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Lezione II L’oggetto di studio.

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1 Lezione II L’oggetto di studio

2 Obiettivi della lezione
In quale misura e con quali strumenti possiamo conoscere l’economia e la società di un mondo, come quello antico, tanto distante da noi cronologicamente e culturalmente?

3 La storia economica e sociale: una scienza moderna
L’odierna storiografia politica e militare affonda le sue radici nella civiltà greca. Gli antichi, pur non ignorando l’importanza fattori economici e sociali, non hanno mai creato una storiografia economica e sociale. Due aspetti che sono divenuti oggetto di indagine storica solo nel XIX secolo.

4 Definizioni: quale è l’oggetto della storia economica e sociale?
La storia economica studia le modalità con le quali gli uomini acquisiscono i beni materiali che gli consentono di vivere. La storia sociale studia le modalità con le quali gli uomini, come individui o come gruppi, entrano in relazione all’interno di una comunità.

5 Due oggetti di studio diversi ma correlati
L’insegnamento di storia economica e sociale tratta due diversi oggetti di studio, che tuttavia sono profondamente intrecciati tra di loro. Le strutture economiche sono condizionate dal quadro sociale in cui si inseriscono (e a loro volta lo condizionano): per esempio l’effetto dell’istituzione sociale della schiavitù. La funzione economica svolta determina il ruolo sociale dei singoli all’interno di una comunità ed è un fattore importante nella formazione di un gruppo sociale: per esempio le classi.

6 La storia degli studi La natura del nostro oggetto di studi (particolarmente l’economia antica) è stata oggetto di intenso dibattito, a partire dalla fine del XIX secolo. Ripercorrere rapidamente la storia degli studi consente di comprendere i problemi legati all’indagine sulla storia economica del mondo antico.

7 Karl Bücher e i Primitivisti
K. Bücher, Die Entstehung der Volkswirtschaft (“La genesi dell’economia nazionale”) nel 1893 propose uno schema dell’evoluzione dell’economia: Economia domestica chiusa (età antica) Economia urbana (età medievale) Economia nazionale (età moderna) Una differenza qualitativa tra l’economia antica e quelle posteriori: prevalenza dell’agricoltura per l’autoconsumo, debolezza degli scambi, arretratezza tecnologica, mancato accumulo di capitali.

8 Eduard Meyer e i Modernisti
E. Meyer, Die wirt-schaftliche Entwicklung des Altertums (“Lo sviluppo economico dell’Antichità”), 1895: un grande storico del mondo antico guida la reazione alle teorie primitiviste.

9 Eduard Meyer e i Modernisti
L’economia antica si differenzia da quella moderna solo per aspetti quantitativi. Applicazione allo studio dell’economia antica degli stessi metodi e della stessa terminologia impiegata per l’indagine sull’economia moderna. Insistenza sulle forme di produzione “industriale”, sull’intensità degli scambi, sull’economia monetaria; nascita di una oligarchia della ricchezza, contro l’aristocrazia terriera. Una politica estera condizionata da esigenze economiche, come la volontà di aprire nuovi mercati.

10 Robert Von Pöhlmann e la visione modernista della storia sociale
La visione modernista dell’economia antica influenzò anche le ricostruzioni della storia sociale. R. Von Pöhlmann in Geschichte der sozialen Frage und des Sozialismus in der antiken Welt (“Storia della questione sociale e del socialismo nel mondo antico”), 19253, convinto di uno sviluppo capitalistico dell’economia antica, applicò il concetto marxista di lotta di classe alla storia sociale dell’Antichità.

11 I riflessi del dibattito in Italia
Gli echi del dibattito tra Primitivisti e Modernisti si sentono anche in Italia, soprattutto nella riflessione di studiosi legati al movimento socialista: E. Ciccotti, Il tramonto della schiavitù nel mondo antico, Torino 1899. G. Salvioli, Il capitalismo antico. Storia dell’economia romana, Bari 1929 [ma pubblicato in versione francese già nel 1906]: la necessità di distinguere il capitalismo antico da quello moderno. C. Barbagallo, Il materialismo storico, Milano 1916.

12 Un dibattito nato male Una premessa erronea per Primitivisti e Modernisti: L’evoluzione economica è processo lineare e omogeneo nel quale si può collocare con precisione la fase antica? È possibile studiare l’economia antica come fenomeno a sé, con gli stessi metodi con i quali si studia l’economia moderna? È possibile ridurre la storia dell’economia antica allo studio delle sue performance (modeste per i primitivisti, notevoli per i modernisti)?

13 Un tentativo di superare la querelle: Max Weber
Die protestantische Ethik und der ‘Geist’ des Kapitalismus (“L’etica protestante e lo spirito del Capitalismo”), 1904: i fenomeni economici possono essere condizio-nati da fattori extra-economici.

14 Un tentativo di superare la querelle: Max Weber
In una serie di opere (che culminano in Wirtschaft und Gesellschaft [“Economia e società”], 1922) mette in luce le differenze strutturali di economia antica e moderna. La città antica come consumatrice di beni, la città medievale e moderna come produttrice. Il concetto di cittadinanza slegato da fattori economici nel mondo antico.

15 Mestieri e cittadinanza nel mondo antico
L’esercizio di alcuni mestieri infamanti limita l’esercizio dei diritti civici: Aristotele, Politica, 1278 a: “A Tebe vigeva una legge che proibiva l'accesso alla magistratura a chiunque non si fosse tenuto lontano dall'agorà per dieci anni”.

16 Sulla scia di Weber: Johannes Hasebroek
Staat und Handel im alten Griechenland (“Stato e commercio nella Grecia antica”), 1928, e Griechische Wirtschafts- und Gesellschafts-geschichte bis zur Perserkriegen (“Storia economica e sociale della Grecia fino alle Guerre persiane”), 1931: la subordinazione dell’economia alla politica nelle poleis greche. Gli stati antichi si interessavano solo ai problemi dell’approvvigionamento alimentare, non inter-venendo nelle altre questioni economiche.

17 La lezione di Weber e Hasebroek
È impossibile studiare l’economia antica indipendentemente dal quadro istituzionale, politico e culturale. Una lezione non sempre ascoltata: gli echi del dibattito tra primitivisti e modernisti si sentono ancora oggi. Una conseguenza anche dell’enorme impatto che ebbero le ricerche di stampo “modernistico” di M.I. Rostovzev.

18 Un maestro del Modernismo: Mikhail I. Rostovzev
Social and Economic History of the Roman Empire, 1926. Social and Economic History of the Hellenistic World, 1941.

19 Un maestro del Modernismo: Mikhail I. Rostovzev
Un magistrale e affascinante quadro dell’economia antica, fondato sulla piena padronanza delle più diverse classi di fonti. Particolarmente in Roman Empire il quadro è nettamente modernista: industrializzazione e intenso sviluppo commerciale. Il quadro è più sfumato nel posteriore Hellenistic World. Sulla scia di Rostovzev: An Economic Survey of Ancient Rome, a cura di T. Frank, : una grande raccolta di fonti sull’economia romana, priva di riflessioni teoriche.

20 Un’economia embedded: Karl Polanyi
Mentre oggi l’economia è un fenomeno indipendente, nel mondo antico è un fattore integrato nel quadro istituzionale, politico e culturale (The Great Transformation, 1944). L’economia antica non può essere studiata con le stesse categorie interpretative usate per il mondo moderno. Polanyi inaugura la scuola sostantivista, in contrasto con quella formalista, che ritiene che sia sempre esistita una sfera economica indipendente.

21 Moses Finley e la “Nuova Ortodossia”
Sviluppo del pensiero di Weber e Polanyi da parte di uno specialista della storia antica (The Ancient Economy, 1973). Le teorie di Finley sono talvolta etichettate come “neo-primitivismo”. La definizione di “Nuova Ortodossia” allude all’e-norme influenza del pensiero di Finley nella ricerca contemporanea.

22 Moses Finley e la “Nuova Ortodossia”
Un modello interpretativo delle caratteristiche dominanti dell’intera economia greca e romana. Un mondo essenzialmente rurale, con una produzione agricola indirizzata all’autoconsumo. Scambi limitati, con un mercato dominato non da leggi razionali, ma da convenzioni sociali e politiche: il dono e controdono, la redistribuzione. Fattori economici in politica estera: non l’apertura di nuovi mercati, ma la conquista di terre e bottino e la possibilità di imporre tasse. Uso del capitale per spese di consumo, per affermare il proprio status sociale, non per investimenti produttivi.

23 Gli sviluppi della “Nuova Ortodossia”: Keith Hopkins
Il riconoscimento del valore generale del modello di Finley. Ma la necessità di inserirvi una visione diacronica, che tenga conto di un’evoluzione di oltre mille anni: Crescita del surplus prodotto (fino al II sec. d.C.). Crescita degli occupati in settori diversi dall’agricoltura. La redistribuzione dei proventi delle tasse nelle zone militari e nella città di Roma nel I-II sec. d.C.

24 Dopo Finley: le critiche alla “Nuova Ortodossia”
La scuola “empirica”: studi su aspetti di dettaglio, che non sempre si accordano con il modello generale di Finley. La scuola “formalista”: non fermarsi alle concezioni espresse nella letteratura antica e verificare le forme concrete assunte dall’economia (soprattutto attraverso la ricerca archeologica), che spesso hanno caratteri moderni. Un impulso di ricerca che nasce anche dall’attuale fenomeno della globalizzazione? Un rinnovato interesse verso gli studi di carattere quantitativo, nonostante i problemi di questo approccio al mondo antico. La scuola “culturale”: studiare i testi di rilievo per la storia economica e sociale come una costruzione ideologica.

25 La New Institutional Economics e l’Antichità
Un approccio alla storia economica che, piuttosto che concentrarsi sulle performance di un sistema, analizza i meccanismi istituzionali che ne regolano il funzionamento: “le regole del gioco”. Regole che possono essere formali (norme giuridiche) o informali (condizionamenti sociali). Una scuola fortemente orientata allo studio della contemporaneità, anche attraverso l’influente International Society for New Institutional Economics. Un indirizzo che forse non è poi così nuovo per la Storia economica del mondo antico, poiché da sempre in questo ambito lo studio delle performance è ostacolato dalla condizione delle fonti. Piuttosto in ambito antichistico saranno da valutare con prudenza alcuni assiomi della NIE. Per esempio la regola secondo la quale le istituzioni regolano l’economia in modo razionale, avendo come obiettivo l’efficienza.

26 Connessioni interdisciplinari
La storia sociale e la storia economica non solo sono intrecciate tra di loro, ma hanno anche connessioni con molte altre discipline: Geografia Demografia Storia del diritto Storia delle tecnica Storia delle idee e della mentalità Storia politica e militare

27 La geografia Gli uomini vivono in un ambiente geografico e in un clima che ne determinano le possibilità economiche e la facilità delle comunicazioni: Le caratteristiche geomorfologiche della Grecia hanno ostacolato la coltivazione di cereali e le comunicazioni. Gli uomini tuttavia possono anche trasformare l’ambiente a seconda delle loro esigenze: La discussa ipotesi di una deforestazione di vaste aree dell’Italia centrale, per soddisfare le enormi esigenze di legname della città di Roma.

28 La demografia L’ampiezza della popolazione e le sue dinamiche hanno una rilevanza nello sviluppo della società e dell’economia: L’esplosione demografica della Grecia arcaica determina tensioni economiche e sociali, che porteranno da un lato alla colonizzazione, dall’altro a mutamenti di regime nelle poleis greche. Ma le dinamiche economiche e sociali hanno a loro volta un’influenza sull’evoluzione della demografia: Tendenze economiche (necessità di non suddividere tra molti eredi le proprietà familiari) e sociali (relativa emancipazione femminile, instabilità dei legami matrimoniali) determinano il “suicidio demografico” della vecchia aristocrazia romana nella prima età imperiale.

29 La storia del diritto La legislazione regola i rapporti sociali e, in alcuni periodi, anche quelli economici, talvolta dando riconoscimento giuridico alla situazione di fatto: Nel a.C. un provvedimento inserito nelle Leggi delle XII tavole impedisce i matrimoni misti patrizio-plebei. Nel 445 a.C. il plebiscito Canuleio cancella questa norma. Altre volte reagendo contro sviluppi indesiderati La legislazione dell’impero romano tardoantico cerca di arrestare gli impulsi alla mobilità sociale, bloccando le persone nella loro condizione e nella loro professione, ai fini di assicurare un gettito fiscale costante. In genere gli interventi statali su economia e società furono meno numerosi nel mondo antico che in quello moderno.

30 La storia della tecnica
La tecnologia condiziona lo sviluppo economico: Il sistema dei trasporti, le fonti di energia. Ma anche il progresso tecnico può essere influenzato dalle condizioni economiche e sociali: Secondo un’opinione diffusa, l’istituto della schiavitù avrebbe ostacolato la traduzione in pratica delle notevoli conoscenze teoriche della scienza antica.

31 Storia delle idee e della mentalità
Fattori ideologici hanno pesantemente condizionato lo sviluppo economico del mondo antico: il mancato apprezzamento del lavoro come valore in sé, l’assenza di uno spirito imprenditoriale e di un’ideologia dell’arricchimento. Una differente sensibilità “culturale” rispetto al mondo contemporaneo determina comportamenti sociali per noi inaccettabili: La condizione di schiavitù sentita talvolta come “naturale”, il ruolo marginale della donna.

32 La storia politica e militare
Gli sviluppi sociali ed economici devono molto alle condizioni politiche vigenti e ai successi (o agli insuccessi) militari di uno stato: La conquista dell’egemonia nel Mediterraneo da parte di Roma nel II sec. a.C. portò ad un profondo cambiamento delle sue strutture sociali ed economiche. D’altra parte le strutture economiche e sociali sono spesso il presupposto per una politica estera di successo: Le conquiste romane della media età repubblicana si spiegano soprattutto in ragione di un potenziale militare straordinario, offerto da una numerosa classe di contadini-soldati.

33 Il fenomeno associativo nel mondo antico: un tentativo di classificazione
La tendenza all’associazione come tendenza connaturata all’uomo. Una tendenza limitata solo dalle istanze superiori (lo stato), che cercano di regolare le finalità delle associazioni, che possono essere le più svariate, anche in contrasto con gli obiettivi della comunità più ampia.

34 Una definizione ampia di associazione
Ogni gruppo di uomini che si riunisce per raggiungere uno scopo condiviso (una comunità politica, la società civile). In senso ancora più ampio, ogni gruppo legato da qualche vincolo e non necessariamente dal perseguimento di una finalità comune (la famiglia, un gruppo di vicinato). Definizioni troppo ampie per avere una qualche utilità in un’analisi scientifica: i gruppi che definiscono hanno caratteristiche troppo disparate.

35 Gli elementi peculiari che caratterizzano un’associazione in senso stretto
Libertà: l’individuo è libero di aderire o meno all’associazione (in contrasto con gruppi come la famiglia). Permanenza: lo scopo comune che l’associazione si propone di raggiungere si mantiene anche se uno dei suoi aderenti ne esce (in contrasto con le societates di affari del mondo antico). Organizzazione: le strutture che le associazioni si danno per perseguire i loro obiettivi.

36 Una classificazione delle associazioni in base alle loro finalità
Conviviali: assicurare ai soci forme di svago. Religiose: assicurare il culto di una particolare divinità. Funerarie: assicurare ai soci degne esequie funebri. Politiche: influenzare le scelte della comunità statale in cui l’associazione agisce. Professionali: il vincolo tra i soci è assicurato dal mestiere comune esercitato.

37 I caratteri delle associazioni professionali antiche
Comprendono non solo artigiani e commercianti, ma anche i funzionari amministrativi (scribi, littori). Le finalità economiche, preponderanti nelle associazioni di età medievale e moderna, sono meno evidenti nelle associazioni antiche. Nella documentazione i collegi professionali antichi sembrano perseguire spesso finalità cultuali, funerarie, sociali in senso lato.

38 Un criterio nominalistico per la definizione delle associazioni professionali nel mondo antico
Due tipologie di denominazione per le associazioni antiche: Un termine di riferimento al concetto di associazione + il nome di una divinità: per esempio collegium Dianae. Un termine di riferimento al concetto di associazione + il nome di un mestiere, in genitivo plurale: per esempio collegium fabrum. Si considerano come professionali tutte le associazioni che ricadono sotto questa seconda tipologia di denominazione.

39 Problemi di terminologia
Il concetto di associazione poteva essere espresso, in greco e in latino, con circa 50 termini diversi. I termini più diffusi in latino: collegium, corpus, sodalicium o sodalitas. I termini più diffusi in greco: eJtairiva, suvsthma, qiavso~, e[rano~ o suvnodo~. Il nome dei membri in latino: sodales, socii, collegiati, corporati, più raramente collegae.

40 La mancanza di un termine ufficiale per designare le associazioni
Il ricorso ad un elenco di sinonimi per definire il concetto di associazione nella letteratura giuridica: Digesto, III, 4, 1 (Gaio): Neque societas, neque collegium, neque huiusmodi corpus passim omnibus habere conceditur. Digesto, IV, 2, 9, 1 (Ulpiano): ... sive singularis persona, vel populus, vel curia, vel collegium, vel corpus ...

41 I termini più usati in latino per definire un’associazione
Collegium: il termine più attestato in ogni tipo di fonte, per tutta l’età romana. Corpus: usato come sinonimo di collegium fino al III sec. d.C.; nel tardoantico designa soprattutto le associazioni professionali di Roma e Costantinopoli. Sodalitas: usato in età repubblicana a designare associazioni di carattere privato, con scopi politici, spesso con accezione negativa; scompare in età imperiale. Sodalicium: noto dalla tarda età repubblicana (sostanzialmente come sinonimo di sodalitas), si conserva nella documentazione epigrafica di età imperiale, specialmente per le associazioni di carattere religioso, ma anche professionale.

42 Sodalicium e collegium sono sinonimi?
CIL IX, 5450 = A. Cristofori, Non arma virumque. Le occupazioni nell'epigrafia del Piceno, Bologna 20042, pp da Falerio (seconda metà I sec. d.C.). D(is) M(anibus). / T(ito) Sillio T(iti) lib(erto) / Prisco, / mag(istro) colleg(i) / fabr(um) II et q(uaestori) II, / mag(istro) et q(uaestori) sodal(ici) / fullonum, / Claudiae Ti(beri) lib(ertae), / uxori eius, matri/ sodalic(i) fullon(um). / T(itus) Sillius Karus et / Ti(berius) Claudius Phi/lippus, mag(istri) et / q(uaestores)/ colleg(i) fabr(um), / fili, parentib(us) / piissimis.

43 Lineamenti di storia degli studi sulle associazioni nel mondo antico
La prima fase di fioritura degli studi sulle associazioni del mondo antico: tra la metà del XIX e gli inizi del XX secolo: T. Mommsen, De collegiis et sodalicis Romanorum, Kiliae 1843: aspetti giuridici, i collegia funeraticia. W. Liebenam, Zur Geschichte und Organisation des römischen Vereinswesens, Leipzig 1890: il diritto di associazione. H.C. Maué, Die Vereine der fabri, centonarii und dendrophori im römischen Reich, Frankfurt 1886: il ruolo delle associazioni professionali nella lotta contro gli incendi. J.-P. Waltzing, Étude sur le corporations professionnelles chez les Romains depuis les origines jusqu'à la chute de l'Empire d'Occident, I-IV, Louvain : la summa degli studi sulle associazioni professionali, largamente fondata anche sulle fonti epigrafiche.

44 Theodor Mommsen ( )

45 Jean-Pierre Waltzing (1857-1929)

46 I caratteri della prima fase della ricerca sul fenomeno associativo
Esigenza di classificazione sistematica delle associazioni e delle loro attività. Accento sugli aspetti giuridici. Rischio di privilegiare la descrizione sistematica a scapito degli aspetti evolutivi.

47 La seconda fase della ricerca sul fenomeno associativo
Fiorisce in Italia sotto il regime fascista, in connessione con l’istituzione del regime corporativo. G. Monti, Le corporazioni nell'evo antico e nell'alto medio evo, Bari 1934. F. M. De Robertis, Il diritto associativo romano dai collegi della Repubblica alle corporazioni del Basso Impero, Bari 1938 V. Bandini, Appunti sulle corporazioni romane, Milano 1937. A. Calderini, Le associazioni professionali in Roma antica, Milano s.d. S. Accame, La legislazione romana intorno ai collegi nel I secolo a.C., «Bullettino del Museo dell'Impero Romano», 13 (1942), pp

48 I caratteri della seconda fase della ricerca sul fenomeno associativo
Ancora una volta una prospettiva giuridica, incentrata sul rapporto fra stato e associazioni. In quale modo lo stato romano aveva promosso e controllato il fenomeno associativo? Una prospettiva attualizzante, ma che non possiamo liquidare semplicemente come ideologica e apologetica.

49 Aristide Calderini (1883-1968)

50 La posizione di Aristide Calderini
Signore e signori, vi sono alcuni istituti che nell’evolversi della civiltà e degli ordinamenti civili si richiamano fra loro per una reale od apparente affinità o per qualche loro tratto comune o anche solo per la comunanza del nome. Sorge allora spontanea nella mente delle persone anche appena mediocremente colte e tende qui a diffondersi tra il volgo la convinzione che tra codesti istituti non possa non essere uno stretto rapporto di dipendenza o materiale o ideale, magnifico incentivo per intonarvi tutte le trombe della retorica o per ricavarvi tutti i barbagli non dell’oro ma dell’orpello, non del sole ma di qualche lampada di luce artificiale …

51 La posizione di Aristide Calderini
Tale è stato ed è il caso delle corporazioni professionali, che consacrate dalla carta del lavoro e poste alla base del rinnovato regime economico nazionale, hanno condotto scrittori ed oratori, più spesso a sproposito che a proposito, a rievocare i paragoni con le corporazioni di Roma antica o con le arti medievali. Ho desiderato perciò approfittare di questa occasione per fissare brevemente e secondo le informazioni di cui possiamo disporre fino ad ora, la storia e alcune caratteristiche delle corporazioni romane di mestiere, perché si veda fino dove è lecito parlare, a proposito delle moderne corporazioni, di affinità e dove invece si fa del semplice sentimento, anzi del sentimentalismo infondato. [A. Calderini, Le associazioni professionali in Roma antica, Milano s.d, p. 3]

52 Una stasi negli studi Al di fuori dell’Italia già agli inizi del XX secolo, nel nostro paese dopo la II guerra mondiale, si assiste ad una certa stasi negli studi sul fenomeno associativo. Fanno eccezione le pagine dedicate al tema in studi più generali: M.I. Rostovzev, Social and Economic History of the Roman Empire, Oxford 1926. A.H.M. Jones, The Later Roman Empire, A Social, Economic, and Administrative Survey, Oxford 1964. Proseguono le ricerche di F.M. De Robertis: Il fenomeno associativo nel mondo romano dai collegi della Repubblica alle corporazioni del Basso Impero, Napoli 1955 (rist. Roma 1981). Storia delle corporazioni e del regime associativo nel mondo romano, I-II, Bari 1971.

53 La rinascita degli studi negli anni Settanta
Un punto di vista più nettamente storico, con maggiore attenzione agli aspetti sociali, politici ed economici. Maggiore attenzione alle specificità del fenomeno in alcuni momenti e in determinate aree del mondo romano. Una protagonista della rinascita: Lellia Cracco Ruggini: Le associazioni professionali nel mondo romano-bizantino, «Settimane di studio del Centro italiano di studi sull'alto medioevo. XVIII», I, Spoleto 1971, pp Stato e associazioni professionali nell'età imperiale romana, «Akten des VI. Internationalen Kongresses für Griechische und Lateinische Epigraphik», München 1973, pp La vita associativa nelle città dell'Oriente greco: tradizioni locali e influenze romane, «Assimilation et résistance à la culture gréco-romaine dans le monde ancien. Travaux du VIe Congrès International d'Études Classiques», a cura di D.M. Pippidi, Bucuresti - Paris 1976, pp

54 La rinascita degli studi
Gli studi di sintesi: F.M. Ausbüttel, Untersuchungen zu den Vereinen im Westen des römischen Reiches, Kallmünz 1982. F. Diosono, Collegia. Le associazioni professionali nel mondo romano, Roma 2007, Le associazioni nelle province orientali dell’Impero: P. Van Minnen, Urban Craftsmen in Roman Egypt, «Münstersche Beiträge zur antiken Handelgeschichte», 6 (1987), 2, pp O. Van Nijf, The Civic World of Professional Associations in the Roman East, Amsterdam 1997.

55 La rinascita degli studi
Studi su aspetti particolari: G. Clemente, Il patronato nei collegi dell'impero romano, «Studi Classici e Orientali», 21 (1972), pp (cf. anche Id., Arti, mestieri, vita associativa, collegia, «Civiltà dei Romani. Il potere e l'esercito», a cura di S. Settis, Milano 1991, pp ). H.L. Royden, The Magistrates of the Roman Professional Collegia in Italy from the First to the Third Century A.D., Pisa 1988. N. Tran, Les membres des associations romaines: le rang social des collegiati en Italie et en Gaules sous le Haut-Empire, Rome 2006. R. Lafer, Omnes collegiati, «concurrite»! Brandbekämpfung im Imperium Romanum, Frankfurt am Main 2001. L. De Salvo, Economia privata e pubblici servizi nell'Impero romano: i corpora naviculariorum, Messina 1992. J.S. Perry, The Roman collegia: the Modern Evolution of an Ancient Concept, Leiden 2006.

56 Conclusioni I fenomeni economici e sociali del mondo antico non possono essere studiati come oggetti isolati, ma come integrati in una rete che coinvolge fattori molto diversi. Lo studio della storia economica e sociale del mondo antico è quindi necessariamente uno studio interdisciplinare. I fattori che condizionarono l’evoluzione dell’economia e della società antiche sono peculiari di quel mondo: non dobbiamo rinunciare a porci domande “moderne”, ma le risposte devono tenere conto delle condizioni antiche. Le condizioni economiche e sociali del mondo antico variarono a seconda dei luoghi e dei periodi: i modelli interpretativi generali hanno dei limiti. Nonostante le molte ricerche su singoli aspetti (spesso di taglio “empirico”), ancora molto resta da fare sulla storia economica e sociale del mondo antico.


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