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BORGO GREGORIOPOLI IC. FANELLI – MARINI Ostia Antica Classe II B

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Presentazione sul tema: "BORGO GREGORIOPOLI IC. FANELLI – MARINI Ostia Antica Classe II B"— Transcript della presentazione:

1 BORGO GREGORIOPOLI IC. FANELLI – MARINI Ostia Antica Classe II B
A. Sc –2008 STUDIO DEL TERRITORIO BORGO GREGORIOPOLI

2 Il declino della città di Ostia cominciò circa nel V secolo d. c
Il declino della città di Ostia cominciò circa nel V secolo d.c. quando la città perse definitivamente il ruolo commerciale avuto durante l’ impero romano.La navigazione fluviale era impraticabile e anche via terra le comunicazioni con Roma, erano diventate difficoltose e piene di pericoli. Il territorio era dominato dalla malaria Il borgo La decadenza fu favorita dalle incursioni dei barbari che depredavano di tutto. I pochi superstiti si raggrupparono intorno alle chiese paleocristiane di S.Aurea e S.Ercolano, sorte fuori dalle mura dell’Ostia romana nel’area delle necropoli e qui piano piano vi fu una lenta ripresa di attività e di lavoro. Le notizie sul villaggio medioevale, che cercò di sopravvivere nonostante i tempi difficili, sono scarse e alquanto incerte. Di sicuro,per proteggere la popolazione da queste scorrerie, Gregorio IV decise, nell’827 d.C., la costruzione”a fundamentis” del nuovo insediamento di una piccola roccaforte fornita di una cinta muraria con torri con lo scopo unico di prevenire ogni eventuale attacco dal mare mirato a ripercuotersi anche su Roma. Nacque così Borgo Gregoriopoli

3 Quest’ opera di difesa non riuscì a tuttavia a fermare i Saraceni che nell’ 846 invasero la campagna romana. Il Papa Leone IV li cacciò definitivamente dopo la battaglia di Ostia. Questo episodio storico è ricordato in un affresco di Giulio Romano chiamato “L’incendio del Borgo e situato al Vaticano nelle “Stanze di Raffaello”. Il documento più antico che riguarda la comunità ostiense, risale al 1159 quando 54 capifamiglia, sotto l’autorità del vescovo firmarono una donazione al Papa, elencando le attività svolte nel piccolo centro ed esse erano: pesca,agricoltura,produzione del sale ma anche difesa del territorio.

4 Tra il 1423 e il 1424, papa Martino V fece costruire un nuovo torrione a difesa del Borgo perché le mura erano danneggiate a causa dei vari assedi a cui in precedenza la cittadella era stata sottoposta. Durante le lotte tra Papato ed Impero il territorio ostiense passò sotto il controllo della Chiesa e Ostia divenne una dogana nella quale venivano pagate tutte le tasse per le merci che dovevano arrivare a Roma. Con il papa Sisto IV , nel 1471, fu iniziata da parte della Chiesa una politica di rinnovamento edilizio e ne approfittò il vescovo di Ostia, il Cardinale d’Estouteville, che presentò un progetto di generale ristrutturazione del Borgo. Sul circuito murario sono ancora visibili gli stemma del cardinale al quale si deve questa rivalutazione urbanistica del territorio ostiense. In un documento del 1191 vengono nominate tre case in fila appoggiate alle mura che sono le stesse che si vedono ancora oggi, mentre è 1383, un altro documento che riporta la descrizione di case a due piani, con portico anteriore, che volgono le spalle al fiume, in direzione dello stagno, fonte di lavoro per la presenza delle saline.

5 I tre blocchi di case avevano una tipologia a doppia schiera con muro portante. Ogni abitazione aveva porte e finestre sullo stesso lato. Gli edifici non superavano in altezza le mura di cinta ed erano svincolati da esse per ragioni di sicurezza: in caso di assalto dei nemici le truppe invasori erano costrette a grande rischio a passare attraverso gli stretti vicoli che separavano le case. L’unità più a vicina alla chiesa, detta “la stecca” era più corta e ciò comportava la creazione, davanti all’ingresso della chiesa e alla rocca, di uno slargo che era importante per gli usi di vita di quel tempo. Le varie unità abitative erano definite “terrinea” quelle a piano terreno e invece “solarata” quella a piano superiore. La “tettata” quella sotto tetto il quale era fatto con tegole.

6 Ancora oggi, nonostante le ristrutturazioni, queste case conservano quasi intatte la loro struttura originaria. In particolare in Via delle Colonia, (al n.4-6 ) tra le finestre al primo piano vi è una “falsa cortina” dipinta, probabilmente originaria, che riproduce una muratura uniforme a mattoni.Questi erano espedienti comuni nel Tardo medioevo per sistemare le facciate delle case che venivano costruite con tecniche scadenti e materiali di riutilizzo. La casa mediana che si affaccia su Piazza della Rocca, presenta una serie di archetti sorretti da mensole in travertino che in origine avevano la funzione di sorreggere un ampliamento della casa verso la piazza, per ampliare la superficie dell’ abitazione.

7 Interessante è il portoncino in pietra in via del Forno( n
Interessante è il portoncino in pietra in via del Forno( n.11 ), di fattura rinascimentale che presenta un piccolo stemma con una torre e l’ iscrizione sull’architrave del nome dell’antico proprietario. La scritta “ quielmo alias corsetto” sottolinea probabilmente le sue origini corse: infatti numerosi erano i corsi che nel primo cinquecento erano impegnati sul litorale laziale in attività militari. In generale tutte le case sono state costruite riutilizzando materiale di spoglio di età romana e dappertutto si notano frammenti di colonne, di architravi e frammenti di rilievi antichi. Da una pianta conservata negli Archivi del Vaticano, risulta che sul lato orientale interno, vi è una linea continua , parallela alla cinta muraria che potrebbe stare ad indicare la presenza di recinti probabilmente utilizzati per tenere gli animali. Alcuni fabbricati dette “ tabernae “, esistenti ancora oggi, erano sulla destra dell’entrata del Borgo.

8 episcopio Nel 1511 Raffaele Riario divenne vescovo e rinnovò subito l’aspetto della chiesa e della residenza vescovile ormai non più sufficiente chiamata Episcopio. Furono eseguiti lavori di ampliamento con l’aggiunta di un’ala nuova addossata all’angolo sud orientale delle mura del Borgo che inglobò una delle torri circolari . Dopo l’edificazione non fu più visibile il fianco destro della chiesa perché episcopio e chiesa venivano a formare un blocco unico, opposto alla rocca, ma ad essa unito dalla cinta delle mura. Nel corridoio di comunicazione tra le varie stanze della nuova ala si possono vedere , inglobate nel muro, due lesene del fianco meridionale della chiesa. Le porte di comunicazione, tra le varie sale dell’edificio furono architravate in pietra con un’iscrizione dedicata al cardinale Riario.

9 Le travi del tetto furono dipinte e la sala principale dell’episcopio e tutti gli ambienti , nella parte alta, furono affrescati con fregi floreali o dipinti in chiaroscuro raffiguranti le armi , le imprese del Riario e di Giulio II. La sala principale fu decorata con un ciclo di affreschi dei quali ne parla anche il Vasari nei suoi scritti, ma che per una imbiancatura a calce data alle pareti dell’episcopio ai tempi della peste in Ostia e per una errata trascrizione dell’ opera del Vasari, esse erano state date per scomparse.

10 Solo alcuni decenni una fortunata e casuale scoperta, dovuta a padre Geremia Sangiorgi, parroco di S.Aurea, ha permesso di conoscere il vasto ciclo di pitture murali che decorano il salone Riario. Questi affreschi probabilmente realizzati tra il 1511 e il 1512 da Baldassarre Peruzzi, con soggetti tratti dalla Colonna Traiana, coprono interamente la parete muraria di 7 metri, della sala Riario, fin sotto il tetto sorretto da grosse travi. Anticamente questa sala era divisa in due parti da un tramezzo e non era visibile in tutto per il suo splendore.

11 Nei grandi quadri monocromi le scene sono ispirate ai rilievi della Colonna Traiana. Le lesene sono dipinte e poggiano su un unico piano costituito da finte lastre marmoree con dischi iscritti: questi sono realizzati con perfett a linearità circolarità grazie all’uso del compasso e la battitura a fili, i quali sono ancora visibili nell’intonaco. Le incisioni dei capitelli di queste colonne sono ricoperti da grandi stemmi tra cui quello del Riario è ben conservato quello di GiulioII.

12 Dettagli affreschi Parete est
I, II, III, IV perdute per il rifacimento di questo tratto di parete, probabilmente colpita da qualche cannonata a catapulta lanciata dalla palude dai Saraceni, nel famoso assedio alla Rocca di Ostia. V, battaglia “a mano” fra romani e barbari. VI, assedio alla roccaforte dei Daci con la decapitazione del loro re Decembalo Parete sud VII, VIII, emblemi araldici e panoplie di armi antiche con al centro la sagoma di un camino scomparso. Parete ovest IX, soggetto in parte perduto. Probabile corteo dell’imperatore Traiano con al centro in basso il ritratto di papa GiulioII vestito da guerriero. X, apertura di una breccia sulle mura della città nemica. XI, ricostruzione di un fortino da parte dei romani. XII, adlocutio del dux alla flotta. XIII, battaglia fluviale sul Danubio. XIV, presentazione del dux del bottino di guerra. Parete nord XV, fuga dei barbari dall’impero. XVI, sottomissione dei barbari all’imperatore. XVII, funerali del dux (affresco attribuito a Domenico Beccafumi).

13 Sant'Aurea La chiesa di Sant’ Aurea, insieme a quelle di Sant’ Ippolito all’ Isola Sacra e alla basilica di Pianabella, fu uno dei primi edifici costruiti alla fine delle persecuzioni. Nel IV e V secolo d.C., nell’area in cui sorge attualmente la Chiesa di Sant’Aurea, vi era già una basilica paleocristiana dedicata alla Santa Ostiense,, giovane martire di nobili origini che, dopo la sua conversione al Cristianesimo, subì prima un allontanamento dalla famiglia e dopo numerose sevizie fu annegata con un masso legato al collo. Il suo corpo fu recuperato e sepolto dove poi sorse la Basilica. La sua tomba era meta di devozione e per questo fu proclamata santa.

14 Questa Basilica paleocristiana in stile romanico, aveva una pianta a tre navate con colonne ed arcate, l’ingresso rivolto a oriente in direzione della via Ostiense. Essa aveva fin dall’antichità il privilegio di essere la seconda diocesi più importante dopo quella di Roma ed era anche la sede abitativa del vescovo di Ostia La ricostruzione della attuale Basilica in stile rinascimentale, si deve soprattutto all’ interessamento del Cardinale d’Estouteville che fece radere al suolo il preesistente edificio e ne commissionò, all’architetto Baccio Pontelli, la ricostruzione con l’ingresso rivolto verso la Rocca. Il completamento e l’ ampliamento con l’ edificio dell’Episcopio, si devono al cardinale Giuliano della Rovere,futuro papa Giulio II il cui stemma è visibile sulla facciata . L’ interno, a unica navata, presenta un presbiterio sollevato di alcuni gradini con una grande arcata, al centro della quale è posto l’altare. Il soffitto con un’altezza di 12 metri, a capriate lignee e pianelle,è dipinto con gigli, motivo araldico legato alla Francia, patria del d’Estouteville. Sull’altare invece vi sono simboli che fanno riferimento al cardinale Della Rovere.

15 Nel 1914 i Padri agostiniani si interessarono del restauro grazie al quale la chiesa ha riacquistato lo splendore rinascimentale La muratura esterna,costruita interamente di mattoni,è mossa da una serie di lesene in travertino con basamenti ornati di trofei d’armi e con la stemma cardinalizio di Giuliano della Rovere. I capitelli in pietra sono lavorati con foglie di acanto e palmette,incorniciate da volute. Sulla facciata principale, sotto il frontone, dove è inserito lo stemma dei Della Rovere, si apre un rosone a otto spicchi lobati. Ai lati vi sono due bifore incassate nella strombatura del muro. In alto all’edificio sono ancora visibili i due candelabri che servivano per illuminare la piazza durante i riti sacri. Il campanile, demolito nel 1700, fu ricostruito con modeste dimensioni Si può ammirare, inoltre, un calco di un frammento sepolcrale trovato casualmente solo nel 1945 tra il giardino della chiesa ed il fossato della rocca. Esso riporta una composizione in versi dedicato a Santa Monica, madre di Sant ‘Agostino, morta ad Ostia per malaria e sepolta qui nell’antica necropoli presso la basilica paleocristiana fino a quando il suo corpo non è stato traslato durante il Rinascimento nella chesa romana di Sant’Agostino.La tela dell’altare della cappella ritrae Santa Monica e il giovane figlio Agostino.

16 L’edifico è illuminato da bifore quattrocentesche
L’edifico è illuminato da bifore quattrocentesche. Due finestre sul lato sinistro scomparirono, quando furono appoggiati all’edificio altri ambienti realizzati dal Cardinale Riario per ampliare l’Episcopio. La piccola finestra sul lato settentrionale fu fatta fare successivamente e porta lo stemma dei Carafa. Nel presbiterio, nei pressi dell’arco di trionfo, c’è una piccola colonna, probabilmente base dell ’antico cero pasquale e vi si legge il nome abbreviato di “S.Aur”. Nella cappella di Santa Monica, fatta costruire nel 1627, di grande interesse storico ed archeologico è un frammento della lapide di Sant’Aurea con l’iscrizione in greco “ Chrise”.

17 Il castello fu fatto costruire da Giuliano della Rovere inglobando alcune strutture militari già esistenti. In quel periodo era papa, Sisto IV, zio di Giuliano della Rovere. Poco prima di morire egli riuscì a far coniare alcune medaglie con su disegnato schematicamente il castello: forma triangolare con un cerchio rappresentante il mastio, o maschio (Torre di Martino V). Fu l’architetto Sangallo secondo un’ipotesi di alcuni studiosi a progettare la pianta della rocca con il fossato, invece Baccio Pontelli fu soltanto l’esecutore materiale. La Rocca Questa ipotesi non può essere convalidata, per mancanza di prove, che su un’ analisi strutturale della rocca: si constata che alcuni caratteri della fortezza somigliano all’architettura fortificata marchigiana del tardo medioevo. La forma della rocca ostiense è stata condizionata dall’ andamento del Tevere

18 Il castello, costruito da Baccio Pontelli, ha, infatti, una forma triangolare, con due vertici arricchiti da due torrioni circolari, il terzo è a punta verso il mare. Tutto il perimetro del Castello presenta, al piano più basso, una serie di case matte (camere da sparo) che si affacciano sul fossato. Con l’avvento delle armi da fuoco,si costruì il muro con la tecnica a “sacco”. Tale tecnica consisteva nel mescolare pietre di piccole dimensione a malta di calce e pozzolana. Tale impasto veniva gettato dentro la struttura muraria costituita da una doppia cortina di mattoni aventi il compito di rivestimento. Ciò permetteva di realizzare murature resistenti agli urti ed al tempo. Il muro della rocca si presenta verticale nella parte superiore e inclinato nella parte inferiore, detta “scarpa”, e rinforzata da un cordone di marmo lungo la linea di congiunzione.

19 Per entrare nel castello bisogna passare su un ponte lavatoio, il primo dei tre, presenti nella struttura. Attraversandolo si giunge al rivellino, costruzione poligonale rivolta verso il Borgo e posta ad ulteriore difesa e di controllo. Grazie ad una serie di bocche da fuoco aperte in basso per la difesa radente e alla realizzazione in alto di una specie di terrazza, da qui si poteva cannoneggiare verso l’interno della piazza, nel caso gli assalitori avessero conquistato l’abitato. L’ingresso esterno del rivellino presenta un bel portale, in differenti marmi di riutilizzo romano rilavorati con l’iscrizione dedicatoria del cardinale Della Rovere. Subito dopo, un secondo ponte levatoio, collegava il rivellino all’ingresso principale del castello il quale era realizzato con stipite e architravi di colori diversi che creano un particolare effetto cromatico. Sullo stipite c’è un’iscrizione dove si nomina anche l’architetto Baccio Pontelli.

20 Dall’ingresso un breve vestibolo voltato immette nel corridoio perimetrale delle casematte. Sulla volta a botte frontale al vestibolo è ben visibile la fessura nella quale veniva fatta scorrere una saracinesca che permetteva di chiudere il passaggio. Le pareti dell’ambiente sono rivestite di lastre di marmo lavorate in grandi riquadri, che presentano nella parte alta un’iscrizione con il nome di Sisto lV e a metà altezza il motto “CUSTOS FIDE CAVETO DOLIS/(HO) SPES IN ARCE SOLVITO METUM”(sentinella fedele guardati dagli inganni/Ospite della rocca deponi il timore), tracciato con lettere in capitale epigrafica d’ispirazione classica. All’ingresso i corridoi diventano due: uno verso destra che portava al mastio, l’altro a sinistra verso le casematte e il centro del castello. Le case matte sono disposte in modo perimetrale sui tre lati del castello. Queste sono degli ambienti per la difesa da fuoco. Le aperture per i fucili, le cannoniere, sono a forma di “toppa di serratura” (archibugiere). Nelle case matte si presentano delle finestre a strombatura interna per ragioni di ulteriore difesa e per fare uscire il fumo da sparo. Il pavimento è stato rialzato nel sedicesimo secolo, forze per tenere più asciutto le case matte umide per la presenza del fossato.

21 Nel torrione sud-occidentale furono ricavate alcune stanze ad un uso particolare che rendono il castello di Ostia un “unicum” nel suo genere: il bagno un confort tipico solo delle dimore papali e nobiliari più ricche ed importanti. La stanza principale e di forma circolare, con funzione di bagno, utilizzabile dal Papa e da personaggi di rango durante i loro soggiorni al castello. La sala, coperta con una volta a cupola realizzata in mattoni, in cui è aperta una piccola finestra per l’illuminazione, presenta la vasca al centro con tutt’ intorno due file di gradoni in pietra per potersi sedere. Sul fondo della vasca circolare, pavimentata a mattoni, c’era un chiusino per lo scarico dell’acqua. L’acqua fredda probabilmente proveniva da una conduttura interna al muro, mentre quella calda, immessa nella vasca tramite un tubolo nella muratura sotto la finestra, era riscaldata dentro caldaie di metallo, sistemate in un forno posizionato proprio alle spalle del bagno. La vicinanza con questa fonte di calore permetteva anche il riscaldamento dell’ambiente e l’immissione di vapore attraverso un’apertura quadrata. L’ambiente era abbastanza semplice e spartano, senza alcun tipo di rivestimento o di decorazione sulle pareti e sulla volta. Il forno collegato al bagno era strutturato in modo da avere la bocca di alimentazione in una stanza a nord della vasca, dove veniva accatastata la legna; aveva una forma circolare con una volticella come copertura, realizzata in mattoni. Questa struttura risultava direttamente accessibile dal corridoio delle case matte mediante alcuni gradini, probabilmente per permettere il posizionamento delle caldaie per il riscaldamento dell’acqua. Collegata al bagno era inoltre un’altra stanza subito ad est, di forma rettangolare, che non sembra avere alcun tipo di utilizzo a scopo militare. Un confort tipico all’epoca solo delle dimore papali o nobiliari più ricche ed importanti

22 Approfondimento: le Stufe
L’ambiente adibito a bagno all’interno del castello di Ostia Antica ricorda nella sua forma e funzionamento le sale termali romane, in particolare i piccoli calidaria, con le vasche di acqua calda, e i laconica (o sudatoria), dove si effettuavano bagni di vapore. La riscoperta della cultura termale comincia in Europa tra le classi elevate,già nel Tardo medioevo, ma è nel XV e soprattutto nel XVI secolo che vengono costruite in alcune residenze della nobilità italiana, e in particolare a Roma, caratteristici ambienti da bagno, detti “stufe” tipologicamente definiti e spesso sontuosamente decorati riservati unicamente ai proprietari delle dimore Approfondimento: le Stufe . L’ambiente, che strutturalmente può confrontarsi con quello di Ostia, è il bagno con vasca di forma quadrata a gradoni nell’ala tra i torricini nel palazzo Ducale di Urbino ed attribuibile forse agli interventi di Francesco di Giorgio Martini, all’epoca in cui si trovava a lavorare nel contiere urbinate anche il fiorentino Baccio Pontelli. Nell’allestimento del bagno ostiense, perciò, l’architetto fiorentino avrebbe potuto recepire tali moderne proposte architettoniche, che nella città marchigiana venivano sperimentate con grande efficacia e perizia, rielaborandole all’interno di una differente struttura architettonica. Sezione del bagno papale ed ambienti connessi con ipotesi ricostruttiva del loro utilizzo

23 Sull’incrocio tra il braccio occidentale e quello sud-occidentale, è stato costruito in seguito un forno la cui volta è ora interamente crollata. La sistemazione di questa struttura in tale contesto non è ancora completamente comprensibile. Nell’entrata alle casematte del cortile si alza una scala a chiocciola che portava al dormitoi e alle camere da sparo rivolte verso il rivellino e il torrione a sud-est. Da una stanza, posta sopra il vestibolo, si manovrava la saracinesca sulla porta in pietra. Forse precedentemente una porta conduceva agli spalti in modo più veloce. Lo spazio che divideva il fabbricato dal mastio si superava con il terzo ponte del castello. Ora lo spazio è riempito da un muro. Sotto la scala a chiocciola si apriva una stanza per le armi che diventò una prigione.

24 Con un portale architravato in marmo con l’iscrizione del papa Giulio II si accedeva alla cordonata che portava ai piani superiori. La scala venne realizzata in alti e bassi gradoni pavimentati con mattoncini a spina di pesce e definita da un cordolo in pietra con i parascivoli. Tutto intorno alla cordonata ci sono affreschi racchiusi in figure geometriche: quadrati, ovali e cerchi. Sopra il portale delle case papali è raffigurato papa Paolo III Farnese con le orecchie grandi non si sa per quale motivo. Al secondo piano della cordonata si può notare la vecchia scala che si utilizzava per arrivare al mastio. Alla fine della cordonata si accede agli spalti quasi completamente restaurati compresi i merli. Si possono notare le caditoie per la difesa piombante (olio bollente, massi...).

25 Percorrendo il perimetro degli spalti attorno al cortile si arriva all’ entrata del mastio, in passato ci si accedeva attraverso il tero e ultimo ponte levatoio. L’ entrata del mastio è leggermente spostata per rallentare un’eventuale invasione nemica ed esso rappresentava l’ estrema difesa del castello. L’interno presenta un unico ambiente con un camino in cui alloggiava la persona di più riguardo. Con la scala che è alla destra dell’entrata si arriva in cima al mastio.

26 Oggi sono messe in esposizione delle ceramiche trovate nel fossato e nell’area intorno al Castello.
Esse provengono dalla Grecia, Gallia e Inghilterra.


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