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LO SVILUPPO NORMALE E PATOLOGICO DELLE FUNZIONI ADATTIVE NEL BAMBINO:

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Presentazione sul tema: "LO SVILUPPO NORMALE E PATOLOGICO DELLE FUNZIONI ADATTIVE NEL BAMBINO:"— Transcript della presentazione:

1 LO SVILUPPO NORMALE E PATOLOGICO DELLE FUNZIONI ADATTIVE NEL BAMBINO:
affinità, diversificazioni, implicazioni educative e rieducative Prof. Giovanni B. Camerini

2 Convenzione Internazionale sui Diritti del Fanciullo New York, 20 novembre 1989 (1) Entrata in vigore : 2 settembre 1990 (2) Articolo Gli Stati parti riconoscono il diritto del fanciullo al godimento dei più alti livelli raggiungibili di salute fisica e mentale e alla fruizione di cure mediche riabilitative. Gli Stati parti devono sforzarsi di garantire che il fanciullo non sia privato del diritto di beneficiare di tali servizi. Articolo Gli Stati parti riconoscono il diritto di ogni fanciullo ad un livello di vita sufficiente atto a garantire il suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale. (1) Adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite con Risoluzione n. 44/25 del 20 novembre 1990 ed aperta alla firma degli Stati membri il 26 gennaio (2) Firmata dall'Italia il 26 gennaio 1990 e ratificata il 5 settembre 1991 in seguito ad autorizzazione disposta con la legg del 27 maggio 1991, n. 176, pubblicata nella G.U. dell'11 giugno 1991, n. 135

3 APPROCCIO GLOBALE ed OLISTICO
1977 George Engel. The need for a new medical model: a challenge for biomedicine. Science, 1977 Modello BIOPSICOSOCIALE colloca la salute in una dimensione sistemica e multilineare, riconosce fondamentalmente tre livelli distinti tra loro integrati, ciascuno dotato di pari dignità rispetto agli altri: - Biologico → tiene conto dei determinanti bio-genetici della salute - Psicologico → riconosce l’influenza che i processi mentali, emozionali e cognitivi hanno sulla salute - Sociale → per comprendere l’influenza che l’ambiente (fisico e sociale) ha sulla salute APPROCCIO GLOBALE ed OLISTICO orientato in senso sistemico, evolutivo e costruttivista, basato su di un modello integrativo

4 Modello BIOPSICOSOCIALE
A partire dal Modello BIOPSICOSOCIALE l’OMS definisce la SALUTE come: uno stato di benessere fisico, psicologico e sociale e non come conseguenza diretta dell’assenza della malattia (Carta di Ottawa, 1986 O.M.S.) CURARE significa occuparsi del corpo e della sua funzionalità, ma anche accompagnare la persona a riacquistare una situazione di equilibrio con sé e con l’ambiente

5 È a partire da questi concetti e concezioni che l’OMS ha redatto la nuova classificazione dell’
ICF The International Classification of Functioning, Disability and Health (WHO, 2001) dalla classificazione internazionale delle menomazioni, delle disabilità e degli handicap si è passati alla classificazione internazionale delle funzioni cambiamento nel modo di concepire la malattia, la salute, la menomazione, la disabilità, l’handicap, non più come antinomie opposte, bensì come dinamiche mutevoli nel contesto del percorso di vita di ogni individuo in relazione all’ambiente esterno e al contesto particolare in cui si trova a vivere

6 Funzioni e Strutture corporee
ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute) OMS 2001 Condizione di Salute Funzioni e Strutture corporee Attività Partecipazione Fattori individuali Fattori Ambientali DISABILITA' = “condizione di salute in un ambiente sfavorevole ” (

7 LE SFIDE DELLA DISABILITA’
Le sfide che la disabilità oggi ci pone dovrebbero essere affrontate a livello multi-dimensionale, all’interno della cornice culturale della PSICOPATOLOGIA dello SVILUPPO

8 Psicopatologia dello Sviluppo
Anni ‘70 Psicopatologia dello Sviluppo importanza delle RELAZIONI per lo SVILUPPO normale e patologico del soggetto

9 Psicopatologia dello Sviluppo (1)
Obiettivo principale: riconoscere la CONTINUITA’ nei PERCORSI comportamentali ADATTATIVI e DISADATTATIVI che collegano gli aspetti precoci dello sviluppo ai disturbi dell’età adulta Concetto cardine: CONTINUITA’ nel MODELLO EVOLUTIVO Infanzia Età adulta RELAZIONE A DOPPIO LEGAME Normalità Patologia

10 Psicopatologia dello Sviluppo (2)
Prospettiva evolutiva - longitudinale che considera ogni momento dell’itinerario di sviluppo come espressione del reciproco bilanciamento fra fattori di protezione e fattori di vulnerabilità aggiuntiva. Fattori PROTETTIVI Fattori di RISCHIO VULNERABILITA’ ADATTAMENTO

11 Considerando il grado di adattamento ed integrazione sociale di un individuo nelle fasi del ciclo di vita, lo stato del bambino può essere considerato come il risultato momentaneo e transitorio di un processo dinamico interattivo tra fattori di rischio e fattori di protezione. A seconda del prevalere dei diversi fattori il soggetto potrà essere vulnerabile e disadattato oppure resistente ed adattato socialmente

12 Psicopatologia dello Sviluppo (3) Percorsi Comportamentali
ADATTIVI DISADATTIVI Bambini diversi possono reagire in modo del tutto differente di fronte allo stesso tipo di fattori di rischio in funzione del grado di vulnerabilità personale allo stress e dell’eventuale presenza di mediatori dei fattori di stress Uno stesso fattore di rischio produce effetti diversi al variare della fase di sviluppo considerata (“The Domain of Developmental Psychopathology”, L.A. Sroufe, M. Rutter, 1984)

13 bambino, oltre che nel suo sistema familiare e
Il disagio in età evolutiva ha origine dall’interazione tra diverse variabili presenti nel bambino, oltre che nel suo sistema familiare e nel più ampio sistema sociale

14 RISULTATI delle RICERCHE SCIENTIFICHE
Michael Rutter, 2005 Ipotesi scientificamente accreditata: associazione causale tra fattori ambientali e sviluppo dei disturbi mentali IMPORTANTE: a) Distinzione tra INDICATORI di RISCHIO (“campanelli di allarme”) e MEDIATORI di RISCHIO (fattori coinvolti direttamente nel processo causale) Es.1 :Comportamento antisociale  separazione familiare (INDICATORE di RISCHIO) e conflitti intrafamiliari (MEDIATORE di RISCHIO) Es.2: Rischio Disturbo depressivo in età adulta  morte di un genitore (INDICATORE di RISCHIO) e mancanza di accudimento (MEDIATORE di RISCHIO)

15 c) Ruolo della MEDIAZIONE GENETICA nel processo causale
b) Reciproca influenza genitori  bambini (“rapporto causale non unidirezionale genitore  bambino”) c) Ruolo della MEDIAZIONE GENETICA nel processo causale Distinzione tra mediazione ambientale e mediazione genetica: studi su gemelli o su bambini adottati Michael Rutter, 2005

16 1. Entità dei fattori ambientali: non necessariamente devono essere fattori ambientali “estremi”
2. Periodo di insorgenza dei disturbi psicopatologici in seguito all’esposizione ai fattori di rischio: infanzia  adolescenza  età adulta 3. Tra i mediatori di rischio ambientali vanno inclusi quelli agenti nell’epoca PRENATALE (es. abuso materno di sostanze) e quelli organici POSTNATALI (es. lesioni cerebrali; abuso di sostanze in adolescenza) 4. VARIABILITA’ INDIVIDUALE nella risposta ai diversi fattori di rischio ambientali Michael Rutter, 2005

17 Fattori Protettivi Caratteristiche dell’individuo e/o circostanze che riducono l’impatto dei fattori di rischio ed incrementano la probabilità di esiti evolutivi desiderabili RESILIENCE = capacità che ha un sistema per resistere ai cambiamenti provocati dall’esterno, per sovrapporsi e superare queste crisi, approfittando il cambiamento qualitativo e mantenendo la coesione strutturale attraverso il processo di sviluppo (Hernandez Córdoba, 1997) La resilience è un fenomeno manifestato da soggetti giovani che evolvono favorevolmente anche se hanno sperimentato una forma di stress che nella popolazione generale è conosciuta come capace di comportare un serio rischio di conseguenze sfavorevoli. (Rutter, 1985)

18 Fattori di Rischio Caratteristiche dell’individuo e/o circostanze che incrementano la probabilità dell’insorgenza, del mantenimento o dell’esito evolutivo sfavorevole di un problema Equifinalità: diverse combinazioni di fattori di rischio possono portare allo stesso tipo di disturbo Multifinalità: l’effetto di ogni singolo fattore di rischio dipende dal momento in cui interviene e dalla combinazione con altri fattori (Cicchetti e Rogosh, 1997) La maggior parte dei fattori di rischio non è legata regolarmente con disturbi specifici, ma può condurre ad una varietà di esiti psicopatologici. (Rutter M.Arch Gen Psychiatry 2002; 59: )

19 Fattori Protettivi e Fattori di Rischio
GENI TEMPERAMENTO RESILIENCE INDIVIDUALI ETA’ RISORSE COGNITIVE (MJ Essex, HC Kraemer, JM Armstrong et al. 2006)

20 Fattori Protettivi e Fattori di Rischio
FAMIGLIA SCUOLA Legami di attaccamento Sostegno Cura AMBIENTALI Metodiche e strategie di insegnamento Rapporto con l’insegnante Esperienze di accettazione o di rifiuto AMBIENTE SOCIALE Maggiore o minore isolamento Gruppo dei pari Occasioni di socializzazione (MJ Essex, HC Kraemer, JM Armstrong et al. 2006)

21 Fattori di rischio psicosociale: assessment
Caratteristiche familiari Caratteristiche di ciascun genitore Caratteristiche del bambino Caratteristiche dell’interazione di ciascun genitore con il bambino

22 Principi cardine dell’approccio della Psicopatologia dello Sviluppo:
la continuità tra normalità e patologia, tra infanzia e vita adulta, tra fattori di rischio e fattori protettivi; l’interesse per le diverse aree del funzionamento individuale; l’utilizzo di uno schema evolutivo per la comprensione dell’adattamento lungo tutto l’arco della vita (Cicchetti, Cohen, 1995)

23 RICERCA: PROSPETTIVE FUTURE
1° comprensione, nella genesi dei disturbi psicopatologici, del MECCANISMO di AZIONE dei FATTORI di RISCHIO sia a livello PSICOLOGICO, che a livello NEUROENDOCRINO 2° identificare le origini dei meccanismi in cui sono implicati i fattori di rischio ambientali: correlazione geni-ambiente, elementi sociali, esperienze personali, … 3° riconoscere le alterazioni psico-fisiche dell’individuo che sono alla base del mantenimento degli effetti ambientali a livello del funzionamento psicologico o del quadro psicopatologico Michael Rutter, 2005

24 PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO e INTERVENTI RIABILITATIVI

25 Riabilitazione: recupero delle funzioni relazionali preposte allo scambio individuo-ambiente: motorie percettive linguistiche mentali Per molti anni la riabilitazione si è prevalentemente rivolta alle funzioni motorie. L’approccio cognitivo ha fornito nuovi elementi interpretativi, evidenziando altri elementi: i disturbi della funzione-pensiero i meccanismi di adattamento

26 In generale i processi riabilitativi non possono non rivolgersi agli aspetti emotivi e motivazionali, che fanno capo alla organizzazione più generale della personalità e del sentimento di identità del soggetto Nuove prospettive dell’intervento riabilitativo alla luce delle teorie dello sviluppo: - dimensione rappresentativa ed integrativa - dimensione dell’adattamento psicosociale

27 La riabilitazione può essere intesa come un processo di apprendimento e ri-apprendimento corretto, capace di stimolare e sostenere le risorse adattive in rapporto al processo di sviluppo OBIETTIVI Interventi diretti alla funzione (indirizzo neuro-fisiologico) Interventi diretti alla rappresentazione (indirizzo neuropsicologico clinico, cognitivo e meta-cognitivo) Interventi diretti ai processi di adattamento (indirizzo psicosociale)

28 Interventi diretti ai processi di adattamento
Obiettivi: - facilitare e stimolare le relazioni interpersonali e la rappresentazione mentale degli altri (pattern di attaccamento) - sostenere e mantenere una continuità di funzionamento sociale nel tempo e nelle diverse situazioni (interazioni evocative, reattive, proattive) - sostenere i fattori alla base del processo di socializzazione (sentimento di identità e motivazioni)

29 Riabilitazione diretta all’adattamento: tipi di intervento
Interventi di abilitazione sociale rivolti all’individuo (role-play, problem-solving) Interventi familiari (problem-solving familiare, training psicoeducativo) Trattamenti combinati psicosociali (multimodali)

30 Salute mentale: Riabilitazione, Sviluppo e Prevenzione
Gli interventi riabilitativi rivolti ai processi di sviluppo si collocano in una prospettiva preventiva (1aria, 2aria e 3aria) “La presa in carico in ogni fase dello sviluppo e la precoce evidenziazione delle difficoltà sono molto più utili ed efficaci – per il bambino, la famiglia e la società – di quanto lo possa essere il tentativo di rimediare ad una situazione negativa che si protrae da troppo tempo” (D.J. Cohen, 1996)

31 Programmazione degli interventi preventivi
Progetti di diagnosi precoce e di verifica della successiva evoluzione prevenzione primaria Progetti di monitoraggio longitudinale dei fattori di rischio psicopatologico e della comparsa di disturbi secondari prevenzione secondaria Interventi terapeutici individuali/familiari e interventi psicosociali di tutela prevenzione terziaria

32 Prevenzione primaria L’insieme degli interventi mirati ad eliminare o impedire le cause del disagio, promuovendo i fattori di crescita. Obiettivi: impedire l’insorgenza dei fattori di rischio, facendo sì che le abilità individuali, le competenze parentali e le risorse sociali concorrano all’attivazione di positivi percorsi di sviluppo.

33 Prevenzione secondaria
L’insieme degli interventi rivolti a specifiche popolazioni che presentano determinati fattori di rischio. Obiettivi: attivare fattori protettivi ambientali tali da impedire che si strutturino situazioni di disagio o di disturbo psicopatologico o alterazioni del processo di sviluppo.

34 Prevenzione terziaria
L’insieme degli interventi specifici individuali ed ambientali rivolti a popolazioni che abbiano già sviluppato disagi o disturbi manifesti. Obiettivi: impedire che condizioni di sofferenza neuropsichica determinino un ulteriore impoverimento del processo di sviluppo e/o una compromissione del funzionamento scolastico e sociale.

35 Livello di rischio e proporzione di popolazione che riceve interventi preventivi
Universali: buone cure prenatali e nell’infanzia per favorire lo sviluppo cognitivo e sociale Selettivi: Rivolta a soggetti esposti a rischi ambientali Indicati: Training cognitivi per bambini che soffrano di sintomi psicopatologici Ricadute e comorbidità Come emerge dalla tabella gli approcci alla prevenzione si distinguono in base a due variabili: a) proporzione di popolazione che riceve l’intervento (grandezza dell’area); b) livello di rischio (a crescere dal blu verso il rosso)

36 Interventi psicoeducativi/ riabilitativi: criticità e principi generali
Interventi differenziati a seconda di: Età Competenze cognitive Comorbidità Competenze emergenti Compliance Qualità del funzionamento sociale.

37 Sviluppo e patologia delle funzioni: la funzione minorata e/o distorta può determinare conseguenze oggettive e disagio soggettivo sul piano mentale ed esperienziale e sulle capacità di adattamento (coping) in rapporto al processo di sviluppo.

38 Esiti: -Impoverimento sul piano mentale (interferenza con lo sviluppo delle funzioni emergenti); -Impoverimento delle risorse di adattamento all’ambiente; -Impoverimento della funzione educativa da parte dell’ambiente; -Minore apprendimento dall’esperienza.

39 …quindi: gli interventi riabilitativi possono essere intesi come un processo di apprendimento e ri-apprendimento corretto, capace di stimolare e sostenere le risorse adattive in rapporto al processo di sviluppo.

40 COME SI PUO’ INTERVENIRE IN UNA PROSPETTIVA “ALLARGATA” nel PROCESSO RIABILITATIVO?
POTENZIANDO ed IMPLEMENTANDO i FATTORI PROTETTIVI presenti nell’AMBIENTE (FAMILIARE, SCOLASTICO, SOCIALE)

41 ATTRAVERSO … Colloqui di sostegno con i genitori (es. parent training)
Colloqui con gli insegnanti (non solo dando indicazioni “tecniche”, ma anche assistenza e consulenza continue per rafforzare le competenze, per favorire un ambiente “accogliente” e per individuare strategie di presa in carico facilitanti) Inserimento in un contesto sociale allargato (partecipazione a gruppi, attività sportive, etc.) ASPETTI PSICOEDUCATIVI dell’INTERVENTO

42 Ciò comporta la NECESSITA’ di STUDI e RICERCHE:
 sulla prospettiva preventiva nella riabilitazione cognitiva/neuropsicologica e negli interventi riabilitativi/psicosociali nell’ambito della salute mentale in età evolutiva  sulla misurazione degli esiti degli interventi riabilitativi nelle loro diverse dimensioni in rapporto allo sviluppo del bambino ed ai suoi disturbi  Necessità di individuare una teoria dello sviluppo come criterio di riferimento

43 Dimensione della “significatività clinica”
Nel tentativo di identificare il trattamento efficace, è importante considerare sino a che punto i cambiamenti su una misura di un esito indicano un cambiamento che i bambini e le loro famiglie sentono come significativo Un buon esito dovrebbe identificare quei trattamenti che danno il più grande e profondo contributo alla felicità e alla produttività delle persone coinvolte nell’intervento Efficacia sperimentale Efficacia clinica

44 Livelli di misurazione degli esiti
Livello sintomatico o diagnostico: riduzione dei sintomi Livello dell’ adattamento: riduzione degli impedimenti imposti dal sintomo sul funzionamento quotidiano Livello dei meccanismi: miglioramento delle capacità cognitive/emozionali sottostanti ai sintomi e all’adattamento Livello transazionale: miglioramento delle interazioni transazionali tra stato mentale del b. e e reazioni dell’ambiente Livello dell’utilizzazione del servizio: diminuzione delle “pressione” sui servizi riabilitativi e sociali; aumentata soddisfazione relativa al servizio (da parte del b. e/o della famiglia) (Fonagy, 2002)

45 Quindi… Una presa in carico corretta passa anche per la piena applicabilità dei diritti del bambino con la conseguente necessità che tutti gli operatori dei Servizi coinvolti siano chiamati ad adottare un linguaggio interdisciplinare, arricchito dalle diverse professionalità dei singoli componenti della rete di intervento. Spesso non basta attestarsi sulla piena applicazione formale delle normative previste, ma occorre definire regole e procedure di intervento sinergiche fra i diversi Servizi ed operatori interessati.

46 Obiettivi: Presa in carico GLOBALE del paziente Apporto
PLURIDISCIPLINARE Sviluppo RETE INTEGRATA DI SERVIZI Sanitari e Sociali Psicopatologie bambini ed adolescenti in rapporto al loro contesto ambientale PREVENZIONE DIAGNOSI CURA RIABILITAZIONE Presa in carico GLOBALE del paziente

47 Area Neuro-psicologiaca
In ambito europeo ed internazionale sul piano organizzativo e formativo si distinguono 4 SETTORI principali di INTERVENTO NPI: Lavoro INTEGRATO Area Neurologica Area Neuro-psicologiaca INTRA e INTER DISCIPLINARE NPI Area Psichiatrica Area Riabilitativa (Pediatria, Psichiatria, Servizi Sociali, famiglia, scuola, gruppi volontariato …)

48 I diversi modelli organizzativi di intervento devono essere ARTICOLATI in rapporto ai seguenti ASPETTI CRUCIALI: PRECOCITA’ e CORRETTEZZA della Dg indispensabile presupposto per un percorso terapeutico-riabilitativo efficace; sviluppo di una VALUTAZIONE FUNZIONALE che per definizione deve essere: individualizzata e specifica, mirata a mettere in luce le potenzialità del soggetto e a dare risposte ai suoi bisogni, tecnica, dinamica, multidisciplinare; PRECOCE PRESA IN CARICO GLOBALE terapeutico-riabilitativa; FORMAZIONE del personale (rapporto con l’UNIVERSITA’); RAPPORTI INTERDISCIPLINARI all’interno della rete dei Servizi Sanitari ed altre Istituzioni ed Agenzie Condivisione di protocolli operativi e interventi validati scientificamente

49 PUNTI CHIAVE per l’intervento:
obbligo di considerare il SISTEMA FAMIGLIA; obbligo di considerare il LIVELLO di SVILUPPO del BAMBINO; forte IMPATTO EMOTIVO (reazioni emotive e relazionali staff curante); necessità di ricorrere a STRATEGIE TERAPEUTICHE SPECIFICHE. ILLNESS NETWORK bambino malattia famiglia ambiente

50 Interventi psicoeducativi/riabilitativi nei disturbi della realizzazione motoria

51 Approccio al bambino con problemi della realizzazione motoria
Approccio psicoeducativo: psicomotricità educativa (ambito scolastico)-interventi ambientali di supporto. Approccio riabilitativo: terapia psicomotoria-relaxation-terapia della Neuro e Psicomotricità dell’età evolutiva. Approccio psicoterapeutico (in adolescenza).

52 Approccio psicoeducativo
Attività psicomotorie di gruppo. Attività rivolte alla consapevolezza corporea. Attività espressive a mediazione simbolica. Attività motorie/sportive idonee e “facilitanti”.

53 Interventi riabilitativi nei disturbi della realizzazione motoria: obiettivi
Terapia psicomotoria: interventi sul feedback motorio e percettivo; interventi sulla progettazione del movimento (rappresentazione-verbalizzazione); interventi sulla integrazione percettiva e cognitiva; interventi sulla integrazione emotiva. Relaxation: immagine del corpo-consapevolezza. Terapia grafomotoria: rieducaz. della scrittura-posture. Riabilitazione cognitiva: “ginnastica operatoria”: calcolo-immagine mentale anticipata-progettazione-problem solving.

54 Valutazione e misurazione degli esiti dell’intervento riabilitativo
La valutazione non dovrebbe riguardare tanto le funzioni specifiche (down: spazialità-destrezza motoria) quanto le competenze più generali (top) legate ai processi di integrazione tra le funzioni cognitive, neuropsicologiche, linguistiche e comunicative ed al funzionamento scolastico e sociale: Organizzaz. cognitiva: abilità di ragionamento, matematiche, di calcolo. Organizzaz. motoria: abilità di scrittura e di progettazione prassica. Organizzaz. della personalità: livello di autostima.

55 Principi generali nella scelta dell’intervento psicoeducativo/riabilitativo nelle disprassie
Prima e seconda infanzia: integrazione prassie-linguaggio; uso transitivo e simbolico degli oggetti; conoscenza del proprio corpo. Terza infanzia: processi formali di apprendimento (scrittura, calcolo); logica spaziale e logica proposizionale. Preadolescenza e adolescenza: funzionamento sociale; rappresentazione individuale e sociale del disturbo; costruzione del sentimento di identità.

56 Interventi psicoeducativi/riabilitativi nella disprassia
Obiettivi Conoscenza dello spazio corporeo ed extracorporeo Funzionamento scolastico e appr. specifici Funzionamento sociale e sentim. di identità Strumenti Riabilitazione neuropsicomotoria; relaxation Terapia grafomotoria; rieducazione del calcolo Interv. psisosociali; psicoterapia

57 Interventi fisioterapici e psicomotori
Principi generali nella scelta dell’intervento psicoeducativo/riabilitativo nella goffaggine/maldestrezza Interventi fisioterapici e psicomotori Progetto motorio Sensazioni/vissuti Consapevolezza Verbalizzazione

58 Ipotesi patogenetiche ed interventi nella iperattività/instabilità
Gli Autori francesi ritengono che alla base del disturbo vi siano sia problematiche di ordine disfunzionale-dismaturativo, sia motivazioni di ordine psicodinamico  presa in carico psicoeducativa, psicomotoria e psicoterapeutica. La letteratura anglosassone attribuisce valore fondamentale a fattori biologici connessi con specifici substrati neuronali  trattamento farmacologico.

59 Principi generali nella scelta dell’intervento psicoeducativo/riabilitativo nella iperattività/instabilità Le polemiche ed i dibattiti su questo argomento dipendono soprattutto dalla presenza di atteggiamenti e di impostazioni troppo riduzionistiche, che mirano a considerare l’iperattività e l’ADHD come espressone di un solo fattore causale, sia che si tratti di uno o più meccanismi neurofisiologici, sia di elementi socioambientali. Non ha senso contrapporre ipotesi “organicistiche” ad altre “ambientaliste”, cercando di volta in volta o nel farmaco o nella terapia psicologica la chiave di volta del problema, come non ha senso contrapporre stime epidemiologiche volte ad enfatizzare l’entità e la prevalenza di questo disturbo ad altre che invece tendono a negarne la stessa esistenza. Il comportamento instabile/iperattivo va interpretato all’interno di uno “spettro”, e che assume un diverso peso ed un diverso valore a seconda della sua natura, della sua origine, della sua pervasività ed intensità, della sua capacità di compromettere o meno altre funzioni comunicative emergenti (come il linguaggio, l’apprendimento scolastico, l’interazione sociale).

60 Non esiste “il” bambino ADHD, ma esistono tanti casi accomunati dalle difficoltà di attenzione e dalla iperattività ma che si differenziano anche profondamente tra loro. Solo una prospettiva di osservazione e di valutazione fondata sul criterio dello sviluppo è in grado di fornire una chiave di lettura che garantisca strategie di prevenzione e di terapia adeguate, con una specifica attenzione a se e come il problema comportamentale compromette i processi di maturazione della personalità e del sentimento di identità. Il rischio, in caso contrario, è che la nozione di ADHD divenga un contenitore indistinto in cui confluiscono condizioni cliniche del tutto eterogenee.

61 Ipotesi patogenetiche ed interventi nella iperattività/instabilità
Gli Autori francesi ritengono che alla base del disturbo vi siano sia problematiche di ordine disfunzionale-dismaturativo, sia motivazioni di ordine psicodinamico  presa in carico psicoeducativa, psicomotoria e psicoterapeutica. La letteratura anglosassone attribuisce valore fondamentale a fattori biologici connessi con specifici substrati neuronali  trattamento farmacologico.

62 Dalle “Linee di indirizzo per l’adeguamento delle strutture di NPEE nella Regione Emilia-Romagna” (luglio 2002): Disabilità motorie: …in certune AUSL sono proprio i servizi di NPI ad essere sprovvisti di risorse dedicate alla riabilitazione motoria e quindi a tale tipo di assistenza provvedono i SRRF ospedalieri o territoriali, anche per patologie neuromotorie di naturale competenza delle U.O. di NPI.

63 Si segnala anzi che, quando la presa in carico di tali disabilità avviene al di fuori dei Servizi di NPI, la fisioterapia risulta spesso troppo settoriale e tende a restare avulsa dalla progettualità terapeutica appropriata alla complessità delle variabili fisiopatologiche dello sviluppo.


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