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Complementi al Corso di Ecologia - Approfondimenti di statistica

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Presentazione sul tema: "Complementi al Corso di Ecologia - Approfondimenti di statistica"— Transcript della presentazione:

1 Complementi al Corso di Ecologia - Approfondimenti di statistica
Autore: Dott. Tommaso Russo Responsabile del corso: prof. Stefano cataudella

2 SCHEDA 1.2 Interpretazione delle probabilità
SCHEDA 1.3 Errori standard SCHEDA 1.4 Campionamento, accuratezza e precisione

3 Alcune definizioni della statistica
Un ramo della matematica applicata che si occupa della raccolta e dell’interpretazione dei dati quantitativi e dell’uso della teoria delle probabilità per la stima di parametri di una popolazione. Lo studio scientifico dei dati numerici basato sui fenomeni naturali. La procedura matematica per descrivere le probabilità e la distribuzione casuale o non-casuale della materia o del verificarsi degli eventi. Una serie di teoremi matematici che aiuta ad analizzare i dati attribuendo significatività ai risultati. Una raccolta di metodi per raccogliere, organizzare, riassumere, analizzare e interpretare i dati, e per trarre conclusioni basate su di essi. La scienza e l’arte di raccogliere, riassumere ed analizzare dati soggetti a variazione casuale (Biology Online)

4 Tipi di statistica Statistica descrittiva: procedure per riassumere e presentare i dati e per descriverli attraverso strumenti matematici Statistica inferenziale: procedure per derivare dai dati già noti, con l’aiuto di modelli matematici, affermazioni più generali.

5 Statistica inferenziale
Probabilità Campione Popolazione Statistica inferenziale

6 Statistica descrittiva: riassunto e presentazione dei dati
Riassume i dati per mezzo di tabelle e grafici: Tabelle di frequenza (numero assoluto di casi per categoria) Tabelle percentuali (% di casi per categoria) Tabelle crociate (matrici 2 x 2, 2 x 3, ecc.) Grafici (a barre, lineari, a torta, ecc.)

7 Tipi di variabili I dati della statistica riguardano variabili, cioè grandezze che possono assumere valori differenti. Le variabili possono essere di tipo diverso: Quantitative (i valori sono numeri) continue: altezza, peso, ecc (i valori sono numeri reali). discrete: risultati del lancio di un dado (possono assumere solo certi valori) Qualitative o categoriche (i valori sono rappresentati dall’appartenenza a categorie) nominali: maschio/femmina (le categorie non sono ordinate) NB: se le categorie sono solo due, mutuamente esclusive, si parla di variabili binarie o dicotomiche ordinali: <10 anni, fra 10 e 50 anni, > 50 anni (le categorie hanno un ordine)

8 Tipi di variabili In una ricerca, si definisce variabile indipendente quella che viene manipolata direttamente dallo sperimentatore, o in alternativa selezionata attraverso il metodo di campionamento. Es. dose di esposizione ad un pesticida o sesso Al contrario, la variabile dipendente è quella che misuriamo per verificare la sua correlazione con la variabile indipendente.

9 Statistica descrittiva: descrizione matematica dei dati
Fornisce una descrizione sintetica dei dati utilizzando (per i dati quantitativi) metodi numerici: Valutazione del “punto centrale” dei dati Valutazione della distribuzione dei dati

10 Valutazione del “punto centrale” dei dati
Mediana: il punto centrale è calcolato sulla base dell’ordinamento crescente dei dati, e rappresenta la posizione centrale in questo ordinamento. Dati: 2, 5, 6, 13, 14, 45, Mediana = 13 Media aritmetica: è il rapporto fra la somma dei valori e il numero dei valori Dati: 2, 5, 6, 13, 14, 45, Media = 132/7 = 18,85

11 Valutazione della distribuzione dei dati
Attorno alla mediana: utilizzando lo stesso principio dell’ordinamento crescente dei dati e della loro posizione, è possibile definire vari quantili (per esempio, dividendo in 4 intervalli si ottengono i quartili, e così via). Se si divide in 100 intervalli, si ottengono i percentili. Per esempio, il 75° percentile è il valore del dato che, nell’ordinamento crescente, ha un posizione tale che: il 75% dei dati ha un valore inferiore (cioè rimane a sinistra nell’ordinamento) il 25% dei dati ha un valore superiore (cioè rimane a destra nell’ordinamento) NB: la mediana è il 50° percentile

12 Statistica inferenziale
La statistica descrittiva, pur aiutandoci a capire le proprietà dei dati in nostro possesso, non aggiunge nulla alle informazioni che già abbiamo. Le sue affermazioni, essendo relative a dati certi, sono certe. La statistica inferenziale, invece, si propone di fare nuove affermazioni a proposito di dati che non possediamo, per mezzo di una elaborazione matematica derivata dalla teoria delle probabilità. Le sue affermazioni, quindi, sono probabilistiche.

13 Statistica inferenziale
Il concetto di verità delle affermazioni della statistica inferenziale deve essere ben compreso. Le affermazioni della statistica inferenziale sono matematicamente vere e rigorose (nell’ambito della validità del modello matematico che si adotta, e purchè, naturalmente, i calcoli vengano condotti correttamente), ma riguardano esclusivamente la probabilità della verità di altre affermazioni. In altre parole, la statistica inferenziale non ci fornisce certezze sull’argomento della nostra ricerca, ma solo certezze sulla probabilità che le nostre asserzioni su tale argomento siano vere.

14 Statistica inferenziale
I problemi che la statistica inferenziale cerca di risolvere sono essenzialmente di due tipi: 1) Problema della stima (per esempio stima di una media): fornisce informazioni sulla media di una popolazione quando sono note media e deviazione standard di un campione della stessa. 2) Problema della verifica di ipotesi (per esempio confronto fra due o più campioni): calcola la probabilità che due campioni, di cui siano note media e deviazione standard, siano campioni derivati da una stessa popolazione oppure da due popolazioni diverse.

15 Campionamento statistico
Nell’ambito della statistica descrittiva abbiamo finora considerato strumenti per descrivere un’intera popolazione quando siano noti tutti i dati ad essa relativi. Ma nella ricerca, in genere, non si conoscono i dati dell’intera popolazione, ma solo quelli di un campione. Il campionamento si usa quando si vuole conoscere uno o più parametri di una popolazione, senza doverli misurare in ogni suo elemento. Il campionamento consiste nel selezionare un numero più piccolo di elementi fra tutti quelli che formano una popolazione. Può essere fatto in vari modi, ma deve sempre essere di tipo probabilistico (cioè garantire la casualità della selezione). Parleremo allora di numerosità, media e deviazione standard del campione, e dobbiamo porci il problema di che rapporto esista fra questi valori e la numerosità, la media e la deviazione standard dell’intera popolazione.

16 Media del campione e media della popolazione
Immaginiamo di avere una popolazione rappresentata da mille persone (per esempio la popolazione degli abitanti maschi di un paese), e di volere conoscere la loro statura. Se conoscessimo la statura di ciascuno dei mille abitanti, potremmo descrivere la popolazione con assoluta precisione in termini di media e deviazione standard.

17 Media del campione e media della popolazione
Se però non abbiamo le risorse per misurare la statura di mille abitanti, possiamo scegliere un campione casuale, per esempio di 30 abitanti. Avremo allora una media e una deviazione standard del campione, la cui numerosità è naturalmente 30. Che rapporto c’è fra questi valori e quelli dell’intera popolazione di mille abitanti?

18 Media del campione e media della popolazione
Immaginiamo di ripetere l’operazione di campionamento 20 volte, ogni volta con un diverso campione casuale di 30 abitanti. Otterremo 20 medie diverse, e 20 DS diverse. Un concetto importante è che l’insieme di queste medie dei campioni tende ad assumere una distribuzione normale, anche se la popolazione di origine non è distribuita normalmente. In altre parole, il processo di campionamento casuale è di per sé un fenomeno che si distribuisce normalmente.

19 Verifica di ipotesi La verifica di ipotesi è il secondo tipo di problema affrontato dalla statistica inferenziale. L’ipotesi da verificare in questo caso è la cosiddetta “ipotesi nulla” (null hypothesis)

20 Ipotesi nulla L’ipotesi nulla (H0) è un’ipotesi che il ricercatore fa riguardo a un parametro della popolazione oggetto della ricerca (in genere la media) e che viene confutata o non confutata dai dati sperimentali. Nel caso più comune, del confronto fra due campioni, la forma dell’ipotesi nulla è la seguente: H0: µ1 = µ2 Dove µ1 e µ2 sono le medie delle due popolazioni da cui sono stati tratti i due campioni.

21 Ipotesi nulla Molto spesso l’ipotesi nulla è l’opposto di ciò che si vorrebbe dimostrare. Come vedremo, l’ipotesi nulla viene rigettata oppure no a secondo del suo livello di “improbabilità”. Se l’ipotesi nulla viene rigettata, questo è un dato a favore dell’ipotesi alternativa. In senso stretto, però, il test statistico non dice nulla sull’ipotesi alternativa H1, ma solo sulla probabilità dell’ipotesi nulla. Riassumendo: Se H0 viene rigettata perché improbabile, questo è un dato a favore di H1 Se H0 non viene rigettata, questo non vuol dire che H0 debba essere vera. Si può solo dire che, sulla base dei dati raccolti, non la si può considerare “abbastanza” improbabile.

22 Il p-value (probability value)
Ma che vuol dire “abbastanza” improbabile? Anche nel caso della verifica di ipotesi, è necessario decidere un “livello” di improbabilità che autorizzi a “rigettare” l’ipotesi nulla. Questo valore si chiama p-value, o soltanto p, e si può definire come la probabilità che il risultato ottenuto (per esempio la differenza fra le medie dei due campioni) sia dovuto al caso, se l’ipotesi nulla è vera, cioè se le medie delle popolazioni da cui i campioni sono tratti sono uguali. Il p si esprime come frazione dell’unità. Valori di p spesso usati come livello sono: <0,05 (cioè una probabilità < al 5%) <0,01 (cioè una probabilità < all’1%)

23 Errori di tipo I e II Se però l’ipotesi nulla è vera, si commette un errore di tipo I. La probabilità di commettere un errore di tipo I (detta α) è uguale al p-value. SE il p è < a 0,01: l’ipotesi nulla viene rigettata, in favore di una possibile ipotesi alternativa. (studio che ha successo) SE il p è > a 0,01: l’ipotesi nulla non viene rigettata. Ciò non dimostra che essa sia vera. (studio che non ha successo) Se comunque l’ipotesi nulla è falsa, si commette un errore di tipo II. La probabilità di commettere un errore di tipo II (detta β) spesso non è calcolabile. La causa più frequente di errore di tipo II è la numerosità insufficiente dei campioni.

24 Errore tipo II e potenza
β è la probabilità di commettere un errore di tipo II, cioè di non riuscire a rigettare un’ipotesi nulla che è falsa (in altre parole, di non riuscire ad affermare la nostra ipotesi anche se è vera 1- β esprime la potenza di uno studio, cioè la probabilità di non commettere un errore di tipo II Se β è 0,20, la potenza dello studio sarà 0,80, in altre parole lo studio avrà l’80% di probabilità di riuscire a dimostrare la propria ipotesi, se questa è vera

25 Da cosa dipende la potenza?
Dalla dimensione reale dell’effetto che si vuole dimostrare. In altre parole, quanto più il segnale da rivelare è grande, tanto più facile è, per uno studio, rivelarlo. Dal livello di significatività prefissato (soglia di p). In altre parole, quanto più bassa si pone la soglia di p, tanto più facile è che non si arrivi a quella soglia anche se l’ipotesi è vera. Uno studio che vuole essere più affidabile, sarà anche meno potente. Dalla numerosità del campione. Più grande è N, più potente è lo studio. Dalla varianza (o DS) della popolazione di origine. Più grande è la varianza, meno potente è lo studio Da altri fattori: normalità della popolazione, tipo di test statistico adoperato

26 Dimensionamento del campione
Un campione troppo piccolo porta più facilmente ad errori di tipo II La numerosità del campione dipende però in modo critico dall’entità della differenza esistente fra le due popolazioni relativamente al parametro oggetto dello studio In uno studio RCT, quindi, è importante dimensionare in anticipo il campione, cioè decidere prima quanti soggetti dovranno essere arruolati per rispondere al quesito Il dimensionamento va fatto tenendo conto della differenza più piccola che si ha interesse a cogliere (grandezza del segnale minimo che si considera utile), e del livello di significatività statistica che si desidera raggiungere (cioè, della soglia fissata per il p)

27 Scelta del test appropriato
A seconda della forma del problema, si sceglierà un test diverso per la verifica delle ipotesi. E’ importante ricordare che, qualunque sia il test statistico impiegato, alla fine il risultato dovrà essere espresso sotto la forma di un p-value perché lo si possa interpretare.

28 Di che test ho bisogno? t di Student, unpaired t di Student, paired
Variabili quantitative in gruppi categorici: confronto fra le medie di due campioni, anche di numerosità diversa (between-subject) Variabili quantitative in un gruppo unico: confronto fra coppie di misurazioni nello stesso soggetto (within-subject) Variabili qualitative in gruppi categorici: confronto fra conteggi (numero dei casi che ricadono in differenti categorie) Rapporto fra due variabili quantitative continue misurate nello stesso gruppo di soggetti Variabili quantitative continue o in gruppi categorici: confronto fra le medie di tre o più campioni, e di più variabili indipendenti (analisi covariata) Analisi contemporanea di più variabili dipendenti t di Student, unpaired t di Student, paired Chi quadro Coefficiente di correlazione r e regressione ANOVA, ANCOVA MANOVA

29 Popolazione e campione
Gli studi si effettuano normalmente su un campione della popolazione Il campione non sarà mai perfettamente rappresentativo della popolazione Nell’analisi delle differenze fra una statistica di campione e un parametro di popolazione occorre distinguere fra gli effetti dovuti al caso (errore di campionamento) gli effetti dovuti al trattamento

30 L’errore standard come misura di affidabilità
Nella maggior parte degli studi si utilizza un solo campione La dove l’errore standard è elevato è probabile che diversi campioni produrranno risultati diversi Simulazione: ripetizione degli esperimenti Lo studio dell’errore standard consente di determinare l’affidabilità del campione

31 Coefficiente di correlazione
Il coefficiente di correlazione esprime la probabilità che due variabili siano correlate fra loro, anche se non sussiste necessariamente un rapporto diretto di causalità. La correlazione può essere lineare o di altro tipo (quadratica, ecc.) Un coefficiente di correlazione va da -1 (correlazione negativa) a 1 (correlazione positiva). I valori intorni allo 0 esprimono l’assenza di correlazione. Il più semplice coefficiente di correlazione è quello di Pearson, detto r, che misura la correlazione lineare fra due variabili in un campione. r = -1 r = 0 r = +1

32 Altri esempi di r

33 Coefficiente di determinazione r2
E’ il quadrato della correlazione, ed esprime la percentuale della variazione dei valori di y che è spiegata dal modello di regressione associato a x 0  r2  1. Quanto più grande è r2 , tanto più forte è la relazione lineare Quanto più r2 è vicino a 1, tanto più sicure sono le nostre predizioni

34 Significato generale di un test
In altre parole, possiamo considerare il risultato di un test statistico, come il t-test o r, come la misura di un rapporto segnale/rumore. Il segnale è l’entità della differenza fra due gruppi di dati nel confronto fra medie (t di Student), o l’entità della correlazione fra due variabili (r). Il rumore è la probabilità della generazione casuale di uno pseudo-segnale, e dipende in modo critico dalla numerosità dei dati. entità della differenza fra le medie, o della correlazione Segnale variabilità casuale Rumore

35 SCHEDA 5.1 Metodi di marcatura-ricattura per stimare l’ammontare di una popolazione

36 ESEMPI DI QUESTIONI IN GEST. FAUN.
Quanto e’ grande la popolazione? Qual’e’ il trend della popolazione? E’ sufficientemente grande per persistere a lungo? Qual’e’ il suo potenziale di crescita? Cosa succede se prelevo o aggiungo individui? Di quali risorse ha bisogno la popolazione? Quali sono i fattori che limitano la popolazione? Ci sono fattori limitanti di origine antropica? Di quanto spazio ha bisogno la popolazione? Come posso fare per eliminare la popolazione? Qual’e’ il livello di inbreeding? CENSIMENTO E MONITORAGGIO MODELLI ECOLOGIA ETOLOGIA

37 CENSIMENTO E MONITORAGGIO
Censire una popolazione significa valutarne la consistenza numerica in un punto nel tempo Monitorare una popolazione significa controllare sistematicamente una popolazione ad intervalli di tempo (regolari) e secondo protocolli standard

38 PERCHE’ MONITORARE? Necessario conoscere lo status del sistema per poterlo gestire Necessario seguire lo status del sistema nel tempo per adottare di volta in volta il miglior metodo di gestione possibile Monitorare e’ costoso Monitorare può disturbare il sistema E’ necessario decidere se il problema e’ sufficientemente serio per meritare lo studio

39 METODI DIRETTI Si suddivide l’area prescelta in aree piu’ piccole di dimensioni regolari oppure si scelgono una serie di siti campionari distribuiti all’interno dell’area prescelta e si verifica la presenza o l’assenza della specie. E’ sufficiente osservare un individuo o le sue tracce per considerare l’area positiva. E’ un metodo rapido che permette di valutare aree estese ma che fornisce poche informazioni sulla popolazione/individui se non che e’ presente.

40 Esistono 3 diversi modi di misurare l’ abbondanza di una popolazione:
MISURE DI ABBONDANZA Esistono 3 diversi modi di misurare l’ abbondanza di una popolazione: 1. Censimenti esaustivi 2. Censimenti campionari 3. Conteggi relativi o per indici

41 CENSIMENTI ESAUSTIVI I censimenti esaustivi o assoluti (census) sonovolti a determinare il numero totale di animalipresenti all'interno di una determinata area, e conseguentemente la loro densità. Si può utilizzare con animali che sono ben visibili e facili da contare. DENSITA’ ASSOLUTA

42 CENSIMENTI CAMPIONARI
I censimenti campionari (sample census) sono finalizzati alla valutazione delle densità in una o più zone campione il più possibile rappresentative delle realtà ambientali di una determinata area, in genere per estrapolarle, con alcune precauzioni, all'intera area. STIMA DELLA DENSITA’ ASSOLUTA

43 CONTEGGI RELATIVI O INDICI
Conteggi relativi o per indici (count e non census) volti alla definizione di indici di abbondanza relativa qualora non sia possibile stabilire l'esatta consistenza di una popolazione, o di una sua parte, in relazione alla scarsa permanenza e al basso coefficiente di contattabilità/rilevamento di molte specie. Si usa per specie elusive, difficilmente visibili (es. Ermellino, Mustela erminea) INDICE RELATIVO

44 INDAGINI DEMOGRAFICHE
Richiedono molti dati. E’ necessario: Vedere o catturare gli animali (no segni indiretti) Per indagini demografiche approfonditee’ necessario: Riconoscerne il sesso e possibilmente l’eta’ dell’animale Seguire la popolazione per piu’ anni In popolazioni aperte stimare l’immigrazione e l’emigrazione Sono piu’ comuni per gli uccelli che per i mammiferi perche’ gli uccelli sono piu’visibili.

45 INDAGINI DEMOGRAFICHE
Le indagini demografiche sono molto utili perche’ permettono di fare delle previsionisull’andamento della popolazione e di capire quale sezione della popolazione e’ piu’ vulnerabileo fornisce il maggiore contributo riproduttivo.

46 SCELTA DEL METODO DI RILEVAMENTO
Se consideriamo solo le caratteristiche della specie e ignoriamo altri parametri (domanda, fondi, tecnologia disponibile, etc.) la scelta del metodo di rilevamento dell’ animale dipende da: Dimensione dell’animale Dalla sua mobilita’ Dalla sua visibilita’

47 CATTURA, MARCATURA E RICATTURA
Il metodo di cattura-marcatura-ricattura (CMR) si basa sul principio che la proporzione di animali marcati che viene ricatturata e’ rappresentativa della proporzione di animali marcati nell’intera popolazione PROCEDURA: Si cattura, si marca e si rilascia un certo n. di individui (e.g. 100) in un’area ben definita Si ricattura in un tempo sucessivo e si conta quanti degli individui catturati sono marcati Si stima la popolazione(N) in base al numero di animali marcati che vengono ricatturati

48 PREMESSE PREMESSE:Quando uso CMR per stimare il numero di animali in una popolazione devo assumere che la popolazione sia chiusa, quindi non deve passare troppo tempo tra la prima e la seconda cattura. QUANDO SI USA: Usato quando gli individui sono difficili da vedere e quando sono particolarmente mobili. Usato spesso per i vertebrati e in particolare per i mammiferi. VANTAGGI:Posso avere informazioni dettagliate sull’individuo come il suo sesso, l’eta’, il peso, il numero di parassiti, etc.

49 Metodo spesso utilizzato per i carnivori.
GENETICA NON INVASIVA Si utilizza il DNA estratto da peli, penne o feci per determinare l’identita’ dell’individuo, il suo sesso ed eventualmente il suo grado di parentela con gli altri membri della popolazione. Metodo potenzialmente molto utile per monitorare specie elusive come ad esempio la lontra (Lutra lutra). Metodo spesso utilizzato per i carnivori.

50 INDICE E ABBONDANZA Gli indici non sono necessariamente direttamente proporzionali all’abbondanza della popolazione ma possono dipendere da fattori ambientali (e.g. visibilita’) o dalla dimensione della popolazione (e.g. piu’ facile catturare certe specie quando sono ad alta densita’) (Gibbs 2000)

51 SCHEDA 5.2 Le basi della tavola di mortalità

52 CARATTERISTICHE DI UNA POPOLAZIONE
DENSITA’ NATALITA’ (TASSO DI NASCITE) MORTALITA’ (TASSO DI MORTI) DISPERSIONE DISTRIBUZIONE PER ETA’ POTENZIALE BIOTICO MODELLI DI ACCRESCIMENTO NUMERICO

53 DENSITA’ DI POPOLAZIONE
E’ la dimensione di una popolazione in relazione all’unità di spazio; n° di individui, o biomassa della popolazione , per unità di area o di volume: DENSITA’ NUMERICA: n° individui/m2 o /m3 (Es: 200 alberi per acro; 5 mil. di diatomee per m3 d’acqua) DENSITA’ DI BIOMASSA: g biomassa/m2 o / m3 (Es: 200Kg di pesce per ettaro di superficie d’acqua)

54 DISPERSIONE

55 DISPERSIONE UNIFORME

56 DISPERSIONE CASUALE

57 DISPERSIONE RAGGRUPPATA

58 NATALITA’

59 MORTALITA’

60 SCHEDA 6.4 Modelli nulli e neutrali
SCHEDA 8.1 Ampiezza ottimale della dieta

61 Nicchia fondamentale Biotic factors Historical factors Realized
environment

62 Le grandi domande Come è fatto un modello nullo?
Quali assunzioni biologiche ci sono dietro i vincoli deterministici di un modello nullo? In che modo questi vincoli influenzano la nostra capacità di rilevare pattern “interessanti”? E’ un processo o un pattern ad essere assunto come stocastico in un modello nullo? I modelli neutrali sono modelli nulli?

63 Cos’è un modello nullo? Gotelli and Graves (1996): “Un modello nullo è un modello che genera pattern basato sulla randomizzazione di dati ecologici.. Alcuni elementi dei dati sono assunti come costanti mentre altri possono variare stocasticamente.. La randomizzazione è concepita per produrre un pattern che sarebbe atteso in assenza di un particolare meccanismo ecologico”

64 Due visioni dei modelli nulli:
Descrizione statistica di dati randomizzati (Simberloff 1983) Simulazione di processia assemblati casualmente (Colwell and Winkler 1984, Gotelli and Graves 1996)

65 I modelli nulli assumono che:
Le ipotesi ecologiche sono falsificabili (sensu Popper) L’ipotesi più semplice è la migliore (rasoio di Occam) I processi ecologici possono essere rimossi dai dati mediante simulazioni

66 Modelli nulli sono stati sviluppati per lo studio di:
Relazione specie-area Andamento della diversità nel tempo Struttura della rete trofica Sovrapposizione di nicchia Co-occurrenza delle specie (quali associazioni osserviamo nell’ambiente e da cosa sono state generate)

67 Metodi per stimare la biodiversità specifica
Ricchezza di specie: il numero totale di specie in una determinata area Rappresentazione delle specie: il grado con cui il numero di individui risulta essere diviso tra le differenti specie della comunità Dissimilarità delle specie: stima delle differenze fenotipiche/genetiche tra le specie risultanti dai livelli di relazioni filetica tra loro Rarità delle specie: la rarità di organismi in una determinata area.

68 Biodiversità: ricchezza delle specie
E’ la stima più semplice che dipende dalla presenza/assenza di specie (è quindi semplicemente il numero di specie). Vantaggi: - Semplice e “facilmente” misurabile, Tutte le specie hanno la stessa importanza Le stime dei differenti operatori sono abbastanza confrontabili (stesso numero di specie per le stesse aree) Esiste già abbastanza informazione sul numero di specie esistenti in una località (liste, flore, faune) e nella letteratura scientifica e nei cataloghi dei musei, orti botanici etc. Può fungere da buon surrogato per la stima di molti altri tipi di variazione della biodiversità Ha un ampia applicazione: la specie, come unità, è comunemente utilizzata nelle pratiche legislative, di gestione, nella prassi comune.

69 …………..ciascuno ha i suoi pregi e difetti!!
I più comuni metodi tassonomici utilizzati per quantificare la biodiversità in termini di numero di specie sono: Concetto morfologico di specie Concetto filogenetico di specie Concetto biologico di specie …………..ciascuno ha i suoi pregi e difetti!!

70 Concetto morfologico di specie:
Il più piccolo gruppo di organismi permanentemente separato dagli altri per una distinta discontinuità nei caratteri ereditari (morfologia, biochimica, etc.)

71 Problemi con il concetto filogenetico di specie
Non abbiamo questo livello di informazione filogenetica per tutte le specie Rischia di aumentare la stima del numero di specie (ogni ramo terminale viene considerato una diversa specie)

72 Concetto biologico di specie
Gruppo di organismi che possono liberamente incrociarsi tra loro in condizioni naturali e che sono riproduttivamente isolati dagli altri gruppi

73 Problemi con il concetto biologico di specie:
Non tiene conto dell’ibridazione Non funziona con le specie che non fanno solo riproduzione asessuale (es. batteri) Non funziona con i fossili Concetto funzionale ma difficile da applicare nella pratica

74 Compromesso: l’auspicio è di poter applicare il concetto filogenetico combinato con quello biologico per tutte le specie ma nella pratica applichiamo principalmente il concetto morfologico di specie

75 Il terzo livello della biodiversità è quello delle comunità biologiche e degli ecosistemi.
Comunità biologica = insieme delle specie che occupano una parte di territorio ed interagiscono fra loro Ecosistema = insieme della comunità biologica associata ai fattori fisici dell’ambiente (sistema funzionale che include gli organismi di una comunità naturale ed il loro ambiente). Il livello ecosistemico rappresenta la massima complessità, in quanto: 1. riassume quella dei livelli precedenti (genetico e di specie) 2. comprende i fattori abiotici 3. include le reciproche influenze della componente biotica e di quella abiotica

76 Biodiversità delle comunità e degli ecosistemi
La diversità ecosistemica si riferisce alla diversità di una località a livello di ecosistema. Ci sono tre prospettive: Alpha Diversità: la diversità all’interno della comunità: La diversità degli organismi che vivono all’interno della stessa comunità/habitat (diversità locale) Beta Diversity: Diversità tra le comunità: diversità degli organismi tra le comunità di due habitat (la variazione nella rappresentazione delle specie da un sito all’altro) Gamma Diversity : La diversità dei differenti habitat di un paesaggio o di un area geografica (diversità regionale)


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