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“La terra bruciata diventerà una palude, il luogo riarso si muterà in sorgenti d’acqua” Isaia 35, 7.

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1 “La terra bruciata diventerà una palude, il luogo riarso si muterà in sorgenti d’acqua” Isaia 35, 7

2 INDICE Lineamenti storici del territorio del Parco Il territorio e la popolazione La storia del Parco L’assetto istituzionale e la legislazione

3 Il Parco Naturale di Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli, istituito dalla Regione Toscana nel 1979, si estende per 23.114 ha lungo il litorale della Toscana nord-occidentale a cavallo delle province di Lucca e Pisa. Sul fronte mare esso occupa l’intera fascia costiera compresa fra Viareggio, a nord, e la foce del Canale dei Navicelli, a sud, per una lunghezza di circa 30 km, di cui 19 a nord di Bocca d’Arno e 11 a sud. Dalla costa esso si spinge nell’entroterra per distanze che variano dai 5 km, in prossimità dei corsi dell’Arno e del Serchio, ai 9 km, nella zona del Lago di Massaciuccoli, fino ai 10,5 km nella Tenuta di Coltano, immediatamente a sud della città di Pisa.

4 10023.114,43TOTALE 9,72.248,01AREA RISERVA NATURALE 38,48.869,88AREA ESTERNA 61,614.244,55AREA INTERNA 3,7858,42ZONA PARZIALMENTE URBANIZZATA 1,8420,30ZONA URBANIZZATA 1228,45ARENILE 5,61.291,17CORPO IDRICO 7,61.769,90ZONA UMIDA 39,89.189,62ZONA BOSCATA 40,59.356,57ZONA AGRICOLA %ha TIPOLOGIA DI USO DELLE SUPERFICI

5 La presenza di manufatti umani nel territorio del Parco, pur non essendo particolarmente sviluppata e vistosa, è diffusa un po’ in tutti i comparti in cui è divisa l’area protetta e si manifesta talvolta sottoforma di episodi edilizi di carattere storico e architettonico di elevato valore monumentale. Sussistono notevoli differenze territoriali da Tenuta a Tenuta: mentre infatti nelle antiche Tenute di Migliarino e San Rossore la plurisecolare proprietà mobiliare ha incentivato fin dal 6-700 la costruzione di molti edifici destinati a funzioni di servizio (le Cascine Vecchie e Nuove, La Sterpaia…), frenando però l’espandersi dell’insediamento residenziale, nelle Tenute delle grandi bonifiche otto e novecentesche (i Paduli del Lago, Tombolo e Coltano) troviamo uno sviluppo soprattutto nell’edilizia rurale, con il territorio punteggiato di casali e fattorie direttamente legati alla coltivazione dei nuovi terreni prosciugati.

6 Lungo il fronte costiero, infine, si è concentrata la terza ondata dello sviluppo edilizio, iniziato in termini assai pionieristici a fine 800 (Marina di Pisa) ma esploso soprattutto nel 1900 e che, nonostante la preclusione delle due Tenute di Migliarino e San Rossore, ha condotto nel giro di pochissimi decenni alla totale occupazione dell’arenile e della fascia immediatamente retrostante da parte delle attrezzature di supporto al turismo balneare e alle strutture residenziali a chiara vocazione turistica. Ciò nonostante non sembra particolarmente presente l’effettivo carico residenziale che interessa il territorio compreso nei confini del Parco Naturale dato che è piuttosto scarso il numero di coloro che risiedono stabilmente nell’area protetta che tende ad escludere quanto più possibile la presenza umana.

7 Torna all’indice 11.96711.562VECCHIANO 30.89130.584SAN GIULIANO TERME 87.73788.964PISA 63.38961.795VIAREGGIO 21.90220.825MASSAROSA 20052002 Popolazione Residente nei 5 comuni interessati dal Parco Dati riferiti al 31 dicembre del rispettivo anno Fonte: demo.istat.it È molto complicato riuscire a ricostruire con esattezza la reale consistenza demografica delle comunità umane residenti nel Parco. Manca infatti a livello ufficiale qualsiasi notizia a riguardo e né l’Ente Parco, né le principali istituzioni locali interessate dall’area protetta, sono in grado di valutarne, se non a livello di stima, il numero di abitanti presenti all’interno del Parco.

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9 Fino alla colonizzazione romana, il territorio preso in esame era caratterizzato dalla presenza di macchie e foreste (la Selva Palatina) e dalla vasta regione deltizia del Serchio-Auser e dell’Arno. La linea di costa era sensibilmente spostata verso est e l’azione delle correnti marine, sommata all’instabilità del corso dei fiumi, formava lunghi cordoni sabbiosi, sbarrava lo sbocco delle acque, favorendo la creazione di impaludamenti e lagune. Nei secoli successivi, anche a seguito dell’abbandono delle pratiche di manutenzione dei corsi d’acqua, si assiste ad un costante avanzamento della linea di costa che, in poco tempo, porta all’interramento di alcuni porti (San Pietro a Grado…). 1406: La Repubblica Pisana passò sotto l’influenza fiorentina avviandosi così il passaggio dallo Stato comunale allo Stato regionale. >>> “Guerra di Pisa” che provocò una forte depressione all’economia pisana (inoltre: peste nera). Nella zona costiera si avviò lo spopolamento, con una ritirata verso le colline e con relativo abbandono della rete idrica, cosa che favorì l’incremento delle zone paludose e delle foreste.

10 1568: il patrimonio amministrato dai Medici nel pisano (34.000 ettari) si accresce ancora, grazie alla requisizione di grosse proprietà di nobili fiorentini o pisani ribelli e da prevaricazioni del principe nei confronti della Chiesa, della Comunità o di privati. Verso la fine del 17° secolo le proprietà granducali avevano aumentato la loro estensione in misura tale che tutta la fascia costiera del Serchio fino alla Maremma si poteva considerare un unico latifondo mediceo. Le proprietà granducali erano organizzate, soprattutto per esigenze amministrative, in diverse e autonome unità produttive. Sconfitta di Pisa; conseguenze: Appropriazione delle terre pisane da parte delle grandi famiglie fiorentine (Medici)‏ Successiva formazione delle grandi tenute (‘400, primi ‘500)‏ Tenuta Salviati a Migliarino Tenute medicee di San Rossore Coltano e Castagnolo e le fattorie di Vecchiano Casabianca e Collesalvetti

11 Le unità produttive si dividevano in: TENUTE Vaste estensioni che per caratteristiche ambientali e podologiche potevano essere economicamente sfruttate senza eccessivi impieghi di capitale. Quindi non si riteneva conveniente procedere a grossi lavori di bonifica e al successivo dissodamento e messa a coltura del territorio e soprattutto alla divisione della proprietà in poderi. >>> Totale assenza del podere e organizzazione in un’unica unità governata da un ministro alle cui dipendenze lavorava un certo numero di “provvisionati” fissi e, in particolari occasioni, prestatori d’opera assunti temporaneamente. Attività principali: Produzione del legname Sfruttamento delle praterie per il pascolo di animali di proprietà della tenuta (bovini, cavalli, suini)‏ Pesca e caccia FATTORIE Basavano la loro economia sul podere a conduzione mezzadrile. A questa organizzazione si giunge con un lento processo che inizia con l’investimento di abbondanti risorse per le opere di bonifica per colmata. I terreni venivano concessi con contratti parziari a contadini residenti nei villaggi circostanti che operavano il primo dissodamento e la messa a coltura di queste terre. Si avvia quindi un’organizzazione basata su un’amministrazione centralizzata e curata da un fattore e su una serie di divisioni del territorio, i poderi a conduzione mezzadrile, sui quali vengono costruite le varie case coloniche. Produzione cerealicola.

12 Seconda metà del ‘700 >>> sotto il governo di Pietro Leopoldo si comincia ad alienare parte del patrimonio. Le fattorie vengono allivellate (divise in piccoli lotti separati e ceduti a chi era disposto a coltivarli), o vendute. Le tenute restano saldamente in mano al granducale, subendo una lenta trasformazione con l’affiancarsi sempre più al ruolo produttivo, quello di rappresentanza e di svago del granduca e dei suoi ospiti. Leopoldo II: organizzazione di riserve di caccia. Con l’Unità d’Italia le tenute granducali passano ai Savoia Dopo la prima guerra mondiale: donazione di Coltano all’Opera combattenti (1919) con passaggio da tenuta a fattoria.

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14 LA MACCHIA LUCCHESE, IL PADULE DI MASSACIUCCOLI E LA TENUTA BORBONE ‘500 >> Viareggio diventa un mercato di importazione granaria (Ufficio dell’Abbondanza)‏ L’area palustre di Massaciuccoli si sviluppava fino alla base delle colline massarosesi e nel piano di Stiava e di Camaiore. In tutti questi ambienti la caccia e la pesca erano le attività principali. 1488: costituzione della società della Maona / collaborazione di tecnici olandesi => metà del 600: rete di canali dal lago verso il mare (trasporto merci). 1740: si cominciano ad attuare i consigli di Bernardino Zendrini (matematico veneto), richiesti per combattere i problemi costituiti dalla salute della popolazione. Operazioni: >>>vengono poste nello scolo principale del lago cateratte a bilico, da chiudersi in occasione delle mareggiate in modo che l’acqua salata non si mescolasse con la dolce. >>>taglio delle macchie (che non permettevano l’evaporazione di acque stagnanti)… dibattito a livello nazionale. Alla fine >> taglio delle quercete e, in alcune zone, sostituzione della vegetazione originale con pinete. La zona disboscata fu divisa in poderi (“le chiuse”) di circa 9 ettari dati in sorte a nobili lucchesi.

15 1819: avocazione da parte di Maria Luisa di Borbone della selva allo Stato e successiva formazione della tenuta. Maria Luisa incaricò l’architetto regio Nottolini di studiare un progetto di sistemazione dell’area: l’idea era quella di organizzare un complesso, sull’esempio della reggia di Caserta, formato da 2 edifici a distanza di 5 km, uniti da un “cannocchiale arboreo” che attraversava un grande giardino all’italiana e la macchia dei pini. Il progetto viene ridimensionato per via dei costi e fu realizzata Villa Borbone. 1850: per la necessità di sfruttare in modo produttivo le proprietà, si cominciò a lottizzare il territorio della tenuta a monte del viale dei Tigli e ad affidarlo ai contadini con un contratto a mezzadria. 1931: con l’istituzione del Consorzio di bonifica si avviarono i primi lavori di bonifica meccanica del padule nella sua porzione lucchese. I lavori portarono al prosciugamento di circa 165 ettari nella zona di Portovecchio-Riaccio, di 450 ettari nella zona di Massarosa e di circa 200 in quella di Torre del Lago.

16 Torna alla mappa La tenuta oggi: -Viale dei Tigli: elemento di collegamento spettacolare fra Viareggio e Torre del Lago. Rappresenta anche una sorta di barriera protettiva per le pinete. -Il complesso della villa, riunito attorno a una larga piazza, presenta notevoli possibilità per un uso legato alle finalità del Parco e più in generale per una fruizione pubblica. -Il resto della tenuta è in parte mantenuta a coltivazione (100 ettari), in parte occupata da campeggi (20 ettari) e in parte costituita da terreni incolti. -Il rapporto tra le zone antropizzate e le aree paludose è in parte inficiato dalla presenza delle 2 infrastrutture parallele costituite dall’autostrada dei Fiori e dal nuovo tratto della via Aurelia che unisce Torre del Lago a Viareggio, che rappresentano una netta frattura difficilmente sanabile. - Oltre l’autostrada comincia la zona paludosa, con una prima fascia larga circa un chilometro utilizzata per lo più dall’escavazione della sabbia silicea >>> escavazione che ha per larghi tratti consumato il “padule”, sostituendolo con vasti specchi d’acqua.

17 LA TENUTA SALVIATI DI MIGLIARINO ‘500: si costituisce la proprietà della famiglia Salviati. L’ingresso di questa famiglia nella proprietà di queste terre colpì il tradizionale uso collettivo dell’area e i vari diritti degli abitanti di Malaventre di pascolo, legnatico, caccia e pesca. >>> serie di liti, transazioni e ricorsi, fino ad oggi. Nel 700 la tenuta si estendeva a nord fino al confine con lo Stato di Lucca; a est fino al lago di Massaciuccoli; a sud fino all’argine del Serchio; a ovest con la linea di costa (oltre 3200 ettari). Il bosco, ricco di selvaggina, era costituito da lecci, querce farnie e cerri ed era caratterizzato dalla presenza di una serie di larghe lame che tagliavano la macchia per tutta la lunghezza. Le attività principali all’interno della tenuta erano costituite dallo sfruttamento dei boschi e dall’allevamento di maiali e dalla caccia. Operazioni: Primi decenni dell’800: i Salviati fecero una serie di opere di bonifica e iniziarono la costruzione della propria villa.

18 1854: sotto la direzione del tecnico forestale tedesco Keller ebbe inizio, per ragioni economiche, l’impianto di pino domestico e la relativa suddivisione di tutta la macchia in quadrati delimitati da una fitta rete di viabilità di servizio. Inoltre furono aperti numerosi fossi e canali per limitare la presenza dell’acqua nel bosco. Questi cambiamenti resero Migliarino, dai primi decenni del 900, il centro più importante d’Italia, per la produzione di pinoli. Fine anni 50 del 900 => i duchi Salviati svilupparono trattative per la cessione di una parte dei boschi, che portarono ad un progetto che prevedeva la costruzione in mezzo ai pini di chalet, villette e stabilimenti balneari e il prolungamento dell’autostrada Firenze-mare dal casello di Migliarino fino alla tenuta Salviati. Nel 1962 fu stipulata una convenzione fra Salviati e comune di Vecchiano, nella quale il Comune si impegnava a inserire la lottizzazione nel piano regolatore da approvare, in cambio di una strada di accesso al mare (poi realizzata) e una fascia costiera sulla quale fare sorgere edifici di “pubblica utilità”. Grossissimi interessi si misero in gioco e contro di questi si infranse il Piano intercomunale Viareggio-Vecchiano, e le proposte di enti e amministrazioni locali per la costituzione di un’area protetta in tutta la zona costiera.

19 Torna alla mappa Agli inizi degli anni ’70 il Consiglio superiore dei lavori pubblici bocciò la speculazione nelle pinete e a questa decisione contribuì l’iniziativa popolare, con la battaglia svolta da un Comitato iniziativa parco che organizzò numerose manifestazioni e una petizione che raccolse 12.000 firme. La tenuta oggi: -Il centro produttivo è tuttora localizzato lungo il vecchio tracciato della via Aurelia dove si è sviluppata anche una parte dell’espansione del vicino paese di Migliarino -A seguito degli interventi di bonifica si raddrizzarono anche i canali principali (Traversagna, Storrigiana…)‏ - Nei pressi della Torretta parte la strada che conduce, verso il mare, alle “Case di Marina” e di qui ad un tratto di spiaggia attrezzato per la balneazione. Questa strada è il ricordo della famosa convenzione fra comune di Vecchiano e Salviati con la quale si concedeva l’accesso al mare in cambio dell’inserimento nello strumento urbanistico comunale delle lottizzazioni.

20 IL PADULE MERIDIONALE DI MASSACIUCCOLI E LA FATTORIA DI VECCHIANO Dalla fine del 12° secolo al primo dopoguerra => due aree dalle caratteristiche differenti: 1) da un lato l’area paludosa 2) dall’altro una fascia lungo il Serchio, larga circa 3 km, nella quale già in epoca comunale si avvia un processo di popolamento. In periodo comunale si intervenne per limitare l’estendersi del padule, con l’escavazione di alcuni fossi (fossa Barra e Magna) che lo resero in qualche modo navigabile, favorendo la pratica della caccia e soprattutto della pesca. Nel ‘500: cominciò ad insediarsi in questi terreni vuoti e paludosi, la proprietà medicea, impossessandosi di vari appezzamenti di privati o delle comunità di Vecchiano e San Frediano, con la successiva costruzione della fattoria e l’organizzazione dell’appoderamento.

21 Nei primi anni del ‘600: Per poter aumentare i terreni coltivabili e la produttività si incominciarono interventi di bonifica più organici, dimostratisi così difficili e costosi che si preferì, nel 1650, vendere una parte della palude all’ingegnere olandese Van deer Street. L’olandese tentò di bonificare la zona con la costruzione di numerosi fossi e l’installazione di mulini a vento. Dopo la sua morte la palude di Nodica prese il nome di Val di Stratten. La vendita fu annullata e le terre tornarono al granduca. Con il fallimento dell’opera dell’ingegnere olandese, gli interventi di bonifica si ridussero a piccoli ampliamenti dei terreni coltivabili e si tentò di aumentare la produttività con l’introduzione delle coltivazioni del riso nelle zone acquitrinose (tentativo abbandonato per la scarsa presenza di manodopera e per la bassa richiesta del prodotto).

22 Il padule era costituito per lo più di erbe palustri e percorso da canali navigabili e numerosi fossi. Tutte le acque della palude scolavano con difficoltà data la forma a catino del bacino. Nella zona non esistevano né case, né capanne, mentre poche vie, praticabili solo d’estate, si inserivano nelle zone acquitrinose. Nel podere di monte Legnaio e in altre zone collinari si coltivava l’olivo e la vite. Nelle zone di pianura la coltivazione principale era la cerealicola e una qualche consistenza aveva la produzione del lino. 1784: il granduca cedette la fattoria >> la vendette in blocco ai duchi Salviati. ‘800: nuova serie di progetti legati alla creazione di canali emissari del lago di Bientina. 1863: prosciugamento del lago di Bientina 1928: la zona fu inserita nei comprensori di bonifica di I categoria 1931: costituzione del Consorzio di bonifica e inizio della bonifica meccanica integrale. 1935: Costruzione del primo dei due impianti idrovori. Nel complesso la bonifica interessò circa 550 ettari nel sottobacino di Massaciuccoli e nel sottobacino di Vecchiano circa 1100 ettari di zone depresse.

23 Torna alla mappa Nell’area bonificata, già negli anni ’40 si costruirono alcuni fabbricati rurali, ma non si riuscì nell’intento di popolare la zona, a causa delle difficoltà che sorgevano per la costruzione delle case coloniche, dato l’enorme costo delle fondazioni, le quali, per il terreno morboso, dovevano essere precedute da fitte palificazioni. Oggi: -delle zone paludose resta una striscia lungo il lago, al cui interno si racchiude il laghetto della Gusciona. -Non lontano dal lago, nel punto più basso del bacino, si trova l’impianto idrovoro principale, elemento fondamentale della bonifica. - A metà tra le colline e la tenuta Salviati, si individuano i resti del Capannone del riso, distrutto durante la guerra, e la struttura muraria di uno dei mulini a vento.

24 LA TENUTA DI SAN ROSSORE ‘400: ingresso dei Medici a San Rossore con primi acquisti della Mensa Arcivescovile di Pisa e con requisizioni e soprusi. ‘500: la parte di proprietà fu organizzata in tenuta, con lo sfruttamento delle selve e dei pascoli. Nel 1622 furono introdotti da Ferdinando II i dromedari che si dimostrarono adatti al clima e furono utilizzati a lungo per il trasporto di carichi soprattutto su terreno sabbioso. Nei pressi dell’Arno sorgeva una fornace, che veniva utilizzata per la costruzione di nuove cascine. Oltre a queste, a nord del fiume Morto, uno degli scoli principali della pianura settentrionale pisana, compaiono le indicazioni della torre Riccardi. Non vengono fatti interventi di bonifica, ma solo sul corso dei fiumi: ‘600: viene eseguito in Arno il “Taglio Ferdinando” con lo spostamento della foce del fiume verso nord (per evitare l’insabbiamento di Livorno); Diversi lavori vengono fatti intorno alla foce del fiume Morto (deviato in Serchio nel 1568 e poi, nuovamente fatto sfociare in mare).

25 Nel ‘700 la tenuta raggiunge la sua massima estensione: 4.850 ettari. Sotto Pietro Leopoldo: - La tenuta viene sottoposta ad una intensa riorganizzazione basata su interventi nei boschi e di assetto idraulico - Apertura di una serie di percorsi, fra i quali (1778) il viale fra Cascine Vecchie e Cascine Nuove - Costruzione di nuovi edifici Nonostante le colmate, alla fine del ‘700, erano ancora numerosi i terreni in condizione totalmente paludosa, oltre alle depressioni umide che con un andamento parallelo al mare si susseguivano all’interno dei boschi. Dopo un breve periodo di dominio francese, tornano i Lorena - costruiscono la villa reale al Gombo (1829-1830)‏ - accentuano l’aspetto di rappresentanza della tenuta con l’apertura di ampi viali rettilinei che univano i punti centrali per le attività economiche e le zone più rappresentative.

26 Torna alla mappa Con l’Unità d’Italia il possesso della tenuta passò ai Savoia. All’epoca delle bonifiche fu realizzato il fiume Morto Nuovo, il quale sostituì il tratto terminale del vecchio fiume Morto, non più in grado di accogliere gli aumentati scarichi della pianura retrostante. La Tenuta oggi: Attualmente la tenuta di S. Rossore è passata dalla proprietà demaniale e in dotazione alla presidenza della Repubblica a proprietà della Regione Toscana. Nell’area prossima alle Cascine Vecchie è stato realizzato l’ippodromo. Gli effetti dell’erosione e dell’inquinamento marino si riscontrano in modo rilevante nella zona meridionale prossima a Bocca d’Arno.

27 LA TENUTA DI TOMBOLO E ARNOVECCHIO In questo territorio e fino all’Arno e a Livorno si insediò la proprietà ecclesiastica che conservò queste terre fino al 1868. mancanza di interesse a sviluppare ricche rendite impossibilità di affrontare interventi di grosso impegno Nel ‘700 il territorio della tenuta era caratterizzato da un’alternanza di zone dunose più asciutte e di zone depresse e paludose dove le acque si mescolavano alla vegetazione. San Pietro a Grado >>> chiesa medievale (uno dei principali monumenti nel territorio del parco)‏ Via di Pineta: transitava nel cuore della tenuta e la tagliava trasversalmente. Nel 1869 furono dati in concessione i terreni intorno al fortino di Bocca d’Arno a Ceccherini, sfrattato da San Rossore, il quale costruì un nuovo stabilimento balneare dove, a fine secolo, su disegno dell’ingegnere Bernieri del comune di Pisa (basato su alcuni assi stradali che sfociavano in una piazza semicircolare) si svilupperà Marina di Pisa.

28 Torna alla mappa La Tenuta oggi: La fascia costiera è stata pesantemente urbanizzata con la fondazione e lo sviluppo di Marina di Pisa, Calambrone e Tirrenia. La continuità fra mare, spiaggia e boschi è stata diminuita da tagli del bosco eseguiti durante il periodo delle bonifiche. Presenza di grosse strutture militari (Camp Darby e CRESAM)‏

29 LA TENUTA DI COLTANO E CASTAGNOLO ‘500: interventi di bonifica cominciano intorno alla zona paludosa della tenuta, ma si concentrarono particolarmente nella zona più meridionale dove fu aperto il fosso Reale. Realizzazione del canale dei Navicelli, percorribile dal mare o da Livorno fino a Pisa. ‘700: Pietro Leopoldo moltiplica le opere di manutenzione nei canali. Nel 1845 Leopoldo II destinò la zona ad esclusiva riserva di caccia reale Nella zona dei “Palazzi” si trovava il palazzo mediceo, ristrutturato nel ‘700 da Pietro Leopoldo, alloggio del granduca durante le sue visite. Unità d’Italia: i terreni di Coltano vengono inclusi nei beni della Corona e dopo la prima guerra mondiale furono ceduti (1919) all’Opera nazionale combattenti e nel 1920 inseriti nelle bonifiche di prima categoria.

30 1920: iniziano i lavori di bonifica – Adattamento canali già esistenti – installazione di 3 impianti idrovori – Costruzione di strade, ponti e argini – Appoderamento dei terreni liberati dalle acque Una buona parte del territorio (oltre 1000 ettari) rimase in conduzione diretta dell’Opera, terreni diventati oggi di proprietà regionale e gestiti da cooperative. La Tenuta oggi: Gli interventi stravolsero le condizioni ambientali e cambiarono totalmente l’impostazione produttiva della zona. Autostrada Genova-Livorno Torna alla mappa

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32 L’istituzione da parte della Regione Toscana del Parco Naturale Regionale di Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli è ufficialmente avvenuta nel 1979, con la Legge Regionale n. 61 del 13 dicembre, che nell’Articolo 1 decreta: “scopo del parco è la tutela delle caratteristiche naturali, ambientali e storiche del litorale Pisano e Lucchese, in funzione dell’uso sociale di tali valori, nonché la promozione della ricerca scientifica e della didattica naturalistica”.

33 L’istituzione ufficiale è giunta alla fine di un lunghissimo periodo di discussioni e dibattiti cominciato molti anni prima. A parte la fortunata situazione della Tenuta di San Rossore, passata nel dopoguerra dai Savoia al Demanio e assegnata nel 1957 alla Presidenza della Repubblica, sotto la cui proprietà è rimasta fino al 1999, e perciò al riparo da qualsiasi possibilità di mutamento della sua destinazione d’uso, molte aree oggi comprese nel Parco correvano seriamente il rischio di essere radicalmente trasformate, in direzione soprattutto di uno sviluppo della vocazione turistico- balneare della costa. >>Migliarino Il rafforzamento nell’opinione collettiva ma anche istituzionale della necessità di tutelare efficacemente e definitivamente le grandi aree verdi della costa pisana-lucchese e il protrarsi, d’altra parte, delle minacce che incombevano sulla zona indussero la Regione Toscana ad istituire, 4 anni dopo la creazione del 1° parco naturale regionale in Maremma, il Parco Naturale Regionale di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli, esteso, nella sua prima delimitazione, a 21.220 ha Torna all’indice

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35 Il “ Parco Naturale di Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli ”, dopo alterne vicende ed una lunga elaborazione politica, sociale e culturale, viene istituito con Legge Regionale Toscana n° 61 del 13 dicembre 1979. E’ questo uno dei primi parchi di istituzione regionale e secondo in Toscana solo al Parco della Maremma (istituito nel 1975). La legge istitutiva ha il ruolo di aprire in concreto la fase di attuazione del parco.

36 Le questioni che la normativa affronta in termini obiettivi e operatività del piano, riguarda il superamento della tradizionale alternativa tra conservazione e sviluppo, per una chiara scelta in direzione della manutenzione, ma anche e soprattutto del recupero, ripristino, risanamento del territorio e dell’ambiente. Il piano del parco, con la sua normativa, diviene un impegno prioritario e organico di lotta al degrado e all’inquinamento. La struttura del parco – accessi, percorsi, servizi, fruizioni, utilizzazioni, ecc. – nella sua formazione e gestione è funzionale alle operazioni di recupero

37 È noto inoltre come l’escavazione di sabbia silicea abbia provocato danni ingentissimi all’ambiente naturale, provocando alterazioni così profonde da risultare difficilmente sanabili nel breve periodo (degrado paesaggistico, abbassamento della falda>>salinizzazione>>danni ingenti all’agricoltura…). Per evitare l’ampliarsi del fenomeno il Consorzio del Parco ha decretato la cessazione di questa attività per lo meno nell’ambito dell’area del Parco. Cervellati: “Le cave, per quanto possa essere ricco il giacimento di sabbia silicea, non potranno essere eterne. Anche le cave sono destinate, prima o poi, a scomparire e con esse a scomparire parte del territorio. Il Parco no. Il Parco deve indicare l’alternativa occupazionale e la riconversione operativa. La realizzazione del progetto del Parco e la sua futura gestione, richiedono una quantità di mano d’opera ben superiore a quella attualmente (e in modo precario) occupata nelle cave di sabbia silicea.”

38 Consorzio del Parco Naturale Migliarino, San Rossore,Massaciuccoli La L.R. n. 61/79 istituisce il Parco Naturale, inteso come territorio ed ambito di competenza, fissandone gli scopi e delineandone i confini (art. 1 e 2). L’art. 3, invece, individua e istituisce l’ente di gestione del Parco stesso: nasce così il “Consorzio del Parco Naturale Migliarino, San Rossore,Massaciuccoli”, al quale viene attribuita, anche se in via provvisoria, la gestione e l’amministrazione. Formato dalle rappresentanze delle 7 amministrazioni interessate (5 Comuni e 2 Province), il Consorzio comincia a muovere i suoi primi passi già nel 1980. La legge istitutiva, lo statuto ed altri strumenti normativi successivi, ne hanno delineato la struttura ed il funzionamento, dotando lo stesso Consorzio di una organizzazione “autonoma” (almeno dal punto di vista operativo) per una corretta ed efficiente gestione del Parco.

39 Il territorio del Parco risulta suddiviso in 3 diverse zone, corrispondenti ad altrettanti livelli di vincolo e di tutela : ZONA 1 estesa ai grandi boschi e al Lago di Massaciuccoli, ovvero alle aree di maggior pregio naturalistico prevede una tutela ambientale praticamente integrale (assoluto divieto per ogni attività edilizia ed urbanistica che comporti modifiche all’assetto e all’aspetto dei luoghi e per l’esercizio venatorio) ‏ ZONA 2 estesa ai terreni lungo i corsi dell’Arno e del Serchio, nei quali è preminente la coltivazione consente una limitata attività edilizia in supporto al funzionamento delle aziende, con la permanenza dei divieti di caccia e di produrre interventi che alterino l’ambiente esistente In entrambe le zone, che costituiscono il vero e proprio territorio del Parco, le previsioni del piano territoriale di gestione risultano immediatamente efficaci e vincolanti.

40 ZONA 3 costituita da aree definite esterne ma che presentano forti connessioni funzionali con l’assetto del Parco ed estese ai territori circostanti al Lago di Massaciuccoli e alla zona di Coltano sono possibili alcuni sviluppi urbanistici ed è consentita una pur limitata attività venatoria la gestione territoriale è di competenza dei comuni, che tuttavia devono uniformare i propri strumenti urbanistici alle direttive adottate dal piano del Parco

41 La stessa legge istitutiva assegna i compiti per la realizzazione degli intenti stabiliti al Piano Territoriale di Coordinamento (P.T.C.), per la redazione del quale fu incaricato nel 1983 un gruppo di architetti che, in 2 anni, produsse l’elaborato richiesto: il P.T.C., anche noto col nome di “Piano Cervellati”, venne così pubblicato nel 1985 e, fin dalla sua prima apparizione, dette luogo ad una serie di polemiche di tale portata da rendere impossibile l’approvazione da parte del Consorzio del Parco entro i termini previsti dalla legge, con il risultato che il compito di redigere il P.T.C. definitivo passò nelle mani della Regione Toscana.

42 A suscitare le maggiori polemiche che investirono il “Piano Cervellati” furono soprattutto le proposte in esso contenute di ripristino delle condizioni naturali nel territorio del Parco da attuarsi anche tramite il riallagamento artificiale di vaste aree, originariamente paludose e successivamente recuperate alla coltura mediante opere di bonifica. Giudicando in modo pesantemente negativo le grandi opere di bonifica portate avanti nei decenni a cavallo fra Ottocento e Novecento, colpevoli di aver creato “vere e proprie sottrazioni, autentiche alterazioni, che in nome di un presunto sviluppo dell’attività agricola hanno omologato la zona umida alle zone agricole in essere in quegli anni”, il “Piano Cervellati” giunge ad auspicare un vero e proprio “ritorno dell’acqua” come elemento dominante del territorio del Parco e questo anche attraverso il riallagamento artificiale di vaste aree bonificate, oltre 1.500 ha comprendenti soprattutto terreni coltivati nei pressi del Lago, nei boschi di Migliarino e del Tombolo, nella zona di Coltano.

43 IL PARCO DELLE ACQUE L’acqua è sempre stata in questa zona la componente dominante: esprime l’identità del luogo e rappresenta la sua peculiarità. «… Le zone bonificate, al pari di quelle disboscate, non offrono alcuna attrattiva giacchè la loro trasformazione è avvenuta solo all’insegna dello sfruttamento e pertanto debbono ritornare a mostrare il loro “carattere” originario con semplici e appropriati interventi di restauro/ripristino ambientale. Riallargare, ad esempio, anche parzialmente le zone prosciugate tangenti al lago di Massaciuccoli, significa riportare al suo valore di zona umida una delle componenti salienti del Parco…» P. L. Cervellati >>Circuiti navigabili.

44 Dopo un lavoro lungo e difficoltoso, fatto soprattutto di mediazioni e conciliazioni, a fine agosto del 1987 la Giunta Regionale adottò il nuovo P.T.C., fondamentalmente in linea con quanto progettato dal contestato “Piano Cervellati”; dopo un’altrettanto lunga fase di osservazioni e valutazioni da parte sia dei soggetti pubblici che di privati cittadini, si arrivò finalmente nel dicembre del 1989 alla definitiva approvazione da parte del Consiglio Regionale del Piano Territoriale di Coordinamento che tutt’oggi costituisce lo strumento territoriale alla base della gestione del Parco Naturale. Quindi, il P.T.C. approvato dalla Regione ricalca sostanzialmente quelle che sono le principali linee del “Piano Cervellati” del 1985, con alcune modifiche riguardanti soprattutto i confini dell’area protetta, la zonizzazione interna del Parco e l’estensione delle aree destinate al riallagamento, decisamente ridotta rispetto al progetto originario.

45 Riguardo alla questione dei discussi riallagamenti da attuare in molte zone del Parco: se infatti è vero che il Consiglio Regionale della Toscana nell’approvare il P.T.C. definitivo ha ripreso la filosofia del riallagamento espressa dal “Piano Cervellati” e il concetto di restauro e ripristino ambientale che sta a monte del riallagamento, d’altro canto nel P.T.C. del 1989 risulta che le aree destinate ad essere riallargate sono state ridotte a poco meno di 1.200 ha (contro gli oltre 1.500 primitivi) e che soprattutto, come si legge nella Deliberazione di approvazione del P.T.C. stesso (Art. 6, comma 8), “il perimetro delle zone di riallagamento, individuato nelle tavole di Piano, deve considerarsi indicativo; solo alla scala e nel dettaglio dei progetti, sarà possibile definire l’esatta conformazione e dimensione delle zone da sottoporre ad intervento, assieme ai tempi e ai modi di realizzazione e di gestione, collegati alla disponibilità delle aree”.

46 Il P.T.C. adotta un’organizzazione territoriale del Parco basata sull’articolazione in sette distinti comparti, corrispondenti ad altrettante Tenute o Fattorie storiche considerate dai progettisti come veri e propri “microcosmi separati, che hanno consentito lo sviluppo di proprie vicende storiche determinate dalla natura dei luoghi, dalle scelte produttive, dagli interventi per la realizzazione di percorsi, da opere di drenaggio o di altra natura idraulica, da manufatti edili…”, che ancora oggi “presentano caratteristiche geomorfologiche omogenee e paesaggisticamente consolidate”. Di conseguenza il territorio del Parco è dato dalla somma delle sette Tenute o comparti individuati in pratica sulla base del Catasto Leopoldino, con l’aggiunta di alcune aree come le zone umide intorno al Lago di Massaciuccoli o alcuni lembi di litorale nella zona del Tombolo.

47 Importante è sottolineare come l’esperienza del Parco di Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli nasce con un’intuizione veramente innovativa per quegli anni: un Parco che presenta sì una propria coerenza di biotopi ed ambienti naturali, ma che nasce anche (e soprattutto) sulla base della storia, anzi, delle storie (anche profondamente diverse tra loro) del proprio territorio e che fa di questa sua evoluzione nel tempo una sua caratteristica essenziale. È un’idea nuova, mai adottata per un’area di dimensioni simili. Ecco come, all’interno del Parco, storia e territorio sono strettamente legati tra loro.

48 In virtù di queste scelte e soprattutto del principio per cui “le tenute e fattorie hanno rappresentato un contesto territoriale consolidato nel tempo, la cui perimetrazione non può essere modificata”, è stata rivista l’intera questione della delimitazione del Parco, che ha portato a far coincidere il limite della zona protetta con quelli individuati come confini storici delle sette Tenute: ciò ha creato delle modifiche assai importanti rispetto alla prima perimetrazione del 1979, per l’inclusione di nuove aree e l’esclusione di altre zone già interne al Parco ma non comprese nelle Tenute. A seguito di tali modifiche, il territorio del Parco Naturale è salito dai 21.220 ha originari ai 23.114 attuali.

49 Contemporaneamente è anche mutata la zonizzazione interna all’area protetta, che la legge istitutiva, come si è visto, articolava in tre diverse tipologie di destinazione di uso e di vincoli: attualmente il P.T.C. vigente suddivide il territorio del Parco in due sole zone ZONE INTERNE Le aree interne si estendono per 14.244 ha e sono sottoposte alla diretta e immediata gestione dell’Ente Parco ZONE ESTERNE i comuni e le province devono ratificare le decisioni adottate dall’Ente: tali aree coprono una superficie di 8.870 ha, situati per lo più in coincidenza dei maggiori terreni coltivati, a nord del Lago, nell’entroterra di Migliarino e nell’intera tenuta di Coltano, e nella fascia di territorio compresa fra gli abitati di Marina di Pisa-Tirrenia e il retrostante bosco; non ci sono sostanziali differenze di vincolo e di gestione rispetto a quanto accade nelle aree interne, se si eccettua la possibilità di esercizio di una limitata attività venatoria

50 Il P.T.C., inoltre, individua all’interno del Parco 15 Aree a Riserva Naturale, in zone di particolare ed elevato valore faunistico o vegetazionale, estese per un totale di 2.248 ha nei quali è prevista la massima tutela ambientale e la salvaguardia totale delle caratteristiche esistenti.

51 Con l’entrata in vigore del Piano Territoriale di Coordinamento del Parco a fine 1989, è iniziato il momento di gestione vera e propria dell’area protetta: la legge istitutiva del 1979 stabilisce che l’effettiva attuazione delle indicazioni espresse dal P.T.C. deve avvenire attraverso l’adozione di regolamenti di uso del territorio e Piani di Gestione aventi carattere di piani particolareggiati. Il campo di operatività di ciascun Piano di Gestione deve riguardare almeno il territorio di una delle sette Tenute o comparti in cui il Parco si articola. L’adozione dei piani di gestione spetta all’assemblea consortile del Parco ma tali piani possono essere anche proposti da province e comuni interessati: l’ultima parola spetta comunque all’Autorità Regionale.

52 Negli anni successivi è iniziata la stesura dei vari Piani di Gestione delle Tenute:  Piano di Gestione delle Tenute di Tombolo e Coltano, proposto a seguito di intese dal Comune di Pisa e approvato dal Parco il 31 dicembre 1994  Piano di Gestione della Tenuta Borbone e Macchia Lucchese, approvato il 20 marzo 1996  Piano di Gestione della Tenuta di Migliarino (comprendente anche la Fattoria di Vecchiano), approvato il 24 dicembre 1997  Piano di Gestione della Tenuta di San Rossore e al Padule Settentrionale di Massaciuccoli comprendente lo stesso specchio lacustre, approvati il 13 aprile 1999  2° Piano di Gestione delle Tenute di Tombolo e Coltano, approvato il 10 maggio 2002 Nel frattempo la Legge Regionale n. 24 del 16 marzo 1994 ha soppresso il Consorzio del Parco istituendo l’Ente Parco Regionale che, nel luglio dello stesso anno, ha adottato il proprio Statuto, approvato dal Consiglio Regionale della Toscana il 25 ottobre 1994, con la Deliberazione n. 470.

53 L’istituzione dell’Ente Parco è stata successiva alla riforma delle Autonomie Locali, avvenuta con Legge n° 142/1990; questa legge aveva come obiettivo una maggiore autonomia normativa, organizzativa e amministrativa degli enti locali. Sulla scia di queste riforme la Regione Toscana ha istituito un Ente (cioè una persona giuridica pubblica, titolare di situazioni giuridiche), che, pur mantenendo una azione di controllo regionale, gestisse e amministrasse autonomamente il territorio di riferimento, con il coinvolgimento degli Enti territoriali interessati. Gli indici di riconoscimento di un Ente di diritto pubblico nell’esperienza di questo Ente Parco sono i seguenti: costituzione ad iniziativa pubblica (legge regionale) ‏ un sistema di controlli (statali e regionali) ingerenza dello Stato e di altre amministrazioni nella nomina dei Dirigenti un finanziamento pubblico istituzionale La normativa di riferimento applicabile all’Ente Parco, per analogia, è pertanto quella delle autonomie locali.

54 ORGANI AMMINISTRATIVI il Presidente il Consiglio Direttivo (10 membri di cui 3 nominati rispettivamente da: associazioni ambientaliste, Università Toscane, Associazioni di Categoria) la Comunità del Parco il Collegio dei Revisori Secondo lo Statuto l’Ente Parco, che ha la propria sede nel comune di Pisa, annovera fra i propri organi ORGANI TECNICO-CONSULTIVI Comitato Scientifico (nominato dal Consiglio Direttivo)‏ la Comunità del Parco (composta dai Sindaci dei comuni e dai Presidenti delle province interessate dal Parco)‏ Il Presidente, inoltre, nomina un Direttore, cui spetta l’effettiva gestione finanziaria, tecnica ed amministrativa dell’Ente.

55 La più recente vicenda che ha interessato l’assetto strutturale e istituzionale del Parco è stata quella relativa al passaggio di gestione prima e di proprietà poi della Tenuta Presidenziale di San Rossore, estesa per circa 4.800 ha all’interno dei confini del Parco Naturale fra i corsi dell’Arno e del Serchio: questo ampio territorio prevalentemente a bosco e praterie, era stato assegnato al Demanio nel 1957 alla proprietà della Presidenza della Repubblica che vi attuava una propria autonoma gestione nella quale ben poco entravano le amministrazioni locali e, dopo il 1979, il Parco stesso.

56 Fortunatamente, in anni recenti, la situazione ha iniziato a cambiare, andando in direzione di una netta integrazione gestionale e istituzionale della Tenuta all’interno del più ampio contesto territoriale tutelato dal Parco: a seguito di una convenzione fra la Presidenza della Repubblica e la Regione Toscana stipulata il 29 dicembre 1995, così, la gestione della Tenuta è stata concessa per un periodo di 10 anni rinnovabili alla Regione Toscana, in considerazione del fatto che essa è inserita nel territorio del Parco Naturale e che, per la tutela delle caratteristiche ambientali e di straordinario pregio in essa racchiuse, “è avvertita l’esigenza di affidare la gestione della Tenuta, che investe contenuti così rilevanti, complessi e delicati, ad una struttura che faccia capo ad una istituzione operante sul territorio e che racchiuda competenze, esperienze, professionalità in materia di tutela dell’ambiente e del paesaggio”.

57 Successivamente la Regione Toscana, con la Legge n. 31 del 29 aprile 1996, ha provveduto a disciplinare l’effettiva gestione della Tenuta, che è stata affidata ad un apposito ufficio regionale guidato da un commissario alle dirette dipendenze della Giunta Regionale. L’ultimo atto giuridico riguardante la Tenuta è dato dal definitivo passaggio di proprietà della stessa alla Regione in vigore da 1 gennaio 1999, come deciso con legge nazionale nell’aprile dello stesso anno. Torna all’indice

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