezza

67 “La distensione non può essere perseguita selettivamente (…), è indivisibile”: teoria e pratica del linkage, la capacità di legare gli eventi tra di loro La riconduzione della politica estera al bipolarismo rende piatto il mondo della diplomazia statunitense ed impoverisce di contenuti il dialogo con gli altri paesi

68 Esigenza imprescindibile: ottenere la collaborazione sovietica per risolvere la guerra in Vietnam
Il linkage si trasforma in una ‘prigione’ Già alla fine di gennaio c’era un accordo sostanziale tra Nixon e Breznev sull’accettazione della parità strategica e sulla necessità di limitare gli armamenti strategici MA: senza progressi in Vietnam, stallo delle trattative SALT. Il 1970 verrà ricordato come un “anno perso” per le relazioni tra le due superpotenze

69 l’inizio ufficiale dei negoziati sarà soltanto a novembre
Delegazioni sovietiche e americane con esperti di massimo livello si incontrano alternativamente a Vienna ed Helsinki Firma dell’accordo il 26 maggio 1972, durante la visita di Nixon a Mosca: la prima di un presidente statunitense in URSS dai tempi della conferenza di Yalta

70 Una valutazione: risultati commisurati alle aspettative
Una valutazione: risultati commisurati alle aspettative ? Di certo non si interruppe la corsa agli armamenti nucleari Sicuramente l’apertura alla Cina rese i sovietici inclini a raggiungere un compromesso Soprattutto: i progressi coinvolsero quasi esclusivamente la componente militare della rivalità est-ovest. In una certa misura, la strategia kissingeriana non raggiunge lo scopo, e non sopravvivrà alla sua esperienza diretta di governo

71 Ulteriori incontri al vertice: nel 1973 negli Stati Uniti e nel 1974 in Unione Sovietica
Risultati: Convenzioni sulle armi biologiche Trattato sui sistemi ABM “Principi basilari delle relazioni” “Accordo per la prevenzione della guerra nucleare” Altri accordi di cooperazione bilaterale Premesse per il SALT II

72 MA: poteri ormai limitati di Nixon a causa dell’incedere dello scandalo Watergate
In più: il clima è cambiato, distensione diventa in breve tempo una “parolaccia” che Ford cercherà di evitare in ogni modo durante la campagna elettorale

73 Non c’è stato un cambiamento di mentalità e di sensibilità popolare, proprio l’elemento che Kissinger sottostimava Riemerge il tema dei diritti umani e della moralità della politica estera. “Détente=appeasement” Il vero o apparente “nuovo espansionismo sovietico” sembra darne prova

74 La distensione europea
La Distensione tra le due Superpotenze è essenzialmente un tentativo di stabilizzazione dell’ordine bipolare: ridimensionare i costi e i rischi Strategia intrinsecamente conservatrice di Nixon e Kissinger: congelare lo status quo, soprattutto in Europa Tuttavia, in Europa occidentale crescono le voci di dissenso rispetto alla stabilizzazione sin dagli anni ‘70

75 La distensione europea
La prima manifestazione è la Détente condotta dal Presidente francese De Gaulle Sin dal 1964 tenta un dialogo con Mosca: è un tentativo di riprendere i tradizionali rapporti franco-russi Il fondamento di questa politica è che l’Unione Sovietica stia cambiando, e che sia un paese sempre meno comunista e rivoluzionario e sempre più simile alla vecchia Russia zarista

76 La distensione europea
A fronte di questa evoluzione, era giusto che gli europei si sottraessero alle logiche di Guerra Fredda statunitensi e ricercassero una loro politica indipendente per iniziare a mutare la condizione di divisione del continente: “Un’Europa dall’Atlantico agli Urali”

77 La distensione europea
Questa politica si scontra con due limiti: Ciò che la Francia ha da offrire all’URSS in termini economici è limitato Soprattutto: la crisi cecoslovacca dimostra che la trasformazione dell’URSS ipotizzata da De Gaulle in realtà non è ancora compiuta A raccogliere il testimone della distensione europea a partire dalla fine degli anni ‘60 sarà la Repubblica Federale Tedesca con il Cancelliere Willy Brandt: la “Ostpolitik” o “politica orientale”

78 La distensione europea
L’idea fondamentale è che, per indurre un mutamento nei paesi dell’est e anche in URSS, sia necessario: Far crescere la fiducia sulle reciproche intenzioni non aggressive (“firma di trattati di rinuncia all’uso della forza”) Nel caso della Germania, dimostrare che il paese è realmente cambiato e che non esiste più alcun rischio di rinascita aggressiva. Riconoscere la realtà emersa dalla Seconda Guerra Mondiale

79 La distensione europea
Intensificare i contatti economici, secondo il principio per cui dove si fanno “affari” c’è meno rischio di escalation militari Intensificare i contatti est-ovest tra individui e società, in modo da “instillare” il cambiamento a est: dagli scambi tra studenti, agli incontri religiosi, ai meeting sportivi, alla riscrittura condivisa della storia per i libri di testo

80 La distensione europea
In concreto, il governo Brandt normalizzava le relazioni tra la Repubblica Federale Tedesca e l’Unione Sovietica, poi con tutti i vicini orientali. Questo passa attraverso il definitivo riconoscimento dei crimini commessi dal nazismo e delle responsabilità del popolo tedesco

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82 La distensione europea
L’ultimo passaggio è il riconoscimento che ormai esistono due stati tedeschi e che essi devono avere rapporti per il bene del popolo tedesco (che rimane uno) Questo non chiude la porta alla riunificazione (cosa di cui all’epoca molti accusarono Brandt), ma lascia aperta la possibilità che questo avvenga esclusivamente con mezzi pacifici Nel 1973 i due stati tedeschi entrano all’ONU

83 La distensione europea
Diffidenza da parte degli Stati Uniti: Rischio di una neutralizzazione della Germania e quindi di un crollo della NATO? Rischio di una destabilizzazione dell’Europa perché la Distensione sta creando troppe aspettative? Questo non avviene e anzi negli anni successivi la distensione europea (secondo le linee tracciate da Brandt) raccoglie frutti ben più duraturi di quella promossa dalle superpotenze

84 La distensione europea
Dal 1972 al 1975 si lavora per dare vita a una Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa (CSCE) L’Atto Finale verrà firmato a Helsinki nell’agosto 1975 e costituirà una pietra miliare della distensione in Europa Per la prima volta dalla fine della Seconda Guerra mondiale, praticamente tutti i paesi europei cercarono di scrivere insieme le regole che avrebbero determinato i loro rapporti successivi

85 Il “decalogo”: Sovereign equality, respect for the rights inherent in sovereignty Refraining from the threat or use of force Inviolability of frontiers Territorial integrity of States Peaceful settlement of disputes Non-intervention in internal affairs Respect for human rights and fundamental freedoms, including the freedom of thought, conscience, religion or belief Equal rights and self-determination of peoples Co-operation among States Fulfillment in good faith of obligations under international law

86 La distensione europea
Si capisce l’importanza del “decalogo” se si pensa che quei principi avrebbero costituito la base legale a cui si sarebbero appellati negli anni successivi tutti i movimenti di dissidenti nei paesi dell’est Di fatto, anche se ben presto il clima di Distensione arriverà a conclusione e torneranno a emergere tensioni, in Europa queste non giungeranno mai ai livelli precedenti (es. Berlino)

87 La distensione europea
Rimarranno aperti sempre canali di dialogo, anche quelli che faciliteranno nella quasi totalità dei casi una fine non violenta dei regimi comunisti Legami economici che consentiranno dopo l’89 un rapido avvicinamento all’Unione Europea Ma soprattutto: indurranno un mutamento silenzioso ma progressivo e costante delle società dell’est verso il pluralismo, minando alle basi i regimi che li governavano

88 La distensione europea
La CSCE si è scontrata a lungo con lo scetticismo statunitense. Soltanto in anni successivi, molti politici dell’epoca (compreso Kissinger) ammetteranno di averne sottovalutato la portata: “The Soviets desperately wanted CSCE, they got it, and it laid the foundations for the end of their empire. We resisted it for years, went grudgingly, Ford paid a terrible political price for going (…) only to discover years later that CSCE had yielded benefits to us beyond our wildest imagination. Go figure” R. Gates

89 Gli anni ‘70 e la crisi del capitalismo postbellico

90 La rivoluzione copernicana di Nixon
Quando Nixon entra alla Casa Bianca, il suo progetto complessivo è la riformulazione della dottrina del “contenimento” con minori costi per gli Stati Uniti (distensione, “Dottrina Nixon”, maggiori carichi per gli alleati nella difesa comune)… … ma anche la riformulazione dell’egemonia americana contenendone i costi e aumentandone i guadagni Nel complesso, prendere atto che una fase del dopoguerra è finita

91 Minore disponibilità del Giappone a contenere il proprio espansionismo commerciale e ad aumentare le importazioni. Concorrenza feroce ai prodotti statunitensi in alcuni settori chiave (tessile, poi automobili…) La CE, sia pure tra mille timori, intraprende passi ufficiali verso una “Unione Economica e Monetaria” con l’obiettivo ultimo di armonizzare le politiche economiche e di adottare una moneta comune Il progetto del Nuovo Ordine Economico Internazionale (NIEO) continua ad aggregare nuovi consensi

92 In sostanza, dal mondo capitalista si levano voci che chiedono agli Stati Uniti di rivedere la loro egemonia, ma sempre in senso consensuale (accomodare le richieste altrui per il bene dell’intero sistema) Aumenta la fuga di capitali dagli Stati Uniti: cresce i passivo della bilancia dei pagamenti Nel 1971 gli USA registrano anche il primo deficit commerciale Due strade: soluzione multilaterale o unilaterale. Alla fine prevarrà la seconda

93 “We’ll fix those bastards”
“The simple fact is that in many areas other nations are out-producing us, out-thinking us and out-trading us” John B. Connally “We’ll fix those bastards” Richard M. Nixon

94 Il 15 agosto 1971 Nixon annuncia la sospensione della convertibilità del dollaro in oro e l’introduzione di una sopratassa del 10% sulle importazioni. È la sospensione del sistema di Bretton Woods, ma di fatto ne viene decretata la fine Segnala la fine della fase “consensuale” dell’egemonia statunitense Gli Stati Uniti sono liberi di spendere o meno il loro denaro senza riguardo delle esigenze del sistema (che non esiste più), ma soltanto considerando il loro interesse nazionale.

95 Conseguenze di medio termine:
Rinuncia a un sistema monetario internazionale governato dalla politica (l’esatto opposto di Bretton Woods) Il dollaro rimane il cardine del sistema, ma soltanto sulla base della fiducia nella leadership degli Stati Uniti. Non ci sono più valori monetari oggettivi (leadership NON consensuale) Le altre monete fluttuano reciprocamente. È il mercato monetario che ne determina il valore giorno per giorno (oggi minuto per minuto)

96 Conseguenze di lungo periodo, insieme alla liberalizzazione della circolazione dei capitali:
i capitali possono andare liberamente dove ci sono maggiori promesse di guadagno, anche a brevissimo termine Una moneta solida e stabile è il mezzo con cui attirarli Ne consegue una nuova disciplina economica interna ai singoli paesi: accrescere i margini di profitto a discapito del welfare, dei salari, della protezione del lavoro…

97 Non è una conclusione casuale: sin dall’immediato dopoguerra, in contrapposizione ai teorici del keynesismo, c’era chi proponeva l’introduzione di maggiore libertà e la riduzione del ruolo dello stato (Friedrich August von Hayek, “The Road to Serfdom”, 1944; successivamente Milton Freedman e la “Scuola di Chicago”)

98 Se un simile mutamento culturale si realizza in quel momento, è per una serie di elementi contingenti di crisi del capitalismo postbellico: declino della produttività declino dei profitti instabilità del compromesso politico interno (datori di lavoro – lavoratori) Crisi politica tra i principali protagonisti del sistema precedente (Stati Uniti, Europa Occidentale, Giappone) sfida del Terzo Mondo

99 Nell’immediato: gli Stati Uniti erano liberi dal ruolo di tutori del sistema internazionale, pur mantenendone i vantaggi Anche se mancherà a lungo una risposta unitaria dell’Europa Occidentale, e in molti tenteranno di persuadere gli Stati Uniti al ritorno al sistema precedente, la soluzione definitiva alla fine del decennio sarà la creazione del Sistema Monetario Europeo (area di stabilità monetaria interna) e l’avvio di un processo di creazione di una moneta unica Per quanto riguarda il Giappone, ci si dedicherà alla creazione di un’area economica e monetaria preferenziale nel sudest asiatico

100 La crisi petrolifera del 1973

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102 Nuova guerra in Medio Oriente
La vittoria Israeliana del 1967 aveva cambiato la dinamica del conflitto: nuovo protagonismo palestinese attraverso una campagna politica e militare contro Israele I regimi nazionalisti vogliono rimediare all’umiliazione subita e recuperare i territori persi Tra il 1967 e il 1970 “Guerra di attrito” Dal 1972 in Egitto è al potere Sadat, meno incline ad accettare l’influenza sovietica

103 Nuova guerra in Medio Oriente
Nasce l’idea di una nuova iniziativa bellica che costringa Israele a negoziare da una posizione di maggiore equilibrio (rispetto alla schiacciante vittoria del 1967) Nel 1973 Egitto e Siria attaccano le truppe israeliane dispiegate nei territori occupati L’attacco ha luogo durante la festa dello Yom Kippur. Iniziale difficoltà israeliana Gli Stati Uniti autorizzano il rifornimento di armi e munizioni a Israele

104 Nuova guerra in Medio Oriente
Rapida ripresa Israeliana che consente di attraversare il canale di Suez e accerchiare le truppe egiziane Il 22 ottobre l’ONU approva il cessate il fuoco, con voto comune di USA e URSS. Sembra una dimostrazione dello “spirito della Distensione” Le forze israeliane ormai sono in tale vantaggio che tardano a fermare le ostilità, per annientare definitivamente l’esercito egiziano

105 Nuova guerra in Medio Oriente
A quel punto Breznev propone a Nixon un intervento congiunto per imporre il cessate il fuoco; minaccia di intervento sovietico Gli Stati Uniti rifiutano la proposta e mettono in allarme le loro forze Al contempo, intervengono su Israele per frenare le azioni militari Il 26 ottobre cessano le ostilità

106 Nuova guerra in Medio Oriente
Risultato: Israele ha vinto e soltanto l’intervento statunitense (non quello sovietico) consente all’Egitto di salvarsi Il sostegno sovietico, al contrario, non aveva portato alcun vantaggio Dimostrazione che Israele è ormai la potenza preponderante nell’area: nuove guerre non servirebbero a nulla

107 Nuova guerra in Medio Oriente
Rimaneva il negoziato, e soltanto gli Stati Uniti potevano fare da mediatori Questo porterà progressivamente Sadat a chiudere l’alleanza con Mosca e a intraprendere la strada della pace con Israele grazie alla mediazione statunitense Dalla crisi del 1973 l’influenza Usa in Medio oriente esce apparentemente accresciuta, quella sovietica sicuramente diminuita

108 Nuova guerra in Medio Oriente
Invece di estendere la cooperazione paritaria tra superpotenze all’area mediorientale, gli Stati Uniti agiscono “all’ombra della Distensione” per ristabilire la loro preminenza nell’area Un’area la cui importanza strategica cresceva ulteriormente in conseguenza della crisi petrolifera che sarebbe esplosa nello stesso periodo

109 La crisi petrolifera Il vero propellente del boom postbellico occidentale era stato il petrolio, il cui consumo era aumentato di cinque volte Prezzi bassi e stabili garantiscono crescita dei paesi industrializzati e bassa inflazione Tuttavia, Europa e Giappone sono completamente dipendenti dal petrolio importato (per l’Europa, dal M.O.) È evidente che i paesi produttori detenevano un potere contrattuale enorme. Era sufficiente che se ne rendessero conto.

110 La crisi petrolifera In seguito alla guerra dello Yom Kippur, i paesi arabi membri dell’OPEC (Organizzazione dei produttori di Petrolio) riducono la produzione, aumentano i prezzi e differenziano le forniture a seconda delle posizioni assunte nei confronti del conflitto (e di Israele) Tra ottobre e dicembre 1973 i prezzi del petrolio sono quadruplicati Shock in Occidente: la scoperta della dipendenza dagli “arabi”

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112 La crisi petrolifera Nel Terzo Mondo: inizia a crollare il fronte tra paesi che hanno petrolio e materie prime, e paesi che ne sono sprovvisti. I primi si arricchiscono, i secondi si impoveriscono Ridisegnati i flussi internazionali dei capitali Esempio: tra il 1973 e il 1980 i redditi petroliferi dell’Arabia Saudita passarono da quattro a cento miliardi di dollari

113 La crisi petrolifera In Occidente + Giappone: si esaspera il disordine monetario e politico già generato dal “Nixon shock” Crescono l’inflazione e disoccupazione, si verifica il fenomeno della “stagflazione” (stagnazione + inflazione). Aumenta il conflitto sociale per la redistribuzione

114 La crisi petrolifera La sfida del “NIEO” raggiunge l’apice nel 1973
Paradossalmente, la sfida all’Occidente ne produrrà un ricompattamento dietro la guida degli Stati Uniti (che soffrono meno degli altri la crisi) …invece di una ricerca di soluzioni concordate di compromesso Nord-Sud

115 La crisi petrolifera Che fare? Due diverse strategie:
Negoziare coi produttori di petrolio in ordine sparso (tacita accettazione delle ragioni del NIEO) Fare fronte comune dell’Occidente Gli Stati Uniti furono in grado di persuadere gli alleati verso la seconda soluzione… mentre in realtà sfruttavano la prima

116 L’Europa e la crisi degli anni ‘70
Esplosione della crisi petrolifera: In pochi mesi il dollaro, da valuta sovrabbondante ed inflazionata, diventa bene di rifugio per eccellenza e mezzo ricercato per il pagamento del greggio

117 L’Europa e la crisi degli anni ‘70
Gli europei devono procacciarsi dollari per pagare il greggio… …gli euro-dollari diventano così petro-dollari in mano agli sceicchi… …i quali “scelgono”(o vengono invitati a farlo) le banche britanniche e statunitensi per depositarli…

118 L’Europa e la crisi degli anni ‘70
…rimettendoli a disposizione degli Stati Uniti per Finanziare il deficit statale Finanziare gli aiuti allo sviluppo per i paesi che essi ritengono meritevoli per motivi politici (resistenza all’influenza sovietica) o economici (adesioni al modello di libero mercato nella forma più estrema)

119 Un nuovo tipo di egemonia
In conclusione: gli Europei si adattano alla rinnovata superiorità statunitense e collaborano (più per pragmatismo che per convinzione) alla ricostituzione di un’egemonia statunitense che di consensuale ha ben poco dal punto di vista economico (iniziative unilaterali e “shockanti” anche in futuro)

120 Un nuovo tipo di egemonia
Gli Stati Uniti, per parte loro, sanciscono il definitivo abbandono dell’obiettivo di un riequilibrio della bilancia commerciale. Il problema non è più come tornare a produrre in patria, ma come finanziare il debito esorbitante La possibilità di stampare “carta verde” ad libitum è una parte della soluzione

121 Un nuovo tipo di egemonia

122 La stagione dei G7

123 La stagione dei G7 Ricambio generalizzato al potere in tutti i principali paesi occidentali. I nuovi leader percepiscono la gravità della crisi che l’economia capitalista sta attraversando, di fronte ai problemi interni (“stagflazione”) e alle sfide che provengono “dall’esterno” (OPEC, NIEO)

124 La stagione dei G7 Sono (o si ritengono) degli esperti di economia, dunque gli “uomini giusti” per uscire dalla crisi Sono ben più convinti dei loro predecessori che il modello keynesiano stia segnando il passo, e sono attratti o quantomeno interessati alle nuove dottrine monetariste e neoliberiste Sono convinti che soltanto il coordinamento tra le maggiori economie capitaliste possa portare a soluzioni serie e durevoli … e soprattutto: credono che soltanto una leadership statunitense, egemonica ma responsabile, possa fungere da traino per l’intero Occidente

125 La stagione dei G7 In margine alla riunione finale della conferenza di Helsinki, i quattro principali leader si riuniscono e decidono (su iniziativa francese) di tenere un vertice a Rambouillet per discutere di economia e sistema monetario

126 La stagione dei G7 Viene invitata anche l’Italia per questioni di prestigio politico, il Canada per ragioni di coesione atlantica, e il Giappone in onore allo schema “tripolare” (Stati Uniti-Europa-Giappone e Sudest asiatico) Primo obiettivo: infondere fiducia di fronte all’opinione pubblica e al mondo degli affari sulla ritrovata coesione atlantica e sulla risolutezza nella lotta al declino economico (gli aspetti simbolici sono ritenuti molto importanti)

127 La stagione dei G7 Gli Stati Uniti scelgono i loro interlocutori: non “gli europei”, ma “fra gli europei” e oltre, in base al loro potere economico e (in parte politico) I partner si fanno scegliere secondo criteri che rischiano di incrinare il processo di integrazione e finiscono per svalutare l’immagine dell’Europa di fronte al Terzo Mondo (mancanza di immaginazione politica di fronte alle soluzioni proposte dagli USA)

128 La stagione dei G7 Obiettivi del vertice di Rambouillet (11/75) e di quello successivo di Puerto Rico (6/76) Presa di coscienza dell’ “interdipendenza” economica ormai globale Pronto recupero economico in occidente Al di là di ogni affermazione pubblica, c’è la rinuncia a qualunque ipotesi di ritorno ad un sistema di cambi flessibili Diffusione delle regole del libero mercato ovunque, e loro ampliamento: assicurare la libera circolazione delle merci e dei capitali

129 La stagione dei G7 Riduzione drastica del ruolo dello stato in economia (no protezionismo selettivo e no impedimenti all’ingresso di capitali stranieri) Abbandono del “dogma” della piena occupazione: il compito principale è il controllo dell’inflazione Parallelamente, l’idea del “corporate welfare” si sostituisce a quella del “people welfare” Indubbia influenza delle dottrine neoliberiste, che iniziano a farsi strada come possibile soluzione alla crisi

130 La stagione dei G7 Una responsabile leadership americana deve guidare questa transizione Gli strumenti migliori per una sua applicazione diventano le istituzioni multilaterali già esistenti: Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale Stati Uniti ed europei invitati concordano sulla necessità di “scardinare” in tal modo il possibile blocco compatto del Terzo Mondo Nasce così l’idea dei “piani di aggiustamento strutturale” che dovevano accompagnare i prestiti elargiti ai paesi in via di sviluppo dal FMI

131 La stagione dei G7 È importante comprendere che il processo ebbe certo origine dagli Stati Uniti, MA gli europei che parteciparono alla stagione del G7 non furono passivi di fronte all’elaborazione delle “nuove regole” per l’economia internazionale. In particolar modo, Francia e Repubblica Federale Tedesca (Gran Bretagna ed Italia vivevano problemi economici che rendevano oggettivamente più debole la loro posizione)

132 La stagione dei G7

133 La stagione dei G7 In questa nuova egemonia, che potremmo definire “contrattuale” (ridotti elementi ideali, in primo piano quelli “utilitaristici”, separazione e prominenza del piano economico rispetto agli altri), è fondamentale la speranza/convinzione degli europei che, seppellito il sistema di Bretton Woods, gli USA tornino a svolgere un ruolo di “egemoni consapevoli”.

134 La stagione dei G7 Le speranze rimarranno ben presto frustrate: nel la nuova crisi energetica produrrà un nuovo “si-salvi-chi-può” Il “Volcker shock” del 1979 (innalzamento vertiginoso dei tassi di interesse americani) dimostrerà che le autorità USA fondano la loro politica economica soltanto sulle necessità del paese (e non sulle esigenze del sistema internazionale) Non a caso, in contemporanea nascerà il Sistema Monetario Europeo

135 Fine del Terzo Mondo I paesi del Terzo Mondo, in particolare quelli sprovvisti di fonti di energia, devono abbandonare il sogno del NIEO e adeguarsi alla nuova disciplina; altrimenti non sarebbero stati in grado di attirare né aiuti né investimenti privati Si apre la voragine dell’indebitamento, resa drammatica dal “Volker shock” che moltiplicava il valore dei debiti in dollari Nel 1982 il debito medio dei paesi dell’America Latina è il 40% delle esportazioni La gestione delle conseguenze sociali facilita l’ascesa di regimi militari e sanguinari

136 Fine del Terzo Mondo In Asia, al contrario, alcuni paesi avevano impostato strategie d’industrializzazione fondate sull’esportazione e l’alta tecnologia (grazie a una protezione politica internazionale di cui altri paesi non godevano) Sono le “Tigri asiatiche”: l’incremento della loro produzione supplirà alla deindustrializzazione dell’Occidente, grazie a prezzi ineguagliabilmente bassi

137 Fine del Terzo Mondo Tra il 1980 e il 1990 il reddito pro capite delle economie emergenti dell’Asia saliva del 40% rispetto a quello dell’Occidente. Quello di America Latina e Africa subsahariana calava del 30% Gradualmente anche la Cina si sarebbe associata Nel 1979 il flusso di scambi sul Pacifico superava quello sull’Atlantico per la prima volta. Il trend non si sarebbe mai interrotto.


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