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Politiche sociali Lavinia Bifulco.

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Presentazione sul tema: "Politiche sociali Lavinia Bifulco."— Transcript della presentazione:

1 Politiche sociali Lavinia Bifulco

2 Robert Castel L’insicurezza sociale
Individualizzazione Nel sistema di protezione sociale: individualizzazione delle protezioni enfasi sul locale, sull’intersettoriale, sui partneriati ecc… diversificazione e indidivudalizzazione delle prestazioni, Contratto e progetto: situazioni e difficoltà particolari Problemi: stigmatizzazione (i più deprivati) residualizzazione della solidarietà, non più società di simili

3 Attivazione e contratto
“è paradossale che attraverso queste diverse misure di attivazione si chieda molto a coloro che hanno poco e spesso si chieda meno a coloro che hanno molto (p. 76) “…l’insieme dei dispositivi della protezione sociale sembra oggi attraversato da una tendenza all’individualizzazione o alla personalizzazione… un modello contrattuale di scambi reciproci tra chi richiede le risorse e chi le procura… Una tale evoluzione può avere delle conseguenze positive nella misura in cui corregge il carattere impersonale, opaco e burocratico che caratterizza in genere la distribuzione delle prestazioni omogenee.. Tuttavia la logica contrattuale sottovaluta gravemente la disparità di situazioni fra i contraenti. Essa mette il beneficiario di una prestazione nella condizione di chi domanda, facendo come se disponesse del potere di negoziazione necessario ad annodare una relazione di reciprocità con l’istanza che dispensa le protezioni. Questo è un caso veramente raro. L’individuo ha bisogno di protezioni proprio perché .. non dispone da solo delle risorse necessarie ad assicurarsi la propria indipendenza (p. 81)” ‘

4 Welfare-to-work (UK) e workfare USA)
Partecipazione al lavoro od obbligo al lavoro? “Una paga da fame” e i poveri (povere) che lavorano

5 Un ricerca sugli interventi contro la povertà Chiara Saraceno (a cura di), Le dinamiche assistenziali in Europa. Sistemi nazionali e locali di ontrasto alla povertà, Bologna, il Mulino, 2004. Il sistema di protezione sociale in generale. Copertura universalistica Svezia - Categoriale/occupazionale altri paesi Assistenza: Svezia: importi generosi, copertura universalistica, programma nazionale di reddito minimo con enfasi inserimento lavorativo Assistenza come diritti, anche aspetti individualizzati. Bisogna dar prova di cercare attivamente un lavoro, ma non c’è un controllo stringente (comunque etica del lavoro e pieno impiego) Scarso peso delle obbligazioni familiari. Ruolo predominante dei servizi pubblici (scarso del terzo settore).

6 Un ricerca sugli interventi contro la povertà
Italia Italia: no reddito minimo, variabilità territoriale delle misure, discrezionali e con importi limitati. In molti Comuni Minimo Vitale.. Impianto categoriale e selettivo: principio della meritevolezza e logica del bisogno qualificato Familismo

7 Un ricerca sugli interventi contro la povertà
Viene smentita la tesi che più universale e generosa è la misura, più è probabile che le persone restino assistite per un lungo periodo, diventando dipendenti. Il breve periodo è un indicatore ambiguo, non necessariamente di efficacia ma può dipendere dalle regole di accesso. Una lunga dipendenza a Barcellona e Lisbona: quando la misura è limitata e selettiva, gli utenti sono compressi dalla necessità di integrare il sostegno economico con altre risorse, spesso informali. In generale close targeting e ammontare limitato del beneficio creano una popolazione di beneficiari che ha difficoltà a diventare autonoma dall’assistenza sociale. Svezia: La maggioranza dei beneficiari si concentra nella quota della durata di permanenza più breve. Milano: durata breve , ma per limiti temporali

8 Attivazione Partecipazione al lavoro Consumatore, libertà di scelta
Partecipazione alle scelte, cittadinanza attiva, voice

9 Alcune misure: vouchers e budget di cura
Titoli di acquisto Interventi di ‘care’ per persone con fragilità (anziani, disabili, ecc.) Concorrenza fra organizzazioni fornitrici di servizi Accreditamento Ruolo regolatore del soggetto pubblico

10 Vouchers socio-sanitari in Lombardia
Assistenza domiciliare persone con problemi di autosufficienza (dal 2002) Obiettivo: alternativa al ricovero in strutture Ruolo delle Aziende Sanitarie Locali: Programmazione, accreditamento, controllo Competizione basata su tariffa fissa, le organizzazioni competono per attrarre il consumatore in base alla qualità

11 Alcuni dati Il valore del voucher socio-sanitario è collegato alla complessità e all'intensità degli interventi di assistenza necessari. Tre livelli di assistenza: 619 euro, 464 euro, 362 euro.

12 Voucher in Lombardia La prima sperimentazione viene realizzata fra il 1999 e il 2000 in tre Asl (Milano, Legnano, Monza) e ha per oggetto un assegno di cura per l’assistenza domiciliare di persone anziane con problemi di autosufficienza finalizzato a evitare il ricovero in strutture residenziali. Nel 2001 in tutte le Asl regionali viene avviata una sperimentazione che prevede l’erogazione di un buono socio-sanitario (l’importo è di 413 euro mensili) sempre per l’assistenza domiciliare, utilizzabile a scelta come assegno o come voucher

13 Voucher in Lombardia In contemporanea, la Regione detta le sue indicazioni relativamente alla prima triennalità dei Piani sociali di zona. Nel 2002 due Asl (Monza e Lecco) sperimentano il voucher sociosanitario per l’assistenza domiciliare integrata. Nel 2003 il voucher sociosanitario viene esteso a tutto il territorio lombardo. Il voucher sociosanitario, nella sua versione a regime, prevede prestazioni domiciliari di tipo medico, riabilitativo e infermieristico per persone in condizioni di fragilità (anziani con problemi di autosufficienza, disabili e minori) che possono accedere senza limiti di età e di reddito. Gli erogatori, pubblici e privati, sono accreditati dalle Asl sulla base di requisiti indicati dalla Regione e remunerati in base a tariffe prefissate.

14 Voucher in Lombardia Il modello è quello del cosiddetto Pac che, come si accennava, prevede che le Asl programmino, acquistino e controllino, esternalizzando invece le loro funzioni di produzione. I voucher sociali riguardano anch’essi prevalentemente l’assistenza domiciliare fornita a persone anziane e/o disabili, in misura ridotta a minori, includendo talvolta anche servizi come il trasporto e i pasti. I Piani di zona hanno espresso opzioni diversificate rispetto alla durata dell’intervento, che va dalla mensilità all’annualità, prevedendo comunque tutti modalità periodiche di verifica. Quanto al valore del voucher, può essere legato al livello di intensità del bisogno o può essere commisurato al tempo di assistenza erogato dagli operatori. 14

15 Voucher in Lombardia Buoni e voucher sono entrambi finalizzati alla domiciliarità e all’obiet-tivo di evitare l’istituzionalizzazione di persone fragili. Con una differenza. I voucher, sia sociali sia sociosanitari, sono basati su un meccanismo essenziale del mercato: la concorrenza tra fornitori (accreditati). I buoni, invece, non creano un mercato ma si limitano a «mercificare» l’attività di assistenza normalmente erogata secondo modalità informali, facendola passare dall’ambito non retribuito a quello retribuito. La richiesta del voucher è presentata dal medico di base all’Asl. La valutazione positiva della domanda sfocia in un Piano di assistenza individualizzato (Pai) e nella scelta da parte del fruitore in merito all’erogatore dell’intervento nell’ambito delle organizzazioni accreditate. Nel caso si sia insoddisfatti del servizio ricevuto, è possibile cambiare fornitore anche ogni mese.

16 Voucher in Lombardia I voucher registrano un certo apprezzamento da parte dei fruitori, in particolare in relazione alla maggiore copertura oraria del servizio di assistenza e alla possibilità di differenziare le prestazioni [Pasquinelli e Ielasi, 2006]. Più limitato è l’apprezzamento manifestato nei confronti della libertà di scelta, da molti considerata come un onere aggiuntivo (ibid.). Dai monitoraggi predisposti in questi anni dalla Regione, basati su tecniche di rilevazione della soddisfazione, risulta generalmente il giudizio positivo da parte di utenti e/o familiari.

17 Vouchers in Lombardia Problemi Selezione dei casi meno ‘attraenti’
Quale coordinamento degli interventi? Quali risorse per la libertà di scelta? Asimmetria informativa Quale libertà: Libertà negativa, non positiva o sostanziale Exit non voice Individuo isolato, come attore di mercato

18 Voucher in Lombardia Limiti insiti nei meccanismi di mercato su cui è imperniato il voucher lombardo: scrematura nei confronti degli interventi meno remunerativi, asimmetria informativa fra fornitori e cittadini/con-sumatori e difficoltà che l’esercizio della libertà incontra quando le persone in questione sono in uno stato di bisogno e fragilità. Questi problemi sono più marcati quando la funzione di governo svolta dal soggetto pubblico è debole e manca un ruolo di orientamento e di coordinamento tra fruitori/famiglie ed erogatori.

19 V oucher in Lombardia Un secondo ordine di questioni riguarda la portata concreta della libertà di scelta in situazioni in cui le opzioni dell’offerta sono predefinite e non è possibile entrare nel merito degli interventi per concorrere alla loro definizione, discuterli o cambiarli. Stando alle direttive regionali, fruitori e/o famiglie si limitano a sottoscrivere il progetto di assistenza prestabilito dai servizi, godendo comunque della facoltà di cambiare fornitore. Nei classici termini di Albert Hirschman [1970], la loro libertà implica potere di exit ma non di voice

20 Voucher in Lombardia Un’altra serie di criticità riguarda il modo in cui si attuano i meccanismi di mercato. Secondo le rilevazioni effettuate [Pasquinelli e Ielasi, 2006], la concorrenza fra fornitori è scarsa. La libertà di scelta, da questo punto di vista, è un riconoscimento formale più che una prerogativa realmente esercitata. Inoltre, i costi di gestione elevati rendono il sistema dei titoli nel suo insieme abbastanza oneroso.

21 Voucher in Lombardia Ruolo regolativo pubblico. Come è evidente anche nel caso dei voucher sociosanitari, che applicano i medesimi criteri, le scelte regionali in materia di accreditamento risentono di un orientamento minimalistico che fissa abbastanza in basso la soglia per la selezione. Si richiede infatti che il rappresentante legale dell’organizzazione non abbia condanne penali, che la missione sociale sia coerente con le specificità del settore, che il personale sia qualificato, che l’idoneità professionale e organizzativa sia accertata dall’Asl. Vero è che i distretti possono decidere di integrare e rendere più stringenti questi requisiti, ma le scelte fatte finora non si discostano molto dal tracciato regionale. Un problema di fondo è la difficoltà del distretto a funzionare come scala di governo complessivo, in grado di assicurare l’infrastruttura di coordinamento necessaria al servizio (Pasquinelli e Ielasi, 2006)  Nel 2005, alla fine della prima triennalità, i buoni sono presenti in tutta la regione, con circa fruitori (di cui il 54% anziani) mentre per i voucher si contano solo fruitori (di cui il 56% anziani). Prima che le scelte dei cittadini consumatori, pesano gli orientamenti assunti dai distretti, molti dei quali privilegiano i buoni.

22 Budget di cura (progetti terapeutico-riabilitativi individualizzati)
Friuli, Campania, Sicilia (dalla fine degli anni 90) Riconvertire la spesa Invertire istituzionalizzazione: ridurre e contrastare ricovero Riabilitazione basata su casa, lavoro, socialità Ruolo delle ASL: governano la misura, coordinando i diversi soggetti Soggetti: ASL, Comuni, Terzo settore, famiglia/utente Progetto individualizzato


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