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Politica economica mod.A

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Presentazione sul tema: "Politica economica mod.A"— Transcript della presentazione:

1 Politica economica mod.A
LA DISOCCUPAZIONE E L’UE: NATURA, CAUSE E RIMEDI TRA PASSATO PRESENTE FUTURO A cura di: Miccoli Tiziana Rastelli Sonia Rogora Rosanna Veronesi Jacopo Viganò Giovanni

2 Introduzione alla discussione

3 Oggetto della relazione
Il lavoro in esame ha per oggetto il problema della disoccupazione, visto nella prospettiva della situazione europea nel passato (ultimi decenni), nel presente e nel prossimo futuro.

4 Obiettivi Definizione delle caratteristiche generali del problema della disoccupazione Analisi delle cause della disoccupazione in Europa Presentazione e analisi dei dati sulla disoccupazione nell’Unione Europea, con riferimento sia al passato, sia alla situazione attuale Studio dei possibili rimedi di politica economica adottabili per ridurre l’entità del fenomeno

5 Struttura della relazione
La relazione risulta dunque suddivisa in quattro parti: Anatomia e costi della disoccupazione Le cause della disoccupazione in Europa La disoccupazione in Europa: evidenza empirica Il ruolo della politica economica nella lotta alla disoccupazione in Europa

6 ANATOMIA E COSTI DELLA DISOCCUPAZIONE
PARTE PRIMA ANATOMIA E COSTI DELLA DISOCCUPAZIONE

7 La disoccupazione: nozioni generali
Inflazione FALLIMENTI DI MERCATO Squilibri bilancia dei pagamenti Sottosviluppo Manifestazioni di instabilità dell’economia

8 La disoccupazione: definizione
DISOCCUPAZIONE INVOLONTARIA DISOCCUPAZIONE Essa sorge quando vi sono lavoratori (potenziali) disposti ad occuparsi al tasso di salario reale vigente, o anche ad uno leggermente inferiore, ma la domanda di lavoro è insufficiente per occuparli.

9 Anatomia della disoccupazione
4 caratteristiche della disoccupazione (dati empirici): Il tasso di disoccupazione non è uniforme ma varia molto a seconda dell’età, della razza e del grado di esperienza del gruppo di individui considerato Nel mercato del lavoro vi è un notevole turnover, ossia i flussi in entrata e in uscita sono consistenti rispetto al numero assoluto degli occupati e dei disoccupati Il turnover è in larga misura legato alle fasi del ciclo economico: infatti i licenziamenti aumentano nei periodi di recessione, mentre le assunzioni aumentano nei periodi di espansione Le persone che perdono il lavoro in buona parte rimangono disoccupate solo per un breve periodo

10 Variabilità del tasso di disoccupazione a seconda del gruppo considerato
Dietro il tasso di disoccupazione complessivo si celano valori disomogenei Relazione algebrica: u = w1u1 + w2u2 + …. + wnun w = quota di forza lavoro totale che rientra in ciascun gruppo un = tasso di disoccupazione in ciascun gruppo Il tasso di disoccupazione può dunque variare se varia w o u (es. un incremento del gruppo dei giovani rispetto al totale della popolazione solitamente fa aumentare il tasso complessivo

11 Il bacino della disoccupazione
FLUSSI IN ENTRATA FLUSSI IN USCITA Dimissioni volontarie Esuberi Licenziamenti Ingresso nel mondo del lavoro Assunzioni Fine esubero Fine ricerca di lavoro (uscita dalla forza di lavoro)

12 La disoccupazione: concetti chiave
Popolazione in età lavorativa: popolazione con età superiore ai 15 anni; Forza lavoro: numero di persone che dichiarano di essere occupate o che dichiarano di essere disoccupate; Disoccupati: sono disoccupati coloro che non hanno un lavoro e che: a) hanno attivamente cercato un’occupazione nelle ultime quattro settimane b) stanno aspettando di riprendere servizio dopo essere stati temporaneamente sospesi perché in esubero; Persone non in forza lavoro: individui in età lavorativa, ma non appartenenti alla forza lavoro (essi non sono considerati disoccupati). Tra di essi rientrano, ad esempio, i pensionati le casalinghe e i cosiddetti “lavoratori scoraggiati”, ossia quei soggetti che hanno smesso da tempo di cercare un impiego.

13 Il concetto di piena occupazione
PIENA OCCUPAZIONE: situazione teorica in cui, nel sistema economico, vi è un pieno impiego di tutti i fattori produttivi TASSO DI DISOCCUPAZIONE NATURALE: è il tasso dovuto alle normali frizioni che caratterizzano il mercato del lavoro e che si registra anche quando esso è in equilibrio dipende da FREQUENZA DELLA DISOCCUPAZIONE DURATA DELLA DISOCCUPAZIONE

14 Durata della disoccupazione
Periodo di disoccupazione: intervallo di tempo consecutivo durante il quale un individuo rimane senza lavoro Per durata della disoccupazione s’intende il tempo medio per il quale ciascun individuo rimane disoccupato. Considerando la durata della disoccupazione si può capire se normalmente si tratta di una condizione a breve termine o se invece la disoccupazione a lungo termine è un problema diffuso L’organizzazione del mercato del lavoro la composizione demografica della forza lavoro la possibilità e la volontà dei disoccupati di continuare a cercare un impiego migliore (legata ai sussidi di disoccupazione) Fattori che influiscono sulla durata

15 Frequenza della disoccupazione
Per frequenza della disoccupazione s’intende quante volte in media, in un dato periodo di tempo, i lavoratori rimangono disoccupati la variabilità della richiesta di lavoro da parte delle diverse imprese operanti all’interno del sistema economico; maggiore è la variabilità della domanda di lavoro da parte delle diverse imprese, più alto è il tasso di disoccupazione il tasso di crescita della forza lavoro: più essa è rapida, maggiore è il tasso naturale di disoccupazione Fattori che influiscono sulla frequenza Tutti questi fattori possono variare nel tempo; dunque anche il tasso naturale di disoccupazione è soggetto a variazioni

16 Stime del tasso naturale
Il valore del tasso naturale di disoccupazione, u*, viene stimato usando una formula molto simile all’equazione che esprime il tasso di disoccupazione complessivo in funzione dei tassi di disoccupazione dei diversi gruppi di popolazione considerati: u* = w1u*1 + w2u*2 + …. + wnu*n Per stimare, dunque, il valore corrente del tasso naturale in un paese in genere si prende in considerazione un periodo in cui si suppone che nel paese vi sia stata piena occupazione; questo valore viene quindi adeguato tenendo conto dei cambiamenti intervenuti nella composizione della forza lavoro (cioè dei cambiamenti dei pesi w) e di eventuali variazioni dei tassi naturali di disoccupazione relativi ai singoli gruppi.

17 Soluzioni per ridurre u*
Il dibattito sui possibili metodi per ridurre il tasso naturale di disoccupazione tende a concentrarsi sull’alto tasso di disoccupazione giovanile e sulla consistente quota di disoccupati di lunga durata. Problema: i giovani trovano poco gratificanti i lavori loro offerti Soluzione: - periodo di formazione professionale - abbassamento del salario minimo Disoccupazione giovanile Problema: i sussidi fanno aumentare il tasso di disoccupazione, in quanto consentono di prolungare la ricerca del lavoro e rendono meno grave la perdita del lavoro Soluzione: ridurli (nel tempo e nell’ammontare) ma non eliminarli Disoccupazione di lunga durata

18 I costi della disoccupazione
I principali costi della disoccupazione sono due: PERDITA DI PRODUZIONE EFFETTI INDESIDERATI SULLA DISTRIBUZIONE DEL REDDITO Esistono poi altri costi della disoccupazione (prevalentemente di carattere non economico)

19 La perdita di produzione
Chi non riesce a trovare un lavoro non produce, quindi la disoccupazione riduce la quantità di beni a disposizione della collettività LEGGE DI OKUN Per ogni punto di aumento della disoccupazione il PIL diminuisce del 2%

20 Effetti indesiderati sulla redistribuzione del reddito
La disoccupazione incide notevolmente sulla distribuzione del reddito e i suoi costi sono ripartiti in modo tutt’altro che omogeneo DISOCCUPATI GIOVANI SOGGETTI MAGGIORMENTE PENALIZZATI FASCE PIU’ POVERE CHI CERCA LA PRIMA OCCUPAZIONE

21 Gli altri costi della disoccupazione
Sono prevalentemente di natura non economica Perdita di qualificazione e danni di lungo periodo Perdita di relazioni umane e di vita familiare Cattiva salute e mortalità Perdita di motivazioni e lavoro futuro Danno psicologico e povertà Disuguaglianza fra le razze e i sessi Perdita di libertà ed esclusione sociale Indebolimento dei valori sociali Riduzione delle entrate fiscali Inflessibilità tecnica e organizzativa

22 Perdita di qualificazione e danni di lungo periodo
Proprio come le persone “imparano facendo”, così “disimparano non facendo”, Deterioramento delle capacità Perdita di fiducia Perdita di libertà ed esclusione sociale Perdita di libertà di decisione Esclusione sociale (e non solo economica)

23 Danno psicologico e povertà
Sofferenza e stato d’angoscia Perdita di autostima nel tempo Aumento dei tassi di suicidio Cattiva salute e mortalità La disoccupazione può anche portare a Malattie clinicamente identificabili + elevati tassi di mortalità

24 Altri effetti Disuguaglianze fra le razze e i sessi
Perdita di relazioni umane e di vita familiare Perdita di motivazioni Effetti anche nel futuro (isteresi) Disuguaglianze fra le razze e i sessi La disoccupazione fa accrescere queste disuguaglianze Aumento dell’intolleranza e del razzismo Es. gli immigrati vengono visti come coloro che rubano il lavoro

25 Inflessibilità tecnica e organizzativa
Indebolimento dei valori sociali Le persone in uno stato di prolungata disoccupazione possono sviluppare un certo cinismo circa l’equità degli assetti sociali e anche la percezione di vivere a carico degli altri Inflessibilità tecnica e organizzativa DISOCCUPAZIONE TECNOLOGIA Se la disoccupazione è forte, si possono trovare maggiore resistenze ad una riorganizzazione economica

26 LE CAUSE DELLA DISOCCUPAZIONE NELL’UNIONE EUROPEA
PARTE SECONDA LE CAUSE DELLA DISOCCUPAZIONE NELL’UNIONE EUROPEA

27 Dove cercare le cause… Le cause della disoccupazione vanno solitamente ricercate NEL FUNZIONAMENTO DELL’ECONOMIA NEI MECCANISMI CHE REGOLANO IL MERCATO DEL LAVORO E IL SISTEMA DI WELFARE

28 …e come individuarle Quando si analizza la disoccupazione devono essere prese in considerazione quattro dimensioni Quanti sono i disoccupati Chi è disoccupato Qual’è la durata della disoccupazione Come sta chi è disoccupato Sulla base di queste dimensioni si possono individuare diversi modelli nazionali della disoccupazione, radicati nella storia economica e sociale di ciascun paese (es. modello mediterraneo)

29 Il modello mediterraneo
E’ applicabile a buona parte dell’Europa meridionale (Italia compresa) CARATTERISTICHE Basso tasso di partecipazione della forza lavoro (soprattutto femminile) Elevato tasso di disoccupazione, concentrata tra i giovani Disoccupazione di lunga durata Disoccupazione scarsamente indennizzata CAUSE PRINCIPALI Arretratezza produttiva e carenza di investimenti

30 Possibili cause per la disoccupazione europea
Non esiste un’unica causa ma diverse cause Carenza delle qualifiche che sarebbero necessarie per ricoprire i posti vacanti (vi sono posti di lavoro disponibili ma i disoccupati non hanno le qualifiche idonee a ricoprirli) Rilevante quota di disoccupati di lungo periodo, che non hanno incentivo a cercare un lavoro Pressione fiscale eccessiva Queste motivazioni sono però state oggetto di alcune obiezioni, avvalorate dai dati reali (vedi pressione fiscale)

31 Possibili cause per la disoccupazione europea (2)
Oltre alle caratteristiche intrinseche del sistema economico, parte della disoccupazione può essere attribuita all’implementazione di politiche economiche erronee per la gestione della domanda e dell’offerta POLITICA FISCALE PARTICOLARMENTE RESTRITTIVE (per raggiungere l’obiettivo euro) POLITICHE DELLA DOMANDA POLITICA MONETARIA

32 Possibili cause per la disoccupazione europea (3)
POLITICA FISCALE E’ dovuta ai parametri di Maastricht e si è rivelata essere molto restrittiva, tenuto conto della contemporanea politica monetaria, altrettanto restrittiva, e dell’esistenza di una situazione di elevata disoccupazione, che a sua volta ha provocato un’ulteriore contrazione delle entrate fiscali. Da ciò è derivato un rallentamento degli investimenti pubblici in infrastrutture, che sono complementari agli investimenti privati

33 Possibili cause per la disoccupazione europea (4)
POLITICA MONETARIA E’ stata resa uniforme dal fatto che i tassi di cambio andavano mantenuti rigorosamente fissi, mentre era stato rimosso ogni vincolo al libero movimento dei capitali. In tali condizioni, i tassi d’interesse dovevano convergere in tutti i paesi candidati all’euro e non vi era spazio di manovra a disposizione delle banche centrali nazionali per perseguire una politica monetaria autonoma. La politica monetaria comune si è rivelata fin troppo restrittiva, soprattutto in considerazione dell’irrigidimento della politica fiscale, e ha provocato un periodo prolungato di tassi d’interesse reali eccessivamente elevati, che hanno scoraggiato l’investimento e gonfiato la disoccupazione.

34 Possibili cause per la disoccupazione europea (5)
ALTRO ELEMENTO DI ANALISI LA DOMANDA DI LAVORO Il tasso di crescita della domanda è sceso notevolmente al di sotto di quello del prodotto potenziale E’ stato possibile soddisfare la domanda senza un aumento apprezzabile dei posti di lavoro, mentre la crescita della forza lavoro, pari a circa il 2%, è andata a ingrossare le fila dei disoccupati.

35 Possibili cause per la disoccupazione europea (6)
ALTRO ELEMENTO DI ANALISI ERRATE POLITICHE DI TUTELA PER GLI OCCUPATI PER I DISOCCUPATI LEGISLAZIONE SUL SALARIO MINIMO SICUREZZA DEL POSTO DI LAVORO SUSSIDI DI DISOCCUPAZIONE

36 La legislazione sul salario minimo
In Europa sono troppo elevati Divieto imposto per legge alle imprese di impiegare personale pagandolo al di sotto di un livello minimo fissato dai contratti nazionali o, il che è lo stesso, proibendo ai lavoratori di accettare lavori non remunerati con un salario minimo Problema dell’interazione fra minimo salariale e contributi sociali

37 La legislazione sulla sicurezza del posto di lavoro
Tale legislazione riduce sia i licenziamenti (perché rende più costoso per i datori di lavoro licenziare i propri dipendenti), sia le assunzioni (perché scoraggia i datori di lavoro dall’assumere nuova manodopera che rischiano di dover licenziare in futuro) Fattore di rigidità del lavoro

38 Alla ricerca della flessibilità…
Passaggio dal sistema di produzione fordista, che premia la stabilità, a quello dell’appropriatezza, ove domina la capacità di essere flessibili per far fronte all’incertezza META’ ANNI ‘90 Studi sulla flessibilità del lavoro Diverso grado di protezione del lavoro nell’UE Probabilità individuale di perdere il lavoro vista come una connotazione positiva, poiché contribuirebbe a ridurre la disoccupazione nel complesso

39 I sussidi di disoccupazione
2 tipologie ASSICURATIVI ASSISTENZIALI Forma di risarcimento del danno subito per la rottura del rapporto di lavoro Sono previsti per chi si trovi in stato di bisogno Legati ai contributi versati in passato e indipendenti dalle condizioni economiche Non legati al passato e concessi finché lo stato di bisogno perdura

40 I sussidi di disoccupazione (2)
Funzione di stabilizzatore automatico Rendono più facile accettare occupazioni poco stabili Consentono di ripartire in modo abbastanza omogeneo i costi della disoccupazione Vantaggi Fanno aumentare la durata della disoccupazione (e il tasso naturale) Con essi si attribuisce minore gravità alla perdita del lavoro Svantaggi Critiche sull’entità e sulla durata dei sussidi in Europa

41 Usa vs. Europa USA EUROPA Basso tasso di disoccupazione
Bassa durata della disoccupazione Forti differenziali retributivi Molti lavoratori a bassa produttività e retribuzione Bassa tassazione Scarsi servizi sociali Alto tasso di disoccupazione Elevata durata della disoccupazione Bassi differenziali retributivi Tanti lavoratori ad alta produttività e retribuzione Alta tassazione Diffusi servizi sociali

42 Altre possibili cause L’isteresi della disoccupazione europea dopo gli anni ’70, è probabilmente interpretabile nei termini di un livello troppo alto dei salari, sostenuti dalle lotte sindacali e conseguenti ad una politica monetaria inflazionistica (spiegazione classica), e di un generale rallentamento della crescita economica (spiegazione keynesiana). . Molti studiosi ritengono che le cause della disoccupazione di oggi siano di tipo strutturale, siano cioè imputabili al fatto che il sistema Europa non funzioni a pieno regime, ma stia attraversando una serie di processi di ristrutturazione economica (es. informatizzazione della produzione, integrazione europea) Teoria della jobless growth.

43 LA DISOCCUPAZIONE NELL’UNIONE EUROPEA: EVIDENZA EMPIRICA
PARTE TERZA LA DISOCCUPAZIONE NELL’UNIONE EUROPEA: EVIDENZA EMPIRICA

44 Disoccupazione 2003 Il tasso di disoccupazione nell'Unione Europea rilevato nel gennaio 2003, è stato del 7,9%, mentre quello della zona dell'euro del 8,6%. Osservando il grafico 1, possiamo notare che questi tassi sono sensibilmente più elevati rispetto al tasso rilevato nello stesso periodo negli USA. Questa disparità, come detto in precedenza,è dovuta a molteplici fattori; infatti se analizziamo i paesi dell'Unione Europea, osserviamo notevoli differenze: ad esempio nel Regno Unito, dove la rigidità del mercato del lavoro è molto bassa, e simile a quella degli Stati Uniti, notiamo un ridotto tasso di disoccupazione, mentre nelle regioni come l'Italia e la Spagna, in cui si ha una situazione opposta, i tassi sono notevolmente più alti. Il Lussemburgo, con il suo 2,7% presenta il tasso di disoccupazione più basso all'interno dell'Europa dei 15,mentre la Spagna con il 12,1% si rivela la nazione con la percentuale di disoccupati più elevata.

45 Grafico 1

46 Disoccupazione per categorie sociali
Nei seguenti tre grafici (grafici 2, 3 e 4) si rileva come le disparità maggiori presenti nelle diverse categorie (rispettivamente popolazione maschile e femminile, popolazione con meno di 25 anni, popolazione con più di 25 anni), si osservano nei paesi con una disoccupazione più elevata e in particolare nelle zone dell'area mediterranea: Spagna, Italia e Grecia. Questi sono anche gli stati con il mercato del lavoro maggiormente rigido e con una serie di tradizioni difficili da abbandonare. Ad esempio nel grafico 2 se prendiamo in considerazione la situazione anglosassone e quella spagnola, vediamo che nel mercato inglese la differenza tra il grado di disoccupazione maschile e femminile è solo di un punto percentuale (circa), al contrario di quello spagnolo in cui questa differenza sale a ben 8,9 punti, rivelando appunto una situazione in cui la donna incontra ancora difficoltà nella ricerca di un posto di lavoro.

47 Disoccupazione per categorie sociali (2)
Anche analizzando il tasso di disoccupazione della popolazione con meno di 25 anni e quello della popolazione dai 25 anni in su, notiamo notevoli differenze dalla situazione maschile a quella femminile: infatti per quanto riguarda i giovani nei paesi mediterranei citati in precedenza, si nota che anche la disoccupazione giovanile femminile, come per la popolazione femminile totale, risulta notevolmente più alta rispetto alla medesima categoria maschile (anche questa già molto elevata), dimostrando che in questi stati la categoria che incontra le maggiori difficoltà è quella dei giovani e in particolare di quelli di sesso femminile. Al contrario in molte nazioni dell'area centro-settentrionale, anche se il tasso di disoccupazione giovanile totale risulta più elevato rispetto al tasso dell' intera popolazione, il tasso maschile e quello femminile non risultano molto divergenti, manifestando anzi una situazione migliore nel mondo giovanile-femminile.

48 Disoccupazione per categorie sociali (3)
Le medesime conclusioni, chiaramente escludendo il confronto tra la disoccupazione totale per la fascia d'età dai 25 anni in su e quella dell'intera popolazione, in cui in primo tasso risulta minore del secondo (come facilmente intuibile), si traggono analizzando la popolazione con più di 25 anni; quindi questo dimostra ulteriormente la diversità tra i rispettivi mercati del lavoro e tra le rispettive culture.

49 Grafico 2

50 Grafico 3

51 Grafico 4

52 L’evoluzione della disoccupazione:’70-’01
Ora analizzeremo l'evoluzione dei tassi di disoccupazione: in un primo momento esamineremo i tassi registrati a partire dal 1970 e successivamente concentreremo la nostra attenzione sulla disoccupazione dell'ultimo decennio; in quest'ultimo ambito porremo anche la nostra attenzione sulla disoccupazione di lunga durata. Nel grafico 5 troviamo i tassi di disoccupazione dell'Unione Europea e degli Stati Uniti dal 1970 al 2001 (i tassi riportati sono quelli medi di ogni quinquennio): si vede subito che negli anni '70 il tasso europeo era decisamente più basso rispetto a quello statunitense , e che entrambi i tassi in seguito alla crisi petrolifera tendevano ad aumentare. Il tasso europeo però aumentò più velocemente rispetto a quello statunitense facendo si che nei primi anni '80 la disoccupazione nelle due regioni fosse quasi uguale. Dal 1985 in poi si assiste ad un'inversione di tendenza: il tasso negli Stati Uniti comincia a scendere mentre quello dell’UE aumenta sempre più:

53 L’evoluzione della disoccupazione:’70-’01 (2)
solo negli ultimi 5 anni la media dei tassi dei 15 paesi dell'Unione è scesa leggermente. Se analizziamo le singole nazioni dell'Unione, notiamo che in paesi come la Finlandia e la Svezia, si registra un brusco aumento della disoccupazione nella seconda metà degli anni ottanta per poi non essere riassorbito velocemente, mentre in Irlanda c'e‘un forte aumento dei tassi fino alla fine degli anni ottanta, per poi scendere velocemente negli anni successivi; anche in Olanda il tasso diminuisce già dagli inizi degli anni ottanta. Invece nei paesi centro-meridionali, la disoccupazione ha un andamento più lineare (ad eccezione della Spagna in cui la percentuale di disoccupati aumenta velocemente per poi cominciare a scendere negli ultimi anni), crescendo in modo costante.

54 Grafico 5

55 Grafico 6

56 Grafico 7

57 L’evoluzione della disoccupazione: ’93-’03
Ora passiamo ad analizzare l'ultimo decennio: in Europa, dal 1993 al 1997, il tasso di disoccupazione si è mantenuto pressoché costante per poi iniziare a diminuire dal 1998 al 2001; negli ultimi due anni si registra un nuovo, anche se non consistente aumento dei tassi, probabilmente dovuto alla politica restrittiva dal punto di vista inflazionistico attuata dai paesi della zona dell'euro e dal periodo recessivo che l'economia sta attraversando. Anche in questo contesto si nota che la disoccupazione femminile, lungo tutto il periodo, risulta più elevata di quella maschile; al contrario negli USA il tasso maschile è quasi identico a quello femminile ed assume un andamento decrescente dal 1993 al 2000 per poi risalire di due punti percentuali dal 2001 al 2003 a causa della recessione in atto.

58 Grafico 8

59 Grafico 9

60 L’evoluzione della disoccupazione: ’93-’03 (2)
Osservando i singoli paesi che compongono l'Unione Europea, notiamo che la maggioranza di questi ha un andamento simile a quello generale descritto in precedenza; ci sono però delle evoluzioni differenti: Spagna, Finlandia e Irlanda hanno visto i loro tassi di disoccupazione diminuire notevolmente, soprattutto negli anni dal 1993 al Inoltre ci sono nazioni in cui negli ultimi anni la disoccupazione non è aumentata, come invece rilevato per il trend generale; uno di questi stati è il Regno Unito, che non facendo parte della zona dell'euro, non ha neanche adottato le politiche restrittive citate sopra. Inoltre osservando il grafico 12, relativo al caso italiano, notiamo che dopo un primo periodo ( ) in cui la percentuale dei disoccupati era crescente, questa si è assestata su valori simili fino al 1999 per poi cominciare a ridiscendere; trend che mantiene tutt'ora.

61 Grafico 10

62 Grafico 11

63 Grafico 12

64 Il tasso di disoccupazione di lungo periodo
Infine passiamo ad esaminare il tasso di disoccupazione di lungo periodo (maggiore di 12 mesi): in questo contesto la divergenza tra Europa e Stati Uniti risulta ancora più rilevante; infatti mentre per gli Stati Uniti la disoccupazione di lungo periodo è bassissima, in Europa il medesimo tasso è molto più consistente. Analizzando i grafici 14 e 15 notiamo che se escludiamo paesi come il Lussemburgo e l'Austria, la percentuale di disoccupati di lunga durata è tutt'altro che trascurabile. Comunque va detto che negli ultimi anni questo tasso è diminuito, assestandosi su valori simili a quelli statunitensi anche in altri stati: Regno Unito, Danimarca, Irlanda e Svezia. Queste diversità, come notato sopra, sono dovute alle differenti rigidità del mercato del lavoro: infatti se uno shock negli Stati Uniti o in paesi similari provoca un'alta disoccupazione nell'immediato, ma che viene riassorbita velocemente, questo non si può affermare per la maggioranza dei paesi europei nei quali anche un non consistente aumento dei tassi di disoccupazione si ripercuote nel lungo periodo.

65 Grafico 13

66 Grafico 14

67 Grafico 15

68 PARTE QUARTA IL RUOLO DELLA POLITICA ECONOMICA NELLA LOTTA ALLA DISOCCUPAZIONE IN EUROPA

69 Un contributo generale della teoria: il mix di politica economica

70 Un contributo generale della teoria: il mix di politica economica (2)
Le possibili politiche che si possono adottare per giungere alla piena occupazione sono Espansione fiscale, che farebbe spostare l’economia nel punto E1, dove reddito e tassi d’interesse sono più elevati. Espansione monetaria, che porterebbe alla piena occupazione con tassi d’interesse più bassi nel punto E2. Combinazione di un’espansione fiscale e una politica monetaria di tipo accomodante che condurrebbe a una posizione intermedia. Diverse soluzioni per raggiungere l’obiettivo

71 Rimedi contro la disoccupazione
Sono classificabili in 2 grandi categorie RIMEDI CHE CONSENTONO LA RIMOZIONE DEGLI ASPETTI NEGATIVI RIMEDI CAPACI DI REALIZZARE UN MIGLIORAMENTO DEGLI ASPETTI POSITIVI

72 I rimedi che consentono la rimozione degli aspetti negativi
Sussidi di disoccupazione Minimi salariali Imposte sui salari Vincoli sui licenziamenti Potere dei sindacati e istituzioni di contrattazione salariale Potere di monopolio

73 I sussidi di disoccupazione

74 I sussidi di disoccupazione (2)
Il grafico mostra che: La curva di domanda di lavoro si sposta verso il basso per effetto dei sussidi poiché il costo del lavoro è più elevato a causa dell’imposta La curva di offerta di lavoro e la curva di determinazione dei salari si spostano verso l’alto, poiché il costo opportunità del lavoro è più elevato a causa dei sussidi di disoccupazione La conseguenza è che l’occupazione risulterà ridotta rispetto ad un sistema senza sussidi e senza imposte.

75 I sussidi di disoccupazione (3)
Si è così arrivati alla proposta di eliminare completamente i sussidi, in modo da rendere tanto penose le esperienze di disoccupazione da far sì che il lavoratore accetti qualsiasi offerta di lavoro; questo condurrebbe ad una riduzione delle imposte sui lavoratori Le cose però non sono così semplici per 2 motivi L’abolizione del sussidio può ridurre la disoccupazione, ma non certo eliminarla L’abolizione dei sussidi non genera necessariamente un miglioramento dell’efficienza

76 I sussidi di disoccupazione (4)
Inoltre è facile verificare che i sistemi che garantiscono sussidi ad un tasso costante per un lungo periodo sono sicuramente mal strutturati Riepilogando, le soluzioni potrebbero essere: Offrire il pagamento di una quota fissa per la perdita del posto di lavoro Ridurre l’ammontare del sussidio col progredire del periodo di disoccupazione Limitare i sussidi ad un periodo determinato, ad esempio 6 mesi Il modello del Cile

77 I minimi salariali Come visto precedentemente, la riduzione dei minimi salariali potrebbe ridurre la disoccupazione Dal punto di vista politico, i minimi salariali possono essere molto attraenti poiché sembrano essere un mezzo privo di costi per incrementare i redditi più bassi. Per questo, benché non si sostenga l’opportunità di introdurli ove non siano già presenti, si rileva che la loro rimozione dai sistemi che li utilizzano non sia politicamente attuabile

78 Imposte sui salari Molti sono concordi sull’efficacia di tale manovra, in quanto una loro riduzione, o eliminazione, stimolerebbe la domanda di lavoro. Tale efficacia, però, è stata studiata ipotizzando che tutto il resto, compreso il salario, rimanga costante In realtà è probabile che il salario cresca a tempo debito per controbilanciare una parte o tutto il guadagno Quindi si possono avere effetti significativi solo nel breve periodo poiché nel lungo periodo i salari stessi assorbono, almeno in parte, l’incremento dei profitti delle imprese dovuti ad un minor carico impositivo

79 Imposte sui salari (2) Altra rilevante problematica riguarda chi, oltre alle forze di lavoro nel loro insieme, debba finanziare una riduzione delle imposte sui salari Incremento dell’IVA Tassazione più progressiva Allargamento delle imposte sui salari a tutte le forme di reddito

80 Vincoli sui licenziamenti
In alcuni paesi può presentarsi come una politica utile alla riduzione della disoccupazione, diversamente che in altri. Gli effetti della riduzione dei costi di licenziamento produce effetti apprezzabili solo nel lungo periodo Nel breve periodo si avrà, infatti, un probabile incremento della disoccupazione, fondamentalmente perché potrebbero essere licenziati lavoratori che altrimenti conserverebbero il loro posto di lavoro

81 Esistono difficoltà oggettive nella misurazione del potere sindacale
Potere dei sindacati Si è rilevato come un sistema fortemente centralizzato di contrattazione salariale può funzionare bene quando il mercato è competitivo, ma che un sistema di contrattazione frammentata conduce al peggiore dei mondi possibili. Sono auspicabili i tentativi di ridurre il conflitto capitale-lavoro (es. introdurre i lavoratori nei consigli d’amministrazione) Problema Esistono difficoltà oggettive nella misurazione del potere sindacale

82 Aumentare il grado di concorrenza Sviluppo politiche anti-trust
Potere di monopolio Il monopolio fa sì che il produttore, nella sua scelta di massimizzazione del profitto, fissi un prezzo del prodotto strettamente maggiore del costo marginale di produzione. Questo sposta verso il basso la curva di domanda di lavoro creando così disoccupazione Soluzione Aumentare il grado di concorrenza Sviluppo politiche anti-trust

83 I rimedi capaci di realizzare un miglioramento degli aspetti positivi
Addestramento Buoni di occupazione Workfare

84 Addestramento I dati empirici mostrano che i lavoratori non qualificati tendono ad avere tassi di disoccupazione più elevati dei lavoratori qualificati. Fra le motivazioni di sostegno a questa politica, oltre alla riduzione della disoccupazione, c’è il contestuale aumento della produttività nazionale Chi addestrare Chi deve addestrare Costi PROBLEMI VANTAGGI Minore criminalità Molti consensi

85 A volte può essere un puro costo La tentazione delle imprese
Buoni di occupazione I buoni di occupazione permettono al lavoratore disoccupato di trasformare in tutto o in parte il proprio sussidio in un buono che possa essere incassato da qualunque impresa lo assuma Sussidi ridotti per i disoccupati di breve termine e alti per quelli a lungo VANTAGGI A volte può essere un puro costo La tentazione delle imprese COSTI

86 Workfare E’ un programma che può prevedere per il disoccupato, dopo un certo periodo, uno dei seguenti obblighi Accettare un posto di lavoro nel settore privato Migliori possibilità future di trovare un impiego Accettarne uno fornito dallo stato Ci sono però costi/svantaggi prendere parte ad un programma di addestramento

87 Riepilogando… Ridurre il periodo nel quale si possono percepire sussidi di disoccupazione Eliminare i sussidi per coloro che rifiutano un posto di lavoro per un certo numero di volte successive Rinunciare ai minimi salariali, soprattutto per i giovani lavoratori, ed integrare i redditi dei più poveri con sussidi ad hoc Promuovere la concorrenza nei mercati dei prodotti e del lavoro Migliorare l’addestramento Offrire ai disoccupati, e preferibilmente solo a quelli di lungo periodo, di trasformare i loro sussidi in buoni di assunzione Tenere sempre presente la potenza delle politiche macroeconomiche sia in senso positivo che negativo e con tutti gli effetti secondari

88 Politica protezionistica
Altri rimedi Politica protezionistica Alternative alle tradizionali politiche per l’occupazione

89 Alternative alle tradizionali politiche per l’occupazione
Perché cercare nuove politiche per l’occupazione? CAMBIAMENTO STRUTTURALE PRIMA Produzione di massa di beni di consumo durevoli standardizzati Processo di accumulazione del capitale estensivo Politiche di stabilizzazione dell’AD e assetto sociale

90 Alternative alle tradizionali politiche per l’occupazione (2)
ADESSO Mercato dei beni durevoli saturato Innovazione di processo vince su quella di prodotto Orizzonti geografici allargati Orizzonti d’investimento accorciati Richiesta di maggiore flessibilità del lavoro

91 Alternative alle tradizionali politiche per l’occupazione (3)
--- Produzione di merci --- Lavoro vivo Se la produzione cala, è vero che cala l’occupazione, ma non è più vero l’inverso (se la produzione riprende anche l’occupazione riprende). La disoccupazione viene cristallizzata mediante ristrutturazioni tecnologiche e organizzative e diventa tendenzialmente irreversibile

92 Alternative alle tradizionali politiche per l’occupazione (4)
SOLUZIONI I LAVORI CONCRETI Per capire meglio Livello della produzione capitalistica e saggio di profitti Definizione e caratteristiche Funzioni dello stato Funzione dei due settori (astratto e concreto) e loro rapporti

93 Alternative alle tradizionali politiche per l’occupazione (5)
La realizzazione delle soluzioni Come amministrare i rapporti fra i due settori 2 PROBLEMI Come finanziare i lavori concreti Lotta all’evasione Aumento della pressione fiscale sulla rendita finanziaria Conclusione

94 Uno sguardo alla realtà italiana: la politica del lavoro del governo
DPEF Flessibilità Ridefinizione del sistema di incentivi all’occupazione Aumento partecipazione femminile e dei lavoratori più anziani al mercato del lavoro DIRETTRICI

95 Uno sguardo alla realtà italiana: la politica del lavoro del governo (2)
Protezione dei disoccupati involontari Protezioni integrative, aggiuntive o sostitutive Contenimento del costo del lavoro Una maggiore equità Miglioramento grado di tutela economica garantita al disoccupato Stretta correlazione tra erogazione dei sussidi e diritti-doveri del disoccupato Tutela di ultima istanza legata a particolari condizioni di disagio OBIETTIVI

96 Uno sguardo alla realtà italiana: la politica del lavoro del governo (3)
Innalzamento dei trattamenti per l’indennità ordinaria di disoccupazione e un allungamento della sua durata Programmi formativi a frequenza obbligatoria Riordino del sistema di incentivi all’occupazione Riforma fiscale INTERVENTI

97 Il rischio di una transizione non credibile dalla rigidità alla flessibilità nel mercato del lavoro: un’analisi teorica

98 Il rischio di una transizione non credibile dalla rigidità alla flessibilità nel mercato del lavoro: un’analisi teorica (2) I TRE CASI CONCLUSIONE Anche qualora risultasse più efficiente passare da un sistema rigido a uno flessibile, il periodo di transizione, qualora fosse afflitto da problemi di credibilità, potrebbe essere estremamente costoso

99 MOLTEPLICI RIMEDI DI POLITICA ECONOMICA
Conclusioni IL FENOMENO DELLA DISOCCUPAZIONE È ATTUALE E COSTOSO PER LE ECONOMIE EUROPEE MOLTEPLICI CAUSE MOLTEPLICI RIMEDI DI POLITICA ECONOMICA

100 LA DISOCCUPAZIONE E L’UE: NATURA, CAUSE E RIMEDI TRA PASSATO PRESENTE FUTURO
FINE


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