La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

IL FAMIGLIARE – CAP 1 – FORME FAMILIARI E IDENTITÀ DEL FAMIGLIARE

Presentazioni simili


Presentazione sul tema: "IL FAMIGLIARE – CAP 1 – FORME FAMILIARI E IDENTITÀ DEL FAMIGLIARE"— Transcript della presentazione:

1 IL FAMIGLIARE – CAP 1 – FORME FAMILIARI E IDENTITÀ DEL FAMIGLIARE
Definizioni della famiglia Lévi Strauss: “l’unione durevole, socialmente approvata, di un uomo e di una donna e dei loro figli” forma sociale primaria, in quanto luogo che garantisce il processo generativo da un punto di vista biologico, psicologico, sociale e culturale ingroup primario, permette quindi di rappresentarsi per differenza anche l’outgroup, ovvero il sociale la specificità della famiglia consiste nel fatto che essa organizza relazioni primarie che connettono e legano le differenze cruciali della natura umana: la differenza di genere e la differenza di generazioni; essa ha come obiettivo e progetto intrinseco la generatività, ovvero dà luogo ad un bene relazionale (le nuove generazioni e la loro educazione) essenziale per la comunità umana l’asse relazionale coniugale si basa sulla differenza fra generi e (attualmente) non dà luogo ad una gerarchia ma ad un patto di reciprocità l’asse relazionale parentale-filiale si basa sulla differenza di generazione e la responsabilità di quella che precede verso quella che segue, in esso è cruciale il riconoscimento dei figli, dà luogo ad una gerarchia, il carattere simbolico-culturale che la generatività riveste per l’uomo (il fatto generativo è teso alla continuazione non solo della specie ma anche e soprattutto della storia familiare e sociale) fa sì che negli esseri umani la relazione parentale-filiale sia una relazione intergenerazionale lunga; il legame generativo è quindi da intendersi nella duplice valenza dell’essere generati (le radici proprie e della famiglia nel passato, gli antenati) e del generare (la proiezione propria e della famiglia nel futuro), esso riattualizza (= rende di nuovo vivo) il legame fra i vivi e i morti infine la terza differenza che le relazioni familiari connettono è la differenza di stirpi, rappresentate dalle famiglie di origine della coppia: questo 3° tipo di legame, molto importante in passato (storicamente proprio su di esso spesso si fondava il matrimonio e quindi la famiglia), è stato oscurato nel XX secolo dall’accento posto sulla dimensione privata, affettiva della coppia; oggi nella società multietnica ritorna ad avere visibilità La famiglia nella storia società primitive o semplici: la famiglia ha confini indefiniti, è assorbita dentro la parentela, a sua volta strutturata entro sistemi tribali società premoderne (Grecia, Roma): nucleo familiare meglio identificato in quanto coincide con la casa, legame di parentela fondato su autorità patriarcale e discendenza patrilineare dal tardo Medioevo: Europa del Sud, dove lo stato è meno forte: prevale la “grande famiglia” mediterranea, Europa del Nord: famiglia nucleare , prima modernità, si attesta la società borghese: separazione tra economia domestica e economia dell’impresa familiare, le unità familiari si privatizzano e competono sul mercato come gruppo acquistivo di prima accumulazione capitalistica, orientato al successo economico e alla mobilità sociale ascendente → famiglia acquisitiva; alla famiglia borghese fa da contraltare quella proletaria, che da essa dipende per la propria sopravvivenza 900: diffusione del welfare state, consolidamento del modello industriale basato sulle grandi organizzazioni, affermazione del terziario, società dei consumi: la famiglia borghese evolve in forma “tecnocratico-manageriale”, attenua la sua connotazione acquisitiva e ne assume una privatistica ed espressiva era postindustriale, dissoluzione del welfare state: la famiglia si trasforma ulteriormente, diventando rete informale di servizi primari di vita quotidiana; l’intensità relazionale diventa un fattore cruciale di qualità di vita delle famiglie, ovvero le famiglie si diversificano in base all’ampiezza delle reti di relazioni in cui sono inserite, nonché alla capacità di accedere agli strumenti tecnologici in grado di ampliare e consolidare tali reti L’approccio relazionale-simbolico alla famiglia: relazionale è il punto di osservazione e comprensione dell’oggetto famiglia; simbolico definisce le categorie di senso fondamentali che qualificano il famigliare il paradigma relazionale permette il superamento sia del vecchio paradigma individualista, sia di quello sistemico che non tiene conto dell’agenticità individuale si pone come livello d’analisi sovraordinato rispetto a quello dell’approccio interazionista e costruttivista: la relazione è infatti ciò che lega, anche incosapevolmente, i soggetti tra loro, ovvero la loro specifica storia familiare a sua volta inserita nella sub-cultura di appartenenza, e delimita il campo delle interazioni e delle narrazioni possibili; ovvero, l’aspetto costruttivo -regno dell’interazione- è condizionato dai tipi e dalla qualità delle relazioni che si sono venute strutturando nella famiglia: la figura della relazione è verticale, e incide e influenza l’interazione che si dispone invece su un piano orizzontale (gli interazionisti invece direbbero che è la successione delle interazioni concrete a costruire la relazione.... ovvero siamo in area di uovo e gallina!) con il termine “storia familiare” si intendono sia le influenze che le generazioni precedenti hanno su quelle successive, sia le influenze che fasi precedenti del ciclo familiare (ad es il costituirsi del legame coniugale) hanno su quelle successive (l’evolversi del legame coniugale in legame genitoriale): a livello relazionale l’ambizione è quindi collegare fra loro le generazioni e connettere il passato con il presente e con il futuro la relazione familiare non è rilevabile direttamente (a differenza delle interazioni, che sono invece osservabili qui ed ora) ma si manifesta in particolare durante le transizioni o crisi. E’ in questi passaggi cruciali che emerge la struttura relazionale della famiglia con i suoi aspetti di forza (resilienza familiare) e di debolezza il livello relazionale è indagabile dando rilievo a tre dimensioni-chiave: la temporalità, ovvero il modo con cui le famiglie connettono passato, presente e futuro, la qualità dei legami che connettono i soggetti (legami tra coniugi, tra generazioni e tra famiglie di origine ovvero stirpi di appartenenza), e i valori, o visione del mondo, che sono propri della famiglia

2 IL FAMIGLIARE – SEGUE CAP 1
Il legame coniugale come crocevia della trasmissione intergenerazionale: il processo di distinzione della coppia la coppia coniugale-genitoriale è vista come sottosistema specifico della famiglia che svolge una funzione di mediazione generazionale cruciale attraverso un processo di differenziazione-distinzione (analogo a quello di individuazione nel campo dello sviluppo personale), la coppia e la nuova famiglia acquista la propria identità differenziandosi e distinguendosi dalle famiglie di origine, attuando un nuovo tipo di legame con esse e rilanciando il legame con la generazione successiva: il processo inizia con la costituzione della coppia, si consolida con il patto coniugale e ha uno snodo cruciale con la nascita dei figli è all’opera un processo generativo quando la coppia riconosce nella rete parentale una fonte identificatoria benefica dalla quale partire per differenziarsi la neocoppia si confronta con le famiglie di origine sia al livello della relazione coniugale, cioè come altra coppia coniugale, sia al livello della funzione genitoriale, cioè come altra coppia genitoriale: in entrambi gli ambiti la neocoppia è chiamata a costruire un proprio specifico stile relazionale a partire dalle modalità apprese e interiorizzate nelle famiglie d’origine, evitando sia la ripetizione, sia la rottura, a favore invece di una “continuità innovativa” Lo specifico della relazione familiare LEGAME INTERPERSONALE (tra coniugi e tra fratelli) LEGAME INTERGENERAZIONALE (tra famiglia d’origine e nuova famiglia, tra genitori e figli) LEGAME TRA STIRPI (transgenerazionale) LEGAME DI INTERMEDIAZIONE (tra famiglia e comunità) RELAZIONE Famiglia e comunità: scambio generativo e scambio degenerativo nello scambio fra generazioni familiari, la generatività (o degeneratività) della famiglia si estende nel sociale parallelamente il sociale è visto come frutto dello scambio fra generazioni sociali, che può seguire una logica generativa (riconoscimento reciproco) o degenerativa i due processi sono interdipendenti: lo scambio tra generazioni nelle famiglie influenza quello tra generazioni nella sociatà, e viceversa → es rapporto fra disoccupazione giovanile e tempi di permanenza in famiglia Il legame fraterno: creare legami unici il legame fraterno si costruisce a partire dal potenziale differenziante della famiglia, cioè dalla sua capacità di creare legami unici con ciascun nuovo nato e identità differenziate (analogia con l’attenzione all’ambiente non condiviso che maggiormente spiega le caratteristiche individuali) la matrice ideale del legame fraterno positivo è l’attribuzione di valore a ciascun figlio senza negarne le differenze rispetto agli altri - a queste variabili che chiamano in causa il ruolo dei genitori e delle generazioni precedenti nell’influenzare la relazione fra fratelli, vanno poi accoppiate anche le variabili personali, ovvero le modalità con cui i figli-fratelli si pongono rispetto alla matrice e gestiscono la relazione fra loro - infine anche il caso fa la differenza di tutti i legami familiari quello fraterno è quello che ha più lunga durata e, in età adulta, quello più aperto alla scelta-decisione personale perché, pur risentendo della storia familiare e dei suoi vincoli, in esso è meno forte l’aspetto di obbligo: gli allontanamenti fra fratelli sono tipicamente “distacchi revocabili”, soprattutto in caso di bisogno nell’età anziana anche la sola consapevolezza dell’esistenza di fratelli costituisce una risorsa di sicurezza L’asse simbolico (simbolo = struttura latente di senso che connette fra loro gli aspetti basilari delle relazioni familiari) Qualità simboliche della: * “caring of” & “caring about” Relazione Coniugale Relazione Genitoriale Relazione tra Stirpi POLO AFFETTIVO FIDUCIA SPERANZA DONO PATTO FIDUCIARIO CURA * RESPONSABILE CURA * DELLE EREDITA’ GIUSTIZIA LEALTA’ POLO ETICO DEBITO (positivo) Le transizioni familiari come epifania del relazionale sono i momenti in cui il relazionale si manifesta, viene agito, ritualizzato, quindi può essere colto e, se dà il caso, terapeuticamente compreso / indirizzato nella società attuale alcune transizioni (es nascite, morti, separazioni) mantengono ritualità/visibilità ed un carattere di “soglia”, altre (es transizione all’età adulta) sono “nascoste” e diluite nel tempo ogni transizione implica l’abbandono di uno stato precedente e il raggiungimento di uno nuovo: ha quindi un’obiettivo – concetto mutuato dai “compiti di sviluppo” (individuali) di Erikson necessità di tenere separato il processo di transizione, che per definizione c’è, dal suo obiettivo, che invece può essere più o meno raggiunto

3 IL FAMIGLIARE – CAP 6 – LA TRANSIZIONE DEL DIVORZIO
Obiettivo della transizione: sapere affrontare la fine del patto portando in salvo il legame → tenere viva la fiducia nel valore del legame (se “quel” legame è fallito è comunque valsa la pena di viverlo e vale la pena nella vita dare cura ed energia ai legami) e in se stessi come degni di legame Non un processo di conservazione ma un vero e proprio lavoro psichico di ricostruzione e revisione delle vicende del rapporto di coppia Ovvero affrontare la decisione di infrangere il patto risalendo alle origini del medesimo e alle modalità attraverso le quali è stato stipulato FRATTURA (riconoscimento di delusione e fine) LEGAME (ricerca di ciò che il patto ha dato ai partner) OBIETTIVO DELLA TRANSIZIONE: PORTARE IN SALVO IL LEGAME PROCESSO (ITINERARIO) DELLA TRANSIZIONE: Ritorno all’origine Riflessione sulla propria storia familiare e sul patto di coppia Rilancio del legame Nel corso del matrimonio la discordia è sostenuta dal bisogno di attaccare il legame e dalla ricerca, dolorosa e che diffonde dolore, del legame stesso (si odia il legame e si vive nell’inferno della sua mancanza). Se uno dei due parner riesce a recidere il legame, anche a seguito del divorzio si conferma la strategia dell’attacco al punto debole altrui per salvaguardare se stessi: far provare l’inferno in terra all’altro è la strategia comune. Maschi e e femmine utilizzano modalità differenti per affermare la stessa logica: il legame è maligno, da esso non può venire che il male e il male va riversato sull’altro. I figli entrano in tale dinamica (spesso utilizzati “contro” il partner) e sono avviluppati in una relazione desolante. Nel deprezzamento del patto dichiarato (dovuto all’angoscia relativa al legame) si ha la dominanza, anche a livello sociale, del registro emozionale e narcisistico. Basta l’attribuzione all’altro di qualche difetto o limite, o il sentore della noia incombente, perché il patto salti. Il divorzio viene conseguentemente vissuto come un annullamento del patto, nei confronti dei figli può prendere il sopravvento l’indifferenza generativa Tipologie di transizioni PATTO SEGRETO Impraticabile = area dell’anti-patto DESOLAZIONE ANNULLAMENTO discordia deprezzamento Patto segreto praticabile, patto dichiarato assunto Formale Fragile PATTO DICHIARATO La coppia da un lato ha essaurito il suo compito d’origine, dall’altro non è in grado né di rilanciare il patto, né di accettare la sua fine. Domina il sentimento del fallimento. Il senso del valore di sé riceve un grave attacco e l’altro diventa oggetto sia di odio, sia di imploranti richieste perché torni sui suoi passi. I figli vivono in una condizione di sospensione. Sono facilmente vissuti dai genitori come partner sostitutivi o come vittime da proteggere, o anche come fonte di pericolo (potrebbero a loro volta abbandonare e preferire il parner) crollo legame povertà legame LEGAME DISPERANTE ABBANDONO Sembrerebbe il tipo di transizione più benigna Rigido (no evoluzione da “io sposo questo in te” a “io sposo te”) = area del pericolo Compiti di sviluppo della coppia separata (dalla frattura del patto al rilancio della generatività) In quanto ex coniugi: trattare la fine del patto, elaborandola. Impegnarsi nella gestione del conflitto ridefinendo i confini coniugali e familiari In quanto genitori: legittimare l’altro, ovvero mettere in atto forme di collaborazione con l’ex coniuge per garantire l’esercizio della funzione genitoriale. Consentire al figlio l’accesso alle storie di entrambe le famiglie d’origine In quanto figli: realizzare un interscambio supportivo con le famiglie d’origine, non appiattirsi in una relazione esclusivamente filiale (regressione)

4 IL FAMIGLIARE – CAP 7 – LA FAMIGLIA ADOTTIVA (UNA TRANSIZIONE PER LEGITTIMAZIONE)
L’adozione nei secoli ha avuto funzione patrimoniale (diritto di eredità ai figli nati fuori del matrimonio, discendenza). A questa si è venuta affiancando nel XX secolo una funzione legittimante che garantisce al minore il legame affettivo di appartenenza alla famiglia adottiva → aspetto di “riparazione affettiva” in linea con l’attuale enfasi del codice materno su quello paterno Elementi generativi possono coesistere con altri riparativi (ferita narcisistica dell’infecondità), i problemi nascono quando questi ultimi prendono il sopravvento. Occorre che il “bisogno di un figlio” venga elaborato in “desiderio di un figlio”, che segnala la capacità di accogliere il bisogno del bambino in uno scambio proficuo. Obiettivo della transizione: costruire il patto adottivo → l’adozione trae la sue origine in una “doppia mancanza” ed ha successo nella misura in cui entrambe queste mancanze sono elaborate e incanalate in un comune patto generativo → reciprocità della “scelta” adottiva (adozione: dal latino optare) che si manifesta nello “scambio di doni”: i genitori adottivi offrono al bambino una famiglia, il bambino offre ai genitori la genitorialità e la continuità familiare. Il legame può essere ipotecato fin dall’inizio se i genitori non colgono la reciprocità dello scambio, e il figlio rimane imprigionato nella figura del debitore (“indebitamento distruttivo”) → equilibrio fra riconoscimento della differenza genetica, di stirpe e costruzione di una comune appartenenza familiare; rispetto al tema della differenza, centrale per la costruzione del patto adottivo, vi sono ai due poli opposti i rischi della negazione (equiparazione del figlio adottivo al figlio biologico, di fatto disconoscimento della sua identità) e dell’accentuazione (ostacolo all’integrazione del figlio adottivo nella storia familiare, da differente a diverso, estraneo, fino a poter arrivare all’espulsione) Coppia coniugale: Mancanza di paternità e maternità Bambino in stato di abbandono: Mancanza di famiglia OBIETTIVO DELLA TRANSIZIONE: COSTRUIRE IL PATTO ADOTTIVO Incastro di bisogni di due generazioni che dà luogo ad un progetto-impegno generativo DOPPIA MANCANZA PROCESSO (ITINERARIO) DELLA TRANSIZIONE: Dal riconoscimento della differenza (genetica, di stirpe) Alla costruzione della comune appartenenza familiare Tipologie di adozioni 1. Patto di riconoscimento e valorizzazione delle differenze l’adozione è entrata a far parte della storia familiare ed ha portato ricchezza per tutti libertà nell’esplicitare i sentimenti, positivi e negativi, ad essa connessi accoglienza “corale” dell’adottato adozione vissuta dai genitori come medium per trasmettere in avanti ciò che hanno ricevuto dalle famiglie d’origine (legame fra i vivi e i morti) 2. Patto di assimilazione reciproca bisogno di neutralizzare l’evento adottivo per l’alto grado di sentimenti negativi relativi alla differenza d’origine assimilazione del figlio adottivo al figlio biologico buona accoglienza dell’adottato da parte della famiglia estesa da parte dei genitori, spesso eccessiva vicinanza emotiva alle famiglie di origine e mancanza di una rielaborazione originale di quanto da esse ricevuto 3. Patto imperfetto mancanza di reciprocità da parte del figlio (distanza dal patto di assimilazione offerto dai genitori) figlio ben accolto dalla famiglia estesa buone modalità di scambio da parte dei genitori con le generazioni precedenti 4. Patto di negazione negazione della storia dell’adozione, da parte sia dei genitori che del figlio, da entrambi vissuta come troppo dolorosa cattive relazioni dei genitori con le famiglie d’origine, l’adozione stessa può essere una mossa per marcare la differenza rispetto a loro bisogno della coppia di essere “totalmente all’origine”, cioè senza né passato familiare, né differenze rispetto al figlio da dover gestire 5. Patto impossibile figlio vissuto sostanzialmetne come un estraneo, aspetti negativi del suo comportamento imputati alle sue origini il figlio da parte sua conferma l’estraneità alle relazioni familiari difficoltà della coppia genitoriale nel processo di separazione dalle famiglie d’origine (dall’estremo della frattura a quello opposto del mantenimento di un legame troppo forte) Compiti di sviluppo della famiglia adottiva Per le generazioni precedenti: sostenere i figli adulti nella transizione adottiva, e accogliere il nipote come continuatore della storia familiare Per i genitori: costruire la genitorialità adottiva e legare fra loro le generazioni inserendo nella famiglia un’origine diversa (ruolo cruciale del padre: a differenza che nella genitorialità biologica, qui è lui che legittima la madre e con essa la coppia); mediare con il sociale sostenendo il figlio nel processo di inserimento sociale Per il figlio: costruire la filiazione adottiva e riconoscersi come appartenente alla storia familiare, nella consapevolezza delle diverse origini (occorre che nel tempo sia in grado di dare una risposta all’interrogativo: “perché mi hanno abbandonato” elaborando i profondi sentimenti negativi associati)

5 PSI GIURIDICA – CAP. 2 - LA TUTELA DEL MINORE IN CONDIZIONI DI RISCHIO EVOLUTIVO
Concetto di interesse del minore: relativamente recente, parte dalla valorizzazione delle delle risorse e delle competenze emotivo-cognitive del minore stesso, che vengono portate in primo piano rispetto agli aspetti “deficitari” o problematici da lui espressi Convenzione dell’ONU sui diritti del fanciullo (1989, recepita in Italia dal 1991) e convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei minori (1996, recepita in Italia dal 2001) stabiliscono il diritto del minore di poter partecipare attivamente alle scelte che lo riguardano e di essere ascoltato in modo attivo dagli interlocutori adulti Perseguire attivamente l’interesse del minore vuol dire privilegiare ove possibile la prevenzione, lavorare sul potenziamento delle risorse piuttosto che sulla semplice “riparazione” dei deficit, potenziare e interconnettere le risorse ambientali esistenti Concetto di rischio evolutivo: situazioni in cui il minore può perdere o vivere in modo critico o carente la possibilità di fare riferimento a figure che lo “proteggano” e guidino di fonte ad aventuali “ostacoli” o nodi problematici. (cmq duplice accezione di rischio: come problema, ma anche come opportunità per attribuire nuovi significati all’ambiente ed alle proprie relazioni con esso) L’approccio sistemico, che prende in considerazione non tanto il soggetto in sé quanto il soggetto in relazione, è particolarmente applicabile all’analisi delle condizioni di rischio che si generano rispetto ai contesti familiari; la visione propugnata è che le condizioni di rischio evolutivo in cui può trovarsi un minore non dipendano solo dalla presenza in famiglia di specifiche problematiche personali e sociali, ma anche dalle modalità di funzionamento relazionale della famiglia stessa: soprattutto in periodi critici per cause vuoi esterne vuoi interne, la rigidità, ovvero scarsa adattabilità, degli schemi interattivi e percettivi del sistema-famiglia tende a produrre disfunzionalità La valutazione delle condizioni di rischio evelutivo in cui può trovarsi il minore deve però tenere anche conto delle risorse di cui dispone il minore stesso, sia in termini relazionali, sia in termini di personali capacità di far fronte alle difficoltà (resilienza, ovvero capacità adattivo-evolutiva di andare oltre le situazioni traumatiche vissute come effetto delle capacità di coping) Affidamento dei figli in caso di separazione o divorzio - competenza del giudice tutelare (tribunale ordinario) cercare di tenere conto della volontà del minore (nuovo diritto di famiglia lo prevede espressamente a partire dal 14° anno d’età) scegliere il genitore affidatario nell’interesse del minore, ma aiutare il minore a mantenere ed evolvere il legame anche con l’altro genitore può esservi condizione di rischio evolutivo quando la separazione per i due coniugi è dolorosa, conflittuale, ed in particolare se si produce un legame di “invischiamento” che alimenta la situazione conflittuale e impedisce alla coppia di separarsi realmente (divorzio psicologico non segue le tappe di quello effettivo); tra le principali difficoltà può esservi proprio quella di non riuscire a scindere i due ruoli di genitore e partner precedentemente condivisi all’interno della coppia il minore può essere strumentalizzato all’interno del conflitto e venire coinvolto in un processo di triangolazione che lo costringe a scegliere un genitore rispetto all’altro → rischio di deterioramento del rapporto con il genitore escluso, di colpevolizzazione del minore e cmq sostanziale inversione di ruolo poiché si ritrova a dover assumere una posizione “genitorializzata” (è lui che deve dare cura e protezinoe al sistema parentale e non viceversa) Allontanamento del minore dal nucleo d’origine – competenza del tribunale dei minorenni provvedimento estremo, la nuova legge sul diritto di famiglia stabilisce che in prima istanza la famiglia d’origine in disagiate situazione economiche che non possa provvedere al mantenimento/educazione dei figli debba essere aiutata → focus sulla prevenzione dello stato di abbandono l’affido eterofamiliare può essere disposto dai servizi territoriali qualora vi sia consenso della famiglia (e ascoltato il minore oltre il 12° anno d’età); diventa invece di competenza del tribunale dei minorenni qualora i servizi territoriali lo richiedano ma la famiglia si opponga il minore puù essere affidato a parenti, altra famiglia o persone singole, oppure a una comunità di tipo familiare; in caso di impossinbilità di ricorrere ad un affido di tipo familiare, con la nuova normativa l’affidamento ad un istituto di assistenza pubblico o privato non può cmq essere disposto per i bambini sotto i 6 anni l’affido eterofamiliare è per definizione “a tempo determinato”: suo presupposto e finalità sono il sostegno e “recupero” della famiglia d’origine, che con l’affido non perde i propri diritti/doveri di accudimento, ma si fa solo affiancare temporaneamente in questi compiti persino quando vi siano situazioni di maltrattattamento/abuso del minore (tipiche quando l’affido è giudiziale) l’affido può mantenere carattere transitorio, essendo revocabile quando le condizioni che lo hanno determinato non sussistono più Adozione nazionale e internazionale – competenza del tribunale dei minorenni quando sia rilevato lo stato di abbandono viene sancita l’adottabilità del minore, in base al presupposto che egli ha diritto ad essere inserito in un nuovo nucleo familiare in grado di assolvere le funzioni di natura genitoriale; con la nuova normativa il focus non è piu’ il solo rimediare allo stato di abbandono, e la valutazione della coppia viene fatta tenendo conto delle esigenze dello specifico bambino e della capacità della coppia stessa di instaurare con lui una relazione efficace; il soggetto principale dell’iter è il bambino, non la coppia con i suoi bisogni di genitorialità la legge prevede che la coppia debba essere sposata e convivente da almeno tre anni (dal 2001 viene anche conteggiata la convivenza prematrimoniale), che il minore oltre i 12 anni debba dare il proprio assenso, che un’avvocato esperto del diritto di famiglia (se da’ il caso assegnato d’ufficio) tuteli il minore e la famiglia d’origine Lo stato d’abbandono può essere di due tipi: coincidente con la nascita del minore (ma i genitori naturali possono riconoscerlo in un secondo momento → periodo di collocamento provvisorio del minore presso apposite strutture o in affidamento pre-adottivo), oppure sancito dal giudice (maltrattamenti, abusi, ecc)

6 PROMOZIONE ED EDUCAZIONE ALLA SALUTE
Modello PRECEDE-PROCEED - La prima parte del modello (PRECEDE) si propone di garantire l’appropriatezza del programma ai bisogni e alle condizioni della popolazione, mentre la seconda (PROCEED) mira a renderlo disponibile, accessibile, accettabile e giustificabile FASE 5 VALUTAZIONE AMMINISTRATIVA E DELLE POLITICHE (come e fino a che punto si possono realizzare gli interventi identificati?) Messa a punto del programma da implementare tenendo conto: delle risorse disponibili vs quelle necessarie (tempo, persone, costi vivi) dei fattori facilitanti e inficianti l’implementazione del programma che possono provenire dall’oganizzazione, dalla sua regolamentazione e dalle sue politiche FASE 4 VALUTAZIONE EDUCATIVA ED ECOLOGICA (come si arriva ai cambiamenti auspicati?) Identificazioni e selezione dei fattori prioritari che potrebbero facilitare l’adozione/ abbandono dei comportamenti desiderati / indesiderati: f.predisponenti sono psicologici e tipicamente intraindividuali (credenze, atteggiamenti, locus, ecc) f.facilitanti sono concreti e tipicamente ambientali (disponibilità e accessibilità servizi sociali, ecc) f.rinforzanti sono sia psicologici che fisici che sociali, sia intra che interindividuali (sostegno sociale, benefici immaginati in termini di immagine sociale, autostima, sollievo dal dolore, guadagno economico, ecc FASE 3 VALUTAZIONE COMPORTAMENTALE ED AMBIENTALE (cosa occorre cambiare per risolvere?) analisi sistematica dei legami fra comportamenti specifici e scopi / problemi identificati nelle due fasi precedenti (cioè delle relazioni causali intercorrenti), selezionandoli per livelli di importanza e modificabilità analisi dell’ambiente fisico e sociale immediato (es luogo di lavoro, clima, adeguatezza servizi) che potrebbe essere legato causalmente al comportamento a rischio o direttamente agli esiti relativi alla qualità della vita FASE 2 VALUTAZIONE EPIDEMIOLOGICA (quali sono i loro problemi di salute oggettivi?) determinare quali sono i problemi di salute, misurati oggettivamente applicando gli strumenti dell’epidemiologia (es indici di disabilità, prevalenza, morbilità, incidenza, mortalità, ecc), che costituiscono la principale minaccia alla salute e alla qualità della vita per la popolazione target FASE 1 VALUTAZIONE SOCIALE (che problemi le persone percepiscono di avere?) coinvolgere la comunità come parner attivo identificare e valutare valori e percezioni soggettive rispetto alla qualità della vita dimostrare il legame tra tali valori e percezioni e consapevolezza problemi salute / motivazione ad affontarli valutare capacità e risorse della comunità rendere esplicito il razionale per la scelta dei problemi prioritari DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI DEL PROGRAMMA DEFINIZIONE OBIETTIVI EDUCATIVI, METODI E MATERIALI PER L’IMPLEMENTAZIONE DEL PROGRAMMA DEFINIZIONE FOCUS DEGLI INTERVENTI EDUCATIVI SPEICFICI PROMOZIONE DELLA SALUTE Fattori predisponenti Comportamenti e stili di vita (indiv. e collettivi) Educazione alla salute Qualità della vita Fattori rinforzanti Salute Politiche Regolamentazione Organizzazione Fattori facilitanti Ambiente FASE 6 IMPLEMENTAZIONE (action!) conversione degli obiettivi del programma in azioni concrete definizione di protocolli e procedure per l’esecuzione delle strategie, tecniche e metodi definiti messa a punto di un processo o sistema per garantire l’implementazione della qualità ricorso sistematico a supervisioni, controlli e correzioni per garantire l’appropriatezza degli obiettivi e dei metodi del programma rispetto agli obiettivi identificati FASE 7 VALUTAZIONE DI PROCESSO (stiamo andando come e dove previsto?) analisi delle osservazioni sul processo (sono le prime ad essere disponibili) individuazione precoce dei problemi aggiustamenti progressivi sperimentazione alternative, metodi nuovi FASE 8 VALUTAZIONE D’IMPATTO (dove siamo arrivati?) misurazione degli effetti immediati del programma (o di alcuni suoi specifici sotto-insiemi) sui comportamenti, o sui fattori ambientali, o sui fattori predisponenti / rinforzanti / facilitanti che ne costituivano l’obiettivo FASE 9 VALUTAZIONE DEL RISULTATO (cosa abbiamo ottenuto?) misurazione delle variazioni intervenute negli indicatori dello stato di salute o della qualità della vita identificati come rilevanti all’inizio del processo la possibilità di rilevare cambiamenti dipende: dalla specificità degli indicatori, dalla precisione della loro misurazione, dalla grandezza dell’effetto, dalle dimensioni della popolazione, dal tempo (possono essere necessari anni prima di poter osservare cambiamenti effettivi nella qualità della vita)


Scaricare ppt "IL FAMIGLIARE – CAP 1 – FORME FAMILIARI E IDENTITÀ DEL FAMIGLIARE"

Presentazioni simili


Annunci Google