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TERMODINAMICA ZERO una presentazione intuitiva della termodinamica

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Presentazione sul tema: "TERMODINAMICA ZERO una presentazione intuitiva della termodinamica"— Transcript della presentazione:

1 TERMODINAMICA ZERO una presentazione intuitiva della termodinamica

2 Il problema Come sfruttare il calore per produrre lavoro meccanico?
Il che corrisponde a chiedersi quale teoria sta alla base delle macchine che sfruttano il CALORE per produrre LAVORO?

3 La termodinamica E’ la Termodinamica la scienza che si occupa di come il calore , una particolare forma di trasferimento di energia, possa trasformarsi in lavoro, un’altra forma di trasferimento di energia.

4 Da dove cominciamo? Esploriamo alcuni concetti di base: Lavoro Calore
Temperatura F

5 Lavoro come modalità di trasferimento dell’energia
Conosciamo già una modalità di trasferimento di energia, il lavoro. Per esempio, applicando una forza F ad un corpo per un determinato spazio s, si modifica l’energia cinetica del corpo. Il corpo accelera, passando dalla velocità v1 alla velocità v2. La sua energia cinetica passa dal valore E1 = ½ m v12 al valore E2 = ½ m v22 Il teorema dell’energia cinetica ci assicura che tramite il lavoro L= F∙ s si trasferisce energia al corpo cosicché la sua energia cinetica aumenta da E1 a E2: E o E2 E cinetica F lavoro

6 Quando diciamo che si trasferisce calore? (1)
A)Quando un cubetto di ghiaccio si scioglie diciamo che passa calore dall’ambiente, più caldo, al cubetto di ghiaccio, più freddo Q T = 20 °C T = 0 °C

7 Quando diciamo che si trasferisce calore? (2)
90 °C °C B) Quando mettiamo a contatto un corpo caldo e uno freddo, diciamo che il calore scorre da quello più caldo a quello più freddo Q T2 T1 T1>T2

8 Quando diciamo che si trasferisce calore? (3)
ma anche in altri fenomeni è in gioco il trasferimento di calore, per esempio: nei passaggi di stato (solido - liquido - gas) nelle reazioni chimiche nelle reazioni nucleari

9 Cosa significa trasferire calore?
Per capire cosa significhi trasferire calore, o energia termica, ad un corpo, bisogna riuscire a descrivere i fenomeni coinvolti da un punto di vista microscopico, ricordando che la materia, sia allo stato solido che liquido che gassoso è composta da atomi e molecole in continuo movimento

10 Come facciamo a saperlo?
Ricordiamo almeno una prova del movimento delle molecole, che riguarda i fluidi: il moto browniano

11 Il moto browniano Se all’interno di un liquido si introducono particelle solide di dimensioni molto piccole, dell’ordine di 1 micron (10-6)m e si osserva al microscopio una goccia di liquido si può vedere che le particelle solide si muovono in modo molto irregolare. Questo fenomeno viene chiamato moto Browniano perché descritto per la prima volta nel 1828 dal botanico Robert Brown che aveva osservato al microscopio il movimento di granuli di polline di licopodio in acqua. Nel 1905 Einstein interpretò il moto dei granuli come dovuto alle fluttuazioni del numero di urti delle molecole di liquido su ogni granulo di polline.

12 L’energia interna Se è vero che le molecole si muovono incessantemente, esse possiedono energia cinetica Ec (dovuta al movimento) ed energia potenziale Ep( dovuta alla interazione tra le molecole) La somma di tutte le energie cinetiche e potenziali si chiama energia interna U Nel modello che adotteremo per studiare il comportamento delle molecole, in particolare nei gas( modello del gas perfetto), l’energia potenziale è molto piccola rispetto a quella cinetica. In esso l’energia interna è uguale alla somma delle energie cinetiche delle varie molecole: U = somma Ec

13 Il calore e l’energia interna
Il calore trasferito ad un sistema, attraversa la superficie di contorno che separa il sistema dall’ambiente e si trasforma in energia interna U accumulata. Ma tramite quale meccanismo microscopico il calore si trasferisce? Q U aumenta

14 Ipotesi di trasferimento del calore a livello molecolare
Supponiamo di porre una pentola sul fuoco: Le molecole contenute nella fiamma vanno a colpire le molecole del metallo che costituisce la pentola nelle molecole del metallo aumenta l’energia cinetica, cioè aumentano l’ampiezza e la la velocità di vibrazione; questi aumenti si comunicano all’acqua contenuta nell’interno anche le molecole dell’acqua aumentano la loro velocità

15 Trasferimento (2) Sperimentalmente si può verificare che l’ipotesi fatta è corretta Vedremo (con la teoria cinetica dei gas) che è possibile ricavare un modello in grado di giustificare queste ipotesi. Da esso ricaveremo il significato microscopico di grandezze come temperatura, energia interna, pressione, ecc.

16 Sorgenti di calore Per trasferire calore è necessario avere a disposizione una sorgente di calore, a temperatura T2 maggiore della temperatura T1 del corpo a cui tale calore si deve trasferire Si dice TERMOSTATO una sorgente che può trasferire calore ad un corpo senza diminuire sensibilmente la propria temperatura

17 Il concetto di termostato
Termostato o riserva di calore Dalla calorimetria è noto che più grande è la capacità termica di un sistema e minore è la sua variazione di temperatura per un dato flusso di calore. Si chiama riserva di calore (o sorgente ideale di calore o termostato) un sistema a capacità termica infinitamente alta: si può ritenere che la temperatura di una riserva di calore non cambi per quanto grande possa essere il flusso di calore in uscita o in entrata. Il concetto di riserva di calore è un’astrazione utilissima dal punto di vista teorico. Esempi di sistemi che possono ritenersi con buona approssimazione delle riserve di calore: l’atmosfera, un lago, l’oceano...

18 La propagazione del calore (1)
La propagazione del calore può avvenire in tre modi Conduzione Convezione Irraggiamento Scambio di energia cinetica tra le mole cole del sistema, in cui le particelle meno energetiche guadagnano energia dagli urti con quelle più energetiche. La conduzione di calore avviene solamente se c’è una differenza di temperatura tra due parti del mezzo conduttore T2 T1

19 Conduzione La quantità di calore che viene trasferita nel tempo t dalla parte più calda (T1) alla parte più fredda (T0) è Q= k S(T1 - T0) t / x K= coefficiente di conducibilità T = tempo X = spessore S = superficie x T0 T1 Q S

20 Convezione Convezione:
Il calore viene trasmesso mediante trasporto di materia

21 Irraggiamento irraggiamento
L’energia viene trasmessa attraverso onde elettromagnetiche , senza trasporto di materia. La trasmissione avviene anche nel vuoto. Ad esempio, la radiazione solare che raggiunge la superficie terrestre trasporta in un secondo una quantità di energia pari a circa 1.3 kJ su una superficie di 1 m2.

22 In che direzione va il calore?
Proseguiamo nelle nostre osservazioni sulla natura del calore e sulle sue proprietà: Abbiamo visto che il calore è un trasferimento di energia meccanica a livello molecolare. Osserviamo che quando si trasferisce calore ad un corpo, questo aumenta la sua temperatura. Cos’è la temperatura? La nostra esperienza ci dice che il calore passa sempre da un corpo più caldo ad uno più freddo: una pentola di acqua fredda posta sul fuoco si scalda, cioè il calore si trasferisce dalla fiamma (ad alta temperatura) all’acqua ( a bassa temperatura)e non succede il contrario, cioè che la pentola si raffreddi e la fiamma si scaldi ulteriormente. Perché?

23 Due modi per descrivere la termodinamica
Per rispondere a queste (e ad altre ulteriori domande) abbiamo a questo punto due scelte: Affrontare il problema da un punto di vista macroscopico (Termodinamica classica) Affrontarlo da un punto di vista microscopico (Termodinamica statistica)

24 Termodinamica classica
La termodinamica classica si limita ad osservare i fenomeni termici a livello macroscopico e a determinare le leggi che collegano tra loro le cosiddette variabili di stato termodinamiche, per esempio la temperatura T, la pressione P, il volume V. Risulta più semplice da un punto di vista matematico, almeno nei suoi primi sviluppi, ma meno intuitiva.

25 Termodinamica al microscopio
Esiste un altro modo di studiare questi fenomeni, quello di cercare di capire che succede a livello microscopico, il che fornisce un maggiore supporto intuitivo. E’ il metodo che segue la meccanica statistica. Noi seguiremo in parallelo i due metodi, cercando di mettere in evidenza soprattutto il significato microscopico intuitivo delle grandezze macroscopiche che si usano nella termodinamica classica.

26 Il Principio zero Cominceremo il nostro studio dalla Termodinamica classica. Introdurremo dei concetti che poi giustificheremo con la meccanica statistica. Cominceremo con lo stabilire un principio sperimentale: il principio zero della termodinamica

27 Principio zero della termodinamica
E’ un principio sperimentale che deriva dalla osservazione che : Il calore fluisce spontaneamente da un corpo a temperatura maggiore ad un corpo a temperatura minore

28 Principio zero della termodinamica
Più precisamente, il principio zero della termodinamica ha la seguente formulazione: Se il corpo A è in equilibrio termico con il corpo B e il corpo A è in equilibrio termico con il corpo C Allora: B è in equilibrio termico con C Nota: un corpo è in equilibrio termico con un altro corpo se non fluisce calore dall’uno all’altro, cioè se i due corpi hanno la stessa temperatura

29 Il legame tra calore e temperatura ; calore specifico
Q = m c ( T2 – T1) m = massa c = calore specifico del corpo C = mc = capacità termica T1 Q A temperatura T2

30 L’effetto del calore (1): dilatazione
L’aumento di temperatura produce aumento di agitazione termica delle molecole. Aumenta lo spazio occupato dal corpo Dilatazione lineare: L = L0( 1+ λ t) Dilatazione cubica: L = L0( 1+ 3λ t)

31 L’effetto del calore (2): Cambiamenti di stato 1
Il cambiamento di stato avviene ad una definita temperatura che dipende dalla sostanza e dalla pressione esterna Il cambiamento di stato avviene isotermicamente ed è accompagnato da uno scambio di calore, legato alle variazioni dell’energia chimica di legame fusione ebollizione Solido liquido vapore solidificazione condensazione

32 CAMBIAMENTI DI STATO 2 Si definisce calore latente L la quantità di calore necessaria per far compiere isotermicamente all’unità di massa della sostanza un passaggio di stato Calore necessario per il passaggio di stato di una massa m di quella sostanza Q = Lm

33 Cambiamenti di stato 3 Cambiamenti di stato che avvengono a tutte le temperature ed i rispettivi calori latenti dipendono dalla temperatura L’evaporazione avviene sino a quando l’ambiente non raggiunge la saturazione, cioè non può contenere altre molecole di quel liquido (vapore saturo) La pressione o tensione di vapore saturo è caratteristica della sostanza ed è funzione crescente della temperatura SOLIDO VAPORE : sublimazione LIQUIDO VAPORE : evaporazione

34 CAMBIAMENTI DI STATO 4 Temperatura di un campione di acqua in funzione del tempo quando viene somministrato un flusso costante di calore a pressione costante (1 atm). Temperatura (°C) +100 -10 ebollizione fusione P = 1 atm tempo

35 Ma come sono fatti i gas? Quali leggi regolano il loro comportamento?
Lo stato gassoso Tra tutti i possibili stati della materia, per i lo stato gassoso è lo stato più importante per la termodinamica. Infatti le macchine termiche, per esempio le macchine a vapore, utilizzano le proprietà dello stato gassoso per trasformare calore in lavoro. Ma come sono fatti i gas? Quali leggi regolano il loro comportamento?

36 Gas perfetti °°°°°°°°°°°° ° ° ° °°°°°° °°°°°°°
Il caso più semplice di gas è quello con molecole monoatomiche. E’ possibile costruire un modello semplificato del gas monoatomico, quello del gas perfetto, che si rivela un ottimo modello, molto vicino alla realtà. Nel modello del gas perfetto: la massa gassosa è costituita da un numero enorme di particelle indistinguibili e, per una stessa specie chimica, identiche le particelle del gas sono immaginate come sferette rigide indeformabili e di dimensioni trascurabili (particelle puntiformi). le particelle si trovano in continuo e disordinato movimento (caos molecolare), sicchè tutte le direzioni sono equiprobabili. Io sono un gas perfetto! °°°°°°°°°°°° ° ° ° °°°°°° °°°°°°°

37 Le leggi dei gas perfetti (1)
Immaginiamo un recipiente chiuso sulla sommità da un pistone che si può muovere liberamente su e giù. Dentro questo pistone c'è un gas, che per semplicità consideriamo perfetto. Possiamo descrivere lo stato del sistema utilizzando tre grandezze caratteristiche dei gas: pressione (P); volume (V); temperatura (T);

38 Trasformazioni termodinamiche
A questo punto possiamo riscaldare il gas, oppure comprimerlo o espanderlo muovendo il pistone, e così lo stato complessivo del sistema varia. Abbiamo operato una trasformazione termodinamica. Si può notare però che non è possibile modificare a piacimento lo stato del gas, in quanto vi sono delle relazioni tra le varie grandezze: ad esempio non possiamo riscaldare il gas facendo restare costante sia la sua pressione che il suo volume. Vediamo allora di individuare le leggi che regolano le trasformazioni di un gas perfetto.

39 Trasformazione isoterma(T= cost)
Immaginiamo di immergere il cilindro in un bagno di acqua a temperatura costante, che così mantiene anche il gas in equilibrio a quella temperatura. Possiamo quindi comprimere oppure far espandere il gas muovendo il pistone.

40 Legge di Boyle Sperimentalmente si osserva che pressione P e volume V sono inversamente proporzionali (quando la temperatura resta costante) secondo una costante che dipende dalla quantità di gas contenuta nel cilindro: PV = cost

41 Trasformazione isocora (V=cost)
Trasformazione isocora. Se blocchiamo il pistone in modo che questo non si possa muovere, e quindi riscaldiamo o raffreddiamo il gas fornendo o assorbendo calore, vediamo che la pressione all'interno del recipiente varia secondo questa relazione empirica: P= P0 ( 1+ αt) P= (P0/T0) T ( con T temperatura assoluta)

42 Trasformazione isobara (P= cost)
Trasformazione isobara. Se manteniamo costante la pressione del gas lasciando libero il pistone di muoversi, vediamo che fornendo o assorbendo calore dal gas la sua temperatura varia e proporzionalmente anche il volume, secondo la relazione: V= V0 ( 1+ αt) V= (V0/T0) T ( con T temperatura assoluta)

43 Legge di stato dei gas perfetti
Da queste tre relazioni si può ricavare un'espressione più generale, che tenga anche conto della quantità di gas contenuta nel cilindro. La legge di stato dei gas perfetti è quindi: PV = nRT dove n è il numero di moli di gas nel cilindro e R è una costante caratteristica che vale: R = 8,31 j/(mol•K)

44 I diagrammi P-V ( di Clapeyron)
È consuetudine rappresentare le trasformazioni e i vari stati di un gas in un grafico che riporta in ascissa il volume e in ordinata la pressione, detto per questo diagramma P-V. Le trasformazioni prima considerate si rappresentano facilmente: P A PA VA V

45 Isoterma (trasformazione a T= cost)
l'isoterma è un ramo di iperbole equilatera (PV= cost) P V

46 Isocora (Trasformazione a volume cost)
L’isocora è un segmento parallelo all’asse P (V = cost) P2 V = cost P1 V1

47 Isobara (Trasformazione a pressione cost)
L’isobara è un segmento parallelo all’asse V (P= cost) P1 V1 V2

48 Trasformazione adiabatica
Quando non c’è scambio di calore con l’esterno la trasformazione si dice adiabatica P A Isoterma T2 adiabatica Isoterma T1 B V

49 Trasformazione ciclica
Una trasformazione ciclica è un percorso chiuso. P A. . B V

50 Trasformazioni possibili
Ovviamente queste non sono le sole trasformazioni possibili, perchè è possibile qualsiasi percorso nel piano P-V, purchè rispetti la legge di stato dei gas. In ogni caso quelle presentate sono le trasformazioni più semplici da descrivere e anche le più utilizzate

51 Trasformazione ciclica (2)
In una trasformazione ciclica si torna al punto di partenza A. Perciò si torna ad avere : la stessa temperatura La stessa pressione Lo stesso volume

52 Variabili di stato In ogni punto del piano P,V è perfettamente determinato il valore di P,V,T. Qualunque sia la trasformazione che porta ad un altro punto, i valori di V,P,T dipendono solo dal punto in questione e non dal percorso (dalla trasformazione) seguito per raggiungerlo. Si dice che le variabili V,P,T sono variabili di stato. A(VA,PA,TA) il percorso non conta! A B B(VB,PB;TB)

53 Quali trasformazioni si possono rappresentare
se un gas ha volume V, per poter rappresentare sul grafico la sua pressione bisogna che ogni punto del gas abbia quella pressione Lo stesso vale per la temperatura Se si varia rapidamente il volume di un gas le condizioni precedenti non si realizzano: si formano onde di compressione e decompressione e la temperatura non è omogenea. Perciò, per un dato V, non c’è una sola P corrispondente. Il grafico non è rappresentabile da una linea. Si dice che la trasformazione è irreversibile.

54 Trasformazione irreversibile
Solo gli estremi A e B sono definiti, mentre il percorso non è rappresentabile da una linea perché i parametri P,T non sono univoci B PB PA A VA VB

55 Trasformazione reversibile
Se invece si effettua la trasformazione molto lentamente, pressione e temperatura possono essere mantenute uniformi per tutto il volume. Al limite, se la trasformazione è infinitamente lenta, il che è una situazione ideale, ad ogni valore di una delle variabili corrisponde un valore perfettamente determinato delle altre e si può rappresentare il grafico della trasformazione: si dice che la trasformazione è reversibile

56 Reversibile/Irreversibile (1)
Trasformazione reversibile Trasformazione irreversibile Per ogni valore di V 1 solo valore di P Q U A L E P? Per ogni valore di V molti possibili valori di P P °°°°° V V

57 Reversibile/irreversibile (2)
Se è possibile compiere una trasformazione che passa per valori determinati: (V1,P1,T1) (V2,P2,T2), (V3,P3,T3) , … è possibile anche ripercorrere all’inverso gli stessi valori: (V1,P1,T1) (V2,P2,T2), (V3,P3,T3), … cioè che la trasformazione è reversibile Se ciò non è possibile, non possiamo dire per quali punti passa la trasformazione, e perciò non ha senso neanche invertirla: la trasformazione è irreversibile

58 Calori specifici dei gas perfetti 1

59 Calori specifici dei gas perfetti 2
Come già ricordato, il calore specifico di un corpo è la quantità di calore necessaria per aumentare di un grado la temperatura di un kilogrammo di quella sostanza. Questa definizione risulta incompleta per i gas dal momento che questi possono assorbire calore in due condizioni: a volume costante e a pressione costante. Nel secondo caso una parte del calore fornito serve per compiere del lavoro meccanico, sollevando il pistone, e quindi non contribuisce ad aumentare la temperatura (e l'energia interna) del gas. Perciò risulta che calore specifico a pressione costante(cp) > calore specifico a volume costante(cv): cp>cv

60 Teoria cinetica dei gas
Bbb

61 Teoria cinetica dei gas (1)
Affrontiamo ora lo studio del comportamento di un gas dal punto di vista microscopico, prendendo in considerazione il moto collettivo delle molecole che compongono il gas per ricavare il significato microscopico delle grandezze termodinamiche. Ricorreremo, come in precedenza, al modello semplificato del gas perfetto o ideale

62 Il gas perfetto nella teoria cinetica dei gas (2)
Come detto in precedenza, in termodinamica, così come negli altri campi della fisica, vi sono molti modelli, ma quello più importante e fondamentale per la comprensione della materia è il gas perfetto o ideale Le sue caratteristiche sono:

63 Teoria cinetica: gas perfetto(3)
1) Le forze di interazione fra le molecole si considerano nulle, quindi fra un urto ed il successivo il moto è rettilineo ed uniforme 2) Durante il loro moto, in uno spazio in gran parte vuoto, gli urti fra le particelle e le pareti del recipiente e fra le particelle stesse sono perfettamente elastici, per cui l'energia cinetica si conserva.

64 Teoria cinetica:gas perfetto (4)
Nella realtà non esiste nessun gas di questo tipo, ma gli aeriformi reali possono approssimare bene questo modello in determinate condizioni. Ad esempio i cosidetti gas nobili sono formati da elementi che non si combinano tra di loro nè con altri elementi, quindi sono formati da particelle piccolissime che non reagiscono tra loro. Se il gas è sufficientemente rarefatto allora le distanze tra le particelle sono così grandi che le forze di attrazione e repulsione tra le molecole sono pressoché inesistenti.

65 Gas reali rarefatti I gas reali, se molto compressi, possono però diventare liquidi, mentre per un gas perfetto non succede. Esiste però una temperatura, detta temperatura critica del gas, al di sopra della quale questo non può liquefare mai, nemmeno se compresso moltissimo. Quindi, sebbene i gas reali non seguano perfettamente le leggi del gas ideale, queste, per opportune condizioni di temperatura e pressione, sono delle buone approssimazioni anche per le situazioni reali.

66 Teoria cinetica dei gas (5)
Studiando dal punto di vista meccanico il modello di gas perfetto monoatomico è possibile trovare le relazioni tra i  parametri macroscopici (P,V,T) e quelli microscopici del gas. In particolare si trova che esiste una relazione tra la pressione del gas, il numero di molecole per unità di volume e l'energia cinetica media delle sue molecole. Utilizzando poi la legge dei gas perfetti che lega tra loro pressione, numero di molecole per unità di volume e temperatura si ricava una relazione di proporzionalità tra temperatura assoluta e energia cinetica media. Consideramo dunque una molecola che rimbalzi elasticamente su una parete e calcoliamone l’impulso, che dovrà essere uguale alla variazione della quantità di moto.

67 Teoria cinetica (6) Se, ad esempio, la parete è verticale tale impulso è uguale alla variazione della quantità di moto della pallina in direzione orizzontale. Possiamo dunque scrivere: Ft = 2mVx dove F è il valore della forza esercitata sulla parete verticale, m la massa della pallina, Vx la componente orizzontale della velocità

68 Teoria cinetica (7)  La forza sulla parete è dunque diversa da zero solo per l'intervallo t che è molto piccolo rispetto all'intervallo tra un urto e l'altro. Considerando l'intervallo di tempo  t tra due urti successivi sulla stessa parete, il valore medio della forza sulla parete (cioè il valore della forza che agendo costantemente nell'intervallo  t darebbe luogo allo stesso impulso prodotto nell'urto) è dato da:  fx = 2mVx /  t  Questo valore non ha un reale significato fisico se si considera una sola pallina; si presta però ad essere utilizzato in un modello di gas costituito da un grande numero di palline in moto in una scatola.

69 Teoria cinetica (8) Se l è la distanza tra due pareti parallele, risulta  t = 2l/Vx  e il valore della forza media è dunque: f x= m (Vx)2/ l Da notare che il valore della velocità ha due effetti "in cascata": influisce sul valore della quantità di moto trasferita e sulla frequenza del trasferimento (da qui la seconda potenza). Lo stesso ragionamento può essere fatto per le altre due coppie di pareti e si ottiene allora: f y= m (Vy)2/ l     e       f z= m (Vz)2/ l Si hanno quindi tre diversi valori della pressione sulle tre coppie di pareti, ottenibili dividendo il valore delle forze per l'area l2 di ogni parete pari rispettivamente a:  p x = m (Vx)2/ l3         p y = m (Vy)2/ l3               p z = m (Vz)2/l3

70 Teoria cinetica (9) Per un sistema costituito da tante palline, si può immaginare che la parete sia sottoposta a una fitta sequenza di urti e quindi a forze che agiscono in una successione così rapida da realizzare una spinta davvero quasi costante per tutto l'intervallo Δt. Per un numero n di palline la pressione risulta: Dove Vx2  è  la media dei quadrati delle componenti x delle velocità di ciascuna pallina. La presenza di tante palline dà luogo anche ad un altro importante effetto: esse si urtano tra loro e quindi possono scambiarsi parte della loro energia cinetica Gli urti inoltre, nella maggior parte dei casi, sono obliqui e quindi l'energia cinetica associata ad una direzione del moto può passare ad un'altra direzione. Se le particelle che si urtano sono molto numerose, per effetto degli urti si stabilisce una situazione nella quale ad ogni direzione x,y,z è associato in media lo stesso valore di energia cinetica (Equipartizione dell’energia).. Ciò comporta che i valori medi di Vx2, Vy2 e Vz2 siano uguali e quindi che siano uguali anche i valori delle pressioni sulle tre coppie di pareti, cioè:

71 Teoria cinetica (10) Indicando con p il valore della  pressione sulle pareti, possiamo scrivere: e sommando: Il contenuto della parentesi è il valore medio del quadrato del modulo della velocità e quindi risulta: dove Ec  è l'energia cinetica media di ogni  particella e  quindi è:

72 Teoria cinetica (11) Il modello utilizzato porta dunque, per un dato volume, ad esprimere una relazione di proporzionalità tra la pressione del sistema di palline (gas) e l'energia cinetica media dei componenti. Per stabilire una relazione tra la temperatura e l'energia cinetica media è necessario utilizzare l'equazione di stato dei gas perfetti: PV = nRT  Il confronto con l'espressione ricavata dal modello microscopico porta alla relazione: dove k =R/N = è la costante di Boltzmann = 1,

73 Teoria cinetica (12) Abbiamo così dimostrato che:
La pressione P è dovuta agli urti delle molecole del gas sulle pareti La temperatura assoluta T è una misura dell’energia cinetica media delle molecole Il calore è un modo di trasferimento di energia cinetica alle molecole : fa variare così l’energia interna del gas

74 Gas reali Il comportamento dei gas reali spesso si discosta anche sensibilmente da quanto previsto dall’equazione dei gas perfetti. Per fornire una buona descrizione dei gas reali sono state quindi proposte alcune modifiche alla legge PV=nRT. Particolarmente utile e molto nota è la legge di Van der Waals: (P + a/V2) (V - b) = nRT, dove a e b non sono costanti universali, bensì due parametri ai quali devono essere assegnati valori opportuni, ricavabili per via sperimentale. Anche la legge di Van der Waals può essere interpretata a livello microscopico: le molecole interagiscono tra loro per mezzo di forze a corto raggio che sono fortemente repulsive a piccola distanza, diventano debolmente attrattive a distanza media e si annullano a grande distanza. La mutua repulsione tra molecole proibisce alle particelle di occupare posizioni particolarmente ravvicinate e di conseguenza una parte dell’intero volume non è disponibile al moto casuale: nell’equazione di stato questo volume "proibito" (b), detto covolume, deve essere sottratto al volume del recipiente (V), ottenendo nella formula la quantità (V - b).

75 Il nuovo principio di conservazione dell’energia
In meccanica esiste un principio di conservazione dell’energia, in cui non è contemplata l’energia termica (calore) Come si deve modificare il principio di conservazione dell’energia, ora che alla energia meccanica si aggiunge il calore? La risposta: PRIMO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA

76 Primo principio della Termodinamica
Il Primo principio della Termodinamica fornisce una precisa definizione del calore identificandolo come una forma di energia che può essere convertita in lavoro meccanico ed essere immagazzinata sotto forma di energia interna. Il primo principio è dunque un principio di conservazione dell'energia. Esso afferma che, poiché l'energia non può essere né creata né distrutta, la somma della quantità di calore ceduta a un sistema e del lavoro compiuto sul medesimo deve essere uguale all'aumento dell’ energia interna del sistema stesso. Calore e lavoro sono i mezzi attraverso i quali i sistemi si scambiano energia.

77 Primo principio della termodinamica (2)

78 si tratta di metodi per trasferire energia da un corpo ad un altro
Primo principio (3) Il contenuto del primo principio della termodinamica é il seguente: per far variare l'energia interna di un corpo si può fare lavoro su di esso o, in maniera perfettamente equivalente, fornirgli una adeguata quantità di calore. Cioè dal punto di vista quantitativo calore e lavoro sono equivalenti. In formule: (1) ΔU = Q − L dove ΔU rappresenta la variazione di energia del corpo, Q il calore assorbito (in senso algebrico)il lavoro fatto. Ricordiamo che Q è positivo se assorbito dal sistema, negativo se ceduto, L è positivo se fatto dal sistema, negativo se subito. La formula (1) rende evidente il significato dei concetti fisici di calore e di lavoro: si tratta di metodi per trasferire energia da un corpo ad un altro

79 Applicazioni del primo principio (1): trasformazione isoterma
In questo caso la temperatura del gas non varia e quindi nemmeno la sua energia interna. Possiamo quindi scrivere: L = Q Tutto il calore che viene fornito al sistema si converte completamente in calore e viceversa.

80 Applicazioni del primo principio (2): trasformazione isocora ( V = cost)
In questa trasformazione il volume resta costante, quindi il gas non compie nessun lavoro. Il primo principio diventa: ΔU = Q Tutto il calore che viene fornito al gas va a variare la sua energia interna e quindi la sua temperatura. Viceversa se il sistema cede calore, la sua energia interna diminuisce e quindi il gas si raffredda.

81 Applicazioni del primo principio (3): trasformazione isobara( P = cost)
Trasformazione isobara. In questa situazione non vi è nessuna grandezza( tra L,U e Q) che si conservi: infatti il sistema compie o subisce lavoro, assorbe o cede calore e quindi la sua energia interna e la sua temperatura variano. In questo caso è però molto semplice calcolare il lavoro, che è dato dal prodotto tra la variazione di volume e la pressione costante: L = P ΔV

82 Lavoro in una trasformazione isobara
P cost Lavoro PV V VA VB

83 Applicazioni del primo principio (4): trasformazione adiabatica (Q = 0)
Se il sistema è termodinamicamente isolato dall'ambiente, ossia se non vi sono scambi di calore con l'esterno( Q = 0), si può scrivere: L = Δ U In questo caso tutto il lavoro compiuto dal gas va a discapito della sua energia interna.

84 Applicazioni I principio (5): espansione libera(cioè senza lavoro esterno)
Ci proponiamo di ricavare una relazione che esprima la dipendenza dell’energia interna dalla temperatura A tale scopo descriviamo un’esperienza dovuta a Joule chiamata espansione senza lavoro esterno.

85 Espansione libera (2) Due recipienti A e B comunicanti mediante un rubinetto sono posti all’interno di un calorimetro. Nel primo recipiente si trova un gas alla pressione P, mentre nel secondo si pratica il vuoto: Il sistema è in equilibrio alla temperatura T. Aprendo il rubinetto si lascia espandere il gas finchè la pressione raggiunge un nuovo valore di equilibrio P’. Attraverso il termometro inserito nel calorimetro si constata sperimentalmente che la temperatura è rimasta costante. Poiché in questa trasformazione non è stato fatto lavoro né scambiato calore con l’esterno, in base al primo principio U=0 e quindi l’energia dello stato iniziale è uguale a quella dello stato finale. Si conclude pertanto che nonostante siano cambiate pressione e volume, ma non la temperatura, l’energia interna è rimasta costante. L’energia interna perciò è una funzione della sola temperatura U=U(T), come già sapevamo dalla teoria cinetica dei gas. Per determinare la variazione di energia interna quando un gas passa da uno stato ad un altro a differente temperatura, si può usare qualsiasi trasformazione, essendo l'energia interna una funzione di stato: la più comoda per i calcoli è quella a volume costante per la quale L=0 e quindi in base al primo principio U=Q.

86 Applicazioni I principio: Calori specifici dei gas perfetti (1)
Facciamo ricorso ad una trasformazione isocora (V=cost ) per determinare la variazione di energia interna al variare della temperatura. Poiché in un’isocora il lavoro L è uguale a zero, la variazione di energia interna DU è uguale al calore Q scambiato dal sistema e pertanto (ricordando la legge fondamentale della termologia):  U = Q = m cv  T Sostituendo al posto della massa (m) il prodotto del numero di moli (n) per la massa molecolare (mmol) e introducendo il calore molare a volume costante Cv la formula precedente diventa U = n Cv  T.

87 Calori specifici dei gas perfetti (2)
Invece in una trasformazione isobara (P = cost), il lavoro è dato da L = p  V, la variazione di energia interna  U da  U = n Cv  T e il calore scambiato Q da Q = n Cp  T Pertanto il primo principio della termodinamica diventa: p  V+ n Cv  T= n Cp  T Per i gas ideali dall'equazione di stato si ottiene p  V = n R  T, quindi sostituendo e semplificando il numero di moli n, si ha Cp=Cv + R (relazione di Mayer) che mette in relazione i calori specifici a volume costante e a pressione costante per i gas perfetti. Questa relazione ci permette di valutare solo la differenza tra i calori specifici. La teoria cinetica ci consente di determinare (per un gas perfetto monoatomico) il calore specifico a volume costante, in quanto, per una mole di gas, U = 3/2 R T e quindi Cv = Q/DT = ΔU/ ΔT = 3/2 R. Poi semplicemente Cp=Cv + R = 3/2 R + R = 5/2R

88 Lavoro sul diagramma P-V
Il lavoro effettuato durante una trasformazione è dato dall’area compresa tra il grafico della trasformazione e l’asse delle x. Questo fatto può facilmente essere giustificato nel caso di una trasformazione isobara, in cui il lavoro è dato da p ΔV: P L’area è data da: P ΔV = lavoro V1 V2

89 Lavoro in un ciclo Lavoro utile in un ciclo= P2(V2-V1)-P1(V2-V1) A B
Lavoro utile = area rettangolo P1 D C V1 V2

90 Verso il Secondo principio
Il primo principio stabilisce la equivalenza tra le varie forme di energia, cioè il principio generale di conservazione dell'energia: è possibile che un corpo perda energia meccanica se acquista energia per esempio sotto forma di energia termica. Un blocco che scivoli su un piano inclinato con attrito perde energia potenziale e non acquista una corrispondente quantità di energia cinetica, ma si riscalda, in quanto la sua energia interna aumenta. Si pone ora il problema seguente: le varie forme di energia sono equivalenti da ogni punto di vista? Per esempio è possibile riutilizzare l'energia termica ottenuta con il blocco precedente per farlo risalire alla sua posizione originaria, senza alcuna altra modifica?

91 Secondo principio (1) Il primo principio della Termodinamica non pone limitazioni alla trasformazione reciproca di calore in lavoro e viceversa . Il secondo principio invece stabilisce dei limiti alla trasformazione del calore in lavoro: Non è possibile, in generale, trasformare tutto il calore in lavoro.

92 Convertire calore in lavoro?
E’ consuetudine usare l’espressione “convertire calore in lavoro”. Poiché abbiamo detto che calore e lavoro sono solo metodi di trasferimento dell’energia, una tale espressione non ha alcun significato. In realtà avremmo dovuto dire: “prelevare energia ad un dato corpo mediante assorbimento di calore Q e cedere energia ad un altro corpo facendo lavoro L su di esso”. Useremo comunque, anche in contesti analoghi, l’espressione più concisa, per motivi di semplicità e perché é entrata ormai nell’uso comune, rammentando però che si deve sempre tenere presente quanto qui osservato.

93 Verso il secondoprincipio(2)
quando un corpo scivola lungo una superficie scabra, per esempio un piano inclinato, converte parte della propria energia meccanica in energia interna del piano e del corpo stesso: ciò è testimoniato, a livello macroscopico, da un aumento di temperatura dei due corpi. Il Primo Principio non vieterebbe il realizzarsi del processo inverso: in realtà, non si è mai osservato un corpo che, inizialmente fermo alla base di un piano inclinato, lo risalga a spese della propria energia interna.

94 Verso il secondo principio (3)
E’ esperienza comune il fatto che un gas, lasciato libero di espandersi, tenda ad occupare tutto il volume che gli è accessibile. La conservazione dell’energia non vieterebbe che il gas, inizialmente distribuito su un ampio volume, spontaneamente ne occupasse solo una frazione, limitandosi spontaneamente. Due corpi, inizialmente a temperature diverse, se vengono messi in contatto, dopo un certo tempo raggiungono la stessa temperatura all’equilibrio termico. Perché due corpi che hanno la stessa temperatura non se ne allontanano, raggiungendo stati con temperature diverse?

95 Verso il secondo principio (4)
Questi esempi possono essere ricondotti agli effetti di un unico Principio fondamentale: il Secondo Principio della Termodinamica. .Potremmo dire che nell’Universo in cui viviamo, è vero che l’energia si conserva, ma è vero altresì che essa evolve, assumendo forme che non sono tutte ugualmente pregiate. Da questo punto di vista, è evidente che l’interesse che l’uomo ha nei riguardi dell’energia sta nel fatto che può ottenerne lavoro. Nel mondo antico tale lavoro lo si otteneva per lo più da energia muscolare (facendo lavorare uomini e animali) e da energia meccanica: si pensi ai mulini a vento, alle ruote idrauliche, alla navigazione a vela. Nel mondo moderno, invece, gran parte dei macchinari utilizzano energia elettrica o energia che deriva da qualche forma di combustione. E in questi casi, l’efficienza di conversione in lavoro è molto inferiore: la figura qui accanto mostra che solo una piccola frazione (1/8) della potenza di un’automobile, che viaggia su una strada orizzontale, viene effettivamente utilizzata per il movimento. E’ dunque un punto molto importante il fatto che in Natura non tutte le forme di energia siano ugualmente pregiate (ai fini di ottenerne lavoro).

96 Energia in forma disordinata
Quando la conversione avviene da forme di energia più ordinate a più disordinate, si ottiene energia meno pregiata e meno utilizzabile. Si dice che aumenta l’entropia : Per esempio, il calore che si produce per attrito è una forma di energia più disordinata, meno pregiata: vedremo che è impossibile riconvertirla tutta in lavoro Sperimentalmente si osserva che in natura spontaneamente l’energia si converte in forme a più degradate (con produzione complessiva di una variazione di entropia positiva). Vedremo in seguito perché. Tempo

97 Verso il secondo principio (5)
Questi esempi, apparentemente scollegati fra loro, in realtà possono essere ricondotti agli effetti di un unico Principio fondamentale: il Secondo Principio della Termodinamica

98 Secondo principio (2) Esistono 2 formulazioni equivalenti:
1) formulazione di Kelvin: E’ impossibile realizzare una trasformazione il cui unico risultato sia quello di trasformare in lavoro tutto il calore estratto da una sola sorgente a temperatura costante

99 Secondo principio (3) 2) formulazione di Clausius:
È impossibile realizzare una trasformazione il cui unico risultato sia quello di far passare il calore da una sorgente più fredda ad una più calda

100 Macchine termiche Si chiama macchina termica un dispositivo capace di trasformare calore in lavoro, cioè in energia meccanica (potenziale o cinetica). Una macchina termica a funzionamento ciclico è una macchina che torna periodicamente nello stato iniziale. una qualunque macchina termica per poter essere utilizzata indefinitamente deve essere a funzionamento ciclico.

101 Come funziona una macchina termica
Il secondo principio stabilisce che una macchina termica possa funzionare solo assorbendo calore Q2 ad alta temperatura T2 e cedendo calore Q1 a bassa temperatura T1 Il suo rendimento = Lavoro utile/ calore assorbito Entra calore Q2 ad alta temperatura T2 Lavoro utile= Q2-Q1 Esce calore Q1 a bassa temperatura T1

102 Rendimento  = L/Q2 = (Q2-Q1)/Q2 +Q2 entra A B P2 P1 D C -Q1 esce V1
Lavoro utile = area rettangolo P1 D C -Q1 esce V1 V2

103 Reversibilità e irreversibilità: approfondimenti 1
Le limitazioni alla conversione di energia termica in lavoro sono legate ad un importante concetto, quello già incontrato di irreversibilità La più importante classificazione delle trasformazioni termodinamiche è quella che distingue le trasformazioni cosiddette reversibili da quelle irreversibili. Si dice reversibile un processo ciclico in cui sia il sistema che l’ambiente ritornano nello stato di equilibrio preesistente all’inizio del processo : perciò, una volta tornato al punto iniziale, non deve rimanere nessuna traccia del processo; il sistema è esattamente come prima, e anche l’ambiente è esattamente come prima. Nessun segno ci dice che è avvenuta la trasformazione.

104 E’ possibile? Se getto una bomba ho trasformato un edificio in macerie, ho scaldato l’aria, ecc. Posso riportare tutto come prima? Dovrei rimettere insieme i pezzi dell’edificio, rimettere insieme la bomba facendo avvenire al contrario le reazioni chimiche, fare in modo che il calore che si è disperso nell’ambiente ritorni indietro, ecc. Se faccio cuocere un uovo, ho fatto una trasformazione. Posso ora riportarlo al essere un uovo crudo, intero, alla temperatura iniziale, riportando contemporaneamente alle condizioni iniziali tutto l’universo, me compreso?

105 Reversibilità e irreversibilità: approfondimenti 2
Il concetto di reversibilità è una astrazione molto importante per l’analisi quantitativa dei processi. La realizzazione di una trasformazione reversibile è una eventualità puramente teorica anche se in pratica può essere realizzata con sufficiente approssimazione. In altri termini, chiameremo reversibili le trasformazioni che avvengono in un tempo al limite infinito e in cui non sono presenti effetti dissipativi

106 Reversibilità e irreversibilità: approfondimenti 3
Trasformazioni reversibili in natura non ne esistono, ma potremo con buona approssimazione considerare tali, come abbiamo già detto, le trasformazioni in cui le coordinate termodinamiche del sistema cambiano molto lentamente nel tempo e in cui sono stati ridotti al massimo gli attriti. Agendo opportunamente, un sistema che ha compiuto una trasformazione reversibile può sempre essere riportato al suo stato iniziale senza che nell'ambiente circostante rimanga alcuna traccia della trasformazione avvenuta. Una trasformazione reversibile è dunque una trasformazione che si svolge in modo tale per cui, alla fine, sia il sistema che l'ambiente circostante possono essere riportati ciascuno nel proprio stato iniziale senza che nell'Universo resti alcuna traccia.

107 Reversibilità e irreversibilità: approfondimenti 4
In particolare tutto ciò che avviene in un senso durante una trasformazione reversibile, accade nel senso opposto se si cambia il verso di percorrenza della trasformazione. Di conseguenza, gli scambi energetici che avvengono fra sistema ed ambiente in una trasformazione reversibile, al cambiare del verso della trasformazione cambiano in segno, ma non in valore assoluto. Ad esempio, se il sistema durante una trasformazione reversibile assorbe calore da un altro corpo, invertendo la trasformazione restituisce a quello stesso corpo la quantità di calore che prima gli aveva sottratto.

108 Reversibilità e irreversibilità: approfondimenti 5
Chiameremo irreversibili le trasformazioni che avvengono in un tempo finito e/o nelle quali sono presenti effetti dissipativi. Una trasformazione irreversibile non è caratterizzata tanto dal fatto che il sistema non possa essere ricondotto nello stato iniziale (cosa invece quasi sempre realizzabile), ma dal fatto che ciò non possa avvenire senza che nell'ambiente circostante ne rimanga traccia.

109 Reversibilità e irreversibilità (6)
L'espansione libera di un gas è un tipico esempio di trasformazione irreversibile. Consideriamo un recipiente a pareti rigide e adiabatiche, diviso in due camere da un setto ed immaginiamo che in una camera sia contenuta una certa quantità di gas, mentre nell'altra inizialmente ci sia il vuoto. Se togliamo il setto di separazione, il gas si espanderà fino ad occupare tutto il volume del recipiente.

110 Espansione libera di un gas (2)
Durante l' espansione (che non è contrastata da nessuna forza esterna), il gas non compie lavoro sull'ambiente, mentre per riportare il gas nel suo stato iniziale, l'ambiente deve compiere un lavoro non nullo sul gas (spontaneamente il gas non tornerebbe mai ad occupare il volume di partenza!).

111 Espansione libera di un gas 3
Che l'espansione libera di un gas sia una trasformazione irreversibile lo si dimostra ricorrendo alla II legge della termodinamica.

112 Espansione libera di un gas 4
Ad espansione avvenuta, per riportare il sistema allo stato iniziale occorre comprimere tutto il gas nel vano a sinistra eseguendo del lavoro esterno; come conseguenza però il gas si riscalda. Si potrebbe immaginare di trasformare l’aumento di energia interna del sistema in calore Q da utilizzare tutto come lavoro L. In tal caso sistema e ambiente ritornerebbero nelle condizioni iniziali e la trasformazione sarebbe reversibile. Una conversione integrale del calore in lavoro utilizzando una sola sorgente a temperatura uniforme violerebbe però la II legge della termodinamica. Parte del calore Q deve essere necessariamente ceduta all’ambiente esterno. Il ripristino dello stato iniziale del sistema comporta perciò una modifica dell’ambiente esterno.

113 Entropia (1) Per comprendere meglio i meccanismi che determinano la forma del secondo principio e le sue limitazioni, è utile approfondire, seppure in modo il più possibile intuitivo, il concetto di entropia. L’entropia può essere studiata da un punto di vista macroscopico o da un punto di vista microscopico. Cominceremo con l’affrontare il problema dal punto di vista microscopico, chiedendoci come sono distribuite ( in direzione, verso e modulo) le velocità delle molecole di un gas

114 Entropia(2): come sono le velocità delle molecole?
Velocità distribuite in modo casuale Velocità parallele

115 Entropia (3) Proviamo a far cadere 3 stuzzicadenti per 10.000 volte
. . . 4 1 2 3 Studiare la distribuzione delle velocità è un po’ come chiedersi come si distribuiscano degli stuzzicadenti gettati su un tavolo.Ogni configurazione ha la stessa probabilità. La probabilità che si presenti la 3 è 1/ La probabilità che si presenti una qualsiasi delle altre è 9.999/ E se le configurazioni possibili fossero 10 alla 30? Sarebbe praticamente impossibile che si presentasse la 3

116 Entropia(4): distribuzione delle velocità
Analogia con gli stuzzicadenti: . . . 3 4 1 2 Ogni configurazione è, a suo modo, ordinata. Ciascuna ha un suo ordine proprio. Ma a noi serve che tutte le molecole abbiano la configurazione 3 per spingere Tutte insieme nella stessa direzione, in modo da trasformare tutto il calore in lavoro. Se il numero di casi possibili fosse 1030, la probabilità che si verificasse proprio la configurazione che ci interessa sarebbe praticamente nulla

117 Entropia(5) La numerosità dei casi possibili è misurata da una grandezza denominata entropia Maggiore è il numero di casi possibili, maggiore è l’entropia Se lancio volte 3 stuzzicadenti, si presentano configurazioni diverse tra loro, oppure si presentano poche configurazioni ripetute, per esempio solo quelle verticali parallele e quelle orizzontali parallele?

118 Entropia (6) O così? così

119 Entropia (7) E’ ovvia la risposta: si presentano, più facilmente, configurazioni tutte diverse tra loro: il sistema di configurazioni si presenta realizzando il maggior numero possibile di casi possibili Si dice che il sistema evolve spontaneamente verso un aumento di configurazioni possibili: cioè verso un aumento di entropia

120 Entropia (8) L’entropia di un gas aumenta se aumenta il numero di velocità possibili: aumenta la varietà di frecce per rappresentarle: da quelle di lunghezza zero (velocità zero) a quelle di lunghezza massima = velocità massima Se la velocità massima aumenta, aumenta il numero di possibili velocità tra zero e valore massimo Poiché la velocità delle molecole aumenta con l’ingresso di calore, l’entropia aumenta se entra calore

121 L’entropia aumenta anche se aumenta il volume:
Se voglio che tutte le molecole non solo abbiano velocità parallele per spingere sul pistone, ma che siano anche tutte in posizione allineate per colpire il pistone insieme così Non così

122 Entropia (10) Comunque la situazione peggiorerà se il volume diventerà più grande e il numero di posizioni possibili delle molecole crescerà. Allora devo anche preoccuparmi che la configurazione delle “posizioni” sia quella voluta da me. Ma questa sarà uno dei possibili forse 10 alla 30 casi, e non si verificherà forse mai.

123 Entropia (11) Ancora due esempi 1) Posizioni:
● ● Spontaneamente, il gas tende ad espandersi: aumento delle “posizioni” possibili

124 Entropia (12) 2) velocità:
Gli urti modificano le direzioni, in modo che si tende spontaneamente verso un numero crescente di configurazioni possibili

125 Entropia (13) Come varia l’entropia nelle diverse trasformazioni, anche nel caso ideale in cui siano reversibili? Trasformazione isoterma: se aumenta il volume aumenta l’entropia Trasformazione isocora: se entra calore : aumenta l’entropia Trasformazione isobara: Se entra calore: aumenta l’entropia Trasformazione adiabatica Non c’è trasferimento di calore: l’entropia non cambia

126 Entropia (14) Riassunto:
La variazione di entropia dipende dal calore: se entra, l’entropia aumenta,(aumentando velocità o volume), se esce, l’entropia diminuisce Minore è l’entropia, più è sfruttabile l’energia per produrre lavoro Come si vede dal II principio, per il rendimento delle macchine si deve prelevare calore ad alta temperatura: la temperatura a cui è il termostato da cui si preleva il calore è legata all’entropia.

127 Definizione classica dell’entropia
abbiamo visto che l’ entropia S dipende dal calore calore e dalla temperatura della sorgente Per questa ragione, classicamente, l’entropia è definita come funzione del calore scambiato e della temperatura a cui avviene questo scambio, e più precisamente come rapporto. Poiché l’entropia varia in una trasformazione, ciò che interessa è la sua variazione ΔS : ΔS = Q/T

128 Entropia: approfondimenti(1)
Analizziamo un modello semplificato per stabilire che relazione esista tra l’insieme di tutte le possibili configurazioni in cui si possono trovare le molecole, per esempio rispetto alla loro posizione, e le grandezze macroscopiche corrispondenti, in questo caso il volume. A parità di volume, si possono descrivere moltissime configurazioni delle molecole che occupano quel volume.

129 Entropia: approfondimenti(2)
Volendo aggirare il problema dell’altissimo numero di stati microscopici, conviene utilizzare come microstati opportune configurazioni. Nel caso di un gas in un contenitore, la configurazione potrebbe dipendere dal fatto di conoscere di ogni particella in quale zona del volume disponibile sta: se nella metà di sinistra o in quella di destra. Un possibile microstato è dunque quello che riconosce quali particelle sono a sinistra e quali a destra.

130 Entropia: approfondimenti(3)
Un possibile macrostato, invece,potrebbe consistere nel sapere solamente quante particelle si trovano a sinistra e quante a destra. Si intuisce che ogni microstato m appartiene ad un fissato macrostato M; viceversa, ad un dato macrostato M corrispondono svariati microstati m.

131 Entropia: approfondimenti(4)
Per procedere nella descrizione del comportamento del gas è necessario fare almeno un’altra assunzione: tutti i microstati sono equivalenti, nel senso che il sistema, quando è in uno stato di equilibrio, passa (mediamente) lo stesso tempo in ciascuno di essi. E’ facile ragionare nel caso semplice di due sole particelle. In tale situazione le configurazioni microscopiche possibili sono quattro; la 1 e la 4 appartengono allo stesso macrostato (una particella a sinistra ed una a destra). Si osservi che, chiamando N il numero di particelle, il numero di configurazioni è 2N, come si vede anche nel caso di tre particelle. Per procedere nella descrizione del comportamento del gas è necessario fare almeno un’altra assunzione: tutti i microstati sono equivalenti, nel senso che il sistema, quando è in uno stato di equilibrio, passa (mediamente) lo stesso tempo in ciascuno di essi. E’ facile ragionare nel caso semplice di due sole particelle. In tale situazione le configurazioni microscopiche possibili sono quattro; la 1 e la 4 partengono allo stesso macrostato (una particella a sinistra ed una a destra). Si osservi che, chiamando N il numero di particelle, il numero di configurazioni è 2N, come si vede anche nel caso di tre particelle.

132 Entropia: approfondimenti(5)
Come si vede, esiste un solo microstato nel quale tutte le particelle sono a destra (C(0)=1); questo è sempre vero, indipendentemente dal valore di N, per cui la probabilità di tale situazione (ordinata) tende a zero al crescere di N. Il caso della temperatura è meno intuitivo, ma corrisponde essenzialmente al fatto che, quando due corpi hanno temperature diverse, le molecole mediamente più veloci (cioè del corpo a temperatura maggiore) sono separate da quelle mediamente meno veloci: questa è una forma di ordine.

133 Evoluzione spontanea del sistema
Tornando dunque all’evoluzione di un sistema (il gas, nel nostro caso), il modello che abbiamo considerato ci può dare indicazioni sul modo in cui evolve il sistema? Macroscopicamente, sui tempi lunghi e all’equilibrio, esso tende a passare la maggior parte del suo tempo negli stati macroscopici più probabili (cioè con molti stati microscopici); in Termodinamica ciò viene espresso dal fatto che: i valori medi dei parametri macroscopici (P,V,T) sono costanti; aumenta l’entropia (dell’Universo). Questo fatto ci dice qual è la direzione del tempo

134 Direzione del tempo S1 S2> S1 S2 verso dei processi irreversibili
Verso del tempo verso dei processi irreversibili verso in cui aumenta l’entropia

135 Entropia: considerazioni finali
possiamo dire di avere individuato almeno tre aspetti fondamentali che caratterizzano l’entropia, o che, se vogliamo, ci aiutano a comprenderne il significato: l’irreversibilità dei processi naturali, e la traccia che essi lasciano nell’Universo; la degradazione dell’energia; l’evoluzione spontanea dei sistemi dall’ordine verso il disordine che ci indica la direzione del tempo

136 Definizione microscopica dell’entropia
E’ per le considerazioni precedenti che, dal punto di vista microscopico, l’entropia viene definita in modo che essa aumenti al crescere degli stati accessibili al sistema (microstati), cioè, per quanto detto precedentemente, al crescere del disordine. Considerazioni legate al calcolo combinatorio ed al fatto che, secondo la termodinamica classica, l’entropia S risulta additiva, suggeriscono di definire dunque: cioè come misura (logaritmica) del numero di stati accessibili al sistema, cioè misura del disordine (postulato fondamentale della meccanica statistica). Il macrostato al quale è associato il maggior numero di microstati viene detto "di equilibrio“: è evidente che il sistema isolato evolve spontaneamente verso le situazioni di massima probabilità, cioè di massimo numero di configurazioni microscopiche, e quindi di massima entropia Nuova formulazione del Secondo Principio della Termodinamica).

137 Breve storia della termodinamica
.

138 L’inizio della termodinamica
La termodinamica nasce prima in modo empirico e poi si trasforma in scienza. Per la prima volta è il progresso tecnologico a dettare i tempi delle scoperte scientifiche. La termodinamica ha origine da un problema molto consistente all'epoca: l'eliminazione dell'acqua delle miniere. La prima macchina termica dell'era moderna capace di sfruttare la potenza del calore per produrre lavoro fu realizzata nel 1695 da un tecnico inglese, Thomas Savery ( ). Si trattava di una macchina senza cilindro e pistone, di rendimento molto basso ma comunque capace di pompare l'acqua dal sottosuolo delle miniere

139 La macchina di Savery (1695)
Thomas Savery, (1695), che pur non avendo ancora Cilindro e pistone permetteva di pompare l’acqua dal sottosuolo delle miniere

140 La macchina di Papin La macchina di Papin era costituita da un tubo chiuso nella parte inferiore e contenente un pistone sotto al quale si trovava una piccola quantità di acqua che, trasformata in vapore, spingeva il pistone fino in cima al cilindro dove si fermava contro un dente di arresto. Raffreddando il cilindro il vapore condensava producendo un vuoto parziale sotto il pistone. La pressione atmosferica costringeva il pistone ad una rapida discesa (fase attiva). Il tubo svolgeva la triplice funzione di caldaia, cilindro del motore e condensatore. La macchina a vapore sarà realizzata in tappe successive separando queste tre parti. .

141 La macchina di Newcomen
La prima vera e propria macchina a vapore viene inventata e costruita daThomas Newcomen ( ), un fabbro inglese che si era interessato al problema. Questa era una macchina a pistone che sfruttava il calore del fuoco. Aveva un rendimento bassissimo e tempi lunghi tra due fasi successive. La prima macchina di Newcomen viene messa in funzione nel Attorno al 1725 la macchina di Newcomen era impiegata in moltissime miniere ma anche per rifornire di acqua le ruote idrauliche più grandi. Il difetto principale di questa macchina è il continuo raffreddamento del cilindro che causa un enorme consumo di carbone. Il suo rendimento termico era solo dell'1%, cioè ogni 100 Kg di carbone bruciati solo 1 veniva utilizzato per far muovere la pompa. Nonostante questi gravi difetti la macchina non ebbe rivali nelle miniere inglesi per circa 60 anni. .

142 La macchina di Watt La macchina di Watt (1765).
In essa la condensazione del vapore avviene in un contenitore separato (il condensatore) che permette di mantenere il cilindro col pistone sempre caldo evitando grandi sprechi di carbone e rendendo il processo più veloce e di maggiore rendimento

143 La macchina di Watt (2) Per avere una macchina a vapore vera e propria, quella cioè che darà il via alla rivoluzione industriale si deve attendere il genio di James Watt ( ). Nel 1765 egli era impiegato come mantenitore di strumenti presso l'università di Glasgow in Scozia. In tale veste egli dovette riparare un piccolo modello di macchina di Newcomen che non aveva funzionato mai. Watt si rese conto che l'alternativo riscaldamento e raffreddamento del pistone sprecava grandi quantità di calore e quindi di combustibile. Intuì che se la condensazione del vapore fosse avvenuta in un contenitore separato (il condensatore) si poteva mantenere il cilindro col pistone sempre caldo evitando grandi sprechi di carbone e rendendo il processo più veloce e di maggiore rendimento.

144 Watt Tale realizzazione rese evidente la necessità di avere due sorgenti di calore a temperature diverse, preludio questo al secondo principio della termodinamica. In questo modo si aumentava il rendimento fino al 6 - 7%. James Watt

145 Calorico e flogisto Black ( ) per primo comincia ad attuare la distinzione tra il concetto di temperatura e quello di calore. Per il calore anticamente erano state proposta varie teorie. Una di queste, dovuta a J.J. Becher ( ) era la teoria del flogisto (dal greco=combustibile). Tale teoria postulava l'esistenza di una sostanza che era contenuta in tutti i corpi, il flogisto, e che veniva liberata per combustione di materiale organico o per trattamento dei metalli con il calore in aria libera (ossidazione) Tale teoria dovette poi soccombere alle idee di Lavoisier ( ) tramite i suoi studi sulle reazioni chimiche ed all'uso di una bilancia di precisione per pesare composti e reagenti. Alla domanda su cose fosse il calore si potevano dare due risposte legate a due correnti di pensiero. Per una di esse il calore era una sostanza, il calorico o calore latente contenuto in tutti i corpi e liberato durante tutti i processi mentre per l'altra il calore era una sorta di moto o vibrazione.

146 Sadi Carnot 1 Nonostante le varie migliorie apportate da Watt alle macchine a vapore non se ne conoscevano i principi fisici nel senso che le migliorie aumentavano il rendimento ma nessuno fino ad allora si era posto il problema del limite del rendimento di una macchina. Il problema viene messo a fuoco da Sadi Carnot ( ), fisico ed ingegnere francese formatosi all’Ecole Polytechnique, considerato tra i maggiori fisici dell’Ottocento ed il fondatore della termodinamica. Tutto il suo pensiero scientifico è racchiuso nel suo unico scritto del 1824: Rèflexions sur la puissance motrice du feu et sur les machines propres à développer cette puissance (Riflessioni sulla forza motrice del fuoco e sulle macchine in grado di svilupparla). Sadi Carnot

147 Carnot 2 Carnot decide che per sfruttare al meglio le macchine fosse fondamentale conoscerne i processi che coinvolgevano calore, lavoro ed energia per scoprire i limiti del rendimento. Per rendimento si intende il rapporto tra il lavoro compiuto e l’energia consumata per compierlo. Per arrivare a ciò Carnot postulò che, in modo analogo a quanto avviene nelle macchine idrauliche (in cui il lavoro dipende dal peso dell'acqua per l'altezza di caduta), nelle macchine termiche il lavoro dipendesse dalla caduta di calore, cioè dal trasferimento di calorico (inizialmente Carnot era fedele alla teoria del calorico, quindi di un fluido che si trasmetteva da corpo a corpo) da una sorgente calda (caldaia) ad una più fredda (condensatore). Inoltre Carnot sosteneva che il rendimento non fosse legato alle caratteristiche del fluido, ma esclusivamente alla differenza di temperatura

148 Carnot 3 Da queste considerazioni Carnot dedusse che il rendimento delle macchine non poteva essere illimitato e che una macchina ideale è quella che ha il rendimento massimo, sempre comunque inferiore al 100%. Enunciò inoltre quello che viene conosciuto come il Ciclo di Carnot: si tratta di una macchina termica ideale che trasforma il calore in lavoro operando ciclicamente. Nessuna macchina termica reale può avere rendimento superiore ad una macchina di Carnot operante tra le stesse temperature. Come ricordato Carnot inizialmente abbracciò la teoria del calorico. In seguito si avvide del suo errore ma i suoi scritti postumi furono pubblicati quando ormai altri si erano presi il merito della formulazione del primo principio della termodinamica e della conservazione dell’energia. Il lavoro di Carnot tuttavia non incontrò una capillare diffusione, anzi per moltissimo tempo rimase sconosciuto.

149 Clapeyron Fu Emil Clapeyron ( ) che nel 1834 riprese il lavoro di Carnot evitandogli l'oblio e traducendo in forma matematica le argomentazioni discorsive di Carnot. Nella sua memoria Sur la puissance motrice de la chaleur egli riprende appunto il lavoro di Carnot e lo rende noto alla comunità scientifica. Tutto ciò avrà grandi ripercussioni in Inghilterra dove ormai i tempi erano maturi per trattare in modo più rigoroso la termodinamica stessa. Di ciò si occuperanno due persone in particolare: Joule e Kelvin

150 Rumford Il primo colpo di piccone alla teoria del calorico lo sferra Benjamin Thompson conte Rumford ( ). Nell'ambito del suo studio sull'alesatura dei cannoni, egli nota che il calore che si sprigiona nel forare i cannoni non deriva solo dal taglio del metallo, come richiedeva la teoria del calorico che pensava che dal taglio si liberasse il calorico. Utilizzando attrezzi smussati, quindi non in grado di spezzare il metallo, il calore si produceva lo stesso ed era proporzionale al lavoro compiuto. Rumford fu tra i primi a rifiutare la teoria del calorico come fluido che si trasmette da un corpo all’altro per contatto per abbracciare una teoria che stava facendo breccia in quel tempo, la teoria del calore come lavoro. A tal proposito sempre nell'ambito dell'esperienza dell'alesatura dei cannoni, misurò in modo molto approssimativo il rapporto calore/lavoro ottenendo il valore di 5.5 joule/caloria (naturalmente le unità di misura utilizzate sono quelle attuali, ma il rapporto rimane invariato: ogni unità di misura del calore si trasforma in 5.5 unità di misura del lavoro. Questo è il risultato di Rumford).

151 Lord Kelvin In Inghilterra William Thomson ( ), più noto come Lord Kelvin, viene a conoscenza dei lavori di Carnot tramite l'articolo pubblicato in Francia da Clapeyron che, come ricordato in precedenza, salva dall'oblio il testo di Carnot. In seguito Thomson si recherà in Francia proprio alla ricerca del testo di Carnot. Avutolo tra le mani affronterà i problemi legati al 2° principio della termodinamica. Anche Thomson in un primo momento abbraccia la teoria del calorico che poi abbandona quando prende visione degli esperimenti e delle misure di Joule. Lord Kelvin

152 James Prescott Joule James Prescott Joule ( ) era un fisico dilettante di Manchester che di professione faceva il birraio e si dedicava nel tempo libero alla fisica. Tra il 1841 ed il 1848 avvia tutta una serie di studi sull'equivalenza tra calore e lavoro, da lui fortemente sostenuta. La bontà delle misure da lui eseguite in molti esperimenti diversi lo portano a ritenere che il rapporto calore/lavoro sia di 4,186 joule/caloria. Questo è anche il valore attuale utilizzato in fisica. Naturalmente in suo onore l’unità di misura del lavoro o dell’energia è chiamata joule. Questo valore ottenuto era naturalmente molto soggetto a imprecisioni dovute alle dispersioni di calore durante gli esperimenti di cui il più celebre di tutti è quello del mulinello.

153 Equivalente meccanico del calore
Il peso scendendo fa girare le palette immerse in un recipiente pieno di acqua. La temperatura dell'acqua aumenta a causa dell'attrito. Paragonando il lavoro eseguito dalla discesa del peso con l'aumento di temperatura dell'acqua, Joule ricavò il valore dell' equivalente meccanico del calore.

154 Lord Kelvin (2) Lord Kelvin conobbe Joule durante un congresso di fisica e subito capì l'importanza del suo lavoro al punto da abbandonare la teoria del calorico per appoggiare in pieno l’equivalenza tra lavoro e calore. Questo diventa il primo passo per una nuova concezione del calore e della termodinamica. Tra la teoria del calorico e quella del calore come lavoro esiste una sostanziale differenza. La teoria del calorico prevedeva che tutto il calore assorbito da una sorgente si trasformasse in lavoro. La teoria del calore come lavoro invece mostra che solo una parte del calore assorbito si trasforma in lavoro mentre il rimanente viene ceduto all’ambiente e non c’è modo di usarlo. Il rendimento del 100% è irrealizzabile in natura.

155 Mayer Sull’equivalenza tra calore e lavoro è da ricordare anche Julius Mayer ( ), medico tedesco, che però non vedrà riconosciuto il suo lavoro se non dopo molto tempo, quando ormai era evidente che la teoria del calore stava soppiantando quella del calorico. Già nel 1838 egli aveva calcolato il rapporto tra calore e lavoro pari a 3.59 Joule/calorie, utilizzando delle considerazioni sui gas. Tuttavia questi suoi lavori non vennero accettati dalla rivista di fisica tedesca dell'epoca e poterono essere pubblicati solo su una rivista di chimica. Il lavoro di Mayer non si fermava qui. Egli aveva già intravisto quello che poi sarà il primo principio della termodinamica e la conservazione dell’energia. Egli sosteneva non solo che il calore fosse equivalente al lavoro, ma che entrambi fossero una forma di energia.

156 Helmoltz I tempi erano maturi anche per una formulazione definitiva dell'equivalenza tra lavoro e calore. Contemporaneamente anche la meccanica classica, quella newtoniana, stava arrivando ai concetti di energia e della sua conservazione. Fu Hermann Helmholtz ( ), fisiologo, fisico e matematico tedesco, che nel 1847 nel suo saggio Sulla conservazione della forza introdusse un nuovo ente fisico: l'energia potenziale da lui chiamata "forza di tensione". In questo saggio egli enuncia il principio di conservazione dell’energia per i sistemi meccanici conservativi. Una volta che Helmholtz chiarisce il concetto di conservazione dell’energia in meccanica, lo estende anche ad altri campi della fisica, in particolare alla termodinamica dove in quell’epoca Joule aveva calcolato l’equivalente meccanico del calore. .

157 La teoria cinetica: Clausius
Rudolph Clausius formula nel 1857 la “Teoria cinetica dei gas” che riassume, razionalizza ed estende formulazioni precedenti. In realtà le prime formulazioni di una teoria cinetica risalgono addirittura al 700, quando Daniel Bernoulli ( ) utilizzò concetti atomistici per elaborare una prima teoria cinetica dei gas, spiegando in termini molecolari e probabilistici probabilistici il loro comportamento in condizioni di pressione e temperatura variabili; questo studio, tuttavia, non ebbe molto seguito all'epoca. Di Clausius è la una delle formulazioni del secondo principio della termodinamica e l’introduzione del concetto di entropia

158 James Clerk Maxwell (1831-1879)
James Clerk Maxwell ( ) è considerato uno degli scienziati più importanti del XIX° secolo. Il nucleo principale della sua ricerca è l'elettromagnetismo, inoltre sviluppò la teoria cinetica dei gas e indagò sulla visione dei colori e sui principi della termodinamica. Studiò presso le università di Edimburgo e Cambridge; divenne poi professore di fisica all'università di Aberdeen ( ) e di Cambridge (1871).

159 Il diavoletto di Maxwell
A metà Ottocento lo scozzese James Clerk Maxwell, che oltre a scoprire le leggi dell'elettromagnetismo fu tra i protagonisti dello studio della meccanica statistica, mostrò che per violare il secondo principio della termodinamica era sufficiente trovare un diavoletto capace di separare le molecole a seconda della loro velocità. Se questo diavoletto fosse capace di spostare tutte le molecole più veloci da una parte di un contenitore e quelle più lente dall'altra, egli trasformerebbe un sistema disordinato in uno ordinato. In realtà si è dimostrato nel corso del 900 che diminuire l'entropia dell'ambiente comporta l'aumentare dell'entropia della memoria del "diavoletto“ salvando così il secondo principio

160 Ludwig Boltzmann ( ) Boltzman fu il primo uomo a capire l'intima struttura delle trasformazioni che si verificano in natura e lo fece prima che l'esistenza degli atomi venisse accettata da tutti gli scienziati. Carnot si era mosso verso la Termodinamica partendo dalla macchina a vapore, Boltzman si avvicinò alla Termodinamica dalla parte opposta e cioè dalla parte della meccanica statistica, cioè dagli effetti del movimento degli atomi. Le successive ricerche e i successivi esperimenti confermarono che Boltzman aveva ragione e adesso è universalmente riconosciuto come uno dei massimi fisici teorici della storia della scienza.

161 FINE .


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