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LE TERORIE SULLA ORGANIZZAZIONE AZIENDALE

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Presentazione sul tema: "LE TERORIE SULLA ORGANIZZAZIONE AZIENDALE"— Transcript della presentazione:

1 LE TERORIE SULLA ORGANIZZAZIONE AZIENDALE

2 LE ORIGINI DELLA TEORIA DELL’ORGANIZZAZIONE AZIENDALE
L’azienda è: Un insieme di persone UOMINI RUOLI Che svolgono un’attività Usando degli strumenti STRUTTURE Per raggiungere uno scopo comune OBIETTIVI Unendo gli sforzi di più persone si possono raggiungere risultati impossibili per il singolo. E’necessario individuare relazioni ottimali tra uomini e uomini e tra uomini e macchine NASCONO LE TEORIE SULL’ORGANIZZAZIONE AZIENDALE

3 LE ORIGINI DELLA TEORIA DELL’ORGANIZZAZIONE AZIENDALE
Con la rivoluzione industriale i problemi organizzativi diventano fondamentali in quanto l’industria concentra ingenti investimenti economici in macchine ed uomini coordinamento e controllo Nascono problemi di: Divisione dei compiti Divisione gerarchica del lavoro e del potere Diventa quindi urgente studiare la forma migliore di coordinamento tra uomini e mezzi Nascono le teorie sull’organizzazione aziendale

4 LA DIVISIONE DEL LAVORO
Con l’affermarsi del sistema industriale i maggiori problemi riguardano la divisione del lavoro Osserva che la produttività di un operaio aumenta con la suddivisione del lavoro e quindi con la SPECIALIZZAZIONE ADAM SMITH Analizza i vantaggi delle divisione del lavoro: Riduzione dei tempi per apprendere il lavoro e dei materiali sprecati Maggiore abilità acquisita ripetendo lo stesso lavoro Maggiore attenzione all’utilizzo del strumenti di lavoro CHARLES BABBAGE

5 LA DIVISIONE DEL LAVORO
Pone l’attenzione sulla meccanizzazione del sistema produttivo E del comportamento della forza lavoro nel suo complesso. Il problema non è inventare nuovi macchinari indipendenti, ma integrare i vari macchinari ed addestrare gli uomini al loro utilizzo con nuove abitudini di lavoro ANDREW URE Pone l’attenzione sull’insieme di macchine tra loro coordinate e la loro combinazione con gli operai L’operaio tende a diventare parte della macchina BISOGNA RIDURRE GLI ASPETTI NEGATIVI DELLA DIVISIONE DEL LAVORO CARLO MARX

6 L’ORGANIZZAZIONE SCIENTIFICA DEL LAVORO
Il XX secolo è caratterizzato da nuove scoperte scientifiche e dalla produzione di massa: aumentano le macchine in azienda ed aumenta il numero di operai che devono lavorare con le macchine: diventa fondamentale studiare l’organizzazione uomo -macchina Nasce la teoria sull’organizzazione scientifica del lavoro elaborata da Taylor

7 LA SCUOLA CLASSICA: Taylor e la direzione scientifica del lavoro
Siamo nel sistema produttivo americano dei primi del ‘900 L’obiettivo di Taylor era AUMENTARE L’EFFICIENZA E LA PRODUTTIVITA’ DEL SISTEMA Si puntò sulla RAZIONALIZZAZIONE dei metodi produttivi al fine di aumentarne la produttività. Fino al allora i capi reparto e gli stessi operai dovevano occuparsi di vari compiti: preparare il lavoro, procurarsi gli attrezzi, manutenere gli impianti: SI DISPERDEVA IL TEMPO IN MOLTEPLICI ATTIVITA’ TAYLOR PROPOSE DI SEPARARE NETTAMENTE LA PRODUZIONE DALLA DIREZIONE DEL LAVORO: i lavoratori dovevano solo eseguire i compiti loro assegnati dalla direzione Era quindi necessario scomporre il lavoro esecutivo in modo molto capillare così che ogni operaio, grazie all’esperienza, potesse svolgere in modo perfetto e velocissimo una sola operazione. Si iniziarono a misurare i tempi di produzione e a definire gli standard di rendimento Attraverso il sistema del COTTIMO si introdusse IL MECCANISMO DELL’INCENTIVO ECONOMICO come sistema di controllo: ERA MEGLIO RICOMPENSARE PIUTTOSTO CHE MINACCIARE

8 LA SCUOLA CLASSICA: Taylor e la direzione scientifica del lavoro
LA CATENA DEI PRINCIPI DI TAYLOR Separare la direzione (pianificazione, organizzazione e controllo) dall’esecuzione Studiare il metodo migliore per eseguire il lavoro (one best way) Standardizzare tutte le operazioni in azioni semplici (parcellizzazione) con lo studio dei tempi, dei metodi e dei movimenti Selezionare e addestrare i lavoratori alla standardizzazione Incentivare i lavoratori con compensi monetari proporzionali al loro volume di produzione

9 LA SCUOLA CLASSICA: Taylor e la direzione scientifica del lavoro
VANTAGGI USCIRE DALLO SPONTANEISMO ORGANIZZATIVO ANNIENTARE LA COMPONENETE UMANA UNICO INCENTIVO LA MOTIVAZIONE ECONOMICA SEPARARE IL LAVORO INTELLETTUALE DA QUELLO ESECUTIVO SVANTAGGI

10 QUALSIASI COLORE PURCHE’ NERO!!
FORD MODELLO T 1929 QUALSIASI COLORE PURCHE’ NERO!!

11 L’ORGANIZZAZIONE FUNZIONALE: Fayol e la teoria generale della direzione
Fayol isola la funzione direttiva da tutte le altre funzioni gestionali In qualsiasi impresa sono sempre presenti 6 funzioni Operazioni tecniche (produzione, trasformazione, fabbricaizione) Operazioni commerciali (acquisto, vendita, scambi) Operazioni finanziarie (ricerca e gestione dei capitali) Operazioni di sicurezza (protezione dei beni e del personale) Operazioni di contabilità (inventari, bilanci, costi statistiche, ecc.) Operazioni direttive (programmazione, organizzazione, comando, coordinamento e controllo)

12 L’ORGANIZZAZIONE FUNZIONALE: Fayol e la teoria generale della direzione
Per la I° volta viene introdotto il concetto di organo di “staff” contrapposto agli organi di “line” Nelle grandi aziende la direzione ha bisogno di organi specializzati a cui affidare specifici incarichi: STAFF Si teorizza il modello ancora oggi più in uso nella aziende: “LINE AND STAFF”

13 L’HUMAN RELATIONS: Mayo e la teoria generale delle relazioni umane
Le teorie esaminate non riuscivano a spiegare perché la soddisfazione dei lavoratori, e quindi la loro produttività fosse indipendente dal benessere economico raggiunto e quindi dagli incentivi erogati Nel 1927 Elton Mayo effettuò uno studio negli stabilimenti della Western eletric company e si accorse della profonda insoddisfazione dei dipendenti nonostante i numerosi incentivi economici Si evidenziò che oltre alle condizioni ambientali erano fondamentali i rapporti umani che si instauravano nell’organizzazione non solo a livello formale, ma soprattutto a livello informale L’insoddisfazione dei dipendenti era causata dall’eccessiva rigidità ed impersonalità dei rapporti con la direzione e che il lavoro veniva organizzato in funzione delle macchine a cui i lavoratori dovevano adattarsi Un miglioramento dell’umore dei lavoratori, e della loro produttività lo si ottenne dando loro la possibilità di esprimere le proprie esigenze

14 L’HUMAN RELATIONS: Mayo e la teoria generale delle relazioni umane
Si approfondì la conoscenza delle motivazioni individuali confermando che esse non si fermano alla sola ricerca del guadagno, ma che accanto a motivazioni di carattere razionale esistono anche motivazioni di carattere emotivo Si comprese l’importanza sia delle condizioni ambientali ed organizzativa, ma anche dei rapporti umani soprattutto di quelli che si instaurano a livello informale Si comprese anche che accanto alle strutture organizzative ufficiali esistono anche dei raggruppamenti spontanei che esercitano un’importante influenza sul clima aziendale e che influenzano fortemente la produttività Per cui accanto ai capi eletti gerarchicamente esistono anche leader eletti spontaneamente dai gruppi Si percepì che l’autorità assegnata dalla struttura organizzativa non è efficace se rimane un fatto formale e non viene condivisa, accettata e considerata utile dal gruppo L’autorità non deve farsi accettare con le minacce di sanzioni o con le promesse di ricompense, ma con la persuasione dei lavoratori e la condivisione delle finalità

15 L’HUMAN RELATIONS: Mayo e la teoria generale delle relazioni umane
Il coinvolgimento dei lavoratori e la loro partecipazione ad attività non esecutive porta da un miglioramento del morale Maggiore accettazione dell’autorità formale e migliori risultati produttivi

16 L’HUMAN RELATIONS: Mayo e la teoria generale delle relazioni umane
La teoria delle relazioni umane, con il suo approccio informale, non riuscì a formulare precisi orientamenti comportamentali a cui i managers dovevano attenersi, pertanto si tradusse in notevole inefficienza. Numerosi furono i tentativi di cercare mezzi per persuadere i lavoratori ed influenzarne la loro produttività Si affermarono anche tecniche (di carattere manipolativo ed eticamente dubbie) di dare ai lavoratori la sensazione di partecipare al processo decisionale senza che però questo avvenisse effettivamente La tecnica della manipolazione si rivelò utile nel breve periodo, ma assolutamente inefficace nel medio termine ingenerando una notevole sfiducia dei lavoratori verso i propri capi

17 L’HUMAN RELATIONS: Mayo e la teoria generale delle relazioni umane
L’organizzazione aziendale è ancora vista come un’entità predefinita, ma il rapporto tra uomo ed organizzazione diventa un problema di relazioni interpersonali Si comincia a parlare di formazione del personale e di comunicazione persuasiva

18 LA SCUOLA DELLE RISORSE UMANE: le teorie di McGregor
McGregor affronta il problema del controllo sul lavoro riprendendo la teoria tradizionale secondo cui l’autorità è uno strumento fondamentale per il controllo direzionale LE STRUTTURE ORGANIZZATIVE SONO GERARCHIE COLLEGATE AI RAPPORTI DI AUTORITA’ Ma McGregor sottolinea come l’autorità è solo una delle possibili forme di controllo: si parte dalla COERCIZIONE FISICA, si passa alla PERSUASIONE (molto comune nel campo delle vendite) per arrivare alla AUTORITA’ DELLA COMPETENZA (come tra medico e paziente) Nessun metodo ha un valore assoluto, ma affinchè l’autorità funzioni è necessario che chi la subisce vede in chi la esercita lo strumento per raggiungere i suoi obiettivi e soddisfare i suoi bisogni Secondo questa teoria l’autorità va rinforzata attraverso la minaccia di una punizione e non con la promessa di un premio (es organizzazione militare)

19 LA SCUOLA DELLE RISORSE UMANE: McGregor e la teoria X
McGregor nella teoria X spiega perché la teoria tradizionale è così diffusa: L’individuo medio ha una avversione naturale al lavoro Per questo motivo la maggior parte delle persone deve essere guidata e controllata e minacciata di punizione poiché l’avversità al lavoro è tanto forte che neppure la promessa di incentivi è sufficiente L’individuo medio preferisce essere diretto, evitare la responsabilità LA MEDIOCRITA’ DELLE MASSE

20 LA SCUOLA DELLE RISORSE UMANE: McGregor e la teoria X
La teoria X scambia la causa con gli effetti: Si attribuisce alla natura umana una intrinseca passività, da qui la necessità di ricorrere a forme di controllo autoritario In realtà i comportamenti di passività sono dovuti all’impossibilità di esprimersi, L’atteggiamento autoritario del manager è una concausa della MEDIOCRITA’ DELLE MASSE

21 LA TEORIA MOTIVAZIONALE
Questa teoria nasce dallo studio e dalla catalogazione dei bisogni umani Ogni uomo ha una serie di bisogni che vanno dai più elementari ai più complessi, appena si soddisfano i bisogni più bassi sorgono bisogni di ordine superiore ed incentivare i bisogni già soddisfatti non è di stimolo

22 Questa scala di bisogni è suddivisa in cinque differenti livelli, dai più elementari (necessari alla sopravvivenza dell'individuo) ai più complessi (di carattere sociale), l'individuo si realizza passando per i vari stadi, i quali devono essere soddisfatti in modo progressivo. Questa scala è internazionalmente conosciuta come "La piramide di Maslow". I livelli di bisogno concepiti sono: 1. Bisogni fisiologici (fame, sete, ecc.)la sua mancata soddisfazione annulla tutti gli altri bisogni; 2. Bisogni di salvezza, sicurezza e protezione è particolarmente importante in azienda; 3. Bisogni di appartenenza (affetto, identificazione)amicizia; 4. Bisogni di auto stima, di prestigio, di successo di fiducia in se stesso; 5. Bisogni di etero stima, di riconoscimento e di stima da parte del gruppo

23 LA SCUOLA DELLE RISORSE UMANE: McGregor e la teoria Y
Dagli anni ’30 (elaborazione teoria X agli anni ’60 (elaborazione teoria Y) sono cambiate molte cose nell’organizzazione aziendale soprattutto grazie al contributo dei sindacati che sono passati da un “Approccio duro” da un “approccio morbido” al management Si è giunti alla conclusione che il buon funzionamento di un’organizzazione non dipende dall’eliminazione dei conflitti, ne la pace aziendale è sinonimo di buona organizzazione Con la teoria Y si ribaltano gli assiomi propri della teoria X che teorizzava la MEDIOCRITA’ DELLE MASSE

24 LA SCUOLA DELLE RISORSE UMANE: McGregor e la teoria Y
I CARDINI DELLA TEORIA Y Il lavoro è per l’uomo un fatto naturale, l’individuo medio ama lavorare e può trovare nel lavoro fonte di soddisfazione La minaccia di punizione non è il solo mezzo per raggiungere gli scopi aziendali, attraverso il coinvolgimento è possibile esercitare una forma di autocontrollo Il raggiungimento degli obiettivi aziendali è in funzione delle soddisfazioni che si ottengono raggiungendoli L’individuo medio apprende ad accettare la responsabilità Nelle persone è molto diffusa la capacità di trovare soluzioni creative ai problemi di organizzazione Attualmente le potenzialità organizzative dei lavoratori sono solo parzialmente utilizzate

25 LA SCUOLA DELLE RISORSE UMANE: McGregor e la teoria Y
Quanto detto implica una costante attività di formazione per i capi per imparare a coinvolgere e motivare i propri collaboratori (“leadership motivazionale” e “leadership situazionale” ) Secondo la teoria Y se il dipendente è pigro la causa è la cattiva organizzazione LA PARTECIPAZIONE DEI LAVORATORI ALLE DECISIONI AZIENDALI CREA UN ALLARGAMENTO DELLA BASE GESTIONALE ED UN MIGLIORAMENTO DELLE DECISIONI E DEL CONTROLLO SI CREA UN MIGLIORAMNTO DEL MORALE DEL PERSONALE UN MIGLIORAMENTO DEI RISULTATI PRODUTTIVI

26 LA SCUOLA DELLE RISORSE UMANE: McGregor e la teoria Y
L’uomo torna al centro del processo organizzativo, non come semplice fattore produttivo

27 LA SCUOLA SISTEMICA "sistema" insieme di oggetti o di persone collegati tra di loro e tra loro interdipendenti. Ogni azienda è un sistema che interagisce con l’esterno Non vi sono modelli organizzativi ottimali, ma ogni modello deve adattare le sue strategie all’ambiente esterno

28 LA SCUOLA SISTEMICA L’efficacia di un’organizzazione non dipende dalla sua struttura e dai suoi uomini, ma dalla coerenza del sistema Ogni sistema organizzativo, per essere efficiente, deve adattare le sue strategie all’ambiente esterno.

29 LA SCUOLA SISTEMICA Ambiente esterno mercati tecnologie
Variabili razionali Strategie obiettivi strutture persone comportamenti Sistemi di comunicazione Sistema premiante Variabili sociali

30 LA SCUOLA SISTEMICA Insieme dei fini dell’organizzazione
Strategie obiettivi strutture Disegno organizzativo, accentramento/decentramento, ruoli, job design (compito risultato) Sistemi di comunicazione Procedure, sistema informatico, strumenti di comunicazione interna, Competenze, formazione, motivazione di base, valori persone Rapporti orizzontali, conflitti, lavoro di gruppo, rapporti verticali, stile di management,rischi, ecc comportamenti Criteri di valutazione dei meriti, promozione, sviluppo, incentivazione, apprezzamento da parte dell’ambiente Sistema premiante

31 LA SCUOLA SISTEMICA Il sistema prevede l’interazioni di variabili diverse tutte legate all’ambiente esterno Le strutture avranno caratteristiche di funzionalità, verticismo ed accentramento Gli strumenti operativi saranno di breve termine ed a supporto di decisioni prese gerarchicamente STRATEGIE DI TIPO CONSERVATIVO Gli uomini avranno elevata competenza specialistica , individualisti, con scarsa capacità di ascolto verso i collaboratori Il sistema premiante privilegerà anzianità, fedeltà, atteggiamenti conservativi

32 LA SCUOLA SISTEMICA Il sistema prevede l’interazioni di variabili diverse tutte legate all’ambiente esterno Le strutture un modello divisionale con decentramenti orizzontali Il sistema informativo tenderà a diffondere l’informazione a supporto dei processi direzionali STRATEGIE DI TIPO INNOVATIVO Tenderanno a privilegiarsi decisioni di medio lungo termine con notevoli processi decisionali di tipo orizzontale Gli uomini avranno una competenza più manageriale

33 LA SCUOLA SISTEMICA Il sistema prevede l’interazioni di variabili diverse tutte legate all’ambiente esterno Gli sviluppi di carriera saranno basti sulla mobilità e la diversificazione delle esperienze Le motivazioni ed il sistema premiante sarà legato al raggiungimento degli obiettivi STRATEGIE DI TIPO INNOVATIVO I dipendenti saranno più capaci di iniziativa autonoma I comportamenti privilegeranno i risultati globali e l’orientamento al futuro La formazione assume un ruolo strategico in quanto è lo strumento per guidare al cambiamento

34 I MODELLI DELLA CULTRUA ORGANIZZATIVA
I modelli culturali di un’organizzazione si possono dividere in relazione al comportamento rispetto a due variabili: PROCESSO DECISIONALE : che passa dal modello gerarchico a modello delle competenze IL MODO DI LAVORARE: passando dal lavoro per compiti a quello per obiettivi

35 I MODELLI DELLA CULTRUA ORGANIZZATIVA
competenza Mercato esterno stabile, ma cambia la tecnologia Cambiamento del mercato Modello professionale manageriale Modello tecnocratico Compiti procedure Risultati obiettivi Modello burocratico Chiesa, partiti politici Mercato esterno stabile gerarchia

36 I MODELLI DELLA CULTRUA ORGANIZZATIVA
Il modello burocratico è utilizzato in un ambiente particolarmente stabile in sui sono assenti novità tecnologiche, sociali e di mercato I rapporti decisionali sono incentrati sulla gerarchia e le responsabilità riguardano il rispetto delle procedure MODELLO BUROCRATICO Le variabili sono prevedibili e quindi per la soluzione dei problemi và applicata una procedura Fondamentale è il rispetto dei compiti e dei ruoli e la gerarchia ho il compito di assicurare che la procedura venga correttamente applicata

37 I MODELLI DELLA CULTRUA ORGANIZZATIVA
Questo modello si applica in un ambiente in cui la flessibilità si trova solo nel cambiamento tecnologico e non anche nel mercato MODELLO TECNOCRATICO I modelli decisionali sono basti sulle competenze specifiche La formazione ha valenza soprattutto tecnica e punta sulle valenze specialistiche

38 I MODELLI DELLA CULTRUA ORGANIZZATIVA
Questo modello si applica in un ambiente globalmente flessibile sia come orientamento del mercato sia come variabile tecnologica L’organizzazione è basata sulle competenze e sulla responsabilità MODELLO MANAGERIALE Non è possibile prefissare la soluzione dei problemi che invece va ricercata di volta in volta Il lavoro è fortemente orientato agli obiettivi ed ai risultati globali da raggiungere Il responsabile assume la veste di un “Libero professionista” che riceve l’obiettivo - risultato da raggiungere, ma poi individua autonomamente la strada La formazione punta a nuove metodologie di lavoro (team working, negoziazione, ecc. e allo sviluppo delle capacità individuali


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