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VIII MODULO LA COSTRUZIONE DEL SE’

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Presentazione sul tema: "VIII MODULO LA COSTRUZIONE DEL SE’"— Transcript della presentazione:

1 VIII MODULO LA COSTRUZIONE DEL SE’
Chi sono io?

2 IL CONCETTO DI SÉ Il Sé costituisce l’oggetto di studio di numerose discipline: Filosofia : Sartre e l’Esistenzialismo, in genere Psicologia: W. James Psicologia sociale: G. H. Mead Psicologia della personalità: Maslow, Erikson,.. Psicologia dello sviluppo: Mahler, Piaget, Stern, Lewis, Zazzo,…

3 IL CONCETTO DI SÉ Il Sé è un concetto multidimensionale, che possiede diverse valenze: Individuale/sociale Soggettiva/oggettiva Cognitiva Emotivo/affettiva

4 IL CONCETTO DI SÉ: ALCUNE DISTINZIONI
Io/identità: è la componente che apprende, organizza, interpreta l’esperienza. Esprime l’esistenza dell’individuo come separato, distinto dagli altri, costante e continuo nel tempo. Sé: è ciò che un individuo appare a se stesso, sulla base della percezione che egli stesso ne ha e che riceve dagli altri Senso di Sé: è la conoscenza che l’individuo ha di sé. Comprende l’autostima (valutazione di sé).

5 IL MODELLO DI JAMES Per primo W. James (1890) ha postulato un concetto multidimensionale del Sé, distinguendo tra: Io: il sé conoscente Me: il sé conosciuto (“Me materiale”, “Me sociale”, “Me spirituale”) Ha distinto inoltre tra: Sé attuale: effettivo e reale Sé potenziale: desiderato, prodotto delle mete e delle aspettative personali

6 IL MODELLO DI MEAD G. Mead (1934) considera il Sé il prodotto del rispecchiamento (looking glass self) che ogni individuo effettua negli altri. Grazie a processi sempre più complessi di tipo cognitivo, simbolico e sociale, l’individuo interiorizza gli atteggiamenti, i ruoli sociali, le rappresentazioni e le aspettative del gruppo sociale di appartenenza (“altro generalizzato”) e costruisce il proprio sé.

7 IL MODELLO DI BRUNER Secondo Bruner (1986,1990), grazie al linguaggio e alla struttura narrativa del pensiero, l’individuo, già dalla prima infanzia, tende a dare significato e coerenza alle proprie esperienze, collocandole nel contesto culturale di appartenenza. Tale processo (raccontare-organizzare-dare significato) costituisce la narrazione e produce la memoria autobiografica e un costrutto coerente che progressivamente diventerà il Sé.

8 IL MODELLO DI BRUNER La narrazione implica il passaggio da un linguaggio “interno” (per sé) ad uno “esterno” (per gli altri) (Smorti, 2007): Linguaggio interno: è una sorta di dialogo con se stessi, non soggiace a nessun tipo di vincolo, è caratterizzato dal dominio del tutto sulla parte, del senso sul significato, non è articolato in modo sintattico e fonetico, ma è piuttosto contratto e basato su riferimenti contestuali e significati impliciti. Linguaggio esterno: è vincolato dalle regole fonetiche, sintattiche e culturali che impongono che il linguaggio si adatti al contesto e allo scopo, e dalla necessità di rispettare le regole convenzionali del racconto, che rendono la narrazione comprensibile agli altri, coerente e dotata di senso.

9 IL MODELLO DI BRUNER Smorti utilizza la metafora dell’imbuto con un filtro: Nel passaggio dal linguaggio interiore a quello esterno, è come se ogni parola o pensiero dovesse passare attraverso il filtro degli strumenti della cultura e dell’appartenenza sociale: si verifica un vero e proprio processo di selezione e di riorganizzazione degli eventi presenti nella memoria autobiografica, che conduce ad un modo diverso, cioè più culturale e sociale, di dare significato alle proprie esperienze e quindi di definire la propria identità personale. Quindi, attraverso la narrazione l‘individuo costruisce il Sé e lo rende comprensibile e conoscibile agli altri.

10 IL MODELLO DI GUIDANO V. Guidano (1988) considera il Sé una struttura complessa di tipo sistemico, la cui stabilità e coerenza (identità) è garantita dall’equilibrio tra la necessità di avere relazioni con gli altri (apertura del sistema) e la necessità di affermarsi, separandosi ed individuandosi (chiusura). Tale duplice istanza si evidenzia già dal primo nucleo del Sé, definito dalla propria amabilità sociale e dalle prime forme di autonomia e competenza.

11 SELF DETERMINATION THEORY
Secondo la Self Determination Theory (Connell, 1990; Deci e Ryan, 2008) la percezione di sé che un individuo sperimenta durante il proprio agire nei contesti sociali è il prodotto, la risultante dell’incontro tra i propri bisogni individuali di base, da un lato, e i modelli, o pattern di relazione sociale in cui egli è inserito, dall’altro.

12 SELF DETERMINATION THEORY
Competenza, connessione e autonomia sono i tre bisogni di base dell’individuo

13 LA SEPARAZIONE COME BISOGNO DI BASE
Connell (1990), nell’ambito della Self Determination Theory, considera il bisogno di separazione in termini di bisogno di autonomia: percepirsi come separati dagli altri, di esistere come entità propria e distinta sia in senso fisico (separazione), sia in senso psicologico (separatezza), di evitare un controllo esterno nella messa in atto delle proprie azioni. L’autonomia può quindi essere intesa, innanzitutto, come esperienza di autoregolazione, legata cioè alla percezione di scegliere di dare inizio, mantenere o interrompere il proprio comportamento, e in secondo luogo come esperienza di una connessione tra le proprie azioni e gli obiettivi, i desideri, i valori che le hanno mosse.

14 LA SEPARAZIONE COME BISOGNO DI BASE
L’individuo, secondo Connell, soddisfa questo bisogno quando sperimenta se stesso come artefice e regolatore delle proprie azioni e quando sente che la motivazione che lo spinge ad agire viene da lui stesso, è cioè interna ed intrinseca. I processi di base, quindi, connessi al soddisfacimento di questo bisogno, sono fondamentalmente quelli di autoregolazione e di percezione di un locus interno rispetto al controllo delle proprie azioni.

15 LA CONNESSIONE COME BISOGNO DI BASE
La connessione costituisce l’altra faccia della medaglia: È necessario separarsi da ciò con cui si è in relazione, ma costruire la relazione è la condizione per la separazione

16 LA CONNESSIONE COME BISOGNO DI BASE
BISOGNI SOCIALI: RIVOLTI VERSO L’ESTERNO, VERSO GLI ALTRI (Sullivan, 1953; Bowlby, 1973; Weiss, 1973) Bisogno di attaccamento/sicurezza Bisogno di relazioni sociali Bisogno di appartenenza Bisogno di confrontarsi/identificarsi Bisogno di avere un partner

17 LA CONNESSIONE COME BISOGNO DI BASE
Si tratta di un tema centrale e dominante della psicologia dello sviluppo. E’ indubbiamente il bisogno, tra tutti, più indagato Continuità tra la concezione classica (passato), anche di tipo filosofico, che vede l’uomo come un animale sociale, e quella attuale che vede, soprattutto rispetto al futuro, l’uomo come individuo tecnologicamente sempre più connesso

18 LA CONNESSIONE COME BISOGNO DI BASE
Si riferisce alla necessità, anche biologica, di sentirsi sicuri e protetti nel contesto sociale, di avvertire di essere parte di un tutto, di sperimentarsi come capaci e degni di essere amati e, a propria volta, di amare. Il bisogno di relazione appare infatti soddisfatto quando l’individuo realizza il contatto o la prossimità con gli altri individui, quando le proprie richieste vengono accolte, in sostanza quando egli percepisce un senso di connessione con il mondo esterno.

19 LA CONNESSIONE COME BISOGNO DI BASE
Tra i processi che contribuiscono al soddisfacimento di questo bisogno appaiono significativi quelli relativi alla costruzione di schemi relazionali, da cui può emergere un’idea di sé, degli altri e della relazione in termini di sicurezza, di amore, di connessione, ma anche di competenza (sentirsi capaci e degni di amare ed essere amati). Gli Internal Working Models (IWM) (Bowlby, 1988) costituiscono un buon esempio

20 LA CONNESSIONE COME BISOGNO DI BASE
La psicologia dello sviluppo è prevalentemente una psicologia della relazione: Teoria psicodinamica delle relazioni oggettuali Teoria dell’attaccamento Modello interazionista dello sviluppo

21 LA CONNESSIONE COME BISOGNO DI BASE
L’approccio psicodinamico alle relazioni oggettuali descrive come il legame tra il bambino e l’oggetto d’investimento delle pulsioni, mentre si realizza, conduce all’autonomia: soltanto se il bambino ha costruito una relazione profonda e sicura con una madre sensibile e sollecita (che soddisfa quindi il suo bisogno di connessione), ma nello stesso tempo non intrusiva e rispettosa del suo bisogno di separazione, potrà accedere alla capacità di stare solo (Winnicott, 1970), alla separatezza interiore (Klein, 1978) e alla consapevolezza di sé (Mahler, Pine, Bergman, 1978).

22 LA CONNESSIONE COME BISOGNO DI BASE
La teoria dell’attaccamento sottolinea l’importanza della relazione, ma attraverso la costruzione di una relazione l’individuo procede da una condizione di dipendenza totale ad una di autonomia (interiorizzazione della relazione). Il punto di arrivo è la costruzione dei primi schemi di sé (IWM) in termini di amato/non amato, competente/non competente. Il legame di attaccamento da un lato soddisfa il bisogno di connessione, ma dall’altro consente di sperimentare le prime forme di autonomia (i primi nuclei del Sé) e di competenza (capacità di amare ed essere amati)

23 LA CONNESSIONE COME BISOGNO DI BASE
Il modello interazionista dello sviluppo ha sottolineato come l’individuo sia predisposto alla socialità e ha mostrato come le interazioni siano un potente fattore evolutivo, in quanto esse concorrono alla costruzione di competenze di vario genere (linguistica, sociale, emotiva, ..). Grazie a tali competenze l’individuo definisce il proprio modo di essere, acquisisce cioè quelle informazioni su di sé (sé categoriale) che gli consentono di differenziarsi dagli altri e di svolgere un ruolo nel contesto sociale (Dunn, 1990)

24 LA CONNESSIONE COME BISOGNO DI BASE
In sintesi, coloro che hanno enfatizzato la connessione come un bisogno di base, pur in prospettive diverse, hanno sottolineato come tale istanza evolutiva conduca, se soddisfatta, a percepire quel senso di sicurezza e di competenza che consente sia di separarsi (fare a meno di) dagli altri, sia di differenziarsene, affermando una propria identità e individualità.

25 LA COMPETENZA COME BISOGNO DI BASE
Riflettendo sui bisogni di base di separazione e di connessione è emerso che essi difficilmente possono essere distinti, è come se costituissero le due facce della stessa medaglia, cioè dello sviluppo, il quale a sua volta non è che un’acquisizione progressiva di competenze. SEPARAZIONE CONNESSIONE COMPETENZA Sono tre istanze evolutive di base e intrecciate tra loro

26 LA COMPETENZA COME BISOGNO DI BASE
Il bisogno di competenza (Elliot, McGregor, Thrash, 2002) si riferisce alla necessità di produrre un effetto sull’ambiente. Quest’ultimo viene in effetti percepito come soddisfatto quando l’individuo sperimenta di essere capace di produrre un effetto voluto, o un esito positivo, o di evitarne uno non voluto, o esito negativo. Allo stesso modo ciò accade quando egli si aspetta e quindi prevede di riuscire in un compito o nella messa in atto di un comportamento. Rispetto al senso di competenza, e quindi alla possibilità di percepirsi come tali e di soddisfare questo bisogno, due processi appaiono cruciali: la conoscenza delle proprie abilità (sperimentare di saper fare, credere di essere in grado di fare, avere fiducia nelle proprie capacità), e la consapevolezza delle strategie utili al saper fare (come agire per raggiungere un esito positivo e per evitarne uno negativo).

27 LA COMPETENZA COME BISOGNO DI BASE
In sintesi, il bisogno di competenza viene soddisfatto quando l’individuo, in una determinata circostanza e rispetto ad un’azione specifica, sa che cosa e come deve fare per realizzarla. Il soddisfacimento del bisogno di competenza conduce ad esercitare una qualche forma di controllo, dall’interno, sull’azione, e quindi sulla realtà esterna. L’individuo sperimenta dunque di non essere “in balia” del mondo esterno, ma di essere, rispetto ad esso, distinto e autonomo. Quindi, l’esperienza di percepirsi come competente, di esercitare un effetto sull’ambiente, lo conduce di fatto anche a comprendere il proprio senso di autonomia e a sentire di essere diverso e separato da ciò su cui esercita un controllo.

28 LA COMPETENZA COME BISOGNO DI BASE
BISOGNO DI COMPETENZA BISOGNO DI AUTONOMIA

29 LA COMPETENZA COME BISOGNO DI BASE
Precursori del soddisfacimento del bisogno di competenza: Reazioni circolari secondarie (Piaget, 1936), intorno ai sei mesi, grazie alle quali un movimento, o un’azione, che produce un effetto sull’ambiente viene ad essere generalizzato ed inserito nel repertorio degli schemi di azione. Comparsa delle emozioni autocoscienti (Harter, 1999) verso la fine del secondo anno di vita: esse sono strettamente connesse ad una prima forma di valutazione di sé, e in particolare all’effetto che il proprio comportamento esercita sulla realtà esterna.

30 SEPARAZIONE, CONNESSIONE E COMPETENZA
Dalle riflessioni precedenti emerge lo stretto legame tra le 3 istanze evolutive di base e l’importanza che esse ricoprono rispetto alla costruzione del Sé Connessione Separazione Competenza

31 SELF DETERMINATION THEORY
Competenza, connessione e autonomia sono le dimensioni principali del sistema del Sé, poiché i processi attraverso cui tali istanze vengono soddisfatte consentono all’individuo di costruire, percepire e sperimentare le diverse componenti e caratteristiche del proprio modo di essere nelle varie situazioni.

32 SELF DETERMINATION THEORY
Alcuni pattern interattivi possono, in una situazione specifica e durante una determinata attività, risultare più o meno funzionali al soddisfacimento dei bisogni individuali, e quindi consentire all’individuo stesso di sperimentare in quella situazione un senso del Sé più o meno positivo. Le variazioni nel sistema del Sé dipendono dunque dal grado con cui le istanze di base vengono accolte e soddisfatte dal contesto relazionale.

33 I BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO
Le caratteristiche del contesto possono favorire o meno il soddisfacimento di tali bisogni e, in questo modo, concorrono alla costruzione di un Sé più o meno soddisfacente (stabilità, benessere, adattamento)

34 I BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO
Sono tre le caratteristiche dell’ambiente relazionale, in grado di influenzare il soddisfacimento dei bisogni di base di autonomia, competenza e connessione: “struttura” “sostegno all’autonomia” “coinvolgimento” Queste vanno intese anche rispetto alla percezione che di queste ha l’individuo, e non soltanto come elementi oggettivamente posseduti dal contesto.

35 I BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO
Struttura Si intende un contesto molto chiaro e definito, tale per cui l’individuo è consapevole di ciò che può aspettarsi. Sperimentare una relazione strutturata significa percepirla come coerente e stabile, e quindi ben definita e prevedibile; al contrario, in assenza di struttura, l’individuo percepisce incoerenza, instabilità e non sa, in una particolare circostanza, che cosa può aspettarsi da essa.

36 I BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO
Sostegno all’autonomia Il sostegno all’autonomia viene percepito all’interno di una relazione in cui il partner riconosce il bisogno di separazione e di controllo interno delle proprie azioni, e quindi non è intrusivo e non esercita un controllo eccessivo sul comportamento.

37 I BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO
Coinvolgimento Il coinvolgimento caratterizza quella relazione o quel contesto socio-culturale in cui l’individuo percepisce su di sé l’attenzione, la partecipazione e la preoccupazione degli altri; egli sente di essere accettato e di essere partecipe di un tutto, sperimenta un senso di appartenenza e di connessione. In caso contrario egli percepirà un senso di isolamento e un sentimento di solitudine.

38 CONTESTO E CULTURA DI RIFERIMENTO
Le caratteristiche del contesto si esprimono non solo a livello di relazione ma anche di cultura di riferimento: culture di tipo collettivistico, o individualistico, proprio perché diversamente caratterizzate rispetto alla struttura, al supporto all’autonomia o al coinvolgimento, soddisfano in modo diverso i bisogni di competenza, di autonomia e di relazione, e quindi influenzano la percezione del Sé in particolari circostanze (Dennis, Talih, Cole, Zahn-Waxler, Mizuta, 2007).

39 CONTESTO E CULTURA DI RIFERIMENTO
Anche i modelli di socializzazione presenti nei diversi contesti familiari e/o educativi possono orientare l’azione dei partner delle relazioni in modo tale da soddisfare in modo differente i bisogni sociali o individuali dei bambini (Corsano, Cigala, 2004). Diverse situazioni cliniche di malessere e di inadeguata percezione di sé, descritte da Buchholz (1997) come caratteristiche dell’attuale cultura occidentale, vengono dalla studiosa spiegate in relazione ad una sorta di mancato riconoscimento del bisogno di autonomia, soffocato, sul piano culturale, da un’enfasi eccessiva sugli aspetti di connessione e di relazione.

40 CONTESTO, DOMINIO DI VITA E FASI EVOLUTIVE
Le caratteristiche del contesto possono avere significato diverso, maggiore o minore salienza anche rispetto a: Dominio di vita: casa/scuola/gruppo dei pari,.. Fase evolutiva dell’individuo. Gli stessi bisogni di base, per altro, si esprimono con forza e modalità differenti a seconda dell’età degli individui.

41 BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO: UN ESEMPIO DI RICERCA
Smeekens, Riksen-Wairaven e van Bakel (2008) hanno condotto una ricerca da cui emergono bene le interazioni tra bisogni di base e caratteristiche del contesto. Tema: relazione tra profili di adattamento e l’interazione genitore/bambino (contesto di riferimento) Hp: i profili di adattamento variano rispetto alle caratteristiche del contesto Soggetti: 107 bambini di 5 anni

42 BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO: UN ESEMPIO DI RICERCA
Il profilo è definito rispetto ai tre bisogni di base: Competenza: valutata attraverso una prova di competenza percepita (Puppet Interview - Cassidy, 1988) Autonomia: valutata attraverso una prova di autoregolazione e coping (California Child Q-set - Block e Block, 1980) Connessione: valutata attraverso la sicurezza dell’attaccamento (Attachment Story Completion Task - Cassidy, 1988), competenza sociale coi pari (vari strumenti) e adattamento a scuola (SRS- Chandler et al., 1985)

43 BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO: UN ESEMPIO DI RICERCA
Il profilo è definito anche rispetto a dimensioni comportamentali, quali : Internalizzazione (ansia, depressione, ritiro sociale, bassa stima di sé) Esternalizzazione (aggressività, antisocialità,..) valutate attraverso il Child Behavior Checklist (CBCL) e il Teacher Report Form, entrambi di Achenbach (1991), strumenti di osservazione indiretta per genitori e insegnanti.

44 BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO: UN ESEMPIO DI RICERCA
Il contesto (interazione col genitore) è stato valutato mediante una prova in cui i genitori dovevano dare istruzioni su come svolgere un compito. La situazione, videoregistrata, è stata codificata mediante le scale di Erickson et al., 1985), che valutano: Supporto emotivo / ostilità (Coinvolgimento) Non intrusività, rispetto autonomia (Sostegno all’autonomia) Coerenza nella strutturazione delle regole/Chiarezza nel dare le istruzioni (Struttura)

45 BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO: UN ESEMPIO DI RICERCA
Mediante l’analisi dei clusters sono emersi 3 profili di autonomia: I profilo: adattamento (punteggi alti in tutte le scale) (circa il 60 % dei bambini) II profilo: disadattamento (punteggi bassi in tutte le scale, problemi di esternalizzazione) (circa il 20 %) III profilo: “insuccesso” (20 %) (buona sicurezza di attaccamento, bassa autoregolazione e bassa competenza percepita, bassa prosocialità, inibizione, problemi di internalizzazione)

46 BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO: UN ESEMPIO DI RICERCA
I profili sono stati correlati con le caratteristiche del contesto. Il I profilo è correlato con livelli alti di struttura, supporto all’autonomia e coinvolgimento Il II profilo è correlato con livelli bassi di struttura, coinvolgimento e supporto all’autonomia Il III è correlato a buoni livelli di struttura, coinvolgimento e basso supporto all’autonomia

47 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Nel percorso di sviluppo del concetto di sé si individuano due momenti significativi (Lewis, 1990): Sé esistenziale (Sé come agente): è la consapevolezza di sé, cioè la capacità di comprendere che si esiste come individui distinti e separati dagli altri. Sé categoriale: è il vero e proprio concetto di sé, cioè l’attribuzione a sé di caratteristiche (la collocazione di sé all’interno di categorie che lo definiscono).

48 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Sé esistenziale Si costruisce entro il II anno di vita Viene valutato mediante: Prove di riconoscimento visivo allo specchio (Lewis, Zazzo) Uso adeguato di pronomi personali e nome proprio Presenza di autoaffermazione e di emozioni complesse (vergogna, orgoglio,..).

49 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Sé esistenziale Esperienze che favoriscono l’acquisizione del Sé esistenziale: Reazioni circolari primarie e secondarie (Piaget) Protoconversazioni (Stern) Contingenza tra le proprie azioni e gli effetti di queste (Piaget) Dialogo emotivo (Stern, Trevarthen) Osservazione ed esplorazione del proprio corpo

50 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Sé esistenziale Il percorso di acquisizione del Sé esistenziale è stato descritto da: Piaget (1937): sul piano cognitivo, rispetto al processo di costruzione dell’oggetto (e differenziazione del soggetto) M. Mahler (et al., 1975): sul piano affettivo, rispetto al processo che, dalla fusione e simbiosi con la madre, conduce alla separazione e all’individuazione.

51 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Sé esistenziale Fonagy (2002) ha fornito un interessante modello di sviluppo del Sé, focalizzandosi in particolare sul Sé come agente mentale, cioè sulla comprensione che l’individuo ha di essere un’entità che agisce e ha un effetto sul mondo Egli si chiede come ciò avvenga

52 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy Il modello di Fonagy si colloca in un contesto teorico che dà importanza, per la costruzione del Sé a: Processi mentali (il bambino conosce la propria mente grazie alla comprensione della mente altrui) Interazione affettiva col caregiver come contesto in cui si costruisce il Sé Rapporto tra emozione e cognizione (consapevolezza delle emozioni)

53 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy Sia il Sé come agente mentale (Io) sia il Sé come oggetto (Me) non sono dati alla nascita, ma si costruiscono grazie al processo di mentalizzazione (o funzione riflessiva), cioè il fare esperienza di essere un organismo dotato di mente. La funzione riflessiva (capacità di riflettere sulla mente) può essere rivolta verso di sé (autoriflessione) o verso gli altri. Ciò aiuta a distinguere tra realtà interna ed esterna.

54 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy Mentalizzazione: processo che porta alla consapevolezza che l’esperienza che abbiamo del mondo è mediata dalla nostra mente. Organizzare tale esperienza attraverso la mente porta a costruire un’idea di Sé Mentalizzazione Costruzione del Sé

55 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ affettività mentalizzata
Fonagy Mentalizzazione: regolazione affettiva (tra bambino e caregiver) affettività mentalizzata

56 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy regolazione affettiva (tra bambino e caregiver): capacità di modulare le proprie emozioni rispetto all’altro) affettività mentalizzata: comprensione dei significati soggettivi dei propri stati affettivi. E’ la forma più matura di regolazione affettiva. Implica il Sé

57 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy Se il processo di mentalizzazione fallisce, la psicoterapia può aiutare a raggiungere una condizione di affettività mentalizzata

58 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy Alcune domande: Perché il processo di mentalizzazione avviene a partire dalla regolazione affettiva? Perché le emozioni sono i primi stati mentali che si sperimentano e che si attribuiscono agli altri (poi intenzioni, desideri, credenze,..)

59 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy Alcune domande: Perché le emozioni sono gli stati mentali più precoci? Perché sono innate e universali, si accompagnano a correlati fisiologici, comportamentali ed espressivi che le rendono facilmente riconoscibili.

60 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy Grazie al processo di mentalizzazione si verifica un passaggio evolutivo importante: da una condizione di “equazione tra stati affettivi interni ed esterni” (tipica del bambino piccolo) alla distinzione tra stati mentali effettivi (interni) e stati mentali rappresentati (cioè consapevoli e rielaborati rispetto alla realtà esterna) Solo quando il bambino distingue le due realtà può integrarle dando vita a stati affettivi come rappresentazioni, può comprendere il senso del “come se” e del “fare finta” e sperimentare diverse rappresentazioni di sé.

61 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy Il punto di partenza e il punto chiave del processo di mentalizzazione è la regolazione affettiva che avviene nell’interazione col caregiver. Passaggio progressivo dalla co-regolazione all’autoregolazione (delle emozioni e di sé)

62 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy Ci sono diversi livelli di regolazione affettiva: Omeostasi: modulazione dell’emozione in funzione del ripristino dell’equilibrio fisiologico (non è consapevole) Regolazione interpersonale: modulazione dello stato emotivo per adattarlo agli altri (prima forma di autoregolazione) Affettività mentalizzata: modulazione che tiene conto dei significati soggettivi dei propri stati affettivi

63 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Teoria del bio-feedback sociale
Fonagy Il passaggio dal I agli altri livelli di regolazione affettiva è reso possibile dal rispecchiamento emotivo da parte dell’adulto E’ il punto centrale del modello di Fonagy Per spiegarlo, Fonagy ricorre al modello del bio-feedback. Ipotizza che la teoria classica del bio-feedback possa essere applicata al contesto dell’interazione col caregiver Teoria del bio-feedback sociale

64 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Teoria del bio feedback
Fonagy Teoria del bio feedback Al paziente si insegna ad avere consapevolezza di uno stato interno (ad es. frequenza cardiaca) associandolo contingentemente a qualcosa di esterno che varia in modo concomitante.

65 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Teoria del bio feedback sociale
Fonagy Teoria del bio feedback sociale Il bambino impara a prendere consapevolezza di un stato interno non consapevole (uno stato emotivo) associandolo allo stato emotivo che l’adulto manifesta contingentemente a quello del piccolo (già a poche settimane i piccoli sono in grado di rilevare e reagire, sperimentandole, alle contingenze) Detezione e massimizzazione della contingenza

66 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Teoria del bio feedback sociale
Fonagy Teoria del bio feedback sociale La detezione e la massimizzazione della contingenza svolgono due funzioni importanti: Autoidentificazione (il bambino fa esperienza di sé come soggetto agente Orientamento verso l’oggetto sociale (che risponde)

67 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Teoria del bio feedback sociale
Fonagy Teoria del bio feedback sociale Quindi, quando l’adulto rispecchia emotivamente lo stato interno del bambino, gli consente di fare un’esperienza di contingenza e di associare la configurazione che vede nell’adulto al proprio stato interno

68 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Teoria del bio feedback sociale
Fonagy Teoria del bio feedback sociale Per massimizzare la contingenza, il bambino introduce delle piccole variazioni nel proprio comportamento, che si sintonizzano con quelle del genitore (il rispecchiamento non è continuativo). Questa sintonizzazione induce il bambino a ridurre e regolare i propri stati emotivi

69 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Teoria del bio feedback sociale
Fonagy Teoria del bio feedback sociale Oltre che contingente, il rispecchiamento affettivo dell’adulto deve anche essere marcato, cioè esagerato. La marcatura fatta dal genitore aiuta il bambino a capire che quello che vede nell’altro è il proprio stato emotivo e non l’altrui. Questo lo aiuta a differenziare tra stato interno e realtà esterna (costruzione del Sé)

70 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Teoria del bio feedback sociale
Fonagy Teoria del bio feedback sociale Se il bambino percepisse che quello che vede nell’altro è l’altrui stato emotivo, oltre a non differenziare tra sé e la realtà esterna (che sarebbe percepita come un prolungamento di sé), non regolerebbe il proprio stato emotivo, ma lo intensificherebbe.

71 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Teoria del bio feedback sociale
Fonagy Teoria del bio feedback sociale Come fa il bambino a capire che quello che vede è una marcatura e non lo stato reale dell’adulto? Perché nel tempo il bambino sperimenta nel genitore due tipi diversi di esperienza emotiva: quella realistica e quella marcata, le distingue e “capisce” che quella marcata rispecchia il proprio stato e non quello dell’adulto.

72 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Teoria del bio feedback sociale
Fonagy Teoria del bio feedback sociale Grazie alla marcatura, il bambino gradualmente interiorizza anche la modalità del “come se”, del “fare finta”, che lo aiuterà a distinguere i due livelli della realtà (interna ed esterna) e a costruire delle rappresentazioni integrate di essa e di sé.

73 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Teoria del bio feedback sociale
Fonagy Teoria del bio feedback sociale Quindi, il rispecchiamento contingente e marcato (che è istintivo nel genitore) svolge alcune funzioni fondamentali: Aiuta il b. a identificare e raggruppare alcuni indizi che definiscono il suo stato interno (sensibilizzazione) Lo aiuta a costruire delle rappresentazioni consapevoli dei propri stati interni (costruzione della rappresentazione) Regolazione delle emozioni Acquisizione del codice comunicativo della marcatura.

74 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy Possono esserci nel caregiver stili devianti di rispecchiamento emotivo, che possono sviluppare nel bambino forme di disadattamento o psicopatologie: Assenza di marcatura Presenza di marcatura, ma con incongruenza emozionale

75 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy Assenza di marcatura Il bambino attribuisce all’altro il proprio stato emotivo, non distingue tra realtà interna ed esterna, l’emozione negativa risulta amplificata piuttosto che regolata. Bambino e genitori sono sopraffatti dallo stato emotivo, assenza di contenimento emotivo. Tendenza nel bambino all’identificazione proiettiva, difficoltà di differenziazione di sé.

76 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy Presenza di marcatura, ma con incongruenza emozionale L’adulto risponde con una reazione diversa da quella del bambino (ad es. piccolo attivato, eccitato gioiosamente, mamma risponde arrabbiandosi. Il bambino percepirà in modo distortio i propri stati affettivi (Falso Sé o Sé alieno)

77 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy Attraverso il processo di mentalizzazione il bambino diventa progressivamente consapevole di sé come agente mentale Fonagy delinea lo sviluppo del Sé agente (Io), aspetto trascurato dalla letteratura, che si è concentrata sullo sviluppo del concetto di sé.

78 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy 5 livelli nell’acquisizione della comprensione di essere un agente mentale: Fisico Sociale Teleologico Intenzionale Rappresentazionale (autobiografico)

79 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy Il I livello (Sé come agente fisico) è un Sé pre-riflessivo (non psicologico). Gli altri costituiscono il Sé riflessivo (psicologico), grazie al quale l’individuo può riflettere (funzione riflessiva) sulla propria e altrui esperienza in termini di stati mentali (emozioni, affetti, intenzioni, desideri, credenze, motivazioni,..) Costruzione del Sé: mentalizzazione

80 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy Sé come agente fisico Da 0 a 6 mesi il bambino comincia ad avere una vaga idea di sé (corporeo, pre-riflessivo) come origine di azioni sull’ambiente, di forza fisica che produce cambiamenti nell’ambiente. Varie ricerche mostrano: Sensibilità alle contingenze (perfette) Reaz. Circolari Capacità di adeguare i propri movimenti allo spazio (esperimento “stanza mobile”) Osservazione di parti del corpo

81 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy Sé come agente sociale Entro il I anno di vita il bambino comprende che i propri comportamenti hanno un effetto sugli altri. Le ricerche mostrano che già alla nascita il bambino è attratto dagli stimoli sociali, sa imitare e interagisce. La comprensione del sé come agente sociale implica la consapevolezza di ciò. Gli studiosi si sono chiesti quando ciò avviene. Ci sono diverse posizioni in letteratura.

82 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy Sé come agente sociale Intersoggettività – posizione forte (Tronick, Trevarthen): presente su base innata. Il bambino comprenderebbe subito i propri e altrui stati interni (es. le emozioni e le intenzioni), osservando il proprio caregiver (“come me”). Intersoggettività – posizione più debole (Tomasello): presente su base innata, ma la comprensione degli stati propri e altrui compare solo intorno ai 9 mesi. Intersoggettività senza stato iniziale (Fonagy): non è data alla nascita, ma si costruisce in modo mediato attraverso le interazioni col caregiver.

83 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy Sé come agente sociale La propensione innata agli stimoli sociali e alle interazioni non agisce direttamente, ma indirettamente: favorisce la prossimità esprimendosi come proto-conversazioni, dialogo emotivo,.. favorisce l’autoregolazione (il bambino dapprima subisce la funzione regolatrice dell’adulto, poi sperimenta di avere effetti sull’altro) stimola nel genitore il rispecchiamento emotivo In sintesi, crea un ambiente favorevole all’apprendimento e alla comprensione degli stati mentali, che sono acquisiti intorno ai 18 mesi.

84 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy Sé come agente sociale Quindi, la mentalizzazione vera e propria (consapevolezza di Sé come agente mentale) ha inizio intorno ai 18 mesi prima ci sono solo dei precursori (gesto dell’indicare, attenzione condivisa, riferimento sociale,..)

85 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Sé come agente teleologico
Fonagy Sé come agente teleologico E’ la comprensione che le proprie azioni hanno un esito e che possono essere messe in atto in funzione di questo. Già Piaget aveva mostrato che intorno a 9 mesi i bambini sembrano agire rispetto a uno scopo

86 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Sé come agente teleologico
Fonagy Sé come agente teleologico Secondo Fonagy il Sé teleologico è distinto da quello intenzionale, perché quest’ultimo presuppone una maggiore consapevolezza degli stati mentali (intenzioni) Infatti, gli studi sui bambini autistici e sui primati mostrano che essi possiedono un Sé teleologico , ma non comprendono gli stati mentali delle intenzioni.

87 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Il Sé come agente intenzionale
Fonagy Il Sé come agente intenzionale Comprensione che all’origine di un’azione ci sia un’intenzione o in genere uno stato mentale che la muove (teoria della mente). Già dai due anni i bambini usano il verbo “volere” e comprendono i desideri, le preferenze. Mostrano empatia e comportamento prosociale Le credenze compaiono più tardi (3-4 anni)

88 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy Sé come agente rappresentazionale e autobiografico Comprensione che il Sé è una rappresentazione, cioè un insieme complesso di attributi, esperienze, attività, ricordi, che può essere pensato e richiamato alla mente (su cui si può riflettere).

89 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy Sé come agente rappresentazionale e autobiografico Prima dei due anni c’è amnesia infantile perché non c’è Sé esistenziale (né linguaggio) Intorno ai due anni il bambino comincia a comprendere il Sé come rappresentazione, ma solo più tardi lo organizza temporalmente (Sé “esteso” nel passato e nel futuro, cioè autobiografico”)

90 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
(Fonagy) In sintesi, anche riprendendo Bruner, il Sé autobiografico è il prodotto di: Sé esistenziale linguaggio memoria, mentalizzazione narrazione

91 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Sé categoriale Si costruisce a partire dai 2 anni circa Si costruisce parallelamente alla conoscenza degli altri Segue di pari passo: lo sviluppo cognitivo (schemi cognitivi via via più complessi consentono nuove conoscenze e nuove modalità di rielaborazione delle conoscenze); lo sviluppo affettivo e sociale (le relazioni con gli altri consentono di ricavare informazioni su di sé)

92 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Sé categoriale Il sé categoriale è stato studiato prevalentemente attraverso l’uso del linguaggio (metodo narrativo). Le definizioni che i bambini danno di sé inglobano progressivamente le seguenti categorie (Schaffer, 2004): Età Genere Caratteristiche fisiche Oggetti posseduti e attività svolte Abilità e tratti psicologici

93 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Sé categoriale Secondo Guidano (1988) i primissimi nuclei del Sé (I infanzia) hanno origine nelle relazioni familiari e riguardano l’amabilità sociale, la sicurezza, le competenze di base connesse all’autonomia, le prime norme. Tali nuclei, poi, si consolidano all’interno di altre relazioni, soprattutto con i pari, costruendo un Sé costituito sempre da schemi relazionali, normativi e di competenza, adeguati al livello evolutivo raggiunto.

94 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Sé categoriale Strutturalmente, il concetto di sé si modifica nelle seguenti direzioni (Harter, 1999; Schaffer, 2004): Dal globale al differenziato Dalla giustapposizione all’organizzazione Dall’incoerenza alla coerenza Dal concreto all’astratto Dall’induzione alla deduzione Dall’assoluto al comparativo Distinzione progressiva tra Sé pubblico e Sé privato, Sé reale e Sé ideale

95 SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Sviluppo cognitivo Concetto di Sé e degli altri Periodo sensomotorio Distinzione tra Sé e gli altri: consapevolezza di Sé Primi schemi relazionali e normativi Periodo preoperatorio Il bambino identifica Sé e gli altri ricorrendo ad indici percettivi, tratti esteriori e comportamenti contingenti. Giustappone i tratti senza organizzarli in modo coerente. Periodo operatorio Grazie all’acquisizione della costanza e dell’identità degli oggetti, il bambino è in grado di riunire in un costrutto globale e unitario i diversi tratti. Utilizza le comparazioni, il riferimento a tratti psicologici e a stati interni, dapprima connessi ai comportamenti osservati (pensiero concreto), e poi da questi sempre più svincolati (pensiero astratto).

96 ETA’ PRESCOLARE Fino agli anni ’80/’90 gli studiosi hanno indagato il Sé in età prescolare attraverso l’uso di domande aperte, frasi da completare…, che non hanno favorito l’emergere di competenze tacite.

97 ETA’ PRESCOLARE Dagli anni ‘90 in poi nuovi studi condotti con nuove metodologie (Eder, 1990; Marsh, Ellis e Craven, 2002; Brown et al., 2009; Fivush, 2007) hanno evidenziato che i bambini di età prescolare sono capaci di attribuirsi caratteristiche non solo fisiche ma anche di tipo psicologico (emotivo, sociale, tratti di personalità) e di organizzarle in modo coerente.

98 ETA’ PRESCOLARE Rispetto allo sviluppo del Sé l’età prescolare possiede alcune peculiarità: Consolidarsi del linguaggio: sé verbale e narrato, conversazioni coi genitori e i pari Consolidarsi delle autonomie: sviluppo di molte competenze e approvazione sociale rispetto ad esse (sovrastima di sé) Consolidarsi dell’attività simbolica:il bambino si sperimenta nel gioco, “far finta”, sé rappresentazionale e autobiografico Teoria della mente: si completa il processo di mentalizzazione Consolidarsi delle emozioni autocoscienti

99 EMOZIONI SOCIALI, O “AUTOCOSCIENTI”
Ogni emozione sociale possiede: Una causa elicitante Implicazioni per sé / per gli altri Correlati emotivi e comportamentali ORGOGLIO: Raggiungimento di mete e obiettivi definiti nel contesto della relazione Percezione di competenza / di avere risposto alle aspettative degli altri Felicità e comportamento di esibizione

100 EMOZIONI SOCIALI, O “AUTOCOSCIENTI”
VERGOGNA: Trasgressione di norme definite nel contesto della relazione Percezione di inadeguatezza / di avere deluso gli altri Tristezza e comportamento di ritiro/evitamento SENSO DI COLPA: Trasgressione/violazione di norme definite nel contesto della relazione affettiva Percezione di inadeguatezza / danno per gli altri Ansia e agitazione e comportamento di riparazione

101 SVILUPPO DELLE EMOZIONI SOCIALI (Harter, 1999; Lewis, 2008)
2-3 anni: solo indici espressivi 4 anni: nominano correttamente e comprendono la valenza affettiva dell’emozione 3-6 anni: comprensione del legame tra norme ed emozione 7 anni: portano esempi corretti di situazioni elicitanti, ed esplicitano i modelli parentali 8 anni: consapevolezza che l’emozione può essere provata indipendentemente dall’osservazione degli altri

102 STUDI SUL REMINISCING Gli studi sul “reminiscing” hanno mostrato aspetti interessanti riguardo al Sé in età prescolare e alla formazione del Sé autobiografico. Per “reminiscing” si intende l’atto di ricordare insieme (bambino-genitore) eventi del passato vissuti da entrambi Gli studiosi (Fivush et al., anni 2000) si sono soffermati sugli stili di conduzione dei genitori

103 STUDI SUL REMINISCING Attraverso le conversazioni e gli stili di conduzione di queste, i genitori favoriscono modalità più o meno complesse ed elaborate di narrazione autobiografica e quindi di costruzione del Sé. Gli studi sul “reminiscing” hanno individuato due stili materni caratteristici, correlati a competenze narrative nei bambini: Stile “elaborativo” : ampie descrizioni, maggior numero di dettagli e particolari (favorisce nel bambino, anche a lungo termine, una maggiore competenza ed autonomia nel ricordare gli eventi del proprio passato e nello strutturarli in sequenze narrative più complesse). Stile “ripetitivo” : modalità tipo “domanda-risposta”, finalizzato non tanto ad estendere ed ampliare le capacità del bambino nel ricordare, bensì a testarle o verificarle (favorisce narrazioni più semplificate).

104 STUDI SUL REMINISCING DIFFERENZE DI GENERE… (Fivush, Brotman, Buckner, Goodman, 2000; Fivush, Buckner, 2003) Sia le madri sia i padri mostrano differenze tra maschi e femmine: Con le figlie: stile più elaborativo e ad alto contenuto emotivo e strutture narrative di tipo socio-relazionale Con i figli maschi: stile più ripetitivo, minor riferimento alle emozioni (tranne alla rabbia) e strutture narrative più “autonome” (centrate su oggetti e eventi) …E DI CULTURA (Markus e Kitayama, 1991, 2001; Wang, 2004) Cultura occidentale (nordamericana ed europea): conversazioni tra adulto e bambino che stimolano a focalizzarsi su di sé, a parlare delle proprie esperienze, a soffermarsi sui particolari e a fornire descrizioni dettagliate (favorisce un Sé indipendente, definito e rappresentato come unico e differenziato) Cultura orientale (giapponese e cinese): le conversazioni attribuiscono meno importanza al ricordo di eventi individuali, focalizzandosi sulla comunità nel suo complesso, e sottolineando emozioni o stati interni connessi alle relazioni con gli altri e alla vita di gruppo. (favorisce nel bambino la costruzione di un “Sé interdipendente”, definito e rappresentato rispetto agli altri)

105 ETA’ SCOLARE In età scolare (fanciullezza) gli studi sul sé si sono concentrati maggiormente sull’autostima, sulla percezione di competenza, differenziando in modo netto tra vari ambiti del sé (da quello fisico, a quello interpersonale, scolastico/accademico,..)

106 L’AUTOSTIMA L’autostima è la valutazione, il giudizio che l’individuo esprime su di sé. Si costruisce parallelamente al concetto di Sé ed è il prodotto di: Esperienze vissute (successi, fallimenti,..) Aspettative degli altri Giudizi ricevuti dagli altri

107 L’AUTOSTIMA Esperienze entro cui si costruisce l’autostima:
Interazioni bambino/genitore Interazioni tra pari Gioco (solitario e sociale) Attività scolastiche ed extrascolastiche Professione Relazioni con un partner ………………..

108 L’AUTOSTIMA Valutazione dell’autostima: Interviste/colloqui (con i più piccoli e i loro familiari) Tecniche di “Self-report” (a partire dall’età scolare): questionari in cui i soggetti devono attribuirsi un punteggio su scale relative a varie abilità Test del “Bean bag”: giochi di difficoltà variabile che permettono di misurare il livello degli obiettivi che i bambini si pongono

109 L’AUTOSTIMA Livelli e correlati dell’autostima in età scolare (Coopersmith, anni ‘70) Bassa stima di sè Alta stima di sè Timidezza/introversione Socievolezza/estoversione impopolarità Popolarità Insuccesso scolastico Successo scolatico Ritiro e isolamento sociale Competenza sociale Dipendenza dal contesto/conformismo Autonomia rispetto al contesto

110 L’AUTOSTIMA L’autostima è un costrutto stabile ed autoreferente: l’individuo tende cioè a confermare la propria valutazione, interpretando in questa direzione le esperienze. Diener e Dweck (‘70) hanno rilevato che i bambini di età scolare , in seguito a fallimenti, usano un linguaggio diverso (interpretando la situazione) a seconda del livello di autostima: Bassa autostima: bambini rinunciatari Alta autostima: b. orientati alla padronanza “..mi sono confuso” “più è difficile e più devo impegnarmi” “ho sbagliato” “ancora un po’ e ce la faccio” “non sono capace..” “mi piace avere più scelte” “rinuncio” “riproviamo”

111 L’AUTOSTIMA L’autostima è coerente con le valutazioni degli adulti di riferimento: Insegnanti: la valutazione dell’insegnante corrisponde al livello di autostima dell’allievo Genitori: la valutazione del genitore corrisponde al livello di autostima del figlio; correlazione tra autostima dei genitori e dei figli

112 SVILUPPO DELL’AUTOSTIMA
Secondo Berti e Bombi (2005) fino all’età scolare l’autostima tende ad essere prevalentemente positiva, a causa di: Ottimismo protettivo Confronto rispetto a sé e al passato Limiti cognitivi

113 SVILUPPO DELL’AUTOSTIMA
Per quanto già precocemente i bambini esprimano giudizi su di sé, traendone condizioni di benessere/malessere, molti autori ritengono che un vero e proprio costrutto di autostima sia presente solo dopo l’età scolare. La valutazione di sé infatti implica il confronto tra tre istanze (Higgins, 1989, 1991): Sé reale: “come io sono” Sé ideale: “come mi piacerebbe essere” Sé normativo: “come dovrei essere”

114 SVILUPPO DELL’AUTOSTIMA
La capacità di autovalutazione si struttura negli anni secondo livelli differenti (Higgins, 1989, 1991): I livello (I anno di vita): il bambino percepisce solo delle contingenze tra il proprio e altrui comportamento, che lo portano gradualmente alla distinzione di sé. II livello (2-3 anni): il bambino mette in relazione il proprio comportamento con gli stati emotivi degli altri, che costituiscono una prima forma di valutazione. III livello (età prescolare): la capacità rappresentativa e la teoria della mente consentono di anticipare gli effetti delle proprie azioni e le reazioni emotive degli altri. IV livello (fanciullezza): il Sé è stabile e differenziato al suo interno e valutato rispetto a norme e valori. V livello (adolescenza e età adulta): gli standard normativi e valoriali utilizzati per la valutazione di sé e l’autoregolazione devono tenere conto di contesti sociali diversi e non sempre in accordo. Occorre un’integrazione in funzione di un’identità stabile e coerente.

115 Il secondo processo di separazione e individuazione
PREADOLESCENZA Con la preadolescenza, i processi di costruzione del sé prendono un nuovo slancio poiché accade qualcosa di molto importante: Il secondo processo di separazione e individuazione

116 IL SECONDO PROCESSO DI SEPARAZIONE
   IL SECONDO PROCESSO DI SEPARAZIONE (A. Freud, 1936; Blos, 1962): Disinvestimento affettivo degli oggetti primari (svalutazione, attacchi aggressivi, oppositività, apatia, narcisismo, investimento sui pari). Rinuncia della rappresentazione idealizzata dei genitori, costruita nell’infanzia (sentimenti depressivi, di lutto e di rinuncia). Rinuncia delle identità infantili (anche rispetto al corpo), costruite sulla dipendenza affettiva dai genitori (sentimenti depressivi, ma anche di smarrimento rispetto al venir meno di punti di riferimento, sottrazione del proprio corpo ai genitori).

117 TEORIA DELLA “RICAPITOLAZIONE” DI A. FREUD (1936)
L’adolescenza costituisce la prima ricapitolazione della sessualità infantile, il primo momento, cioè, in cui si attua una sorta di “riepilogo” e ciò che è accaduto prima può aiutare a comprendere il presente. E’ una sorta di punto critico. La seconda ricapitolazione si avrà nel climaterio. In seguito alle stimolazioni della pubertà si verifica, dopo la fase di latenza, il riemergere dell’ES, notevolmente rafforzato, mentre l’IO e il SUPER-IO in parte sono rigidi, in parte deboli. Dallo scontro (conflitto) tra l’ES e l’IO e il SUPER-IO può generarsi o il carattere, o una nevrosi.

118 TEORIA DELLA “RICAPITOLAZIONE” DI A. FREUD (1936)
Tale conflitto si esplica mediante la messa in atto di meccanismi di difesa, che spiegano alcuni atteggiamenti o modi di essere peculiari dell’adolescenza: Intellettualizzazione: tendenza alla discussione, alla speculazione intellettuale Ascetismo: scelta di vita rinunciataria Narcisismo: centrazione su di sè Rimozione: isolamento (perché vengono rimossi gli oggetti infantili) Disinvestimento affettivo (anche del Super-IO): senso di solitudine e antisocialità Spostamento: ammirazione e idealizzazione di amici o di altri adulti L’esito del conflitto (nevrosi o carattere) dipende dall’intreccio di diversi fattori: 1)la forza degli impulsi dell’ES (pubertà); 2) la capacità dell’IO di tollerare gli impulsi; 3) il tipo e l’efficacia dei meccanismi di difesa dell’IO.

119 TEORIA DI P.BLOS (1962) La formazione del carattere avviene attraverso alcune sfide (che implicano l’affrontare dei compiti di sviluppo) La prima e più importante è costituita dal II processo di separazione/individuazione, che avviene attraverso: il disinvestimento affettivo dei genitori: determina senso di vuoto, di isolamento, perché bisogna de-idealizzare le immagini dei genitori costruite nell’infanzia, ma consente di impegnarsi affettivamente in nuove relazioni, sperimentando nuove identità. la regressione : consente di difendersi dal senso di vuoto e dall’angoscia che derivano dal disinvestimento precedente, e si manifesta attraverso un ritorno all’azione rispetto al pensiero e alle parole, attraverso l’ammirazione incondizionata nei confronti di altri adulti (reminiscenza dell’idealizzazione dei genitori), attraverso l’attivazione di stati emozionali di tipo fusionale (all’interno di gruppi religiosi, ideologici, ecc..), attraverso un’attività frenetica per colmare il vuoto.

120 TEORIA DI P.BLOS (1962) La seconda sfida è la rielaborazione dei traumi infantili (la regressione consente, tornando indietro, di affrontare i conflitti irrisolti; le nuove capacità dell’Io consentono di affrontarli superando l’impressione infantile di difficoltà schiacciante) La terza è la costruzione della continuità dell’io: l’adolescente deve trovare una coerenza e una costanza nel tempo tra le nuove individuazioni vissute La quarta è la formazione di un’identità sessuale

121 TEORIA DI P.BLOS (1962) Questo percorso avviene attraverso alcune sottofasi distinte: preadolescenza (pubertà) prima adolescenza (avvio del processo di separazione dai genitori) adolescenza vera e propria (investimento su altri oggetti) tarda adolescenza (compimento dell’individuazione- formazione del carattere) Alla fine del percorso il giovane acquisisce un sé stabile, precisi confini tra sé e il mondo oggettuale, un Super-io sempre meno edipico, autonomia dalle fonti esterne di sostegno.

122 TEORIA DI D.WINNICOTT (anni ’60/80)
Donald Winnicott sottolinea la dimensione dell’ambivalenza degli adolescenti, l’oscillare tra un atteggiamento di sfida e di dipendenza rispetto ai genitori. I giovani si trovano in una sorta di “bonaccia”, un periodo di inconsistenza, di vuoto, di percezione di futilità, che li porta a sfidare il mondo adulto, ma anche a ricercarvi conforto (ambivalenza). L’obiettivo del percorso adolescenziale consiste nel raggiungimento di una condizione di indipendenza, intesa come una forma matura di dipendenza. Ciò accade quando il giovane si sente pronto ad identificarsi con gli adulti (e i propri genitori) senza sentire minacciata la propria autonomia (senso vero di sé) (ritorna la complementarità, quasi paradossale , tra autonomia e dipendenza, della prima infanzia) Il processo è favorito da un ambiente “sufficientemente buono”, che sa tollerare il bisogno di sfida e di separatezza e sa intervenire nei momenti di richiesta di dipendenza. Lasciare che passi il tempo…

123 EVOLUZIONE DELL’APPROCCIO PSICODINAMICO
Già a partire da Winnicott l’attenzione si sposta sui processi di trasformazione del Sé che hanno luogo durante la separazione, e gradualmente si afferma un approccio più relazionale, che tende a vedere la separazione dai genitori in modo più morbido. Più che separarsi del tutto, occorre riformulare i rapporti con gli oggetti interni (le rappresentazioni degli altri e di sé) e così facendo si ristruttura il Sé. Questo processo, a seconda degli autori, è stato chiamato Personalizzazione (Winnicott), Soggettivazione (Cahn, Novelletto), Individuazione (Senise), Sviluppo della funzione riflessiva (Ammaniti). Più che di separazione netta si giunge a parlare di trasformazione dell’attaccamento (Ammaniti). In generale, per quanto ritenuti importanti, gli aspetti somatici vengono ridimensionati (indebolimento del paradigma ricapitolazionista) e si attribuisce maggiore importanza agli aspetti relazionali sia interni sia esterni (ambiente e contesto)

124 PROSPETTIVA DI AMMANITI
Massimo Ammaniti preferisce parlare di “modificazione dell’attaccamento” piuttosto che di “processi di separazione”. Il compito evolutivo principale dell’adolescente consiste nel raggiungere un equilibrio tra il “bisogno di base sicura” e il “bisogno di autonomia” (Ammaniti et al., 2011). L’attaccamento sicuro favorisce la funzione riflessiva (capacità di vedere se stessi e gli altri in termini di stati mentali e di rispecchiarsi nell’immagine che gli altri possiedono di noi) in adolescenza. Questa capacità aiuta nei processi di costruzione dell’identità e di ridefinizione delle relazioni con gli altri.   


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