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PAUL-MARIE VERLAINE 30/03/ /01/1896

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Presentazione sul tema: "PAUL-MARIE VERLAINE 30/03/ /01/1896"— Transcript della presentazione:

1 PAUL-MARIE VERLAINE 30/03/1844 08/01/1896
Creato e realizzato da Cortinovis Sara, De Marco Kevin, Infantino Jessica & Bellante Giulia

2 1844 nasce un poeta...

3 Un triangolo amoroso...

4 Il triangolo continua...

5 Solo dietro le sbarre...

6 Arriva la fine...

7 Da: Dédicaces

8 Da: Dédicaces - Traduzione

9 languore Io sono l'Impero alla fine della decadenza, che guarda passare i grandi Barbari bianchi componendo acrostici indolenti in aureo stile in cui danza il languore del sole. L'anima solitaria soffre di un denso tedio. Laggiù, si dice, lunghe battaglie cruente. Oh, non potervi, così debole nei miei lenti desideri, oh, non volervi fiorire un po' quest'esistenza! Oh, non volervi, non potervi un po' morire! Ah, tutto è bevuto! Batillo, hai finito di ridere? Ah, tutto bevuto, tutto mangiato! Più nulla da dire! Solo, una poesia un po' sciocca da gettare nel fuoco, solo, uno schiavo un po' frivolo che vi trascura, solo, una noia di chissà cosa che vi affligge!

10 languore Questa famosa lirica venne pubblicata per la prima volta sulla rivista Il gatto nero nel Fu subito interpretata come il manifesto del nascente Decadentismo. Schema metrico: sonetto di 14 versi raggruppati in 2 quartine e 2 terzine. Spiegazione parola per parola del testo Sono l'impero: io sono (cioè mi sento) come l'impero romano nella sua fase più tarda, subito prima del disfacimento. Barbari bianchi: gli invasori germanici erano di carnagione chiara. Acrostici: giochi di parole, nell'acrostico le lettere iniziali di ogni verso, se lette di seguito, formano parole di senso compiuto. Dunque non compone più vera poesia, perché non ha più niente da dire. Il languore del sole... d'oro: un tramonto rosso fuoco, bellissimo nei suoi colori. Il poeta lo contempla da lontano, proprio come da lontano osserva l'invasione dei barbari, cioè la vita che avanza. Batillo: un celebre attore di Alessandria d'Egitto, caro a Mecenate. Più che citare un personaggio storico, il poeta allude a una generica figura di artista dell'antichità. Tutto è bevuto, tutto è mangiato!: non solo il poeta ha già consumato e sperimentato tutto; più in generale, l'impero improduttivo ha sperperato ogni sua ricchezza, mentre i barbari stanno portando via quanto è rimasto. Tesdio: in francese ennui, è la noia esistenziale. Richiama il languore del v. 4 e lo spleen di Baudelaire.

11 languore Analisi del testo e commento Languore divenne immediatamente celebre, perché sintetizzava con efficacia il diffuso senso di decadenza che circolava nella cultura dell'epoca. La condizione contemporanea viene paragonata a quella dell'impero romano intorno al IV-V secolo d.C., all'epoca cioè delle invasione barbariche; un'età proverbialmente di crisi e sfinimento. La sofferenza nasce non da un evento preciso, ma, come dice il titolo, da un indeterminato languore, al quale il poeta non sa come reagire e da cui anzi si sente attratto. Su di lui pesa un'invincibile pigrizia, una specie di paralisi, che però, benché dolorosa, viene percepita come inevitabile: la storia e la vita si svolgono altrove; qui, nel luogo e nel tempo in cui vive il poeta, le cose vanno così e non ci si può far nulla. Il poeta si sente estenuato anche perché gli pare impossibile fare nuove esperienze: ormai ha provato tutto (Tutto è bevuto, tutto è mangiato!, v. 11), anche in senso intellettuale. Il pensiero, la poesia sono infatti presentati come un gioco (comporre acrostici indolenti, v. 3), raffinato, sì, ma inutile, privo di effetti sull'esistenza comune. Perciò, alla fine, non rimane che lasciarsi andare, abbandonarsi al tedio (v.14). Il fascino delle poesie di Verlaine dipende anche da una raffinatissima musicalità, che in traduzione purtroppo si perde. Il poeta ha scelto una forma chiusa e classica come il sonetto, per costruire una scena apparentemente oggettiva, in ciò simile alle rappresentazioni dei parnassiani. Ma qui Verlaine usa un quadro esterno per rendere un sentimento interiore, una condizione soggettiva, sentita però come rappresentativa dello stato d'animo della prima generazione decadente.

12 Arte Poetica (Paul Verlaine)
Prendi l’eloquenza e torcigli il collo! Bene farai, se con ogni energia farai la Rima un poco più assennata. A non controllarla, fin dove potrà andare? O chi dirà i difetti della Rima? che bambino stonato, o negro folle ci ha fuso questo gioiello da un soldo che suona vuoto e falso sotto la lima? E musica, ancora, e per sempre! Sia in tuo verso qualcosa che svola, si senta che fugge da un’anima in viaggio verso altri cieli e verso altri amori. Sia il tuo verso la buona avventura spanta al vento frizzante del mattino che fa fiorire la menta ed il timo... Il resto è soltanto letteratura. La musica prima di tutto e dunque scegli il metro dispari più vago e più lieve,  niente in lui di maestoso e greve. Occorre inoltre che tu scelga le parole con qualche imprecisione: nulla di più amato del canto ambiguo dove all’esatto si unisce l’incerto. Son gli occhi belli dietro alle velette, l’immenso dì che vibra a mezzogiorno, e per un cielo d’autunno intepidito l’azzurro opaco delle chiare stelle! Perché ancora bramiamo sfumature,  sfumatura soltanto, non colore! Oh! lo sfumato soltanto accompagna il sogno al sogno e il corno al flauto! Fuggi più che puoi il Frizzo assassino, il crudele Motteggio e il Riso impuro che fanno lacrimare l’occhio dell’Azzurro, e tutto quest’aglio di bassa cucina!

13 Arte Poetica (Paul Verlaine)
La poesia viene scritta nel 1874 e pubblicata nel 1882 su "Paris Moderne". Il critico Charles Morice, che poi diverrà suo amico, lo critica per l’ermetismo e il disprezzo della rima. È un chiaro manifesto di una poetica che contesta le convenzioni letterarie comunemente accettate ("aglio di bassa cucina", 20). Questa una poesia programmatica avrà una profonda risonanza sugli sviluppi della poesia simbolista. Verlaine sistematizza idee e pratiche di rottura dei canoni poetici già emerse nelle opere precedenti. Positivamente, egli ricerca a) una poesia capace di risolvere la parola in musica verbale evocativa (intento che troverà in Italia un grande continuatore in D'Annunzio): ad esempio, si teorizza l’uso di sillabe dispari che dà il tono musicale. b) l'ambiguo che sconvolga le intenzioni definitorie del lettore (6), del suggestivo "gli occhi deliziosi dietro veli, la grande luce tremula del mezzogiorno" (9-10), dell'imprevisto, dello sfumato ("la cosa che s'invola", 30). La poesia deve evocare, spingere al di là verso mondi nuovi. La dissoluzione della realtà contingente suggerisce una nuova rivelazione delle cose ("la cosa che dilegua"; la fuga dell’anima irrequieta verso "altri cieli, altri amori"): una realtà diversa che né la ragione, né i sensi o il sentimento, viziati dalla convenzione, possono cogliere. La poesia diviene "la buona avventura" (33) che tende all' "Azzurro" (19), la riscoperta del mondo nella luce mattutina d’una ritrovata infanzia, d’un contatto elementare con la vita. Solo questa poesia - musica è capace di ricreare "l’essenza viva", mutevole e impalpabile, del soggetto, ondeggiante fra l’anima e le cose. In questa ascesi poetica occorre liberarsi di vecchi inutili armamentari. In concreto, egli rifiuta a) la poesia chiara, la classica nitidezza delle immagini; b) la rima eccessivamente elaborata, tipica dei parnassiani e di ogni classicismo, che con la sua precisione nelle cadenze è incompatibile col fluttuare del sogno c) l’altisonante "eloquenza" romantica che attribuisce alla poesia una funzione ideologica, come espressione propagandistica di contenuti edificanti, morali, patriottici, ecc.). A essere condannati sono anche gli effetti "forti" e troppo rozzi della comicità.

14 Canzone d’autunno(Paul Verlaine)
I lunghi singulti dei violini d'autunno mi lacerano il cuore d'un languore monotono. Pieno d'affanno e stanco, quando l'ora batte io mi rammento  remoti giorni e piango. E mi abbandono al triste vento che mi trasporta  di qua e di là simile ad una  foglia morta. Il passare del tempo, il ricordo dei remoti giorni e la consapevolezza della precarietà della condizione dell'uomo, quasi foglia morta in balia del vento, sono i temi di questa lirica. Ma tutto ciò è detto con quell'abbandono malinconico, con quella languida leggerezza di toni e soprattutto con quella fluida musicalità, le caratteristiche di fondo della poesia di Verlaine. La poesia ha diverse impressioni, rese attraverso un linguaggio metaforico. Così il soffiare dei venti autunnali si trasforma nel suono di un violino percepito come un singhiozzo, capace di mordere il cuore con il suo languore : ogni verso determina una pausa nel ritmo che risulta spezzato, come singhiozzante. L’immagine finale della foglia morta, che vaga spinta dal vento, riproduce con evidenza figurativa questo procedere del discorso poetico.

15 Canzone d’autunno(Paul Verlaine)
Chanson d'automne Les sanglots longs Des violons De l'automne Blessent mon coeur D'une langueur Monotone. Tout suffocant Et blême, quand Sonne l'heure, Je me souviens Des jours anciens Et je pleure Et je m'en vais Au vent mauvais Qui m'emporte Deçà, delà, Pareil à la Feuille morte


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