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Facoltà di Scienze politiche, sociali e della comunicazione – A.A. 2011-2012 | Responsabilità sociale d’impresa 1 FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE, SOCIOLOGIA.

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Presentazione sul tema: "Facoltà di Scienze politiche, sociali e della comunicazione – A.A. 2011-2012 | Responsabilità sociale d’impresa 1 FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE, SOCIOLOGIA."— Transcript della presentazione:

1 Facoltà di Scienze politiche, sociali e della comunicazione – A.A. 2011-2012 | Responsabilità sociale d’impresa 1 FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE, SOCIOLOGIA E COMUNICAZIONE A.A. 2014-2015 RELAZIONI ISTITUZIONALI E RESPONSABILITÀ SOCIALE D’IMPRESA IL PROBLEMA DELLA SOSTENIBILITA’

2 Il Rapporto Bruntland (1987) e il concetto di “sviluppo sostenibile” Rapporto «Our common future» del 1987 della Commissione mondiale su Ambiente e Sviluppo, presieduta da Gro Harlem Brundtland, medico ed ex primo ministro norvegese, all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite; i problemi globali dell’ambiente sono dovuti alla grande povertà in molti dei Paesi in via di sviluppo e ai modelli di produzione e di consumo non sostenibili in quelli più sviluppati. Vi è quindi la necessità di attuare una strategia in grado di integrare le esigenze dello sviluppo e dell’ambiente, definita come «sustainable development» o «sviluppo sostenibile». «Lo sviluppo sostenibile è quello che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri». 2

3 L’aumento della popolazione globale E’ una prima variabile di cui tenere conto nel delineare il problema della sostenibilità ; 2000 anni fa la popolazione del mondo era di 300 milioni. Ha impiegato più di 1600 anni per raddoppiarsi a 600 milioni. il primo miliardo di abitanti della Terra è stato raggiunto nel 1804, il secondo nel 1927, il terzo nel 1959, il quarto nel 1974, il quinto nel 1987, il sesto nel 1999 e il settimo nel 2011. La crescita rapida della popolazione mondiale è iniziata negli anni 50, con la riduzione della mortalità nei PVS. Ad essere determinante è stato il crollo della mortalità infantile con le campagne di vaccinazione di massa nei PVS La fertilità risulta invece essere diminuita (da circa 6.0 a 2.5) con la sola eccezione dell’Africa (ferma a 5.0). 3

4 L’aumento della popolazione globale la Divisione per la Popolazione del Dipartimento per gli Affari Economici e Sociali delle Nazioni Unite prevede: una popolazione mondiale di 9.3 miliardi nel 2050 una di più di 10 miliardi entro la fine del secolo, la maggior parte di questo incremento è atteso nei Paesi a più alto tasso di fertilità (di cui ben 39 si trovano in Africa) il livello di popolazione dei paesi maggiormente sviluppati si manterrà pressoché stabile; quello dei PVS aumenterà, concentrandosi nel continente asiatico e in quello africano, dove si raggiungerà, rispettivamente, una popolazione di cinque e di due miliardi. 4

5 La “human carrying capacity” È la capacità portante dell’ambiente, ovvero il limite di individui che possono vivere in un certo ambiente senza causarne il degrado nel lungo periodo. È la capacità naturale che un ecosistema possiede di produrre in maniera stabile le risorse necessarie alle specie viventi che lo popolano, senza rischi per la sopravvivenza. È fortemente influenzata dallo stato della tecnologia i consumi devono rispettare il ritmo con il quale l’ecosistema rinnova le proprie risorse; la quantità di rifiuti prodotti non deve essere superiore alla capacità dei sistemi naturali di assorbirli e neutralizzarli. 5

6 L’impronta ecologica È un modello di calcolo per l’analisi e la valutazione dell’impatto di una popolazione sull’ambiente di calcolo, che rileva l’impatto pro capite sull’ambiente; consente di valutare il consumo di risorse e la produzione di rifiuti che si determina in un contesto, ponendo in relazione potenziale di produzione e consumi reali della popolazione. Si rileva in ettari di terra ecologicamente produttiva pro capite per un cittadino USA l’impronta ecologica è di 5,4 ettari per uno cittadino UE è di 4,5, nei PVS scende a valori inf. a 1 oggi circa il 75% delle risorse mondiali è utilizzato dal 25% della popolazione e l’attuale modello di crescita tende ad essere esportato anche nei PVS gli attuali livelli di consumo non sono chiaramente sostenibili 6

7 Il Millennium Ecosystem Assessment (2001-2005) 1) l’uomo negli ultimi 50 anni ha modificato gli ecosistemi molto più rapidamente e profondamente che in qualsiasi altro periodo 2) ciò ha prodotto la più ampia e sostanziale perdita irreversibile di biodiversità della vita sulla terra; 3) tutte queste modificazioni, se da un lato hanno contribuito allo sviluppo economico delle società umane, dall’altro hanno prodotto danni crescenti in termini di degrado degli ecosistemi; 4) il 60% dei servizi forniti dagli ecosistemi risultano allo stato attuale degradati o sfruttati in maniera insostenibile ; 5) circa un quarto della superficie è stata trasformata in terra coltivabile, con l’eliminazione di gran parte delle foreste. 7

8 Il Millennium Ecosystem Assessment (2001-2005) 6) gli oceani, i laghi e i corsi d’acqua dolce sono stati inquinati in maniera preoccupante e un quarto delle barriere coralline distrutte o gravemente danneggiate; 7) Il numero delle specie animali e vegetali estinte o in forte pericolo di estinzione a causa dell’attività antropica è in costante aumento; 8) la disponibilità di fauna ittica per la pesca è ridotta a circa un decimo di quella di epoca preindustriale. “Allo stato attuale abbiamo perso porzioni rilevanti di specie animali e vegetali, con conseguente perdita di biodiversità o diversità genetica. Se si continua così una gran parte di ciò che resta scomparirà entro i prossimi 50 anni” (WWF) 8

9 L’esaurimento delle risorse rinnovabili = quelle risorse soggette ad un processo di rigenerazione nel tempo (concetti di stock e di flusso) se il tasso del suo sfruttamento da parte degli esseri umani è più alto del suo tasso di rigenerazione, l’esito inevitabile del processo sarà comunque in un certo tempo la sua scomparsa. Le foreste e le specie animali sono delle risorse rinnovabili non permanenti, contrariamente all’ energia eolica o a quella solare, che sono da considerarsi risorse rinnovabili permanenti Lo sfruttamento o il semplice uso di una risorsa naturale rinnovabile riduce lo stock della risorsa stessa, ma quando il flusso di consumo supera quello naturale di ricrescita della risorsa, lo stock tende ad estinguersi con il passare del tempo 9

10 L’esaurimento delle risorse risorse naturali non rinnovabili = quelle che hanno uno stock di quantità che non aumenta per effetto di processi naturali e quindi esistono in quantità fisse, anche se spesso non conosciute con precisione. Il petrolio e le altre fonti di energia fossile, come i gas naturali e il carbone, sono da considerarsi risorse non rinnovabili, dato che impiegano milioni di anni per formarsi. L’attuale assetto dello sfruttamento energetico delle società moderne è fortemente dipendente da risorse non rinnovabili Solo dopo vengono l’energia nucleare, quella idroelettrica e le altre energie rinnovabili (solare, eolico, ecc.). Le risorse non rinnovabili pongono problemi di tensioni e conflitti geopolitici per il loro sfruttamento. 10

11 L’esaurimento delle risorse la quantità di petrolio estratto fino ad ora nel mondo è di 900 miliardi di barili e ne resta circa altrettanto, ma di estrazione sempre più difficile (fondali marini, ecc.) il picco di estrazione lo si è raggiunto nel decennio 1990-2000 per il decennio 2030-2040 l’estrazione del petrolio rimasto esigerà soluzioni tecnologicamente sempre più complesse; il gas naturale, come il petrolio, è una risorsa destinata a finire: assumendo come costanti i consumi, le riserve arriverebbero all’estinzione in una sessantina di anni; Per quanto riguarda il carbone, le riserve mondiali attualmente accessibili con le tecniche di estrazione mineraria conosciute potrebbero durare per alcuni decenni di più. 11

12 Nel lungo periodo dovranno essere trovate necessariamente delle soluzioni come: tecnologie di riciclaggio dei rifiuti e delle materie prime; puntare in misura sempre maggiore sulle energie rinnovabili: l’energia solare, che richiede il dislocamento di appositi pannelli, di costo ancora molto elevato; l’energia eolica, generata tramite pale; l’energia geotermica, prodotta con fonti di calore geologiche; l’energia idroelettrica, con il movimento di grandi masse d’acqua; l’energia nucleare, con possibili incidenti o guasti agli impianti e perdita di sostanze radioattive, e problemi di smaltimento delle scorie, altamente inquinanti; le biomasse, che sfruttano colture destinate all’alimentazione. 12

13 La Conferenza Internazionale su Ambiente e Sviluppo (UNCED) di Rio del 1992 Nel 1989, l’Assemblea generale dell’ONU ha deciso di adottare la risoluzione n°44/228, che recepisce il rapporto Brundtland. L’ambiente che non è più un limite e un vincolo alla sviluppo economico ma una sua dimensione essenziale e imprescindibile. L’attuazione dei principi del rapporto Bruntland è tentato con la convocazione di una Conferenza Internazionale su Ambiente e Sviluppo a Rio de Janeiro il 3 al 14 giugno del 1992. È la più grande Conferenza della storia con 183 paesi rappresentati da 10.000 delegati, un centinaio fra capi di stato e di governo, 15.000 rappresentanti di associazioni ambientaliste e altre ONG, oltre a esperti, industriali, rappresentanti delle popolazioni indigene, religiosi e giornalisti. 13

14 La Risoluzione n.44/228 dell’ONU Assegna alla Conferenza la soluzione delle questioni ambientali più importanti, come l’esaurimento delle risorse, la lotta all’inquinamento, il surriscaldamento globale, la protezione del patrimonio forestale e marino e della biodiversità naturale. Fa propria una concezione tripartita dello sviluppo sostenibile, che coniuga tutela ambientale, sviluppo economico ed eliminazione della povertà come condizioni fondamentali ed interconnesse in un equilibrato sviluppo sociale. Erano auspicate dalla Conferenza di Rio: 1) la redazione di una serie di documenti che gettassero le basi di un impegno a livello mondiale su tutte queste tematiche ; 2) la stesura di una Carta della Terra. 14

15 La “Carta della Terra” Principale obiettivo della Conferenza di Rio del 1992 sarebbe dovuta essere la definizione di una “Carta della Terra”: “una sorta di summa dei diritti e doveri ecologici degli Stati e degli individui che valesse, sia pur in forma di soft law”, e cioè a livello di direttiva non giuridicamente vincolante per gli Stati membri dell’ONU, “a definire l’assetto fondamentale del diritto ambientale internazionale e i principi generali di una sorta di Costituzione Ecologica mondiale di base per l’ulteriore sviluppo sia di quel diritto interno che degli ordinamenti interni in questa materia”. Ma non è stato possibile realizzarla. 15

16 La Conferenza di Rio del 1992: le diverse posizioni e i conflitti fra gli interessi in campo Da una parte: i Paesi sviluppati (Europa, Canada, ecc.), più aperti a dare la precedenza alle questioni ambientali; Dall’altra parte: i Paesi in via di sviluppo, che attribuivano invece priorità al proprio sviluppo come via di uscita da problemi percepiti come più gravi come la fame, le malattie, le guerre, ritenuti incompatibili con la tutela ambientale; Da un’altra parte ancora: gli Stati Uniti, con la priorità di tutelare le proprie industrie all’avanguardia in diversi campi. Tali conflitti hanno reso necessaria la ricomposizione su un documento comune su basi minime, che non rappresentasse un vincolo giuridico ma semplicemente una dichiarazione di intenti politici per un futuro ancora da definire. 16

17 la Dichiarazione di Rio del 1992 una sorta di codice di comportamento etico ambientale per gli Stati in 27 punti, non vincolante per i paesi firmatari, che afferma i grandi principi in materia di ambiente e sviluppo: l'uomo è al centro dello "sviluppo sostenibile" (principio 1); gli Stati hanno sovranità sulle proprie risorse e non devono causare danni ai paesi confinanti (principio 2); l’eliminazione della povertà è requisito primario per lo sviluppo sostenibile (principio 5); si propone un’alleanza mondiale per la salvaguardia dell’ambiente e gli Stati hanno una responsabilità comune ma differenziata di fronte alle problematiche della tutela ambientale (principio 7); una politica di prevenzione nella protezione dell'ambiente va adottata anche in assenza di certezza scientifica, ovvero deve valere il “principio precauzionale” (principio 15). 17

18 L’Effetto Serra L’effetto serra è un fenomeno naturale dato dalla capacità dell’atmosfera di trattenere e trasformare in calore una parte dell’energia proveniente dal Sole. Una certa quantità di questa energia non viene assorbita dal pianeta, ma riflessa nuovamente verso lo spazio. Esistono tuttavia determinate sostanze, i così detti gas–serra, che hanno la proprietà di far rimbalzare le radiazioni uscenti sull’atmosfera e di rimandarle sulla superficie terrestre. Ciò avviene come con i vetri di una serra, che fanno entrare la luce del sole, ma non permettono la fuoriuscita di calore. L’esistenza dei gas-serra è un fenomeno di per sé fisiologico e consente anzi la vita sul pianeta così come noi la conosciamo. 18

19 Effetto Serra ed emissioni di CO2 I gas responsabili dell’effetto serra sono l’anidride carbonica CO2, il metano CH4 e il protossido d’azoto NO2. Il CO2 interviene in molti processi biologici, come la fotosintesi clorofilliana, ed è quindi di per sé fondamentale alla vita. Essa è naturalmente prodotta dai vulcani, dalla combustione dei composti organici nell’ossidazione e dalla fermentazione dei batteri, oltre ad essere uno dei sottoprodotti della respirazione degli esseri umani e degli animali. La sua quantità ottimale è garantita proprio dalla presenza delle piante verdi e degli oceani, che ne assorbono. Se non che, a partire dal XVIII secolo, con il ricorso sistematico ad attività di combustione, la concentrazione atmosferica di anidride carbonica nell’atmosfera è andata molto aumentando. 19

20 L’aumento della concentrazione di CO2 in atmosfera La concentrazione di CO 2 è aumentata del 35% dai tempi della rivoluzione industriale e addirittura del 20% dal 1958. L’immissione di CO2 oggi provocata dalle attività umane è cento volte superiore a quella prodotta dai vulcani. Le principali cause dell’aumento della concentrazione dell’anidride carbonica nell’atmosfera sono: 1) la combustione di combustibili fossili, quali il petrolio, il carbone e il gas naturale; 2) la deforestazione in atto su vaste aree del pianeta. Gli USA nel periodo 1840-2004 da soli sono stati responsabili di questo aumento per circa il 29% e per il resto è in gran parte da imputare alla attività dell’insieme dei paesi sviluppati. 20

21 La concentrazione degli altri gas-serra Anche la concentrazione atmosferica di altri gas serra è aumentata nel periodo 1750-2000 : il metano è passato da 700 a 1750 p.p.mld il protossido d’azoto è giunto da 270 a 316 p.p.mld. Il livello dei gas-serra non è mai stato così alto, e secondo le previsioni l’aumento non si arresterà, almeno per i prossimi anni. In particolare, la popolazione mondiale crescerà e così l’utilizzo di combustibili fossili, a meno che: non si ricorra in modo maggiore a fonti energetiche alternative; non ci sia un impressionante miglioramento dell’efficienza, orientato all’utilizzo di tecnologie più sostenibili. 21

22 Gas-serra e cambiamento climatico La presenza in misura crescente di gas-serra nell’atmosfera sembra avere conseguenze importanti sul clima del pianeta. Questa conclusione risulta essere la spiegazione più plausibile per una serie di fenomeni ambientali che si sono verificati negli ultimi decenni, come: A) l’aumento della temperatura del globo (global warming); B) lo scioglimento dei ghiacciai; C) l’innalzamento del livello del mare; D) l’espansione dei deserti (desertificazione); E) la maggiore intensità e frequenza di eventi estremi (alluvioni, uragani, cicloni, tsunami, ecc.). 22

23 La Convenzione sul Clima del 1992 Prende per la prima volta in seria considerazione il problema dei cambiamenti climatici ed è stata firmata da ben153 Paesi; per le posizioni contrarie degli Stati Uniti, è rimasta una mera convenzione quadro, senza scadenze temporali e stretti obblighi di azione, ma solo un generico impegno alla riduzione delle emissioni di gas-serra nell’atmosfera ; Gli impegni presi dagli Stati, sempre nel quadro di responsabilità comuni ma differenziate, sono: di promuovere la conoscenza di tutti i tipi di emissioni; di sostenere la ricerca sulle conseguenze dovuta all’aumentare della concentrazione di gas-serra nell’atmosfera ; la programmazione di politiche regionali e nazionali che inglobino i cambiamenti climatici come variabili determinanti. Per i soli Paesi sviluppati è previsto il passaggio diretto ad azioni che portino a un iniziale e sensibile calo delle emissioni. 23

24 La Convenzione sulla Biodiversità del 1992 Ha perduto molta della auspicata incisività a causa della mancata firma da parte degli Stati Uniti, in polemica sulla ripartizione dei costi e dei benefici e per preservare gli interessi delle proprie industrie biotecnologiche. La Convenzione auspica la conservazione del patrimonio biogenetico presente sul pianeta e la sua grande differenziazione, attraverso un percorso ricerca/conoscenza/azione. La protezione e l’uso sostenibile della biodiversità deve cioè essere integrata in ogni programma o politica di sviluppo attraverso strategie e programmi di azione che abbiano un fondamento nella conoscenza e valorizzazione dell’ immenso patrimonio costituito dalla diversità delle specie. 24

25 La Dichiarazione sul patrimonio forestale mondiale del 1992 La mancata firma di una convenzione per regolamentare l’uso del patrimonio forestale mondiale costituisce il maggiore insuccesso della Conferenza di Rio. E’ dovuto all’atteggiamento ostile dei rappresentanti di molti dei PVS, che hanno considerato la possibilità di uno sfruttamento economico incondizionato delle foreste come uno strumento essenziale per il proprio futuro sviluppo. Per cui, in materia di foreste si è addivenuti solo ad una Dichiarazione non vincolante, la quale ripropone i principi di: 1) precauzione, sovranità e valutazione di impatto; 2) promozione della ricerca/conoscenza/azione; 3) ripartizione dei costi e dei benefici. 25

26 Agenda 21 Pur non essendo giuridicamente vincolante, rappresenta un vastissimo e completo programma d’azione condiviso dai 183 Stati partecipanti alla Conferenza di Rio. Copre temi quali la partecipazione democratica, l’eliminazione della povertà, la cooperazione internazionale,la conoscenza, soprattutto scientifica. Con Agenda 21 il concetto di sviluppo sostenibile è divenuto un criterio etico di comportamento della politica e dell’economia. E’ un testo di tipo programmatico e operativo che tende a realizzare, in quattro sezioni, quaranta capitoli e più di cento aree programma, la completa integrazione fra ambiente e sviluppo in un ambito di generale cooperazione internazionale. 26

27 Comitato Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici nel suo IV Rapporto del 2007 conclude che la maggior parte dell’aumento delle temperature medie globali dalla metà del XX secolo è molto probabilmente dovuto all’aumento osservato delle concentrazioni di gas-serra di origine antropica. La temperatura media del pianeta è aumentata di circa 0.6°- 0.8° C nel periodo dal 1880 al 2004. Secondo l’IPCC, si produrrà un ulteriore innalzamento di 0,5° C per il 2025, di 1,5° C per il 2050, di 2,5° per il 2075 e di 3,5° per il 2100, anche con una concentrazione di gas-serra costante. L’ IPCC ritiene necessaria una riduzione di almeno il 60% delle emissioni di anidride carbonica rispetto a oggi per impedirne un ulteriore aumento della concentrazione atmosferica. 27

28 Il conseguente cambiamento climatico Comporterà delle implicazioni estremamente significative per l’ambiente e la salute umana, tra le quali: lo scioglimento dei ghiacciai, in corso da due secoli, ma la cui velocità è aumentata, con una riduzione dell’estensione della calotta glaciale a circa un quarto tra il 1977 e il 2007; l’innalzamento del livello del mare, tra i 20 e i 60 cm., con gravi problemi per molte popolazioni costiere e l’infiltrazione dell’acqua marina nelle falde acquifere; modificazioni nella produttività agricola, con la possibilità di rendere coltivabili terre ora ghiacciate, ma con l’avanzare della desertificazione in zone ora calde o temperate; modificazioni degli ecosistemi terrestri, con la distruzione degli habitat e l’estinzione di molte specie animali e vegetali. 28

29 Il Protocollo di Kyoto del 1997 E’ il più importante accordo internazionale volto a mitigare gli effetti delle attività umane sul clima, tramite una riduzione delle emissioni inquinanti; sancisce l’impegno degli Stati firmatari a ridurre di una determinata percentuale le proprie emissioni di anidride carbonica e altri gas-serra; I paesi “Annex I”, quelli industrializzati, responsabili della maggioranza delle emissioni, hanno concordato obiettivi specifici per il 2012: l’Europa avrebbe dovuto ridurre le proprie emissioni dell’8% rispetto ai livelli del 1990, gli Stati Uniti del 7% e la Russia mantenerle allo stesso livello; i paesi non “Annex I”, ossia i paesi in via di sviluppo, vengono invece dispensati dal ridurre le proprie emissioni. 29

30 Il Protocollo di Kyoto del 1997 Prevedendo la ratifica di Stati per almeno il 55% delle emissioni globali, il Protocollo è entrato in vigore solo dal 2005. Tuttavia la portata del trattato è stata fortemente sminuita da alcune mancate ratifiche, come quella degli Stati Uniti. Il Protocollo permette alcuni meccanismi di flessibilità, tra cui l’emission trading (cap and trade), che permette lo scambio di quote di emissioni di gas-serra, per cui un paese molto inquinante potrebbe comprare quote di emissioni da chi le ha invece diminuite in misura maggiore rispetto ai propri obiettivi. Nel 2009 ha avuto luogo una nuova Conferenza a Copenhagen, ma le negoziazioni non sono giunte ad alcuna intesa vincolante. Nella Conferenza Internazionale sul Clima di Durban del 2011, un accordo nuovamente vincolante è stato rimandato al 2020. 30

31 Il periodo 1992-2012 Gli indicatori che misurano la perdita di biodiversità, gli sconvolgimenti climatici, la distruzione delle foreste, le morti per inquinamento, mostrano come lo sviluppo sostenibile sia stato nel periodo 1992-2012 retorica più che sostanza. I Paesi sviluppati si sono concentrati in queste due decadi sulla crescita economica, lasciando in secondo piano la distribuzione della ricchezza e la distruzione dell´ambiente. i Paesi in via di sviluppo sono stati forzati dalle politiche del FMI, della Banca Mondiale e della WTO, a puntare su un’economia incentrata sull´esportazioni di materie prime a basso costo e sulle privatizzazioni dei servizi basici, inibendo lo sviluppo di un´economia domestica legata alla domanda interna e ad un´autonoma gestione delle politiche industriali ed energetiche. 31

32 La Conferenza di Rio + 20 del 2012 Nel giugno 2012 a Rio si è tenuta la conferenza mondiale delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sostenibile Rio + 20 a evidenziare a 20 anni dalla UNCED: 1) il forte avanzamento nella consapevolezza della relazione tra sviluppo economico, sociale e protezione dell’ambiente ; 2) l’urgenza di adottare nuovi strumenti di diritto internazionale vincolanti sul tema della sostenibilità. L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con la Risoluzione n. 66/288, ha adottato il documento di output della Conferenza Rio +20 intitolato “The future we want”, con il quale viene “rinnovato l’impegno allo sviluppo sostenibile e ad assicurare la promozione di un futuro economicamente, socialmente ed ambientalmente sostenibile per il nostro pianeta e per la generazione presente e quelle future.” 32

33 Il documento “The future we want” lo sradicamento della povertà è la più grande sfida globale ed un requisito indispensabile per lo sviluppo sostenibile; liberare l’umanità dalla povertà e dalla fame è motivo di urgenza; si deve implementare lo sviluppo sostenibile a tutti i livelli, integrando gli aspetti economici, sociali e ambientali e riconoscendo le loro interdipendenze; i popoli sono al centro dello sviluppo sostenibile”; libertà, pace e sicurezza sono importanti e fondamentali; si deve intensificare la cooperazione internazionale per indirizzare le sfide persistenti connesse ad uno sviluppo sostenibile; si devono implementare completamente la Dichiarazione di Rio, Agenda 21, e le altre dichiarazioni sullo sviluppo sostenibile. 33

34 La Conferenza Rio + 20 sulla CSR In materia di CSR The future we want prende alcune posizioni: 1) le imprese del settore privato devono a dedicarsi a pratiche di business responsabile, come quelle promosse dal Global Compact delle Nazioni Unite; 2) viene riconosciuta l’importanza dell’attività di reporting aziendale di sostenibilità; 3) le imprese, soprattutto quelle grandi e quelle di interesse pubblico, vengono invitate a considerare di integrare le informazioni sulla sostenibilità nel loro ciclo di reporting; 4) vengono considerate in modo particolarmente favorevole le imprese che aderiscono al modello della green economy. 34

35 La “green economy” È un modello di sviluppo economico che prende origine da un’analisi econometrica del sistema e che, oltre ai benefici ottenuti da un certo regime di produzione, tiene conto anche dell’impatto ambientale e dei potenziali danni creati all’ambiente dall’intero ciclo di trasformazione; Il Capitolo III del documento “The future we want” delle Nazioni Unite è intitolato “La green economy nel contesto dello sviluppo sostenibile e dello sradicamento della povertà”; vi viene considerata “come uno degli importanti strumenti disponibili per raggiungere uno sviluppo sostenibile e che può fornire opzioni per la decisione delle politiche, ma non deve essere un rigido set di regole”. 35

36 Le politiche per la “green economy” degli Stati Membri devono: essere coerenti con il diritto internazionale; rispettare la sovranità di ogni Stato sulle sue risorse naturali; essere sostenute da istituzioni ben funzionanti a tutti i livelli; permettere la partecipazione di tutti gli stakeholders rilevanti; promuovere una crescita economica sostenuta ed inclusiva, sostenere l’innovazione e fornire opportunità; tenere conto delle necessità dei Paesi in via di Sviluppo (PVS); rafforzare la cooperazione internazionale e trasferire tecnologie; contribuire a chiudere i gap tecnologici tra paesi sviluppati e PVS; migliorare il benessere delle popolazioni indigene ; contribuire allo sradicamento della povertà; non costituire un mezzo per una “arbitraria e ingiustificabile discriminazione o una restrizione del commercio internazionale”. 36

37 Ogni Stato Membro dell’ONU: A) è incoraggiato a considerare l’implementazione di politiche di green economy nel contesto dello sviluppo sostenibile e dello sradicamento della povertà; B) può scegliere un approccio appropriato con i piani, le strategie e le priorità nazionali di sviluppo sostenibile (Quindi senza alcun vincolo, senza linee guida, secondo una totale discrezionalità e senza alcun impegno comune concreto e verificabile nel tempo). la green economy è “il nuovo mantra scelto da governi, banche e IFI per sostituire e il'ormai logoro sviluppo sostenibile”; il modo in cui l’argomento è trattato è molto vago e “tale da permettere ogni estensione del concetto utile ai grandi interessi economici “(G. De Marzo, 2012). 37

38 Alcune considerazioni su Rio+20 non si riesce a trovare in tutte le 53 pagine del documento traccia di impegni puntuali e concreti di azione; gli impegni sono ancor più vaghi di 20 anni fa, “nonostante la crisi ecologica sia sempre più grave e profonda e rischi di divenire irreversibile”; sono stati puntualmente esclusi dal testo tutti i punti su cui non è stato possibile giungere ad un compromesso fra posizioni troppo radicalmente divergenti. Il risultato è “una scatola vuota, adorna di espressioni linguistiche tiepide e possibiliste, e priva di previsioni puntuali, di impegni e di azioni concrete per raggiungere il benché minimo risultato” (G. De Marzo, 2012). 38


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