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Alessandro Finazzi Psicologia del lavoro L’organizzazione.

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Presentazione sul tema: "Alessandro Finazzi Psicologia del lavoro L’organizzazione."— Transcript della presentazione:

1 Alessandro Finazzi Psicologia del lavoro L’organizzazione

2 Definizioni Vecchio approccio
Uno strumento diretto a coordinare in modo razionale gli sforzi di più individui per raggiungere uno scopo un costrutto sociale formalmente costituito per il raggiungimento di determinati fini Due filoni: 1.      caratteristiche delle persone e dei gruppi che interagiscono nei contesti organizzativi; 2.      organizzazioni come contesti indipendenti dall’azione delle persone che vi si trovano. Che cos’è un’organizzazione? Uno strumento diretto a coordinare in modo razionale gli sforzi di più individui per raggiungere uno scopo? Vecchia concezione che considera l’o. come una macchina. Non è un’entità stabile ed ordinata ma un sistema che ha bisogno di sforzi di individui e gruppi per mantenersi vitale. Analizziamo la definizione classica: “un costrutto sociale formalmente costituito per il raggiungimento di determinati fini”. Si ripropongono alcune domande formulate per i gruppi. Persone, scopi, atti formali non sono sufficienti per spiegare i comportamenti concreti e i legami tra persone, scopi e atti formali non sono così semplici come potrebbero apparire a prima vista. La letteratura specialistica si polarizza interno a due filoni: 1.      caratteristiche delle persone e dei gruppi che interagiscono nei contesti organizzativi; 2.      organizzazioni come contesti indipendenti dall’azione delle persone che vi si trovano.

3 Definizioni Hoskins e Morley (1991) propongono invece un’analisi centrata sulla relazione tra persone e organizzazioni Le persone fanno in qualche misura i loro contesti e sono in qualche misura fatti da questi. Hoskins e Morley (1991) propongono invece un’analisi centrata sulla relazione tra persone e organizzazioni. (…) rapporto tra una persona e il suo contesto è di mutua creazione. In altri termini, le persone fanno in qualche misura i loro contesti e sono in qualche misura fatti da questi. Esiste una “fallacia individualistica” nelle teorie che enfatizzano eccessivamente il soggetto come un’entità separata e una “fallacia culturalistica” l’enfasi eccessiva posta sul contesto e sulla sua capacità di modellare il comportamento di individui e gruppi. Non si è ancora trovato una strumentazione concettuale adeguata a studiare l’azione sociale in cui le persone fanno progetti, cercano alleanze con altri per realizzarli, cercando di combinare cambiamenti personali e cambiamenti della situazione nel loro rapporto con i contesti organizzativi. “fallacia individualistica” nelle teorie che enfatizzano eccessivamente il soggetto come un’entità separata “fallacia culturalistica” l’enfasi eccessiva posta sul contesto e sulla sua capacità di modellare il comportamento di individui e gruppi.

4 Definizioni Concetto entitario di organizzazione (vecchio)
5 elementi costitutivi: 1. appartenenza dei membri 2.identità dell’organizzazione 3.  scopi chiari e definiti. 4. struttura formalmente stabilita. 5.organizzazione e ambiente esterno sono realtà separate Da considerarsi superato quindi il concetto entitario di organizzazione, intesa quest’ultima in maniera statica, avulsa dalle persone che vi agiscono e considerata come un dato della situazione. Negli approcci che considerano l’o. come entità a sé stanti troviamo 5 elementi costitutivi: 1.      condizioni per l’appartenenza dei membri: come si entra a far parte e come cessa l’appartenenza. 2.      identità dell’organizzazione: essa è vista e riconosciuta come un soggetto specifico da i suoi membri e da tutti coloro che vengono a contatto con essa. 3.      scopi chiari e definiti. 4.      struttura formalmente stabilita. 5.      organizzazione e ambiente esterno sono realtà separate che stanno in rapporto di scambio: ricezione di input dall’ambiente, elaborazione e restituzione.

5 Definizioni Critica di Hoskins e Morley
Il requisito dell’appartenenza formale non sempre è richiesto (organizzazioni di volontariato). L’azienda non è più il prototipo dell’o. Critiche al fatto che le organizzazioni siano considerate con una identità e dei confini precisi (punto 1 e 2), definiti anche attraverso i criteri di inclusione ed esclusione dei propri membri, vengono dal dare legittimità ad organizzazioni di volontariato, dove il requisito dell’appartenenza formale non sempre è richiesto. L’azienda non è più il prototipo dell’o. Gli azionisti fanno parte dell’o.? E le imprese sub-appaltatrici di un’impresa di costruzioni? Cherrington (1994) riporta il caso emblematico dell’assistenza medica dei pensionati della General Motors: essi sono un gruppo di portatori di interessi (stakeholders) che non è possibile ignorare. Che siano o no membri dell’azienda i pensionati, costituendo una “voce di spesa” nel bilancio della G.M., hanno nei fatti la capacità di modificare il suo comportamento in forza delle regole che normavano la loro appartenenza a pieno titolo all’azienda. In conclusione i criteri formali di esclusione ed inclusione dei membri non ci dicono tutto sui confini reali dell’organizzazione. Per una critica al punto 3 sarà sufficiente ricordare come in alcun modo sia possibile identificare degli scopi comuni a tutti i membri dell’organizzazione. Esistenza di strutture formalizzate caratterizzanti l’o.: si dimentica che i cambiamenti nelle organizzazioni, come del resto in qualsiasi struttura sociale vivente, sono la condizione naturale; ciò che va spiegato è, al contrario, è la stabilità assoluta, l’assenza di cambiamento, perché è tale condizione a non essere naturale. Lo stesso termine di “organizzazione informale” è stato inventato per spiegare come potesse convivere una pianificazione razionale e standardizzata della produzione con la realtà osservata (cfr. esperimenti di Mayo negli stabilimenti di Hawthorne). L’o. informale fa resistenza a quella formale e la direzione deve preoccuparsi di controllarla, perché la sua esistenza è inevitabile. Nell’interazione tra individui e gruppi, portatori di interessi e di progetti, emergeranno differenze sotto forma di negoziazione o conflitti, senza dover postulare l’esistenza di condizioni “naturali“ e “devianti” del funzionamento organizzativo. (…) un’organizzazione come entità a sé stante è certamente concepibile, ma al prezzo di mettere del tutto in secondo piano i processi relazionali di tipo cognitivo, sociale e politico che sono al centro dei comportamenti di individui e gruppi nelle organizzazioni. O, se si preferisce, concepire le organizzazioni come entità è forse una via più facile e più immediata, perché si crea un ancoraggio cognitivamente visibile (la Fiat, la chiesa cattolica, ecc.). Purtroppo però non ci aiuta a comprendere i processi organizzativi ed anzi, come abbiamo visto, in taluni casi ci allontana dalla comprensione dei processi reali (pg. 50). in alcun modo è possibile identificare degli scopi comuni a tutti i membri dell’organizzazione. i cambiamenti nelle organizzazioni, come del resto in qualsiasi struttura sociale vivente, sono la condizione naturale i processi relazionali di tipo cognitivo, sociale e politico che sono al centro dei comportamenti di individui e gruppi nelle organizzazioni

6 Non esiste una definizione onnicomprensiva di organizzazione
Definizioni Non esiste una definizione onnicomprensiva di organizzazione Alla presenza di un aggregato abbastanza ampio di persone (dimensione), indirizzato al conseguimento di scopi rilevanti (solo in parte esplicitati formalmente) mediante lo svolgimento di compiti, che richiedono l’impiego di conoscenze e strumenti (tecnologia); b)      Alla divisione e specializzazione dei compiti (differenziazione); c)      Alla necessità di portare ad unità gli sforzi compiuti (integrazione), attraverso regole e procedure; d)      Al definirsi di una struttura che possa regolare le relazioni tra individui, gruppi e attvità in forma stabile ed esplicita (formalizzazione); e)      Alla presenza di modalità di valutazione dell’efficienza e dell’efficacia con cui gli scopi attesi vengono raggiunti; f)        All’impegno perché l’esperienza avviata abbia una certa durata nel tempo Sarchielli (1991) Non esiste una definizione onnicomprensiva di organizzazione. Sarchielli (1991) giustifica l’attribuzione della qualifica di organizzazione a un insieme sociale che si riferisce a)      Alla presenza di un aggregato abbastanza ampio di persone (dimensione), indirizzato al conseguimento di scopi rilevanti (solo in parte esplicitati formalmente) mediante lo svolgimento di compiti, che richiedono l’impiego di conoscenze e strumenti (tecnologia); b)      Alla divisione e specializzazione dei compiti (differenziazione); c)      Alla necessità di portare ad unità gli sforzi compiuti (integrazione), attraverso regole e procedure; d)      Al definirsi di una struttura che possa regolare le relazioni tra individui, gruppi e attvità in forma stabile ed esplicita (formalizzazione); e)      Alla presenza di modalità di valutazione dell’efficienza e dell’efficacia con cui gli scopi attesi vengono raggiunti; f)        All’impegno perché l’esperienza avviata abbia una certa durata nel tempo (ibidem, 55-56)

7 Definizioni Due processi di base
La differenziazione: non tutti gli individui fanno le stese cose ma si specializzano nel fare sempre meglio una parte del compito due processi di base caratterizzanti l’organizzazione La differenziazione si riferisce a quel processo attraverso il quale non tutti gli individui fanno le stese cose ma, viceversa, si specializzano nel fare sempre meglio una parte del compito. Un gruppo di amici che si trova al bar per decidere qule partita andare a vedere non è un’organizzazione. Un gruppo di amici che distribuisce gli incarichi (chi compra i biglietti, chi porta la macchina, chi porta le bibite, ecc.) per andare a vedere una partita diventa un’organizzazione. Una squadra di calcio di amatori ottiene meno risultati di una squadra professionista perché questa è fatta di un portiere, di due terzini, di centrocampisti, di attaccanti, ecc. Un esercito efficace e vincente non è dato da coraggiosi ed abili soldati ma da un insieme di apparati funzionali al sostentamento delle truppe (vettovagliamento, alloggio, servizio postale, servizio medico, ecc.). gli eserciti sono, e sono sempre stati, delle enormi catene alberghiere e delle enormi agenzie per viaggi organizzati, anche se non a fini di piacere e di divertimento. Il consolidarsi dei processi di differenziazione in sistema di ruoli rappresenta una componente assai consistente di qualsiasi fenomeno organizzativo. (Esempio della catena di ristoranti McDonald’s). Per ottenere risultati non basta dividere i compiti tra più individui, occorra anche riportare ad unità quello che si è diviso. È il processo di integrazione che consente di riportare ad unità di intenti gli sforzi compiuti dalle persone che occupano i singoli ruoli. Differenziazione ed integrazione sono le due face della stessa medaglia. Tre sono gli elementi che ricompongono gli sforzi organizzativi: 1.      la presenza dei capi e più in generale della gerarchia, per dare coerenza agli apporti delle singole parti dell’organizzazione. Il fatto che l’esercito e la chiesa siano fra le più antiche organizzazioni dimostra come la struttura gerarchica e piramidale costituisca la modalità principale di integrazione. 2.      le norme e le procedure garantiscono uniformità di comportamento senza dover fare ricorso ogni volta al capo. 3.      la condivisione di sistemi di valore più generali è un meccanismo di integrazione valido soprattutto nelle organizzazioni di tipo volontario e comunque laddove non valgon e non funzionano meccanismi di tipo gerarchico. In qualsiasi organizzazione troveremo sempre e comunque processi di differenziazione ed integrazione anche se non sarà facile individuarli immediatamente. Non è detto che qualsiasi modalità sia in sé coerente e che porti ai risultati attesi: possiamo trovare contraddizione tra il sistema di differenziazione e quello di integrazione. L’ integrazione che consente di riportare ad unità di intenti gli sforzi compiuti dalle persone che occupano i singoli ruoli

8 Definizioni Accento sulle caratteristiche dell’organizzare più che su quelle dell’organizzazione Organizzare è un’attività costituita da una serie di processi relazionali Questi elementi sembrano fornire un quadro abbastanza ampio e flessibile da poter essere applicato a qualunque gruppo sociale. Horsking e Morley (1991) mettono invece l’accento sulle caratteristiche dell’organizzare più che su quelle dell’organizzazione. Organizzare è un’attività costituita da una serie di processi relazionali, di tre tipi: 1)      Politici. Gli attori organizzativi differiscono quanto a interessi, valori e progetti. 2)      Cognitivo-simbolici. Nelle attività di costruzione di senso un ruolo centrale è giocato dagli interessi degli attori in interazione. La costruzione della realtà è correlata così a questioni di valore. 3)      Sociali. Gli attori organizzativi sono continuamente inseriti in interazioni sociali. Le differenze individuali fanno sì che queste interazioni possano caratterizzarsi come reciprocamente compatibili oppure come conflittuali con diverse intensità. In ogni caso questa situazione crea una interdipendenza reciproca che rende necessaria la creazione di una qualche forma di “ordine sociale” per regolare accettabilmente le interazioni. Le interazioni, una volta provate e valutate come buone, diventano culture, cioè modi di interpretare il mondo reale. Politici Sociali Cognitivo-simbolici

9 Definizione (provvisoria…)
pluralità di elementi e significati connessi La descrizione degli attributi è un approccio limitato analisi dei processi dell’organizzare vs. analisi delle strutture delle organizzazioni distanza tra l’immagine dell’organizzazione che viene dalle definizioni ufficiali e le rappresentazioni concrete accuratezza con cui si individua l’unità di analisi richiesta la presenza di contributi disciplinari diversi Come provvisoria conclusione sintetica si può affermare che: 1)      Il concetto di organizzazione presenta una pluralità di elementi e significati connessi, nessuno dei quali può considerarsi esaustivo. Inutile cercare quindi la “vera organizzazione”. 2)      La descrizione degli attributi che definiscono la configurazione di una organizzazione (struttura, tecnologia, dimensione, ecc.) è un approccio limitato, che non spiega i comportamenti degli individui ed ei gruppi che vi agiscono. 3)      Si è andata delineando un’attenzione prioritaria per l’analisi dei processi dell’organizzare rispetto all’analisi delle strutture delle organizzazioni. 4)      In generale appare una certa distanza tra l’immagine dell’organizzazione che viene dalle definizioni ufficiali e le rappresentazioni concrete di che cosa significhi stare nelle organizzazioni. 5)      La capacità euristica dei modelli impiegati dipende anche dall’accuratezza con cui si individua l’unità di analisi appropriata. Il modo in cui i processi organizzativi si consolidano in strutture e la collocazione dei membri all’interno di tali strutture hanno un effetto su qualsiasi interazione sociale all’interno dell’organizzazione. 6)      Per l’analisi organizzativa è richiesta la presenza di contributi disciplinari diversi (psicologi, sociologi, antropologi, economisti, scienziati politici, storici, metodologi, semiologi).

10 Le variabili organizzative
Come provvisoria conclusione sintetica si può affermare che: 1)      Il concetto di organizzazione presenta una pluralità di elementi e significati connessi, nessuno dei quali può considerarsi esaustivo. Inutile cercare quindi la “vera organizzazione”. 2)      La descrizione degli attributi che definiscono la configurazione di una organizzazione (struttura, tecnologia, dimensione, ecc.) è un approccio limitato, che non spiega i comportamenti degli individui ed ei gruppi che vi agiscono. 3)      Si è andata delineando un’attenzione prioritaria per l’analisi dei processi dell’organizzare rispetto all’analisi delle strutture delle organizzazioni. 4)      In generale appare una certa distanza tra l’immagine dell’organizzazione che viene dalle definizioni ufficiali e le rappresentazioni concrete di che cosa significhi stare nelle organizzazioni. 5)      La capacità euristica dei modelli impiegati dipende anche dall’accuratezza con cui si individua l’unità di analisi appropriata. Il modo in cui i processi organizzativi si consolidano in strutture e la collocazione dei membri all’interno di tali strutture hanno un effetto su qualsiasi interazione sociale all’interno dell’organizzazione. 6)      Per l’analisi organizzativa è richiesta la presenza di contributi disciplinari diversi (psicologi, sociologi, antropologi, economisti, scienziati politici, storici, metodologi, semiologi).

11 Il contributo di Edgar Morin
Si può concepire il sistema come un’unità organizzata di interrelazioni fra elementi, azioni o individui. Si può concepire il sistema come un’unità organizzata di interrelazioni fra elementi, azioni o individui. Il sorgere dell’interrelazione, dell’organizzazione e del sistema sono tre facce della stessa medaglia. Che cos’è l’organizzazione? In prima definizione: l’organizzazione è la sistemazione di relazioni fra componenti o individui che produce un’unità complessa o sistema, dotata di qualità ignote al livello delle componenti o individui. L’organizzazione connette in maniera interrelazionale elementi, o eventi, o individui diversi che di conseguenza diventano componenti di un tutto. Essa garantisce una solidarietà e una solidità relativa a tali legami, e garantisce quindi al sistema una certa possibilità di durata nonostante le perturbazioni aleatorie. L’organizzazione dunque: trasforma, produce, connette, mantiene. (pg.117) Esiste una reciprocità circolare fra interrelazione, sistema o organizzazione: ogni interrelazione dotata di una certa stabilità o regolarità assume carattere organizzazionale e produce un sistema. Alcuni esempi: Isomeri: medesima formula chimica e stessa massa molecolare ma con proprietà differenti perché vi è una certa differenza di sistemazione degli atomi fra di loro nell’ambito della molecola. Atomi: la differenza deriva dalla variazione nel numero e nella disposizione di tre tipi di particelle. DNA: la diversità delle specie viventi dipende da variazioni nel numero e nella sistemazione di 4 elementi base che formano un codice. L’organizzazione trasforma, produce, connette, mantiene.

12 Il contributo di Edgar Morin
TUTTO Si può concepire il sistema come un’unità organizzata di interrelazioni fra elementi, azioni o individui. Il sorgere dell’interrelazione, dell’organizzazione e del sistema sono tre facce della stessa medaglia. Che cos’è l’organizzazione? In prima definizione: l’organizzazione è la sistemazione di relazioni fra componenti o individui che produce un’unità complessa o sistema, dotata di qualità ignote al livello delle componenti o individui. L’organizzazione connette in maniera interrelazionale elementi, o eventi, o individui diversi che di conseguenza diventano componenti di un tutto. Essa garantisce una solidarietà e una solidità relativa a tali legami, e garantisce quindi al sistema una certa possibilità di durata nonostante le perturbazioni aleatorie. L’organizzazione dunque: trasforma, produce, connette, mantiene. (pg.117) Esiste una reciprocità circolare fra interrelazione, sistema o organizzazione: ogni interrelazione dotata di una certa stabilità o regolarità assume carattere organizzazionale e produce un sistema. Alcuni esempi: Isomeri: medesima formula chimica e stessa massa molecolare ma con proprietà differenti perché vi è una certa differenza di sistemazione degli atomi fra di loro nell’ambito della molecola. Atomi: la differenza deriva dalla variazione nel numero e nella disposizione di tre tipi di particelle. DNA: la diversità delle specie viventi dipende da variazioni nel numero e nella sistemazione di 4 elementi base che formano un codice. Elementi B A C D Interrelazioni Sistema

13 Il contributo di Edgar Morin
Il tutto è più della somma delle sue parti L’organizzazione è un sistema in cui il tutto è più della somma delle parti. Le qualità o proprietà di un sistema che presentano un carattere di novità rispetto alle qualità o proprietà delle componenti considerate isolatamente o disposte in maniera differente in un altro tipo di sistema si chiamano emergenze. Esse nascono dalle associazioni, dalle combinazioni. La società non è la somma degli individui, il senso è l’emergenza del discorso e non è riscontrabile nella caratteristiche del linguaggio, l’umano è un’emergenza caratteristica di un sistema cerebrale ipercomplesso di un primate evoluto. EMERGENZE Le qualità o proprietà di un sistema che presentano un carattere di novità si chiamano

14 Il contributo di Edgar Morin
Il tutto è meno della somma delle sue parti Alcune proprietà inerenti alle parti considerate isolate, scompaiono nell’ambito del sistema: il tutto è meno della somma delle sue parti. Ogni relazione organizzazionale svolge restrizioni o vincoli sugli elementi o sulle parti che sono a essa soggetti. Vi sono sempre, in ogni sistema, anche in quelli che producono emergenze, vincoli sulle parti, che impongono restrizioni e servitù. Questi vincoli, restrizioni, servitù fanno perdere ale parti determinate qualità e proprietà, o le inibiscono. Ogni associazione comporta vincoli. Laddove l’organizzazione crea e sviluppa regolazioni attive, controlli e specializzazioni interne (dalla cellula alle organizzazioni umane), si manifestano sia il principio di emergenza sia il principio di vincolo. VINCOLI Alcune proprietà inerenti alle parti considerate isolate, scompaiono nell’ambito del sistema

15 Il contributo di Edgar Morin
I vincoli nelle cellule inibiscono qualità I vincoli nelle organizzazioni umane inibiscono libertà Qual è la differenza tra i vincoli che inibiscono enzimi e geni e quelli che limitano le organizzazioni umane? I primi inibiscono qualità, i secondi la libertà. È soltanto a livello di individui che dispongono di possibilità di scelta, di decisione e di sviluppo complesso che i vincoli possono risultare distruttori della libertà, vale a dire diventare oppressivi. Questo problema dei vincoli si pone così in maniera a un tempo ambivalente e tragica a livello delle società e in particolar modo a quello delle società umane. È certamente la cultura ciò che permette lo sviluppo delle potenzialità dello spirito umano. È senz’altro la società ciò che costituisce un tutto solidale e protegge gli individui che rispettano le sue regole. Ma è anche la società ciò che impone le sue coercizioni e le sue repressioni su ogni attività, da quelle sessuali a quelle intellettuali. Infine, e soprattutto, nelle società storiche, il dominio gerarchico e la specializzazione del lavoro, le oppressioni e la schiavitù inibiscono e impediscono le potenzialità creative di coloro che si trovano a subire tali domini e oppressioni. (pg.129) Lo sviluppo di certi sistemi può così essere pagato con un formidabile sottosviluppo delle possibilità che vi sono comprese. Dobbiamo valutare quindi in ogni sistema non soltanto il guadagno in emergenza ma anche la perdita in seguito a vincoli, asservimenti, repressioni. Un sistema non è soltanto arricchimento, è anche impoverimento e l’impoverimento può essere più grande dell’arricchimento. Valutare quindi in ogni sistema non soltanto il guadagno in emergenza ma anche la perdita in seguito a vincoli

16 Il contributo di Edgar Morin
MORFOGENESI DEL SISTEMA: tutto ciò che forma trasforma Il sistema agisce un’azione di morfogenesi, nel senso che l’organizzazione trasforma una diversità discontinua di elementi in una forma globale. Siamo di fronte ad un principio sistemico chiave: il legame tra formazione e trasformazione (tutto ciò che forma trasforma). Una delle caratteristiche fondamentali dell’organizzazione è la capacità di trasformare la diversità in unità senza annullare la diversità. Una delle caratteristiche fondamentali dell’organizzazione è la capacità di trasformare la diversità in unità senza annullare la diversità

17 Il contributo di Edgar Morin
IL SISTEMA ATTUALIZZA complementarietà Morin spiega anche la fine di una organizzazione sottolineando che ogni sistema producendo complementarietà produce anche antagonismo. In particolare necessita e attualizza un principio di complementarietà e, contemporaneamente, necessita e virtualizza in misura più o meno grande, un principio di antagonismo. Il passaggio dalla virtualità all’attualità delle componenti antagoniste fa crescere l’entropia del sistema. Superate determinate soglie di tolleranza, di controllo o di utilizzazione il processo entropico diventa irreversibile, portando lentamente il sistema alla fine della sua esistenza. La degradazione di un’organizzazione quindi avviene per un’aggressione esterna accompagnata però da una regressione interna. VIRTUALIZZA antagonismo > ENTROPIA FINE DEL SISTEMA La degradazione di un’organizzazione quindi avviene per un’aggressione esterna accompagnata però da una regressione interna


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