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“La libertà che guida il popolo sulle barricate” di Eugène Delacroix

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Presentazione sul tema: "“La libertà che guida il popolo sulle barricate” di Eugène Delacroix"— Transcript della presentazione:

1 “La libertà che guida il popolo sulle barricate” di Eugène Delacroix
È ispirata alla rivoluzione del 1830, dopo le "tre gloriose giornate quando proletari e borghesi insorgono contro la monarchia francese. Dipinge quest’opera per esaltare la lotta per la libertà dei parigini, la volontà del popolo che si ribella. Nel movimento verso destra della composizione bisogna leggere un riferimento politico: la sinistra rivoluzionaria insorge e vince sulla destra conservatrice. Nonostante non abbia combattuto in prima linea nell’insurrezione, Delacroix si ritrae in primo piano con la divisa addosso per sottolineare la sua adesione a questi moti rivoltosi. Oltre all’elegante cappello a cilindro, in forte contrasto con quello popolare del suo vicino, il pittore imbraccia con fermezza un fucile, arma che lo distingue ancora una volta dagli altri combattenti che levano verso il cielo pistole e spade per difendere i loro diritti. Alle sue spalle, la foga concitata dei cittadini viene resa attraverso volti sempre più indistinti, divise e abiti logori. All’interno del quadro il ruolo di figura portante spetta alla Libertà. Il suo sguardo non è rivolto verso lo spettatore (a differenza del corpo che si protende in avanti) ma non è neppure indirizzato verso un punto particolare. Tutti i suoi movimenti sono decisi: il braccio teso nello sforzo di sorreggere la bandiera, la gamba sinistra piegata in avanti ad indicare un’avanzata sicura, il braccio sinistro forte nella presa del fucile. Questi elementi concorrono nell’assegnare a questo personaggio il ruolo di guida coraggiosa, audace e forte. Pur rappresentando un ideale, porta i segni della lotta nelle sue vesti lacerate:non guarda combattere ma partecipa attivamente. Di spicco nella sua figura è che abbia il seno scoperto: questo non la carica di sensualità, ma è inteso come volontà trasgressiva. Accanto alla Libertà, si staglia la figura di un giovane che guida senza esitazione i moti. Le labbra socchiuse in un grido di incitamento fanno assumere al suo volto la serietà e la consapevolezza di un adulto. Il ragazzo inserisce una nota drammatica nella scena, perché rivela come l’urgenza della rivolta non risparmia neppure i più piccoli, coinvolti in un destino che li sovrasta. C’è poi un giovane proteso verso la Libertà, attraverso le cui spalle, dipinte di scorcio e illuminate da una luce livida, il pittore infonde profondità alla scena. Sullo sfondo della tela il cielo è confuso, ma la gradazione cromatica, per quanto meno accesa, sembra ripetere quella del tricolore francese, che domina del resto l’intera composizione; si nota uno scorcio urbano confuso nella polvere che degrada all’orizzonte, Vi si distinguono le massicce torri della basilica di Notre-Dame, sulla cima delle quali svetta una bandiera col tricolore, quasi ad indicare l’ampiezza della rivolta. Un particolare da notare è che Delacroix pone l’autografo in primo piano, proprio sul legno delle barricate servendosi di un pennello rosso vivo che pare intinto di sangue. La scena viene descritta con un realismo cruento, soprattutto nei cadaveri con una resa al contempo efficace e impietosa, intrisa di passionalità romantica. Per creare l’impressione di uno spazio ampio poi il pittore pone i corpi in direzioni divergenti tra loro. Importante notare la qualità del colore: la matericità della pennellata, che infonde effetti più tormentati alle forme, è basata sul contrasto tra le tonalità brune - spesso livide, con ombre profonde sui corpi delle vittime e sugli abiti dei rivoltosi - e le luminose accensioni cromatiche che ripropongono i toni del tricolore francese.

2 “La libertà che guida il popolo sulle barricate” di Eugène Delacroix

3 “IL 3 MAGGIO 1808: FUCILAZIONE ALLA MONTAGNA DEL PRINCIPE PIO” di Francisco Goya
È l’opera di più alta intensità drammatica di Goya, celebre pittore spagnolo che, vissuto a cavallo di due secoli e indifferente al prestigio delle trionfanti idee neoclassiche, attua il trapasso dal gusto figurativo settecentesco alla nuova libertà espressiva propria del Romanticismo. Dipinta nel 1814, la tela, che rappresenta l’esecuzione dei patrioti spagnoli durante l’invasione napoleonica, non è solo un quadro commemorativo di un drammatico episodio, ma anche un documento che riassume le pieghe stesse dell’animo del pittore e segna il debutto di un’arte non più vista come educazione, ma come manifesto di denuncia sociale e della lotta per la libertà e l’indipendenza. La lettura di quest’opera sostituisce pagine e pagine di testi, perchè commuove e pone interrogativi alla coscienza di chi inveisce in nome del potere. La tensione emotiva che si avverte ha indotto la critica a ritenere il pittore testimone oculare dell’esecuzione. L’eccidio si svolge nel buio della notte, solo una grande lanterna cubica illumina la scena con un bagliore quasi irreale mostrando le bocche spalancate delle vittime, i grumi di sangue, il loro terrore. L’uso del colore dà un particolare tono alla vicenda: tutte le sfumature che vanno dal marrone al giallo pallido sono opache e scure e risalta così il rosso-vivo del sangue dei caduti a terra, il cielo nero è simbolo di morte, sullo sfondo la città dorme ancora a sottolineare il distacco della popolazione dall’evento e accrescendo così la solitudine drammatica dei condannati. Il plotone di esecuzione è costituito non da uomini ma da macchine di morte di cui non si scorgono i volti: Goya, infatti, li vuole rappresentare senza anima, senza nome, senza umanità. I soldati sono dei burattini in uniforme, simbolo di un ordine che è violenza e hanno gli sguardi fissi sulle canne dei fucili. La lampada che illumina la scena vuole essere “la lampada della storia” che evidenzia l’assurdità della guerra; la luce che crea si proietta principalmente su una figura, l’uomo con la camicia bianca e le braccia alzate che sta per essere ucciso: sul suo volto si leggono paura e denuncia contro gli orrori della guerra. Gli altri guardano terrorizzati, sapendo che presto toccherà anche a loro. C’è chi inveisce con i pugni chiusi, chi si copre il viso con le mani, chi cerca un’ultima preghiera. Presto tutti cadranno, morti, in un’orrenda poltiglia di sangue e fango. Goya non rispetta le proporzioni: il protagonista del dramma è in ginocchio ma se si sollevasse le figure intorno apparirebbero piccolissime. Il significato metaforico del quadro è chiaro: l’umanità combatte contro l’ingiustizia, in nome dei propri ideali, ma è destinata a soccombere.

4 “IL 3 MAGGIO 1808: FUCILAZIONE ALLA MONTAGNA DEL PRINCIPE PIO” di Francisco Goya

5 “Il bacio” di Francesco Hayez
Hayez si dedicò ai soggetti storici e civili, esprimendo nella sua pittura gli ideali del Risorgimento. Il quadro "Il bacio" fu realizzato nel Il soggetto sembra a prima vista sentimentale, più che politico, ma non bisogna dimenticare che gli artisti risorgimentali erano spesso costretti a "mascherare" i propri messaggi, calandoli in realtà storiche lontane dal presente oppure creando situazioni allusive e simboliche. Il pubblico dell'epoca interpretò subito questo quadro in termini politici, vedendovi rappresentato l'addio alla donna amata da parte di un patriota costretto all'esilio. Nel dipinto le figure sono disegnate con una precisione e nettezza di contorni proprie della pittura classica, ma il loro atteggiamento appassionato, l'abbandono languido della donna e il piegarsi su di lei dell'uomo, creano una atmosfera intensa e commossa, tipica dell'arte romantica. Va inoltre sottolineata l'attenzione per i dettagli (le pieghe della veste, i riflessi della stoffa), che conferisce al dipinto un grande realismo. Vicino alle idee di Alessandro Manzoni, Hayez sosteneva che la sua pittura romantica non nasceva da idee filosofiche, ma dal puro sentimento. In realtà i suoi quadri, dal disegno accademico ma dal colore caldo e toni appassionati, con una tensione comunicativa di tipo teatrale, rispecchiano esattamente gli ideali risorgimentali dell'epoca, esaltati dalla musica di Giuseppe Verdi. "Il bacio" ritrae l'addio tra due giovani che simboleggia l'addio di un soldato alla sua patria, perché deve partire in guerra e si scambiano un bacio appassionato.

6 “Il bacio” di Francesco Hayez

7 “Il viandante in un mare di nebbia” di Caspar David Friedrich
In questo quadro di Friedrich, si avverte immediatamente la poetica del pittore. Il sublime, ossia il senso della natura possente e smisurata, l'emblema del sentire romantico. Un uomo, un viandante solitario, è ritratto di spalle (questo rappresenta la parte inconscia e nascosta del suo animo) in una posa plastica ed è affacciato su di un mare di nebbia che invade un paesaggio montagnoso. Non vi è vegetazione che crei angoli accoglienti. Le rocce sono nere e inospitali ed emergono dai fumi di una nebbia che sembra quasi il vapore che sprigiona la terra dal suo interno. Il paesaggio ha qualcosa di così arcaico che pare di ammirare la Terra subito dopo la Creazione. L'uomo che ammira questo spettacolo ci dà il confronto tra la piccolezza della dimensione umana e la vastità dell'opera della natura. Il ricorso al punto di vista rialzato, all'altezza della testa del personaggio, favorisce l'identificazione dello spettatore, che è come se guardasse dall'alto, a mezz'aria, lo spettacolo della natura così che lo spettatore del quadro deve condividere il suo punto di vista e lo stato d'animo dell'uomo. Che avverte dentro di sé un sentimento sublime: meraviglia e quasi sgomento di fronte all'immensità dell'universo. Tale immensità è affermata anche a livello cromatico dallo stacco tonale tra il primo piano e lo sfondo. Il moto di slancio del protagonista verso l'orizzonte è espresso attraverso la configurazione piramidale degli elementi del primo piano, ripresa sullo sfondo dalla sagoma della montagna, il Rosenberg della Svizzera sassone. La posizione di spalle del protagonista, oltre ad essere innovativa, coinvolge immediatamente lo spettatore, proiettandolo nella sua stessa meditazione: l'uomo sta di fronte all'infinito come innanzi a qualcosa di assolutamente inaccessibile, ma a un tempo ne è affascinato, attratto. L'eroica solitudine dell'uomo davanti all’abisso nevoso fa di questo dipinto il manifesto dell'intero romanticismo tedesco: assorto nella contemplazione dell'infinito, di qualcosa che sta al di sopra della comprensione umana. Il vero filosofo, viaggiatore solitario, separato dal mondo e allo stesso tempo separato dalla natura, resta dunque estraneo a ogni comunità e, dall'ultimo avamposto del mondo, si confronta con l'indescrivibile visione dell'esperienza estrema. È importante il fatto che l'uomo viene identificato come viandante, il che lo ricollega al tema romantico dell'esule.

8 “Il viandante in un mare di nebbia” di Caspar David Friedrich

9 “Mare di ghiaccio” di Caspar David Friedrich (scena idealizzata del mare Artico, con una nave naufragata su una massa di ghiaccio) Il dipinto rappresenta un naufragio nel bel mezzo di un mare di ghiaccio rotto in una miriade infinita di pezzi, le cui schegge si sono accumulate dopo l'impatto, ammassandosi l’una sopra l’altra a formare una montagna frastagliata. Il ghiaccio è diventato come un dolmen (una tomba monolitica), i cui bordi sporgenti e aguzzi, sembrano anelare verso il cielo. Le spesse lastre di ghiaccio si innalzano monumentalmente e la direzione diagonale di tali ammassi, insieme ai frammenti di nave che si scorgono a malapena in basso a destra del dipinto, determinano una sorta di inquietante movimento a spirale intorno alle rovine centrali dell’iceberg. Lo sguardo dell’osservatore è quindi focalizzato quasi esclusivamente nelle parte centrale del dipinto, dimenticando tutto ciò che sta intorno. Un contorno caratterizzato da colori freddi e cupi, che suscitano nello spettatore un senso d’ansia e di sgomento. Come confermato da un’iscrizione sul relitto, la nave rappresentata nel dipinto è la HMS Griper, una delle due navi che parteciparono alle prime spedizioni al Polo Nord, di William Edward Parry. Il tema della navigazione proviene da un’antichissima tradizione allegorica risalente alla cultura egizia, ed è sempre stato visto come l’immagine dell’ossessiva e continua peregrinazione dell’uomo sulla terra in cerca di qualcosa, attraverso le avversità del mondo e della vita. Tale motivo, trasposto poi in quello del naufragio, diviene incarnazione della fragilità dell’uomo in balia degli elementi. All’opera possiamo anche dare un'interpretazione politica: la nave (la speranza), naufragata nella spedizione polare, simboleggia il naufragio delle speranze della Germania, durante la Restaurazione, esattamente come, nel 1815, la Zattera della Medusa di Géricault stava ad indicare il naufragio della Francia napoleonica.

10 “Mare di ghiaccio” di Caspar David Friedrich


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