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Perché il tempo è fatto di attimi, vivili.

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Presentazione sul tema: "Perché il tempo è fatto di attimi, vivili."— Transcript della presentazione:

1 Perché il tempo è fatto di attimi, vivili.
KAIROS Perché il tempo è fatto di attimi, vivili.

2 Introduzione Il 18 febbraio la cristianità si è fermata per celebrare il tempo che prepara alla pasqua, festa centrale della vita cristiana. Questo tempo di preparazione è chiamato quaresima, tempo di conversione e di penitenza, tempo nel quale l’uomo che guarda al Dio cristiano riflette sul senso del suo camminare in questa vita ritrovandosi sul capo un pugno di ceneri (con la celebrazione del mercoledi delle ceneri inizia la quaresima). Dove sto andando? La mia vita è centrata sull’apparire o sull’essere? Dove abita la radice del mio essere? In realtà, queste domande appartengono al cuore di ogni uomo in ricerca, per questo motivo nel rispetto delle diverse sensibilità presenti in un campo vasto e diversificato come la scuola molte classi del liceo polispecialistico “Gandhi” in questo periodo stanno leggendo e riflettendo su “il cammino dell’uomo” un testo scritto da Martin Buber, e ritenuto da diversi autori un testo particolarmente ispirato. Questo tempo lo abbiamo chiamato “kairos”, per indicare uno stato (di grazia) più che un tempo caratterizzato da una serie innumerevole di attimi, i quali spesso sono la causa delle nostre ansie. Il “Kairos” è il mettersi in cammino, non accontentarsi della superficie, vivere la vita dello 0,01 percentuale più in profondità. Tutto quello che di volta in volta abbiamo costruito è nato sia dal lavoro realizzato in classe come insieme di persone che realizzano di fatto un insieme comunitario al di là di ogni appartenenza, sia dal lavoro individuale frutto della riflessione di ognuno e della sua capacità tutta personale di esprimerla in una maniera unica.

3 Lorenzo “Jovanotti” Cherubini. Questa è la mia casa, l’albero 1997.
“Questa è’ la mia casa” è un testo che bene ci introduce al nostro cammino, al cammino dell’uomo di Martin Buber. Il desiderio, l’aspirazione, il sogno dell’uomo di trovare la terra promessa, un luogo, uno spazio, un tempo, un Kairos in cui non si vive solo di superficie ma si cerca anche un po’ di profondità…

4 . Ritorno a se stessi -4a L.S. .
Io credo che qualunque uomo, credente o non, debba porsi nel corso della sua vita la stessa domanda che Dio pone ad Adamo: “Dove sei?”. Anche se al primo impatto può sembrare una domanda sciocca, nasconde, non solo un significato notevole, ma mi costringe a meditare sulla mia vita, a fare una valutazione di tutto ciò che ho fatto e a capire quanto mi sia allontanato da ciò che è il mio cammino. Ogni uomo infatti possiede una strada giusta da seguire, ma si ha spesso paura di intraprenderla e di affrontare le proprie responsabilità, per questo ci si nasconde. Questo quesito però ci sfida, ci obbliga a fermarci e a fare un resoconto di ciò che è successo. A quel punto sta a noi decidere se tornare o meno a noi stessi. Questo testo, con le sue parole cariche di significato, dovrebbe essere letto e compreso fino in fondo, perché con le sue frasi apparentemente innocue potrebbe davvero aiutarci a meditare sul nostro cammino. -Sara . Emanuela Reale, Martina Ferreri, 3aL.S. C’è quel momento in cui ci fermiamo o quando ci costringono a farlo E nero di paura parte l’urlo E a noi, a chi siamo e dove, pensiamo. Come le gambe del Dio sulla sabbia siamo decaduti nel baratro dell’oscurità cerchiamo di specchiarci ma il riflesso non ci ricambia e sorgono dubbi sulla nostra identità. Guardiamo l’aba attraverso i buchi delle tende ma non abbiamo il coraggio di spalancare e aspettiamo che il buio ci accerchi ci nascondiamo e cerchiamo rifugio mentre risuona la voce Dove sei? -Alessandro Quando il comandante chiede al Rav che aspettava impaziente di comparire davanti al tribunale, cosa pensasse dell’onniscenza di Dio e perchè se Dio è Onnisciente non riusciva a trovare Adamo chiedendogli “Dove sei?” il Rav affermò che Dio sapeva benissimo egli dove si nascondesse ed egli aveva detto ciò solo per fargli capire l’errore solo per fargli capire ” Adamo ma cosa stai facendo? Dove vai? Ti rendi conto delle conseguenze che le tue azioni hanno fatto? ma cosa piu grave ti rendi conto che stai scappando dalle tue responsabilita?” quindi Dio nn voleva sapere Adamo dove si nascondesse perchè quella era una cosa futile, Dio voleva solo far riconoscere ad Adamo l’errore commesso. Proprio dopo capito l’errore adamo con il cuore tremante esce dal nascondiglio e dice “eccomi sono qua, mi sono nascosto” quindi adamo riconosce i suoi errori sa che ogni uomo non è invisibile all’occhio di dio, e nascondendosi da lui non fa altro che nascondersi da se stesso. Adamo rappresenta l’umanità ovvero ogni essere vivente che quando sbaglie e scappa dalle proprie responsabilita una piccola voce simile ad un soffio gli dice ” ma dove vai? cosa stai facendo?” per riportarlo sulla retta via e per evitare altri smarrimenti. beh… Dopo ciò Dio non è onnisciente? io non credo proprio… -horse’s soul -4a L.S.

5 Alcuni commenti… Quando il comandante chiede al Rav che aspettava impaziente di comparire davanti al tribunale, cosa pensasse dell’onniscenza di Dio e perchè se Dio è Onnisciente non riusciva a trovare Adamo chiedendogli “Dove sei?” il Rav affermò che Dio sapeva benissimo egli dove si nascondesse ed egli aveva detto ciò solo per fargli capire l’errore solo per fargli capire ” Adamo ma cosa stai facendo? Dove vai? Ti rendi conto delle conseguenze che le tue azioni hanno fatto? ma cosa piu grave ti rendi conto che stai scappando dalle tue responsabilita?” quindi Dio nn voleva sapere Adamo dove si nascondesse perchè quella era una cosa futile, Dio voleva solo far riconoscere ad Adamo l’errore commesso. Proprio dopo capito l’errore adamo con il cuore tremante esce dal nascondiglio e dice “eccomi sono qua, mi sono nascosto” quindi adamo riconosce i suoi errori sa che ogni uomo non è invisibile all’occhio di dio, e nascondendosi da lui non fa altro che nascondersi da se stesso. Adamo rappresenta l’umanità ovvero ogni essere vivente che quando sbaglie e scappa dalle proprie responsabilita una piccola voce simile ad un soffio gli dice ” ma dove vai? cosa stai facendo?” per riportarlo sulla retta via e per evitare altri smarrimenti. beh… Dopo ciò Dio non è onnisciente? io non credo proprio… -horse’s soul Questa lettura é una riflessione sul senso del cammino che noi tutti esseri umani siamo portati a compiere nella vita giorno dopo giorno. Il “cammino” é una parola che ho riscontrato più di una volta durante la lettura. Il “Cammino dell’uomo”di Buber contiene un messaggio ben definito, Buber vuole parlare dell uomo del suo rapporto con sé stesso,con il mondo e Dio. Nella lettura Rabbi Shneur Salman chiede al comandante delle guardie come bisogna interpretare le parole di dio rivolte ad Adamo e soprattutto il <>. Successivamente nella lettura Buber vuole far capire al lettore che l’uomo deve far della sua vita un cammino rispondendo alla domanda <> senza tentativi di nascondersi. La risposta a questa domanda induce ogni uomo a prendere coscienza che davanti ad esso ci sia una via e non esiste una via unica, occorre scegliere la propria e scegliere significa rinunciare. -Genny 15 “Il cammino dell’uomo” è un’opera scritta da Martin Buber. Nel primo capitolo esso inizia con un racconto, che è emblematico. Lo scopo dell’interlocutore è dimostrare che Dio, ponendo ad Adamo la domanda “Dove sei? , non sa dove sia, quindi non è onnisciente. Ma il Rabbi risponde, al comandante delle guardie che gli pose la domanda, in modo tale da ribaltarla in chiave personale affermando che “…in ogni tempo Dio interpella ogni uomo: Dove sei nel tuo mondo? Dei giorni e degli anni a te assegnati ne sono già trascorsi molti: nel frattempo tu fin dove sei arrivato nel tuo mondo?” La domanda è fatta per suscitare una reazione all’interno stesso dell’uomo. Adamo si nasconde dal volto di Dio per non assumersi la responsabilità delle propria vita, quindi può essere visto come l’antonomasia che nasconde l’umanità, l’uomo generico che nel suo vivere da individuo non sa dov’è nel mondo e chi è. La domanda suscita una notevole reazione, sia nel comandante sia nel lettore. Il brano presenta vari punti di vista, che il Buber confuta per portare il lettore ad auto-immetersi in maniera involontaria nel racconto e nelle sue digressioni. Martin riesce, con la sua scrittura, a far impersonare il lettore nelle sue parole e a far arrivare il medesimo, alla sua stessa conclusione. L’uomo deve agire, l’uomo non deve sprecare la sua vita, l’uomo deve compiere un percorso, un cammino. Compiendo se stesso, con le proprie responsabilità di uomo, deve vivere sapendo che poi un giorno dovrà essere giudicato. L’uomo per incominciare il suo cammino deve ritornare in se stesso, vivere in consapevolezza di se. Conoscersi per reagire ed agire. Per poi vivere in comunità con gli altri. -Giuseppe Il senso umano (più che teologico) di questa vicenda è che ognuno di noi dovrebbe porsi, ad un certo punto della propria vita, la domanda “Dove sei?”. Perchè Adamo non sarà l’ultimo uomo che si nasconde dalle sue responsabilità e come noi ha avuto paura di affrontarle. Scappare da un problema è più facile del risolverlo rimanendo. La parola “possibilità” racchiunde bene quanto detto, perchè tutto sommato ognuno ha sempre la possibilità di fermarsi a riflettere e chiedersi dove si è arrivati fino a quel punto. Il cammino lo scegliamo noi. Mai cadere nella convinzione secondo cui non è possibile uscire da una cattiva strada. Pace. -GDM

6 IL CAMMINO PARTICOLARE
4aL.S. L’attimo fuggente, la questione del conformismo Questo passo dell’opera di M.Buber è estremamente significativo e racchiude un insegnamento profondo parlando al cuore di ogni uomo. l’espressione dell’estratto che più mi ha colpito è sicuramente: “Per quanto infimo possa essere ciò che noi siamo in grado di realizzare, il suo valore risiede comunque nel fatto che siamo noi a realizzarlo nel modo a noi proprio e con le nostre forze”. Tale espressione è una sorta di invito diretto a tutti gli uomini affinchè ognuno non si arrenda al minimo ostacolo e continui a perseguire il suo cammino con tutte le sue forze e con tutto il suo cuore. Infatti non è importante se il risultato finale sia grandioso o infimo, non importa se si costruisce un grattacielo oppure una baita di legno, quello che conta è aver perseguito il proprio scopo seguendo il proprio cuore, seguendo la propria inclinazione, seguendo il proprio cammino e seguendo la propria vocazione spirituale. Solo facendo così l’uomo può rispettare la propria natura ed il proprio essere. Tuttavia spesso notiamo che non tutti gli uomini sono capaci di ciò; è capitato anche a noi, almeno una volta nella vita di cercare di imitare ed emulare qualcun altro. Questo accade soprattuto perchè scegliere la strada già battuta e spianata da altri è più facile che cimentarsi in una via nuova e sconosciuta ricca di rischi, pericoli ed avversità. Ed è proprio la paura tipica della razza umana verso l’ignoto a spingerci molte volte a nasconderci dietro azioni già compiute, ricopiandole passivamente e pedissequamente, cadendo così inevitabilmente nell’errore. -Mauro Anche io mi sono chiesta quale sia il mio cammino, la strada che dovevo prendere ed ho provato a cercarla. Mi sono resa conto che trovare la stata da seguire non è un compito in classe dove ti è facile copiare, trovare la strada da seguire è conoscere se stessi e vivere e per farlo le uniche forze da impiegare sono le nostre. Ma camminare per quanto possa sembrare semplice è la cosa più difficile. Andare avanti,arrivare alla luce significa anche dover fronteggiare i “mostri” che si presentano. Il testo mi ha insegnato a vivere oer come sono e a scegliere le strade che voglio impegnando in queste tutte le mie forze, affrontando sole pioggia neve e tempesta -Sole

7 Secondo me la vita è come un disegno
Secondo me la vita è come un disegno. Se ti limiti a ricalcare i disegni degli altri per sempre, non imparerai mai e non disegnerai veramente mai. Puoi ricalcare all’inizio, perché non sai come fare, ma dopo un po’ devi per forza prendere la tua strada e iniziare a disegnare prendendo solo come modello i disegni altrui, fino a quando potrai disegnare senza nessun riferimento, cioè con un tuo stile personale. Solo in quel momento tu disegnerai veramente. -Emanuele Ogni uomo e’ un cammino unico, che incrocia per un tempo altri uomini, altri cammini nella dinamica dell’incontro…i tanti cammini che si muovono per il mondo non sono altro che promesse alla ricerca del loro compimento… -Santiago Pavido marinaio, non guardare ai viaggi di Colombo o Magellano, apri gli occhi all’orizzonte del mare che pare sì vicino, sì lontano. La sola rotta che hai da curare vien da dentro: l’animo umano ha sempre risposta; corri a cercare solo il vento tuo, cerca la sua mano! E quando ti sarai ben oltre spinto , guarderai alle orme lungo il cammino: il tempo intanto sarà fuggito, e vinto avrai la tua vita. Ora al mattino sorridi soavemente, e cintoti di scelte il capo, raggiungi il divino. -Crescenzo Benedetta De Liso Ogni essere vivente è un evento irripetibile come l’apologeta Tertulliano affermava, la nostra unicità ci costringe a dare qualcosa di nuovo e a non imitare i cammini degli altri perché possiamo indurre nell’errore. Nella citazione di Gandhi: “Chi segue il cammino della verità non inciampa”, possiamo intendere il cammino della verità come il cammino giusto che ci porta a Dio o a un nostro obiettivo. L’importante è che durante il cammino si ponga il massimo sforzo. -Francesco

8 La risolutezza Secondo Buber solo l’uomo che si percepisce e decide come unità può tentare il cammino che lo porta alla radice del suo essere…l’uomo diviso vive i frammenti del momento senza riconoscersi in una radice fonte della memoria del suo essere…l’uomo diviso si brucia con i frammenti senza la speranza di un oltre…l’uomo diviso si perde nel passaggio da frammento a frammento, come in un gioco privo senso e ordine dove il suo esistere è un semplice elemento del gioco orchestrato dal caso… -Santiago Quanto cammino a Zig Zag, quanti rammendi, l’anima molteplice frammenta il nostro esistere e fa smarrire il senso del nostro essere …. -Antonella Franco Battiato Centro di gravita permanente

9 Cominciare Da Se stessi
Giuseppe di Maso, Matteo Silvestri , Davide Caputo, Marco Russo Cominciare Da Se stessi Rosanna Iorio, Marica Salinas, Alessandra Russo, Melania Ruggiero “Homo hominis lupus” iniziando da quest’affermazione, proseguiamo con la spiegazione superficiale del capitolo del Buber. Questo racconto tocca uno dei problemi più importanti della vita umana, il problema della vera origine del conflitto tra gli uomini e se stessi. In una disputa conflittuale vi sono i motivi che spingono i due antagonisti al conflitto. I conflitti veri e propri derivano dall’interno, dalle situazioni conflittuali che l’uomo ha nella sua stessa anima. L’uomo ha dentro di se questa ferita e per eluderla entra in conflitto con l’esterno, con il mondo e con gli altri uomini che hanno le medesime ferite. L’errore dell’uomo, inoltre, risulta proprio essere quello di considerare l’essere umano solo come un individuo di fronte al quale vi sono altri individui e non come una trasformazione, non come unicità che può rendere unico il cammino degli altri uomini che incontra nella vita. L’uomo, però, per compiere questo suo cammino, deve capire che ha bisogno di iniziare, iniziare a vivere partendo da se stesso. Poiché entrando in pace con se potrà cercare la pace anche in altro luogo che sia fuori di se. Il primo difetto umano, che lo porta a scontrarsi è il fatto stessi che non dice quello che pensa, non lo porta fuori e non fa altrettanto quello che afferma. Il rapporto con gli altri si sfacela e si degrada anche il proprio io. L’uomo, affermò Aristotele, è un animale sociale, in quanto tale ha bisogno di vivere tra altri “animali” in società. Però questo suo bisogno di vivere in società gli nasconde il suo essere uomo, uomo intriso di anima, con una potenzialità interiore e con una rottura interna da dover sanare. L’uomo dunque è bisognoso di amore, ha bisogno dell’altro, ma non lo cerca e provoca a se stesso danni e nella sua impotenza lotta con gli stessi suoi simili per un qualcosa che non c’è, che anzi ha dentro se.

10 Uomo, solo nel tuo mondo Uomo rotto nel tuo io Corri in vita frenetica Abitudini di sole, solo nel prato Si! Tu, uomo nella tua umanità lotti Ferisci lui, simil te ma sfregi te Leva la testa da quel nero di fiamme Lava gli occhi di quel grigio lacrime Vivi, o tu Vivi in te stesso C’è vita nel tuo io C’è sangue che zampilla nel tuo petto Io: dove sono? O mio! io son qui, ma non so come sono Io non so perché sono e dove vado Io lotto con te per lottare con me Perché? Sarò desto, sarò vero, ma non so Mi lacera dentro Non esco da questo mio tunnel di scuro Quella luce, vedo. Vedo dentro me quella stella La mia stella, il mio cammino Lo raggiungo ma non gli son vicino Mi affanno a rincorrerla, Perché correre? Quando posso camminare e amarla. Capisco, ora posso capire C’è ora so che c’è Ora cerco te. L’uomo nella sua vita è responsabile del suo cammino particolare, dell’unica strada che gli appartiene, l’unica via sulla quale può trovare il suo cuore. Buber, uomo in cammino, invita se stesso e ogni uomo prioritariamente, ad assumersi il carico, la forza del proprio cammino. Ogni uomo chiamato a dare valore, spessore alla propria vita, in un orizzonte di rispetto del cammino degli altri, dove ogni strada è unica, ma non assoluta; dove non si avverte la necessità di denigrare l’altro per affermare il valore del proprio essere; dove non si addita continuamente ciò che ci sta intorno per la paura di guardare la propria realtà per quella che è… -santiago Giuseppe Luciano

11 Non preoccuparsi di se Questo capitolo rispetto agli altri capitoli può sembrare contraddittorio perché ci induce a non preoccuparci di noi stessi,nei capitoli precedenti si parlava di cominciare da sé stessi ma non finire con se stessi.Questo messaggio da parte di Buber può essere letto anche in ottica ecologica pensare alla natura e non a sé stessi salvaguardandola ,evitando gli sprechi per permettere alla generazioni future di beneficiare di quello che noi abbiamo beneficiato. Questo testo ci da un messaggio morale molto attuale nella realtà d’oggi ognuno pensa a sé ma non si preoccupa del prosssimo -Francesco, Nazariy, Domenico Non preoccuparsi di sè. Questa storia sembra contraddire molte delle cose dette fino ad adesso in quanto,il suocero di Rabbi Hajim gli dice di dimenticarsi di sè e di pensare invece al mondo,mentre fino ad ora abbiamo detto che la cosa più importante è iniziare da se stessi. Iniziare da se stessi è giusto però finire in se stessi è sbagliato,infatti dopo aver fatto un’ autoanalisi in cui ci si concentra su di sè è importante utilizzare i cambiamenti della nostra persona per migliorare il mondo.Un uomo che compie peccato,o comunque fa qualcosa di cui si pente e rimane smarrito nel suo chaos è un uomo perso,a differenza di chi con una virata riesce a trovare un cammino verso Dio o semplicemente verso la soluzione al problema che si è creato.Il pentimento è quindi ciò che provoca questa virata mentre chi rimane fermo nel suo chaos e insiste a tormentarsi toglie alla virata le sue energie.Per quanto si rimesti il fango,fango resta.Quindi il messaggio che vuole dare questo racconto è che per migliorare il mondo bisogna partire da se stessi ma per poi aprirsi e portare dei cambiamenti non solo a noi ma a tutti.Le cose più importanti per mandare avanti questo mondo sono quindi quelle dette da Rabbi Mendel di Kozk: non sbirciare fuori di sè,ovvero custodire la propria anima,non sbirciare dentro agli altri,cioè rispettare l’anima altrui senza spiarla.e non pensare a se stessi,ovvero che ciascuno deve accettarsi sia nella vita propria sia nella vita con il mondo. -Ciro e Davide Nel testo di Martin Buber, al contrario dei testi precedenti, “Non preoccuparsi di se” non si parla del pensare solo al bene privato e al cammino personale, ma al cominciare dagli altri. Cominciare dagli altri non significa però non importarsene nulla di se stessi ma bensì significa che: creando intorno a noi un ambiente di serenità e aiutando le persone intorno a noi, il bene che noi abbiamo donato ci ritornerà indietro come una sorta di ricompensa in modo tale che si potrà avere anche il bene personale. Pugliese e De Michele Ogni essere umano non si può definire tale se non all’interno del sistema sociale e naturale: ogni uomo, prima che individualmente, ha il dovere di adempiere al suo compito di esistere e coesistere all’interno della società e della natura che lo accoglie. Il presupposto è partire da sé stessi per conoscersi, ed infine conoscere le leggi del mondo e vivere per il bene proprio e comune -Gianluca e Crescenzo.

12 Il testo di Nek è stato ispirato da questa lettera di Paolo:
1Cor 13,1-13 Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita. E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla. E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe. La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà. Infatti, in modo imperfetto noi conosciamo e in modo imperfetto profetizziamo. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Divenuto uomo, ho eliminato ciò che è da bambino. Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto. Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità! Nek, Se Non Ami Rabbi Hajin di Zans dopo aver unito in matrimonio suo figlio con la figlia di Rabbi Eleazaro, si recò dal padre della sposa scusandosi per non aver fatto ancora penitenza. Rabbi Eleazaro lo invitò a dimenticarsi di sè stesso e pensare al mondo. Quest’uomo saggio confessa di non aver ancora compiuto l’autentico ritorno. Ma per ritorno si intende qualcosa di più grande di pentimento: chi si tormenta per non aver fatto sufficientemente penitenza si preoccupa essenzialmente della salvezza della propria anima. Nell’epoca attuale in cui domina l’uso delle tecnologie l’uomo preferisce relazionarsi con un computer piuttosto che con le persone reali. Inoltre l’uomo preso dal proprio lavoro pensa solo alla propria carriera, al proprio successo e così facendo sprofonda nell’egocentrismo e si isola dal mondo che lo circonda. Solo quando acquisirà un pizzico di umiltà comincerà a prendersi come punto di partenza e non come meta prefissata, comincerà a operare nel mondo di Dio realizzando azioni buone per sé e per gli altri. -Antonietta

13 La dove ci si trova L’uomo nella sua vita è responsabile del suo particolare cammino, dell’unica sttada che gli appartiene, l’unica via sulla quale può trovare il suo cuore. Buber, uomo in cammino, invita se stesso e ogni uomo ad assumersi la responsabilità del proprio cammino. Ogni uomo è chiamato a dar valore, spessore alla propria vita, in un orizzonte di rispetto nel cammino degli altri, dove ogni strada è unica ma non assoluta; dove non si avverte la necessità di reprimere l’altro per affermare il proprio essere, dove non si addita continuamente cio che ci sta intorno per la paura di guardare la propria realtà per quella che è. -Francesco Madre Teresa, Inno alla vita

14 Ci impegniamo, don primo mazzolari

15 APPENDICE 4aL.S. 4BL.S. Video di riepilogo di tutti gli argomenti che hanno formato questo percorso…

16 A ognuno il suo cammino, buona camminata.


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