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A cura di Francesco Di Giovanni, Coordinatore di progetto e Orlando Iannace, referente Dipartimento Giustizia Minorile Progetto di educativa territoriale.

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Presentazione sul tema: "A cura di Francesco Di Giovanni, Coordinatore di progetto e Orlando Iannace, referente Dipartimento Giustizia Minorile Progetto di educativa territoriale."— Transcript della presentazione:

1 A cura di Francesco Di Giovanni, Coordinatore di progetto e Orlando Iannace, referente Dipartimento Giustizia Minorile Progetto di educativa territoriale su quattro periferie di Palermo, Reggio Calabria, Napoli e Bari.

2 Progetto innovativo sperimentale finanziato da

3 Direzione Generale per l’attuazione dei provvedimenti giudiziari Soggetto responsabile capofila Partner Istituzionale

4 Partner Progettuali

5 LE RADICI: IL “PARCO POLLICINO” USSM di Palermo - Al Azis – Inventare Insieme 1.Progetto Youthstart (1998 – 2000) “Pollicino – percorsi di integrazione socio lavorativa per adolescenti a rischio di inclusione sociale” 2.Progetto POR Sicilia 2000 – 2006 (2002 – 2004) “Pollicino – Centri polivalenti in Rete” 3.Progetto Equal (2002 – 2005) “S.O.L.E. – Sistema di orientamento Lavoro Esclusi” 4.Progetti APQ “Recupero della marginalità sociale” (2004 – 2007) “La rete di Pollicino” e “Un posto al SOLE” 5.Progetto PON Sicurezza (2004 – 2006) “ISIS – Information Society per l’Inclusione Sociale” 6.Progetto 328 – D. 42 di Palermo (2006 – 2009) “RISE – Rete Inclusione Socio Economica”

6 LA STRATEGIA DI PROGETTO “La lotta all’esclusione sociale, insieme alla determinazione di pari opportunità di accesso alla vita produttiva ed al benessere sociale di categorie più deboli e a rischio richiede lo sviluppo di politiche sociali innovative, fondate sul policentrismo di interventi e viene attuata mediante lo sviluppo di partenariati territoriali” (cap. 3 Proposta di PIC Equal)

7 Allarme dispersione scolastica: lasciano la scuola 500.000 ragazzi all'anno. Sono quasi un milione i ragazzi del nostro paese in possesso della sola licenza media e quasi mezzo milione i cosiddetti “dispersi” che la scuola genera ogni anno. Sono sufficienti solo questi due dati per collocare i giovani italiani agli ultimi posti in Europa. Gli “early school leavers” (coloro che si sono congedati un po' troppo presto dalla scuola) nel 2006 sono ben 890 mila: ragazzi di età compresa fra i 18 e i 24 anni, pari al 20,6% del totale di quella fascia, in possesso della sola licenza media e che non partecipano a nessuna forma di educazione o formazione. Insomma, giovani usciti definitivamente dai circuiti formativi.

8 La questione meridionale Ma è soprattutto il tutte le regioni meridionali che si annida la dispersione con valori superiori alle medie nazionali anche del 30%. Segno che il fenomeno è legato anche ad aspetti economici e sociali con alunne mediamente più brave dei compagni maschi.

9 Il Commissario UE avverte Il Commissario europeo per l'Istruzione, la Formazione, Ján Figel, avverte: "Sistemi d'istruzione e di formazione efficienti possono avere un notevole impatto positivo sulla nostra economia e società ma le disuguaglianze nell'istruzione e nella formazione hanno consistenti costi occulti che raramente appaiono nei sistemi di contabilità pubblica. Se dimentichiamo la dimensione sociale dell'istruzione e della formazione, rischiamo di incorrere in seguito in notevoli spese riparative". Un fenomeno che al Paese incide per circa 3 miliardi di euro l'anno di costi diretti e una cifra non quantificabile di costi indiretti che possono essere molto pesanti.

10 Beneficiari 120 ragazzi/e (dai 13 ai 18 anni) che presentano forte disagio scolastico o sono in dispersione e a rischio di devianza anche segnalati dai servizi della Giustizia Minorile (partner del progetto), dai servizi sociali, educativi e sanitari del territorio. In ciascuna delle sedi di sperimentazione verranno avviati al progetto 30 minori/giovani adulti, in tre step.

11 Palermo – Quartiere Zisa Il quartiere Zisa di Palermo situato a ridosso del centro storico è uno dei quartieri della città di Palermo in cui si concentrano significativamente altissimi tassi di dispersione scolastica e di devianza giovanile e nel quale da sempre la criminalità organizzata ha trovato riparo per la gestione dei propri interessi. Il progetto si sviluppa a partire dalla presenza ventennale del Centro Polivalente TAU, fucina di sperimentazioni innovative nel campo della prevenzione, della promozione giovanile e dell’intervento a favore di giovani autori di reato.Nelle azioni locali sono coinvolti: la cooperativa Al Azis, il Centro per la Giustizia Minorile per la Sicilia, l’USSM (Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni) di Palermo, il Comune di Palermo, l’Associazione “Inventare Insieme (onlus)”, i servizi ASL, scuole ed enti di formazione, parrocchie, altri enti del Privato sociale.

12 BARI – Quartiere San Paolo Il quartiere San Paolo di Bari, periferia della città, si caratterizza per la recrudescenza di episodi di delinquenza minorile e per l’assenza di spazi di socializzazione. Tra i ragazzi/e di età compresa fra i 10- 14 anni forte è il tasso di abbandono scolastico. Il progetto si sviluppa capitalizzando l’esperienza del Centro Diurno “Tonio Signorile”, da anni impegnato nella prevenzione delle dipendenze patologiche e nell’inclusione socio lavorativo. Nelle azioni locali sono coinvolti: la cooperativa sociale “CAPS”, il Centro per la Giustizia Minorile per la Puglia, l’USSM, il Comune di Bari, la Circoscrizione, gli uffici del lavoro ed altri enti del Privato sociale.

13 NAPOLI – Quartiere San Pietro Il quartiere di San Pietro di Napoli si trova nella periferia orientale di Napoli. La zona di Parco Selva Cafaro, in particolare, denominata “Bronx”, si presenta come un insieme di palazzi, carenti di strutture e servizi sociali e di aggregazione, e si caratterizza come un microsistema sociale chiuso del tutto diverso dal “mondo esterno”. Tra i numerosi problemi risulta importante ricordare l’elevato tasso di dispersione scolastica (in un contesto dove la fascia più rappresentata è quella riguardante le persone con licenza elementare), lo sfruttamento sessuale dei minori, l’esistenza di attività illecite (dalla prostituzione allo spaccio di sostanze stupefacenti), e di microcriminalità. Nelle azioni locali sono coinvolti: la cooperativa sociale “Il Millepiedi”, il Centro per la Giustizia Minorile per la Campania, l’USSM di Napoli, il Comune di Napoli, la Circoscrizione, scuole ed enti di formazione, gli uffici del lavoro, altri enti del Privato sociale.

14 REGGIO C. – Quartiere Arghillà Il quartiere di Arghillà di Reggio Calabria è un quartiere soggetto ad un costante fenomeno di incremento della popolazione (con presenza di molti nuclei familiari stranieri) in virtù di interventi di edilizia popolare. La zona è caratterizzata dalla mancanza di strutture sportive, luoghi di incontro e occasioni di socializzazione soprattutto per la fascia adolescenziale. Nelle azioni locali sono coinvolti: la cooperativa sociale “Marzo ‘78”, il Centro per la Giustizia Minorile per la Calabria e la Basilicata, l’USSM di Reggio Calabria, il Comune e la Provincia di Reggio Calabria, l’Associazione, i servizi ASL, scuole ed enti di formazione, parrocchie, altri enti del Privato sociale.

15 Il Progetto

16 Obiettivi di REST’ingioco rafforzare il sistema di intervento sociale a favore di ragazzi/e “a rischio” di dispersione scolastica e di esclusione sociale; agevolare percorsi re-inserimento scolastico e di successo formativo valorizzando anche le risorse e le potenzialità presenti nel contesto sociale e familiare; facilitare l’accesso/fruizione da parte dei ragazzi/e delle risorse pubbliche e private dei vari contesti debitamente collegate tra loro in rete. sperimentare l’utilizzo di strumenti comuni nella costruzione dei progetti educativi; teorizzare un modello integrato (a partire dalle sperimentazioni locali) di educativa territoriale; finalizzata al inserimento/reinserimento scolastico/formativo in quartieri di città metropolitane del sud Italia.

17 La nostra Educativa Territoriale Prossimità, intesa come una vicinanza non soltanto fisica, ma anche emotiva, realizzabile grazie alla presenza dell’educatore nei luoghi di vita (la strada) e nelle varie fasi della giornata del minore, facilitando i processi di integrazione e favorendo il consolidamento della relazione. Informalità, intesa come modalità che consente di abbassare la soglia e di esprimere vicinanza, rinunciando a posizioni di potere che rischiano di creare incomunicabilità e rifiuto; l’approccio informale, inoltre, facilita l’aggancio iniziale e riduce il rischio di atteggiamenti di difesa e di “copertura” da parte della famiglia e le possibili resistenze del giovane.

18 Flessibilità, che consiste nella capacità di adattarsi costantemente alle esigenze dei diversi ragazzi o a quelle dello stesso giovane, nei diversi momenti del suo percorso educativo, e che si concretizza nella possibilità di spostamento degli operatori sul territorio, nella diversificazione delle attività, dei tempi, etc Valorizzazione del Territorio e delle Reti, a partire da una conoscenza approfondita e diretta (mappatura delle risorse e dei vincoli esistenti) e dal coinvolgimento, sin dall’inizio, degli attori sociali. Il Territorio è visto non solo come spazio nel quale hanno origine i processi di disadattamento, di emarginazione e di disagio, ma anche come opportunità da sviluppare, attraverso l’attivazione e l’integrazione di quelle risorse formali ed informali che il contesto esprime e che rappresentano le possibilità di crescita e di sviluppo per quel territorio e per il singolo soggetto. Alla base del modello, vi è la consapevolezza che nessuno possa detenere una conoscenza più fondata di coloro che vivono la comunità. Renderli partecipi sin dalle prime battute, dunque, significa porre le premesse per ottenere una collaborazione motivata.

19 Continuità, nel senso di promuovere un’azione educativa che inneschi un processo di sviluppo di competenze e favorisca un processo di autonomia che consenta al giovane di continuare l’esperienza iniziata, ma anche che il percorso di accompagnamento non si interrompa con la fuoriuscita del giovane dal circuito penale, ma abbia come meta finale il raggiungimento degli obiettivi educativi contenuti nel progetto personale. Multidimensionalità, nel senso di farsi carico delle esigenze educative connesse alle diverse dimensioni della vita del minore in difficoltà (famiglia, formazione, lavoro, socializzazione, tempo libero, etc.). Multidisciplinarietà, che si basa sul coinvolgimento e sull’integrazione delle varie figure coinvolte nel progetto educativo (operatori istituzionali, del privato sociale, del volontariato, etc) con formazione, cultura ed appartenenze differenti.

20 Modalità di Intervento Intervento diretto con il minore Sviluppato attraverso la predisposizione di progetti educativi personalizzati che utilizzano un approccio educativo di tipo “maieutico” e tecniche educative quali il colloquio educativo, l’ascolto attivo, l’orientamento personale e professionale, la promozione della socializzazione, la peer education, la mediaeducation, svolgendo un ruolo di sostegno, di rafforzamento e di inter-mediazione nelle varie sfere della vita del ragazzo. Intervento con la famiglia Finalizzato innanzitutto al sostegno delle funzioni educative della famiglia, ma anche alla ricerca di un consenso,di una condivisione e di un sostegno (ove possibile) rispetto al lavoro educativo da svolgere.

21 Intervento con il gruppo dei pari Proiettato all’attivazione di processi di sviluppo spontaneo attraverso il passaggio di conoscenze, di emozioni e di esperienze, facendo leva sulla comunicazione tra i vari componenti del gruppo dei pari. Intervento con la rete secondaria non istituzionale Finalizzato a sensibilizzare la comunità locale alla percezione e al riconoscimento reciproco di capacità e competenze. Il lavoro con la rete secondaria contribuisce a far crescere il senso di comunità aperta, stimolando occasioni di incontro, fornendo aiuto e sostegno ad iniziative finalizzate all’integrazione di gruppi di persone appartenenti alle fasce più deboli della popolazione. Intervento con la rete istituzionale Il “cuore” dell’intervento, fondato sul rapporto di stretta collaborazione (integrazione) fra educatore e servizi sociali della Giustizia Minorile e del Territorio e mira alla creazione e al mantenimento di canali di collaborazione con le istituzioni che si occupano a vario titolo di giovani accolti.

22 LO SVILUPPO DEI CENTRI POLIVALENTI SUL TERRITORIO Il Centro Polivalente si colloca sui territori come servizio finalizzato a promuovere iniziative di aggregazione giovanile e di sviluppo del territorio attraverso: - l’integrazione tra i diversi sistemi impegnati a favorire processi di inclusione sociale e lavorativa - la partecipazione dei giovani e dei cittadini nelle progettualità.

23 LA STRATEGIA DI RETE Il lavoro di rete non è solo un modo di lavorare, una diversa prospettiva di accostamento alla risoluzione dei problemi, è soprattutto una mentalità. E’ una prospettiva di pensiero integrata, in grado di generare o comprendere al suo interno teorie, modelli, tecniche di lavoro di tipo pluridimensionale (Maguire, 1994)


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