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FISIOPATOLOGIA CARDIOVASCOLARE

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Presentazione sul tema: "FISIOPATOLOGIA CARDIOVASCOLARE"— Transcript della presentazione:

1 FISIOPATOLOGIA CARDIOVASCOLARE

2 Il consumo miocardico di ossigeno (mvo2)
Il cuore è un organo aerobio, dunque il fabbisogno miocardico di O2 fornisce un indice accurato del suo metabolismo. I principali determinanti del consumo miocardico di ossigeno sono: • Frequenza cardiaca • Contrattilità • Stress parietale Stress o tensione di parete di una cavità, o postcarico, è dipendente da 2 fattori: • Pressione sviluppata al suo interno • Raggio medio della cavità

3 L’ischemia miocardica è il risultato dello squilibrio tra domanda di O2 da parte del tessuto miocardico ed offerta dello stesso attraverso il circolo coronarico. DOMANDA DI O2 OFFERTA

4 Fisiopatologia Due sono i fattori che intervengono nella genesi dell’ischemia miocardica: La riduzione del flusso coronarico L’aumento del consumo miocardico di ossigeno (MVO2)

5 Evoluzione della placca (rimodellamento espansivo)
A questo punto potremmo già concludere dicendo che le statine vanno usate nei soggetti a rischio di malattia aterosclerotica e che la riduzione o meno dell’ictus dipende dalla popolazione studiata, dalla durata del follow-up, dalla statine usata, dalla sua dose. In parole povere, dobbiamo identificare meglio i pazienti che possono beneficiare dal trattamento onde potenziare i risultati senza disperdere le risorse. Per fare questo bisogno chiedersi:perché le statine riducono l’incidenza dell’ictus ischemico? E inoltre: esistono differenze d’azione tra le diverse statine? Escludendo gli studi che non hanno dimostrato una riduzione dell’ictus, negli altri si è visto che la riduzione degli eventi cardiovascolari e cerebrovascolari legato all’uso delle statine è risultato essere più marcato di quanto atteso. In particolare, si è visto che, a parità di colesterolemia, i pazienti in trattamento avevano una riduzione degli eventi rispetto ai pazienti placebo. Questo a portato alla scoperta degli effetti pleiotropici delle statine e ad una estensione del loro uso. Vediamo però di procedere con ordine. Questa diapositiva arcinota ci ricorda la storia naturale della malattia aterosclerotica, dalla formazione delle strie lipidiche alla rottura della placca con conseguente trombosi e/o embolizzazione del materiale contenuto nella placca. Libby P. et al, Circ. 2001; 104:

6 associata a vasospasmo
Placca ateromasica associata a vasospasmo

7 La presenza di una lesione stenosante di un ramo epicardico
determina a valle della stenosi una caduta di pressione che è proporzionale alla riduzione del calibro vasale; il gradiente pressorio che si crea stimola la dilatazione dei vasi di resistenza allo scopo di mantenere un flusso adeguato in condizioni basali. Questo spiega l’assenza di segni clinici ed elettrocardiografici di ischemia in condizioni di riposo. Se la stenosi riduce la sezione del vaso coronarico epicardico oltre l’ 80%, si ha una riduzione del flusso anche in condizioni basali. In questa situazione l’albero coronarico è costretto ad impiegare gran parte della sua riserva per mantenere un apporto metabolico adeguato

8 Stabilità/instabilità di placca
La presenza di una placca stabile (con cappuccio fibroso “integro”) determina una riduzione della soglia ischemica che rende la patologia sintomatica sotto sforzo o in circostanze in cui aumenta il lavoro cardiaco (crisi ipertensiva, infezioni, tireotossicosi, tachiaritmie) o in caso di scarsa perfusione (tachiaritmie, stenosi aortica) o per una ridotta ossigenazione (anemia). La presenza di una placca instabile placca instabile (con cappuccio fibroso “eroso”) su cui, quindi, si sovrappone una trombosi intraluminale in caso di “rottura”,può dare luogo, anche con un eventuale vasospasmo associato, ad una stenosi occlusiva o sub-occlusiva acuta, sintomatica sia in condizione di riposo, sia in conseguenza di sforzi di intensità variabile, per l’azione di vari fattori.

9 Caratteristiche delle placche instabili e stabili
Instabile Stabile Mancanza di cellule infiammatorie Cappuccio fibroso sottile Cellule infiammatorie Tante cellule muscolari lisce Cappuccio fibroso spesso Poche cellule muscolari lisce Falk ha analizzato i lavori di altri ricercatori sulla gravità delle stenosi e sulla correlazione col rischio di sviluppare IMA. I suoi risultati hanno dimostrato che più dell’86% degli infarti si sono verificati in soggetti con placche che causavano una stenosi <70% del lume vasale. Molti esperti prima di questo studio sostenevano che gli infarti derivassero dalla crescita sempre maggiore del volume delle placche sino a giungere ad ostruire completamente il lume del vaso. Basandosi sui dati di Falk ora sappiamo che la prima causa di IMA è la rottura di un placca instabile causa di una stenosi <70% e quindi clinicamente silente prima dell’evento acuto. Endotelio eroso Endotelio intatto Macrofagi attivati Cellule schiumose Libby P. Circulation. 1995;91: Referenze 1 Falk E, Shah PK, Fuster V. Coronary plaque disruption. Circulation. 1995;92:

10 Fattori di rischio per la rottura delle placche
Fattori locali Fattori sistemici Fragilità del cappuccio Fumo Colesterolo Core ateromatoso (volume/consistenza) Diabete mellito Fibrinogeno Spessore del cappuccio/ consistenza Omocisteina Infiammazione del cappuccio Aumentata fibrinolisi Sono stati identificati molti fattori di rischio per la rottura delle placche. I fattori includono la dimensione e la consistenza del core ateromatoso, lo spessore e la quantità di collagene del cappuccio fibroso, l’infiammazione del cappuccio e la sua fragilità. Un volume e una consistenza aumentati del core ateromatoso sono associati ad alto rischio di rottura. Le placche a livello aortico con un core che occupa più del 40% del volume della placca sono particolarmente vulnerabili. Anche la consistenza dei lipidi extracellulari e, in particolare, del colesterolo all’interno del core caratterizza la vulnerabilità della placca. Il colesterolo esterificato rende la placca più debole e meno stabile, quindi altamente trombogenica. La rottura della placca si verifica nelle zone in cui il cappuccio è più sottile, contiene meno collagene ed è maggiormente infiltrato di macrofagi. Al contrario un aumento del numero di cellule muscolari lisce stabilizza la placca e la rende meno suscettibile alle rotture. Infine, quando ci si riferisce alla ‘fragilità del cappuccio’ si intende tutta quella serie di meccanismi emodinamici, quali l’elevata velocità del sangue o l’elevata pressione che sono causa di uno stress sul cappuccio e che ne aumentano il rischio di rottura. Vi sono numerose evidenze che una serie di fattori come fumo, valori elevati di colesterolo plasmatico, diabete, iperomocisteinemia e lo stress di parete possano aumentare il rischio di rottura della placca e la tendenza alla trombogenesi. Questi fattori possono essere tutti correlati all’attivazione piastrinica. Bibliografia Falk E, Shah PK, Fuster V. Coronary plaque disruption. Circulation. 1995;92: Fuster V, Badimon L, Badimon JJ, et al. The pathogenesis of coronary artery disease and the acute coronary syndromes. N Engl J Med. 1992;326: Rottura della placca Fuster V, et al. N Engl J Med. 1992;326: Falk E, et al. Circulation. 1995:92:

11 Fattori di rischio multipli per aterotrombosi
Stile di vita Fumo Dieta Sedentarietà Disordini generalizzati Età Obesità Condizioni sistemiche Ipertensione Iperlipidemia Diabete Stati di ipercoagulabilità Omocisteinemia Manifestazioni aterotrombotiche (IMA, ictus, ecc…) Tratti genetici Sesso PlA2 Infiammazione PCR elevata CD40, IL-6 Fattori protrombotici (F I e II) Fibrinogeno L’aterosclerosi è una condizione che si sviluppa nel corso di diversi decenni. I fattori di rischio che possono promuoverla sono: il fumo, l’ipertensione, l’iperlipemia, l’iperglicemia, con o senza obesità. Alcuni fattori di rischio come l’età, il sesso, la razza o l’etnia non sono modificabili, ma comunque importanti. L’incidenza di ictus raddoppia ad ogni decade dopo i 55 anni di età e l’età è il fattore di rischio singolo più importante per l’ictus. Il rischio relativo è maggiore se uno dei genitori ha un’anamnesi positiva per ictus o TIA e la familiarità da parte paterna comporta un rischio maggiore rispetto a quella materna. Bibliografia Yusuf S, Reddy S, Ounpuu S, et al. Global burden of cardiovascular diseases: part I: general considerations, the epidemiologic transition, risk factors, and impact of urbanization. Circulation. 2001;104: Drouet L. Atherothrombosis as a systemic disease. Cerebrovasc Dis. 2002;13(suppl 1):1-6. Fattori locali Flusso sanguigno Stress di parete Diametro del vaso Struttura della parete % di stenosi Yusuf S, et al. Circulation. 2001;104: Drouet L. Cerebrovasc Dis. 2002;13(suppl 1):1-6.

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13 Quadri clinici della cardiopatia ischemica
Sindromi coronariche stabili: angina da sforzo angina a riposo angina mista Sindromi coronariche acute (instabili): angina instabile infarto intramurale (non Q) infarto transmurale (Q) angina variante (vasospastica) di Prinzmetal

14 CLASSIFICAZIONE dell’ANGINA PECTORIS secondo: CRITERI CLINICI-PROGNOSTICI
Angina stabile Forma cronica dell’angina. Caratteristica è la stabilità del quadro clinico: il paziente lamenta sempre la stessa modalità di insorgenza dei disturbi, con scarsa evolutività. Angina instabile Rappresenta alcuni tipi di angina che tendono ad evolvere verso l’infarto miocardico.

15 Sindromi coronariche croniche (stabili):
Angina spontanea È un’angina primaria in cui il paziente lamenta angina a riposo, senza una causa scatenante. Angina da sforzo Angina secondaria che insorge dopo un determinato sforzo fisico. Angina mista Il paziente lamenta angina che compare sia a riposo che dopo sforzo.

16 Stadiazione dell’angina pectoris secondo la classificazione CCS*
CLASSE DESCRIZIONE CLINICA I Attività fisica ordinaria non causa angina. L’angina si presenta per sforzi intensi, rapidi o prolungati II Lieve limitazione nell’attività ordinaria. Si ha angina camminando velocemente o salendo le scale rapidamente; camminando in salita; camminando o salendo le scale dopo i pasti; se ci si espone al freddo, al vento o per delle emozioni; oppure ancora solo nelle prime ore dopo il risveglio. Si ha angina camminando per oltre 300 m in piano o salendo più di un piano di scale a passo normale e in condizioni normali III Importante limitazione dell’attività fisica ordinaria. Si ha angina camminando per m in piano o salendo un piano di scale a passo normale ed in condizioni normali IV Impossibilità di svolgere qualunque attività fisica in assenza di dolore toracico. Si può avere angina a riposo *Canadian Cardiovascular Society

17 Sindromi Coronariche Acute (instabili)
Questo termine abbraccia un ampio spettro di situazioni cliniche che comprendono: Angina instabile IMA senza sopraslivellamento del tratto ST IMA con sopraslivellamento del tratto ST

18 ANGINA INSTABILE Quadro clinico che può presentarsi in tre modi differenti: angina a riposo o angina per minimi esercizi con durata > di 20 minuti angina di nuova insorgenza, < di 2 mesi e di severità almeno uguale alla III classe CCS recente angina ingravescente, definita come angina precedentemente diagnosticata che diviene più frequente, di maggiore durata, o di natura più grave, con sintomi che aumentano di almeno una classe CCS o che si presentano con la gravità della classe III CCS.

19 INFARTO MIOCARDICO ACUTO
Necrosi del miocardio secondaria ad un’interruzione del flusso coronarico non transitoria, bensì permanente; generalmente dovuta alla mancata dissoluzione spontanea del trombo.

20 IMA SENZA ST SOPRASLIVELLATO
Quadro patologico con patogenesi e presentazione clinica molto simile all’angina instabile. Angina instabile IMA non Q NSTE-SCA Stessa entità nosografica IMA non Q, a differenza dell’angina instabile, è caratterizzato da: Danno miocardico irreversibile oggettivabile mediante il rilievo dei marker di danno miocardico I markers di necrosi miocardica che consentono di fare la diagnosi differenziale fra UA e NSTEMI sono rilevabili a livello ematico diverse ore dopo l’esordio dell’angor. Di conseguenza, i pazienti con UA e NSTEMI possono non essere distinguibili al momento della presentazione clinica.

21 IMA CON ST SOPRASLIVELLATO
Quadro patologico causato da OCCLUSIONE CORONARICA COMPLETA E PERSISTENTE con cessazione totale del flusso coronarico nel territorio dell’ arteria occlusa. E’ caratterizzato dalle seguenti alterazioni ECGgrafiche: -sopraslivellamento di nuova insorgenza del tratto ST al punto J con dei valori di cut-off ≥ 0.2 mV da V1 a V3 e ≥ 0.1 mV nelle altre derivazioni, in almeno 2 derivazioni consecutive comparsa di nuove onde Q (in più del 80% dei pazienti senza riperfusione). -nella maggior parte dei casi il soprasliv è associato a dolore toracico di lunga durata > di 30 min. -l’evidenza obiettiva di necrosi miocardiaca è necessaria al fine di confermare l’infarto miocardio.

22 Cascata Ischemica 6 5 4 ISCHEMIA 3 2 1 10 20 30
1 - Occlusione coronarica 2 - Alterazioni diastoliche 3 - Alterazioni sistoliche 4 - Modificazioni emodinamiche 5 - Alterazioni ECG 6 - Angina 6 5 4 ISCHEMIA 3 2 1 Tempo (sec) 10 20 30

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24 MARKER MECCANICO

25 MARKER ELETTROCARDIOGRAFICO

26 Dolore toracico Considerazioni:
• elevata frequenza di causa di presentazione in PS • notevole coinvolgimento psicologico • correlato a un vastissimo spettro di patologie, alcune delle quali associate ancora ad un alto tasso morbilità e mortalità Rischi: sovrastima/sottostima del caso in esame Obiettivi: • Diagnosi precoce • Identificazione dei pazienti ad alto rischio

27 Dolore toracico E’ il sintomo per il quale si presenta al PS il 5-8% dei pazienti e anche se, spesso, la causa risulta essere non secondaria ad ischemica coronarica, • Molti sono ancora i ricoveri impropri per SCA • Molte dimissioni si rivelano, in seguito, come SCA misconosciute La difficoltà di una corretta quanto rapida diagnosi di SCA emerge chiaramente da un altro dato: Negli USA il mancato riconoscimento di un IMA è la più frequente motivazione delle cause giudiziarie di “malpractice” intentate contro i medici in generale e d’urgenza, in particolare.

28 Dolore toracico caratteristiche
• Qualità • Intensità • Sede • Irradiazione • Durata • Modulazione farmacologica (FANS, nitrati) • Rapporto con tosse, inspirium, digitopressione pasti

29 Angina stabile Sindrome caratterizzata da episodi ripetitivi di ischemia miocardica (dolore tipico e modificazioni ecgrafiche), in concomitanza di sforzi fisici o episodi di stress emozionale, da almeno 2 mesi, perlopiù spontaneamente regredibile con la cessazione degli stessi.

30 Angina da sforzo Dolore tipico durante lo sforzo
Breve durata (in genere 5 min, comunque < 20 min) Regressione del dolore con il riposo Sensibilità ai nitroderivati SOGLIA FISSA (< 20%) / SOGLIA VARIABILE

31 Le caratteristiche dell’angina
Fattori precipitanti: Attacco provocato da uno sforzo, da un lavoro che comporta l’utilizzo delle braccia al di sopra del livello della spalla. Ambiente freddo, camminare contro vento, camminare dopo un pasto abbondante Crisi ipertensiva, Paura, rabbia, stati d’ansia, tensione emotiva, Rapporti sessuali Sintomi associati: Respiro corto, vertigini, palpitazioni, debolezza.

32 Sequenza diagnostica nell’A. stabile
QUADRO CLINICO Anamnesi Dolore: costrizione, oppressione, peso, bruciore associazione con malessere generale ed ansia sede tipica retrosternale irradiazione lungo l'avambraccio e mano sinistra, dorso, mandibola, collo, entrambe le braccia altre sedi: epigastrio, emitorace e avambraccio destro insorgenza graduale, massima intensità entro 1’, remissione dopo 2-10 minuti (riposo, cessazione del fattore scatenante o somministrazione s.l. di nitrati)

33 Sedi meno frequenti del dolore miocardico ischemico
Usuale localizzazione del dolore miocardico ischemico Mascella Lato destro Epigastrio Dorso Sedi meno frequenti del dolore miocardico ischemico

34 Angina instabile Il dolore toracico è simile per qualità a quello dell’angina da sforzo, sebbene spesso sia più intenso, possa persistere fino a 30 min e possa svegliare il paziente dal sonno. Il riposo e i nitrati per via sub-linguale, che controllano l’angina cronica, spesso danno un sollievo solo temporaneo ed incompleto.

35 Dolore toracico non coronarico: cause cardiovascolari
• Dissezione aortica • Embolia polmonare • Prolasso valvolare mitralico • Angina microvascolare (cardiopatia ipertrofica, sindrome x) • Stenosi aortica • Aritmie • Pericardite Hurst: The Heart. 9° edit. Mc Graw-Hill, 1998

36 Dolore toracico non coronarico: cause non cardiovascolari
A) Toraco-polmonari – pleurite – polmonite – pneumotorace – costocondriti B) Gastrointestinali – reflusso/spasmo esofageo – ulcera peptica (perforazione) – colecistite, gastrite C) Psichiatriche – attacchi di panico – nevrosi cardiaca – depressione

37 Infarto miocardico acuto
È dovuto a un’ischemia acuta, che persiste sufficientemente a lungo da provocare la necrosi cellulare È caratterizzato, dunque, dal fatto di provocare una alterazione anatomica, miocardica, irreversibile, a differenza dell’angina instabile

38 Questa prima valutazione deve necessariamente tendere alla diagnosi di conferma/esclusione di una sindrome coronarica acuta Motivazioni : • Alta incidenza (circa il 30% dei pazienti che si presentano al PS con dolore toracico) • Le patologie cardiovascolari rimangono la prima causa di morte nei paesi occidentali e l’IMA è la prima causa di arresto cardiaco

39 Infarto miocardico intramurale
Infarto miocardico transmurale La parete miocardica è interessata per tutto il suo spessore. Causato, nella grande maggioranza dei casi, da una trombosi coronarica occludente e, nella minoranza, da uno spasmo coronarico prolungato,anche se le due anomalie possono coesistere Infarto miocardico intramurale In questo caso la parete non è interessata per tutto il suo spessore ma solo negli strati subendocardici. Il rilievo più frequente è quello di una occlusione subtotale o di una occlusione totale in presenza di circolo collaterale

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43 Patogenesi dell’IMA La sindrome si manifesta per interruzione, improvvisa e persistente del flusso ematico attraverso un’arteria coronarica maggiore, per trombosi intraluminare provocata, a sua volta, da una lesione coronarica “complicata” (placca friabile, erosa e fissurata) Sembrerebbe che il determinismo del passaggio improvviso di una placca dallo stato di “quiescenza” a quello di “attività” acuta, è da imputare a fenomeni di “infiammazione locale e/o sistemica.

44 La nuova definizione clinica presuppone si debba distinguere tra
Infarto miocardico acuto È una sindrome clinica caratterizzata da: Dolore toracico (raramente assente) • Positivizzazione dei “marcatori chimico-biologici di necrosi” • Comparsa di tipici segni elettrocardiografici (specie in caso di IMA STsopra La nuova definizione clinica presuppone si debba distinguere tra • IM acuto • IM in evoluzione • IM recente

45 Quadro clinico dell’IMA
Dolore oppressivo, costrittivo, retrosternale, irradiato al collo, alle spalle, alla superficie ulnare dell’arto superiore sinistro • Qualità del dolore • Localizzazione • Durata • Risposta ai nitrati • Irradiazione

46 Per compromissione estesa della cinesi VSX
Il sintomo principale è il dolore persistente, dolore persistente, - della durata di oltre i 20 minuti - insensibile ai nitrati sub-linguali - spesso anche atipico ( dolore epigastrico!) associato a dispnea, sudorazione algida, profusa e angoscia A parte la sintomatologia classica, taluni quadri clinici possono essere, sin dall’inizio, caratterizzati da una sintomatologia dovuta a complicanze elettriche e meccaniche: • Lipotimia o sincope • Shock cardiogeno • Edema polmonare Per compromissione estesa della cinesi VSX

47 La diagnosi di IMA • La positivizzazione degli enzimi miocardiospecifici • La positivizzazione delle troponine ( I e T), che rappresentano il marcatore più sensibile e specifico di necrosi miocardica. Queste hanno, inoltre, un notevole potere prognostico riguardo alla mortalità a breve e a lungo termine, la quale aumenta linearmente all’aumentare dei valori • L’elettrocardiogramma rappresenta uno dei cardini nella diagnosi di ischemia/necrosi miocardica: IMA con ST sopra IMA non ST sopra Approccio terapeutico diverso L’ecocardiogramma rappresenta un ulteriore strumento diagnostico per il rilevamento delle alterazioni meccaniche, secondarie all’ischemia coronarica, essendo peraltro esame da effettuare essenzialmente in ambito di ricovero

48 Markers biochimici Tempi di positivizzazione/negativizzazione
Myocardial Infarction Redefined A consensus document of The Joint ESC / ACC Committee for the Redefinition of MI, 2000

49 Tempo di comparsa dall' insorgenza del dolore
Enzimi Tempo di comparsa dall' insorgenza del dolore Picco plasmatico Normalizzazione Mgb cTnI cTnT CK-MB CK totale GOT (AST) LDH 2 h 3-6 h 2-8 h 4-6 h 8 h 24 h 4-12 h 24-48 h 12-96 h 18-24 h 24-30 h 4-5 giorni 5-10 giorni 5-14 giorni 36-48 h 60 h 3-5 giorni 8-15 giorni

50 Specificità e sensibilità dei markers biochimici
TROPONINA I o T: alta specificità e alta sensibilità, in grado di evidenziare IMA anche microscopici • CPK-MB: minore specificità legata al tessuto ma dati clinici più consistenti sul rapporto tra movimento enzimatico ed irreversibilità Finestra diagnostica limitata A consensus document of The Joint ESC / ACC Committee for the Redefinition of MI, 2000

51 Cause di elevazione della troponina non da ischemia coronarica
Danno Sottoendocardico da aumentato stress parietale in pazienti con: 1) scompenso cardiaco 2) ipertensione ed ipertrofia ventricolare sinistra 3) shock 4) embolia polmonare (endocardio destro) 5) insufficienza renale cronica Danno da trauma diretto Danno tossico (chemioterapici o shock settico) Danno iatrogeno da: 1) ablazione radiofrequenza 2) cardioversione elettrica esterna 3) scarica di defibrillatore (ICD) Danno da infezioni virali cardiotrope ( da non considerare sinonimo di miocardite) 1) pericardite 2) miocardite

52 Marker elettrico Criteri generali, elettrocardiografici per il sospetto di IMA – sopraslivellamento del tratto ST > 0.1 mv in > 2 derivazioni periferiche – sopraslivellamento del tratto ST > 0.2 mv in > 2 derivazioni precordiali contigue – comparsa di BBS – sottoslivellamento del tratto ST

53 Modificazioni dell’ECG dell’ECG
1 - senza sopraslivellamento del tratto ST : • sottoslivellamento ST • alterazioni esclusive dell’onda T oppure 2 - con sopraslivellamento del tratto ST: nuovo (o presumibilmente tale) ↑ST al punto J in 2 o più derivazioni contigue (> 0.2 mV in V1,V2 o V3 e > 0.1 mV in altre derivazioni) A consensus document of The Joint ESC / ACC Committee for the Redefinition of MI, 2000

54 Variazioni dell’ ECG nell’ IMA conclamato
• Sopraslivellamento ST persistente (secondo i criteri già enunciati) • Ogni onda Q da V1 a V3, onde Q ≥ 30 ms (0.03 s) nelle derivazioni D I, II aVL, aVF, V4, V5, V6 • Variazioni dell’onda Q devono essere presenti in 2 derivazioni contigue ed essere ≥ 1 mm di profondità • Sottoslivellamento del tratto ST A consensus document of The Joint ESC / ACC Committee for the Redefinition of MI, 2000

55 Significato delle alterazioni Elettrocardiografiche
• non tutti i pazienti che sviluppano una necrosi miocardica presentano alterazioni dell’ECG • un normale ECG non esclude la diagnosi di IMA • i nuovi markers biochimici possono evidenziare una necrosi miocardica troppo piccola per essere evidenziata dall’ECG • tali pazienti possono essere accreditati della diagnosi di micro-infarto, ma tale aspetto necessita di futuri chiarimenti A consensus document of The Joint ESC / ACC Committee for the Redefinition of MI, 2000

56 P Q R S T ECG NORMALE ISCHEMIA

57 IMA non Q Si tratta di un infarto miocardico tipico (dolore, aumento degli enzimi di necrosi CPKmb, Troponina I,T) con assenza di onde Q di durata > 30 ms. Quadro clinico: dolore anginoso >20-30 min ECG iniziale: T negativa ST sopraslivellato (> 1 mm) non Q > 30 ms Enzimi: aumento di almeno il doppio degli enzimi sierici (CPK, LDM, CPK-MB) prelievi per curva enzimatica (ogni 3 ore nelle prime 24 ore, ogni 6-8 ore per ore)

58 ECG NORMALE ISCHEMIA LESIONE
P Q R S T ECG NORMALE ISCHEMIA LESIONE

59 IMA Q (Transmurale) Quadro clinico: dolore anginoso >20-30 min
ECG : onda Q > 30 ms ST sopraslivellato (> 1 mm) Enzimi: aumento degli enzimi di necrosi

60 ISCHEMIA LESIONE INFARTO

61 Onde Q con valore patologico
1 mm di ampiezza ( >30 ms ) 1/3 in altezza del QRS

62 Indagini strumentali • Elettrocardiogramma • Ecocardiogramma
• Test radioisotopici • Coronarografia

63 Sindromi coronariche acute
Dolore > min Complicazione della placca Trombo Enzimi ECG Angina instabile + - T Infarto non Q ++ + T, ST, non Q Infarto Q +++ ++ T, ST, Q Angina variante - - ST

64 Sequenza diagnostica nell’Angina
ANGINA PECTORIS STABILE TEST ERGOMETRICO (ECG) TEST ERGOMETRICO (Scintig. miocardica con Tallio) TEST ERGOMETRICO (ECO) TEST ALLA DOBUTAMINA TEST AL DIPIRIDAMOLO

65 Sequenza diagnostica nell’Angina
ANGINA PECTORIS STABILE ECG da sforzo TEST PROVOCATIVI: DOBUTAMINA (stimola b-1-2 e a-1) ECG Scintigrafia miocardica Ecocardiogramma DIPIRIDAMOLO (dilataz. piccoli vasi coronarici)

66 Vertigine e Dizziness Vertigine indica una falsa sensazione di movimento che può essere riferita a noi stessi o all’ambiente circostante. Dizziness indica una semplice mancanza di equilibrio o la tendenza a sbandare mentre si cammina, non associate necessariamente alla sensazione di rotazione . Spesso si associano ad altri  sintomi, come nausea e vomito, sudorazione, debolezza o senso di svenimento

67 Tale terminologia dovrebbe essere abbandonata
LIPOTIMIA E PRELIPOTIMIA Termini impiegati per indicare condizioni di breve o parziale compromissione dello stato di coscienza , in associazione a sintomi di verosimile origine neurovegetativa Tale terminologia dovrebbe essere abbandonata PRESINCOPE Restringimento dello stato di coscienza con sensazione di imminente perdita di coscienza Possono esser presenti: astenia intensa, obnubilamento del visus, difficoltà a conservare la stazione eretta

68 SINCOPE Perdita di coscienza Breve durata
Incapacità a mantenere il tono posturale Insorgenza più o meno improvvisa (con o senza prodromi) Risoluzione spontanea

69 Edema Polmonare Acuto Grave sindrome respiratoria caratterizzata da trasudazione o essudazione di liquido siero-ematico nell’interstizio, negli alveoli o nei bronchioli polmonari, dovuta ad un aumento della permeabilità della parete capillare e/o ad un aumento della pressione del sangue a livello capillare. Rappresenta un’emergenza il cui trattamento deve essere prontamente iniziato sin dal riconoscimento dei segni e sintomi.

70 SHOCK: Definizione Sindrome da insufficienza circolatoria acuta con perfusione tissutale inadeguata rispetto ai fabbisogni metabolici

71 Classificazione patogenetica dello shock
Shock ipovolemico Shock cardiogeno Shock distributivo

72 Shock cardiogeno (insufficienza di pompa)
MIOPATICO IMA VS (> 40%) IMA VD Miocardite Agenti cardiotossici Contusione miocardica MECCANICO Disfunzione protesi valvolare IM da rottura dei papillari o corde tendinee IA da dissezione aorta asc. nell’anello valv Rottura aneur ventric ARITMICO Tachi- e bradiaritmie OSTRUTTIVO* Embolia polmonare massiva Tamponamento pericardico Pneumotorace iperteso Pericardite costrittiva * Hanno anche una componente di shock ipovolemico perché il precarico è ridotto

73 SHOCK CARDIOGENO L’ incidenza dello shock cardiogeno è compresa tra il 6% e l’8% con variazioni legate al tipo e al momento di rilevazione e alla popolazione esaminata. Lo shock in corso di IMA è ancora gravato da un’ elevata mortalità L’ incidenza dello shock cardiogeno è in lieve riduzione negli anni così come la sua mortalità grazie ad un maggior utilizzo della rivascolarizzazione coronarica meccanica.

74 SHOCK CARDIOGENO Nel pz in shock dobbiamo e possiamo :
identificare immediatamente i pazienti a rischio sulla base del semplice quadro clinico di presentazione realizzare una precoce terapia di rivascolarizzazione coronarica

75 SHOCK CARDIOGENO mettere in atto supporti intensivi meccanici e farmacologici per incrementare la ancor bassa sopravvivenza sviluppare un organizzazione sanitaria e territoriale per estendere il trattamento al maggior numero di pazienti possibile

76 Shock ipovolemico (riduzione del precarico da deficit acuto di volume circolante, ematico o plasmatico) SHOCK EMORRAGICO Traumi penetranti o contusivi ( aperti o chiusi) toracici, addominali, pelvici Fratture ossee Emorragie del tratto gastroenterico superiore o inferiore Rottura di aneurisma aortico SHOCK DA PERDITA DI FLUIDI Perdite insensibili (ustioni, colpo di calore etc.) Perdite gastroenteriche (vomito, diarrea, fistole intestinali etc.) Perdite renali (diabete insipido, insufficienza surrenalica, poliurie in genere etc.) Sequestro in 3° spazio (occlusione intestinale, peritonite, ischemia mesenterica, pancreatite acuta etc.)

77 Shock emorragico: la risposta clinica è differente anche in base alla velocità di perdita

78 Risposte cliniche all’emorragia acuta
Lieve (< 15%)* < 750 ml ( 15-30%)* ml Moderata (20-40%)* ml Severa (> 40%)* >2000 ml PA FC Freq respir Normale Ipotens ortost Tachicardia Tachipnea Ipotensione Tachicardia Dispnea grave Cute normale Normale o fredda e unida Fredda, umida, sudata, ritardato riemp capillare Pallida, fredda, cianosi, marezzatura Diuresi 35 ml/h > 0.5 ml/Kg/h Normale o iniziale contrazione oliguria Oliguria o anuria Stato di coscienza o lieve ansia Normale o ansia moderata Agitazione, confusione Confusione, obnubil, letargia, coma * del volume ematico totale (70 ml/Kg)

79 Attenzioni nello shock emorragico
La diagnosi di shock emorragico è più spesso anamnestica e clinica prima che di laboratorio (anemia) o sulla base di parametri emodinamici Il paziente traumatizzato ipoteso e tachicardico è da considerare in shock emorragico fino a prova contraria

80 Shock distributivo (riduzione delle resistenze vascolari periferiche con o senza aumento della portata cardiaca) Shock settico Shock anafilattico Shock neurogeno (les. SNC o mid. Spinale) Tossici (Cianuro, ossido di carbonio) Dopo bypass cardiopolmonare

81 Shock settico: clinica
Segni precoci di sepsi comprendono alterazioni termiche (più spesso ipertermia, ma si può verificare ipotermia soprattutto nei pazienti più anziani e debilitati), tachipnea, tachicardia, oliguria e modificazioni dello stato di coscienza (ipoperfusione cerebrale + encefalopatia settica). La cute è inizialmente calda e iperemica a causa della vasodilatazione periferica Le manifestazioni tardive sono legate alla inadeguata perfusione d’organo, ipotensione, deterioramento dello stato di coscienza, oligoanuria, alterata funzione miocardica, acidosi I segni ulteriori dipendono dalla sede di infezione. La sede più frequente è l’apparato urinario, seguito da quello respiratorio e gastroenterico; altre localizzazioni possono essere rappresentate dalla cute e tessuti molli, ferite etc. Dopo la fase di rianimazione iniziale è obbligatorio un esame obiettivo “dalla testa ai piedi” per ricercare possibili sedi di infezione

82 Conseguenze dello shock
Alterata produzione trasporto ed utilizzazione di energia Alterato funzionamento pompe di membrana Alterato metabolismo cellulare Edema e acidosi intracellulare Disfunzione di organi e tessuti Danno e morte cellulare Morte del paziente

83 Risposta di difesa emodinamica (classicamente nello shock ipovolemico)
Aumento frequenza Aumento contrattilità cardiaca Vasocostrizione periferica Ritenzione idrosalina Lo scopo dell’attivazione dei meccanismi di regolazione della PA è quello di mantenere la PA e di ridistribuire il flusso ematico verso i circoli distrettuali degli organi vitali (CNS, cuore, etc.) a spese di altri organi e apparati (cute, muscoli, etc.)

84 Shock: fasi cliniche Preshock o shock “compensato” (non ipotensione in clinostatismo). I meccanismi di compenso cardiocircolatori sono ancora in grado di mantenere un certo grado di omeostasi circolatoria (per es. una perdita del 10% del volume ematico può associarsi a normotensione o ipotensione lieve  concetto di golden hour per la terapia) Shock vero e proprio o fase di “Scompenso circolatorio acuto”. I meccanismi di regolazione della pressione arteriosa non sono più sufficienti a mantenere l’omeostasi e compaiono ipotensione in clinostatismo e segni di insufficienza di organo (reversibile). La comparsa di questi segni consegue, a seconda della patogenesi dello shock, a uno o più dei seguenti: riduzione del 20-25% della volemia efficace, una riduzione dell’indice cardiaco a < 2.5 L/min/m2, effetto dei mediatori della sepsi Shock irreversibile: sono presenti segni di insufficienza d’organo non reversibili in tempi brevi o a volte irreversibili (oliguria da necrosi tubulare acuta, coma da ipoperfusione cerebrale, insufficienza respiratoria da ARDS etc).

85 Discrepanza tra disponibilità sistemica di O2 (parametri di trasporto sistemici) e disponibilità di ossigeno a livello del singolo tessuto o cellula La distribuzione del flusso, e quindi della perfusione e quindi dell’ossigeno, a livello periferico è governata da fattori locali, difficlmente studiabili e quantificabili in clinica La distribuzione della perfusione sistemica a livello di singolo organo (per esempio il rene attraverso la valutazione del flusso renale ematico) può essere misurata (anche se ciò non avviene di frequente in clinica), ma quello che non conosciamo, o possiamo conoscere solo indirettamente, è la distribuzione all’interno dell’organo o del tessuto in questione (per esempio come il flusso ematico renale si distribuisce tra corticale e midollare, o come si ditribuisce tra midollare esterna e interna)

86 Shock settico: meccanismi dell’ipotensione

87 Mechanisms of Vasodilatory Shock.
Septic shock and states of prolonged shock causing tissue hypoxia with lactic acidosis increase nitric oxide synthesis, activate ATP-sensitive and calcium-regulated potassium channels (KATP and KCa, respectively) in vascular smooth muscle, and lead to depletion of vasopressin. The abbreviation cGMP denotes cyclic guanosine monophosphate.

88 Anamnesi — Nel paziente in shock difficilmente può essere eseguita una anamnesi completa; più spesso le notizie vengono fornite dalla famiglia o vengono ricavate dalla documentazione sanitaria se disponibile. Le condizioni generali del paziente prima dello shock, e problemi di salute recenti possono aggiungere importanti informazioni. Altre notizie importanti:     Allergie a cibo e farmaci    Recenti modificazioni nell’assunzione di farmaci     Intossicazione acuta o cronica con farmaci     Patologie preesistenti     Immunosoppresione     

89 Segni clinici dello shock: Parametri vitali
Stato di coscienza Frequenza card. e Pressione art. Frequenza respiratoria (ed SaO2 art) Temperatura Diuresi

90 Segni clinici nello shock: Cute
Cute fredda, umida Pallore Sudorazione fredda Riempimento capillare prolungato Cute calda, rubeosica, asciutta nello shock settico (fasi iniziali)

91 Stato di coscienza Può essere normale nelle fasi iniziali Confusione
Irrequietezza ed agitazione Stato soporoso Coma Valutazione più precisa (quantificazione) e monitoraggio mediante la scala di Glasgow

92 Frequenza cardiaca e press. arteriosa
Il polso nello shock è piccolo e frequente Fra le anomalie dei parametri vitali la frequenza cardiaca è l’indice più sensibile di deplezione di volume L’ipotensione (PA sist. < 90 mmHg o PAM < 60 mmHg) si può manifestare in una fase successiva alla tachicardia (in caso di shock emorragico nel paziente adulto sano in posizione supina, la perdita di volume tale da provocare ipotensione può essere pari ad almeno il 30% del volume ematico) Se i parametri vitali in posizione supina sono normali e le condizioni generali lo consentono (ad es. stato di coscienza normale, non traumi alla colonna vertebrale o pelvici)  valutare presenza di eventuale ipotensione ortostatica (PA e frequenza dopo 2-3 min supino poi dopo 1 min di ortostatismo  test positivo se lipotimia, vertigini, variazione di frequenza > 30 b/m o riduzione P sist > 30 mmHg)

93 Parametri respiratori
Frequenza respiratoria (tachipnea, bradipnea) Dispnea Saturazione arteriosa in O2 (desaturazione  attenzione alla presenza di vasocostrizione  lettura inattendibile della saturimetria noninvasiva)

94 Diuresi Contrazione della diuresi (necessità di monitoraggio diuresi)  diuresi 24 ore < 400 ml o diuresi oraria < 0.5 ml/Kg/h Urine concentrate (scure) Peso specifico elevato (> 1020) Sodiuria bassa Rapporto Na/K urinario invertito

95 Parametri per la diagnosi ed il monitoraggio nello shock (1)
EMODINAMICI Pressione arteriosa (invasiva e noninvasiva) Frequenza cardiaca Pressione venosa centrale Pressione di incuneamento polmonare Portata o indice cardiaco Resistenze vascolari perif e polmonari URINARI Diuresi oraria o bioraria Diuresi 24 ore Peso specifico Elettroliti urin. (Na, K) EMOGASANALITICI pH art, PaO2, PaCO2, HCO3 LABORATORIO Emocromo (Hb, Hct, piastrine, GB, GR etc.) Creatininemia, azot Glicemia Coagulazione completa (PTT, AP etc.) Acido lattico Markers di necrosi miocardica (CK-MB, troponina, mioglobina etc.) ECG Nello shock ipovolemico richiedere sempre gruppo sanguigno; anche prove crociate se shock emorragico

96 catetere venoso centrale
Il catetere di Swan-Ganz catetere venoso centrale consente misurazione gittata sistolica e portata cardiaca (termodiluizione) misurazione delle pressioni nel circolo polmonare (pressione in arteria polmonare, pressione capillare polmonare) la pressione capillare polmonare corrisponde alla pressione che si ottiene dalle misurazioni effettuate quando il palloncino che è alla punta del catetere è gonfio e la punta del catetere è incuneata nell’arteria polmonare la pressione che si misura (pressione di incuneamento polmonare), corrisponde alla pressione capillare polmonare, che a sua volta,essendo in equilibrio con le pressioni in atrio sinistro, fornisce un indice di precarico del VS

97 Profili emodinamici nello shock


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