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I Promessi SPOsi.

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Presentazione sul tema: "I Promessi SPOsi."— Transcript della presentazione:

1 I Promessi SPOsi

2 I Promessi Sposi Contesto Storico La Storia di Manzoni
La Crisi nel ‘600 La Dominazione Spagnola Le Donne del Seicento I Lanzichenecchi I Paesaggi Cinema e Televisione Parodia (Fantastico Don Rodrigo) Digressioni I Quadri

3 Contesto Storico “I Promessi Sposi” è un romanzo storico di Alessandro Manzoni,ambientato nel 1600 in Italia, durante l’occupazione spagnola. benché l'ambientazione fosse stata scelta da Manzoni con l'evidente intento di alludere al dominio austriaco sul nord Italia, il romanzo è anche noto per l'efficace descrizione di alcuni episodi storici del XVII secolo e delle condizioni di vita dei suoi abitanti. Infatti, Manzoni inserisce nel suo romanzo diversi fatti storici realmente accaduti come le carestie e le sommosse popolari dovute al pane e in seguito anche la discesa delle truppe imperiali sul territorio milanese,che porteranno allo scoppio della peste. Durante tutti questi eventi l’autore descrive parallelamente anche le condizioni dei cittadini del territorio di Milano e inserisce delle critiche al sistema amministrativo del tempo definendolo il più delle volte con affermazioni irrisorie.

4 Contesto Storico Molto importante nel romanzo è anche il ruolo di alcune figure ecclesiastiche, che della volte si vanno anche a contrapporre. Infatti accanto a una figura debole e inetta come quella di don Abbondio, Manzoni presenta anche figure pure e coraggiose come quelle di Fra Cristoforo e del cardinale Federigo Borromeo (quest’ultimo realmente esistito), che esprimono le forza morale della chiesa del tempo, istituzione in grado di combattere l’arroganza e le ingiustizie dei potenti del tempo. A questi avvenimenti si mescolano e si intrecciano le vicende di Renzo e Lucia, e spesso la loro piccola storia privata sembra scomparire, sommersa nella grande storia di tutta l'epoca

5 La Storia di Manzoni Alessandro Francesco Tommaso Manzoni (Milano, 7 marzo 1785 – Milano, 22 maggio 1873) fu uno scrittore, poeta e drammaturgo italiano. È considerato uno dei maggiori romanzieri italiani di tutti i tempi, principalmente per il suo celebre romanzo I promessi sposi, caposaldo della letteratura italiana. Nasce a Milano il 7 marzo 1785 da Giulia Beccaria e da don Pietro Manzoni, figlio di Alessandro Valeriano, pronipote di un ricchissimo mercante - imprenditore lecchese, Giacomo Maria Manzoni, e di Margherita di Fermo Porro. Il giovane Manzoni dal 1801 al 1805 vive con l'anziano padre, don Pietro, dedica buona parte del suo tempo alle ragazze e al gioco d'azzardo e ha modo anche di frequentare l'ambiente illuministico dell'aristocrazia e dell'alta borghesia milanese. Il compiacimento neoclassico del tempo gli ispira le prime esperienze poetiche. Nel 1805 raggiunge la madre a Parigi, dove passa due anni, partecipando al circolo letterario dei cosiddetti ideologi, filosofi di scuola ottocentesca. Nel , mentre si trova a Parigi, appare per la prima volta in pubblico come poeta, con due pezzi, uno intitolato Urania, in quello stile neoclassico del quale poi lui stesso diventerà il più strenuo avversario; l'altro, invece, un carme commemorativo in endecasillabi sciolti.

6 La Storia di Manzoni Dal 1809 al 1827 ha occasione di frequentare i principali centri di cultura europea La morte di Napoleone nel 1821 ispirò a Manzoni il noto componimento lirico Il cinque maggio. Gli eventi politici di quell'anno, uniti alla carcerazione di molti suoi amici, pesarono molto sulla mente di Manzoni e il suo lavoro di quel periodo fu ispirato soprattutto dagli studi storici, nei quali cercò distrazione dopo essersi ritirato a Brusuglio. Intanto, con l'episodio dell'Innominato, storicamente identificabile come Francesco Bernardino Visconti (ma di recente critici come Enzo Raimondi vedono nel Manzoni stesso la fonte letteraria del personaggio), iniziò a prendere forma il romanzo Fermo e Lucia, la versione originale de I promessi sposi, ambientato nei luoghi lecchesi della sua infanzia, che fu completato nel settembre Dopo la revisione da parte di amici tra il 1823 e il 1827, esso fu pubblicato, un volume per anno, portando a un tratto grande fama letteraria all'autore. In seguito Manzoni, si trasferì a Firenze nel 1827, in modo da entrare in contatto e "vivere" la lingua fiorentina delle persone colte, che rappresentava per l'autore l'unica lingua dell'Italia unita. L'11 dicembre 1827 fu eletto socio dell'Accademia della Crusca. Rielaborò I promessi sposi dopo la "risciacquatura in Arno" facendo uso dell'italiano nella forma fiorentina colta e nel 1840 pubblicò questa riscrittura. Con ciò assumeva che quella era la prima vera opera frutto totale della lingua italiana. Nel 1860 fu nominato senatore del Regno: con questo incarico votò nel 1864 a favore dello spostamento della capitale da Torino a Firenze fintanto che Roma non fosse stata liberata. Come presidente della commissione parlamentare sulla lingua scrisse, nel 1868, una breve relazione sulla lingua italiana: Dell'unità della lingua e dei mezzi di diffonderla.

7 La Storia di Manzoni Alessandro Manzoni morì di meningite il 22 maggio La malattia fu la conseguenza di un trauma cranico che si procurò il 6 gennaio quando cadde sbattendo la testa su di uno scalino all'uscita dalla chiesa di San Fedele di Milano. Le sofferenze furono acuite dalla morte del figlio maggiore Pier Luigi, avvenuta il 27 aprile.

8 8 La Crisi nel '600 Nei primi decenni del ‘600 inizia un periodo di crisi che colpisce tutta l’Europa, soprattutto Italia e Spagna Polarizzazione della Ricchezza Si susseguono carestia, che favoriscono la diffusione di epidemie Aumentano le rendite e il Prelievo Fiscale Il denaro nelle mani dei proprietari era investito nel lusso, non in attività produttive

9 Le Reazioni alla Crisi Indice Rivolta Contadina Crisi Agricola
In Spagna e in Italia del sud l’aristocrazia reagisce alla diminuzione delle rendite con un forte processo di rifeudalizzazione Crisi Agricola Guerra dei Trent’Anni Pesante Fiscalismo Rivolta Contadina

10 La Prostrazione dei Popoli Italiani nel Periodo della Dominazione Spagnola
Per riacquistare la libertà dalla dominazione Francese, iniziata dal 1400, gli stati italiani si allearono tra loro e chiesero l’intervento degli spagnoli. Gli Asburgo sconfissero i francesi e con la pace di Cateau- Cambrésis i popoli italiani furono soggetti al dominio diretto o indiretto della Spagna, il quale dominio comprendeva: Sicilia, Regno di Sardegna, Regno di Napoli, Ducato di Milano e Stato dei presidi. Le condizioni della popolazione italiana al tempo dell’oppressione spagnola erano terribili, quest'ultimi infatti, imponevano sempre nuove imposte per mantenere il loro numeroso esercito, ripagare i debiti dello stato e soddisfare i capricci dei regnanti.

11 La Prostrazione dei Popoli Italiani Nel Periodo della Dominazione Spagnola
Quest’ultimi, infatti, preferivano impiegare le ricchezze nel lusso. Nel 1600 i vari stati italiani, ma anche la Spagna, attraversarono una crisi economica causata da vari fattori. Il principale fu la scoperta di nuove rotte commerciali che tagliarono fuori l’area mediterranea interessando maggiormente le città bagnate dall’Atlantico. L’intensificarsi degli scambi commerciali favorì l’accumulo di ingenti capitali e il loro riutilizzo in attività redditizie rese la zona molto ricca.

12 La Prostrazione dei Popoli Italiani Nel Periodo della Dominazione Spagnola
La malnutrizione e la conseguente debilitazione causarono delle epidemie che colpirono duramente la penisola italiana. La disperazione delle popolazioni sempre più povere e affamate era in aumento e per evitare rivolte fu creata la figura dell’untore una persona bieca e meschina che, con pozioni o malefici, diffondeva la peste. Ma la fame di ricchezze del regno portò a vendere i beni demaniali, i titoli, i privilegi, i feudi e si accordava ai comuni una tassa per permettergli di riscattarsi dal giogo straniero per poi farceli ricadere. Contemporaneamente la Spagna contraeva sempre nuovi debiti e la classe dirigente non era in grado di porre un freno al continuo peggiorare della situazione. Gli unici “rimedi” che adottarono furono nuove tasse sulle materie prime, e nuovi ordini e divieti che non fecero altro che alimentare il contrabbando e contro il quale il governo non trovò alcun rimedio. La situazione drammatica nella quale versava l’Italia provocava disordini sociali. Nelle campagne molti si diedero alla macchia. Il fenomeno del banditismo era molto diffuso nell’Italia Meridionale ove rappresentava l’unica fonte di guadagno per i giovani. Le bande di fuorilegge del meridione agivano come uno stato parallelo a quello già preesistente: riscuotendo tributi, creando magistrati, celebrando matrimoni. Queste attività assicurarono alle bande l’appoggio dei contadini. Quindi la conseguenza dello stato delle cose fu che l’Italia venne trascinata ancora più nella crisi dalla Spagna.

13 La Prostrazione dei Popoli Italiani Nel Periodo della Dominazione Spagnola
Questo, però, non avveniva nei paesi mediterranei dove la mentalità era legata al passato: la terra era considerata la maggior ricchezza e serviva ad accumulare le rendite. Ma non sempre queste terre erano sfruttate perché i nobili o gli ecclesiastici che le possedevano erano soliti dedicarle all’allevamento. Inoltre il sistema fiscale spagnolo colpiva soprattutto le attività commerciali e produttive, preservando le rendite dei nobili, ma erano anche svantaggiate da un sistema giuridico cavilloso. Il secondo motivo è che la ricchezza spagnola si basava su un’economia di sfruttamento; dal nuovo mondo erano importati metalli preziosi che erano alla base della ricchezza dell’impero. Il rapido aumento della quantità d’oro causò un aumento dei prezzi rendendo la vita difficile ai più poveri e agli imprenditori. La crisi economica, le guerre e le carestie, quest’ultime causate da una piccola glaciazione, portarono ad una crisi demografica che colpi l’intera Europa ma non fermo lo sviluppo degli altri paesi ove il capitalismo era nel pieno del suo sviluppo.

14 Indice La Prostrazione dei Popoli Italiani Nel Periodo della Dominazione Spagnola

15 Le Donne del Seicento. Indice
Le donne del seicento, aristocratiche o borghesi che fossero, avevano l'unico obiettivo di diventare buone mogli: erano infatti sempre educate, sapevano leggere e scrivere (cosa che invece non si vedeva nel periodo rinascimentale, ove erano rare le occasioni di incontrare donne colte), fin da piccole venivano avviate agli atti di pietà e venivano istruite sulle religione ed il culto. Seguivano gli ormai antichi modelli usati anche nel Rinascimento dovevano provvedere ad una dote (commisurata alla ricchezza della propria famiglia), se non si sposavano venivano mandate in convento (questo a volte non accadeva per le donne di basso ceto e quelle campagnole) , ed era lì che imparavano le arti "obbligatorie" per le donne del tempo, ovvero filare e tessere, cucinare e governare la casa. Il matrimonio, comunque, era il principale obiettivo della donna. Le donne che non si sposavano rimanevano nella casa dei genitori, ed erano forse anche più libere. Sebbene nel Rinascimento l'istruzione femminile veniva considerata un'inutile perdita di tempo, nel cinquecento cominciarono a nascere istituzioni scolastiche riservate alle donne; oltre ad imparare a governare la casa, imparavano anche a leggere e a scrivere, come in una vera e propria scuola.

16 Le Donne del Seicento Indice La sfera del privato.
È proprio nell'Età Moderna che nacque la sfera del privato. I borghesi soprattutto cominciano a ritirarsi nel loro ambiente. Le donne smettono di eseguire lavori non domestici, rimanendo più a casa con la famiglia instaurando maggiore rapporto con i figli. Le donne del ceto rurale. Anche le donne dei ceti più bassi si occupavano della casa e filavano. Ma svolgevano molte altre faccende oltre a queste. In campagna era a loro affidata la tosatura delle pecore e la raccolta del lino e la canapa, che sarebbe stata poi da loro filata e tessuta. Coltivavano l'orto per poter raccogliere verdure e ortaggi, si occupavano dell’ovile, pollaio e della stalla. Nelle stagioni estive, ove il lavoro nei campi si faceva più costante,Venivano aiutate dagli uomini per quanto riguardava la raccolta del fieno e la sarchiatura della terra. L'economia campagnola prevedeva anche l'allevamento dei bachi da seta, al quale si dedicavano esclusivamente le donne. In città le donne lavoravano anche come bambinaie, lavandaie ed operaie tessili, quindi non "in proprio", bensì in una fabbrica tessile. A svolgere questi lavori erano perlopiù le donne sole, le donne maritate affidavano loro stesse i bambini alle balie, per poter svolgere altri compiti. Il matrimonio. Non si svolgeva secondo scelta della ragazza, ma secondo la scelta che i genitori ritenevano più conveniente. Non era l'unione di due innamorati, infatti, ma era un vero e proprio contratto tra due famiglie, interamente deciso dai genitori di lei e di lui. Si badava sempre che fosse decoroso, anche quando si trattava di famiglie negli ambienti più umili. Nelle famiglie principesche i matrimoni erano spesso stabiliti per garantire affari politici. Quasi sempre erano combinati dalle famiglie quando gli sposi erano ancora piccoli; inoltre la sposa doveva avere anche una dote.

17 I Lanzichenecchi Indice
I lanzichenecchi erano dei soldati mercenari di fanteria provenienti dalle regioni del Sacro Romano Impero , che combatterono tra la fine del XV e la fine del XVII secolo . Origine e cenni storici. Il termine deriva dal tedesco Landsknecht, cioè servo della regione (Land = terra, patria + Knecht = servitore), non era raro infatti che, con l'indebolirsi dei legami di servitù feudale tipico del periodo Rinascimentale, gli appartenenti a quell'umile ceto sociale tentassero la fortuna aggregandosi in compagnie mercenarie, sperando di arricchirsi con la rapina e il saccheggio. Furono istituiti da Massimiliano I nel 1847 sul modello dei mercenari svizzeri, di cui diventarono presto feroci antagonisti. Durante le guerre dei contadini in Germania ( ) vennero ingaggiati sia dalla nobiltà sia dalle schiere contadine.

18 Lanzichenecchi (Combattimento)
Indice Lanzichenecchi (Combattimento) Con precedenti storici nella e nello scozzese, anche i Lanzichenecchi combattevano in quadrati di fanti emulando i loro rivali contemporanei, gli Svizzeri Il combattimento avveniva a contatto fisico con il nemico: avevano grande importanza le prime linee, cioè i fanti dotati di pettorale e quindi di maggior protezione ed i fanti armati di alabarde e di Zweihänder, che avevano l'incarico di tagliare le armi ad asta del nemico. Le altre righe del quadrato erano composte dai fanti semplici, armati di picca. Dal momento in cui il quadrato dei Lanzichenecchi veniva a contatto con il nemico, il combattimento diventava una vera e propria mischia dove il coraggio personale, la forza e la brutalità erano le doti più utili. Tutti gli ufficiali incluso l'Oberst combattevano a piedi nel quadrato insieme ai fanti comuni e questo dava qualche possibilità di carriera anche ai soldati che non erano di nobili origini. Le battaglie più famose a cui parteciparono i Lanzichenecchi sono quella di Marignano (Melegnano, 1515) e della Bicocca dove i rivali Svizzeri persero la fama di essere imbattibili, oltre a quella di Pavia (1525). La loro impresa più famosa - e non in senso positivo - fu sicuramente il citato del 1527.

19 I Paesaggi 1° capitolo: L'autore descrive i paesaggi del romanzo che in alcuni casi riflettono la situazione della storia;in altri casi invece la discostano e la contraddicono. Il romanzo si apre con una nota di "adagio" che nella parte iniziale potrebbe non permettere il fluire della narrazione. Però questo incipit paesaggistico- geografico ha una sua cadenza rasserenante e una precisa funzione: mostra tranquilli i paesaggi mascherando, almeno nella parte iniziale, la società corrotta del tempo. La descrizione del paesaggio avviene tramite una sorta di telecamera che dal generale (macroscopico) passa al particolare (microscopico); quindi partendo dal lago di Como e dalle catene non interrotte di monti (anche questo aggettivo rende la narrazione serena), fino ad arrivare al paesino e in particolare alla strada che percorreva don Abbondio per tornare a casa. Confrontando la descrizione del paesaggio visto da Fra Cristoforo e quella del primo capitolo, possiamo notare differenze rilevanti: nel primo paesaggio si aveva per protagonista lo spazio, mentre qui è il tempo (la stagione autunnale e il triste tempo storico di miseria). Il primo capitolo è caratterizzato della serenità di don Abbondio sul punto di infrangersi e in questo capitolo si evidenzia la carità di fra Cristoforo.

20 I Paesaggi 5° capitolo: Nella descrizione del poggio su cui si trovava il palazzotto di don Rodrigo, Manzoni sottolinea la trasandatezza, l'abbandono, la volgarità, e un'assenza di stile che è di per sè una mancanza di ogni controllo morale. Attraverso le finestre delle case del villaggio, in cui vivevano le famiglie dei bravi, si notavano armi da fuoco e attrezzi da lavoro: questo significava che la violenza era quotidiana come il lavoro La descrizione del palazzotto di Don Rodrigo rispecchia la personalità del personaggio. Infatti il palazzotto viene presentato come una cattedrale degli orrori posta al centro di un terreno arido. A prima vista, da' l’impressione di essere un forte militare in disuso, tuttavia la presenza di due avvoltoi e di due guardie invece dimostra il contrario. Lo stato di decadenza del palazzotto, le imposte consunte e i mastini ringhianti danno una sensazione di timore e di diabolico, come in effetti è Don Rodrigo.

21 I Paesaggi 8° capitolo: Alla fine dell'ottavo capitolo dei Promessi Sposi, Manzoni realizza una descrizione paesaggistica e dei sentimenti di Lucia di grande effetto: l'addio ai monti. Lucia e Renzo si stanno allontanando dal loro paese su una barca. Lucia pensa al paesaggio che sta abbandonando e data la sua grande malinconia anche l'ambiente trasmette tristezza, sottolineando il suo stato d'animo.

22 I Paesaggi 20° capitolo: Nel ventesimo capitolo dei "Promessi Sposi" la descrizione del paesaggio cupo e solitario, in cui tutto sembra dilatarsi entro i confini spazio temporali, ha la funzione di creare l' atmosfera adatta all' entrata in scena del personaggio, l' Innominato: un uomo solitario che vive su un' alta montagna. Qui più che altrove il paesaggio svela la sua funzione di rivelatore di uno stato d' animo: la paura collegata al senso di mistero. Il castello dell'Innominato era situato in un punto imprecisato lungo il confine tra il Milanese e il Bergamasco e distante non più di sette miglia dal palazzotto di don Rodrigo. L'edificio rispecchia l'indole del padrone: Sorge in cima a un'erta collina al centro di una valle "angusta e uggiosa", che è a cavallo del confine dei due stati, accessibile solo attraverso un sentiero tortuoso che si inerpica verso l'alto e che è dominato dagli occupanti del castello, che sono dunque al riparo dall'assalto di qualunque nemico; il castello è come un nido di aquile in cui l'innominato non ha nessuno al di sopra di sé e da dove può dominare anche fisicamente su tutto il territorio circostante, di cui egli è considerato l'assoluto padrone.

23 Sistema Dei Personaggi

24 Tecnica Della Digressione
La tecnica della digressione consiste nell’allontanamento temporaneo dalla storia principale che arricchisce il testo approfondendo alcuni aspetti secondari, interrompendo la narrazione e aprendo una parentesi al fine di comprendere meglio la trama. Si possono utilizzare due tipi di digressione: Digressione di 1° grado: sono situate all’interno della storia e tutti gli elementi introdotti da sono pertinenti alle situazioni. (Gertude) Digressione di 2° grado: diversamente da quelle di primo grado si muovono secondo logiche esterne alla narrazione. (Bravi)

25 Le Digressioni nei Promessi Sposi
Nel più famoso romanzo italiano le digressioni costituiscono buona parte del racconto. Manzoni utilizza la tecnica della digressione sia per approfondire le storie dei personaggi parlando del loro passato, sia per spiegare al lettore il contesto storico di alcune vicende. Alcune delle principali sono: Le grida contro i bravi; La storia di Fra Cristoforo; La storia di Gertrude Cardinal Federigo Borromeo.

26 Le Grida Contro i Bravi I bravi erano uomini violenti al servizio dei signorotti spagnoli che assicuravano loro protezione e impunità, continuando così ad agire indisturbati. Manzoni inserisce nel primo capitolo del romanzo la digressione riguardo questi criminali nell’occasione dell’incontro tra questi ultimi e Don Abbondio. L’excursus, di carattere storico, consiste nella citazione di documenti seicenteschi (le grida), emanati dai governatori lombardi per arginare il fenomeno del bravismo, molto diffuso all’epoca. Nonostante tutto ciò, questi banditi continuavano ad agire liberamente a causa della società corrotta e della noncuranza del governo spagnolo in Italia.

27 La Storia di Fra Cristoforo
Figlio di un mercante, Lodovico crebbe fra gli agi che la ricchezza paterna gli consentiva. Rifiutato dalla società nobile per le sue origini borghesi cominciò a contrastarli proteggendo i più deboli. Per attuare la sua opera di bene fu costretto ad avvalersi di metodi violenti e dell’aiuto dei bravi. L’autore inserisce questa digressione biografica nel quarto capitolo per motivare le azioni non sempre ortodosse (ma sempre giuste) del frate. Lodovico ebbe la vocazione dopo un evento cruciale nella sua vita: l’uccisione di un nobile prepotente a seguito di un duello. Durante la permanenza in convento, dove cercò riparo dalla giustizia, Lodovico matura la decisione di diventare frate per redimere il suo peccato. Dopo aver preso i voti, Cristoforo decise di incontrare la famiglia dell’ucciso per chiedere perdono. Il fratello del nobile accetta le umili scuse del frate, che finalmente inizia la sua missione di pace per difendere i deboli.

28 La Storia di Gertrude Gertrude nacque in una famiglia nobile e ricca che prima ancora della sua nascita la destinò ad una vita claustrale, affinché tutto il patrimonio fosse ereditato dal primogenito. Fin da bambina subisce un forte condizionamento psicologico da parte del padre che la fa seguire da una monaca badessa con lo scopo di mostrarle un unico futuro: la vita in convento. Crescendo Gertrude viene turbata dalle altre prospettive di vita delle amiche, facendo nascere in lei un sentimento di indecisione. Nonostante ciò, si lascerà convincere dal padre ad accettare la vita monastica. Dopo poco però si pente della sua scelta e torna a casa per discutere del suo futuro, venendo però emarginata da tutti. L’unica persona a rimanergli vicino è un giovane paggio per il quale Gertrude prova una certa attrazione. Venendo scoperta da un cameriere con un messaggio per il paggio, viene condannata alla reclusione. Per scampare a questa sorte la giovine invia una lettera al padre dove si dichiara disposta a esaudire ogni suo volere. Il genitore sfrutta questa occasione per costringerla alla monacazione, destino a cui Gertrude non può più scappare. Dopo alcuni anni di vita monastica la monaca di Monza incontra Egidio, un malfattore che vive accanto al convento, il quale trascina Gertrude in una relazione che le dona inizialmente nuova vitalità. Presto però questa storia si rivelerà fonte di rimorso. Per evitare lo scandalo, gli uddue uccidono una convers che sapeva della tresca amorosa. La storia di Gertrude viene raccontata dal Manzoni per metterne in risalto la personalità piuttosto controversa.

29 Cardinale Federigo Borromeo
Federigo Borromeo è uno dei personaggi storici di maggior rilevanza all’interno del romanzo. Uomo dotto, scrittore prolifico ed eclettico (è stato autore di opere di morale, storia, letteratura, arte ecc.) Federigo ha voluto mettere liberalmente la cultura alla portata di tutti, anche attraverso l’istituzione della Biblioteca Ambrosiana, come argomenta Manzoni: "pensate che generoso, che giudizioso che benevolo, che perseverante amatore del miglioramento umano”. Il Cardinale viene presentato come un modello da seguire, al contrario di don Abbondio che non rappresenta un buon esempio. Federigo fin da piccolo ha cercato di trovare il modo di rendere utile la sua vita. Nel 1580 è entrato in collegio ed ha cercato di soddisfare tutti i suoi doveri nel modo migliore possibile. Ha inoltre insegnato la dottrina religiosa ai “rozzi” del paese ed ha soccorso gli infermi. Ha intrapreso la carriera religiosa, seguendo la sua vocazione, perché voleva fare del bene e ad aiutare le persone in difficoltà. Quando l’Innominato si reca dal Cardinale per confessarsi, questi lo accoglie con benevolenza e lo aiuta nella sua conversione come avrebbe fatto con ogni altra persona che avesse chiesto il suo aiuto. Discende da una nobile famiglia, non ha mai badato ai privilegi che dava la chiesa, ha sempre vestito umilmente, non ha mai voluto avere privilegi ed ha caricato il suo mantenimento e quello dei suoi servi sulle proprie entrate. Il cardinale è sempre disposto ad aiutare chiunque ne abbia bisogno, che sia un ex criminale o un poveretto. Manzoni lo paragona ad "un ruscello che, scaturito limpido dalla roccia, senza ristagnare né intorbidarsi mai, in un lungo corso per diversi terreni, va limpido a gettarsi nel fiume”. Il capitolo XXII°, ampia pausa in cui non vi è alcun intreccio con la storia, è interamente dedicato al cardinale Federigo Borromeo.

30 Giovanni Verga Verga nasce nel 1840 a Catania da una famiglia benestante di idee liberali. Compie i primi studi presso Antonio Abate, patriota entusiasta che gli trasmette la sua passione per i romanzi storico - patriottici e per la narrativa d'appendice: i suoi romanzi giovanili riflettono gli ideali risorgimentali dello scrittore. Col passare degli anni Verga decise di dedicarsi totalmente al mestiere di scrittore. Così abbandona gli studi in legge (1869) e si trasferisce a Firenze, allora capitale del regno. Tre anni dopo si stabilisce a Milano, vero centro della cultura nazionale e dell'industria editoriale. Qui frequenta i salotti intellettuali e gli ambienti della Scapigliatura, si dà alla vita mondana e agli amori. Tra il Verga raggiunse il successo con una serie di romanzi che narrano vicende passionali ambientate nel mondo aristocratico. Nel frattempo Verga amplia i suoi riferimenti culturali: legge i realisti francesi. Mentre in Italia si apre il dibattito sulla questione meridionale: in questo clima nasce il suo progetto di un ciclo di cinque romanzi ambientati in Sicilia.

31 Giovanni Verga Storia Di Una Capinera
Il romanzo Storia di una capinera, scritto da Giovanni Verga, narra la storia di una ragazza di nome Maria, che dopo la morte della madre è costretta ad entrare in convento, non per sua libera scelta,ma per decisione familiare, in quanto il padre si era risposato ed aveva avuto due figli: Gigi e Giuditta. In questa nuova famiglia Maria non riceve più particolari attenzioni, infatti la matrigna pensa solo ai suoi figli e non si cura di lei. Nel 1854 nella città di Catania si diffonde un’epidemia di colera e Maria, quasi ventenne, si reca con tutta la sua famiglia nella casa di campagna a Monte Ilice. Proprio da lì, inizia a scrivere delle lettere alla sua amica del cuore Marianna che aveva conosciuto in convento, e le racconta dei fatti che succedevano in famiglia, delle sue giornate trascorse in campagna e dell’amore che provava per un ragazzo di nome Nino, figlio dei loro vicini di casa. E’ proprio questo amore che, trasformatosi ed ossessione, la porterà alla follia. Infatti la matrigna, accortasi del sentimento di amore tra Maria e Nino, fa del tutto per far sposare la figlia Giuditta a Nino, mentre costringe Maria a tornare in convento per prendere i voti.

32 Giovanni Verga Storia Di Una Capinera
Distrutta e lacerata dal dolore per non poter amare liberatamene Nino, la ragazza muore in una cella sotterranea del convento, usata solo per le malate di mente. Il romanzo si conclude con una lettera di Suor Filomena, indirizzata a Marianna, alla quale racconta gli ultimi momenti della vita di Maria e della sua ultima volontà: quella di farle recapitare un piccolo involucro contenente un crocifisso d’argento, una ciocca di capelli e alcune foglie di rosa da donare al suo Nino. Verga giustifica il titolo della sua opera in un breve antefatto antefatto. Ci racconta che una volta vide una capinera chiusa in gabbia, che era molto triste perché sentiva cinguettare gli altri uccellini liberi di volare sui prati. Alla fine la poverina morì, ma non per la fame o il freddo, ma perché era stata privata della libertà. Analogamente, gli racconteranno la triste storia di una ragazza rinchiusa in un convento, che morì per essere stata imprigionata e per non essere stata libera di vivere e amare. Quindi Verga paragona la capinera alla protagonista principale del romanzo: Maria, la quale era stata privata della libertà.

33 I Quadri L’Addio ai monti di Renato Guttuso.
L' Addio ai monti di Francesco Gonin. La partenza de "I promessi sposi" di Michele Fanoli.

34 Cinema e Televisione A partire dal 1908 anche il cinema raggiunge l'opera manzoniana: molto interessante è il Kolossal realizzato nel 1941 dal regista Mario Camerini con grandiose ricostruzioni di ambienti e edifici negli studi di Cinecittà e riprese dal vero nei luoghi manzoniani. Inoltre, c'è un attento lavoro di documentazione svolto in contatto con i responsabili del Centro Nazionale di Studi Manzoniani. Al 1967 risale la prima edizione televisiva del romanzo con la regia di Sandro Bolchi e la sceneggiatura dell'autorevole Riccardo Bacchelli. Questa iniziativa della Rai, della durata di otto puntate, attrae davanti al video un gran numero di spettatori.

35 Cinema e Televisione Un nuovo sceneggiato televisivo avviene nel 1989 da alla Salvatore Nocita direzione di un cast internazionale che viene doppiato nelle cinque puntate andate in onda su Rai1 riscuotendo un vastissimo successo. Tra gli attori: Alberto Sordi, Helmut Berger e Burt Lancaster Nel 1990 il trio comico Marchesini, Solenghi, Lopez realizza per la TV una parodia del romanzo che, replicata più volte, ha raggiunto un ampia popolarità.

36 Fantastico Don Rodrigo

37 Liceo Scientifico Statale “Filippo Masci” di Chieti Lavoro realizzato dalla classe II^F


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