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Immanuel Kant.

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Presentazione sul tema: "Immanuel Kant."— Transcript della presentazione:

1 Immanuel Kant

2 progetto filosofia.ppt esposizione della critica di Kant a Elena S.
impaginazione, selezione delle immagini, scelta e adattamento dei testi di Giampiero Tre Re

3 tavola dei contenuti Una rivoluzione copernicana
Il cielo stellato sopra di me… Le ragioni della Critica Critica della Ragion pura La Critica della Ragion pratica Esiti della rivoluzione copernicana Eredità kantiana Vocabolarietto kantiano Cronologia Schemi -Schema della critica della ragion pura -Giudizi e categorie -Categorie, schemi e principi Schede -Newton -Hume -Rousseau -Fichte -Schopenhauer

4 Introduzione una “rivoluzione copernicana” in filosofia
Per Kant il problema di come il soggetto conoscente possa cogliere forme e leggi che esistono indipendentemente da esso, diventa il problema di come il soggetto conoscente pone queste forme e queste leggi. Ma - e qui sta la complessità della proposta kantiana - questa attività del soggetto non vanifica la realtà esterna (come se essa fosse una creazione soggettiva); al contrario, vuole stabilire e garantire le sole condizioni di possibilità di una conoscenza oggettiva e certa. Per far questo occorre stabilire i limiti di validità entro i quali tale pretesa di oggettività della conoscenza rimane legittima. Immanuel Kant (Königsberg, 22 aprile febbraio 1804) ha proposto (come egli stesso afferma) una rivoluzione copernicana del pensiero: come Copernico aveva messo al centro immobile del sistema planetario il sole, che prima era concepito come astro ruotante intorno al nostro globo assieme agli altri pianeti, così Kant ha proposto di stabilire il fondamento della conoscenza nel soggetto che conosce e non nell’oggetto conosciuto.

5 «Il cielo stellato sopra di me, la legge morale in me» Dal periodo precritico alla Dissertazione (1770) In una seconda fase si verifica un distacco da Wolff e un avvicinamento all’empirismo di Hume. A questo periodo appartiene l’incipiente critica della metafisica (Sogni di un visionario spiegati con i sogni della metafisica). Introduce il concetto di “spazio assoluto” (Sul primo fondamento delle regioni nello spazio, 1768) La terza fase è quella detta “critica”. Kant si dedica scrupolosamente all’insegnamento universitario e scrive le sue opere maggiori. Dagli scritti del suo allievo Herder sappiamo che le sue lezioni non sono impostate come insegnamento accademico di una filosofia, ma come insegnamento a filosofare, alla ricerca di un metodo (“zetetica”). Il giovane Kant studia presso il Collegium Fridericianum, allora guidato dal massimo esponente del pietismo dell’epoca: Franz Albert Schultz. Qui Emmanuel riceve un’educazione dalla forte impronta religiosa e morale. In una prima fase (detta pre-critica) del suo percorso di pensiero Kant si dedica a riflessioni su tematiche “scientifiche” (sui terremoti, sul fuoco…). Comincia ad emergere nel pensiero di Kant il rapporto fondamentale: scienza naturale-metafisica

6 «Il cielo stellato sopra di me, la legge morale in me» la “Dissertazione” del 1770
Il 1769 fu un anno particolare nella biografia intellettuale di Kant: «mi ha portato una gran luce», scrive il filosofo. Possiamo far risalire ad allora il definitivo abbandono del dogmatismo e l’inizio del terzo periodo del suo pensiero, la “filosofia critica”. Nella “Dissertazione” del 1770 (De mundi sensibilis atque intelligibilis forma et principiis) «appare ormai acquisito il punto di vista che sarà proprio della Critica della ragion pura» (M. A. Raschini): Distinzione tra mondo sensibile e intelligibile; rispettivamente “fenomeno” e “noumeno”. Fenomenicità come fondamento dell’esperienza Tempo e spazio come forme dell’attività spirituale (supposti dai sensi) Autonomia dell’intelletto rispetto all’esperienza per via delle idee pure, non astratte ma astraenti (le future categorie a priori) di cui però prendiamo coscienza con l’atto esperienziale Il problema di Dio quale fondamento non fenomenico della realtà fenomenica (Dio)

7 Le ragioni della “Critica” Metafisica e scienza
Razionalismo ed empirismo. Nel diciottesimo secolo le due principali teorie epistemologiche entrano in crisi. Da una parte la rottura del quadro unitario di ontologia, epistemologia ed etica della metafisica tradizionale ad opera soprattutto della radicalità della critica empiristica di Hume. D’altro canto l’empirismo stesso è in crisi perché la scienza galileiana e newtoniana dimostra l’esistenza di verità di fatto necessarie. Hume e Newton. «Hume mi ha svegliato dal sonno dogmatico» ebbe a dire Kant; d’altra parte Kant considerava le leggi della fisica newtoniana oggettive e necessarie. In un certo senso, però, Kant applicherà il metodo critico alla struttura logica delle proposizioni newtoniane, nel tentantativo di legittimare la loro necessità di fatto sul fondamento di precise leggi della ragione. Uno dei problemi che troviamo trattati nelle due maggiori “Critiche” di Kant è il rapporto tra metafisica e scienze naturali, allora considerate i due campi generalissimi della conoscenza umana. Come abbiamo visto, negli anni giovanili Kant si era avvicinato alla filosofia naturalistica dell’illuminismo, ispirata ai successi scientifici in fisica e in astronomia conseguiti da Newton procedendo dalla rinuncia al ricorso a principi e spiegazioni trascendenti la descrivibilità dei fatti. Si era così fatto strada in Kant un ideale di metafisica “scientifica” in senso newtoniano, ossia una metafisica costituita entro questi stessi criteri limitativi.

8 Le ragioni della “critica” un tribunale della ragione
La ragione sottopone a critica se stessa: se non sia il mondo “oggettivo” ad adattarsi alle strutture conoscitive dell’intelletto piuttosto che il contrario (vedi rivoluzione copernicana in filosofia) Nella ricerca di questo ideale di scientificità della metafisica confluiscono anche altri elementi della formazione filosofica di Kant, in particolare la lezione dell’illuminismo filosofico tedesco (Wolff) con il “metodo della fondazione”, che consiste nel costruire passo passo il discorso filosofico fondando ogni singolo elemento sull’accertamento della legittimità del precedente. Con l’apporto dell’empirismo inglese Kant cerca di superare anche il razionalismo di Wolff e Leibniz (per i quali la possibilità di una realtà è data dalla sua non-contraddittorietà formale): la realtà non si riduce a logica. Il pensiero critico kantiano può così leggersi come una conciliazione di razionalismo ed empirismo per la via di una radicalizzazione delle esigenze autocritiche ed autolimitanti della ragione, da un lato e, dall’altro, dell’affermazione di un realistico ottimismo circa le capacità della ragione di conseguire un’effettiva conoscenza della realtà. Nella filosofia critica kantiana trovano così la loro espressione più matura le istanze empiristiche e razionalistiche della filosofia moderna. Innestando la problematica posta da Hume sull'esigenza fondazionale della scuola di Wolff, Kant elabora un nuovo concetto di ragione che influenzerà gran parte della speculazione successiva a partire dalla filosofia idealistica tedesca.

9 Le ragioni della “Critica” Oggettivismo, soggettivismo e filosofia critica
Nel corso della tradizione filosofica si è sostenuto, con l’aristotelismo, che l’oggetto percepito dai sensi propone all’intelletto delle forme universali che in qualche modo l’intelletto astrae dagli oggetti singoli; oppure, platonicamente, che noi possediamo già un deposito di idee innate di cui fa parte un’idea della "pietrità", che esiste indipendentemente da questa particolare pietra individuale e che ne fonda non solo la conoscibilità ma la stessa possibilità di esistenza. Parimenti si è sostenuto che, quando si individuano nel mondo delle leggi generali, il nostro intelletto le conosce per induzione da una serie di casi particolari, o perché queste leggi sono per così dire stampate nell’animo umano, o ancora perché, come asseriva Spinoza, la forma e la connessione delle idee adegua per naturale parallelismo psicofisico la forma e la connessione delle cose. Quello che Kant pone in questione è invece proprio sia la natura speculare e passiva dell’intelletto sia quella sua attività per cui, come voleva Hume, da una serie di impressioni che abitualmente si presentano associate, si trae per abitudine la tendenza a considerare quelle impressioni connesse, senza che nulla (tranne il successo che questa abitudine ci garantisce nel corso della nostra esperienza conoscitiva) ci garantisca che gli oggetti del mondo e le leggi che ne regolano i rapporti siano davvero così come li conosciamo.

10 Critica della Ragion Pura

11 giudizi sintetici a priori
«Bisogna prima di tutto cercare il segno che distingue con certezza una conoscenza pura da una conoscenza empirica» (Kant, Ragion pura) Una conoscenza empirica, o a posteriori, non contiene in sé il predicato della necessità. Si può dire, al massimo: “da tutte le esperienze finora compiute risulta essere così”. La conoscenza a posteriori è sintetica, cioè fa una sintesi di un soggetto e di un predicato non contenuto in esso, ma manca di universalità e necessità. Una conoscenza pura, o a priori, è in sé necessaria, come le proposizioni matematiche o il concetto di “causa”, che contiene necessariamente il concetto di effetto. Queste mancano però di possibilità, cioè la loro esistenza non è compresa nel loro concetto, oppure: la loro esistenza di fatto non è necessaria affinché siano conosciute Per esprimere un giudizio valido, che accresca le nostre conoscenze bisogna che da una parte sia universalmente valido, ma nello stesso tempo possibile: un giudizio sintetico a priori, in cui il rapporto tra soggetto e predicato non contenuto in esso sia costante e universale.

12 critica della ragion pura come filosofia trascendententale
Avviata in questi termini la filosofia critica si pone come ricerca delle condizioni di possibilità del giudizio: «Come sono possibili giudizi sintetici a priori (dal momento che di fatto la matematica e la fisica li esprimono)?» Inoltre, poiché la metafisica mostra di essere una disposizione naturale della ragione nonostante il fatto che le sue concretizzazioni storiche siano cadute in palesi contraddizioni: «Com’è possibile la metafisica come disposizione naturale?» «Com’è possibile la metafisica come scienza?»

13 Schema dell’indagine trascendentale della conoscenza
Per rispondere alle precedenti domande occorre uno strumento col quale procedere ad una fondazione e per così dire ad una epurazione della ragione da quegli oggetti che non rientrano nei suoi limiti e nelle condizioni di possibilità delle conoscenza dettate dalle modalità di funzionamento della ragione stessa. Questo strumento è appunto la filosofia trascendentale o scienza della conoscenza a priori. 1 Dottrina trascendentale degli elementi 1.1 Estetica trascendentale (il senso) 1.2 Logica trascendentale (l’intelletto) 1.2.1 Analitica trascendentale 1.2.2 Dialettica trascendentale 2 Dottrina trascendentale del metodo (disciplina, canone, metodo e storia della Ragion pura)

14 paralogismi antinomie ideale
DISCIPLINA CANONE ARCHITETTURA STORIA DOTTRINA TRASCEN-DENTALE DEGLI ELEMENTI DOTTRINA DEL METODO Estetica trascendentale (Spazio e tempo) Logica trascendentale Analitica trascendentale Dei concetti (categorie) Deduzione “metafisica” Deduzione trascendentale Dei giudizi Schema-tismo Principi Fenomeno/noumeno Dialettica trascendentale (Dio, l’anima, il mondo) Concetti dottrina parte sezione libro Deduzioni paralogismi antinomie ideale

15 Dottrina trascendentale degli elementi/1 Estetica trascendentale/1
La "filosofia trascendentale" ha il compito di stabilire le condizioni di validità oggettiva e universale di questi giudizi, e in tal senso si occupa non tanto degli oggetti conosciuti quanto del nostro modo di conoscerli. La sensibilità ci porge delle rappresentazioni, che noi riceviamo sotto forma di sensazioni, ovvero di intuizioni empiriche. Ma il molteplice delle intuizioni empiriche - che ci forniscono apparenze - viene unificato dalle due intuizioni pure dello spazio e del tempo. Spazio e tempo non sono oggetti di conoscenza: sono le forme a priori mediante le quali noi possiamo unificare le nostre sensazioni. In tal senso Kant si oppone alla visione della fisica del suo tempo, per cui si parlava di uno spazio (e di un tempo) assoluto, come contenitore generale di tutti gli altri fenomeni. Lo spazio e il tempo per Kant non sono già dati, precedentemente alla sensazione, non fanno parte dell’esperienza, non sono proprietà delle cose. Lo spazio è "condizione della possibilità delle apparenze" (perché qualcosa possa apparire all’intelletto essa deve occupare spazio) e il tempo è "la forma del senso interno", dell’intuizione di noi stessi e del nostro stato interno, e in quanto tale "condizione formale di tutte le apparenze in generale".

16 Dottrina trascendentale degli elementi/1 Estetica trascendentale/2
I sensi esterni forniscono la “materia” delle nostre percezioni; la “forma è costituita dai principi a priori: SPAZIO e TEMPO: Ciò che noi percepiamo non è l’oggetto in sé ma il suo apparire e non lo percepiamo se non inserendolo nella forma trascendentale spazio-tempo (fenomeno) Lo spazio è il principio trascendentale della geometria che da esso trae la necessità a priori dei suoi giudizi sintetici Il tempo è il principio trascendentale della matematica (basata sul contare, che implica la successione e quindi l’intuizione del tempo) Non derivano dall’esperienza degli oggetti sensibili Sono necessari Sarebbero presenti anche in assenza delle nostre percezioni Il soggetto non ne prende coscienza se non in presenza della materia fornita dai sensi esterni

17 Dottrina trascendentale degli elementi/2 Logica trascendentale/1 (analitica) (analitica dei concetti) giudizi e categorie/1 Per capire questa attività occorre rifarsi all’articolazione kantiana dei giudizi, delle categorie, degli schemi e dei principî (o delle proposizioni fondamentali) dell’intelletto puro. Di fronte ai dati dell’esperienza noi giudichiamo in termini di quantità, qualità, relazione e modalità. Così possiamo dire, per esempio, che di fronte a noi c’è davvero una pietra, che essa è una sostanza che ci appare al tatto - accidentalmente - come calda e che il calore è causato dai raggi solari - oppure che se questa pietra fosse battuta dalla luce solare si riscalderebbe. Ma per enunciare (o attuare come atto mentale) questi giudizi noi dobbiamo per così dire "fasciare" le intuizioni con categorie. Tuttavia l’esperienza percettiva non ci permette ancora di pensare l’oggetto di cui abbiamo l’intuizione empirica. Tra il momento in cui colgo una successione di eventi (la luce del sole batte sulla pietra, la pietra emana calore) e quello in cui sono in grado di affermare che è la luce solare che ha fatto riscaldare la pietra, entra in gioco, accanto alla sensibilità, l’intelletto, che è la facoltà di pensare l’oggetto dell’intuizione sensibile. L’intelletto agisce sui dati dell’intuizione (i quali, ricordiamolo, ci garantiscono della realtà della nostra esperienza): senza i dati dell’intuizione sensibile i pensieri dell’intelletto sono vuoti; ma senza l’azione dell’intelletto, senza concetto, le intuizioni sono cieche. L’attività dell’intelletto ordina diverse rappresentazioni sotto una rappresentazione comune.

18 Dottrina trascendentale degli elementi/2 Logica trascendentale/1 (analitica) (analitica dei concetti) giudizi e categorie/2 Analitica trascendentale L’oggetto intuito nella facoltà sensoriale (la materia apportata dai sensi e informata dalle forme a priori pure di spazio e tempo) viene ricondotto a unità dalla funzione di unità dell’intelletto. Questa funzione di unità corrisponde al “giudizio”,che è appunto la riduzione (ridurre = ricondurre) di una molteplicità di rappresentazioni ad una sola.

19 Tavola dei giudizi e delle categorie
Questi giudizi derivano la loro materia dall’intuizione sensibile (percezione + forme pure di spazio e tempo). I giudizi ricavano invece la loro forma (dunque necessità a priori) da concetti puri a priori (categorie) che ne determinano anche la distribuzione. quantità qualità relazione modalità giudizi universali particolari singolari affermativi, negativi infiniti categorici ipotetici disgiuntivi problematici assertori apodittici categorie uno realtà ineren-za/sussistenza possibile/im-possibile più negazione causalità/effetto esistenza/non esistenza tutti limitazione reciprocità necessità/contin-genza

20 Dottrina trascendentale degli elementi/2 Logica trascendentale/1 (analitica) (analitica dei concetti) Deduzione trascendentale Nell’intelletto è data l’unità originaria, non la molteplicità, perché altrimenti noi non “conosceremmo”, semmai “intuiremmo” gli oggetti, non solo come fenomeni, come è di fatto, ma in quanto oggetti. Come si vede, questo è per Kant, anche il limite dell’intelletto umano. L’io penso è un puro pensare. Esso può conoscersi solo allorché si pone in relazione al molteplice proveniente dall’intuizione sensibile. Trovate le categorie, bisogna dimostrarne la validità oggettiva, operazione che va sotto il nome di “deduzione trascendentale”. I concetti puri dell’intelletto (categorie) non possono derivare dall’esperienza, per il fatto che la superano (come dimostra l’esistenza di verità a priori, come quelle matematiche o fisiche). La funzione unificatrice del giudizio non può mai venire dalla molteplicità dell’intuizione sensibile. Essa è propria dell’intelletto in quanto intrinsecamente unità. Questa unità non è la stessa cosa della categoria “unità”, ma qualcosa di più, che le categorie stesse suppongono. Essa è l’originaria unità trascendentale dell’autocoscienza. L’intuizione intellettiva che l’io ha di se stesso: l’io penso. Ciò si chiama “appercezione”, atto spontaneo dell’io penso. schema

21 Dottrina trascendentale degli elementi/2 Logica trascendentale/1 (analitica) (analitica dei giudizi) Schematismo trascendentale/1 Occorre mostrare, a questo punto, come sia possibile che le categorie diano una rappresentazione della realtà oggettiva, come gli oggetti si adattino alle condizioni di conoscibilità date nell’intelletto. La capacità di operare sintesi tramite il giudizio e la funzione di quest’ultimo di sussumere il molteplice dell’intuizione in concetti generali avviene, secondo Kant, tramite schemi. Questi sono da una parte collegati ai concetti puri (vi è uno schema per ogni categoria, dall’altra alle intuizioni sensibili). Lo schema collega categorie e intuizione tramite il tempo. In altre parole, lo schema sarebbe in grado, secondo Kant, di applicare concretamente le categorie agli oggetti. schema

22 Dottrina trascendentale degli elementi/2 Logica trascendentale/1 (analitica) (analitica dei giudizi) Schematismo trascendentale/2 Tale rappresentazione è lo schema trascendentale" (Critica della ragion pura, 2a ed., 134 sgg.). Seguiamo tre esempi kantiani. Di fronte all’intuizione di un oggetto triangolare, per poterlo pensare come triangolo debbo fare astrazione dal fatto che sia isoscele o scaleno; lo schema provvede una regola per disegnare un triangolo in modo da fare astrazione dalle sue proprietà particolari. Per sussumere l’intuizione di un cane singolo sotto il concetto di cane, l’immaginazione deve attuare una regola che consenta di tracciare una figura di animale quadrupede e che tuttavia astragga dalle proprietà sensibili dei cani percepiti nel corso dell’esperienza. Se ho davanti agli occhi una successione di cinque punti ho un’immagine del numero cinque; per renderla omogenea con il concetto astratto del cinque, debbo procedere schematicamente ad applicare una regola per generare qualsiasi numero, sia esso cento o mille. Certamente c’è qualcosa nell’intuizione di un dato oggetto, per esempio una pietra o di un frutto che giustifica il passaggio che l’intelletto deve fare al concetto generico di pietra e di frutto, ma altrettanto certamente la teoria kantiana non potrebbe ammettere né che la forma "pietra" e la forma "frutto" siano già presenti nell’intuizione empirica (che è "cieca" senza le forme provviste dall’intelletto), né che facciano parte di quell’apparato trascendentale che è costituito di forme ancora "vuote". Benché in alcuni passi sembri che Kant riservi questa questione alla psicologia empirica (la quale si occupa di come l’esperienza si svolge, non di cosa contiene), una risposta a questo problema si può trovare nella teoria dello schematismo trascendentale. Il problema di Kant è come il contenuto concreto dell’intuizione, che è apparenza e immagine, possa essere sussunto sotto le categorie (forme astratte). Entra qui in gioco la facoltà dell’immaginazione pura, che provvede un termine medio "il quale occorre sia omogeneo, da un lato rispetto alla categoria, e d’altro lato rispetto all’apparenza, in modo da rendere possibile l’applicazione della categoria all’apparenza. Questa rappresentazione mediatrice deve essere pura (priva di tutto ciò che è empirico), e tuttavia dev’essere da un lato intellettuale, e d’altro lato sensibile.

23 Dottrina trascendentale degli elementi/2 Logica trascendentale/1 (analitica) (analitica dei giudizi) Il costruttivismo kantiano Il capitolo dello schematismo costituisce probabilmente la parte più affascinante e promettente della proposta kantiana, e come tale è stato ripensato nel corso degli ultimi due secoli, ma paga la sua forza propositiva con il vago rimando alle strategie di un’arte che rimane per Kant in gran parte ancora "nascosta". Se c’è una costruzione dei concetti empirici, lo schematismo entra in azione dopo la percezione o interviene prima, a rendere possibile la percezione stessa? E se per i concetti puri dell’intelletto (insieme agli schemi che concorrono alla loro applicazione) si può pensare a una loro immutabilità e ideale oggettività, si potrebbe dire lo stesso di una attività costruttiva di concetti empirici che, per esempio, deve far fronte anche alla possibilità di pensare oggetti sconosciuti (come per esempio una nuova specie animale o un nuovo elemento chimico)? Gli schemi dei concetti empirici dovrebbero essere perfezionabili, capaci di adeguare nuovi dati dell’esperienza, altrimenti non ci sarebbe crescita del sapere. Lo schematismo dovrebbe dunque essere un’arte segreta che si sviluppa e arrichisce il decorso storico. Kant ritiene fondamentale questa attività dell’intelletto, ma la definisce come "un’arte nascosta nelle profondità dell’anima umana". D’altra parte gli schemi analizzati da Kant sono pur sempre schemi trascendentali, che permettono l’applicazione di concetti puri ai dati dell’esperienza. La "costruzione" della figura di animale quadrupede (che richiama alla mente alcuni procedimenti studiati oggi dalle scienze cognitive) rappresenta certamente un passaggio dai concetti puri ai dati dell’intuizione, ma non è ancora la costruzione di quel quadrupede specifico che è il cane (per non dire della costruzione di quel cane che potrebbe essere un pastore tedesco o un pechinese). Sino a qual punto si può parlare di uno schematismo attraverso il quale si "costruiscono" concetti empirici?

24 Dottrina trascendentale degli elementi/2 Logica trascendentale/1 (analitica) (analitica dei giudizi) Princìpi dell’intelletto puro L’intelletto applica le categorie basandosi sui principî dell’intelletto puro. Non può pensare la pietra intuita che come quantità estensiva, ne coglie lo stato termico secondo diversi gradi d’intensità, riesce a pensare alla pietra solo come a sostanza che permane al di sotto della variazione dei suoi stati termici, pensa la causalità dell’azione solare in termini di successione temporale, ritiene il fenomeno reale perché è collegato con le condizioni materiali dell’esperienza, e lo ritiene possibile anche in futuro perché l’ipotesi si accorda con le condizioni formali dell’esperienza. «“Quando il sole illumina la pietra, essa si riscalda”. Questo è un semplice giudizio percettivo ed è privo di necessità; per quanto spesso io e altri abbiamo percepito ciò, le percezioni si trovano collegate a quel modo solo abitualmente. Se dico invece: il sole riscalda la pietra (è causa del riscaldamento) alla percezione si aggiunge il concetto intellettivo di causa il quale pone una connessione necessaria fra il concetto dei raggi solari e quello del calore; così il giudizio sintetico diventa necessariamente universale e quindi oggettivo, e da una semplice percezione si tramuta in esperienza» (Kant, Prolegomeni 20). Si è quindi passati da un giudizio percettivo soggettivo (che richiedeva solo il collegamento logico delle percezioni in un soggetto pensante) ai giudizi d’esperienza, che pretendono a un valore universale.

25 giudizi categorie schemi principi quantità qualità relazione modalità
universali unità assioma dell’intuizione: tutte le intuizioni sono quantità estensive particolari pluralità numero singolari totalità qualità affermativi realtà anticipazione nella percezione: in tutte le apparenze il reale possiede una quantità intensiva negativi negazione grado infiniti limitazione relazione analogie dell’esperienza categorici sussistenza/ine-renza permanenza del reale nel tempo permanenza della sostanza ipotetici causalità/effetto successione del molteplice successione temporale secondo causalità disgiuntivi reciprocità simultaneità delle determinazioni simultaneità secondo la legge reciproca postulati del pensiero empirico in generale modalità problematici possibilità/impos-sibilità accordo tra la sintesi di diverse rappresentazioni ciò che si accorda con le condizioni generali dell’esperienza è possibile assertori esistenza/non esistenza esistenza in un determinato tempo ciò che è collegato con le condizioni materiali dell’esperienza è reale apodittici necessità/contin-genza esistenza in ogni tempo ciò il cui collegamento col reale è determinato da condizioni universali dell’esperienza esiste necessariamente

26 Dottrina trascendentale degli elementi/2 Logica trascendentale/2 (dialettica) Le idee della ragione
Malgrado le notevoli differenze tra le due edizioni della prima Critica, Kant ha stabilito che il noumeno, il sostrato dei fenomeni che ci appaiono, è una pura idea negativa, un concetto limite. Quello che l’intelletto può pensare, e a cui può applicare l’insieme delle categorie, è solo l’apparenza offertaci dall’esperienza, e ogni tentativo di estendere l’azione dell’intelletto fuori dall’esperienza è privo di senso. Quindi quei concetti che la ragione è portata a formulare prescindendo dall’esperienza, e che Kant chiama idee, quali il mondo come unità, l’anima o Dio stesso, non possono essere pensati dall’intelletto. La parte della Critica della ragion pura intitolata "Dialettica trascendentale" è la parte distruttiva in cui Kant dimostra l’impossibilità di parlare delle idee della ragione. schema

27 Dottrina trascendentale degli elementi/2 Logica trascendentale/2 (dialettica) L’anima e il mondo
L’idea dell’anima nasce dal tentativo di applicare all’io penso come pura forma trascendentale la categoria della sostanza, che invece è applicabile solo nell’ambito dell’esperienza. L’idea del mondo come totalità di fenomeni (oggetto della cosmologia tradizionale) dà luogo a veri e propri conflitti della ragione con se stessa (antinomie della ragion pura): siccome l’idea stessa del mondo eccede i limiti della nostra esperienza, e quindi il nostro intelletto non può averne conoscenza, è impossibile dimostrare (1) sia la finitezza che l’infinità del mondo (nel tempo come nello spazio), (2) la sua divisibilità o indivisibilità, (3) se ci sia una causalità libera o solo una causalità della natura, (4) se il mondo dipenda da un essere necessario.

28 Dottrina trascendentale degli elementi/2 Logica trascendentale/2 (dialettica) L’esistenza di Dio
Gli stessi argomenti valgono per la dimostrazione dell’esistenza o dell’inesistenza di Dio. Kant riprende le tre prove fondamentali: la prova ontologica (per cui il fatto stesso di poter pensare un essere a cui competono tutte le perfezioni, compresa dunque anche l’esistenza, è prova della sua esistenza); la prova cosmologica, che dalla contingenza del mondo deduce l’esistenza di un essere necessario; la prova fisico-teologica per cui si risale dall’ordine del mondo al suo ordinatore. Tutte e tre richiederebbero, per essere dimostrate, che si applicasse l’apparato categoriale a idee che non appartengono all’esperienza, e dunque in tutti i tre i casi l’intelletto legifererebbe, per così dire, a vuoto. Per esempio, si può predicare l’esistenza solo attraverso un giudizio sintetico, applicando una categoria della modalità a un fenomeno di cui ho intuizione; ma di un oggetto di cui non ho intuizione non posso dire né che esista né che non esista.

29 Dottrina trascendentale degli elementi/2 Logica trascendentale/2 (dialettica) Conclusioni
“Le condizioni di possibilità dell’esperienza sono ad un tempo le condizioni di possibilità degli oggetti dell’esperienza” Dei suoi concetti a priori (categorie) l’intelletto può fare solo un uso empirico (limitato all’esperienza), ma mai un uso trascendente (al di là dell’esperienza) Non sono possibili la psicologia razionale (scienza dell’anima) la cosmologia razionale (opposta alla fisica) la teologia razionale (sapere scientificamente se Dio esista oppure no) Non è possibile la metafisica come scienza Non è possibile fondarsi sulla metafisica (conoscere Dio, il mondo, il destino dell’uomo) per costruire l’etica Dimostrare che le idee della ragion pura sono indimostrabili non significa negare che esse costituiscono per noi dei problemi. Se esse non servono per conoscere alcunché, non per questo cessano di avere un uso regolativo: dobbiamo pensare ai fenomeni del nostro senso interno come se fossero manifestazioni di un’unica sostanza, bisogna passare da un fenomeno naturale all’altro come se esistesse una unità del mondo, bisogna pensare all’esperienza come a una perfetta unità sistematica come se tutto dipendesse da un unico creatore. Le idee della ragione non hanno valore conoscitivo, ma ci aiutano a muoverci verso un orizzonte di ricerca continua, nel tentativo di arricchire sempre più la nostra esperienza.

30 Dottrina trascendentale del metodo
Kant spiega pertanto l’esistenza di un bisogno naturale della metafisica, pur avendone negato la validità nella risoluzione dei suoi tre problemi fondamentali in sede di speculazione pura (cfr. Dialettica trascendentale). Tale bisogno naturale deriva appunto dalla relazione che questi tre problemi hanno con l’uso pratico della ragione. Le idee della ragione, dunque, svolgono in realtà una funzione regolativa del sapere. Funzione che si concretizza nell’architettonica, ossia nell’organizzazione della conoscenza secondo un sistema unitario, rispondente ad un principio unificante. La “filosofia è propriamente questo sistema: un ideale “cosmico”. Essa ha due oggetti: ciò che è e ciò che dev’essere, per cui da una parte si avranno le scienze della metafisica della natura, dall’altra la metafisica dei costumi. Kant conclude la Critica della Ragion pura proponendo un ideale di metafisica come scienza suprema applicata nei legittimi limiti della conoscenza. Nell’ultima parte dell’opera, Kant dimostra che la metafisica non solo giunge necessariamente ad esiti autocontraddittori, ma che questi esiti sono anche contro gli interessi stessi della ragione, cioè “il possibile alla libertà” (Kant). Nella prima parte Kant intende liberare la ragione da quanto la svia da ciò che non è oggetto legittimo della speculazione. Si tratta di applicare gli elementi della conoscenza, individuati nell’”Analitica”, al loro uso pratico, che si articola in tre domande: «Che cosa possiamo sapere? Che cosa debbo fare? Che cosa posso sperare?» in relazione ai tre problemi teoretici: Dio, libertà e anima. schema

31 Critica della Ragion Pratica

32 Premessa Kant deve ora fondare una morale che rispetti le premesse sistematiche e metodologiche della “Ragion Pura”. In particolare deve fondare la legge morale nell’ambito legittimo dell’uso pratico della ragione. A differenza che nel suo uso speculativo, in cui la pretesa di prescindere dall’apporto dell’esperienza si è rivelato illegittimo, la ragione si mostrerà invece capace di esaurire in se stessa il proprio compito nel suo uso pratico. In questo senso l’uso pratico della ragione si rivelerà essere l’uso che le è proprio, perseguendo il quale la ragione può legittimamente dirsi “pura”. La “Ragion pura pratica” si applica ai motivi determinanti della volontà, cioè «la facoltà di produrre oggetti corrispondenti alle rappresentazioni o di determinare se stessa, cioè sé come causalità, verso l’attuazione degli oggetti stessi» (Critica della Ragion pratica, Introduzione).

33 Dottrina degli elementi/1 Analitica L’autonomia della volontà/1
Il concetto di autonomia è fondamentale in Kant. «Rousseau mi ha messo sulla strada giusta» ebbe a dire Kant, riferendosi proprio all’idea roussoviana di autonomia I due obiettivi dell’analitica sono: Determinare l’autonomia effettiva della volontà dalla ragione Determinare i principi oggettivi e quindi universali a priori della volontà

34 Dottrina degli elementi/1 Analitica L’autonomia della volontà/2
La volontà è effettivamente autonoma rispetto alla ragione, visto che la determinazione della ragione non è spontanea ma implica sempre uno sforzo, cioè un dovere. Nel determinare i principi oggettivi della volontà occorre escludere ogni eteronomia (desiderio, piacere/dolore, sommo bene, amor proprio, eudemonismo) quali principi determinanti della volontà. Kant rifiuta le etiche eteronome che concepiscono il principio della moralità secondo motivi determinanti materiali soggettivi (Montaigne, Mandeville, Hutcheson) o oggettivi (Wolff, Crusius), e sostiene che solo un principio pratico-formale, l'imperativo categorico, può garantire universalità all'agire morale. Infatti se si cerca un principio universalmente valido, allora si cerca la forma pura, la condizione a priori della volontà (ciò che nella critica della Ragion pura è per analogia la forma pura dell’intuizione -spazio/tempo- e del giudizio: le categorie). In altre parole cerchiamo una legge che costituisca un imperativo “categorico”, cioè universale e necessario.

35 Dottrina degli elementi/1 Analitica “Tu devi. ”
Dottrina degli elementi/1 Analitica “Tu devi!”. L’imperativo categorico Gli oggetti della ragion pura pratica. Occorre distinguere, all’interno del giudizio pratico gli aspetti determinati dalla materia (“Sono in grado di far questo?”; oppure “Che utilità ricavo nel far questo?”) da quelli puramente a priori: “E’ lecito far questo?”. E’ solo questa legge morale “trascendentale” che può determinare l’autonomia della libertà. Questa legge è data dall’universalità medesima dell’agire morale in quanto tale, cioè: «Opera in modo che la massima della tua volontà possa valere sempre in ogni tempo come principio di una legislazione universale». In pratica, il dovere per il dovere. Il dovere come legge di se stesso, prescinde da ogni altra considerazione a posteriori, ed è, in tal senso, “puro”, un imperativo “categorico”: «tu devi!». Non vi è null’altro che possa presentarsi come condizione di possibilità della volontà. Lo stesso “amore di Dio”, quale ci è comandato nel Vangelo e testimoniato da Gesù, è il modo ideale e sublime della morale razionale, ideale irragiungibile dalla creatura umana.

36 Dottrina degli elementi/2 Dialettica della Ragion pratica I postulati
Dalla virtù si perviene al postulato dell’immortalità dell’anima. Se l’oggetto dell’agire morale è infinito, perché incondizionato, allora dobbiamo postulare l’immortalità dell’anima sulla base dell’intenzionalità, che è nell’uomo, all’attuazione del sommo bene Dalla felicità al postulato dell’esistenza di Dio: analogamente dobbiamo ammettere una volontà onnipotente e infinita capace di conferire l’infinita felicità all’infinita virtù La libertà è anch’essa un postulato perché l’intera vita morale sarebbe impossibile senza di essa. La discrasia tra ragion pratica (che postula l’immortalità dell’anima, l’esistenza di Dio e la libertà) e la ragion pura, incapace di dare certezza conoscitiva a questi tre postulati è giustificata da Kant facendo appello all’esigenza di purezza della dell’agire morale. Senza questa discrasia le azioni conformi alla legge «avverrebbero la maggior parte per il timore, poche per la speranza, nessuna per il dovere» (Kant). Dalla necessità e universalità della legge morale scaturiscono conseguenze necessarie, ancorché indimostrabili, dette perciò “postulati”. Ecco come si procede: La legge morale incondizionata è il dovere di conseguire l’oggetto della volontà nel massimo e incondizionato modo, cioè il sommo bene. Questo è virtù ma anche felicità che, sebbene contraddittori in questo nostro ordine limitato, non lo sono in assoluto, in quanto alla somma virtù compete la massima felicità.

37 Dottrina del metodo della ragion pura pratica
«Per questa dottrina del metodo s’intende il modo in cui si può procurare alle leggi della ragion pura pratica un adito nello spirito umano, un influsso sulle massime di esso, cioè il modo di far anche soggettivamente pratica la ragione oggettivamente pratica» (Kant). La seconda parte della “critica della ragion pratica” è assai breve rispetto alla prima ed tiene il posto, come si vede, di una pedagogia morale. Si tratta di far diventare il giudizio secondo la legge morale qualcosa di connaturato ed abituale all’agire individuale. Il valore morale non dipende dal semplice fatto di compiere un’azione conforme alla legge ma nell’intenzione di compierla unicamente in ragione del dovere. Per Kant questa educazione consiste dunque in un’educazione alla libertà dalla soddisfazione dei bisogni. Agire in vista dell’intrinseca struttura di necessità razionale dell’atto morale, infatti, dà all’uomo una gioia «proveniente da altra origine», benché l’atto non sia compiuto, nella sua purezza col fine di conseguire tale gioia.

38 Esiti della rivoluzione copernicana in filosofia religione e morale
Come abbiamo visto, Kant viene educato nell’ambito del pietismo, una corrente del luteranesimo tedesco in cui il rapporto tra grazia e morale posto in termini conflittuali da Lutero, è risolto insistendo sulla pietà vissuta, e su una rigorosa pratica morale, privilegiando le ragioni del cuore e del sentimento. Questo spiega come nella Critica della ragion pratica Kant ricuperi sul piano della disposizione sentimentale quelle verità religiose che il suo pensiero critico aveva definito come indimostrabili. L’universo del noumeno, estraneo alla prima Critica, diventa qui la condizione dell’impegno morale. E’ nell’universo della moralità, in cui afferma la propria libertà, che l’uomo ritrova quella idea di Dio a cui la ragione lo chiama ma di cui l’intelletto non poteva dare dimostrazione: la moralità ci chiama a un progresso infinito che non sarebbe possibile senza ammettere l’immortalità dell’anima, l’esistenza del mondo come dominio della libertà umana e Dio come garanzia dell’unione finale di virtù e felicità. Queste idee non appaiono qui come il risultato di una dimostrazione razionale ma come un postulato della ragion pratica. "L’uomo onesto può ben dire: io voglio che vi sia un Dio" (Critica della ragion pratica I, 2, 2, 8). Come le idee della ragion pura erano condizioni del progresso conoscitivo, così i postulati della ragion pratica sono le condizioni dell’impegno morale e del nostro infinito perfezionamento. La morale kantiana porta a un atto di fede razionale, che non è conoscenza intellettuale, ma è in ogni caso fondata a priori.

39 Esiti della rivoluzione copernicana in filosofia il pensiero politico di Kant
Questa severa morale del dovere ispira anche le concezioni politiche di Kant, che è un convinto assertore del cosmopolitismo (unificazione politica del genere umano) e della pace perpetua. In questo breve scritto politico, Kant fa appello all’universalità dell’autonomia della ragione quale condizione di possibilità di una pace perpetua. Le condizioni politiche di tale pace sono: la costituzione di una federazione mondiale di regimi repubblicani rette da un diritto cosmopolitico. Si tratta, come si vede, di una trasposizione sul piano delle relazioni tra collettività politiche dei gudagni fondamentali della critica della ragion pratica: l’autonomia, il carattere incondizionato e universale del dovere morale.

40 Esiti della rivoluzione copernicana in filosofia Il giudizio estetico
La funzione della Critica del giudizio è, come accade nella “Ragion pratica”, quella di ricuperare sul piano del sentimento quelle verità che sul piano dell’intelletto ci sono precluse. Essa rappresenta un momento di cerniera tra le speculazioni settecentesche sul gusto, una idea fondamentalmente neoclassica della bellezza, e la visione romantica sia del genio come essere eccezionale che del sublime come sentimento eroicamente aristocratico (di cui l’uomo rozzo si dimostra incapace). Ma bisogna sottolinearne anche alcuni elementi che ce la rendono forse più vicina delle due opere precedenti.

41 L’eredità kantiana Idealismo tedesco, Schopenhauer
Hegel ha criticato profondamente sia le posizioni teoretiche che quelle concernenti la morale di Kant. Nonostante ciò, Hegel ha sempre avuto una profonda ammirazione per Kant e non ha mai negato il fatto che le problematiche dell’idealismo affondano le loro radici sull’oroginalità della filosofia kantiana. In perfettta simmetria col suo disprezzo per Hegel Schopenhauer considera Kant il filosofo più originale di tutti i tempi e da una sua personalissima lettura della contrapposizione tra fenomeno e noumeno imposta la sua gnoseologia soggettivistica. Nel porsi come superamento dei limiti conoscitivi tracciati da Kant e del dualismo lasciato aperto dal pensiero critico, il romanticismo e la sua massima espressione filosofica, cioè l’idealismo, prendono le mosse da Kant stesso. Nel primo periodo della filosofia di Johan Gottlieb Fichte si scorge l’influenza kantiana. Nel passaggio dal criticismo all’idealismo, Fichte vede nell’io penso non solo un principio formale, attivo e conoscitivo della realtà in quanto limitato dall’esistenza in sé della realtà stessa, come è per Kant, ma anche un principio materale e dunque di assolutezza, di infinità, di creatività cui si deve la realtà stessa. Il problema drammatico del criticismo kantiano è come definire universale e oggettiva (e quindi sicura) una conoscenza in cui sono forme pure dell’intelletto a provvedere legittimità ai fenomeni intuiti: in buona sostanza il problema del rapporto tra fenomeno e noumeno. Nonostante la soluzione offerta nella deduzione (cioè fondazione) delle nostre possibilità di conoscenza, rimane difficile dire come le forme della soggettività siano garanzia di conoscenza oggettiva) A meno di considerare le forme della soggettività - ciò che Kant rifiuta - o l’adattamento quasi naturale della nostra mente a leggi preesistenti in natura, o un insieme di "stampi" la cui universalità è garantita dal fatto che sono stati posti nella nostra mente dallo stesso legislatore della natura è impossibile dire se e in che misura, non rimanga un divario tra fenomeno e noumeno. Tra la cosa come essa è in sé e il modo in cui è percepita dal soggetto conoscente.

42 L’eredità kantiana Kant e il novecento filosofico
Rispetto alle due maggiori “Critiche”, la Critica del giudizio introduce un tipo di conoscenza ipotetica e congetturale, il cui modello potrebbe incorporare gli elementi di costruttivismo della “Ragion pura” - nel senso che anche la costruzione di nuovi modelli conoscitivi a opera dello schematismo trascendentale sarebbe un “come se”. L’intero universo della conoscenza si porrebbe sotto il segno di una sequenza sempre perfettibile di giudizi riflettenti, che propongono leggi a una natura che pare resistente a rivelarsi come cosa in sé. Ma questa prospettiva, ben presente in molta filosofia contemporanea, è certamente solo una delle suggestioni di cui siamo debitori a Kant. Parlando dell’influenza di Kant anche sul novecento non si può dimenticare l’interpretazione heideggeriana della “Ragion pura”. Anche se, per Heidegger, la riflessione kantiana «rimane orientata nel senso della comprensione del tempo ordinaria e tradizionale, il che impedisce a Kant di elaborare il fenomeno della “determinazione trascendentale del tempo” nella struttura e nella funzione proprie di esso», in Essere e tempo Heidegger descrive Kant come il primo e l’unico pensatore ad aver connesso l’interpretazione dell’essere al fenomeno del tempo e ad essersi incamminato, anche se solo per un breve tratto, sulla via della ricerca della dimensione della temporalità.

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44 vocabolarietto kantiano
A priori/a posteriori Autonomia Categorie Concetto/giudizio Critica/criticismo Fenomeno/noumeno Giudizi analitici/sintetici Imperativo categorico/ipotetico Intuizione Io penso Limite Materia/forma Puro Rivoluzione copernicana in filosofia Trascendentale Tempo/spazio Validità

45 Cronologia/1-4 (epistemologia)
Alexander Gottlieb Baumgarten, Metafisica -Halle, 1739 -Esce la Metaphysica che costituisce un compendio della filosofia di Wolff, di cui Baumgarten è uno dei più fervidi seguaci. La metafisica è caratterizzata come scienza delle qualità delle cose conoscibili senza la fede. Ad essa è premessa la gnoseologia che si articola in due sottosezioni: logica ed estetica. La Metafisica di Baumgarten verrà adottata da Kant come manuale per le sue lezioni a Königsberg. Christian August Crusius, Schema delle verità di ragione necessarie -Lipsia, 1745 -Esce l'Entwurf der notwendigen Vernunftwahrheiten. Qui Crusius rifiuta il deduttivismo della metafisica di Wolff e nega che quello di non contraddizione sia un principio universale di ogni conoscenza. Altri principî sono infatti presenti nel nostro intelletto come fondamento della conoscenza. Kant discuterà questa dottrina nella Ricerca sulla distinzione dei principî della teologia naturale. Immanuel Kant, Storia universale della natura e teoria del cielo -Königsberg, 1755 -Esce anonimo e dedicato a Federico II lo scritto di carattere scientifico Allgemeine Naturgeschichte und Theorie des Himmels, il capolavoro del giovane Kant che qui propone la sua ipotesi cosmogonica sulla formazione del sistema solare da una nebulosa originaria, affrontando nel contempo la questione della conciliabilità tra meccanicismo e teleologia. Immanuel Kant, L'unico argomento possibile per una dimostrazione... -Königsberg, 1763 -Nello scritto precritico Der einzig mögliche Beweisgrund zu einer Demonstration des Daseins Gottes Kant, criticando l'uso della logica quale preteso organo dimostrativo in metafisica, discute la prova ontologica e cosmologica, e propone una versione riveduta della prima in cui l'esistenza, da predicato inferito dall'idea possibile di perfezione, diventa condizione stessa della possibilità. Immanuel Kant, Sulla distinzione dei principî della teologia naturale... -Königsberg (?), 1764 -Per un concorso bandito dall'accademia di Berlino, esce la Untersuchung über die Deutlichkeit der Grundsätze der natürlichen Theologie und der Moral. In essa Kant chiarisce le peculiarità metodiche della metafisica, approfondendo temi trattati nello scritto L'unico argomento possibile. Viene inoltre ribadita la diversità dei procedimenti della metafisica e della matematica: analitico e sintetico rispettivamente. Immanuel Kant, Sogni di un visionario chiariti con sogni della metafisica -Königsberg, 1765 -Kant redige lo scritto Träume eines Geistersehers, erläutert durch Träume der Metaphysik, in cui ironizza contro la metafisica di Wolff e di Crusius che vengono assimilate alle visioni spiritistiche di Swedenborg. Anticipando la svolta critica, Kant caratterizza la metafisica come scienza dei limiti della ragione umana. Come in altri scritti del periodo è ravvisabile l'influenza di Rousseau. Immanuel Kant, Prolegomeni a ogni futura metafisica... -Riga, 1783 -Escono i Prolegomena zu einer jeden künftigen Metaphysik, die als Wissenschaft wird auftreten können che espongono in modo divulgativo, attraverso un procedimento espositivo analitico, il contenuto della prima Critica, precisando la funzione del sintetico a priori nel ragionamento sperimentale. Nell'opera Kant riconosce a Hume il merito di averlo svegliato dal sonno dogmatico. Immanuel Kant, Critica della ragion pura (seconda edizione) -Riga, 1787 -Kant redige la seconda edizione della sua opera maggiore. Alla confutazione dell'idealismo problematico di Descartes si affianca ora quella dell'idealismo berkeleyano. Kant amplia l'introduzione e l'estetica trascendentale, riscrive la deduzione trascendentale e aggiunge l'osservazione generale al sistema dei principî e la confutazione delle dimostrazioni di Mendelssohn. Immanuel Kant, Primi principî metafisici della scienza della natura -Riga, 1796 -Con i Metaphysische Anfangsgründe der Naturwissenschaft Kant ritorna ai suoi interessi scientifici. Attraverso un'analisi del concetto di materia, Kant cerca infatti di dar conto della parte pura della fisica con l'obiettivo di saldare il sistema della critica a quello della scienza, in una costruzione metafisica unitaria. Immanuel Kant, Intorno alla forma e ai principî del mondo sensibile... -Königsberg, 1770 -Kant presenta la dissertazione De mundi sensibilis atque intelligibilis forma et principiis in occasione della nomina a ordinario di logica e metafisica. Distinguendo tra conoscenza sensibile e intellettuale e articolando la prima in materia e forma, Kant individua nello spazio e nel tempo le forme pure a priori della sensibilità, guadagnando così il punto di vista critico-trascendentale. Immanuel Kant, Critica della ragion pura (prima edizione) -Riga, maggio 1781 -Esce la prima edizione della Kritik der reinen Vernunft, la prima delle tre celebri critiche di Kant, in cui la ragione segna a se stessa i suoi limiti e le sue possibilità. Conformemente al principio che la possibilità fondante di ogni conoscenza va ricercata nella sua forma, Kant individua gli elementi formali della conoscenza (Dottrina degli elementi) e ne determina l'uso possibile (Dottrina del metodo).

46 Cronologia/2-4 (etica) Etica
Immanuel Kant, Osservazioni sul sentimento del bello e del sublime -Königsberg, 1764 -Escono le Beobachtungen über das Gefühl des Schönen und Erhabenen che contengono importanti indicazioni sull'orientamento della prima etica kantiana. In questo scritto, che rivela l'influenza di Shaftesbury, di Burke e di Mendelssohn, Kant pone a fondamento della morale il sentimento della bellezza e della dignità della natura umana. Immanuel Kant, Fondazione della metafisica dei costumi -Riga, primavera del 1785 -Kant pubblica il suo primo scritto (post-critico) di etica Grundlegung zur Metaphysik der Sitten. Partendo dall'assunto che la giustificazione della legittimità delle prescrizioni etiche risiede in principî a priori, Kant muove dalla moralità comune per innalzarsi, con procedimento analitico, al concetto di autonomia quale supremo principio fondante. Immanuel Kant, Critica della ragion pratica -Riga, 1788 -Esce la seconda Critica di Kant, la Kritik der praktischen Vernunft. Nella celebre opera di filosofia morale Kant rifiuta le etiche eteronome che concepiscono il principio della moralità secondo motivi determinanti materiali soggettivi (Montaigne, Mandeville, Hutcheson) o oggettivi (Wolff, Crusius), e sostiene che solo un principio pratico-formale, l'imperativo categorico, può garantire universalità all'agire morale. Immanuel Kant, La religione nei limiti della semplice ragione -Jena, primavera del 1793 -Esce Die Religion innerhalb der Grenzen der blossen Vernunft e per il contenuto del saggio Kant entra in contrasto con il governo prussiano. In quest'opera di filosofia della religione Kant sostiene che la moralità, lungi dall'aver bisogno del sostegno della religione, è da essa presupposta, capovolgendo così a favore della moralità il rapporto fondazionale tradizionalmente riconosciuto ai due ambiti. Friedrich Heinrich Jacobi, David Hume, sulla fede o idealismo e realismo -Lipsia, 1787 -Jacobi pubblica David Hume, über den Glauben, oder Idealismus und Realismus, che reca in appendice il saggio Sull'idealismo trascendentale che avrà una fama straordinaria. Al centro dell'opera sta il tema della conoscenza e del suo rapporto con la fede, già abbozzato negli Spinoza-Briefe. ll terreno di confronto è qui la filosofia di Hume e di Leibniz, ma soprattutto la filosofia critica di Kant.

47 Cronologia/3-4 (filosofia della storia-politica)
Immanuel Kant, Risposta alla domanda: che cos'è l'illuminismo? -Berlino, 1784 -Kant redige lo scritto di filosofia della storia sull'illuminismo Beantwortung der Frage: was ist Aufklärung?. Nell'opera Kant caratterizza l'illuminismo come l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità, contrassegnato dall'incapacità di valersi della propria ragione. L'emancipazione per Kant è attuabile nello stato moderno e a questo proposito egli ravvisa in Federico II l'iniziatore di tale rinnovamento. Immanuel Kant, Idee di una storia universale... -Escono le Ideen zu einer allgemeinen Geschichte in weltbürgerlicher Absicht di Kant, una filosofia della storia in nove tesi attorno al principio di un avvento progressivo del diritto. I principî newtoniani trattati nella Monadologia sono applicati da Kant alla condotta. Nell'opera compare il tema rousseauiano della fecondità delle passioni, il tema giusnaturalistico e la contrapposizione tra società civile e naturale. Immanuel Kant, Per la pace perpetua -Königsberg, settembre 1795 -Esce Zum ewigen Frieden. Ein philosophischer Entwurf, saggio di filosofia della storia in cui Kant polemizza contro la posizione di Rousseau. La pace perpetua - intesa come unica politica della ragion pratica - si basa sull'accordo tra politica e morale, e richiede tre condizioni: la costituzione repubblicana dei singoli Stati, la federazione degli Stati tra loro, il diritto cosmopolitico. Immanuel Kant, Metafisica dei costumi -Königsberg, 1797 -Esce la Metaphysik der Sitten, articolata in due parti (dottrina del diritto e dottrina della virtù) che contengono la formulazione più sistematica delle dottrine politiche e giuridiche di Kant. La metafisica dei costumi è la scienza pura della condotta; essa offre un sistema compiuto dei doveri, indagando l'applicazione dell'imperativo categorico alla realtà umana. Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Spirito del cristianesimo e il suo destino -Francoforte sul Meno, 1798 circa -Nel soggiorno a Francoforte, sotto l'influsso di Hölderlin, Hegel evolve il proprio razionalismo kantiano in speculazione idealistica e teologica. Nell'inedito Der Geist des Christentums und sein Schicksal, in cui il mondo moderno è interpretato come dominato dalle scissioni (soggetto/oggetto, singolo/universo), Hegel affida alla religione cristiana, fondata sul concetto di amore, la comprensione unitaria del mondo. Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Fede e sapere -Jena, 1802 -Nell'articolo Glauben oder Wissen, oder Die Reflexionsphilosophie der Subjektivität, pubblicato sul Kritisches Journal der Philosophie, Hegel riprende le critiche a Fichte e Kant già formulate nelle Differenze fra Fichte e Shelling, collocandole in un più ampio contesto storico: le loro filosofie sono infatti l'espressione di quel "principio di soggettività" che si è manifestato nella riforma protestante e nell'illuminismo.

48 Cronologia/4-4 (estetica)
Moses Mendelssohn, Considerazioni sul sublime... -Berlino, 1757 -Escono le Betrachtungen über das Erhabene und Naive in den schönen Wissenschaften. Qui Mendelssohn, al pari di Shaftesbury, usa i concetti estetici del bello e del sublime nel descrivere i personaggi morali, anticipando le Osservazioni di Kant. Inoltre, precorrendo Burke, distingue il bello dal sublime e discute i vari sentimenti che concorrono a caratterizzare la complessità dell'esperienza estetica. Immanuel Kant, Critica del giudizio -Berlino, Libau, 1790 -Esce la Kritik der Urteilskraft, con cui Kant completa il sistema della critica indagando la funzione relativa della facoltà del giudizio. Distinguendo i giudizi in determinanti e riflettenti, e concentrandosi su questi ultimi, l'opera si articola in due parti che sono rispettivamente dedicate a una critica del giudizio estetico e a una critica del giudizio teleologico. Friedrich von Schiller, Sul patetico -Germania, 1793 -Nel saggio di estetica teatrale Über das Patetische, Schiller si ispira alle teorie filosofiche di Kant. L'autore sostiene che la rappresentazione della sofferenza fine a se stessa non è lo scopo ultimo della tragedia. L'arte tragica ha per oggetto la rappresentazione del sovrasensibile - ciò che è al di là dell'intelletto e della ragione - e deve inoltre fornire un legame tra l'individuo e il mondo, tra libertà e necessità. Friedrich von Schiller, Sul sublime -Germania, 1801 -Nel saggio di estetica teatrale Über das Erhabene Schiller si ispira alle teorie di Kant. Il sublime nasce dal distacco di fronte ai fenomeni naturali, travolgenti e irresistibili, rispetto ai quali la mente conserva la libertà di azione individuale. L'insegnamento della tragedia è una sorta di stoicismo che deriva dall'osservazione dell'attore tragico nell'atto di opporre la libera volontà alla sofferenza. Johann August Eberhard, Manuale di estetica -Halle, -Escono i 4 volumi dell'Handbuch der Ästhetik, in cui Eberhard esprime il proprio credo estetico. Per lui la bellezza non è una caratteristica oggettiva delle cose, ma è data dall'adeguarsi dell'oggetto alle capacità rappresentative del soggetto. Chiama tale punto di vista "finalismo soggettivo". L'idea che scopo dell'arte sia di risvegliare le passioni piacevoli sarà per lo più rifiutata dai cultori di estetica, Kant incluso.

49 Isaac Newton Sir Isaac Newton (Woolsthorpe-by-Colsterworth, 25 dicembre 1642 – Londra, 20 marzo 1727[1]) è stato un filosofo, matematico, fisico e alchimista inglese. Citato anche come Isacco Newton, è considerato da molti una delle più grandi menti di tutti i tempi. Fu Presidente della Royal Society. Universalmente noto soprattutto per il suo contributo alla meccanica classica, — è nota agli scolari di tutto il mondo la "storiella" di Newton e la mela, — Isaac Newton contribuì in maniera fondamentale a più di una branca del sapere. Pubblicò i Philosophiae Naturalis Principia Mathematica nel 1687, nella quale descrisse la legge di gravitazione universale e, attraverso le sue leggi del moto, creò i fondamenti per la meccanica classica. Newton inoltre condivise con Gottfried Wilhelm Leibniz la paternità dello sviluppo del calcolo differenziale. Newton fu il primo a dimostrare che le leggi della natura governano il movimento della Terra e degli altri corpi celesti. Egli contribuì alla Rivoluzione scientifica e al progresso della teoria eliocentrica. A Newton si deve anche la sistematizzazione matematica delle leggi di Keplero sul movimento dei pianeti. Egli generalizzò queste leggi intuendo che le orbite (come quelle delle comete) potevano essere non solo ellittiche ma anche iperboliche e paraboliche L'opera più influente di Newton fu senza dubbio Philosophiae Naturalis Principia Mathematica, per i successivi trecento anni valido e attendibile testo scientifico per la meccanica classica. La loro pubblicazione avvenuta nel 1687 è considerata da molti la nascita della fisica moderna. Per la prima volta la meccanica è trattata in modo sistematico e geometrico-matematico, anche se per la sua formulazione con l’analisi matematica si dovettero attendere le opere di meccanica di Eulero e quelle dell’epoca illuminista. Nei Principi Newton tratta lo spazio e il tempo come enti assoluti ma, come già aveva fatto Galilei, riconosce in una certa misura la relatività del moto. Egli dice infatti che il moto assoluto si deve misurare rispettivamente a dei punti immobili ma che, come scrive nei Principia: « Non esistono luoghi immobili salvo quelli che dall'infinito e per l'infinito conservano , gli uni rispetto agli altri, determinate posizioni ; e così rimangono sempre immobili e costituiscono lo spazio che chiamiamo immobile[10] Questa ostica definizione è accentuata sia dal linguaggio dello scienziato, sia dalla grande difficoltà del problema.

50 David Hume Critica del principio di causalità. Sul principio di causalità si basavano tutti quei procedimenti di "previsione" con cui ad un evento se ne fa seguire un altro teoricamente collegato al precedente. Con Hume la ragione scopre di non poter stabilire tra i fatti alcuna connessione del tipo causa-effetto, ma di poterla soltanto asserire per mezzo dell'immaginazione. Poiché i contenuti sensibili sono esperiti singolarmente, in base all'esperienza è possibile affermare solo la concomitanza, la successione, la contiguità la regolarità tra due o più fenomeni e non possono esservi prove che confermino che tra due fatti esista qualcosa come una relazione di causa-effetto (cioè una relazione necessaria). L'esempio famoso di Hume è quello della palla da biliardo lanciata contro un'altra: per qualunque osservatore apparirà sempre prima una palla che si scontra con un'altra (A) e poi il mettersi in moto di quest'ultima (B). Il rapporto fra A e B è di consequenzialità e non di produzione. Hume escluse dunque che la previsione di un fenomeno sulle premesse di un altro possa basarsi su un ragionamento a priori, ovvero essere un'inferenza. Nessun rapporto di necessità, d’altra parte, può dedursi dalla ripetizione quanto si voglia frequente dell’esperienza (a posteriori) di una successione di fatti. Critica della sostanza corporea e psichica Con un analogo ragionamento Hume critica l’ontologia tradizionale Per Hume ciò di cui si ha esperienza sensibile non è la sostanza ma una "collezione di qualità particolari" ovvero un insieme di stimoli distinti e di sensazioni empiriche separate provenienti dall'esterno. Ciò che chiamiamo sostanza è dunque il risultato di un’operazione intellettuale esercitata sui contenuti sensibili reali che identifica come sostanza la percezione abituale di un certo numero di sensazioni concomitanti. Tale operazione crea in noi l'impressione che ciò che identifichiamo come “sostanza” esista realmente fuori di noi anche nel momento in cui noi non percepiamo quel determinato gruppo di contenuti sensibili. Anche la sostanza dell'"io" è soltanto un amalgama di sensazioni. Se riuscissimo ad eliminare ogni singola sensazione del nostro io non resterebbe nulla. Hume affermò anche l'inutilità di ogni tentativo di dimostrare l'immortalità dell'anima, in quanto del nostro io possiamo parlare soltanto in presenza di sensazioni. Legge di Hume L’etica di Hume è basata sulla “ legge” che prende il suo nome, la quale stabilisce l’impossibilità di derivare proposizioni prescrittive ("dover essere", giudizi di valore) dalle descrittive ("essere", giudizi di fatto). David Hume (Edimburgo, 26 aprile 1711[1] – Edimburgo, 25 agosto 1776) filosofo e storico scozzese. Con Adam Smith e Thomas Reid, una delle figure più importanti dell'illuminismo scozzese. Hume è considerato il terzo ed il più radicale dei British Empiricists ("empiristi britannici"), dopo l'inglese John Locke e l'anglo-irlandese George Berkeley.

51 Jean Jacques Rousseau Nel Discorso sull'ineguaglianza, illustrò il progresso e la degenerazione dell'umanità da un primitivo stato di natura sino alla società moderna. Quando l'umanità fu costretta a vivere in comunità, a causa della crescita della popolazione, subì una trasformazione psicologica, in seguito alla quale cominciò a considerare come la buona opinione degli altri come un valore indispensabile per il proprio benessere. Tuttavia, lo sviluppo dell'agricoltura e della metallurgia, e la conseguente creazione della proprietà privata e della divisione del lavoro, portarono a una crescente dipendenza reciproca degli individui e alla disuguaglianza tra gli uomini. La conseguente condizione di conflitto tra chi aveva molto e chi poco o nulla, fece sì, secondo Rousseau, che il primo Stato fu inventato come una forma di contratto sociale suggerito dai più ricchi e potenti. Difatti i ricchi e i potenti, tramite il contratto sociale, sanzionarono la proprietà privata, lo stato di fatto e quindi istituzionalizzarono la diseguaglianza come se fosse inerente alla società umana. Rousseau concepiva la propria proposta per un nuovo contratto sociale come un'alternativa a questa forma fraudolenta. Jean-Jacques Rousseau (Ginevra, 28 giugno 1712 – Ermenonville, 2 luglio 1778) è stato uno scrittore, filosofo e musicista svizzero. Le idee socio-politiche di Rousseau influenzarono la Rivoluzione Francese, lo sviluppo delle teorie socialiste, e la crescita del nazionalismo. La sua eredità di pensatore radicale e rivoluzionario è probabilmente espressa al meglio nella sua più celebre frase, contenuta nel Contratto sociale: "L'uomo è nato libero, ma ovunque è in catene". Le sue teorie ebbero anche notevole influenza sul successivo Romanticismo. Rousseau vedeva una divaricazione sostanziale tra la società e la natura umana; affermava che l'uomo fosse, in natura, buono, un "buon selvaggio", ma che fosse stato corrotto in seguito dalla società civile e colta; vedeva questa come un prodotto artificiale nocivo per il benessere degli individui, portandoli alla degenerazione e al vizio. Sottomettendosi all'autorità della volontà generale del popolo in quanto entità unitaria, gli individui evitano di diventare subordinati alla volontà di altri individui; inoltre, in questo modo, ci si assicura che obbediranno alle leggi di cui saranno, essi stessi, autori collettivi. Rousseau sostiene che la sovranità deve essere nelle mani del popolo, ma distingue nettamente tra sovranità e governo. Il governo è incaricato di eseguire e far rispettare la volontà generale, ed è composto da un piccolo gruppo di cittadini, definiti "magistrati". Rousseau si opponeva fortemente all'idea che il popolo potesse esercitare la propria sovranità tramite un'assemblea rappresentativa

52 Christian Wolff Per Wolff la filosofia è scienza, intesa come scienza del possibile: ma possibile è solo ciò che è pensabile, e ogni verità di fatto, secondo la distinzione di Leibniz, va ricondotta entro le verità di ragione. Preliminare a questa operazione è la fondazione di una logica rigorosa, la quale per Wolff deve essere basata sul principio di non contraddizione e sul sillogismo, come metodo rigoroso e deduttivo. In base a questa fondazione logica, la filosofia si divide in teorica e pratica. La filosofia teorica è costituita in primo grado dall'ontologia, che per Wolff coincide interamente con la metafisica di Aristotele e della Scolastica; segue poi la cosmologia, per la quale egli si basa sulla monadologia di Leibniz, interpretando il mondo come un orologio automatico impostato in modo definitivo e irrevocabile, all'atto della creazione, da Dio, in base al criterio della necessità che determina in modo permanente la relazione fra le monadi. In base a questa necessità, ovvero all'armonia prestabilita proposta da Leibniz, si svolge anche la relazione fra anima e corpo. Christian Wolff (Breslavia, 24 gennaio 1679 – Halle sul Saale, 9 aprile 1754) è stato un filosofo tedesco. Wolff fu il più eminente filosofo tedesco nel periodo tra Leibniz e Kant. La sua opera riguarda praticamente ogni aspetto della dottrina filosofica del suo tempo, esposta e spiegata con il suo metodo matematico dimostrativo-deduttivo che probabilmente rappresenta il picco della razionalità illuministica in Germania. l pensiero di Wolff si caratterizza per essere una sorta di sintesi e sistemazione del pensiero filosofico del tempo, sistematizzato e razionalizzato in un'ottica prevalentemente leibniziana. Quanto poi alla filosofia pratica, Wolff basa la sua etica sull'intellettualismo socratico: la volontà non può volere che il bene, laddove lo conosce, e ideale morale è quello della perfezione. In ambito economico, Wolff contestò il liberismo e propugnò l'intervento dello stato secondo un'ottica di dispotismo illuminato.

53 Johann Gottlieb Fichte
Johann Gottlieb Fichte (Rammenau, 19 maggio 1762 – Berlino, 27 gennaio 1814) è stato un filosofo tedesco, continuatore del pensiero di Kant e iniziatore dell'idealismo tedesco. Le sue opere più famose sono la Dottrina della scienza, e i Discorsi alla nazione tedesca, nei quali sosteneva la superiorità culturale della Germania incitando il suo popolo a combattere contro Napoleone. Fichte si propone come Reinhold di dare coerenza e rigore al criticismo kantiano riconducendolo ad un principio fondamentale. All'origine della coscienza Fichte pone l'autointuizione dell'Io, che egli assimila all’io penso e all'intuizione della legge morale di Kant. Essa deve essere un atto assolutamente incondizionato, perché se fosse condizionato non sarebbe il principio primo: è quindi un fondamento che si pone da sé; ed è un atto perché il suo essere è essenzialmente un porsi: esso è dunque al contempo un conoscersi e un agire. Tutta la realtà finisce per risolversi nell'Io assoluto. Anche le categorie assumono un ruolo diverso: mentre per Kant esse avevano lo scopo di unificare il molteplice, per Fichte hanno lo scopo inverso di moltiplicare l'Io nella sua unicità. Dal reciproco rapportarsi di soggetto e oggetto, Fichte farà così scaturire tre principi. 1) L'Io pone se stesso 2) L'Io oppone a sé un non-io 3) L'Io oppone in sé a un io limitato un non-io limitato

54 Arthur Schopenhauer 
Nacque a Danzica nel 1788 in una famiglia borghese. Nel 1805, decise di dedicarsi alla filosofia e frequentò i corsi tenuti da Gottlob Ernst Schulze a Gottinga e quelli di Johann Gottlieb Fichte a Berlino. Nei confronti di questi, ma anche di Schelling e di Hegel, Schopenhauer nutrì sempre disprezzo e avversione, definendo Hegel "Il gran cialtrone". Nel 1809 s'iscrisse alla facoltà di medicina a Gottinga. nel 1813 si laureò a Jena con una tesi Sulla quadruplice radice del principio di ragion sufficiente e, nel 1819, pubblicò la sua opera più importante, Il mondo come volontà e rappresentazione che ebbe tuttavia scarsissimo successo tra i suoi contemporanei e che incominciò a ricevere qualche attenzione solo vent'anni dopo. Dopo aver girato in lungo ed in largo l'Europa, e dopo una breve parentesi da libero docente universitario a Berlino (1820), dal 1833 decise di fermarsi a Francoforte sul Meno dove visse da solitario borghese, celibe, misogino. La vera affermazione del pensatore si ebbe solo a partire dal 1851, data della pubblicazione del volume Parerga e paralipomena, Negli ultimi anni della sua esistenza ebbe una ristretta ma interessata e fedelissima cerchia di (come egli stesso amò definirli) devoti "apostoli", tra cui il compositore Wagner. Morì di pleurite acuta nel 1860. Schopenhauer riprende da Kant i concetti di fenomeno e noumeno. Il fenomeno è il prodotto della nostra coscienza, esso è il mondo come ci appare mediante le forme a priori dell'intelletto (tempo, spazio, causalità), mentre il noumeno è la cosa in sé, fondamento ed essenza vera del mondo. Il fenomeno materiale è dunque per Schopenhauer solo parvenza, illusione, sogno, come in molta filosofia indiana, dalla quale egli prende spesso ad esempio il mito del velo di Maya; per questo il filosofo tedesco apre la sua opera principale con l'espressione il mondo è mia rappresentazione. Ma al di là di questa, che è mero strumento, necessario alla conservazione dell'esistenza della specie e dello stesso individuo, è la "cosa in sé" cioè il noumeno che l'uomo desidera conoscere per lenire il dolore e la miseria della propria vita. Proprio perché l'uomo sente questa necessità di conoscere il noumeno egli è un animale metafisico. 

55 critica, criticismo (kritik, kritizismus)
Dal greco krìno, giudico, distinguo In Kant indica l’atteggiamento filosofico che concerne la domanda programmatica sul fondamento di determinate esperienze, al fine chi chiarirne le condizioni di possibilità, la validità e i limiti. Criticismo è la filosofia del terzo periodo di Kant, in cui si applica sistematicamente la critica. Si contrappone a dogmatismo, in quanto quest’ultimo prescinde da ogni preliminare indagine di validità del discorso.

56 rivoluzione copernicana in filosofia
La rivoluzione copernicana in filosofia, operata da Kant cerca di unire profondamente le strutture dell’intelletto al dato dell’esperienza nel processo conoscitivo Si apre il problema - posto anch’esso dall’esperienza - di come si ponga la ragione di fronte a quel campo di conoscenze che trascendono l’esperienza e a cui tuttavia la ragione aspira (metafisica) Il sistema copernicano o eliocentrico è il modello cosmologico presentato da Niccolò Copernico ne Le rivoluzioni dei mondi celesti (1543), in contrapposizione al sistema tolemaico. In esso la Terra e gli altri pianeti ruotano intorno al Sole, immobile al centro delle sfera delle stelle fisse. La Luna orbita invece intorno alla Terra. Si afferma nel Seicento, con le importanti modifiche apportatevi da Galilei, Kepler e Newton.

57 a priori/a posteriori Coppia di termini intesa designare:
la distinzione tra la dimostrazione dalla causa all'effetto e quella dall'effetto alla causa (risalente alla Scolastica fino ad Aristotele) la distinzione tra le conoscenze raggiungibili con la pura ragione e quelle ottenibili con l'esperienza (risalente all'empirismo inglese che ne amplia il significato). La sistemazione canonica moderna della distinzione si ha nell'opera di Kant.

58 giudizi analitici/sintetici
I giudizi si distinguono in tal modo a seconda che il predicato sia rispettivamente contenuto o meno nel concetto espresso dal soggetto. Analitici: sono puramente esplicativi, Sintetici: sono estensivi della nostra conoscenza Combinando questa distinzione con quella fra a priori e a posteriori, si ottengono tre tipi di giudizi: analitici, sintetici a priori sintetici a posteriori.

59 prova ontologica/prova cosmologica
La prova ontologica viene formulata nel secolo XI da Anselmo d'Aosta. E' un'argomentazione a priori che inferisce l'esistenza di Dio dal concetto di Dio, quale essere perfettissimo. Respinta dalla Scolastica, che preferisce di norma argomenti a posteriori (come la prova teleologica), essa conosce grande fortuna nella filosofia moderna in particolare con Descartes e Leibniz. Viene aspramente criticata da Kant, il quale sostiene che tale prova è contraddittoria o impossibile. La prova cosmologica o ex possibili et necessario o a contingentia mundi è una prova tra le più fortunate dell'esistenza di Dio. Formulata per la prima volta da Avicenna, inferisce l'esistenza di Dio quale essere necessario dall'esistenza del possibile inteso come ciò che non esiste per sé ma in virtù di altro. Tale prova non viene abbandonata neppure nel '700, che è il periodo di maggior inasprimento della polemica antiteologica. Kant la considera una prova ontologica cammuffata.

60 validità Titoli di legittimità o non legittimità di un’esperienza, di un discorso, di un’inferenza

61 limite, filosofia del Il limite è il perimetro entro cui valgono le leggi che la ragione impone agli oggetti da essi conosciuti. Tali limiti tendono in Kant a coincidere con i limiti stessi dell’umano.

62 materia/forma Termini che Kant recepisce dal vocabolario aristotelico e della scolastica dove indicano, rispettivamente, in riferimento alla sostanza: il principio dell’individuazione e del mutamento ed il principio di universalizzabilità. In Kant: In senso speculativo (materia/forma della conoscenza): -Materia è la molteplicità caotica e mutevole del contenuto dell’impressione sensibile, cioè di tutto ciò che proviene dai sensi e che la ragione “processa”, sottoponendolo alle proprie leggi. -Forma è appunto l’insieme delle modalità immutabili, fisse, attraverso cui la materia riceve un ordine dalla ragione. In senso pratico (materia/forma dei principi pratici): -Materia è «l’oggetto della facoltà di desiderare», che fa sì che si agisca allo scopo di soddisfare l’amor proprio (eudaimonismo o utilitarismo) e dunque non può dar luogo a leggi pratiche -Forma è la legge morale in quanto obbliga universalemente, a prescindere dalle preferenze personali

63 autonomia (Autonomie)
Dal greco “autos” (“se stesso”)+”nèmein” (“governare”) In Kant è la capacità della volontà di determinarsi indipendentemente da ogni proprio desiderio ma conformemente ad interna necessità, una legge che coincide con l’essere stesso della ragione. La libertà morale, in senso kantiano, s’identifica con l’autonomia. Eteronomia è, viceversa, ciò che ha il proprio principio d’azione in qualcosa d’altro da sé.

64 puro (rein) Indica l’a priori in generale
Indica anche una sottospecie dell’a priori, l’assolutamente a priori, «ciò cui non è mescolato nulla di empirico»

65 fenomeno/noumeno Fenomeno: la realtà come appare alla ragione tramite le forme a priori (gli “occhiali” della ragione) che costituiscono le condizioni della conoscenza umana Noumeno: in Kant è un concetto-limite, l’esistenza in sé della cosa, che sebbene inconoscibile come tale, dev’essere ammessa come ciò cui si applicano i processi conoscitivi

66 trascendentale Presso la filosofia scolastica: le tre proprietà comuni a tutti gli enti (essere, uno e bene) ancor più generali delle categorie aristoteliche. In Kant “trascendentale” non esprime proprietà ontologiche ma è riferito al tipo di conoscenza che si applica al modo propriamente razionale (umano) del conoscere ed alle condizioni di possibilità comuni ad ogni conoscenza.

67 tempo/spazio (Zeit/Raum)
Spazio: «rappresentazione a priori, necessaria che sta a fondamento di tutte le intuizioni esterne».Quindi forma del senso esterno, del disporsi delle cose nella percezione «l’una accanto all’altra». Tempo, forma del senso interno, del disporsi delle cose “una dopo l’altra” nella percezione. Dunque, in qualche modo forma di tutte le percezioni cioè, indirettamente, anche di quelle esterne.

68 concetto (empirico/puro)/giudizio
Concetto: Funzione unificatrice o sintetica tipica dell’intelletto consistente nell’ordinare e raggruppare una molteplicità di rappresentazioni sotto un’unica rappresentazione C. empirico: raggruppamento di rappresentazioni contenenti materiali apportati dai sensi C. puro (es.: categorie): raggruppamento di rappresentazioni cui non sono mescolati materiali empirici. Prodotto completamente dall’intelletto all’interno di sé. Giudizio: pensare per concetti: sussumere una determinata rappresentazione sotto una più generale avviene collegando un concetto-predicato ad un concetto-soggetto attraverso la copula “è”.

69 Io penso (Ich denke) Anche: autocoscienza, appercezione (dal francese: s’apercevoir, “accorgersi di”. Centro mentale unificatore di cui sono funzioni le categorie. Sintesi di tutte le sintesi ha perciò un carattere formale. Dall’insieme delle sue caratteristiche risulta che non si ha propriamente conoscenza dell’io penso, bensì coscienza.

70 categorie Concetti puri.
Supreme funzioni unificatrici dell’intelletto. Le varie maniere in cui l’intelletto unifica a priori le intuizioni empiriche.

71 intuizione Modalità di conoscenza diretta della cosa.
Intuizione sensibile/intellettuale. Rispetto alla cosa le modalità proprie della conoscenza umana fanno sì che si possa avere solo un’intuizione sensibile che coincide col contenuto materiale dell’esperienza. All’interno delle strutture cognitive proprie della ragione può aversi intuizione intellettuale solo dei concetti puri ed in generale di ciò che la ragione stessa produce indipendentemente dall’apporto dei sensi. Un’intuizione intellettuale degli oggetti coinciderebbe con una conoscenza noumenica dell’oggetto. Questa sarebbe possibile solo ad un ente (Dio) capace di cogliere non fenomenicamente, ma creativamente l’oggetto.

72 imperativo categorico/ipotetico
«Ciò che rappresenta un’azione come necessaria per se stessa, senza relazione con nessun altro fine». Nel caso, invece si realizzasse quest’ultima condizione, cioè si instaurasse una relazione tra l’azione e un qualunque fine ad essa estrinseco, noi avremmo non un imperativo categorico ma un imperativo ipotetico. Kant enuncia l’imperativo categorico secondo celebri formule equivalenti (cfr. Fondazione di una metafisica dei costumi): I. «Agisci secondo quella massima che, al tempo stesso, puoi volere che divenga una legge universale» II.«Agisci in modo da trattare l’umanità, sia nella tua persona sia in quella di ogni altro, sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo» III.«Fa’ che la tua volontà, in base alla sua massima, possa considerare contemporaneamente se stessa come universalmente legislatrice»


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