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La convergenza economica: metodi non parametrici

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Presentazione sul tema: "La convergenza economica: metodi non parametrici"— Transcript della presentazione:

1 La convergenza economica: metodi non parametrici
Corso di Politiche Economiche Regionali Prof.ssa Cristina Brasili COSDI - A. A La convergenza economica: metodi non parametrici Lezione di Cristina Brasili

2 Lezione di Cristina Brasili
TEORIA E MODELLI DI ANALISI DELLA CONVERGENZA NON PARAMETRICA Metodi non parametrici Matrici di transizione Un’applicazione delle matrici di transizione alle variabili del settore agroalimentare Un’applicazione dello stochastic kernel alle regioni dell’Unione europea Lo stochastic kernel Un’applicazione dello stochastic kernel ai Paesi candidati

3 La convergenza non parametrica
La convergenza economica: metodi non parametrici - Cristina Brasili La convergenza non parametrica Critiche ai metodi di analisi della convergenza parametrica Un segno negativo e significativo del coefficiente beta in una regressione cross-country viene interpretato come convergenza condizionata L’approccio alla beta e alla sigma convergenza spesso porta a verificare convergenza anche quando non c’è Bernard e Durlauf (1995) mostrano che lo stimatore beta non riesce ad identificare uno o più paesi che divergono Quah (1993) mostra che i cambiamenti di traiettoria sono frequenti e quindi i sentieri di crescita non sono abbastanza stabili da utilizzare interpolazioni La stima beta tende inoltre a essere sistematicamente intorno al 2% (Canova e Marcet, 1995; Pesaran e Smith 1995) (Boggio, Serravalli da pag. 143)

4 Il metodo dello Stochastic Kernel proposto da Danny Quah
La convergenza economica: metodi non parametrici - Cristina Brasili La convergenza economica - Cristina Brasili Un’alternativa alla beta e alla convergenza sigma: metodi non parametrici Il metodo dello Stochastic Kernel proposto da Danny Quah Nasce da una critica al concetto di β e di σ convergenza e propone una metodologia alternativa Quah (1996) tenta anche di dare una risposta su quale possa essere la “forma” della convergenza. Quah propone il metodo detto o stochastic kernel per osservare l’evoluzione temporale della distribuzione cross-country del reddito pro capite nel suo complesso, utilizzando una sorta di matrice di transizione di probabilità (matrice Markoviana) i cui “stati” (intervalli di classificazione) sono definiti in maniera continua, una sorta di matrice di probabilità di transizione con righe e colonne continue. Provaaaaaa

5 Un’analisi non parametrica per le variabili del sistema agroalimentare
Modelli di sviluppo e misura della convergenza. Un’analisi delle regioni europee con particolare attenzione a quelle in ritardo di sviluppo. Un’analisi non parametrica per le variabili del sistema agroalimentare ANAV/GDP= FC/GDP * FAP/FC * ANAV/FAP (1). AAV/GDP (Agriculture Added Value/Gross Domestic Product) AIAV/GDP (Agrofood Industry Added Value/ Gross Domestic Product) AIAV/AAV (Agrofood Industry Added Value/Agriculture Added Value) Provaaaaaa

6 Dinamica della varianza e sigma-convergenza
Modelli di sviluppo e misura della convergenza. Un’analisi delle regioni europee con particolare attenzione a quelle in ritardo di sviluppo. Dinamica della varianza e sigma-convergenza  = 0.02 2 = CV= 0.76  = 0.03 2 = CV= 0.72 Provaaaaaa  = 0.04 2 = CV= 0.76  = 0.04 2 = CV= 0.74

7 Dinamica della varianza e sigma-convergenza
Modelli di sviluppo e misura della convergenza. Un’analisi delle regioni europee con particolare attenzione a quelle in ritardo di sviluppo. Dinamica della varianza e sigma-convergenza  = 0.04 2 = CV= 0.51  = 0.04 2 = CV= 0.52 Provaaaaaa  = 0.04 2 = CV= 0.55  = 0.04 2 = CV= 0.48

8 Dinamica della varianza e sigma-convergenza
Modelli di sviluppo e misura della convergenza. Un’analisi delle regioni europee con particolare attenzione a quelle in ritardo di sviluppo. Dinamica della varianza e sigma-convergenza Provaaaaaa

9 Un approccio probabilistico
Modelli di sviluppo e misura della convergenza. Un’analisi delle regioni europee con particolare attenzione a quelle in ritardo di sviluppo. Un approccio probabilistico Provaaaaaa

10 Un approccio probabilistico
Modelli di sviluppo e misura della convergenza. Un’analisi delle regioni europee con particolare attenzione a quelle in ritardo di sviluppo. Un approccio probabilistico Provaaaaaa

11 Un approccio probabilistico
Modelli di sviluppo e misura della convergenza. Un’analisi delle regioni europee con particolare attenzione a quelle in ritardo di sviluppo. Un approccio probabilistico Provaaaaaa

12 Modelli di sviluppo e misura della convergenza
Modelli di sviluppo e misura della convergenza. Un’analisi delle regioni europee con particolare attenzione a quelle in ritardo di sviluppo. Regioni sviluppate e in ritardo di sviluppo (obiettivo 1): il grado di convergenza Provaaaaaa

13 Modelli di sviluppo e misura della convergenza
Modelli di sviluppo e misura della convergenza. Un’analisi delle regioni europee con particolare attenzione a quelle in ritardo di sviluppo. Regioni sviluppate e in ritardo di sviluppo (obiettivo 1): il grado di convergenza  = 0.04 2 = CV= 0.52  = 0.05 2 = CV= 0.49  = 0.06 2 = CV= 0.56 Provaaaaaa  = 0.07 2 = CV= 0.50

14 Modelli di sviluppo e misura della convergenza
Modelli di sviluppo e misura della convergenza. Un’analisi delle regioni europee con particolare attenzione a quelle in ritardo di sviluppo. Regioni sviluppate e in ritardo di sviluppo (obiettivo 1): il grado di convergenza Provaaaaaa

15 Un approccio probabilistico
Modelli di sviluppo e misura della convergenza. Un’analisi delle regioni europee con particolare attenzione a quelle in ritardo di sviluppo. Un approccio probabilistico  = 0.04 2 = CV= 0.66  = 0.04 2 = CV= 0.69  = 0.05 2 = CV= 0.75 Provaaaaaa  = 0.05 2 = CV= 0.60

16 Modelli di sviluppo e misura della convergenza
Modelli di sviluppo e misura della convergenza. Un’analisi delle regioni europee con particolare attenzione a quelle in ritardo di sviluppo. Modelli per distribuzioni cross-section che si evolvono nel tempo: matrici di transizione Provaaaaaa

17 La convergenza economica: metodi non parametrici - Cristina Brasili
Un’applicazione dello stochastic kernel alle regioni dell’Unine europea Convergenza economica nelle regioni dell’Unione europea (Leonardi, 1998) L’analisi della convergenza economica nelle regioni europee è stata negli anni Novanta al centro dell’attenzione di numerosi studiosi. Gli studi più recenti non hanno però prodotto un’interpretazione univoca dello sviluppo economico dell’Unione Europea. La variabile esplicativa più frequentemente utilizzata per l’analisi della convergenza economica è il PIL per abitante. Provaaaaaa

18 A tale scopo sono state utilizzate tre diverse fonti di dati:
La convergenza economica: metodi non parametrici - Cristina Brasili Un’applicazione dello stochastic kernel alle regioni dell’Unione europea Le regioni dell’Unione europea (Leonardi, 1998) La Banca Dati creata appositamente per un’analisi di lungo periodo si snoda dal 1950 al 1995. A tale scopo sono state utilizzate tre diverse fonti di dati: il lavoro di Molle von Holst e Smith (1980), data base Regio di Eurostat, la banca dati dell’ESOC-Lab Sono state armonizzate e ricostruite due variabili:il PIL pro capite e le PPA pro capiteper 140 regioni di livello Nuts2

19 La convergenza economica: metodi non parametrici - Cristina Brasili
Un’applicazione dello stochastic kernel alle regioni dell’Unione europea Le regioni dell’Unione europea (Leonardi, 1998) Si costruiscono le funzioni di densità per le 140 regioni negli anni 1975, 1985 e 1992 Dalle distribuzioni marginali emerge: solo nel 1975 c’era una lieve evidenza di “twin peaks” poi la distribuzione diventa unimodale e maggiormente simmetrica Il kernel stocastico sui dati del Pil pro capite dal 1975 al 1992 non evidenzia fenomeni di polarizzazione ma piuttosto di persistenza di differenze nel tempo in livelli di ricchezza differenziati (pagg , Leonardi 1998)

20 La convergenza economica: metodi non parametrici - Cristina Brasili
Lo strumento di analisi: lo Stochastic Kernel Lo stochastic kernel utilizza le funzioni di densità della variabile considerata per poter ottenere una stima della distribuzione di probabilità ergodica quando. Il problema fondamentale consiste, dunque, nello stimare tali funzioni; in particolare vengono stimate attraverso l’approccio non parametrico, cioè si affronta direttamente la stima dell’intera funzione di densità di probabilità, invece di stimare i parametri di uno specifico tipo di distribuzione, come avviene, appunto, nell’approccio parametrico alla stima di densità La stima kernel di una funzione di densità unimodale del vettore di osservazioni x1, x2,….xn è intuitivamente costituita da una serie di “bumps” o “collinette” costrute su ciascuna osservazione. La definizione formale è : Provaaaaaa

21 Stochastic Kernel La funzione Kernel K soddisfa le condizioni:
Il parametro h chiamato bandwith (o window width) determina l’ampiezza delle “collinette”. Ognuna di esse ha l’espressione: Il Kernel K è una funzione di densità di probabilità. Provaaaaaa

22 Stochastic Kernel La definizione di kernel come somma di “bumps” per ciascuna osservazione dal caso univariato a quello multivariato : La funzione kernel è ora definita per un x d-dimensionale che soddisfa le condizioni: K può essere una funzione di densità unimodale e simmetrica come la densità normale standard Provaaaaaa

23 Stochastic Kernel L’utilizzo di una sola bandwidth implica che il kernel è equamente livellato in ciascuna direzione. In alcuni casi sarebbe più accurato usare un vettore di bandwidths secondo le differenti densità delle osservazioni nelle diverse direzioni. La rules-of-thumb utilizza un’espressione approssimata del mean square error (MSE) e del mean integrated square error (MISE) sostituendo all’espressione la varianza campionaria stimata. Si arriva così a formulare l’espressione per la bandwidth : Provaaaaaa

24 Stochastic Kernel Nell’ambito di distribuzioni normali Silverman propone un altro metodo per calcolare il valore ottimo del parametro di smoothing: dove A è uguale al valore minimo tra la deviazione standard e il primo quartile della distribuzione diviso per 1,34. Provaaaaaa

25 Matrici di probabilità
The Stochastic Kernel descrive la legge secondo la quale si muovono una sequenza di distribuzioni. Indicando con t la distribuzine delle osservazioni al tempo t lo Stochastic Kernel descrive l’evoluzione di t a t+1 attraverso un operatore M t che “mappa” il prodotto Cartesiano nello spazio [0,1]. A Borel-misurabile: Provaaaaaa

26 Matrici di probabilità
Sia Ft la distribuzione dei redditi al tempo t; sia Ft+1 la distribuzione dei redditi al tempo successivo; allora esiste un operatore M (lo stochastic kernel) in grado di “mappare”, di descrivere l’evoluzione della distribuzione al tempo t in quella al tempo t+1; esiste un operatore M tale che quindi Ft+1=Mt Ft Se ora si ipotizza che l’M che mappa la distribuzione al tempo t in quella al tempo t+s, sia invariante rispetto al tempo, si potrà ricavare uno stimatore per le distribuzioni di densità future, cioè Ft+2s=M Ft+s=M(M Ft)=M2Ft . Ft+rs=MrFt Provaaaaaa

27 Matrici di probabilità e stochastic kernel
Possiamo pensare allo Sthocastic Kernel in termini di una versione continua della matrice di probabilità di transizione Markoviana Il modello proposto (simile ad un modello autoregressivo (AR)) utilizza distribuzioni di probabilità invece che numeri o vettori di numeri. Ft= M * F t-1 Ft e Ft-1 sono distribuzioni di densità di probabilità al tempo t e al tempo (t-1) , risepttivamente, e M è l’operatore che mappa la distribuzione nell’altra. Provaaaaaa

28 Riassumendo: come si legge il risultato dello Stochastic Kernel
Permette di osservare l’evoluzione temporale della distribuzione della variabile oggetto di studio (PIL pro capite) Permette di individuare fenomeni fondamentali per lo studio della convergenza quali persistenza e polarizzazione Può essere considerato come la combinazione di: Stima non parametrica di funzioni di densità (stimatore kernel) Matrici di probabilità di transizione A differenza dei più famosi metodi di studio della convergenza, 1) permette di osservare l’evoluzione temporale della distribuzione del reddito 2) Permette di individuare i fenomeni di polarizzazione e persistenza Lo stoc ker può essere pensato come la combinazione di Stime della funzione di densità: effettuare una valutazione cross-section della distribuzione della variabile economica di interesse (si tratta sempre di valutazioni statiche); attraverso il grafico di tali funzioni risulta facile osservare la forma e distributiva della variabile e in particolare la tendenza delle unità a raggrupparsi sotto una o più mode (l’unimodalità è sintomo di buona coesione, la multimodalità di polarizzazione delle unità in gruppi diversi) Le matrici Markoviane sopperiscono alla staticità delle analisi finora citate; infatti in questo tipo particolare di tabelle a doppia entrata distinguiamo sulle righe le classi modali (modalità) assumibili dalla variabile al tempo t mentre sulle colonne le stesse classi modali al tempo t+1: la cella generata dall’incrocio di tali modalità raccoglie quindi la numerosità (o la frequenza) delle unità che da un anno all’altro sono “passati” dalla classe ti alla classe t+1j

29 Lo Stochastic Kernel Siano Ft= Ft+1= allora $ M tale che Ft+1=MFt
Lo stochastic kernel quindi può essere pensato come il risultato della fusione di entrambe questi strumenti. Sia infatti Ft la stima della funzione di densità al tempo t e Ft+1 quella al tempo successivo; allora esisterà un operatore in grado di mappare Ft in Ft+1, una specie di matrice di transizione continua… allora $ M tale che Ft+1=MFt

30 Lo Stochastic Kernel Si consideri l'intervallo temporale (t,t+s), allora: M tale che Ft+s=MFt Si consideri M invariante rispetto a t, allora: Ft+2s=M Ft+s=M(M Ft)=M2Ft . Ft+rs=MrFt Se poi consideriamo un intervallo temporale (t, t+s) allora M sarà l’operatore che mappa Ft in Ft+s; Se poi consideriamo M invariante rispetto al tempo (consideriamo ciò che le caratteristiche principali di M (media, varianza…) siano invarianti rispetto al tempo) allora l’intervallo temporale potrà essere analizzato come segue (leggi…) Ma a questo punto se consideriamo il limite per r che tende all’infinito saremo in grado di “stimare” o meglio di intuire la distribuzione ergodica della variabile in analisi, la distribuzione per il tempo che tende all’infinito

31 Si consideri il limite per r , allora:
A questo punto potremo leggere su l’asse delle ordinate la distribuzione al tempo t (iniziale) e su quello delle ascisse la distribuzione ergodica; quello che il grafico ci restituisce è la transazione/trasformazione che la funzione dovrebbe subire se il comportamento dovesse continuare a essere quello mostrato dalla variabile negli anni osservati (se M rimane lo stesso). Ad ognuno di questi grafici (tramite cui è immediato individuare la presenza delle mode) va poi associato il relativo grafico delle curve di livello…

32 Si consideri il limite per r , allora:
rovesciamento persistenza convergenza Entrambe questi grafici vanno letti rispetto alla bisettrice del piano (t, limite); (Click) I punti su questa retta sono caratterizzati dagli stessi valori al tempo iniziale e al tempo finale e una curva distribuita lungo questa linea sta quindi ad indicare una situazione di persistenza (Click) Altra situazione limite si avrebbe nel caso in cui la superficie si allineasse lungo la diagonale opposta: in questo caso avremmo un rovesciamento della graduatoria iniziale (i ricchi poveri e viceversa) (Click) La situazione di perfetta convergenza la avremmo invece nel caso in cui la superficie si dispone parallelamente all’asse t attorno ad un’unica moda: in questo caso, infatti, al tempo finale, tutte le unità si distribuirebbero attorno ad uno stesso livello di reddito nel nostro caso (Click) E’ ovvio, quindi, che i processi di convergenza alla media unitaria (ma più in generale i processi di convergenza interni anche a singoli gruppi di unità/economie) devono essere caratterizzati da rotazioni antiorarie rispetto alla diagonale pricnipale

33 La convergenza nelle regioni dell’UE 15
PIL pro capite espresso in Parità dei Poteri d’Acquisto (PPA) La dimensione territoriale: la serie comprende 163 “regioni” dell’UE 15 La dimensione temporale: per il ventennio che va dal 1980 al 1999 (Fonte: Regio- Eurostat) Questo tipo di strumenti li abbiamo quindi utilizzati nelle analisi effettuate all’interno di questo lavoro; in particolare per la prima analisi (quella rivolta all’attuale Unione Europea) è stato analizzato il Pil espresso in Parità dei Poteri d’Acquisto di 163 regioni europee per il ventennio (dati fonte Regio di Eurostat): Il pil è la variabile che per definizione rispecchia il livello economico di un territorio: la sua espressione in termini di parità di poteri di acquisto permette di evitare tutti i problemi legati al potere d’acquisto delle monete; Come dimensione territoriale è stata scelta la regione o meglio i territori NUTS2 perché in questo modo è possibile tenere conto della complessa diversità che spesso si ripropone anche all’interno di uno stesso Paese e poi perché molte delle Politiche Strutturali della stessa UE vengono effettuate a livello di NUTS2 Va infine considerato che l’analisi della convergenza è per definizione un’analisi di lungo periodo e che lo strumento dello Stochastic Kernel produce buoni risultati se applicato a numerosità campionarie elevate: i dati utilizzati sembrano rispettare entrambe le caratteristiche

34 La convergenza nelle regioni dell’UE 15
3 Gruppi: il primo che ha comunque recuperato; il secondo che ha inglobato diverse regioni e che dovrebbe fungere da catalizzatore per la convergenza verso un livello di reddito omogeneo; un terzo gruppo di regioni ricche che non hanno mostrato di convergere verso la media 1980 La funzione di densità stimata all’inizio del ventennio considerato è caratterizzata da mode più o meno evidenti e da una situazione piuttosto eterogenea: attorno ad un consistente gruppo di regioni caratterizzate da redditi vicini alla media unitaria, si possono nettamente distinguere almeno un gruppo di regioni più povere (60-80% del reddito comunitario) e due gruppi di regioni più favorite. Si nota poi la presenza di alcuni outlier redditi fino a quasi 3 volte il reddito medio (alcune di queste regioni subiranno, nel ventennio analizzato) una diminuzione del livello del reddito fino al 130%. 1990 Ad 11 anni di distanza si notano alcune sostanziali differenze: il gruppo delle regioni più svantaggiate (reddito circa il 75% intensità leggermente aumentata) ha visto la coda sinistra abbassarsi e avvicinarsi alla moda stessa: questo sta ad indicare il miglioramento della posizione di alcune regioni, che sono andate ad aumentare il numero di regioni con reddito leggermente più elevato. La moda dominante visualizza una maggiore eterogeneità. Il gruppo di regioni con reddito pari a circa il 160% è aumentato di intensità (assorbendo sia regioni con reddito precedentemente più basso (si noti come si è abbassato il picco al 130%) ma anche regioni che hanno ridimensionato il proprio reddito) e si è spostato su livelli di reddito leggermente inferiori. Gli outlier estremi sono spariti e hanno ingrossato le fila delle regioni che danno vita all’ultima protuberanza. 1999 Al termine del ventennio osservato si osserva che: il gruppo delle regioni con reddito pari a circa il 75% è ulteriormente aumentato di numerosità registrando contemporaneamente un ulteriore calo di variabilità verso livelli più bassi di reddito; si nota un picco embrionale su livelli di reddito leggermente inferiori alla media quasi a formare una sorta di gruppo di transizione. Il gruppo più consistente si è stabilizzato su valori leggermente superiori alla media e sembrerebbe cominciare ad includere anche le regioni con reddito leggermente superiore (si noti il picco 130% che si è sgonfiato e il punto di flesso col 150% si è sollevato quasi a diventare uno solo). Infine persiste la presenza di regioni con reddito nettamente più elevato rispetto a quello medio

35 “Kernel stocastico” per il PIL pro capite (PPA) nelle regioni dell’UE-15

36 Curve di livello del “kernel stocastico” per il PIL pro capite (PPA) nelle regioni dell’UE-15
Attraverso le curve di livello è ancora più agibile osservare tale situazione; in particolare si noti da una parte come il livello dei due gruppi sia comunque molto vicino e dall’altra come il gruppo di regioni leggermente più ricche denoti una rotazione molto più netta rispetto al primo. Questo ad indicare una maggior convergenza interna al gruppo delle regioni benestanti. Inoltre si nota una terza protuberanza, un prolungamento del picco delle regioni ricche che sembrerebbe disporsi in maniera parallela alla diagonale secondaria (caso del rovesciamento della graduatoria): una tale caratteristica colta dal kernel e proiettata nel lungo periodo non deve sorprendere se si considera (come si diceva all’inizio) che negli ultimi anni del ventennio analizzato alcune delle regioni con i peggiori tassi di crescita sono proprio alcune delle regioni più ricche (per es. Groningen)!!

37 La convergenza economica: metodi non parametrici - Cristina Brasili
8. Un’applicazione dello stochastic kernel alle regioni dell’Unione europea Un’analisi mediante lo stochastic kernel all’UE-28 (Brasili, Oppi 2003) Livelli del PIL pro capite (PPA) nei Paesi di un’Unione allargata, (media UE 28=100).

38 La convergenza economica: metodi non parametrici - Cristina Brasili
8. Un’applicazione dello stochastic kernel alle regioni dell’Unione europea Un’analisi mediante lo stochastic kernel all’UE-28 (Brasili, Oppi 2003) Livelli del PIL pro capite (PPA) nei Paesi di un’Unione allargata, (media UE 28=100).

39 La convergenza economica: metodi non parametrici - Cristina Brasili
8. Un’applicazione dello stochastic kernel alle regioni dell’Unione europea “Kernel stocastico” per il PIL pro capite (PPA) dei Paesi dell’UE-28 Curve di livello del “kernel stocastico” per il PIL pro capite (PPA) dei Paesi dell’UE-28

40 La convergenza economica: metodi non parametrici - Cristina Brasili
CONCLUSIONI L’analisi condotta applicando le metodologie dello stochastic kernel nelle regioni dell’UE nel ventennio evidenzia chiaramente come i processi di convergenza siano tutt’altro che scontati. In particolare la nostra analisi mostra come, accanto ad una generale tendenza a disporsi su livelli di reddito più simili, sia evidente la polarizzazione in due gruppi principali di regioni. Un gruppo di regioni con un reddito medio in un intorno del 75% di quello medio dell’Unione europeo che si collocano quindi appena al di sopra o nei dintorni del criterio di appartenenza alle regioni dell’Obiettivo 1 in ritardo di sviluppo. L’analisi mostra inoltre in modo evidente che i processi di convergenza regionale riguardano in particolare la convergenza all’interno dei gruppi di regioni emersi mediante lo stochastic kernel. In particolare le regioni che mostrano un maggior processo di convergenza sono proprio quelle appartenenti ai gruppi estremi.

41 La convergenza economica: metodi non parametrici - Cristina Brasili
CONCLUSIONI L’analisi del processo di allargamento dell’UE a 25 Paesi, sebbene non improntata a cogliere eventuali processi di convergenza, evidenzia la presenza di tre gruppi principali di regioni. Un gruppo di regioni più ricche, con un reddito medio triplo rispetto a quello medio dei 25 Paesi; un secondo gruppo di regioni con un reddito medio pari a circa la metà della media UE-25; un gruppo di regioni con un reddito intermedio a questi due estremi. Questo risultato mette quindi in risalto le difficoltà che dovranno affrontare in futuro le politiche di sviluppo e di coesione per l’UE allargata. L’analisi dell’allargamento mostra, inoltre, due elementi importanti per il futuro sviluppo dell’Unione. Da un lato una quasi impercettibile tendenza alla convergenza. Dall’altro l’analisi mostra una persistenza nel mantenimento dei gruppi di Paesi evidenziatisi.

42 La convergenza economica: metodi non parametrici - Cristina Brasili
The Convergence of the GDP per capita in the European Union regions

43 Figure 1 – GDP per capita (PPS), 1990 (EU-15=100)
La convergenza economica: metodi non parametrici - Cristina Brasili The Convergence of the GDP per capita in the European Union regions Figure 1 – GDP per capita (PPS), 1990 (EU-15=100)

44 Figure 2 – GDP per capita (PPS), 1995 (EU-15=100)
La convergenza economica: metodi non parametrici - Cristina Brasili The Convergence of the GDP per capita in the European Union regions Figure 2 – GDP per capita (PPS), 1995 (EU-15=100)

45 Figure 3 – GDP per capita (PPS), 2000 (EU-15=100)
La convergenza economica: metodi non parametrici - Cristina Brasili The Convergence of the GDP per capita in the European Union regions Figure 3 – GDP per capita (PPS), 2000 (EU-15=100)

46 La convergenza economica: metodi non parametrici - Cristina Brasili
The Convergence of the GDP per capita in the European Union regions

47 La convergenza economica: metodi non parametrici - Cristina Brasili
The Convergence of the GDP per capita in the European Union regions Figure 6-Marginal Distribution of the GDP per capita (PPS) in EU-15 (2000) h=0,194 Source: Our processing on Eurostat data

48 La convergenza economica: metodi non parametrici - Cristina Brasili
The Convergence of the GDP per capita in the European Union regions

49 La convergenza economica: metodi non parametrici - Cristina Brasili
The Convergence of the GDP per capita in the European Union regions

50 La convergenza economica: metodi non parametrici - Cristina Brasili
Indicazioni bibliografiche sulla convergenza economica non parametrica L’approccio non parametrico, Cristina Brasili da pag. 49 a pag. 56 in Cambiamenti strutturali e convergenza economica nelle regioni dell’Unione europea a cura di Cristina Brasili, Clueb Bologna, 2005 L. Boggio G. Serravalli, Sviluppo e crescita economica, Mc Grow Hill Cap. 5 e Appendice al Cap. 5 Applicazioni allo sviluppo regionale La dinamica del reddito nelle regioni dell’Unione europea, Cristina Brasili, Barbara Costantini da pag. 73 a pag. 98 in Cambiamenti strutturali e convergenza economica nelle regioni dell’Unione europea a cura di Cristina Brasili, Clueb Bologna, 2005


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