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Università degli Studi di Verona Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia e Management delle Imprese di Servizi Insegnamento di Economia dei Trasporti.

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Presentazione sul tema: "Università degli Studi di Verona Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia e Management delle Imprese di Servizi Insegnamento di Economia dei Trasporti."— Transcript della presentazione:

1 Università degli Studi di Verona Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia e Management delle Imprese di Servizi Insegnamento di Economia dei Trasporti e della Mobilità LEZIONE DEL 1 DICEMBRE 2010 Anno accademico 2010/2011

2 ESTERNALITA’ E PIANIFICAZIONE
Università degli Studi di Verona Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia e Management delle Imprese di Servizi Insegnamento di Economia dei Trasporti e della Mobilità ESTERNALITA’ E PIANIFICAZIONE Ecosphera, Tecnosfera e Valuesfera dei Trasporti Anno accademico 2010/2011

3 Università degli Studi di Verona Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia e Management delle Imprese di Servizi Insegnamento di Economia dei Trasporti e della Mobilità Definizione di esternalità Talvolta i produttori adducono dei vantaggi ad altri membri del sistema economico senza ottenere pagamenti per essi, in altre circostanze si comportano in maniera da arrecare danno a qualcuno senza doverne pagare i costi; questi effetti indotti non si riflettono appieno nei prezzi di mercato e sono noti col termine di esternalità. Fra le esternalità negative l’inquinamento ambientale è senza dubbio l’esempio più significativo: un impianto chimico che riversa i suoi rifiuti in un fiume può comportare danni a scala locale per consumo di acqua, morte di specie animali, odori indesiderati, ecc. Il costo di funzionamento dell’impianto sarà senz’altro inferiore al costo sociale dell’impianto ed i costi di mercato dei prodotti chimici ottenuti saranno inferiori rispetto ai costi sociali della loro produzione. Ciò porta ad un problema di inefficienza di allocazione delle risorse, poiché il valore marginale dell’unità prodotta dall’impianto risulta minore del costo marginale sociale di produzione. Anno accademico 2010/2011

4 Università degli Studi di Verona Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia e Management delle Imprese di Servizi Insegnamento di Economia dei Trasporti e della Mobilità Viceversa nel caso di esternalità positive i benefici sociali risulteranno maggiori rispetto ai benefici privati. Tutte le esternalità (positive o negative) evidenziano l’assenza di alcuni mercati, per cui si avranno produttori e/o consumatori di beni per i quali non esiste un mercato; in questa situazione, anche se tutti i mercati esistenti fossero in concorrenza perfetta, l’economia nel suo complesso non potrebbe allocare efficacemente le risorse in quanto i costi marginali non potrebbero uguagliare il valore marginale del bene relativo. Quindi, riassumendo: La conoscenza delle esternalità è essenziale per impostare una corretta analisi costi-benefici. In presenza di esternalità i prezzi di mercato non sono in grado di determinare correttamente l'equilibrio tra l'offerta e la domanda. L'intervento pubblico deve mirare a ridurre le esternalità e a internalizzare i costi facendoli ricadere sull'attività che li provoca. E' preferibile valutare le esternalità anche in misura approssimativa piuttosto che ignorarne l'esistenza. Anno accademico 2010/2011

5 Esternalità nel settore dei trasporti
Università degli Studi di Verona Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia e Management delle Imprese di Servizi Insegnamento di Economia dei Trasporti e della Mobilità Esternalità nel settore dei trasporti Il fenomeno dei trasporti dà origine ad esternalità di produzione e di consumo, sia positive sia negative. Una prima categoria di esternalità negative è costituita da quelle che rimangono circoscritte nell’ambito dei produttori o dei consumatori di uno specifico servizio di trasporto; sono traducibili in costi esterni e certamente esprimibili in termini monetari. Infatti, anche se possono sorgere delle difficoltà per alcune di esse, le principali componenti di tali costi sono oggetto di transazioni di mercato. Rientrano in tali costi esterni, ad esempio, i maggiori consumi di carburante e lubrificanti provocati dalla congestione del traffico a carico degli automobilisti; tra le componenti di difficile stima vi è il valore da dare al tempo nel calcolo del costo generalizzato del passeggero. Anno accademico 2010/2011

6 Università degli Studi di Verona Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia e Management delle Imprese di Servizi Insegnamento di Economia dei Trasporti e della Mobilità Una seconda categoria di esternalità negative, che raggruppa i danni provocati per i quali è possibile agevolmente stimare i tempi ed i costi degli interventi necessari ad eliminare gli effetti negativi; tali esternalità saranno anch’esse esprimibili in termini monetari e per esse sarà corretto ricorrere nuovamente all’espressione “costi esterni”. Rientra, ad esempio, in tale categoria il rumore provocato dal traffico su di una autostrada urbana se esso potrà essere contrastato con opportune opere di minimizzazione oppure i danni causati dagli incidenti stradali alle cose. Una terza categoria, che raggruppa le esternalità per le quali sia l’identificazione degli effetti e dei danni relativi, sia la valutazione in termini monetari presuppongono, per poter far ricorso alle transazioni di mercato, ricostruzioni e computi laboriosi, affetti da notevoli incertezze e che lasciano, pertanto, ampio spazio alla soggettività. Rientrano in questa categoria, ad esempio, gli effetti della incidentalità stradale allorché si vogliono dare dei valori monetari ai morti ed ai feriti ed, ancor più, le valutazioni monetarie degli effetti catastrofici conseguenti alle variazioni climatiche. Anno accademico 2010/2011

7 Università degli Studi di Verona Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia e Management delle Imprese di Servizi Insegnamento di Economia dei Trasporti e della Mobilità Sintetizzando, le considerazioni precedenti le esternalità negative potrebbero essere raggruppate come segue: a) una prima categoria di costi esterni riservata a quei casi in cui è possibile, attraverso un diretto riferimento a transazioni di mercato, esprimere le esternalità in termini monetari; b) una seconda categoria di costi esterni riservata a quei casi per i quali, pur non essendovi diretti riferimenti in transazioni di mercato, è possibile stimare in termini monetari le opere necessarie per eliminare gli effetti provocati dalle esternalità; quando ciò è possibile la loro internalizzazione può essere assicurata introducendo gli opportuni standard nella progettazione e, quindi, nei costi di costruzione; c) esternalità di tipo ecologico, non riconducibili a valutazioni esprimibili in termini monetari, ma misurabili o riferibili per ogni tipo a scale ordinali; d) esternalità di tipo estetico-culturale, non riconducibili a valutazioni esprimibili in termini monetari, ma anch’esse misurabili o riferibili per ogni tipo a scale ordinali. Anno accademico 2010/2011

8 Università degli Studi di Verona Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia e Management delle Imprese di Servizi Insegnamento di Economia dei Trasporti e della Mobilità Le esternalità che vengono più usualmente considerate riguardano la congestione, il rischio di incidenti, l’inquinamento atmosferico. Pertanto, indipendentemente dal livello più o meno spinto di formalizzazione ottenuto con il ricorso a modelli di aiuto alle decisioni, il problema deve essere inquadrato, per le scelte finali relative ad un sistema di trasporto, in termini multicriteriali. Esempi di esternalità positive possono invece essere ricercati fra quelle che accrescono il valore commerciale o residenziale delle aree servite da un nuovo servizio di trasporto (un’attività commerciale o un fabbricato residenziale serviti da una nuova fermata di metropolitana, ecc.). Tra le stime più complete, seppure relative ai soli sistemi di trasporto stradale, ferroviario ed aereo pax vi sono quelle effettuate nell’ambito del progetto di ricerca ExternE, finanziato dalla Direzione Generale Trasporti ed Energia della Commissione Europea, che si riportano nelle successive tabelle Anno accademico 2010/2011

9 Costi marginali esterni valutati in sede di Unione Europea (anno 1997)
Università degli Studi di Verona Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia e Management delle Imprese di Servizi Insegnamento di Economia dei Trasporti e della Mobilità Tenendo conto delle percorrenze complessive sui diversi modi di trasporto si ottiene che in media i costi esterni del trasporto stradale costituiscono circa il 97% del totale (avendo trascurato il trasporto per vie d’acqua e quello aereo delle merci). Si nota, altresì, che gli incidenti costituiscono l’esternalità che più incide sul totale dei costi (46%), mentre il rumore è quella che incide di meno, per il solo 8%. Costi marginali esterni valutati in sede di Unione Europea (anno 1997) Anno accademico 2010/2011

10 Università degli Studi di Verona Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia e Management delle Imprese di Servizi Insegnamento di Economia dei Trasporti e della Mobilità Anno accademico 2010/2011

11 Categorie di esternalità
Università degli Studi di Verona Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia e Management delle Imprese di Servizi Insegnamento di Economia dei Trasporti e della Mobilità Categorie di esternalità Come si vede dalla tabella precedente, i costi esterni dei trasporti non sono necessariamente dovuti ai mezzi di trasporto. Si possono distinguere quattro tipi di costi esterni dei trasporti: esternalità derivanti dalla costruzione delle infrastrutture per il funzionamento dei mezzi di trasporto (aeroporti, linee e stazioni ferroviarie, strade e autostrade); tipicamente sono date dagli impatti paesaggistici sul turismo e sulla popolazione locale, dagli impatti dei lavori in fase di costruzione, dai costi esterni della produzione dei materiali dell’infrastruttura (cemento, metalli ferrosi e non ferrosi, etc.), dai costi degli espropri non adeguatamente compensati; esternalità derivanti dalla cattiva gestione delle infrastrutture e dei servizi connessi (cattiva manutenzione con formazione di buche nel manto stradale, insufficiente numero di caselli aperti con conseguente formazione di code, etc.); Anno accademico 2010/2011

12 Università degli Studi di Verona Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia e Management delle Imprese di Servizi Insegnamento di Economia dei Trasporti e della Mobilità esternalità derivanti dalla produzione dei veicoli e dal loro smaltimento mediante modalità diverse dal recupero e riciclaggio (esternalità tipicamente industriali, generalmente minimizzate in quanto soggette ad una legislazione molto stringente); esternalità derivanti dall’esercizio dei mezzi di trasporto (mobilità), comprese quelle associate al ciclo di vita dei prodotti ausiliari necessari per l’esercizio (ad es. carburanti, oli, batterie, etc.). Anno accademico 2010/2011

13 Costi esterni dei trasporti - sinossi
Università degli Studi di Verona Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia e Management delle Imprese di Servizi Insegnamento di Economia dei Trasporti e della Mobilità Costi esterni dei trasporti - sinossi Anno accademico 2010/2011

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19 Università degli Studi di Verona Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia e Management delle Imprese di Servizi Insegnamento di Economia dei Trasporti e della Mobilità Alcuni commenti si rendono necessari ai fini della valutazione degli strumenti d’intervento in un’ottica costi /benefici: nel periodo il bilancio pubblico subirebbe un aggravio netto per 8 miliardi (meno di un miliardo l’anno) circa a fronte di benefici netti complessivi per il sistema paese per 145 miliardi di euro a fronte dei 24 miliardi di euro di fondi pubblici, necessari nel prossimo decennio per finanziare gli interventi di risparmio energetico, i beneficiari diretti di questi interventi saranno gli utenti (risparmi energetici per oltre 25 miliardi nel periodo medio di 5 anni dei benefici qui contabilizzati, ma complessivamente dell’ordine di grandezza di 100 miliardi sull’intero arco di vita degli interventi) includendo anche i benefici indiretti, si avvantaggeranno per gli interventi di risparmio energetico anche l’intero tessuto produttivo (116 miliardi di maggior valore aggiunto) e l’ambiente (circa 20 miliardi, includendo anche i costi ambientali risparmiati dallo Stato) Anno accademico 2010/2011

20 Università degli Studi di Verona Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia e Management delle Imprese di Servizi Insegnamento di Economia dei Trasporti e della Mobilità L’analisi di Confindustria presuppone che solo lo Stato debba contribuire ai maggiori oneri di incentivazione, mentre in Italia è vigente anche uno strumento di stimolo dell’efficienza energetica che grava sui beneficiari stessi (titoli di efficienza energetica), tramite il meccanismo della compensazione in tariffa degli oneri sostenuti dai soggetti obbligati al risparmio energetico. E’ evidente che, dovendo evitare un incremento della tassazione per finanziare l’efficienza energetica, una parte dei 24 miliardi di incentivi necessari potrebbe essere sostenuta dagli utenti stessi che, in un arco medio di tempo beneficerebbero per oltre 25 miliardi. Quindi, fatto salvo il prolungamento degli attuali meccanismi di incentivazione (inclusi nello scenario tendenziale di Confindustria), un potenziamento del meccanismo dei titoli di efficienza energetica consentirebbe l’ottenimento dei medesimi benefici economici e ambientali (e di ritorno di gettito per lo Stato), spostando parte dell’onere di finanziamento qui previsto per lo Stato agli utenti stessi degli interventi. Un sacrificio per gli utenti dell’ordine di grandezza del 10% dei risparmi energetici attesi nell’arco di vita dei loro investimenti, consentirebbe di riequilibrare il deficit atteso per lo Stato, massimizzando i benefici per tutti i principali soggetti della collettività. Anno accademico 2010/2011

21 I costi esterni dei trasporti in Italia
Università degli Studi di Verona Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia e Management delle Imprese di Servizi Insegnamento di Economia dei Trasporti e della Mobilità I costi esterni dei trasporti in Italia A quanto ammonta il valore economico complessivo degli impatti di vario genere (inquinamento, gas serra, rumore, incidenti, congestione da traffico) generati dai mezzi di trasporto, in particolare dal traffico stradale? Il quinto Rapporto sui costi ambientali e sociali della mobilità (Amici della Terra-FS spa), uno studio che abbraccia i trasporti su strada, rotaia e aereo, sia passeggeri che merci, porta ad una stima complessiva di circa 40 miliardi di euro l’anno, pari al 3,1% del PIL, distribuiti sulle seguenti categorie d’impatto: congestione 51%, inquinamento atmosferico 19%, rumore 14%, incidenti 10%, emissioni di gas serra 6%. Lo studio ha utilizzato metodologie raccomandate dalla Commissione Europea e affinate dall’ufficio studi Amici della Terra sulla base di oltre un decennio di ricerca a vario titolo sui costi esterni (fra l’altro, riguardanti anche la modalità marittima). Va precisato che la metodologia così perfezionata si ispira a criteri cautelativi, in quanto stime precedenti o alternative portavano a % sul PIL variabili e notevolmente superiori (3-10%). Cosa “significano” 40 miliardi di euro l’anno di costi esterni? Anno accademico 2010/2011

22 Università degli Studi di Verona Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia e Management delle Imprese di Servizi Insegnamento di Economia dei Trasporti e della Mobilità Ogni anno il sistema Italia subisce, per i costi esterni della mobilità, perdite pari a 700 euro l’anno per abitante sotto forma di minore produttività del lavoro, riduzione dei consumi, maggiori costi del sistema sanitario e altri oneri dello Stato (es. pronto intervento incidenti). • Per ogni euro di valore aggiunto creato nell’economia italiana dal settore dei servizi di trasporto e della vendita di carburanti sono generati 58 eurocent di costi non sostenuti da utenti che ricadono sul sistema. • I costi esterni dei trasporti sono dello stesso ordine di grandezza di tassi di crescita del PIL “soddisfacenti” (2-3%): gli Stati che riescono a dotarsi di una rete capillare di infrastrutture alternative alla strada, di servizi di trasporto intermodale passeggeri e merci, di flotte di mezzi e veicoli più innovativi ed efficienti, hanno minori costi esterni della mobilità e riescono a realizzare una crescita economica più sostenuta. • La valutazione dei costi esterni contribuisce a spiegare il gap di crescita dell’Italia e dovrebbe costituire la base per fissare degli obiettivi operativi e avviare una politica di risanamento e recupero competitivo. Anno accademico 2010/2011

23 Università degli Studi di Verona Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia e Management delle Imprese di Servizi Insegnamento di Economia dei Trasporti e della Mobilità I costi esterni medi nazionali delle varie modalità di trasporto e delle principali categorie veicolari riflettono il livello di inefficienza relativa (a parità di benefici ottenuti) delle varie modalità/tecnologie di trasporto e del modo in cui esse sono utilizzate. Se si confrontano gli ordini di grandezza delle differenze di costo esterno specifico del trasporto pubblico su strada e su rotaia rispetto alle altre opzioni (cfr. figura) spicca il beneficio netto e percentuale dello spostamento modale, un beneficio che l’innovazione tecnologica delle tecnologie veicolari, dei carburanti e delle modalità di produzione dell’energia (diffusione delle fonti rinnovabili per usi elettrici e nei trasporti) lascia praticamente intatto: non si intravedono innovazioni del trasporto privato tali da ridurre il gap di costo esterno specifico rispetto al trasporto pubblico, sia per quello su strada, che per quello su rotaia (ferrovie e metropolitane). Anno accademico 2010/2011

24 Università degli Studi di Verona Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia e Management delle Imprese di Servizi Insegnamento di Economia dei Trasporti e della Mobilità Anno accademico 2010/2011

25 Università degli Studi di Verona Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia e Management delle Imprese di Servizi Insegnamento di Economia dei Trasporti e della Mobilità • Complessivamente, entro il 2050 l’Italia può ridurre i costi esterni dei trasporti almeno del 55% (-22,2 miliardi di euro l’anno) e le corrispondenti emissioni di CO2 almeno del 50%. Si può stimare che il beneficio cumulato di questo scenario al 2050 è (senza attualizzazione, né indicizzazione dei costi esterni unitari, per semplicità): • 480 miliardi di euro di costi esterni evitati della mobilità su strada • 410 Mtep (Mtep = milioni di tonnellate equivalenti petrolio) di carburanti evitati • M tonn. CO2 evitate Il beneficio ambientale per tep (tonnellate equivalenti petrolio) risparmiato è euro/tep. Le misure di efficienza energetica previste da Confindustria al 2020 per le innovazioni veicolari hanno un potenziale di 12 Mtep nel periodo , con un beneficio ambientale di 900 milioni di euro (75 euro/tep) Anno accademico 2010/2011

26 Università degli Studi di Verona Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia e Management delle Imprese di Servizi Insegnamento di Economia dei Trasporti e della Mobilità Rispetto alle misure di Confindustria, lo scenario a lungo termine per i trasporti prospettato presenta un rapporto di beneficio ambientale unitario di 15 a 1 (1.170 euro/tep contro i 75). Questo accade principalmente per la riduzione dei costi esterni della congestione, esternalità non scalfita dalle misure veicolari; ma anche per la maggior efficienza energetica ed emissiva consentita dalla graduale fruizione di infrastrutture e servizi intrinsecamente più efficienti, soprattutto a partire dal 2020. Quali sono le condizioni di raggiungere questi obiettivi e benefici a lungo termine? Quattro regole auree: 1. Autorizzare le nuove localizzazioni (commerciali, industriali, residenziali) ad alta attrazione di traffico solo a patto che soddisfino criteri stringenti di mobilità sostenibile (in definitiva, si tratterebbe di un’estensione della disciplina di VIA). 2. Iniziare a investire oggi nelle infrastrutture alternative di trasporto ad alta efficienza, puntando ad un incremento d’uso del trasporto di massa su rotaia e mare di un fattore 5 entro il 2050 (raddoppio del traffico esistente al 2020, triplicamento al 2030 e così via). Anno accademico 2010/2011

27 Università degli Studi di Verona Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia e Management delle Imprese di Servizi Insegnamento di Economia dei Trasporti e della Mobilità 3. Potenziare i servizi di trasporto pubblico su strada almeno del 50% entro il 2020 e di un fattore 2,5 al 2050. 4. Accompagnare il futuro incremento dell’offerta di infrastrutture e servizi pubblici, di trasporto intermodale e di logistica urbana con una politica di tariffazione dell’uso delle infrastrutture stradali road charging, tale da ridurre le percorrenze su strada e favorire lo spostamento verso soluzioni ad alta efficienza. I proventi della tariffazione dovrebbero essere utilizzati per finanziare le infrastrutture e i servizi alternativi ad alta efficienza. Anno accademico 2010/2011

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31 Università degli Studi di Verona Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia e Management delle Imprese di Servizi Insegnamento di Economia dei Trasporti e della Mobilità Anno accademico 2010/2011

32 Soluzioni per la riduzione dei costi esterni
Università degli Studi di Verona Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia e Management delle Imprese di Servizi Insegnamento di Economia dei Trasporti e della Mobilità Soluzioni per la riduzione dei costi esterni Pianificazione e programmazione nei trasporti Anno accademico 2010/2011

33 Università degli Studi di Verona Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia e Management delle Imprese di Servizi Insegnamento di Economia dei Trasporti e della Mobilità Pianificazione e programmazione Quando si parla di pianificazione di un sistema, si intende, in linea generale, l'ottimizzazione di questo in presenza di vincoli. In realtà il termine pianificazione andrebbe utilizzato per un'economia caratterizzata da un capitalismo di Stato; se ci si riferisce, invece, ad un sistema economico caratterizzato dalla presenza di capitale privato e dal libero mercato (economia capitalistica), dovremmo parlare piuttosto di programmazione. La distinzione è importante in quanto in una economia pianificata si presuppone che tutto possa essere previsto e stabilito; la storia, invece, ha evidenziato l’astrazione di un tale modello. In un’economia di libero mercato, invece, non è facile stabilire il confine tra ciò che può essere programmato e ciò che viene lasciato al gioco delle forze economiche. E’ tuttavia frequente l’uso dei due termini pianificazione e programmazione come sinonimi, intendendo riferirci ad un processo di ottimo condizionato o meglio, come vedremo in seguito, di ponderazione. Anno accademico 2010/2011

34 definizione del sistema nelle sue varie alternative;
Università degli Studi di Verona Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia e Management delle Imprese di Servizi Insegnamento di Economia dei Trasporti e della Mobilità Il processo di programmazione si può suddividere in due momenti distinti: definizione del sistema nelle sue varie alternative; processo decisionale. La prima fase consiste nella definizione funzionale (la definizione fisica viene rimandata alle fasi successive) degli elementi componenti e delle relazioni fra essi; a tal fine è necessario eseguire: la definizione degli obiettivi; un'analisi dell'esistente; un'analisi di previsione; il disegno delle diverse alternative di interventi organici e coordinati che conseguano gli obiettivi. Il processo decisionale, che implica il confronto e la valutazione delle alternative, è di natura politica, coinvolge, cioè, giudizi di valore (il giusto, il vero, il bello); la scelta dell'alternativa ottima si inquadra quindi in un ambito più vasto di quello propriamente progettuale. Anno accademico 2010/2011

35 Università degli Studi di Verona Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia e Management delle Imprese di Servizi Insegnamento di Economia dei Trasporti e della Mobilità A seconda dell'ampiezza del periodo di tempo considerato e della consistenza degli investimenti previsti ed indipendentemente dagli ambiti territoriali coinvolti, possiamo distinguere, inoltre, fra: • pianificazione strategica, estesa ad un lungo periodo di tempo e caratterizzata da una notevole incidenza degli investimenti necessari; • pianificazione tattica, in accordo a quella strategica ma a medio o breve termine con un limitato impegno di investimenti; • pianificazione operativa (di esercizio), riferita anche ad un lungo periodo di tempo ma relativa all'utilizzazione dell'esistente. Attualmente la legislazione italiana prevede: • un Piano Generale dei Trasporti (PGT/PNT) che definisce le linee strategiche della politica di settore e gli scenari futuri della rete plurimodale e che supporta i traffici internazionali ed interregionali; • l’obbligo per le Regioni di definire un proprio Piano Regionale dei Trasporti (PRT/PRIT) inerente la rete plurimodale al servizio delle relazioni interne ai confini regionali. Anno accademico 2010/2011

36 Università degli Studi di Verona Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia e Management delle Imprese di Servizi Insegnamento di Economia dei Trasporti e della Mobilità Oltre a questi strumenti pianificatori generali, che come abbiamo appena detto coordinano la gestione complessiva del sistema dei trasporti di una determinata area, esistono strumenti pianificatori relativi alle specifiche modalità di trasporto (stradale, ferroviaria, marittima, aerea); questi piani possono essere considerati strumenti con i quali gli organismi preposti alla gestione delle reti monomodali (ANAS, Ferrovie dello Stato, Autorità Portuali ed Aeroportuali, ecc.) organizzano le proprie attività future. Quasi sempre tali organismi sovrintendono a sistemi infrastrutturali di valenza nazionale; sussiste, quindi, un dualismo nella gestione della rete dei trasporti nazionale fra Governo che adotta il PGT ed enti che adottano i propri piani di settore, che invece è pressoché assente nella gestione dei sistemi di trasporto di livello gerarchico inferiore. Scendendo ancora nella scala dei confini amministrativi del territorio l’Italia ha introdotto l’obbligo di adozione dei Piani Urbani del Traffico (PUT) per tutti i comuni con popolazione superiore ai abitanti e per quelli a spiccata vocazione turistica. Anno accademico 2010/2011

37 Università degli Studi di Verona Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia e Management delle Imprese di Servizi Insegnamento di Economia dei Trasporti e della Mobilità Anno accademico 2010/2011

38 Il Piano Generale dei Trasporti (1986/1991)
Università degli Studi di Verona Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia e Management delle Imprese di Servizi Insegnamento di Economia dei Trasporti e della Mobilità Il Piano Generale dei Trasporti (1986/1991) Il P.G.T. venne istituito dalla legge 245 del 15 giugno 1984 che ne affida l’approvazione al governo “al fine di assicurare un indirizzo unitario alla politica dei trasporti nonché di coordinare ed armonizzare l'esercizio delle competenze e l'attuazione degli interventi amministrativi dello Stato, delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano” (art. 1). Per l'elaborazione del P.G.T. venne costituito un Comitato interministeriale, integrato da cinque presidenti delle Regioni designati dalla conferenza permanente dei presidenti delle Regioni. Il primo P.G.T., che venne approvato con D.P.C.M. del 10 aprile 1986 e aggiornato con D.P.R. del 29 agosto del 1991, individua diversi punti di debolezza nel sistema dei trasporti del nostro Paese. Rilevata una squilibrata ripartizione tra le varie modalità di trasporto (all’epoca solo il 10% delle merci veniva trasportato per ferrovia, contro un 80% su strada), viene elaborata una prospettazione fino al 2000, dove si metteva in luce che il settore del traffico merci, fortemente sbilanciato verso i trasporti stradali, crea gravi problemi ambientali, di sicurezza e di efficienza della rete stradale. Anno accademico 2010/2011

39 Università degli Studi di Verona Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia e Management delle Imprese di Servizi Insegnamento di Economia dei Trasporti e della Mobilità Il PGT individuava, come rimedio a tale situazione, la necessaria ricerca di un equilibrio tra gomma e ferro, attraverso un deciso sviluppo del trasporto ferroviario, mediante il potenziamento dell’intermodalità. Accanto a queste problematiche, si sottolineava la frantumazione delle competenze in materia di trasporto e quindi l’esigenza di pervenire a forme di concertazione e coordinamento tra i vari livelli istituzionali, al fine di realizzare una pianificazione integrata. Per far fronte alle varie problematiche, il PGT, prevedeva l’istituzione di un Comitato interministeriale per la programmazione dei trasporti (CIPET), al quale affidare l’incarico di predisporre gli indirizzi della politica nazionale del settore e di determinare le linee di intervento, identificando e quantificando le risorse finanziarie da destinare ai trasporti. Per il superamento della conflittualità modale e al tempo stesso l’integrazione funzionale dei vari modi di trasporto, il PGT, individuava, poi, dei “corridoi plurimodali” di preminente interesse nazionale (vedi tabella). Anno accademico 2010/2011

40 Università degli Studi di Verona Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia e Management delle Imprese di Servizi Insegnamento di Economia dei Trasporti e della Mobilità Anno accademico 2010/2011

41 Università degli Studi di Verona Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia e Management delle Imprese di Servizi Insegnamento di Economia dei Trasporti e della Mobilità L’ideazione dei corridoi si presentava come un efficace strumento metodologico, a livello progettuale, per superare, all’interno di ogni sistema infrastrutturale, i rapporti di competizione tra le varie componenti modali e per esaltarne le condizioni di complementarità. I progetti di corridoio, dopo l’approvazione del CIPET, dovevano essere recepiti integralmente nei Piani Regionali Integrati dei Trasporti (PRIT). Tale previsione confermava che, già all’epoca, alle Regioni venivano riconosciute competenze in materia, competenze che andranno aumentando con il progressivo e graduale affermarsi del decentramento statale e di una sorta di “federalismo dei trasporti”. L’obiettivo primario del PGT ‘86, è stato quello di portare il trasporto a rango di sistema, al fine di assicurarne un funzionamento compatibile con il sistema economico e con quello ambientale. Altro grande merito, quello di aver individuato una serie di realtà strategiche, gli interporti, con elevata concentrazione di strutture logistiche, in connessione con importanti nodi stradali, ferroviari, portuali ed aeroportuali. In applicazione di quanto previsto e programmato dal PGT, intervenne la legge 4 agosto 1990, n. 240, avente ad oggetto “Interventi dello Stato per la realizzazione di interporti finalizzati al trasporto delle merci e in favore dell’intermodalità”. Anno accademico 2010/2011

42 Università degli Studi di Verona Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia e Management delle Imprese di Servizi Insegnamento di Economia dei Trasporti e della Mobilità Un elemento qualificante della legge in esame, è rappresentato dalla scelta della concessione, come regola organizzativa e programmatica dell’intervento pubblico per la costruzione e la gestione delle infrastrutture interportuali. La concessione, al cui rilascio viene subordinata la realizzazione e l’esercizio dell’infrastruttura, è uno strumento tipicamente finalizzato al controllo pubblico dei gestori, allo scopo di selezionarli in relazione alla loro capacità gestionale e alla loro solidità patrimoniale. Oltre allo strumento della concessione, la legge indica specificatamente i soggetti che ne possono beneficiare (enti pubblici e società per azioni, anche riuniti in consorzi), e le caratteristiche che essi devono avere, preordinando in modo rigido, gli elementi costitutivi della struttura societaria facente capo al soggetto concessionario e prevedendo una valutazione preferenziale per le domande presentate da società a partecipazione pubblica. Tutto questo per cercare di garantire l’adeguatezza dell’interporto al conseguimento di finalità di pubblico interesse. Nonostante la indubbia organicità del quadro normativo, la legge 240/90 è stata oggetto di notevoli modifiche ed integrazioni ed ha avuto limitata e scarsa attuazione. Anno accademico 2010/2011

43 Università degli Studi di Verona Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia e Management delle Imprese di Servizi Insegnamento di Economia dei Trasporti e della Mobilità Nel Gennaio 2001, a 12 anni dal precedente, è stato predisposto il Nuovo Piano Generale dei Trasporti e della Logistica, sviluppato all’interno di un quadro di opportunità e di vincoli costituito fondamentalmente dall’Europa, dal Mediterraneo e dagli accordi di Kyoto: l’Europa è lo scenario fondamentale per quanto si riferisce al contesto economico-sociale all’interno del quale sviluppare, ammodernare e rendere competitivo il sistema dei trasporti del nostro paese, tenendo altresì conto di come i processi di globalizzazione dell’economia impongono comunque una capacità di competizione che faccia riferimento al mondo intero. • il Mediterraneo rappresenta la grande occasione affinché il nostro Paese sia richiamato a svolgere, dopo secoli di sostanziale emarginazione dalle rotte commerciali mondiali, un ruolo di primo piano nel contesto europeo ed internazionale, cogliendo le grandi opportunità derivanti dalla modificazione dei percorsi fondamentali compiuti dai traffici delle merci tra l’estremo Oriente, il Nord Europa e la costa Atlantica dell’America del Nord, così come dal tumultuoso e rapido sviluppo dei traffici commerciali con i paesi mediterranei nord africani e mediorientali. Anno accademico 2010/2011

44 Università degli Studi di Verona Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia e Management delle Imprese di Servizi Insegnamento di Economia dei Trasporti e della Mobilità gli obiettivi di sostenibilità ambientale fissati dagli accordi di Kyoto hanno posto in evidenza la necessità di produrre un significativo processo di riequilibrio modale all’interno di due settori, quello dei trasporti e quello della logistica, che contribuiscono in maniera altamente significativa alle emissioni inquinanti oltre che al consumo del territorio. Tre sono i principi fondamentali intorno ai quali è stata incentrata la redazione del nuovo piano: In primo luogo l’esigenza di analizzare e riorganizzare la rete dei servizi e della logistica, ottimizzando l’uso delle infrastrutture esistenti e della catena logistica del sistema dei trasporti e della mobilità italiana, subordinando l’ammodernamento, il potenziamento e la realizzazione di nuove infrastrutture agli effettivi bisogni dei servizi di trasporto. La svolta caratterizzante il nuovo Piano Generale dei trasporti sta pertanto in questo assunto fondamentale, nella priorità data cioè alla organizzazione della rete dei servizi e della logistica rispetto alla costruzione di nuove infrastrutture (pur necessarie) come indirizzo obbligato per avere un sistema di mobilità e di trasporto delle persone e delle merci più efficiente e competitivo nel panorama europeo e mondiale. Anno accademico 2010/2011

45 Università degli Studi di Verona Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia e Management delle Imprese di Servizi Insegnamento di Economia dei Trasporti e della Mobilità E’ in questo contesto che si procede poi alla individuazione delle criticità, delle reti e dei nodi infrastrutturali del Paese, racchiusi nello SNIT, il Sistema Nazionale Integrato dei Trasporti. Lo SNIT ha il compito di individuare infatti le fondamentali criticità del sistema dei trasporti e le infrastrutture di sicuro rilievo nazionale ed internazionale, sulle quali lo Stato nazionale deve concentrare risorse progettuali e finanziarie, lasciando alle Regioni, il compito di completare alla scala che è loro propria la realizzazione e gestione della rete dei servizi e delle infrastrutture. Il "federalismo dei trasporti" sta in questa corretta ed equilibrata ripartizione di competenze e risorse finanziarie tra Stato centrale e Regioni, perché entrambi i livelli istituzionali concorrano alla realizzazione compiuta del sistema. Il secondo principio guida è stato quello relativo alla necessità di procedere alla liberalizzazione del settore ed al superamento dei monopoli esistenti, al fine di introdurre anche all’interno del comparto trasporti quegli elementi di competizione e di omparazione che permettano ad un tempo di correggere le storture e le diseconomie derivanti da sistemi chiusi e protetti, e di realizzare un sistema di trasporti efficiente, economicamente ben gestito e competitivo con i servizi degli altri paesi europei. Anno accademico 2010/2011

46 Università degli Studi di Verona Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia e Management delle Imprese di Servizi Insegnamento di Economia dei Trasporti e della Mobilità E’ pertanto necessario, per tutti gli aspetti legati alla organizzazione dei servizi, che siano l’impresa privata ed il mercato a determinare la quantità di servizio e le tariffe più idonee a soddisfare le esigenze dei cittadini e dei consumatori (concorrenza nel mercato), lasciando alla Pubblica Amministrazione il solo ma fondamentale compito di regolazione dell’attività del settore, e cioè di determinazione delle regole per l’accesso al mercato, di individuazione e monitoraggio degli standard di sicurezza, di controllo sulla continuità e affidabilità nell’erogazione del servizio offerto dai privati. Ma il principio della “competizione per il mercato” va rispettato ed applicato anche per quei settori del trasporto che, ai sensi della normativa comunitaria, sono tuttora considerati servizio pubblico e quindi sovvenzionati. Anche in questo caso la competizione è essenziale per stimolare maggiore efficienza ed economicità di gestione delle imprese, oltre che migliori servizi ai cittadini in termini di qualità e quantità. E’ ugualmente competenza delicatissima affidata alla Pubblica Amministrazione la costruzione di un assetto equo, efficace ed efficiente di regolazione degli accessi per tutti quei servizi che usano infrastrutture che, per la loro natura, costituiscono dei monopoli naturali e che perciò devono veder garantito un accesso aperto e non discriminatorio a tutti gli operatori. Anno accademico 2010/2011

47 Università degli Studi di Verona Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia e Management delle Imprese di Servizi Insegnamento di Economia dei Trasporti e della Mobilità Infine si è indicata nella innovazione tecnologica e gestionale la via per favorire non solo lo sviluppo tecnologico del settore in termini di maggiore efficienza e di sostenibilità ambientale, ma anche di maggiore capacità gestionale, al fine di rendere il settore dei trasporti non più un elemento di svantaggio competitivo nell’insieme del processo produttivo del paese, come è oggi, ma piuttosto un fattore di crescita e di sviluppo dell’economia italiana. Il quadro di riferimento del PGT è chiaro: un forte orientamento ai servizi di trasporto, da realizzare in una logica di mercato competitivo, con obiettivi di economicità ed efficienza, intesa come efficienza globale, e cioè con l’inclusione degli obiettivi di tutela ambientale e di sicurezza. Questo contesto introduce, anche per le applicazioni tecnologiche, nuove sfide. Privilegiando i servizi, si deve infatti spostare l’attenzione verso gli utenti e verso le tecnologie che favoriscono l’uso, anche intermodale, di tutti i sistemi disponibili. Lo sviluppo tecnologico deve accompagnare la liberalizzazione ed il decentramento dei sistemi e dei servizi, permettendo comunque una gestione unitaria ed integrata del "viaggio". La sfida può essere pertanto raccolta solo pensando ad un impiego massiccio delle nuove tecnologie, in grado di mettere in rete, facilmente e a basso costo, utenti, fornitori di servizi e operatori di sistemi. Anno accademico 2010/2011

48 il riequilibrio territoriale l’integrazione e il riequilibrio modale
Università degli Studi di Verona Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia e Management delle Imprese di Servizi Insegnamento di Economia dei Trasporti e della Mobilità All’interno di questi indirizzi di carattere generale il PGTL ha individuato, poi, gli obiettivi principali quali: il riequilibrio territoriale l’integrazione e il riequilibrio modale la mobilità e la vivibilità delle grandi aree urbane del Paese le misure per la sostenibilità ambientale gli interventi per la sicurezza nei trasporti Anno accademico 2010/2011


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