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Principi attivi Flavonoidi; Saponine; Glucosidi cardiaci; Alcaloidi;

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1 Principi attivi Flavonoidi; Saponine; Glucosidi cardiaci; Alcaloidi;
Terpeni; Cumarine; Carboidrati; Acidi grassi; Tannini; Gomme e mucillagini.

2 PROPRIETÀ CHIMICHE E BIOLOGICHE
DEI FLAVONOIDI

3 I FLAVONOIDI : CHIMICA E DISTRIBUZIONE
I flavonoidi sono il gruppo di fenoli di origine naturale maggiormente diffuso. Si possono definire derivati del flavone, del flavonolo e del flavanone, caratterizzati dal possedere una colorazione gialla, da cui il nome complessivo di flavonoidi (dal latino flavus , giallo). Ne sono molto ricchi gli agrumi, soprattutto il Citrus medica (limone), il Citrus aurantium (arancia), nelle sue varietà amara e dulcis, alcuni frutti selvatici, come quelli di Rosa canina, e varie specie appartenenti alla famiglia delle Compositae. La struttura base della molecola dei flavonoidi può essere individuata nel -benzopirone, formalmente ottenuto dalla condensazione del benzene con il chetone in  del pirano (-pirone): Questo è sostituito con un anello aromatico, per formare lo scheletro tipico dei flavonoidi: C6-C3-C6

4 A seconda del grado di metabolizzazione raggiunto, sono distribuiti nel regno vegetale sia sotto forma di AGLICONI che di ETEROSIDI, composti derivanti dalla combinazione tra il gruppo riducente di uno zucchero e il gruppo funzionale di una molecola non zuccherina, con la formazione di un legame glicosidico, che comporta l’eliminazione di una molecola di acqua; la parte zuccherina della molecola è detta glicone, quella non zuccherina aglicone. Pur non essendo ancora chiari i motivi che determinano l’arresto del processo biosintetico ad un certo stadio, è stata notata una anomala produzione di questa sostanze, che ne determina l’accumulo in alcune parti della pianta; così, gli eterosidi sono più comuni nei fiori, nei frutti e nelle foglie, mentre gli agliconi sono più abbondanti nei tessuti legnosi (fusto, rami e radici). Alcuni flavonoidi non hanno gruppi ossidrilici, oppure sono completamente alchilati (nobiletina, tangeretina); non potendosi, quindi, legare ad unità zuccherine, sono presenti in natura soltanto come agliconi.

5 La posizione dell’anello aromatico e la presenza di sostituenti ossidrilici sugli anelli in diverse posizioni consentono di individuare NOVE CLASSI di composti appartenenti alla famiglia dei flavonoidi, pur con alcune eccezioni strutturali (antocianine, calconi ed auroni). Per idrogenazione del flavone si ottiene il flavanone. La sostituzione con un ossidrile dell’atomo di idrogeno in posizione 3 del ciclo ironico, porta al flavonolo. Per idrogenazione del doppio legame e del carbonile nel nucleo ironico si ottengono le catechine.

6 I flavonoidi sono 1,3-diarilpropani,
Gli isoflavonoidi sono 1,2-diarilpropani, I neoflavonoidi sono 1,1-diarilpropani.

7 Alimenti e droghe ricchi di flavonoidi
I flavonoidi in genere si trovano più abbondanti nelle piante superiori e nei tessuti più giovani. Sono stati largamente utilizzati come marcatori tassonomici. Sono presenti in particolare nelle famiglie: Poligonaceae; Rutaceae; Compositae; Leguminose; Unbellifere. Alimenti e droghe ricchi di flavonoidi Tè verde Cioccolato fondente - cacao Agrumi Frutti di bosco Finocchio Pomodori Grano saraceno Mirtillo Centella asiatica Ippocastano Ginkgo Biloba Rusco o pungitopo Vite rossa Propoli Cardo mariano

8 Estrazione e caratterizzazione –
Data la grande varietà e le differenti caratteristiche chimico-fisiche dei costituenti di questa famiglia di composti, non esiste un metodo singolo di estrazione e caratterizzazione applicabile ai differenti tipi di flavonoidi. Alcuni di essi sono solubili sia in acqua che in etere (eterosidi altamente metilati), altri in etere e in alcool ed altri ancora sono solubili in acqua e insolubili in etere (eterosidi con tre o più unità zuccherine). Generalmente nell’estrazione di droghe fresche si usa metanolo o etanolo, mentre con le droghe essiccate si usa etanolo a 80°. Poiché sia gli eterosidi che gli agliconi sono insolubili in etere di petrolio, in genere le droghe vengono prima trattate con questo solvente, con lo scopo di eliminare la clorofilla e tutte le sostanze lipofile.

9 Separazione e caratterizzazione –
La separazione mediante tecniche cromatografiche è la metodologia più utilizzata, quantunque a volte abbastanza complessa e laboriosa. HPLC (cromatografia liquida ad alta pressione) ha consentito un salto di qualità nella separazione di sostanze a struttura complessa, come i flavonoidi. Esempio: rapida e selettiva separazione, mediante l’utilizzo della suddetta tecnica di flavonoidi a struttura simile, come l’apigenina-7-glucoside e l’apigenina-7-acetilglucoside, o la ginkgetina e l’isoginkgetina. Spettrometria di massa, il cui utilizzo è stato incrementato dallo sviluppo di tecniche di ionizzazione cosiddette “soft”, è sicuramente uno dei metodi chimico-fisici più utile per la determinazione strutturale di composti flavonoidici, fornendo informazioni sul peso molecolare, sulla distribuzione dei sostituenti sugli anelli aromatici e sulla natura e il sito di legame di zuccheri in O-glucosidi e C-glucosidi. Risonanza Magnetica Nucleare.

10 Ruolo biologico – protezione contro funghi parassiti, erbivori e patogeni; contrariamente a queste azioni, alcuni flavonoidi hanno dimostrato di influenzare la ricerca di nutrimento da parte di alcuni insetti; ne è un esempio l’isoquercitrina, importante stimolante per la ricerca di cibo da parte del baco da seta; Caratteristiche spettrali che fanno sì che questi composti possano agire da schermo nei confronti delle radiazioni UV nel range critico nm, consentendo la prevenzione di fenomeni di mutagenesi e costituendo uno schermo in grado di evitare la fotodistruzione dei coenzimi NAD e NADP; proprietà antiossidanti e sono capaci di chelare i metalli, determinando una riduzione della probabilità di foto-ossidazione di alcuni composti in condizioni di elevate intensità luminose; I flavonoidi contribuiscono al colore dei fiori e dei frutti e, conseguentemente, influenzano l’impollinazione dei fiori e la dispersione dei semi con il loro effetto di attrazione su insetti e altri animali. Le antocianine hanno in questo senso fondamentale importanza.

11 Proprietà biologiche –
1938: prime indicazioni sull’attività biologica dei flavonoidi da Szent-Gyorgyi, il quale aveva riunito nel termine “citrina” o “vitamina P” (P da permeabilità) tali composti dotati di azioni capillaro-protettive, isolati dalla buccia di limone e dalla paprica. I flavonoidi sono noti per le loro proprietà: antinfiammatorie; antiallergiche; gastroprotettive; antiossidanti; di inibizione della perossidazione lipidica; antitumorali.

12 La silibina E’ il componente principale del gruppo dei flavolignani denominati silimarina, composti dotati di azioni antiepatotossiche. Sono stati isolati da piante quali il Silybum marianum (o Cardus marianum) della famiglia delle Compositae. La silibina, in associazione alla penicillina, è stata usata con successo nel trattamento dell’avvelenamento del fungo Amanita phalloides. L’azione protettiva della silimarina può essere ricondotta all’effetto stabilizzante di membrana e all’effetto antiossidante e di cattura dei radicali liberi. Il frutto del cardo mariano è impiegato in erboristeria nel trattamento di epatopatie tossico-metaboliche per il contenuto in silimarina.

13 I flavonoidi, oltre che per gli effetti antinfiammatori, antiallergici e gastroprotettivi, ricondotti alla loro azione sul metabolismo dell’acido arachidonico, e nello specifico ad un’azione inibente sulle vie della ciclo- o della lipo-ossigenasi, sono noti soprattutto per la loro attività antiossidante e di inibizione della perossidazione lipidica attraverso l’azione “scavenger” di anioni superossido e radicali idrossilici.

14 Radicali liberi • Invecchiamento “Stress ossidativo” Proteine DNA
• Raggi X, luce UV • Reazioni enzimatiche • Metalli di transizione • Processi metabolici Radicali liberi I radicali liberi sono molecole con uno o più elettroni spaiati in un orbitale molecolare o atomico, prodotti normalmente e costantemente all’interno delle cellule dell’organismo. Sono molecole altamente instabili e per questo estremamente reattive, che esplicano la loro attività tossica solo quando sono prodotte con una velocità o in una quantità tale da non poter essere inattivate dai sistemi di difesa della cellula. L’azione distruttiva dei radicali liberi si manifesta essenzialmente attraverso tre tipi di reazione: per ossidazione dei lipidi di membrana, ossidazione delle proteine e lesioni al DNA. Proteine DNA Lipidi Specie rerattive dell’ossigeno(ROS) H2O •O2– •OH • Invecchiamento • Patologie cardiache • Infiammazione • Tumori “Stress ossidativo”

15 Attività antiossidante
L’attività antiossidante dei flavonoidi è legata all’arrangiamento strutturale dei gruppi funzionali sul nucleo base. Conformemente a quanto si osserva con la maggior parte degli antiossidanti polifenolici, i meccanismi alla base dell’attività antiossidante sono influenzati sia dalla conformazione sia dal numero totale di sostituenti ossidrilici. La capacità “scavenger” è attribuita principalmente all’alta reattività dei gruppi ossidrilici che partecipano alla reazione: F-OH + R. = F-O. + RH. Negli ultimi anni studi sulle relazioni struttura-attività hanno fornito riscontri importanti, supportando il ruolo di specifici componenti strutturali per l’azione “scavenger” e per la capacità di chelare i metalli. Si è visto, così, che la presenza di un ossidrile in posizione 3 rende i flavonoli, come myricetina e quercetina, inibitori della perossidazione lipidica più potenti rispetto a flavonoidi agliconici che mancano di questo sostituente, come apigenina e naringenina.

16 Attività antiossidante
La presenza di uno zucchero riduce l’azione antiossidante dei gruppi idrossilici adiacenti per ingombro sterico. Se si tiene, però, conto del fatto che i glucosidi sono idrolizzati dalla flora intestinale nei corrispondenti agliconi, la conclusione che i flavonoidi glucosidici hanno una più bassa potenza antiperossidativa in vitro rispetto agli agliconi può non essere rilevante per gli effetti in vivo. Flavonoidi che hanno sia un gruppo carbonilico in C-4 che gruppi ossidrilici in C-3 e C-5, come rutina e quercetina, formano chelati con ioni ferro. L’abilità di siffatti flavonoidi nel sequestrare ioni metallici contribuisce alle loro proprietà antiperossidative per mezzo della prevenzione della formazione di radicali liberi nel sistema di Fenton. Inoltre, i flavonoidi conservano le loro attività “scavenger” anche dopo la formazione di complessi con ioni ferro.

17 ASPETTI FARMACOLOGICI DELL’ATTIVITÀ DEI FLAVONOIDI
Già nella seconda metà degli anni ’50 da una pianta endemica tailandese, la PUERARIA MIRIFICA L’interesse per i flavonoidi negli anni più recenti è aumentato; sono stati, infatti, realizzati molti lavori che hanno fornito risultati molto interessanti soprattutto in relazione alla prevenzione di alcuni tipi di tumore. MIROESTROLO, il quale ha mostrato un’attività estrogenica simile, per azione e potenza, a quella dell’estradiolo-17, estrogeno naturale, a struttura steroidica, la cui alterazione è responsabile di alcuni tipi di tumori mammari o ovarici, nelle donna, e prostatici nell’uomo. Confrontando strutturalmente l’estradiolo-17 e il miroestrolo, si è potuto osservare che i due composti, pur presentando una diversa struttura, mostrano una geometria molecolare tale per cui vi sono alcuni gruppi funzionali che si legano a medesimi siti recettoriali. In particolare, l’azione estrogenica del miroestrolo sembra essere legata ai gruppi ossidrilici in C3 e C18 , aventi una distanza di 10,3 Angstron all’incirca uguale a quella esistente tra il gruppo 17-idrossilico e il gruppo fenolico dell’estradiolo-17.

18 A partire da questi risultati hanno preso avvio numerosi altri studi miranti ad individuare un’attività estrogenica in altri flavonoidi. E’ possibile segnalare, tra questi, gli studi condotti su alcune specie di trifoglio (Trifolium subterraneum, Trifolium pratensis e Trifolium repens), in cui sono stati isolati composti a struttura isoflavonoica, quali genisteina, daidzeina, biocanina A e formononetina, che presentano, come il miroestrolo, attività di tipo estrogenico. Trifolium pratensis Alcuni studi hanno dimostrato che l’affinità dei fitoestrogeni genisteina e cumestrolo, verso i recettori estrogenici (ER), è addirittura più elevata dello stesso estradiolo-17, avvalorando la tesi della competizione verso tali siti e della conseguente azione biologica di prevenzione verso le forme tumorali provocate dall’azione estrogenica. Trifolium subterraneum Trifolium repens

19 Ginkgo biloba L. Principi attivi:Terpeni e polifenoli. Tra i diterpeni importanti i ginkolidi A,B,C,M,J Proprietà: Azione vasodilatatoria, con aumento del tono venoso, diminuizione della permeailità capillare ed aumento ell’irrorazione cerebrale. La droga aumenta il tenore di glucosio e di ATP del tessuto nervoso e la tolleranza all’ipossia. I polifenoli del G. biloba sono ottimi cacciatori di radicali liberi. Il ginkgolide B è un ottimo inibitore del PAF, un fattore coinvolto nell’aterogenesi Ginkgolide B Parti utilizzate: foglie Forme farmaceutiche: Fitocomplesso totale e concentrato totale

20 Propoli Principi attivi: Sostanza cero-resinosa risultante dall’elaborazione di alcune resine vegetali a parte delle api (Flavonoidi come la pinocembrina e idrossiacidi aromatici) Proprietà: attività antibatterica ed antinfiammatoria. Azione cicatrizzante e antivirale. Azione immunomodulante Forme farmaceutiche: estratto secco Pinocembrina

21 Proprietà chimiche e biologiche delle SAPONINE

22 Le saponine sono glucosidi di origine vegetale, caratterizzati dal possedere una spiccata azione tensioattiva: come i saponi, formano con l’acqua delle soluzioni colloidali schiumeggianti dopo agitazione e hanno proprietà emulsionanti e detergenti. Chimicamente si possono dividere in due gruppi, correlati biogeneticamente: saponine ad aglicone steroidico (C27); saponine ad aglicone triterpenico (C30). Le proprietà chimico-fisiche e biologiche dei due gruppi sono tuttavia analoghe. Entrambi i gruppi hanno un legame con il glucosio in posizione C3 e possiedono origine biogenetica comune attraverso l’acido mevalonico e unità isoprenoidi.

23 Alcune saponine steroidiche:
Saponina Zuccheri componenti Digitonina Dioscina Gitonina Sarsaponina Tigonina 2 glucosio, 2 galattosio, 1 xilosio 1 glucosio, 2 ramnosio 1 glucosio, 2 galattosio, 1 xilosio 2 glucosio, 1 ramnosio Alcune saponine triterpeniche: Saponina Zuccheri componenti Escina Aralina Guaianina Ederacoside 2 glucosio, . glucuronico, . tiglico 2 arabinosio, . glucuronico 1 ramnosio, 1 glucosio, 1 arabinosio 1 glucosio, 1 arabinosio

24 Struttura fondamentale degli agliconi delle saponine:
a) steroidiche; b) triterpeniche.

25 Diffusione Le saponine sono largamente diffuse nel regno vegetale e in alcune famiglie rappresentano un elemento caratteristico e costante (Cariofillaceae, Sapindaceae, Chenopodiaceae). Le saponine steroidiche sono meno diffuse di quelle triterpeniche; le prime sono contenute nella digitale e nella salsapariglia, le seconde sono invece contenute nell’edera, nella liquirizia, nella poligala. Proprietà Sono sostanze amorfe, inodori, fortemente irritanti se inalate. La maggior parte ha sapore acre, pungente; fa eccezione la glicirrizina, che ha invece un sapore gradevole. Alcune si sciolgono in acqua con reazione neutra; altre, per la presenza di gruppi carbossilici, -COOH, sono poco solubili in acqua come tali.

26 Separazione e caratterizzazione
La separazione delle saponine viene oggi condotta mediante metodiche cromatografiche convenzionali o HPLC. Con metodi di Risonanza Magnetica Nucleare (NMR) e spettrometria di massa (MS) è possibile determinare la massa molecolare, la natura e la sequenza degli zuccheri che compongono le diverse saponine. Le saponine hanno la proprietà di produrre lisi dei globuli rossi del sangue. Questa caratteristica può essere sfruttata anche per la loro determinazione quantitativa. METODO EMOLITICO: diluizioni scalari di un decotto acquoso della droga sono aggiunte a una soluzione fisiologica contenente sangue defibrinato. L’emolisi, proporzionale alla concentrazione di saponina, viene rilevata dalla variazione di assorbanza nel sopranatante.

27 Proprietà farmacologiche
Le saponine possiedono un forte potere emolitico. In particolare, le saponine steroidiche formano con gli steroli complessi insolubili; il legame con il colesterolo o altri lipidi dei globuli rossi sarebbe dunque responsabile dell’alterazione di membrana e della lisi indotta dalle saponine. Pertanto, le saponine sono molto tossiche se somministrate per via parentale. Le saponine producono un’azione irritante sui tessuti, in particolare sulle mucose: la somministrazione per via orale in forti quantità produce vomito e diarrea; in dosi piccole hanno azione espettorante il cui meccanismo sembra essere un aumento della produzione di muco bronchiale fluido dovuto ad un riflesso prodotto dall’irritazione della mucosa gastrica. Alle droghe contenenti saponine sono state attribuite, nella medicina popolare, proprietà diuretiche e depurative.

28 Le saponine possono influenzare l’assorbimento di sostanze farmacologicamente attive.
Esempio: l’impiego simultaneo del glicoside cardiaoattivo digitossina e della saponina digitonina, entrambi contenuti nelle foglie di digitale, incrementa notevolmente l’effetto farmacologico della digitossina. Il curaro è poco tossico se somministrato per os a causa del suo lentissimo assorbimento e della veloce eliminazione; se il curaro viene invece somministrato per via orale associato a saponine, la velocità di assorbimento viene aumentata al punto da ottenere effetti tossici. Prima dell’avvento di composti sintetici, le saponine erano utilizzate in tecnica farmaceutica e nell’industria quali agenti emulsionanti e sospendenti. Nelle preparazioni officinali di alcune droghe, le saponine facilitano l’estrazione di principi attivi poco solubili (es: infuso di foglie di digitale).

29 Glycyrrhiza glabra L. Parti utilizzate: rizomi, radici e succo Principi attivi: glicirrizina, una miscela di sai di K e Ca dell’ac. glicirrizico, liquiritina ecc. Proprietà: Azione antigastritica e antiulcerosa legata all’acido glicirretico ed ai flavonoidi. Azione antiflogistica legata indirettamente ai glicocorticoidi. Azione antidermatitica e antieczematosa. Antiallergica per inibizione delle PGE2, Leu C ecc. Azione ipertesivante. Forma farmaceutica: estratto secco nebulizzato Acido glicirrizico

30 Panax ginseng C.A. Principi attivi: saponosidi, vitamine del gruppo B e 14 ginsenosidi Proprietà: Azione antistress con particolare attività da parte dei ginsenosidi nel’aumento di resistenza alla fatica. Alla droga si attribuiscono attività ipoglicemizzante, stimolazione della sintesi proteica, ipocolesterolemizzante, ipolipemizzante, antiaggregante piastrinica e fibrinolitica Forme farmaceutiche: fitocomplesso totale Parti utilizzate: radice Ginsenoside Rb1

31 PROPRIETÀ CHIMICHE E BIOLOGICHE DEI GLUCOSIDI CARDIACI

32 I glucosidi cardiocinetici possiedono una intensa azione sulla fibra muscolare di lavoro e sul sistema di conduzione del miocardio. Presentano grande interesse terapeutico. Per questa loro specifica azione e vengono considerati tra i più importanti farmaci di origine naturale finora noti.

33 Diffusione Sono contenuti in un gruppo numeroso di piante che appartengono a famiglie botaniche differenti e che spesso crescono in zone lontane e diverse per caratteristiche climatiche. Tra le più importanti ricordiamo: le Digitalis (se ne conoscono almeno 20 specie diverse), piante erbacee appartenenti alla famiglia delle Scrofulariaceae; gli Strofantus (Apocinaceae), che sono per la maggior parte piante africane, alcune diffuse anche in Indovina e Malesia; la Scilla (Liliaceae), che è una pianta erbacea comune nelle zone costiere del bacino mediterraneo; l’Adonide (Ranuncolaceae), piccola erba dell’Europa centro-meridionale; il Mughetto (Liliaceae), erba perenne dei boschi dell’Europa; l’Oleandro (Apocinaceae), arbusto tipico della flora mediterranea; l’Elleboro nero (Ranuncolaceae), pianta erbacea di zone montane e sub-montane.

34 Le droghe ricavate da queste piante di diversa origine sono comunemente definite “digitaliche”, dal nome della digitale, che rappresenta la pianta terapeuticamente e storicamente più importante. L’impiego delle droghe digitaliche risale all’antichità: la scilla viene già citata nel papiro di Ebers (1550 a.C.); con la corteccia ed i semi di diverse specie di strofanto le tribù indigene africane preparavano dei potenti veleni per le frecce; la digitale veniva utilizzata nel Medioevo soprattutto per le proprietà emetiche ed espettoranti; l’uso razionale delle droghe digitaliche risale però alla fine del XVIII secolo.

35 Struttura chimica dei glucosidi cardiocinetici
Gli agliconi dei glucosidi digitatici sono steroidi a 23 o 24 atomi di carbonio. Il legame glicosidico impegna sempre l’ossidrile in posizione 3. La parte zuccherina del glucoside ha quali costituenti una, due, tre o quattro molecole di osi, rappresentati soprattutto da metilpentosi, desossimetilpentosi e glucosio.

36 DIGITALIS Le numerose specie di Digitalis sono piante erbacee, bienni, della famiglia delle Scrofulariaceae. La Digitalis purpurea e la Digitalis lanata sono le specie più note e importanti. Sono conosciute tuttavia almeno venti altre specie o varietà, alcune molto ricche in principi attivi (D. orientalis, D. mariana, D. lutea, D. grandiflora, etc.).

37 DIGITALIS PURPUREA Fioritura: tra luglio e agosto.
Tradizionalmente, come prescritto in molte Farmacopee, le foglie vanno raccolte prima della fioritura, nel secondo anno di vegetazione. Importante nel condizionare il contenuto in principi attivi è il modo di raccolta e la successiva conservazione: dopo la raccolta le foglie devono essere seccate il più rapidamente possibile a una temperatura di circa 60% e subito dopo conservate in contenitori a tenuta d’aria e protetti dalla luce. L’umidità non dovrebbe superare il 6%. Un’essiccazione lenta invece favorisce la distruzione enzimatica dei principi attivi.

38 Il suo impiego in terapia si deve al medico e botanico inglese William Withering (1785) il quale, avendo appreso da una vecchia guaritrice l'uso della pian- ta e dopo averlo sperimentato per dieci anni, ne divulgò l'impiego nel trattamento della "idropisia" (edema). A proposito dei principi presenti nella pianta scriveva: «Essi hanno un'attività sull'energia di contrazione cardiaca di un grado tale fino ad oggi non riscontrato in nessuna altra medicina e questa attività può essere utilizzata a scopi salubri». Ne individuò l'effetto diuretico, la capacità di rallentare la frequenza dei battiti cardiaci e quella di produrre effetti indesiderabili quali nausea, vomito e diarrea. Per tali ragioni si raccomadava che la pianta venisse somministrata a dosi sufficienti a produrre effetti sul rene, sul polso, sullo stomaco e sull'intestino. Dopo la sua scomparsa le indicazioni per l'utilizzo della droga divennero confuse e venne dato rilievo quasi esclusivamente all'effetto bradicardizzante della pianta, tanto che era conosciuta anche come "oppio del cuore" (Meyers F.H., Jawetz E., Goldfien A., op. cit., p. 169). In seguito, le posologie eccessive d'impiego e i conseguenti effetti tossici portarono la pianta all'oblio. Sarà con l'isolamento dei principi attivi che la digitale tornerà a essere un medicamento.

39 Descrizione della droga
La droga è costituita dalle foglie essiccate della Digitalis purpurea. La droga ha odore caratteristico molto debole e sapore amaro. Dalle foglie di Digitalis purpurea sono stati estratti numerosi acidi organici, sali minerali, pigmenti, glucosidi ed enzimi (idrolisi, ossidasi e per ossidasi). I glucosidi, tutti di natura steroidea, appartengono a due classi: i principi cardiocinetici e quelli inattivi sul miocardio, tra cui sono da ricordare le saponine. I glucosidi cardiocinetici della D. purpurea derivano da due tipi di agliconi: la digitossigenina e la gitossigenina. Nella foglia fresca i principi attivi si trovano sotto forma glucosidica più complessa che nella foglia secca: i purpureaglucosidi A e B e la glucogitalossina. Per azione enzimatica idrolitica, viene staccata una molecola di glucosio terminale nella catena glucidica e si formano i glucosidi secondari, quelli utilizzati in terapia: digitossina, gitossina e gitalossina. Glucosidi della foglia fresca Glucosidi della foglia secca Prodotti di idrolisi acida Aglicone zuccheri purpureaglucoside A digitossina digitossigenina 3 digitossosio + 1 glucosio purpureaglucoside B gitossina gitossigenina glucogitalossina gitalossina gitalossigenina 2 digitossosio + 1 glucosio

40 Proprietà biologiche Effetti sul cuore: EFFETTI MECCANICI:
aumento della forza contrattile per aumento della concentrazione di ioni calcio in prossimità delle proteine contrattili. EFFETTI ELETTRICI: iniziale prolungamento del potenziale d’azione. Un eccesso di glucosidi digitatici produce una grave tossicità cardiaca con pericolose aritmie. L’intervallo di dose terapeutico è molto vicino alla dose tossica. All’opposto una dose troppo bassa può essere inefficace. Per tal motivo i pazienti in trattamento con un glucoside digitalico sono periodicamente sottoposti a monitoraggio delle concentrazioni plasmatiche del farmaco.

41 PROPRIETÀ CHIMICHE E BIOLOGICHE
DEGLI ALCALOIDI

42 Alcaloidi COMPOSTI ORGANICI CICLICI, AZOTATI, PIÙ O MENO BASICI, DI ORIGINE NATURALE, DI LIMITATA DISTRIBUZIONE IN NATURA E DOTATI, ANCHE A BASSE DOSI, DI MARCATE ATTIVITÀ FARMACOLOGICHE. Famiglie botaniche che contengono gli alcaloidi: Apocynaceae Leguminoseae Ranuncolaceae Solanaceae Papaveraceae Rubiaceae Rutaceae Liliaceae

43 DIFFUSIONE Tutto il regno vegetale, dalle muffe alle piante superiori;
ne sono stati isolati finora circa e ogni anno ne vengono scoperti di nuovi Classificazione in base alla natura della substruttura che contiene l’azoto: pirrolizidinici, piperidinici, tropanici, chinolinici, isochinolinici, etc., sebbene la complessità strutturale di alcune molecole inevitabilmente aumenti il numero delle possibili suddivisioni. L’atomo di azoto degli alcaloidi deriva sempre da un amminoacido. Nelle strutture degli alcaloidi, però, sono spesso incluse anche subunità chiaramente derivanti dal metabolismo dell’acetato, dello shikimato o del mevalonato.

44 Esempi di strutture di alcaloidi:

45 DISTRIBUZIONE NELLA PIANTA
Sono presenti nei tessuti vegetali in forma solubile come sali o combinati con tannini. Possono essere distribuiti in tutte le parti della pianta, ma generalmente semi, foglie, cortecce e radici sono siti preferenziali di localizzazione. L’organo in cui si trova la più alta concentrazione di alcaloidi non rappresenta generalmente il sito della biosintesi: è stato infatti osservato, in diverse piante, un trasporto attivo di alcaloidi da un organo all’altro. Quantità sintetizzata dalle piante: da percentuali elevate a frazioni bassissime; dipende da variazioni stagionali; dipende dallo stadio di sviluppo della pianta. Le piante giovani ne contengono in maggiore quantità.

46 DETERMINAZIONE QUALITATIVA
Due tipi di reattivi: REATTIVI PRECIPITANTI; i più comunemente usati sono quelli di Mayer e di Valser, entrambi costituiti da una soluzione di iodo-mercurato di potassio preparata nel primo caso da cloruro di mercurio e ioduro di potassio e nel secondo da ioduro di mercurio e ioduro di potassio. REATTIVI SPRAY; uno dei più ampiamente utilizzati è il reattivo di Dragendorff, che con la maggior parte degli alcaloidi produce colorazioni dall’arancio al rosso. Tali reazioni in genere non sono specifiche e alcuni componenti non alcaloidei presenti nelle piante possono dare test positivi, soprattutto quando realizzati sull’estratto grezzo non sottoposto ad almeno una purificazione. Reazioni falso-positive: presenza di proteine che precipitano per addizione di reattivi contenenti metalli pesanti; alcuni glucosidi e carboidrati, la betaina, la colina, le purine, le ammine metilate, i tannini e i sali di ammonio.

47 SEPARAZIONE In virtù della diversa basicità degli alcaloidi si possono effettuare ulteriori estrazioni con fasi non miscibili a pH variabili. tecniche cromatografiche nel caso di miscele molto complesse o di alcaloidi presenti in minime quantità. L’analisi mediante gas-cromatografia (GC) è la metodologia più utilizzata per lo studio di alcaloidi; Vantaggi: - alta sensibilità di detenzione; - ottima separazione; - tempi di analisi relativamente brevi.

48 RUOLO BIOLOGICO Inibitori chimici in grado di impedire l’ovoposizione sulla pianta ospite o, successivamente, lo sviluppo delle larve e la sopravvivenza della progenie. Molti alcaloidi, ad esempio, sono amari e l’animale impara per esperienza ad evitare le piante che li producono. Sostanze formate nella fase in cui l’organismo si sta disintossicando da sostanze tossiche derivanti dal suo metabolismo; Alcuni alcaloidi possono offrire un mezzo di accumulo e di traslocazione di alcuni acidi; Riserve nutritive per la pianta, quali ad esempio depositi di azoto; Regolatori di crescita.

49 APPLICAZIONI TERAPEUTICHE DEGLI ALCALOIDI
A seconda della loro azione farmacologia li possiamo raggruppare in: Alcaloidi spasmolitici: papaverina, chelidonina; Alcaloidi attivi sui vasi: efedrina e idrastina (vasocostrittori); Yohimbina, Reserpina (ipotensivi); Alcaloidi attivi sul cuore: chinidina e ajmalina (antiaritmici); Teofillina e teobromina (coronaro-dilatatori); Alcaloidi diuretici: caffeina, teofillina e teobromina; Alcaloidi attivi sull’apparato gastrointestinale: Amari: chinina, stricnina, berberina; Colagoghi e coleretici: bolina e berberina; Emetici: emetina; Antidiarroici: papaverina, ordina; Alcaloidi attivi sull’apparato respiratorio: Antiasmatici (broncodilatatori): efedrina, atropina; Stimolanti respiratori: lobelia; Bechici: codeina, chelidonina; Alcalodi con azione chemioterapia: Antitumorali: colchicina, vincaleucoblastina; Antielmintici: arecolina; Antimalarici: chinina; Antiamebici: emetina, contessina.

50 un po’ di storia… Le preparazioni di belladonna, già note agli antichi Indù, sono usate in medicina da molti secoli. Durante l’impero romano e nel Medioevo, la belladonna veniva usata frequentemente per provocare avvelenamenti. Ciò indusse Linneo a chiamare l’arbusto Atropa belladonna, da Atropo, la più vecchia delle tre Parche, che taglia il filo della vita. Il nome belladonna deriva dall’antico uso di questo preparato da parte delle donne per dilatare le pupille. In India venivano bruciate le radici e le foglie della pianta di stramonio ed il fumo veniva inalato per trattare l’asma. Lo studio preciso delle azioni della belladonna risale al 1831, quando Mein isolò l’atropina in forma pura. Qualche anno dopo fu dimostrato che l’atropina blocca gli effetti cardiaci della stimolazione vagale, e che impedisce la secrezione salivare.

51 ATROPA BELLADONNA Pianta perenne che cresce selvatica in tutta l’Europa centro-meridionale. E’ inoltre molto diffusa e coltivata a scopo medicinale anche nel nord-america nel nord-Africa e in Asia. Il frutto è una bacca simile ad una ciliegia, dapprima rossa, diviene quindi nero-violacea a maturità. L’ingestione di pochi frutti, dall’aspetto particolarmente invitante, può essere causa di avvelenamenti mortali. La quantità di alcaloidi varia nel corso dei diversi stadi di vegetazione della pianta: in primavera esso aumenta e raggiunge appunto un massimo nel periodo della formazione dei boccioli fiorali. Tra gli alcaloidi delle foglie di belladonna predomina la josciamina, che costituisce l’83-98% degli alcaloidi totali. Un caratteristico impiega della belladonna è stato nella cura del Parkinson, la cosiddetta “cura bulgara”, che consisteva nella somministrazione a dosi crescenti di decotto della radice.

52 HYOSCYAMUS NIGER Pianta erbacea annua o bienne che cresce spontanea nei luoghi incolti dell’Europa e dell’Asia temperata. Nella droga sono contenute l-josciamina e scopolamina in quantità circa corrispondenti. Oltre alle proprietà comuni alla belladonna la pianta possiede una intensa azione neurodepressiva.

53 DATURA STRAMONIUM Pianta erbacea annua di origine asiatica, acclimatata e largamente diffusa in tutte le regioni temperate del mondo. Si trova con particolare frequenza nei luoghi incolti, lungo le strade e tra i ruderi. Le foglie di stramonio sono molto più ricche di principi attivi di quelle dello hyosyamus niger. Contengono l-josciamina e piccole quantità di scopolamina. Per le sue proprietà lo stramonio assomiglia allo hyscyamus, pur essendo maggiormente tossico. Scopolamina Iosciamina


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