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Interpretazione degli Spettri Stellari

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Presentazione sul tema: "Interpretazione degli Spettri Stellari"— Transcript della presentazione:

1 Interpretazione degli Spettri Stellari
Cecilia Payne[-Gaposchkin] (1925, PhD) applicò I risultati della meccanica quantistica agli spettri stellari e dimostrò l'importanza della temperatura nella formazione di uno spettro; inoltre mostrò che le stelle sono costituite principalmente da idrogeno ed elio con tracce di altri elementi.

2 Spettro delle Stelle Le tre leggi di Kirkhoff

3 La struttura della materia
Nel XVIII secolo Lavoisier e Dalton verificano sperimantalmente l’ipotesi della struttura atomica della materia. 1868 : Mendeleev produce la sua tavola periodica degli elementi conosciuti fino allora (63). Nel 1896, il numero degli elementi era salito a 77. Tutti in accordo con lo schema proposto da Mendeleev Gli atomi erano considerate “particelle elementari” cioè privi di parti interne.

4 La struttura della materia
Nel 1895 Wilhelm Röntgen scopre I raggi X. Nel 1896 Becquerel scopre la radioattività dell’uranio cercando di capire la natura dei raggi X. 1898 – Pierre Marie Curie stabilisce che la radioattività è una proprietà dell’atomo. Nei processi radioattivi avviene emissione spontanea di particelle e gli atomi di una specie si trasformano in quelli di un’altra specie. Non si può determinare quando avverrà un decadimento radiativo Rutherford (1899)

5 Scoperta dell’elettrone e Atomo di Thompson
Nel 1897 J.J. Thomson esegue un’esperimento per dimostrare l’esitenza dell’elettrone e misura il rapporto e/m. L’elettrone è la prima particella sub-atomica scoperta Nel 1899 Thomson determina la carica e (cloud chamber) e la massa ≈ 1/2000 mH dell’elettrone. Atomo a “plum pudding” di Thompson

6 Spettro Continuo (Planck 1900 Legge del corpo nero)
In condizioni di equilibrio termodinamico la radiazione emessa da un corpo nero dipende solo dalla temperatura (T). Equilibrio Termodinamico: #emisssioni/s = #ssorbimenti/s Legge del corpo nero: Nell’interazione tra materia e radiazione di frequenza n la materia può assorbire o emettere solo quantità discrete di energia multiple di : E= hn h [Js] = quanto d’azione Quantizzazione della materia

7 Effetto Fotoelettrico (Einstein 1905 – Nobel prize 1921)
La scoperta di questo effetto si deve ad Hertz nel 1887 (anche se Il termine fotoelettrico fu introdotto da Augusto Righi 1888). Anomalia: la corrente misurata proporzionale alla frequenza della radiazione incidente e non alla sua intensità (teoria classica). Aumentando l’intensità della radiazione aumentava solo il numero degli elettroni non l’energia cinetica con cui venivano emessi. Einstein nel 1905 introduce la quantizzazione della radiazione. Tratta l’effetto fotoelettrico assumando che la radiazione sia costituita di particelle aventi energia E=hn. Einstein propose che: ½ mev2=hn –f (f energia di estrazione) Nel Millikan verifica la correttezza della relazione di Einstein. Solo se  > 0 La radiazione ha un comportamento duale: Ondulatorio nella propagazione (v. interferenza) Corpuscolare nell’interazione con la materia

8 Effetto Compton: natura corpuscolare della luce
Esperimento eseguito nel 1922 da Arthur Compton (Nobel 1927) Questo esperimento dimostra che nell’urto elastico con l’elettrone (a riposo prima dell’urto) la radiazione si comporta come una particella.

9 Esperimento e Atomo di Rutherford
1911 Ernest Rutherford studia lo scattering di particelle alfa (nuclei di He) I risultati indicano: -esistenza di un nucleo di piccole dimensioni (atomo vuoto) -elettricamente carico (“positivo”) -elettroni in numero sufficiente da rendere neutro il sistema. 2 problemi: -Come mai gli elettroni non emettono radiazione? -Come si spiegano le righe negli spettri degli elementi?

10 Atomo di Bohr Niels Bohr nel 1913 propose un modello rivoluzionario dell’atomo Gli elettroni ruotano attorno al nucleo,ma solo su alcune orbite ben determinate (orbite stazionarie), sulle quali non emettono energia. 1bis) per gli elettroni sulle orbite stazionarie valgono le leggi della meccanica classica. Sono stazionarie solo le orbite per le quali il momento angolare L vale: Ln = nh/2π n = 1,2,3… n è detto “numero quantico (principale)” (h ha le dimensioni di un momento angolare) Gli elettroni possono assorbire o emettere energia, sotto forma di un fotone, solo passando da un’orbita stazionaria ad un’altra. Tale energia deve essere uguale alla differenza di energia tra le due orbite quantizzate. h =  (Ef – Ei) Il segno + vale se Ef>Ei, il segno - nel caso opposto.

11 Atomo di Bohr

12 Atomo di Bohr n = numero quantico principale

13 Per n = , E = 0 è l’energia minima di un elettrone libero (Continuo)
Diagramma energetico delle transizioni tra i livelli atomici dell’Idrogeno Per n = , E = 0 è l’energia minima di un elettrone libero (Continuo)

14 Atomo di Bohr Nello sviluppare le nuove idee Bohr tenne sempre fisso un principio IL PRINCIPIO DI CORRISPONDENZA Secondo tale principio la sua teoria (poi definita Teoria Quantica ) non poteva essere né in contrasto con la Meccanica Classica (MC) né costituire una teoria totalmente separata. Quindi ipotizzò che per h (Costante di Planck) tendente a zero i risultati della TQ dovevano ridare quelli, ben noti, della MC. Es: E = h, ma se h = 0, non c’è più quantizzazione dell’energia. Ecc., ecc. Sebbene la teoria di Bohr riuscisse a spiegare con successo vari aspetti sperimentali dell'atomo di idrogeno, essa era molto specifica e non poteva essere generalizzata al caso di atomi con più elettroni.

15 Dualita’ onda-particella per la materia (De Broglie 1923)
De Broglie propose che le particelle di materia, come i fotoni potessero manifestare proprietà ondulatorie. In analogia con la luce postulò che una particella di massa m e velocità v ha una lunghezza d'onda associata Un'onda circolare attorno al nucleo contiene un numero intero di lunghezze d'onda. Si noti che per una particella macroscopica la lunghezza d'onda associata ha un valore così piccolo da non permettere di osservare alcuna proprietà ondulatoria

16 Dualita’ onda-particella per la materia conferma sperimentale
Fenomeni di diffrazione di un fascio di elettroni da parte di un cristallo furono osservati proprio come per i raggi X (Compton) che sono classicamente descritti come onde con lunghezze d'onda dell'ordine dell'angstrom (1927 Davisson e Germer, Thomson).

17 Principio di indeterminazione di Heisenberg (1927)
Come conseguenza della natura ondulatoria delle particelle microscopiche esiste una limitazione sulla determinazione simultanea della posizione e della velocità di tali particelle: in altre parole non è possibile conoscere con esattezza sia la posizione che la velocità della particella (no traiettoria) In particolare Heisemberg derivò l'omonimo principio di indeterminazione secondo il quale il prodotto dell'incertezza sulla posizione e di quella sulla quantità di moto (massa x velocità) di una particella è maggiore o uguale alla costante di Planck divisa per 4 In cui x è l'incertezza sulla coordinata x della particella, vx quella sulla velocità nella direzione x e m la sua massa.

18 Meccanica Quantistica ondulatoria
Schrödinger formulò nel 1926 una teoria nota come meccanica quantistica o meccanica ondulatoria che permette di descrivere matematicamente le proprietà ondulatorie delle particelle microscopiche ed in particolare dell'elettrone. In particolare la meccanica quantistica cambia il modo stesso di concepire il moto delle particelle che è basato sulla meccanica classica e sul concetto di traiettoria. Invece di una traiettoria, Schrödinger associò all'elettrone una funzione detta funzione detta funzione d'onda (x,y,z) tale che il suo quadrato |(x,y,z)|2 dà la probabilità di trovare la particella nel punto dello spazio di coordinate (x,y,z).

19 Orbitali atomici e numeri quantici
In accordo con la meccanica quantistica ogni elettrone in un atomo è descritto da una funzione d'onda (x,y,z) che dà la probabilità di trovare l'elettrone nei vari punti nello spazio. (x,y,z) è una funzione d’onda che descrive la particella, ma in sé non ha un significato fisico, è solo un artificio matematico. Una funzione d'onda di un elettrone in un atomo è chiamata orbitale atomico e può essere descritto qualitativamente come la regione dello spazio attorno al nucleo dove è maggiore la probabilità di trovare l'elettrone.

20 Numeri quantici L’equazione di Schroedinger per l’atomo di idrogeno è risolvibile esattamente. Le soluzioni includono tre parametri detti numeri quantici. a)    Numero quantico principale n. Può assumere tutti i valori interi positivi da 1 a ∞; b)   Numero quantico secondario o momento orbitale l. Per ogni valore di n può assumere tutti i valori interi positivi, da 0 fino a n – 1; c)    Numero quantico magnetico ml. Per ogni valore di l può assumere tutti i valori interi, positivi e negativi, zero compreso, compresi tra –l e +l. Ogni funzione  , definita da una terna di valori di n, l e ml è chiamata funzione orbitale o più semplicemente orbitale. A ciascun orbitale viene attribuito convenzionalmente un simbolo costituito da un numero pari a n, una lettera dipendente da l (s, p, d, f….) e un pedice dipendente da ml. In realtà la descrizione esauriente di un elettrone di un atomo richiede l’uso di un quarto numero quantico, il numero quantico di spin, ms che può assumere i valori ± 1/2.

21 Stati degeneri

22 Numeri quantici e Orbitali

23 Tavola periodica

24 Effetto Zeeman: Campo Magnetico
In presenza di un campo magnetico (che definisce una direzione spaziale preferenziale) l’energia orbitale dipende da B e dal numero quantico ml n0 ml Dn +1 -1

25 Energie di Ionizzazione

26 Interpretazione degli Spettri Stellari
Per comprendere gli spettri che osserviamo nelle stelle, occorre quindi sapere: Quali sono gli orbitali in cui è più probabile trovare un’elettrone Qual’è la percentuale di atomi nei diffrerenti stati di ionizzazione Per rispondere a queste domande dobbiamo far ricorso alla Meccanica Statistica. Un gas è composto da un numero enorme di particelle (atomi, ioni, protoni, elettroni, etc) e quindi è impossibile studiare ogni singola particella, ma è possibile studiare statisticamente lo stato del gas attraverso grandezze ben definite quali temperatura, pressione, densità. Supponiamo di aver un gas in equilibrio termodinamico alla temperatura T. La distribuzione delle velocità delle particelle del gas (e quindi dell’energia cinetica delle particelle) è quella di Maxwell-Boltzmann.

27 Interpretazione degli Spettri Stellari
Equazione di Boltzmann Gli atomi del gas, che hanno una distribuzione di velocità di Maxwell-Boltzmann, urtano tra di loro e quindi acquistano o perdono energia e quindi gli elettroni acquistano una ben definita Distribuzione tra gli orbitali. Se A e B sono due diversi insiemi di numeri quantici, il rapporto tra le probabilità ti trovare il sistema nello stato B e quella di trovarlo nello stato B è data da: Dove gA e gB sono dei pesi statistici che tengono conto della degenerazione degli stati. Poichè le atmosfere delle stelle contengono un numero altissimo di atomi, il rapporto tral le probabilità è uguale al rapporto tra il numero di particelle nello stato A e B:

28 Interpretazione degli Spettri Stellari
Equazione di Saha In condizioni di equilbrio: numero delle ionizzazioni/s = Numero di ricombinazioni/s Per un gas ideale (dominato dalle collisioni):

29 Interpretazione degli Spettri Stellari
Combinando l’equazione di Boltzman e di Saha si possono interpretare gli spettri stellari

30 Modelli di atmosfere stellari
Lo spettro si forma in una piccola regione Esterne della stella

31 Se abbiamo un gas avente densità n (#particelle/volume)
Cammino libero medio Se abbiamo un gas avente densità n (#particelle/volume) Sezione d’urto : Cammino libero medio:

32 Opacità L’opacità (k) è la sezione d’urto per unità di massa (m2/kg) di un materiale relativamente all’assorbimento di fotoni. - m =peso molecolare medio.

33 Profondità ottica La profondità ottica è una grandezza adimensionale che esprime la quantità di radiazione assorbita lungo un dato percorso. = cammino libero medio quindi: La profondità ottica si può pensare come il numero di cammini liberi medi percorsi da un fotone prima di essere assorbito.

34 Coefficiente di emissione
Il coefficiente di emissione è l’opposto dell’opacità: E la sua unità di misura è W/m/sr/kg Così in generale si ha:

35 Trasporto radiativo e funzione sorgente
Temendo conto della definizione di profondità ottica Funzione Sorgente Wm-3sr-1 Per un sistema in equilibrio termodinamico (es. Corpo Nero): La soluzione generale è

36 Sorgenti di Opacità

37 Modelli di atmosfere stellari
Lo spettro si forma in una piccola regione Esterne della stella

38 Dallo spettro di una stella si può ricavare:
Sommario Dallo spettro di una stella si può ricavare: Composizione Chimica Distanza Temperatura efficace Velocità radiale Campo Magnetico

39 Parallasse Spettroscopica
Dallo spettro si può ottenere la distanza

40 Effetto Doppler: velocità radiale

41 Massa delle Stelle: Leggi di Keplero
I Legge di Keplero: I pianeti descrivono intorno al Sole delle orbite ellittiche, di cui il Sole occupa uno dei fuochi. Con questa legge cade il principio della circolarità dei moti planetari. Inoltre le orbite descritte dai pianeti acquistano identità fisica rispetto alle circonferenze tolemaiche, enti puramente geometrici. II Legge di Keplero: Le aree descritte dal raggio vettore di ciascun pianeta sono proporzionali ai tempi impiegati a descriverle; ossia, il raggio vettore di un pianeta descrive aree uguali in tempi uguali Come conseguenza un pianeta si muove più velocemente quando è più vicino al Sole ( perielio ) e più lentamente quando è più lontano (afelio). Questa legge segna la caduta del principio della uniformità dei moti planetari.

42 Massa delle stelle: Leggi di Keplero
III Legge di Keplero: I quadrati dei tempi di rivoluzione dei pianeti intorno al Sole sono proporzionali ai cubi dei semiassi maggiori delle rispettive orbite. Ne segue che la velocità media di un pianeta sulla propria orbita è tanto minore quanto più esso è lontano dal Sole. La terza legge di Keplero viene precisata da Newton nella forma con d che rappresenta il semiasse maggiore dell'orbita e la costante K = 4·π2/G, assumendo con m1 la massa di un pianeta e con m2 quella del Sole.

43 Stelle Binarie 85% delle stelle della galassia si trovano in sistemi binari o multipli Alcune binarie sono così vicine che sono a contatto

44 Binarie Visuali: Misura della massa
La massa di entrambe le stelle si può misurare se: Entrambe le stelle sono visibili Hanno una velocità orbitale abbastanza alta da poterle seguire per un buon tratto della oro orbita La distanza è nota (es. parallasse) Il piano orbitale è perpendicolare alla linea di vista

45 In generale il piano orbitale non giace sul piano del cielo
Binarie Visuali In generale il piano orbitale non giace sul piano del cielo i True major axis=2a 2acosi

46 Binarie Spettroscopiche (BS)
Linee di assorbimento di entrambe le stelle sono visibili

47 Binarie ad eclisse

48 Masse Stellari M=30MSun M=MSun M=0.2MSun


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