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ALFRED MARSHALL (1842-1924).

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Presentazione sul tema: "ALFRED MARSHALL (1842-1924)."— Transcript della presentazione:

1 ALFRED MARSHALL ( )

2 Nasce a Clapham (un sobborgo di Londra), da una famiglia middle class

3 1862. Entra al St John's College, Cambridge
Concorre al Mathematical Tripos il concorso più prestigioso dei laureati di Cambridge, e nel 1865 arriva secondo dopo il futuro Lord Rayleigh

4 Il successo nel Tripos gli fa guadagnare una fellowship al St. John’s
- sposta i suoi interessi dalla matematica alla filosofia, all’etica, alla psicologia, e finalmente approda all’economia politica.

5 - 1877. sposa Mary Paley, sua allieva alla Newnham Hall e una delle prime donne laureate a Cambridge

6 Per il matrimonio con Mary deve abbandonare il St John’s perché vigeva la regola del celibato per i docenti dell’Università di Cambridge. Diventa professore di Economia Politica all’University College di Bristol

7 1883. Si sposta a Oxford dove ottiene una lectureship al Balliol College

8 1885: cattedra di economia politica a Cambridge
1885: cattedra di economia politica a Cambridge. Resta fino al 1908, dando vita a una delle più prestigiose scuole di economia del Novecento

9 1890. Pubblica i Principles of Economics (8a ed. 1920)
Lavora anche a temi di economia applicata, ma solo tra il 1919 ed il 1923 pubblica due grossi volumi intitolati rispettivamente Industry and Trade e Money, Credit and Commerce.

10 Fin dall’introduzione, Marshall rivela i motivi sociali che hanno ispirato il suo interesse per l’economia politica. 1. Political economy or economics is a study of mankind in the ordinary business of life; it examines that part of individual and social action which is most closely connected with the attainment and with the use of the material requisites of wellbeing. Thus it is on the one side a study of wealth; and on the other, and more important side, a part of the study of man. For man's character has been moulded by his every-day work, and the material resources which he thereby procures, more than by any other influence unless it be that of his religious ideals; and the two great forming agencies of the world's history have been the religious and the economic.

11 For the business by which a person earns his livelihood generally fills his thoughts during by far the greater part of those hours in which his mind is at its best; during them his character is being formed by the way in which he uses his faculties in his work, by the thoughts and the feelings which it suggests, and by his relations to his associates in work, his employers or his employees. And very often the influence exerted on a person's character by the amount of his income is hardly less, if it is less, than that exerted by the way in which it is earned. It may make little difference to the fulness of life of a family whether its yearly income is £1000 or £5000; but it makes a very great difference whether the income is £30 or £150: for with £150 the family has, with £30 it has not, the material conditions of a complete life… The hope that poverty and ignorance may gradually be extinguished, derives indeed much support from the steady progress of the working classes during the nineteenth century…

12 This progress has done more than anything else to give practical interest to the question whether it is really impossible that all should start in the world with a fair chance of leading a cultured life, free from the pains of poverty and the stagnating influences of excessive mechanical toil; and this question is being pressed to the front by the growing earnestness of the age. The question cannot be fully answered by economic science. For the answer depends partly on the moral and political capabilities of human nature, and on these matters the economist has no special means of information: he must do as others do, and guess as best he can. But the answer depends in a great measure upon facts and inferences, which are within the province of economics; and this it is which gives to economic studies their chief and their highest interest.

13 Il metodo della scienza economica marshalliana
Per primo usa il termine “economics”: l’economia è una scienza. E’ affine non tanto alle scienze fisiche quanto a quelle storico-sociali ( Schmoller) e, tra quelle naturali, alla biologia ( Spencer). Ritiene che tra economia classica ed economia marginalista non ci sia discontinuità metodologica. La ‘nuova’ teoria è ‘neoclassica’ Metodo complesso: combinazione di rigore logico-analitico e di ricorso all’esperienza storica.

14 Riteneva utile l’uso della matematica, ma solo per la statica economica.
I concetti economici devono essere espressi in un linguaggio semplice e accessibile. L’analisi economica deve servire a interpretare la realtà. metodo del caeteris paribus: far variare un elemento solo alla volta e osservarne le conseguenze: statica comparata.

15 A differenza di Walras non è interessato all’EEG, ma ai c. d
A differenza di Walras non è interessato all’EEG, ma ai c.d. equilibri parziali: Costruire, con riferimento ad un determinato mercato, una relazione funzionale tra le quantità domandate di un bene e il suo prezzo in un determinato istante di tempo, nell’ipotesi che rimangano costanti i prezzi degli altri beni, i redditi e i gusti dei consumatori

16 Marshall sapeva che nell’economia i mercati erano interdipendenti.
La procedura era valida solo a livello di prima approssimazione. vMinore rigore compensato da un livello di formalizzazione minore: più facile utilizzazione pratica. Ma la statica comparata è solo un primo passo; non spiega le leggi di sviluppo delle società  analisi dinamica, con concetti tratti dalla biologia.

17 Sui valori di scambio incidono:
La teoria del valore La teoria marshalliana del valore si propone come sintesi tra marginalisti e classici: Sui valori di scambio incidono: le scelte soggettive degli agenti (utilità marginale), alla base della domanda - i costi di produzione, alla base dell’offerta.

18 A. Teoria della domanda Marshall cerca di capire come si passa da una curva di utilità marginale decrescente a una curva di domanda. L’utilità è difficilmente misurabile, ma possono essere osservati i prezzi che l’agente paga. Concetto di “disponibilità a pagare”: l’utilità marginale può essere misurata in termini della quantità di moneta che un determinato consumatore è disposto a sacrificare per ottenere una unità di bene in più. (tale quantità di moneta è un indice dell’utilità attribuita all’unità aggiuntiva di bene). PROBLEMA: affinché la moneta possa essere considerata una buona unità di misura, occorre presupporre che abbia una utilità marginale (MUm) costante. Marshall la assume come ipotesi

19 Definizione: prezzo marginale di domanda (pmx) = prezzo massimo che un determinato consumatore è disposto a pagare per ottenere una unità aggiuntiva (x) di un determinato bene. In equilibrio il consumatore acquista quella quantità x di merce in corrispondenza della quale pmx è uguale al prezzo di mercato del bene (px). Ora, pmx è uguale per definizione al rapporto tra l’utilità marginale del bene (MUx) e l’utilità marginale della moneta (MUm). Ne segue che in equilibrio: px = pmx = MUx/MUm [1]

20 La [1] può essere scritta:
MUx = px MUm Ora, se px si riduce ne deriva che Mux  px MUm. Per ritornare all’eguaglianza occorre che il consumatore acquisti una maggiore quantità del bene: ciò, in virtù del principio della utilità marginale decrescente, determina una riduzione di MUx. Abbiamo dunque una prima dimostrazione della pendenza negativa della curva di domanda. Sommando le varie schede di domanda individuali, si perviene alla domanda di mercato relativa a un determinato bene.

21 B. Teoria dell'offerta basata sui costi dei fattori produttivi, essenzialmente lavoro e capitale. Il salario reale (costo del lavoro) è una funzione crescente della quantità di lavoro  la curva di offerta individuale di lavoro è inclinata positivamente (disutilità marginale crescente). Il costo del capitale è crescente perché l’accumulazione di beni capitali richiede risparmio e questo a sua volta è funzione crescente del tasso di interesse. Sommando le curve di offerta individuali, si perviene alla offerta di mercato relativa ad un determinato bene. Il valore di scambio è dato dall’incrocio tra la curva di domanda e la curva di offerta.

22 “Due lame della forbice”: non ha senso chiedersi se, ai fini della determinazione del valore, sia più rilevante l’utilità o il costo di produzione.

23 Domanda e offerta influenzano diversamente il prezzo a seconda del periodo considerato:
periodo di mercato: l’offerta è fissa. La curva di offerta è verticale. il prezzo è determinato sostanzialmente dalla domanda. i costi di produzione non esercitano influenza apparente sui prezzi.

24 2. Breve periodo: la quantità offerta può essere aumentata la capacità produttiva è data (impianti dati) La curva di offerta è crescente perché i costi marginali sono crescenti al crescere della produzione. Prezzi e quantità di equilibrio vengono determinati simultaneamente dai costi e dalla domanda.

25 3. Lungo periodo: la capacità produttiva è variabile le imprese possono modificare: impianti organizzazione produttiva quantità di lavoro impiegato il numero delle imprese in una determinata industria è variabile  rendimenti di scala costanti, la curva di offerta dell’industria sarà orizzontale i prezzi di equilibrio vengono determinati dall’offerta le quantità vengono determinate dalla domanda

26 L'equilibrio di mercato: Walras e Marshall a confronto
Differenze tra Marshall e Walras nella spiegazione dell’equilibrio di mercato. le funzioni marshalliane di domanda e di offerta esprimono i prezzi in funzione delle quantità p = f (q) le funzioni walrasiane di domanda e di offerta esprimono le quantità in funzione dei prezzi q = f (p) Per Marshall, cioè, ogni operatore ha in mente prezzi di offerta e di domanda “normali” e in base a essi aggiusta via via le quantità acquistate o vendute sul mercato. Per Walras, invece, compratori e venditori sono price takers e reagiscono ai prezzi gridati dal banditore aggiustando le quantità domandate e offerte

27 A. Equilibrio walrasiano
p p1 p* p2 D q q1D q2S q* q1S q2D A. Equilibrio walrasiano

28 B. Equilibrio marshalliano
p S p2S p1D p* p2D D p1S q q1 q* q2 B. Equilibrio marshalliano

29 Concetto di surplus o rendita del consumatore
differenza tra la somma massima che il consumatore sarebbe disponibile a pagare per una determinata quantità di un bene (calcolata sulla base di prezzi marginali di domanda decrescenti) e il suo effettivo esborso monetario

30 L’area aep* rappresenta la rendita del consumatore
q q* L’area aep* rappresenta la rendita del consumatore

31 Lato dell’offerta. Marshall ha introdotto concetti basilari:
Industria = insieme di imprese che produce la stessa merce Economie di scala = “economie derivanti da un aumento della scala di produzione di un qualunque genere di merci”; due categorie: a. quelle dipendenti dallo “sviluppo generale dell’attività produttiva” (economie esterne) b. quelle derivanti dalle “risorse delle singole imprese” e dalla “efficienza della loro amministrazione” (economie interne) Impresa rappresentativa = impresa “media”, caratterizzata da funzioni di costo e da tecniche produttive tipiche di una particolare industria Surplus o rendita del produttore = somma delle differenze tra i prezzi minimi ai quali l’imprenditore sarebbe disposto a vendere le diverse unità del bene prodotto e la somma complessiva effettivamente percepita

32 v Distretto industriale (Principles, libro IV, cap
v  Distretto industriale (Principles, libro IV, cap. 10; Industry and Trade) = area territoriale circoscritta con una particolare vocazione produttiva, caratterizzata da un numero elevato di imprese di dimensioni medio-piccole, da una peculiare cultura economica e da una specifica rete associativa e istituzionale. Marshall riteneva che le economie di mercato tendessero verso imprese di grandi dimensioni (rendimenti di scala crescenti). Tuttavia in alcuni settori industriali l’attività produttiva si prestava ad essere svolta nell’ambito di un network di imprese di piccole e medie dimensioni, basate sul lavoro artigianale. Economie esterne all’impresa ma interne all’area. Un distretto agevola l’introduzione e la trasmissione di innovazioni e di miglioramenti, anche minimi. “Atmosfera industriale” di una particolare area agisce da catalizzatore di nuove energie esterne all’area stessa  rafforzamento.

33 La critica di Sraffa Problema: l’equilibrio marshalliano di lungo periodo prevede rendimenti costanti. In realtà Marshall pensava che nel lungo periodo i rendimenti fossero crescenti (la curva di offerta è inclinata negativamente). Ciò è incompatibile con l’ipotesi di concorrenza e sembra aprire la strada al monopolio: ogni impresa è infatti incentivata ad estendere la scala di produzione, abbassando i prezzi e scalzando dal mercato i concorrenti più piccoli. “Sulle relazioni tra costo e quantità prodotta”, Annali di Economia, 1925; “The Laws of Returns Under Competitive Conditions”, Economic Journal, 1926.

34 Anni 1920 Critiche John Clapham ( ): le definizioni marshalliane di rendimenti di scala costituivano delle “empty boxes”, prive di rilevanza empirica. Piero Sraffa: superare le ipotesi poco realistiche di concorrenza perfetta e di impresa rappresentativa e definire forme di mercato intermedie tra concorrenza e monopolio, in cui le imprese possono influenzare il prezzo dei prodotti offerti Anni 1930 Modelli di concorrenza imperfetta e concorrenza monopolistica. Joan Robinson e Edward Chamberlin  moderna teoria delle forme di mercato

35 La teoria monetaria Marshall è all’origine della teoria delle “scorte liquide”, una versione della teoria quantitativa della moneta che pone l’accento sulle scelte soggettive dei singoli agenti. 1871. Saggio sulla moneta. Prima esposizione del concetto di “scorte liquide”. La moneta si differenzia dagli altri beni per il fatto di essere convertibile senza costi aggiuntivi in un qualunque altro bene o servizio offerto sul mercato; La moneta, d’altra parte, è per definizione infruttifera;  mantenendo una parte delle proprie disponibilità in forma liquida, l’agente economico deve rinunciare ai proventi che avrebbe potuto percepire investendo tali somme in attività finanziarie o di tipo produttivo.

36 La quantità di moneta detenuta da ogni singolo individuo, ovvero la sua domanda di circolante, è la risultante di una valutazione individuale dei vantaggi e degli svantaggi conseguenti a tale scelta. Il valore della moneta utilizzata negli scambi è pari per definizione a quello del complesso dei beni scambiati.  se tutti gli individui di un determinato stato decidessero di detenere in media 1/10 delle proprie disponibilità in forma liquida, lo stock di moneta all’interno di tale stato avrebbe un valore pari a 1/10 del prodotto complessivo. Se gli individui decidono di detenere in forma liquida una proporzione minore di moneta, il valore della moneta diminuisce In sostanza Marshall, pur ritenendo che la teoria quantitativa fosse analiticamente corretta, sottolinea come essa sia applicabile solo adottando una serie di ipotesi restrittive: i) lo strumento monetario deve essere esogeno e non suscettibile di utilizzazioni alternative; ii) le abitudini di spesa degli agenti economici devono rimanere invariate; iii) il prodotto complessivo deve essere dato.

37 “Condivido la dottrina che i prezzi, a parità di tutto il resto,
aumentino in proporzione alla quantità di metalli che sono usati come moneta. [Tuttavia] penso che le variazioni delle circostanze che devono essere considerate immutate siano molto spesso […] più importanti delle variazioni delle quantità dei metalli preziosi” (testimonianza alla Gold and Silver Commission, )

38 Nel corso degli anni ottanta e novanta Marshall intervenne a più riprese sul tema della stabilità dei prezzi. Periodo di deflazione  aspettative pessimistiche. Secondo alcuni la causa era l’adozione simultanea da parte di molti paesi del gold standard.  smonetizzazione dell’argento non accompagnata da un aumento sufficiente della offerta di oro  contrazione della base monetaria. Soluzione: ripristino del sistema bimetallico oro - argento. Marshall: la deflazione è dannosa perché, data la rigidità dei salari verso il basso, riduce i margini di profitto. L’inflazione al contrario stimola l’attività produttiva ma erode il potere d’acquisto dei salari. Tuttavia la deflazione degli anni ’80 era dovuta a fattori reali (riduzione dei costi).  il bimetallismo non avrebbe risolto il problema. Marshall propone tuttavia una versione rinnovata del bimetallismo e meccanismi di indicizzazione dei salari


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