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Corso di: DINAMICA DEGLI INQUINANTI (Suolo saturo e insaturo) Parte 1 (07) Università di Roma “Tor Vergata” Anno Accademico 2009-2010   ing. Simona.

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1 Corso di: DINAMICA DEGLI INQUINANTI (Suolo saturo e insaturo) Parte 1 (07) Università di Roma “Tor Vergata” Anno Accademico   ing. Simona Berardi

2 SUOLO (Zona Satura e Insatura)
ARGOMENTI TRATTATI: NAPL (Non Aqueous-Phase Liquid) Migrazione dalle acque di falda alle acque superficiali La problematica della “Vapor intrusion”

3 NAPL (Non Aqueous-Phase Liquid)
SUOLO (Zona Satura e Insatura) NAPL (Non Aqueous-Phase Liquid) Se la concentrazione del contaminante riscontrata analiticamente nel SUOLO INSATURO (Cs) risulta maggiore della concentrazione a saturazione (Csat), ciò può essere causato da: utilizzo di parametri non rappresentativi delle caratteristiche del sito in esame per il coefficiente di ripartizione (in particolare in riferimento ai parametri foc, rs, qa, qw); limiti insiti nell’equazione teorica che definisce la Csat che non tiene conto della variabilità delle caratteristiche chimico-fisiche dei granuli di terreno (ad es: natura mineralogica dei grani, capacita di scambio cationico, ecc.) nonché di fenomeni meccanici macroscopici di adesione alle particelle di suolo e della ritenzione nelle porosità per tensione superficiale e/o capillarità; errori nella definizione del modello concettuale (ad es: mancata individuazione di prodotto libero). Se è possibile escludere errori sulla stima dei parametri ed errori di stima della Csat (ipotesi 1 e 2), allora…. ….. PER CONCENTRAZIONI SUPERIORI AL LIMITE DI SATURAZIONE, IL CONTAMINATE SI PRESENTA IN FASE LIBERA.

4 NAPL (Non Aqueous-Phase Liquid)
SUOLO (Zona Satura e Insatura) NAPL (Non Aqueous-Phase Liquid) Se la concentrazione del contaminante riscontrata analiticamente nel SUOLO SATURO (FALDA) (CGW) risulta maggiore del corrispondente limite di solubilità (S), allora……. ……….. IL CONTAMINATE SI PRESENTA IN FASE LIBERA. In funzione della entità dello sversamento di inquinanti nel terreno, della natura del contaminante e della natura del sottosuolo, il prodotto libero può essere rilevato nello strato insaturo o nello strato saturo.

5 NAPL (Non Aqueous-Phase Liquid)
SUOLO (Zona Satura e Insatura) NAPL (Non Aqueous-Phase Liquid) In particolare, con riferimento allo schema riportato in Figura 1, si possono avere le seguenti situazioni: 1. il contaminante rimane nella zona insatura di terreno con formazione di una fase costituita da prodotto libero (NAPL residua) nell’insaturo stesso; 2. il contaminante si muove in direzione verticale fino al raggiungimento della tavola d’acqua, dove, essendo caratterizzato da densità inferiore rispetto all’acqua, galleggia sulla tavola formando uno strato di prodotto libero, o “pancake” (LNAPL); 3. il contaminante si muove in direzione verticale attraversando la zona insatura di terreno, raggiunge la tavola d’acqua, e, essendo caratterizzato da densità maggiore rispetto all’acqua, attraversa la zona satura di terreno e infine si deposita sul fondo della falda dove forma una pozza (pool) di prodotto libero (DNAPL).

6 Fig. 1 - Modello concettuale di uno sversamento di NAPL
SUOLO (Zona Satura e Insatura) NAPL (Non Aqueous-Phase Liquid) Fig. 1 - Modello concettuale di uno sversamento di NAPL

7 NAPL (Non Aqueous-Phase Liquid)
SUOLO (Zona Satura e Insatura) NAPL (Non Aqueous-Phase Liquid) La effettiva profondità alla quale e giunto il prodotto libero (indicata come h in Figura 1) deve essere preferibilmente stimata da misure dirette. In assenza di queste indicazioni, e relativamente al caso di sversamento superficiale di prodotto libero, tale profondità può essere stimata con la seguente relazione ipotizzando la sorgente cilindrica (Tomasko et al., 2001): Dove VOL è il volume totale dello sversamento (m3); r0 è il raggio della zona dello sversamento (m); r0 è la frazione residua di NAPL nel terreno (r0 = Csat / Cs) . L’equazione permette di valutare se il prodotto libero abbia o meno raggiunto la tavola d’acqua: Se h risulta minore della profondita della superficie piezometrica dell’acquifero superficiale, allora la fase libera rimane confinata come NAPL nella zona insatura. Se invece l’altezza h e maggiore della profondità della superficie piezometrica dell’acquifero superficiale, allora il prodotto libero e presente nella zona satura come DNAPL o LNAPL in funzione della densità del prodotto libero stesso.

8 Prodotto libero nella zona insatura: NAPL
SUOLO (Zona Satura e Insatura) NAPL (Non Aqueous-Phase Liquid) Prodotto libero nella zona insatura: NAPL In presenza di fase libera residua nella zona insatura, i componenti presenti nella fase sono ripartiti secondo lo schema riportato nella figura 2 ovvero in quattro fasi: Fase aeriforme – il contaminante presente nella porosita del suolo occupata dall’aria; Fase solida – il contaminante adsorbito o ripartito sul suolo dell’acquifero; Fase acquosa– il contaminante disciolto nell’acqua in accordo con la sua solubilita; Prodotto libero – il contaminante presente come fase liquida non acquosa. IPOTESI DI BASE: I contaminanti presenti nel NAPL sono sostanzialmente immobili, quindi possono migrare solamente ripartendosi dalla NAPL nella fase acquosa e/o nella fase aeriforme. Una volta presenti in queste fasi, i contaminanti possono subire processi di lisciviazione e volatilizzazione, come nei casi di contaminanti gia presenti in fase disciolta. Figura 2

9 Prodotto libero nella zona satura: LNAPL e DNAPL
SUOLO (Zona Satura e Insatura) NAPL (Non Aqueous-Phase Liquid) Prodotto libero nella zona satura: LNAPL e DNAPL La zona satura contenente prodotto libero, leggero o denso, può essere descritta come un sistema a tre fasi, costituito da fase solida, fase acquosa e appunto prodotto libero (Figura 3). I contaminanti quindi si ripartiscono tra queste tre fasi. IPOTESI DI BASE: Anche in questo caso, quanto meno in prima approssimazione, si può supporre che il prodotto libero (DNAPL o LNAPL) sia immobile. Nel caso di DNAPL, i contaminanti possono migrare solo a seguito della loro ripartizione in fase liquida, con successiva migrazione in falda e volatilizzazione da falda. Nel caso di LNAPL, i contaminanti possono migrare a seguito della loro ripartizione in fase liquida, con successiva migrazione in falda, o in fase vapore, con successivo trasporto fino al piano campagna.

10 NAPL (Non Aqueous-Phase Liquid)
SUOLO (Zona Satura e Insatura) NAPL (Non Aqueous-Phase Liquid) MODELLI DI TRASPORTO Per la determinazione della concentrazione di contaminanti nelle fasi gassosa e liquida a contatto con il prodotto libero sono applicabili due diversi approcci. Il primo (modello dettagliato) prevede di considerare la ripartizione del contaminante in quattro fasi, ovvero prodotto libero, fase liquida, fase gassosa e fase solida, che ovviamente si riducono a tre nel caso di prodotto libero denso nella zona satura. Quando una sostanza inquinante è presente nel sottosuolo, il modello dettagliato [Park et al. 1999, 2001] assume che i contaminanti si ripartiscano in quattro fasi in equilibrio tra di loro: fase vapore, fase acquosa, fase solida e prodotto libero. Assumendo che non ci sia degradazione chimica o biologica o volatilizzazione nella zona insatura, l’equilibrio di partizione suolo/acqua è praticamente immediato, reversibile e lineare nel suolo contaminato. Il modello si basa essenzialmente sulla equazione di bilancio di massa.

11 Determinazione della concentrazione a saturazione in fase aeriforme:
SUOLO (Zona Satura e Insatura) NAPL (Non Aqueous-Phase Liquid) MODELLI DI TRASPORTO Il secondo approccio (approccio a saturazione) prevede invece di considerare che, in presenza di prodotto libero, la fase gassosa e la fase liquida siano sature di contaminante (ossia si pone in condizioni stazionarie). Determinazione della concentrazione a saturazione in fase aeriforme: Per determinare la concentrazione di ogni componente dell’NAPL nei pori del terreno viene utilizzata la Legge di Raoult: Dove Pvi è la tensione di vapore del componente; MWi è il peso molecolare; T è la temperatura assoluta e R è la costante molare dei gas xi è la frazione molare dell’i-esimo componente della NAPL Si è la solubilità del componente i-esimo. Ca,i = Cw,i x H’

12 Determinazione della concentrazione a saturazione in fase liquida:
SUOLO (Zona Satura e Insatura) NAPL (Non Aqueous-Phase Liquid) MODELLI DI TRASPORTO Determinazione della concentrazione a saturazione in fase liquida: Per determinare la concentrazione in fase liquida dei componenti della NAPL nei pori del terreno viene utilizzata la seguente relazione: W Dove xi e Si sono rispettivamente frazione molare e solubilità dell’i-esimo componente della NAPL.

13 MODELLI DI TRASPORTO: Confronto tra i due approcci
SUOLO (Zona Satura e Insatura) NAPL (Non Aqueous-Phase Liquid) MODELLI DI TRASPORTO: Confronto tra i due approcci Benzene: Concentrazione della fase gas nei pori

14 MODELLI DI TRASPORTO: Confronto tra i due approcci
SUOLO (Zona Satura e Insatura) NAPL (Non Aqueous-Phase Liquid) MODELLI DI TRASPORTO: Confronto tra i due approcci Benzene: Concentrazione della fase liquida nei pori

15 MODELLO DETTAGLIATO: Passaggio da tre a quattro fasi
SUOLO (Zona Satura e Insatura) NAPL (Non Aqueous-Phase Liquid) MODELLO DETTAGLIATO: Passaggio da tre a quattro fasi ESEMPIO: La sorgente di contaminazione è nell’insaturo ed è costituita da benzine (idrocarburi). In figura è riportata la distribuzione percentuale degli idrocarburi nelle diverse fasi calcolate con il modello dettagliato al crescere della concentrazione totale riferita all’unita di peso del suolo. Il modello non prevede la presenza di NAPL fino ad un valore di concentrazione soglia di circa 10 mg/kg (= Csat). Fino a questo valore soglia, il contaminante risulta quindi correttamente ripartito tra le fasi aeriforme, solida e acquosa. Al di sopra del valore soglia, si osserva che al crescere della contaminazione aumenta la percentuale di idrocarburi presente come prodotto libero.

16 MODELLI DI TRASPORTO: Presenza di DNAPL
SUOLO (Zona Satura e Insatura) NAPL (Non Aqueous-Phase Liquid) MODELLI DI TRASPORTO: Presenza di DNAPL Come schematizzato in Figura P.4, i contaminanti presenti come prodotto libero denso (DNAPL) possono seguire due diversi meccanismi di trasporto: 1. Solubilizzazione in falda, con successivo trasporto, da quantificare utilizzando il fattore di attenuazione in falda (DAF); 2. Solubilizzazione in falda, seguita da volatilizzazione da falda del contaminante, quantificabile mediante i corrispondente fattori di trasporto per volatilizzazione outdoor (VFwamb) e indoor (VFwesp).

17 MODELLI DI TRASPORTO: Presenza di LNAPL
SUOLO (Zona Satura e Insatura) NAPL (Non Aqueous-Phase Liquid) MODELLI DI TRASPORTO: Presenza di LNAPL I contaminanti presenti come prodotto libero leggero (LNAPL) possono seguire due diversi meccanismi di trasporto: Solubilizzazione in fase liquida, con successivo trasporto in falda, da quantificare utilizzando il fattore di attenuazione in falda (DAF); Volatilizzazione diretta da prodotto libero con successiva migrazione dei contaminanti presenti in fase aeriforme verso ambienti outdoor o indoor, da quantificare mediante i fattori di attenuazione (αindoor / αoutdoor): αoutdoor = VFwamb (imponendo saturazione in fase liquida e gassosa) αindoor = VFwesp (imponendo saturazione in fase liquida e gassosa)

18 MODELLI DI TRASPORTO: Presenza di NAPL nella zona insatura
SUOLO (Zona Satura e Insatura) NAPL (Non Aqueous-Phase Liquid) MODELLI DI TRASPORTO: Presenza di NAPL nella zona insatura I contaminanti presenti come prodotto libero in zona insatura (NAPL) possono seguire due diversi meccanismi di trasporto: Solubilizzazione in fase liquida, con successivo trasporto per lisciviazione, da quantificare utilizzando il corrispondente fattore di trasporto (LF); Volatilizzazione diretta da prodotto libero con successiva migrazione dei contaminanti presenti in fase aeriforme verso ambienti outdoor o indoor, da quantificare mediantei fattori di attenuazione (αindoor / αoutdoor): αoutdoor = VFwamb (imponendo saturazione in fase liquida e gassosa) αindoor = VFwesp (imponendo saturazione in fase liquida e gassosa) N.B. Il fattore di trasporto LF (e in particolare Ksw) deve essere calcolato ponendo Cs=Csat (anche se Cs analiticamente determinata risulta maggiore di Csat), ossia CL = S.

19 Migrazione dalle acque di falda alle acque superficiali
SUOLO (Zona Satura) Migrazione dalle acque di falda alle acque superficiali Nel caso in cui una falda contaminata si immette in un corpo idrico superficiale, si avrà un processo di degrado della qualità delle acque superficiali, dovuto alla diluizione del plume inquinato nel corpo idrico ricevente. Esistono in generale 4 diversi tipi di scenario che descrivono l’interazione fra falda e corpi idrici superficiali, e in particolare dei fiumi: 1. Nel caso di corsi d’acqua che alimentano la falda sotterranea si ha che il livello del pelo libero del corpo idrico si trova ad una quota maggiore del potenziale idraulico dell’acquifero misurato in prossimità del bordo del fiume.

20 Migrazione dalle acque di falda alle acque superficiali
SUOLO (Zona Satura) Migrazione dalle acque di falda alle acque superficiali 2. Nel caso in cui sia l’acqua di falda ad alimentare il corpo idrico superficiale, si ha che il potenziale idraulico dell’acquifero è maggiore della quota del pelo libero del corpo idrico. 3. Nel caso in cui il corpo idrico viene attraversato da una falda si ha che lungo una sponda il potenziale idraulico della falda è maggiore della quota del pelo libero delle acque superficiali (e il fiume viene alimentato dalla falda), sull’altra sponda il potenziale idraulico ha una quota inferiore (il corpo idrico è drenato dalla falda); questa situazione di solito si presenta quando il corso del fiume scorre in direzione ortogonale alla direzione del flusso di falda.

21 Migrazione dalle acque di falda alle acque superficiali
SUOLO (Zona Satura) Migrazione dalle acque di falda alle acque superficiali 4. Quando la quota del letto del fiume e il potenziale idraulico sono uguali, si ha che il flusso del fiume e quello della falda sono paralleli e non avvengono scambi idrico fra i due corpi. Le acque superficiali e la falda possono essere considerate un unico sistema poiché le interazioni avvengono lungo tutta la lunghezza del fiume dove le connessioni idrauliche con la falda si verificano. Possiamo definire la zona iporreica come quella zona in cui avviene la miscelazione fra acqua di falda e acque superficiali.

22 Migrazione dalle acque di falda alle acque superficiali
SUOLO (Zona Satura) Migrazione dalle acque di falda alle acque superficiali MODELLI DI TRASPORTO Nel seguito, si farà riferimento esclusivamente al caso in cui sia l’acqua di falda ad alimentare il corpo idrico superficiale (in particolare un fiume). Qui, in tal caso, il potenziale idraulico dell’acquifero a monte del corso idrico è maggiore della quota del pelo libero del corpo idrico (Caso 3). Il modello di seguito riportato ha le seguenti caratteristiche: MODELLO ANALITICO MODELLO STAZIONARIO MODELLO MONODIMENSIONALE Il calcolo della concentrazione finale è ricavato da un bilancio di materia. Il modello proposto inoltre è valido sotto le seguenti ipotesi: (a) miscelazione istantanea e completa; (b) assenza di processi di decadimento e rimozione del contaminante.

23 Migrazione dalle acque di falda alle acque superficiali
SUOLO (Zona Satura) Migrazione dalle acque di falda alle acque superficiali MODELLI DI TRASPORTO Nel caso in cui il rilascio di contaminante avvenga in un corpo idrico superficiale caratterizzato da un deflusso (es. FIUME), è possibile calcolare la concentrazione di contaminante che si trova nelle acque superficiali, in base ad un semplice bilancio di massa all’interno di una zona di miscelazione: Da cui si ricava la seguente espressione: dove: Cgw (mg/l) : Concentrazione dell’inquinante presente nel plume della falda, misurata in prossimità del corpo idrico recettore. Csw (mg/l) : Concentrazione dell’inquinante nel corso idrico superficiale a valle della miscelazione. Qgw (m3/d) : Portata della falda contaminata in condizione di piena (IPOTESI CAUTELATIVA). Qsw (m3/d) : Portata del corpo idrico superficiale a monte della miscelazione (non contaminato) in condizione di magra (IPOTESI CAUTELATIVA). River Diluition Factor (RDF)

24 Migrazione dalle acque di falda alle acque superficiali
SUOLO (Zona Satura) Migrazione dalle acque di falda alle acque superficiali MODELLI DI TRASPORTO

25 Migrazione dalle acque di falda alle acque superficiali
SUOLO (Zona Satura) Migrazione dalle acque di falda alle acque superficiali MODELLI DI TRASPORTO Corpo idrico precontaminato. Nel caso in cui nel corso d’acqua sia già presente uno stato di contaminazione a monte della zona di miscelazione, con una concentrazione pari a C0, il bilancio di materia diventa: Da cui si ricava la seguente espressione: dove: Cgw (mg/l) : Concentrazione dell’inquinante presente nel plume della falda, misurata in prossimità del corpo idrico recettore. Csw (mg/l) : Concentrazione dell’inquinante nel corso idrico superficiale a valle della miscelazione. Qgw (m3/d) : Portata della falda contaminata in condizione di piena (IPOTESI CAUTELATIVA). Qsw (m3/d) : Portata del corpo idrico superficiale a monte della miscelazione (non contaminato) in condizione di magra (IPOTESI CAUTELATIVA). River Diluition Factor (RDF)

26 Migrazione dalle acque di falda alle acque superficiali
SUOLO (Zona Satura) Migrazione dalle acque di falda alle acque superficiali MODELLI DI TRASPORTO Csw

27 Migrazione dalle acque di falda alle acque superficiali
SUOLO (Zona Satura) Migrazione dalle acque di falda alle acque superficiali MODELLI DI TRASPORTO Csw

28 Migrazione dalle acque di falda alle acque superficiali
SUOLO (Zona Satura) Migrazione dalle acque di falda alle acque superficiali MODELLI DI TRASPORTO Occorre sottolineare che le equazioni sopra discusse consentono esclusivamente la rappresentazione preliminare di scenari molto semplici (immissione in piccoli corsi d’acqua e/o canali) e comunque non consentono di valutare gli effetti dell’immissione, attraverso le acque sotterranee, di contaminanti in mare e/o in aree lagunari.

29 Definizione della problematica della “INTRUSIONE DI VAPORI”
INTRODUZIONE Definizione della problematica della “INTRUSIONE DI VAPORI” La “VAPOR INTRUSION” è la migrazione di sostanze volatili dal sottosuolo all’interno di ambienti confinati. Le specie chimiche volatili presenti nei rifiuti interrati, nel suolo saturo (falda) o insaturo contaminato possono migrare attraverso il suolo insaturo stesso e raggiungere gli edifici sovrastanti alterando la qualità dell’aria indoor In casi estremi, i vapori possono accumularsi raggiungendo livelli di concentrazione tali da comportare: rischi per la sicurezza dell’uomo (es. esplosioni) rischi acuti per la salute (es. intossicazione) problemi estetici (es. cattivi odori)

30 Definizione della problematica della “INTRUSIONE DI VAPORI”
INTRODUZIONE Definizione della problematica della “INTRUSIONE DI VAPORI” Generalmente, i livelli di concentrazione sono bassi, per cui ad essi può corrispondere un rischio per la salute umana di tipo cronico, dovuto ad una esposizione a lungo termine Se sussiste un rischio potenziale per la salute umana a seguito di intrusione di vapori in ambienti confinati, il D.Lgs. 152/06 prevede il calcolo delle Concentrazioni Soglia di Rischio (CSR) per il suolo saturo ed insaturo, attraverso l’applicazione della procedura di analisi assoluta di rischio (AdR), ed il confronto delle CSR calcolate con le concentrazioni analiticamente determinate. Se quest’ultime risultano inferiori alle CSR allora il suolo e/o la falda non sono contaminati, altrimenti è d’obbligo procedere con la bonifica o la messa in sicurezza del sito.

31 Definizione della problematica della “INTRUSIONE DI VAPORI”
INTRODUZIONE Definizione della problematica della “INTRUSIONE DI VAPORI” Nel caso di “Vapor Intrusion”, la contaminazione è legata alla presenza di specie chimiche volatili che possono includere: Composti organici volatili (VOC), definibili ai ns. fini come composti che a 293,15 K sono caratterizzati da una pressione di vapore ≥ 0,01 kPa (d.lgs. n.152/2006 parte V) e una Costante di Henry  10-5 atm m3/mol (USEPA 2002). Alcuni composti organici semivolatili (SVOC), ad es. gli IPA. Alcuni analiti inorganici come il Hg e l’H2S (Idrogeno solforato). Bibligrafia: USEPA (2002). OSWER Draft Guidance for Evaluating the Vapor Intrusion to Indoor Air Pathway from Groundwater and Soils (Subsurface Vapor Intrusion Guidance), EPA530-D

32 Definizione della problematica della “INTRUSIONE DI VAPORI”
INTRODUZIONE Definizione della problematica della “INTRUSIONE DI VAPORI” Nella stima del rischio per la salute umana da inalazione di vapori in ambienti confinati, la procedura di AdR fornisce degli output estremamente conservativi. La principale ragione risiede nell’utilizzo del modello proposto da Johnson & Ettinger quale modello analitico di “fate & transport” per la stima del fattore di volatilizzazione da suolo in ambienti confinati (VFwesp). Tale modello analitico, che rappresenta la capacità attuale di descrizione matematica del fenomeno, in molti casi risulta essere estremamente conservativo. Per tale ragione, il manuale “Criteri metodologici per l’applicazione dell’analisi assoluta di rischio ai siti contaminati” (ISPRA, 2008) specifica che, nel caso di non accettabilità del rischio per la salute umana derivante da “vapor intrusion”, è possibile prevedere campagne di indagini dirette (es. misure di soil-gas, campionamenti dell’aria indoor) allo scopo di verificare i risultati ottenuti mediante l’applicazione del modello di AdR.

33 INTRODUZIONE OBIETTIVI
Fornire dei valori di CSR per il comparto ambientale aria indoor in relazione agli ambienti confinati di vita (uso residenziale) e di lavoro (uso commerciale/industriale): CSR(aria indoor). Fornire una procedura utile per la valutazione del rischio da “Vapor Intrusion”. Confrontare i Limiti di esposizione professionale (TLV-TWA) con le CSR(aria indoor) calcolate a mezzo della AdR. Proporre una quantificazione dei livelli corrispondenti alla soglia di azione (D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.).

34 L’ANALISI DI RISCHIO Fonte: Appendice S Criteri APAT 2008 Diagramma di flusso del modello concettuale per l’intrusione di vapori

35 Modello Concettuale del Sito (MCS)
L’ANALISI DI RISCHIO Modello Concettuale del Sito (MCS) SORGENTE DI CONTAMINAZIONE: Nel caso specifico della “vapor intrusion”, la contaminazione è legata alla presenza di specie chimiche volatili. (Il documento [USEPA, 2002] riporta un elenco di sostanze che, per le loro caratteristiche di volatilità e di tossicità, possono comportare rischio per tale via di esposizione). VIE DI MIGRAZIONE: Volatilizzazione da suolo o da falda contaminati (esposizione on-site). Percolazione da suolo in falda, diluizione e trasporto in falda, e volatilizzazione da falda (esposizione off-site). BERSAGLI: La “vapor intrusion” si presenta nel caso ci sia presenza di edifici utilizzati a scopo residenziale, commerciale o industriale, oppure in cui sia prevista la loro realizzazione, in corrispondenza della sorgente di contaminazione oppure, nel caso di contaminazione della falda idrica, a valle idrogeologica della sorgente stessa. Il documento [USEPA, 2002] suggerisce di porre particolare attenzione agli edifici situati, lateralmente e/o verticalmente, nel raggio di 30 m (100 piedi) da suolo o falda contaminati.

36 Stima della “CSR(aria indoor”)
L’ANALISI DI RISCHIO Stima della “CSR(aria indoor”) E’ possibile calcolare le Concentrazioni Soglia di Rischio per il comparto ambientale “aria indoor” (CSR(aria indoor) [g/m3]), nel caso di uso residenziale e commerciale/industriale, applicando la procedura di analisi di rischio in modalità inversa, ossia partendo da un livello di rischio accettabile per la salute umana, e selezionando il valore più conservativo tra quelli individuati per effetti cancerogeni e tossici: (per effetti cancerogeni) (per effetti tossici)

37 Stima della “CSR(aria indoor”)
L’ANALISI DI RISCHIO Stima della “CSR(aria indoor”) TR (“Target Risk” [adim.]) rappresenta il valore soglia di rischio al di sotto del quale si ritiene tollerabile la probabilità incrementale di effetti cancerogeni sull’uomo. THQ (“Target Hazard Quotient” [adim.]) è il valore soglia di riferimento al disotto del quale si ritiene accettabile il rischio per la salute umana associato ad effetti tossici.

38 L’ANALISI DI RISCHIO EM rappresenta la portata effettiva di esposizione, ossia la quantità giornaliera di matrice contaminata alla quale il recettore risulta esposto. Nel caso di inalazione di vapori (e polveri) in ambienti confinati tale quantità può essere stimata per mezzo della seguente espressione: (per lavoratori) (per residenti) Per uso del suolo “Residenziale” e per le sostanze cancerogene, il calcolo di EM si effettua considerando la somma di 6 anni esposizione bambino e di 24 anni esposizione adulto. Per le sostanze non cancerogene si assume il valore più conservativo tra esposizione adulto ed esposizione bambino.

39 Fattori di esposizione utilizzati nel calcolo delle CSR(aria indoor)
L’ANALISI DI RISCHIO Fattori di esposizione utilizzati nel calcolo delle CSR(aria indoor)

40 La CSR(aria indoor) Le CSR(aria indoor) sono state calcolate per tutte le specie chimiche contaminanti di cui all’Allegato 1 della Parte IV, Titolo V, D.Lgs. 152/06. Tali CSR(aria indoor) rappresentano i limiti di accettabilità (del rischio per la salute umana) nel caso di inalazione di vapori e/o polveri. (stralcio)

41 La CSR(aria indoor) Osservazioni
Nei casi in cui il valore di CSR(aria indoor) risulta inferiore al limite di rilevabilità strumentale, è possibile porre la CSR(aria indoor) pari a quest’ultimo [NJDEP, 2005]. E’ evidente che nel calcolo delle CSR(aria indoor) non si è tenuto conto dell’effetto cumulativo conseguente all’inalazione di più sostanze contaminanti eventualmente presenti nell’ambiente confinato. (Tale approccio è lo stesso adottato dall’USEPA). Comunque, nel caso di compresenza di più inquinanti, è possibile rimodulare le CSR(aria indoor) in modo che siano rispettati i limiti di accettabilità del rischio e dell’indice di pericolo cumulativi. I valori delle CSR(aria indoor) possono subire modifiche, rispetto a quelli riportati in tabella 3, anche conseguentemente all’esigenza di apportare variazioni, legate alla specificità del caso, relativamente ai fattori di esposizione. Ad esempio nel caso di un ambiente industriale, in cui quindi l’attività fisica risulti moderata o sedentaria, potrebbe essere opportuno aumentare il tasso di inalazione indoor.

42 La CSR(aria indoor) Osservazioni
Per alcune delle specie chimiche considerate vigono valori limite o valori obiettivo o valori di qualità dell’aria stabiliti da normative specifiche ai fini della tutela della salute umana (D.M. 60/2002 e D.Lgs. 152/2007). Tali valori sono estrapolati dalle “Linee guida sulla qualità dell’aria” dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS o WHO). Si ritiene quindi che, ove le CSR(aria indoor) risultano inferiori a tali valori, è opportuno considerare quest’ultimi come soglie di accettabilità. Eccezione è fatta dai 3 idrocarburi alifatici clorurati cancerogeni 1,2-dicloroetano, diclorometano e tetracloroetilene per cui il valore guida proposto dall’OMS, come riportato in nota (8) alla tabella 3-bis, è basato sugli effetti non cancerogeni, mentre ad oggi tali composti risultano classificati come cancerogeni).

43 LA PROCEDURA Nei casi in cui l’applicazione della AdR individui delle CSR(suolo/falda) inferiori alle concentrazioni analiticamente determinate in fase di caratterizzazione, è possibile, in alternativa all’attivazione di interventi di bonifica o di messa in sicurezza, effettuare campagne di indagine diretta volte ad ottenere: Misure di concentrazione su campioni ambientali di aria indoor, da porre a confronto con le CSR(aria indoor). Oppure, misure di concentrazione su campioni di soil-gas. In tal caso, porre queste a confronto con le CSR(aria indoor) potrebbe rappresentare un approccio eccessivamente cautelativo. Infatti, così procedendo si trascura la riduzione di concentrazione che il contaminate subisce migrando dal suolo all’interno dell’ambiente confinato. Quindi, in accordo con quanto proposto da gran parte delle agenzie regionali statunitensi ed anche dall’USEPA, è possibile calcolare una concentrazione soglia di rischio nel soil-gas CSR(soil-gas) a partire dalla CSR(aria indoor) a mezzo di un fattore di attenuazione (AF).

44 LA PROCEDURA Il fattore di attenuazione (AF) può essere stimato, in modo più o meno cautelativo, sulla base dei due criteri di seguito descritti: Criterio 1 (speditivo e cautelativo). Il fattore di attenuazione viene stimato utilizzando dei valori di riferimento validi per qualsiasi forma di contaminazione e calcolati sulla base di ipotesi estremamente cautelative. In tabella si riportano i fattori di attenuazione proposti in documenti statunitensi ed i valori che, sulla base dei precedenti, si propongono per l’utilizzo a livello nazionale. Criterio 2. Il fattore di attenuazione viene stimato attraverso il modello di Johnson & Ettinger ed utilizzando parametri sito-specifici. Il vantaggio di tale approccio è dato dal fatto che in questo modo si tiene conto della effettiva partizione del contaminante nel terreno tra fase solida e fase vapore.

45 LA PROCEDURA Entrambe i criteri sono applicabili nel caso in cui la sorgente di contaminazione, nel suolo insaturo o nella falda, è posta ad una profondità maggiore di 1 m rispetto alla base delle fondazioni. Infatti, nel caso di contaminazione molto superficiale, l’applicazione del modello di Johnson & Ettinger risulta essere poco affidabile [Atlantic Canada RBCA, 2006]. In tal caso quindi è opportuno effettuare campionamenti e analisi di aria indoor nell’ambiente confinato. Oppure applicare il Criterio 1.

46 Procedura per la valutazione del rischio da intrusione di vapori
LA PROCEDURA Procedura per la valutazione del rischio da intrusione di vapori

47 LA PROCEDURA Nel caso in cui siano disponibili misure di concentrazione su campioni sia di aria indoor che di soil-gas, allora può essere applicato un approccio meno cautelativo, basato sulla matrice di intervento proposta nel documento [NJDEP, 2005] e riportata in tabella. Matrice di intervento (applicabile nel caso in cui siano state effettuate misure sia di soil-gas che di aria indoor)

48 LA PROCEDURA La procedura descritta è riferita esclusivamente alle specie chimiche contaminanti presenti nei vapori (non considera cioè la frazione di contaminanti adsorbita sulle polveri sollevate dal suolo). Infine, nella applicazione della procedura sopra descritta è necessario tener conto della possibile presenza nell’ambiente confinato di specie chimiche provenienti da sorgenti diverse dal suolo insaturo e/o dalla falda. Queste possono, ad esempio, essere rappresentate dai materiali da costruzione, dalle fonti energetiche per il riscaldamento/raffreddamento, dalla qualità dell’aria esterna e, nel caso di impianti industriali, dalle materie prime e dai prodotti utilizzati nelle lavorazioni. I livelli di contaminazione dovuti a tali sorgenti sono generalmente rilevabili e potrebbero persino superare le concentrazioni soglia di rischio. Risulta quindi opportuno distinguere i contributi relativi al fondo rispetto a quelli provenienti dal suolo, saturo o insaturo, contaminato.

49 IL RISCHIO CHIMICO RISCHIO CHIMICO: rischio per la salute e la sicurezza dell’uomo all’interno di un ambiente confinato, che sia di tipo residenziale o industriale/commerciale, può derivare dagli effetti di una specie chimica presente a qualsiasi titolo e per qualsiasi ragione all’interno dell’edificio stesso. La prevenzione del rischio chimico di esposizione all’interno degli ambienti di lavoro attualmente è normata dal recente D.Lgs. 81/2008 (“Testo unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro”) e s.m.i. (D.Lgs. 106/2009) Il Titolo IX “Sostanze Pericolose” del D.Lgs. 81/2008 detta i requisiti minimi per la protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza che possono derivare dagli effetti degli agenti chimici pericolosi (capo I) e cancerogeni e mutageni (capo II), presenti sul luogo di lavoro o che siano il risultato di ogni attività lavorativa che comporti la loro presenza.

50 IL RISCHIO CHIMICO La valutazione del rischio chimico si articolata in diverse fasi. Tra cui, la fase della valutazione dose-risposta secondo il modello universale della curva dose-risposta. Su questa curva possono essere stabiliti due diversi livelli di soglia [INFN, 2008]: Il valore limite di esposizione professionale: livello di esposizione di riferimento con cui confrontare i valori di concentrazione di esposizione personale misurati all’interno degli ambienti di lavoro. Tali valori limite indicano i livelli di esposizione superati i quali occorre adottare delle misure correttive, ai fini della salvaguardia della salute e della sicurezza dei lavoratori. Il valore limite di esposizione è quantitativamente determinato. Il livello di azione: livello in corrispondenza del quale scatta l’obbligo di adottare misure specifiche di prevenzione (sorveglianza sanitaria, formazione, DPI, sistemi di prevenzione collettiva, ecc.). Il livello di azione non è quantitativamente determinato.

51 VALORI LIMITE DI ESPOSIZIONE PROFESSIONALE
Curva dose risposta nella valutazione del rischio chimico [INFN, 2008]

52 IL RISCHIO CHIMICO Al di sopra del valore limite, la maggior parte dei lavoratori corre il rischio di ammalarsi, Tra il livello di azione ed il valore limite verosimilmente si possono ammalare solo i soggetti ipersuscettibili. Al di sotto del livello di azione l’esposizione è talmente bassa che nessun lavoratore (nemmeno un ipersuscettibile) può ragionevolmente ammalarsi. NOTA: Secondo il D.Lgs. 81/2008 (art. 234) il livello di azione può essere considerato soltanto nel caso di esposizione ad agenti chimici pericolosi non cancerogeni né mutageni, di categorie 1 o 2 secondo le definizioni dello stesso. Per gli agenti cancerogeni o mutageni le misure specifiche di tutela debbano obbligatoriamente essere applicate a prescindere dalla concentrazione di esposizione.

53 IL RISCHIO CHIMICO Nell’Allegato XXXVIII (riferito genericamente agli agenti chimici) e nell’Allegato XLIII (riferito specificatamente agli agenti cancerogeni e mutageni) al D.Lgs. 81/2008 sono riportati i valori limite di esposizione professionale rispettivamente per 97 e 3 agenti chimici. Delle 97 sostanze elencate nel D.Lgs. 152/06 solo 22 sono normate dal D.Lgs. 81/2008. In Italia per gli agenti non compresi negli allegati al D.Lgs. 81/2008 si fa riferimento ai TLVs dell’ACGIH (American Conference of Governamental Industrial Hygienists). Sono previste tre categorie di TLVs: TLV-TWA (Time-Weighted Average): concentrazione media ponderata nel tempo su una giornata lavorativa convenzionale di 8 ore e su 40 ore lavorative settimanali, alla quale si ritiene che quasi tutti i lavoratori possono essere ripetutamente esposti, giorno dopo giorno, per una vita lavorativa, senza effetti negativi. TLV-STEL (Short Term Exposure Limit): concentrazione TWA di 15 minuti che non deve essere superata in qualsiasi momento durante la giornata lavorativa, anche se il TWA sulle otto ore non supera il valore TVL-TWA. TLV-C (Ceiling): concentrazione che non deve essere superata durante qualsiasi momento della esposizione lavorativa.

54 Specie chimiche selezionate per il confronto
Confronto VL e CSR(aria indoor) Specie chimiche selezionate per il confronto

55 Confronto tra VL e CSR(aria indoor)
Confronto VL e CSR(aria indoor) Confronto tra VL e CSR(aria indoor) Le differenze maggiori sono riferibili alle sostanze cancerogene (es. benzene, benzo(b)fluorantene, cloruro di vinile), anche di categoria 3 (1,4-diclorobenzene, diedrin), non considerate nel capo II del titolo IX del D.Lgs. 81/2008.

56 CONCLUSIONI Inadeguatezza di utilizzare, negli ambienti di lavoro, i TLV-TWA come valori soglia di accettabilità delle concentrazioni di inquinanti provenienti da suolo contaminato. Utilizzo delle CSR(aria indoor) quale riferimento per il confronto con le misure di aria indoor (vapori e polveri) effettuate nell’ambito di campagne di indagine diretta. Poiché, le CSR(aria indoor) sono state valutate con riferimento alla problematica della “vapor intrusion”, ma si tratta di valori soglia di rischio che prescindono dalla tipologia di sorgente di contaminazione…. ….si propone di assumere le CSR(aria indoor) quale riferimento per quantificare la soglia relativa al livello di azione, da applicare all’interno degli ambienti di lavoro. Tale ultimo aspetto potrebbe rappresentare un primo passo verso l’armonizzazione delle due normative (D.Lgs. 152/2006 e s.m.i., D. Lgs. 81/2008 e s.m.i.) che, attraverso la “vapor intrusion” e il “rischio chimico”, mirano alla individuazione del rischio derivante da esposizione a sostanze chimiche e alla protezione della salute umana, anche se in diversi ambiti di applicazione.

57 FINE


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