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L’uomo tra Dio e il mondo: la vicenda storica della libertà creata

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Presentazione sul tema: "L’uomo tra Dio e il mondo: la vicenda storica della libertà creata"— Transcript della presentazione:

1 L’uomo tra Dio e il mondo: la vicenda storica della libertà creata
Antropologia - Lezione 22^ Momento sistematico II L’uomo tra Dio e il mondo: la vicenda storica della libertà creata

2 “Ti hanno trafitto con la spada, e ne sgorgò acqua / per cancellare i loro peccati: / ne uscì acqua e anche sangue, / così che essi potessero restare in timore / e lavare le loro mani dal tuo sangue. / Il Trucidato ha donato il suo stesso sangue, / l’acqua con cui i suoi uccisori possono lavarsi / e trovare la vita” (Efrem il Siro, Inni sulla Verginità, XXX,10, tr. it. in S. Brock, L’occhio luminoso, 92).

3 Capitolo VII Lo Stato Originale Continua e finisce

4 3. Rilettura sistematica: dal figurativo al cristologico
Il criterio per capire lo SO: L’in principio… dal figurativo = racconto di Gn: Eden/Adamo… al cristologico = Gv 1: in principio era il Logos, tutto è stato fatto per mezzo di Lui

5  le origini dell’uomo: non tanto un problema storico o scientifico (solo un evento biologico o naturalistico)  sono determinate da un «momento soprannaturale»: l’uomo è creato ad immagine di Cristo (= tesi della predestinazione) Il succo dell’affermazione dello SO: è l’attuazione – reale, storica – della creazione da parte di Dio il risultato dell’azione creatrice di Dio nella sua originaria bontà = mette in evidenza la verità che Dio ha creato l’uomo, non solo buono, ma come suo amico, o, nella prospettiva dell’alleanza, come suo “alleato”

6 dal figurativo al cristologico
costituisce anche la premessa, lo sfondo, sul quale interpretare teologicamente la realtà del male l’affermazione dello SO mantiene anche una pretesa storica: in quanto attuazione concreta della creazione, essa vuole rifarsi anche alle origini storiche dell’umanità per recuperare il nucleo teologico dello SO una rilettura che passi dal figurativo al cristologico

7  Contenuto dello SO: da “luogo” a “relazione”
Alla luce della predestinazione = creazione dell’uomo ad immagine del Figlio lo S.O., il “paradiso terrestre” non indica un luogo, bensì una relazione in qualunque forma l’uomo sia stato creato all’inizio – sia morfologicamente che culturalmente –, di questo uomo si dovrà riconoscere che era voluto come figlio nel Figlio e senza il peccato Dunque: in grazia = è il minimo a cui si può ridurre il senso della tesi tradizionale. Lo stato di giustizia originale si caratterizza come stato di comunione con Dio in Gesù Cristo (grazia) attuato nella modalità di una assenza completa di peccato

8 Il contenuto «teologico» dello SO:
non «generico» = si precisa in senso propriamente cristologico Cristo è colui nel quale l’uomo viene creato: ne è sin dall’inizio la verità ed il riferimento determinante nella luce di Cristo va riletto il senso di un paradiso terrestre: se questa è l’immagine plastica per esprimere la comunione e l’Alleanza con Dio, evidentemente andrà precisato ed esplicitato che tale offerta di comunione è data in Cristo e si attuerà dunque nella piena comunione con Lui

9 Il paradiso originario non sarà un «luogo» geografico, ma un volto personale / una relazione personale dell’uomo con Cristo e la correlativa condizione di vita che ne consegue non il giardino dell’Eden, non il paradiso terrestre, ma la comunione con Dio in Cristo cf i passi paolini circa il rapporto Adamo/Cristo

10 Piscina battesimale cruciforme, VI secolo,
L’interpretazione patristica del battesimo in Cristo come ritorno allo stato paradisiaco. Vicino ai battisteri la pavimentazione musiva riporta scene paradisiache Piscina battesimale cruciforme, VI secolo, Battistero del santuario di Mosè, Monte Nebo, Giordania

11 Il passaggio orienta meglio il recupero del fondamento biblico, che richiede una de-storicizzazione del suo studio, non un abbandono della questione teologica delle origini. Risultato ricompreso il contenuto proprio dello SO (ossia l’autocomunicazione di Dio nel Figlio Gesù sin dalle origini) si può recuperare e comprendere la consistenza effettiva della dottrina dello SO (= l’intenzione profonda oltre il rivestimento letterario del “paradiso terrestre”)

12 …una relazione “dinamica”: dalla protologia all’escatologia
riletto alla luce di Cristo, lo S.O. passa dalla descrizione di uno stato o luogo all’annuncio di una relazione umano-divina offerta in Cristo sin dal principio  va però intesa non come “una condizione meravigliosa” offerta come privilegio agli inizi della storia e persa a causa del peccato, bensì come una “realtà dinamica, ma reale” (in questo senso “storica”)

13 Una teologia rinnovata dello S.O. ci dice che:
 la protologia non va più pensata come l’attuazione piena e poi perduta del piano divino un’età dell’oro a cui volgersi nostalgicamente!  bensì è la condizione incoativa  l’inizio storico, reale del progetto di incorporazione a Cristo  che si realizza nella Incarnazione/Pasqua  lettura tipologica della patristica dell’Eden/Golgota – Albero della Vita/Croce)  e si attua pienamente solo nell’escatologia

14 inizi e fine della storia dell’umanità (= protologia ed escatologia)
non vanno sbrigativamente scissi e contrapposti ma colti nella loro unità dinamica

15 protologia escatologia
Cristo protologia escatologia 1° Adamo (Adamo definitivo) Α Ω

16 protologia escatologia
Cristo protologia escatologia 1° Adamo Adamo definitivo Α Ω stato stato ORIGINALE FINALE

17 «Il paradiso ci rivela il piano primitivo di Dio sull’uomo, ma si compirà solo alla fine… la fine è il compimento del disegno creatore e salvatore di Dio, realizzato in Cristo che è principio e fine (Ap 1,8). L’immagine del paradiso ci rimanda alla fine della storia. Il peccato non ha distrutto il piano di Dio, anche se può aver modificato il modo di realizzarlo… perciò conosceremo pienamente solo alla fine ciò che Dio pensò sin dal principio per noi» (L. F. Ladaria)

18 Solidarietà in Cristo e complicità in Adamo:
Capitolo VIII Solidarietà in Cristo e complicità in Adamo: il Peccato Originale

19 L’interrogativo di partenza, radicale e drammatico:
La storia concreta dell’uomo risulta dif-forme rispetto al progetto originario di Dio (la predestinazione) e, concretamente, rispetto alla sua iniziale attuazione storica con la creazione (lo Stato Originario) Perché?

20 Punti fermi dell’annuncio cristiano:
la certezza della priorità (sia logica che cronologica) della bontà di Dio e della sua creazione tale punto di partenza non sminuisce né mistifica la serietà drammatica dell’esperienza del male il punto cardine da cui muovere a misurare il male è la rivelazione di Dio-Amore (la tragica serietà del male è rivelata in modo parossistico nella croce di Gesù)

21 però evita di assumere il male come punto di partenza e criterio che determina e condiziona la presentazione del Dio cristiano la prioritaria convinzione della bontà di Dio offre già una luce per rispondere all’enigma del male: esso non solo non è voluto (o, peggio, compiuto) da Dio, ma gli è addirittura contrario il dramma del male è l’anti-creazione, l’anti-incarnazione, percorre la direzione opposta e contrasta la bontà voluta da Dio.

22 Ma perché questa distonia tra l’origine e l’oggi?
La risposta nella dottrina del Peccato Originale non ha la pretesa di rispondere in toto all’enigma del male la terminologia stessa ne è indice: non si intende affrontare nella sua totalità l’enigma del male, bensì la questione del peccato: dunque il versante antropologico di esso il peccato non indica una qualsiasi forma del male, bensì il male dell’uomo, volutamente e liberamente compiuto dall’uomo

23 Il dogma del PO risponde non all’intera questione della teodicea (il perché del male nel mondo), ma al suo versante antropologico Dal dogma del PO sono escluse: la questione del cosiddetto “male cosmico” (le disgrazie naturali) e quella più radicale dell’origine del male, il diabolos in quanto entrambi non sono causati dall’uomo, ma lo influenzano

24 la centralità della questione antropologica si giustifica per il fatto che il diabolos può tentare l’uomo ma non compiere il peccato  è dunque a tutti gli effetti l’uomo a compiere il peccato e ad introdurlo nella storia e, per certi versi, nel cosmo

25 Paradosso e mistero dell’uomo: gli interrogativi del presente
«Cosa stupefacente, tuttavia, che il mistero più lontano dalla nostra conoscenza, quello della trasmissione del peccato, sia una cosa senza la quale non possiamo avere alcuna conoscenza di noi stessi [...] Certamente nulla ci urta più fortemente di questa dottrina, e tuttavia senza questo mistero, il più incomprensibile di tutti, noi restiamo incomprensibili a noi stessi. Il nodo della nostra condizione si avvolge e si attorce in questo abisso; di modo che l’uomo è più inconcepibile senza questo mistero di quanto questo mistero non sia inconcepibile per l’uomo» (B. Pascal, Pensieri, n. 438)

26 B. Pascal : Paradosso e mistero dell’animo umano: le tensioni insite nella dottrina cristiana del PO l’imbarazzo ed insieme la fermezza di fronte ad un dogma che pretende parlare dell’uomo difende la verità di questa dottrina e ne percepisce dentro di sé l’intensa drammaticità e l’«urto» che provoca alla coscienza umana

27 «Non vi è infatti dubbio che nulla offende maggiormente la nostra ragione quanto il dire che il peccato del primo uomo abbia reso colpevoli coloro che, essendo tanto lontani da tale origine, sembrano incapaci di avervi parte. Questa trasmissione non solo ci sembra impossibile, essa ci sembra anche molto ingiusta: c’è infatti qualcosa che sia più contrario alle norme della nostra miserabile giustizia che il condannare per l’eternità un bambino incapace di volontà, per un peccato per il quale risulta aver avuto così poca parte, e che è stato commesso seimila anni prima della sua nascita?» (B. Pascal, Pensieri, n. 438)

28  Interrogativi dal PO nella coscienza moderna:
una dottrina che mette in questione anzitutto la comprensione della bontà di Dio come conciliare l’annuncio evangelico di un Dio Padre di fronte a queste condizioni native per l’esercizio della libertà? la questione teologica (= “quale” Dio?) è implicata nella comprensione di tale dogma

29 e mette in questione l’uomo stesso nella sua autocomprensione:
come è possibile essere peccatori prima di aver compiuto il benché minimo atto di libertà?  nel caso estremo dei bambini, prima ancor di essere nelle condizioni di poter compiere una scelta libera e responsabile?

30  Questa condizione dipende da un’opzione della libertà altrui:
come è possibile che le scelte dell’altro mi siano così «proprie» al punto da condizionare la mia stessa posizione nei confronti di Dio? come è possibile essere peccatori per una colpa altrui?

31 come può l’azione dell’altro toccare così intima-mente anche me, non solo nell’essermi di «cattivo esempio», nella possibilità di influen-zarmi, ma di segnare realmente la mia condi-zione (identità ontologica), oltretutto nella forma negativa del peccato? come può la libertà dell’altro intervenire nella mia vita persino a quel livello così intimo che è la mia relazione personale con Dio?

32 La tesi del PO non indulge ad un pessimismo antropologico?
Una visione dell’uomo che sottolinea anzitutto il negativo, il deficit di grazia con cui l’uomo viene al mondo? se è un dato universale pone ogni uomo ad un punto di partenza già segnato dal peccato = è già compromesso: e questo pregiudica e condiziona tutto il suo futuro.

33 Primo bilancio: una situazione imbarazzante
 non sono mancate, e tuttora non mancano, voci che auspicano una radicale revisione della presentazione del dogma o, persino, un suo abbandono  Per la sensibilità moderna è un “dogma in questione”, uno «scandalo»: un inciampo per la ragione ed un ostacolo alla fede: Per gli uomini, d’oggi il PO costituisce un «ostacolo insormontabile che impedisce loro di credere o quanto meno li ostacola in maniera considerevole nella loro fede» (C. Baumgartner, Le péché originel, Paris 1969, 157)

34 Per l’apologetica tradizionale il PO poteva essere invocato come «la pietra angolare» della comprensione cristiana dell’esistenza Per la teologia contemporanea appare all’opposto «una pietra d’inciampo» (P. Gilbert). L’intuizione di Pascal ci guida nella corretta interpretazione del dogma: esso, pur sotto la veste magari logora di un linguaggio desueto e lontano, intende veicolare e annunciare una profonda verità, su Dio e sull’uomo. A questo vogliamo giungere.

35 La visione tradizionale
2. Il dogma nella tradizione: il modello neoscolastico La visione tradizionale I manuali: sintesi neoscolastica rafforzata dai richiami del Magistero a S. Tommaso (Leone XIII e Pio X contro il modernismo) fin verso gli anni sessanta i più diffusi manuali di teologia dogmatica propongono una visione di insieme del peccato originale che si poggia soprattutto sulla concezione tomista Esponente autorevole dell’orientamento manualistico può esser ritenuto A. Gaudel, con il contributo per il Dictionnaire de Théologie Catholique.

36 2. La sintesi manualistica: A. Gaudel
1) Punto di partenza è l’asserto dogmatico sul PO: «la chiesa insegna che ciascun uomo, in virtù di una solidarietà misteriosa che lo lega alla prima coppia da cui discende, nasce in uno stato di decadenza e di colpevolezza, causato in lui dalla colpa del capo del genere umano» (Gaudel) 2) Compito della teologia e suo metodo l’insegnamento è suddiviso in due sezioni: «Il PO considerato in Adamo» = il PO originante «il PO nella posterità di Adamo» = il PO originato.

37 I punti di riferimento:
 Lo Stato Originario = presupposto della riflessione teologica sul PO.  Il PO originante = il momento delle origini, la causa della colpevolezza, identificata con il Peccato di Adamo, di cui occorre precisare la figura di Adamo, il suo ruolo nei confronti dell’umanità  Il momento intermedio è dato dalla questione della trasmissione del peccato: quali le condizioni di possibilità ed il modo?  Il PO originato: la natura propria dello stato di peccato, il nucleo. Questo momento centrale della tesi richiede una ripresa della definizione classica che interpreta il PO come «privazione di grazia» ma, insieme, esige che si tuteli il carattere analogico della condizione di peccato.

38 Interpretiamo questa teologia classica  Lo SO: la premessa
Le «condizioni di possibilità della caduta» = la «perfezione e la peccabilità originale dell’uomo» Se il PO nasce dalla caduta di Adamo, essa non è concepibile né possibile se non in rapporto allo stato soprannaturale in cui Dio aveva creato l’uomo, costituendo l’umanità primitiva «dentro uno stato di santità e giustizia originale».  La tradizione distingue tra il dono della grazia soprannaturale e i doni “preternaturali”: immortalità, scienza infusa, impassibilità (non soffrire), integrità (assenza della concupiscenza).

39 A questa descrizione di uno stato “meraviglioso” (Agostino) in cui l’uomo si “sarebbe” trovato
segue una spiegazione delle “condizioni” connesse, al fine di giustificare la possibilità della caduta: come mai se l’uomo era tanto perfetto ha peccato? la risposta viene ritrovata nel fatto che un simile privilegio era offerto al modo non di un «dono personale», bensì «di un bene comune, di una proprietà specifica, velut accidens naturae speciei, destinato a divenire appannaggio di tutta la razza». Ad Adamo era affidata una «prova» (una prova «facile», si dice) affinché il dono venisse attribuito, definitivamente, sia a lui che alla sua discendenza. Per questo poteva, però, anche essere perduto.

40 Il Peccato Originale in Adamo (= originante)
La possibilità della caduta si è realizzata  provocando la perdita dello stato di giustizia e di santità per la prima coppia e per i suoi discendenti. Gaudel sottolinea che tale colpa fu una colpa «grave» sia per la sua natura - «un peccato d’orgoglio» - che per le circostanze, considerando i privilegi di cui era dotato il primo uomo. Soprattutto per le conseguenze riportate: «Adam tout entier, dans son corps comme dans son àme, était changé en pis, in deterius commutatus».

41  Il PO nei discendenti di Adamo - La trasmissione
 si passa coerentemente all’analisi del PO in noi, l’originatum. Questa seconda parte si articola su tre questioni classiche: «il mistero della propagazione», «la natura» e «le conseguenze penali del PO». La trasmissione viene riconosciuta «definita» dal Concilio di Trento (can. 2-4): Adamo ha perso non solo per sé, ma anche per i suoi discendenti lo stato originale. Gaudel non entra, però, nella sua determinazione. Solo ribadisce che sia la trasmissione per generazione che la solidarietà con Adamo implicano «come fondamento la solidarietà fisica della razza»  visione agostiniana = traducianesimo: una trasmissione biologica della colpa (la quale a sua volta includeva una visione monogenista delle origini).

42  La natura del PO originato
«su questo punto non c’è ancora una definizione precisa» da parte della chiesa vanno scartate alcune «nozioni esagerate o insufficienti»: il PO non è «una corruzione intrinseca della natura umana» (salvando così il libero arbitrio dell’uomo, contro la tesi 55 di Baio) né «la concupiscenza presa in sé stessa» né è solo «una condanna ad una pena».

43 A. de Villalmonte giustamente, ricorda che il PO «non è la congenita, connaturale contingenza umana né la sua innata debolezza morale», altrimenti ci si chiederebbe come può essere «colpevole» e si ricondurrebbe la colpevolezza a Dio stesso, che «così» ci ha creati.

44 In positivo, occorre riconoscere che «il PO è un vero peccato, ma totalmente differente da un peccato attuale o abituale».  gli effetti sono medesimi: perdita della comunione con Dio  ma gli elementi della peccaminosità sono diversi: per il PO non è anzitutto in questione la moralità Circa gli effetti, la tradizione parla di «uno stato di morte o d’ingiustizia spirituale»:  I teologi, seppur contrapposti sul modo di spiegarlo, sono unanimi «à définir le péché originel comme un état de privation de la justice et de la sainteté originelles».

45  Infine, le conseguenze penali di tale condizione sono descritte per contrasto rispetto allo stato iniziale: privata dei doni gratuiti ricevuti in Adamo, la natura umana è ricondotta alla sua condizione fragile: «elle connait la concupiscence, les peines de la vie, la mort et l’esclavage du démon» la libertà, però, non viene annientata.

46 3. Il criterio: ermeneutica del dogma
La lettura classica andava criticata La questione centrale del PO è divenuta la questione ermeneutica: come interpretare il dogma della chiesa? cosa ha inteso definire formalmente la Chiesa? come interpretare correttamente il senso della presentazione tradizionale?

47 distinguendovi il contenuto veritativo rivelato (che è da tenersi come definito e immutabile) e la sua formulazione linguistica, ossia gli elementi contingenti e culturalmente condizionati che sono stati veicolo di questa fede, ma che possono mutare in relazione ad un rinnovato retroterra storico non si può attribuire lo stesso valore al messaggio teologico ch’essa veicola ed alla forma in cui esso si dà.

48 Esigenza moderna della teologia PO:
non una mera ripetizione né un abbandono del dogma ma l’esigenza di un suo approfondimento al fine di rendere intelligibile anche nell’oggi la verità che da sempre esso tutela.

49 Pista: non perdere il senso della tesi cattolica della solidarietà del peccato in Adamo ma distinguere tra il mistero cristiano (la tesi) e la sua spiegazione teologica agostiniana (= la derivazione fisica da Adamo) senza perdere il contenuto essenziale del dogma sul PO

50 Per il lavoro teologico:
è possibile distinguere il mistero (contenuto) dallo schema teologico (modo) che l’ha veicolato cioè il nucleo dogmatico dalla sua amalgama linguistica (K. Rahner) bisogna procedere alla verifica dei momenti essenziali della tradizione della fede: dal fondamento biblico all’attuale comprensione teologica

51 5. Il PO nella rivelazione
Che significato ha interrogare la Bibbia alla luce di un dogma? Evitare la “ricerca delle prove”: non ricadere in una lettura pregiudiziale del testo, alla ricerca apologetica di dicta probantia o alla conferma di una tesi pre-costituita?

52 infatti la categoria stessa di PO non compare neppure nella Scrittura
siamo di fronte ad un caso tipico di «sviluppo del dogma» non ci si rivolge al testo per avere la conferma di una verità già altrimenti rivelata. L’interrogativo, allora, non è «dove si parla del PO nella Bibbia?» bensì «cosa» dice la Scrittura sulla peccaminosità umana: qual è la rivelazione cristiana sul peccato dell’uomo?

53 Il compito ermeneutico sottopone al vaglio esegetico i testi tradizionalmente impostisi come “fondamenti” del dogma: Gen 3 e Rom 5  Il rapporto tra dogma e Scrittura = una circolarità reciprocamente feconda: il dogma diviene un nuovo punto prospettico da cui interrogare il testo rivelato, in grado di dischiudervi una verità in esso celata la Scrittura (anima della teologia) arricchisce la portata del dogma, aprendolo a nuovi possibili approfondimenti

54 La nostra indagine biblica seguirà sinteticamente tre tappe:
l’analisi della peccaminosità nella Scrittura il racconto di Gen 3 il testo di Rom 5,12-21.

55 Peccaminosità nell’AT
A.-M. Dubarle (1958) il termine stesso, PO, non è un categoria biblica occorre uno studio analitico sulla peccaminosità alla luce della Scrittura la rivelazione biblica, annunciando l’altezza del mistero di Dio e dell’uomo, rivela la penombra della colpa, in tutta la sua drammaticità merito indiscusso di collocare la questione del PO all’interno del contesto più ampio e complesso del discorso biblico sul peccato “la concezione del PO non è un punto di partenza assoluto, ma un punto di arrivo di una lunga riflessione sul male”

56 la rivelazione nel suo insieme mostra due dati:
 una pluralità di esperienze del peccato (non univocità)  e la solidarietà nel peccato (complicità)

57  La pluralità dell’esperienza del peccato
Nella lingua italiana c’è un solo termine per dire “peccato” e viene compreso in una direzione “univoca”: l’azione colpevole volutamente e liberamente compiuta da un soggetto. Il discorso biblico è più articolato: mostra un linguaggio ricco con una pluralità di vocaboli:

58 Nell’AT peccato può esser descritto come:
hatta’: mancanza, mancare lo scopo awon: ingiustizia, azione contraria ad una norma pesa’: ribellione contro un superiore rasa: aver torto nebalah: cattiveria tum’ah, zonah: peccato come impurità

59 Nel NT: hamartia: peccato, potenza del peccato (spesso personificato) paraptoma: caduta, passo falso parabasis: trasgressione; ofeilema: debito (cfr. Mt 6,12) anomia: ingiustizia adikia: ingiustizia

60 Osservazioni: la varietà di forme con cui la Scrittura parla del peccato, insinua che è un’esperienza complessa e variegata, tutt’altro che univoca non si tratta semplicemente di una pluralità di linguaggi o di vocabolario, bensì a tutti gli effetti, una diversità di esperienze: si danno situazioni differenti e variegate che, seppur in vario modo, vengono comunemente riconosciute dalla Scrittura come peccato. Ciò contrasta la comprensione moderna ed occidentale del peccato che lo intende in maniera univoca: peccato = peccato personale.

61 “Il peccato e il male si propagano.
 La solidarietà nel male Nella descrizione dell’esperienza della colpa, la Scrittura presenta una sorta di “contagio del peccato”: “Il peccato e il male si propagano. Questo pensiero forma un elemento essenziale di una dottrina del PO, familiare allo spirito d’Israele” (A.-M. Dubarle)

62 Coscienza del popolo ebraico di una profonda solidarietà umana: sia nel bene che nel male, ciascuno è coinvolto nella vicenda dell’altro Questo legame va riconosciuto: sia a livello diacronico, tra generazioni successive (padri e figli) 2) sia a livello sincronico  l’umanità come soggetto unico per quanto l’autore biblico non ne specifichi la modalità.

63 Dubarle ritiene che tale solidarietà va riconosciuta:
1) tra generazioni successive = Ger 31, 29-30, Ez 18, 2, Lam 5, 7 evidenziano che “i figli non solo subiscono le conseguenze delle colpe dei genitori, ma partecipano in certo modo ai loro peccati”. Questa convinzione non viene armonizzata con l’idea successiva della responsabilità personale espressa dalla letteratura sapienziale

64 2) coi contemporanei: “coi membri di una stessa comunità nazionale”
Geremia 31,29-30 «In quei giorni non si dirà più: I padri han mangiato uva acerba e i denti dei figli si sono allegati! Ma ognuno morirà per la sua propria iniquità; a ogni persona che mangi l’uva acerba si allegheranno i denti». per cui “lascia una certa imprecisione sulla natura esatta di questa solidarietà coi padri” 2) coi contemporanei: “coi membri di una stessa comunità nazionale”

65 i peccati collettivi e anonimi, che creano “una solidarietà fatale tra responsabili e irrespon-sabili” “anche il contatto materiale con certi corpi può propagare delle tare che incidono sul rap-porto con Dio”: l’impurità religiosa  anche se la spiegazione di questa resta oscura, tuttavia dà “un apporto alla dottrina del PO (sic!) nella misura in cui suppone che un soggetto può essere colpito da tare religiose prescin-dendo da atti peccaminosi da parte sua e persino dalla libertà delle decisioni”.

66 Valutazione dell’analisi di Dubarle
alcune suggestioni possono risultare esegeticamente discutibili il guadagno consiste nell’aver riscoperto come la Scrittura raccolga sotto la categoria di peccato una pluralità, un quadro ampio di significati insieme prepara un ambiente favorevole, uno sfondo su cui si inserirà la coscienza del PO.

67 In questo contesto analizziamo solo due dei numerosi testi:
Gen 3 e Rom 5 per l’importanza attribuitagli da tutta la tradizione la quale vi riconosceva il fondamento biblico della dottrina stessa.

68 Gen (2-) 3 genere letterario: eziologia metastorica
superata l’interpretazione letterale e storicizzante il testo non parla immediatamente del “PO” (nel senso del dogma) Ciò che Gen 3 non dice: che l’uomo nasce in una condizione peccaminosa (PO originato) né parla di una trasmissione della colpa dal primo uomo (PO originante) in tutti.

69 Ciò che Gen 3 dice:  La convinzione dell’originaria bontà della creazione: Dio non ci ha creati peccatori  Cosmogonie e schemi mitici delle origini: come spiegare l’ingresso del male nel mondo? Il dio creatore cattivo Il male è nella natura: creazione ontologicamente cattiva Il male non è un incidente, è una produzione

70  Bibbia: Il male non appartiene alla natura delle cose: è un accidente, una dis-grazia Non è l’ultima parola della sua storia o, peggio, l’origine della sua storia (Lifschitz); la prima e l’ultima parola spettano a Dio Sopraggiunge (come il serpente che funge da “figura di ingresso” esterna al rapporto Dio-uomo) Non appartiene al destino e dev’essere combattuto e distrutto (contro il fatalismo e contro la rassegnazione)

71 Kant nota in “La Religione nei limiti della pura ragione”:
La tradizione giudeo-cristiana divide il mondo in tre: cielo – terra – inferi. In questo terzo luogo essa pone il male Il male non solo non è in Dio (cielo), ma nemmeno nell’uomo (terra). La creazione, dunque, non è il luogo del male.

72 Analisi del testo di Gen 3
in base a una lettura esegetica tradizionale (di stampo patristico)

73  I tratti distintivi dell’azione peccaminosa originaria
versetti 1-6

74 1 Il serpente era la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio. Egli disse alla donna: «È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun albero del giardino?». 2 Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, 3 ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, altrimenti morirete».

75 4 Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto!
5 Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male». 6 Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desidera-bile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò.

76 A) Di-strazione: cessa la conversazione sponta-nea tra Dio e gli uomini. Dio diventa uno “di cui si parla” e non l’interlocutore “a cui si parla”  c’è un passaggio dal registro della relazione interpersonale (io-tu) alla relazione formale/ oggettuale (io-egli; io-esso) B) Falsificazione del reale: sospetto su Dio (“è vero che?”…), viene com-promessa l’immagine autentica di Dio, contraf-fatta con quella di un Dio “geloso” di ciò che è suo e di se stesso e che non vuole parteciparlo all’uomo (Dio sa che se…. “diventereste come dèi”). Un Dio rivale della felicità dell’uomo.

77 con-fusione assiologica delle cose possibili/ non possibili
La proibizione non dice di astenersi dal “man-giare di nessun albero del giardino?” bensì di “non mangiare dell’albero della vita”? (Gn 2,16) Confusione anche nella risposta di Eva circa la proibizione relativa all’albero del bene e del male che amplifica l’interdetto e lo rende irragionevole: “Dio ha detto: Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare (?), altrimenti morirete”. Il “non toccare” non ha alcun senso!

78 e diventereste come Dio
 inganno circa il contenuto del divenire e diventereste come Dio in quanto l’uomo è già creato a immagine e somiglianza di Dio (Gn 1,26) inganno anche circa il fatto del “divenire”, che comporta di perdere anche ciò che l’uomo già possedeva e trovarsi “nudo”

79  la donna vide che l’albero era buono da mangiare (il buono)
C) L’azione peccaminosa consiste: 1) nell’avida presa di possesso di un bene proveniente da Dio e contenente i suoi attributi:  la donna vide che l’albero era buono da mangiare (il buono) gradito agli occhi (il bello) e desiderabile per acquistare saggezza (il vero) 2) e nell’appropriarsi della conoscenza bene/male (cioè della Sapienza = Gb 15,8)  un’appropriazione “per rapina” di ciò che invece andava ricevuto “per dono”

80 D) Rifiuto di seguire il comandamento divino
 l’interdetto è l’avvertimento non di una “zona proibita”, ma di una “zona falsa”! E) Affermazione assoluta della individualità crea-ta in autonomia da Dio, che perviene fino all’autodivinizzazione: “sarete come dèi” una vocazione (tesi della predestinazione = filiazione come divinizzazione) pervertita in tentazione: una “superumanizzazione” F) Alterazione della gerarchia creaturale: per il mancato rispetto per i limiti creaturali ora l’at-tenzione verso Dio è spostata verso il frutto (è così che nasce “l’idolo” = lo J scrive nel tempo della crisi salomonica)

81

82 7 Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture. 8 Poi udirono il Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno e l’uomo con sua moglie si nascosero dal Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. 9 Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: «Dove sei?». 10 Rispose: «Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto».

83 11 Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che eri nudo
11 Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che eri nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?». 12 Rispose l’uomo: «La donna che tu mi hai posta accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato». 13 Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato».

84 14 Allora il Signore Dio disse al serpente:
«Poiché tu hai fatto questo, sii tu maledetto più di tutto il bestiame e più di tutte le bestie selvatiche; sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. 16 Alla donna disse: «Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà». 17 All’uomo disse: «Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell'albero, di cui ti avevo comandato: Non ne devi mangiare, maledetto sia il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita.

85 18 Spine e cardi produrrà per te e mangerai l’erba campestre.
19 Con il sudore del tuo volto mangerai il pane; finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai!». 20 L’uomo chiamò la moglie Eva, perché essa fu la madre di tutti i viventi. 21 Il Signore Dio fece all’uomo e alla donna tuniche di pelli e li vestì. 22 Il Signore Dio disse allora: «Ecco l’uomo è diventato come uno di noi, per la conoscenza del bene e del male. Ora, egli non stenda più la mano... 23 Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da dove era stato tratto.


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