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Storie di tentativi di avvicinare ai problemi i miei studenti refrattari Giovanni Artico alias “polarprof” sito internet dei software prodotti www.polarprof.org.

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1 Storie di tentativi di avvicinare ai problemi i miei studenti refrattari
Giovanni Artico alias “polarprof” sito internet dei software prodotti

2 I miei studenti e la risoluzione di problemi
Due atteggiamenti spontanei dei miei studenti: Non ci provo neppure, perché non sono mai riuscito a risolverli Invento dei calcoli con i dati che ho, e sto a vedere che cosa dice il prof. Le difficoltà che ho rilevato: Tentano di procedere sempre per “sintesi”, senza avere in mente tutta la serie di operazioni per arrivare alla soluzione Se ad un certo punto si bloccano perché con i dati a disposizione non possono calcolare nient’altro, non cercano strategie alternative Nel caso che capiscano che serve un’equazione (di solito perché è il periodo di applicazione delle equazioni), hanno difficoltà a scriverla

3 Che cosa vorrei che facessero
Prima di iniziare a calcolare, definire il percorso completo per arrivare alla soluzione, possibilmente descrivendolo con parole o grafici Capire se i dati del problema consentano di procedere per “sintesi” o per “analisi” o non siano sufficienti Essere in grado di valutare la plausibilità della soluzione trovata Nel caso di risoluzione per “analisi” essere in grado di scrivere le equazioni necessarie Conoscere qualche modo per risolvere in modo approssimato le equazioni, valutando anche l’entità dell’errore

4 Azioni svolte Frenare l’impulso a calcolare senza riflettere:
Strategia: spostare l’attenzione dai numeri alle relazioni tra le quantità in gioco. Per fare questo ho riformulato la consegna, richiedendo la costruzione di un elenco delle quantità e di un grafo dei legami tra di esse, e poi facendo derivare altri problemi scambiando il ruolo dei dati e delle incognite. Mostrare che esistono due modi di procedere: Analizzando i grafi delle relazioni ho potuto illustrare le due possibili strategie risolutive di “ sintesi” e “analisi” e le situazioni in cui ognuna è appropriata

5 Esempio di grafo delle relazioni
Problemi su: un rettangolo, di cui si considerino le relazioni tra area, base, altezza, diagonale A = Area b = base A = bh d =(b2+h2) h = altezza d = diagonale Problema1: base=5, diagonale=13, Area=? Problema 2: base=5, Area=60, diagonale=? Problema 3: Area=60, diagonale=13, base=?

6 Esempio di tabella delle relazioni
Problema: “Una merce durante il trasporto subisce un calo in peso del 5%. Se a destinazione arrivano 25 t. , quante t. pesava alla partenza?“ Sarebbe bello questo grafo, ma tende a diventare confuso Quindi abbiamo ripiegato su questa tabella A = peso all’origine B = percentuale di calo C = calo della merce D = peso all’arrivo C = A * B / 100 D = A - C 25 5 Grandezze in gioco Nomi Relazioni Dati Peso alla partenza A # % di calo sul peso alla partenza B 5 Calo in t. C ? Peso all’arrivo D 25 FORMULE C=A*B/100 D=A-C

7 Rovesciando problemi Partiamo dal problema dell’esame di terza:
Un cubo di lato dm 2 è sormontato da una piramide, alta dm 1.2, avente per base una faccia del cubo. Trova il volume del solido. Io so risolverlo, è facile. Io non sopporto la geometria. Risolto? Va bene. Il lavoro da fare ora è scrivere altri problemi a partire da questo, scambiando la cosa da trovare con uno dei dati. Quali possibili problemi otteniamo? Scrivere? Ma che matematica è? Io ho scritto. Sentiamo Un cubo di lato dm 2 è sormontato da una piramide, avente per base una faccia del cubo. Sapendo che il volume del solido è dm3 10, trovare l’altezza della piramide. Un cubo è sormontato da una piramide, alta dm 1.2, avente per base una faccia del cubo. Sapendo che il volume del solido è dm3 10, trovare il lato del cubo.

8 Rovesciando problemi Provate a risolverli e poi metteteli tutti e tre in ordine di difficoltà Che cosa possiamo concludere? Il numero 1 lo sanno risolvere (quasi) tutti, col numero 2 parecchi si trovano in difficoltà, il 3 non riesce a nessuno. Eppure parlano tutti delle stesse tre cose. Dove sta la differenza? C’è un modo per rendere più semplici anche il 2 e il 3?

9 Modi di ragionare Una prima differenza si può notare nel modo in cui procedono i nostri pensieri. Nel primo caso si ha l’idea di un movimento sempre in avanti: a partire dai dati del problema basta applicare le regole note per il calcolo dei volumi e si arriva alla soluzione. Nel secondo si ha la sensazione di muoversi un po’ in avanti e un po’ indietro: si può andare avanti calcolando il volume del cubo, però per il volume della piramide e l’altezza ci si muove all’indietro, rovesciando le formule per il calcolo dei volumi. Nel terzo problema i movimenti in avanti sono impediti, però anche andare indietro non sembra possibile: è una situazione nuova, ma non inusuale. Mentre alla scuola media si presentano le prime due situazioni, la terza dovrebbe essere l’oggetto della scuola superiore.

10 Schema delle 3 situazioni
Area una faccia Lato cubo Volume cubo 1 Altezza piramide Volume piramide Volume solido Area una faccia Lato cubo Volume cubo 2 Altezza piramide Volume piramide Volume solido Area una faccia Lato cubo Volume cubo 3 Altezza piramide Volume piramide Volume solido

11 Strategie per risolvere problemi
Partendo dai problemi di geometria di seconda e terza media è facile mostrare che le possibili strategie risolutive sono due:”sintesi” e “analisi”, e per ogni problema è più adatta l’una o l’altra. Lo studente però conosce solo la prima e tende ad usarla anche quando non può funzionare. Ci sono anche problemi che si possono affrontare bene sia con l’una che con l’altra.

12 Altro esempio Dal problema (P1):”Un cono circolare retto ha il raggio di base 3 e l’apotema 5 ; quanto misura il volume V ?” invertendolo si possono ricavare questi altri, in cui si suppone di voler raggiungere un determinato volume: (P2):” Un cono circolare retto ha il raggio di base 3 e il volume 40 ; quanto deve misurare l’apotema a ?” (P3):” Un cono circolare retto ha il volume 40 e l’apotema 5 ; quanto misura il raggio di base r ?”

13 Esempio (continua) (P2) viene assegnato anche alla scuola media, (P3) no. Perché no? Perché non si può risolvere? Perché gli studenti non hanno gli strumenti per risolverlo? Che cosa intendiamo con “risolvere” il problema? “Risolvere” ha lo stesso significato per tutti e in tutti i contesti? Esempio: se il problema fosse stato posto da un fabbricante di coni in acciaio, forse voleva dire che il volume desiderato non è esattamente 40, ma compreso tra 39.9 e 40.1 , perché i suoi strumenti non gli consentono di apprezzare differenze di peso oltre 0.1.

14 Esempio (continua) In che cosa sono simili (P2) e (P3) e in che cosa differiscono? sono simili perché entrambi richiedono di invertire la relazione creata con (P1), che è esprimo questo dicendo che per risolverli devo seguire un procedimento di “analisi” sono diversi perché per trovare a la relazione si può invertire facilmente (lo fa senza sforzo un allievo normale di scuola media), mentre per trovare r bisogna risolvere un’equazione completa di terzo grado. Esprimo questo dicendo che per (P2) trovo facilmente una “sintesi”, per (P3) no.

15 Risolvere problemi: le strategie
La prima domanda che lo studente dovrebbe porsi di fronte al problema è: So trovare una sequenza di calcoli in grado di ottenere la soluzione partendo dai dati ? Se sì, può procedere per “sintesi” (es. P1) Se no, dovrebbe chiedersi: So costruire una procedura per verificare se dato un qualsiasi numero esso risolve il problema ? Se lo sa, può procedere per “analisi” (es. P3) Se non sa nemmeno questo, allora non è un problema che sa affrontare con l’algebra.

16 Risolvere problemi: l’ANALISI
Semplificando un po’, possiamo dire che si procede per “analisi” ogni volta che si è costretti ad avanzare per tentativi. Questo procedimento prevede la costruzione di un algoritmo che funziona come un crivello in grado di trattenere solo le soluzioni del problema, scartando tutti gli altri numeri. Si usa chiamare questo crivello equazione. I problemi da affrontare per “analisi” sono tra i più frequenti ed importanti, in quanto esprimono le situazioni in cui si sa bene il risultato desiderato, ma non si sa da dove partire per ottenerlo. La costruzione dell’equazione (o, più di frequente, di un insieme di equazioni concatenate) è l’attività in cui lo studente dovrebbe diventare abile. E qui comincia una delle difficoltà.

17 Lo studente e l’equazione
Una delle difficoltà maggiori dei miei studenti di fronte ad un problema che non si possa risolvere per “sintesi” è scrivere le equazioni necessarie a risolverlo per “analisi”. In genere questo è il punto in cui si bloccano. La soluzione che ho trovato più efficace per farli ripartire è di porre una domanda di questo tipo: “Io dico che la risposta può essere ….. (dico un numero a caso). Tu sei in grado di dire se la risposta è giusta?” Di solito questo li rimette in moto, poiché il compito appare più semplice, essendo perseguibile mediante SINTESI. (Purtroppo nella mia scuola una fetta di allievi non riesce neanche in questo, e mi tocca darli per persi, però sono una minoranza).

18 Verificare una proposta di soluzione
Le prime volte gli studenti tendono a fare i loro calcoli in fretta, magari con la calcolatrice, e bisogna faticare un po’ per convincerli a scriverli per esteso sulla lavagna, passo dopo passo e in ordine. Loro non sanno ancora che la cosa importante cui prestare attenzione è la sequenza delle operazioni, che vanno ben esplicitate, ma sono tutti attenti ai risultati numerici, in particolare a vedere se viene quanto si attendono. Il punto fondamentale è che lavorano avendo in mente un confronto finale tra due valori numerici, quello ottenuto e quello atteso, e per fortuna questo aspetto è chiaro a tutti. Alla fine della verifica in genere trovano che la soluzione proposta non va bene e si sentono un po’ persi, come se avessero speso tante energie per niente. E’ a questo punto che interviene il docente, che può approfittare della situazione di stallo e di attesa dello studente. Io quasi sempre continuo così: “Proviamo con un altro numero, può darsi che vada meglio”. E la risposta invariabile è: “E come lo prendiamo, a caasoo?”. E io ribatto: “Conosci un altro modo?”

19 Nasce l’equazione Dopo alcuni tentativi andati a vuoto, ma scritti passaggio per passaggio, faccio notare che la sequenza delle operazioni è sempre la stessa e si potrebbe rappresentarla sostituendo una lettera al numero di prova e assegnando un nome anche a tutti i risultati intermedi. La cosa non risulta difficile. In questo modo abbiamo una serie di equazioni che rappresentano il procedimento di “analisi” ed ora non rimane che risolverle in qualche modo. Normalmente si cerca di inscatolare le equazioni una nell’altra mediante sostituzioni in modo da arrivare ad un’equazione sola. Ho notato che, spezzettando il procedimento in questo modo, anche i miei studenti riescono ad arrivare all’equazione. Ho costruito anche un software con cui gli studenti hanno potuto allenarsi in questa attività.

20 Dai numeri alle lettere
Avendo già impostato un procedimento con i numeri, non è difficile per gli studenti ripeterlo mettendo una lettera al posto del numero di prova, specialmente se il procedimento è spezzettato in piccoli passaggi successivi. I miei studenti hanno grossa difficoltà a maneggiare espressioni con molte operazioni, per cui si rivela vincente la scelta di spezzarlo in modo naturale in una sequenza di brevi passaggi concatenati. Una volta riscritto il procedimento con le lettere, risulta abbastanza meccanico inscatolare i vari passaggi uno nell’altro (con qualche problema di parentesi), in modo da arrivare ad un’unica equazione in cui rimane come lettera solo l’incognita. Testo del problema: “In un allevamento ci sono 200 animali tra galline e conigli. In tutto ci sono 564 zampe. Quante sono le galline?” E’ opportuno sottolineare che solo in questo modo i miei allievi riescono ad arrivare fino all’equazione, mentre si sa che quelli più bravi non hanno bisogno di tutto il percorso. calcoli con i numeri con le lettere sostituire le lettere incognita x=20 x passaggi per costruire le quantità da confrontare 200-20=180 20*2=40 180*4=720 720+40=760 200-x=a x*2=b a*4=c c+b=d (200-x)*4=c (200-x)*4+(x*2)=d confronto 760=?=564 d=?=564 (200-x)*4+(x*2)=?=564

21 Potenza dell’ANALISI L’ANALISI fornisce in ogni caso un procedimento per rispondere ad una domanda: “Questo numero è soluzione del problema?” Ci fornisce quindi l’algoritmo per filtrare i numeri, lasciando passare solo le soluzioni. Non sembra molto, però in mancanza di meglio è un modo per giungere ad una soluzione, o almeno abbastanza vicino da potersi accontentare. Questo algoritmo, che si compone di una procedura di calcolo e termina sempre con un confronto, prende il nome di equazione del problema. Una volta arrivati all’equazione, possiamo dire di avere in pugno la soluzione del problema, perché ci sono strumenti anche molto potenti per ricavarla dall’equazione.

22 “ANALISI” e ALGEBRA La speranza di chi opera per “analisi” è che, studiando la sequenza di operazioni del “crivello”, si riesca ad invertirlo, in modo da costruire un procedimento di “sintesi” in grado di dirci subito quali sono le soluzioni. La ricerca dei modi per invertirlo è la storia dell’algebra. Come si sa, si finirà per capire che i casi in cui si può sperare di avere successo sono pochi e ben delimitati. Anche se poi a scuola ci si occupa solo di questi (o di una parte), lo studente dovrebbe avere chiara la loro eccezionalità. Nel caso in cui il tentativo ha successo, otteniamo la soluzione “simbolica” del problema, altrimenti dobbiamo accontentarci di quella numerica approssimata. Benché la prima sia più pregiata, ritengo che alla seconda siano legate interessanti opportunità didattiche da cogliere.

23 “Analisi” senza algebra?
Avendo avviato una volta questa attività di studio dei problemi ad inizio anno, prima di parlare di algebra, ho illustrato alcuni modi per risolvere le equazioni, nei problemi con dati numerici, utilizzando grafici o gli strumenti dell’aritmetica. In particolare, ho provato a riprendere le tecniche in uso prima dell’esplosione dell’algebra, con interessanti risultati. Il punto di partenza sono i tentativi, a caso, usati per arrivare all’equazione. La prima esigenza che nasce spontanea negli studenti è di trovare un modo per mettere ordine nei tentativi, ed è qui che compare il faro in grado di fornire una guida: l’ERRORE , da rendere più piccolo possibile. L’errore zero diventa l’obiettivo finale e consente di stabilire una graduatoria tra i tentativi, in base alla loro capacità di minimizzare l’errore. Una volta stabilita la graduatoria di merito tra i tentativi, qualche studente è tentato di trovare correlazioni tra l’andamento dei tentativi e gli errori, in base a ragionamenti sulla proporzionalità delle variazioni. Se il docente dà una spintarella, si arriva naturalmente ad una regola di interpolazione lineare in grado di razionalizzare i tentativi.

24 Regula falsi Il procedimento di interpolazione lineare per azzerare l’errore è usato fin dai tempi più antichi e ha preso vari nomi, tra cui il più usato è “regola di falsa posizione” (in latino regula falsi). Il primo esempio in cui si sono imbattute le mie allieve di quell’anno è questo: un esempio decisamente fortunato, in cui però l’attenzione cade naturalmente sulle variazioni, e non si fa fatica ad ipotizzare che nel caso generale le variazioni nelle due colonne di numeri formino una proporzione. Infatti il passo successivo è stata la formulazione del procedimento di interpolazione in termini generali, incontrando anche le storiche difficoltà legate al segno delle variazioni, che obbligavano gli antichi ad enumerare vari casi, non usando numeri col segno. prova errore 7 3 9 1,5 ? Dalla proporzione tra le variazioni si ricava facilmente che p2-s=e2(p1-p2)/(e1-e2), da cui si trova s. Il procedimento è un po’ macchinoso, ma alla portata di allievi diligenti. Gli antichi erano andati più avanti e usavano una formula più semplice. prova errore p1 e1 p2 e2 s p1-p2 e1-e2 p2-s e2

25 La regula falsi nella storia
I metodi di falsa posizione si trovano nei testi di aritmetica che vanno dal papiro Rhind fino all’inizio del secolo XX e rappresentano il top delle abilità dello studente in questa materia. Essi consentono di risolvere tutti i problemi che conducono ad un’equazione di primo grado o anche ad un sistema di equazioni lineari, senza l’uso di metodi algebrici. La formula usata per trovare la soluzione è: che si può ricavare da quella vista nella diapositiva precedente, ma è più semplice da maneggiare e da ricordare. Non utilizzando numeri negativi, i testi antichi sono obbligati a fornirne parecchie varianti, a seconda che gli errori siano per eccesso o per difetto. Anche i nostri studenti hanno la tendenza ad usare quantità positive, e quindi bisogna avvertirli che le differenze vanno prese con il segno corretto. Ci sono anche varianti della regola, però l’idea base che le accomuna è questa: il problema si affronta facendo uno o due prove numeriche sbagliate (a seconda del tipo di problema), ma la successiva va a colpo sicuro alla soluzione. Il caso in cui basta una sola prova (metodo di singola falsa posizione) si presenta quando il risultato da raggiungere è proporzionale al numero di prova: per esempio, i problemi “sopra 100 e sotto 100” dei libri di economia (croce dei miei studenti) rientrano in questa categoria.

26 Egizi e Babilonesi “La larghezza di un rettangolo misura un quarto meno della lunghezza. 40 è la misura della diagonale. Quanto valgono lunghezza e larghezza?” (da una tavoletta babilonese proveniente da Susa – circa 1800 A.C.) La soluzione comincia così: “Metti che la lunghezza sia 1. Allora la larghezza …” Seguono i calcoli per trovare la diagonale, che risulta 1:15 (notazione sessagesimale). Il testo prosegue dicendo:”Siccome ci aspettavamo 40, trova l’inverso di 1:15 ecc .” E’ un bel esempio di singola falsa posizione, che avrebbero ben potuto usare gli studenti delle magistrali di un tempo. I papiri egiziani presentano qualcosa di analogo, nel senso che partono a risolvere il problema da una proposta di soluzione, anche se poi non è facile capire se avessero in mente una regola di falsa posizione o operassero in questo modo per facilitare il calcolo con le loro particolari frazioni. Esempio (problema R26 del papiro Rhind): “Aggiungendo un quarto di se stessa ad una quantità si ottiene 15”. Per la soluzione si parte supponendo che sia 4.

27 Cinesi L’enunciazione più chiara del metodo di falsa posizione si trova nei testi cinesi dei primi secoli della nostra era, dov’era chiamata ying bu zu shu (regola del troppo e del non abbastanza): si parte da una jia (falsa) she (supposizione) e, dopo aver fatto tutti i calcoli elencati nel testo del problema, si arriva ad un valore che può essere o ying (troppo) o bu zu (non abbastanza) grande. Dopo aver determinato gli errori, si applica la formula già vista per trovare la soluzione. Il testo di riferimento è il Jiuzhang Suanshu (Prescrizioni di calcolo in 9 capitoli), del III secolo D.C., che dedica tutto il VII capitolo alla regola, illustrandola con 20 problemi accuratamente graduati sotto il profilo didattico. Nei primi 8, per esempio, lo studente deve applicare la regola, ma le false supposizioni gli sono fornite nel testo, in quanto lo scopo è solo di imparare i vari casi della regola. Poi si passa a supposizioni libere, con problemi neanche tanto banali, che si tradurrebbero anche in sistemi di due equazioni o coinvolgenti funzioni lineari a tratti, usando tra l’altro in modo disinvolto le frazioni. Ho trovato che questa impostazione didattica ha qualcosa da insegnare anche a me, poiché mi sono accorto di aver saltato un passaggio forse utile con i miei studenti, ossia l’assegnazione di problemi in cui invece di cercare la soluzione dovessero solo controllare se un valore dato era corretto o meno.

28 Indiani e Arabi Nel Lilavati di Baskara (12° sec. D.C.) si trova una descrizione, con esempi, del metodo di semplice falsa posizione. E’ possibile che il metodo sia passato dalla Cina in India e poi agli Arabi, anche se non ci sono riscontri storici precisi. Gli Arabi usarono estensivamente il metodo di doppia falsa posizione, dedicandogli anche interi libri, come il Kitab al Khata’ayn (libro dei due errori) di Abu Kamil. In genere era presentato mediante problemi, spesso di eredità, però si trova anche una dimostrazione geometrica della regola (di Qusta ibn Luqa).

29 Europa Fibonacci nel cap. XIII del Liber Abaci presenta le regole per elchatayn (in arabo due errori, da cui qualcuno dice che venga anche il Catai) con le quali mostra come si risolvano quasi tutti i problemi d’abaco. La procedura che usa inizialmente è quella della proporzione tra le variazioni, ma poi introduce anche la formula più usata. La regola si tramanda nei trattati d’aritmetica, con tentativi di estenderla alle equazioni quadratiche e ai sistemi. Un esempio d’uso per risolvere i sistemi lineari si trova nella Epitome Arithmeticae Praticae del Clavius (1583). Interessante questa considerazione che si trova nel Traité d’Arithmétique di Bézout (1766), che illustra la regola su problemi esemplari e conclude: “Il metodo che è servito per risolvere i problemi precedenti si chiama metodo di doppia falsa posizione, perché conduce al risultato con l’aiuto di due false supposizioni; questa regola è applicabile solo ai problemi in cui gli errori diminuiscono proporzionalmente alle ipotesi fatte sui valori delle incognite. Quando questa condizione non si verifica, il calcolo lo indica, conducendo a un numero che non risolve il problema, e la questione è di competenza dell’Algebra.”

30 La Regula Falsi in classe
Dopo aver mostrato vari esempi di interpolazione con la proporzionalità delle variazioni, ed aver constatato i problemi che si incontrano se non si usano i numeri con segno, ho buttato là questa osservazione: “I Cinesi facevano in quest’altro modo, non so se funziona. Provate, per favore”. All’inizio ci fu la solita diffidenza verso il nuovo, ma, dopo qualche prova comparativa, questo metodo diventò lo standard, comportando meno passaggi e più automatismo, assumendo naturalmente la denominazione di “metodo dei Cinesi”. Misi a punto alcune attività al computer per rinforzare la padronanza del metodo e per mostrarne l’efficacia nel rendere minimo l’errore. Non mancai di inserire alcuni esempi di situazioni in cui il metodo fallisce, lasciando così la porta aperta a ulteriori sviluppi e solleticando la curiosità dei più attenti. Approntato lo strumento, mi accinsi al passo più importante: l’applicazione alla risoluzione dei problemi. Sapevo che sarebbe stata dura e che avrei perso molti all’inizio, però bisognava testare la bontà della tecnica, che è quella già descritta, ma resa ora meno indigesta da un marchingegno in grado di limitare il numero di tentativi più o meno casuali. Il modo di procedere proposto richiama quelli illustrati anche in molti manuali di aritmetica antichi, e verrà applicato ad un breve esempio.

31 Risolvere il problema: fase 1
Testo del problema: “In un allevamento ci sono 200 animali tra galline e conigli. In tutto ci sono 564 zampe. Quante sono le galline?” Note: Uso un simbolo speciale per indicare il confronto. Faccio tenere a mente che l’errore è stato calcolato sottraendo il numero di destra da quello di sinistra. docente calcoli studente Ipotizza una soluzione x=20 Penso che siano 20 galline Esegui i calcoli per stabilire se può essere la soluzione giusta 200-20=180 20*2=40 180*4=720 720+40=760 Trovo il numero di conigli Zampe totali delle galline Zampe totali dei conigli Totale delle zampe E’ giusto? No Perché? Perché doveva risultare 564 Scrivi il confronto eseguito 760=?=564 Di quanto è l’errore? =196 L’errore è 196

32 Risolvere il problema: fase 2
Invito lo studente a formulare un’altra ipotesi di soluzione (ragionevole). Dice x=50. Lo invito a ripetere la stessa sequenza di calcoli di prima, con le dovute sostituzioni. Risulta che il numero totale di zampe viene 700. L’errore, calcolato nello stesso verso di prima, viene 136. Però nulla garantisce che questa sia la soluzione, e quindi bisogna controllare, ripetendo la sequenza dei calcoli e il confronto finale. In questo caso la soluzione è giusta. Le parti più difficili in tutto questo: individuare le due cose da confrontare calcolare l’errore con il segno corretto. Domande (vere) degli allievi: E se la terza volta non viene il risultato giusto? Ma questa è algebra? Costruiamo una tabella delle proposte di soluzione e degli errori. Mediante la Regula Falsi troviamo il valore che dovrebbe azzerare l’errore: (50*196-20*136)/( ). Risulta 118, che dovrebbe essere la soluzione. ipotesi errore 20 196 50 136

33 Dove sta l’algebra? La domanda “E se la terza volta non viene il risultato giusto?” apre la porta verso un ventaglio di possibilità, tra cui, come diceva Bézout, anche l’Algebra, ma non solo. Intanto, si potrebbe pensare di insistere con la regola, per vedere se ci si avvicina sempre di più al risultato: in molti casi questo succede, e anche abbastanza rapidamente. E’ uno dei metodi per risolvere le equazioni, anche se non il migliore. Poi, i miei studenti hanno già chiesto: “perché a volte sì e a volte no?”: un’occasione imperdibile per passare del tempo a parlare di funzioni lineari e non e della proporzionalità come caso particolare (caso in cui si può risparmiare una prova); nei programmi del professionale c’è questo argomento, ma nel giro di dieci anni si è eclissato dai libri di testo. Con il risultato che in quinta tutti sanno che due cose sono proporzionali quando crescendo una cresce anche l’altra. Un’altra opportunità che si può facilmente offrire oggi è quella di risolvere graficamente il problema, mediante le incredibili capacità del computer. Unico inghippo: per fare un grafico serve una formula con una lettera, e fino ad ora non ne abbiamo usate. Può essere questa una delle motivazioni per invogliare lo studente a tradurre in formule il procedimento usato per validare le ipotesi di soluzione. Sarebbe un primo passo sulla via dell’algebra.

34 Dove comincia l’algebra?
Spinto dalla foga, ho provato a forzare le tappe invitando i miei studenti a scrivere l’equazione anche nei problemi lineari: è confortante sapere che la prima osservazione è stata: “Ma perché dobbiamo farlo, se riusciamo ugualmente a trovare la soluzione?” Vuol dire che serve un buon motivo per introdurre un nuovo strumento, ed è difficile farlo senza schiodarsi dai problemi lineari con una sola incognita. Per cui bisognerà passare a problemi quadratici, cubici o anche peggiori, da risolvere in prima battuta per via grafica. Il passo successivo dovrebbe essere la necessità di passare alla soluzione simbolica, e anche per questo bisognerà trovare una buona motivazione. La ricerca della soluzione simbolica segna per me il passaggio all’algebra, in quanto richiede la trasformazione delle equazioni per renderle più semplici. Però è interessante notare quanta strada si può fare anche con la sola aritmetica, e tutto grazie alle considerazioni suscitate dall’errore.

35 Procedere per tentativi
È un modo di operare poco valorizzato e non gradito agli studenti più bravi, forse perché l’incertezza che lo caratterizza (sui tempi e sulle quantità) viene percepita come un disvalore; eppure tutte le applicazioni della matematica ne sono intrise, e solo a scuola si tende a ingenerare l’impressione che tutti i problemi abbiano una soluzione esatta. Lo studente usando questa tecnica si imbatte in conoscenze interessanti: familiarizza con la questione, non semplice, delle approssimazioni nella necessità di organizzare e velocizzare i tentativi, può essere guidato ad esplorare: modelli simbolici dei calcoli (equazioni) tabelle di numeri a due colonne (funzioni) procedure iterative con il foglio elettronico i programmi per il disegno del grafico di funzioni le tecniche di interpolazione (almeno lineare)

36 da “ANALISI” a “SINTESI”
Una volta che allo studente sia chiara la potenza dei metodi approssimati, e ne abbia una certa padronanza, si possono illustrare i motivi per cui sarebbe desiderabile o necessario ottenere soluzioni simboliche, avvertendo comunque che la cosa è spesso impossibile e fornendo magari anche qualche cenno sulla storia della loro ricerca. Lo studente è naturalmente portato al metodo di “sintesi”, anche a sproposito (vuole sempre avere una formula da usare). Può esservi ragionatamente condotto dalla necessità di risolvere una classe di problemi, con dati variabili, o dalla difficoltà di risolvere per tentativi un sistema di equazioni. In ogni caso non si fa fatica a convincerlo che la soluzione simbolica è preferibile.

37 PROBLEMA risolubile per via algebrica
STRATEGIA DI RISOLUZIONE Conosco un procedimento per trovare la soluzione con una serie di operazioni sui dati? Conosco un procedimento per verificare se una proposta di soluzione è valida? NO SI NO SI Risolvo per SINTESI Non so risolverlo Descrivo il procedimento di validazione mediante una o più EQUAZIONI Posso cercare la soluzione in due modi SOLUZIONE NUMERICA APPROSSIMATA SOLUZIONE SIMBOLICA Metodi numerici iterativi e ricorsivi Devo INVERTIRE il procedimento di validazione (risolvo per ANALISI) Metodi grafici Nel procedimento di validazione ho usato l’incognita più di una volta? Devo TRASFORMARE le equazioni (conservando le stesse soluzioni) finché l’incognita vi compare una sola volta SI NO Per fare questo devo imparare le regole del CALCOLO LETTERALE So invertirlo facilmente


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