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Principi base di comunicazione

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Presentazione sul tema: "Principi base di comunicazione"— Transcript della presentazione:

1 Principi base di comunicazione
Principi base di comunicazione. Tecniche di comunicazione verbale e non verbale. Orientamento della comunicazione ai bisogni del gruppo di riferimento. La leadership

2 Qual è la differenza tra parlare e comunicare?
COMUNICARE -> dal latino: [communicare], mettere in comune, derivato di [commune], propriamente, che compie il suo dovere con gli altri, composto di [cum] insieme e [munis] ufficio, incarico, dovere, funzione. PARLARE -> dire qualcosa a voce per mezzo di parole

3 PARLARE NON SIGNIFICA COMUNICARE
Consapevole delle proprie responsabilità e forte del proprio ruolo, la comunicazione è un'espressione sociale, un mettere un valore al servizio di qualcuno o qualcosa fuori da sé: per comunicarenon basta pronunciare, scrivere o disegnare; la comunicazione avviene quando arriva, quando l'espressione è compresa e diventa patrimonio comune per la costruzione di una discussione, di un sapere, di una cultura.

4 Nella comunicazione, qual è il peso delle parole, dei toni di voce e del «non verbale»?

5 Movimenti del corpo (soprattutto espressioni facciali) 55%
COMUNICAZIONE 7% VERBALE 38% PARAVERBALE 55% NON VERBALE Uno studio condotto nel 1972 dallo psicologo statunitense Albert Mehrabian ("Non-verbal communication") ha mostrato che ciò che viene percepito in un messaggio vocale può essere così suddiviso: Movimenti del corpo (soprattutto espressioni facciali) 55% Aspetto vocale (Volume, tono, ritmo) 38% Aspetto verbale (parole) 7%

6 Il linguaggio del corpo e quello verbale sono interdipendenti.
Nella comunicazione interpersonale un ruolo fondamentale è giocato dal NON VERBALE

7 «Il corpo parla una lingua che spesso esprime pensieri e intenzioni
lontane da quelle che la voce afferma; esprime le emozioni più profonde che le parole non sanno o non vorrebbero dire» Elio Vigorita in Primi elementi di comunicazione interpersonale, p. 497 ss., in Percorsi, esperienze, idee a cura di Maria Antonella Cocchiara

8 passaggio unidirezionale di notizie e di informazioni,
La comunicazione è condivisione, è interazione, è feed back. Non è, quindi, solo passaggio unidirezionale di notizie e di informazioni, Non è neppure divulgazione.

9 Nel processo comunicativo si trasferiscono significati
da una persona ad altre per influenzarne reciprocamente il pensiero e il comportamento

10 Gli assiomi della comunicazione

11 NON SI PUO’ NON COMUNICARE. IL SILENZIO!
Scuola di Palo AltoGregory Bateson, Paul Watzlawick, Janet Helmick Beavin, Don D. Jackson: gli assiomi della comunicazione NON SI PUO’ NON COMUNICARE. IL SILENZIO! Qualsiasi comportamento, in situazione di interazione tra persone, è ipso facto una forma di comunicazione. Qualsiasi atteggiamento diventa immediatamente portatore di significato per gli altri: ha dunque valore di messaggio. Anche i silenzi, l’indifferenza, la passività e l’inattività sono forme di comunicazione al pari delle altre. METACOMUNICAZIONE Ogni comunicazione comporta di fatto un aspetto di metacomunicazione che determina la relazione tra i comunicanti. Ad esempio, un individuo che proferisce un ordine esprime, oltre al contenuto (la volontà che l'ascoltatore compia una determinata azione), anche la relazione che intercorre tra chi comunica e chi è oggetto della comunicazione, nel caso particolare quella di superiore/subordinato. Ogni comunicazione, oltre a trasmettere informazione, implica un impegno tra i comunicanti e definisce la natura della loro relazione. Pare che gli scambi comunicativi “patologici” siano caratterizzati da una lotta costante per definire i rispettivi ruoli e la natura della relazione, mentre l’informazione trasmessa dai comunicanti passi nettamente in secondo piano (anche se questi ultimi sono inconsapevoli di ciò). L’aspetto di relazione di una comunicazione è definito dai termini in cui si presenta la comunicazione stessa, dal non-verbale che ad essa si accompagna e dal contesto in cui questa si svolge. LA PUNTEGGIATURA La natura di una relazione dipende anche dalla punteggiatura delle sequenze di scambi comunicativi tra i comunicanti. Questa tende a differenziare la relazione tra gli individui coinvolti nell’interazione e a definire i loro rispettivi ruoli: essi punteggeranno gli scambi in maniera che questi risultino organizzati entro modelli di interazione più o meno convenzionali. Watzlawick fa l’esempio della cavia da laboratorio che dice: “Ho addestrato bene il mio sperimentatore. Ogni volta che io premo la leva lui mi dà da mangiare”; quest’ultimo non accetta la punteggiatura che lo sperimentatore cerca di imporgli, secondo la quale è lo sperimentatore stesso che ha addestrato la cavia e non il contrario.

12 Scuola di Palo COMUNICAZIONE NUMERICA E ANALOGICA
AltoGregory Bateson, Paul Watzlawick, Janet Helmick Beavin, Don D. Jackson: gli assiomi della comunicazione COMUNICAZIONE NUMERICA E ANALOGICA Il quarto assioma attribuisce agli esseri umani la capacità di comunicare sia tramite un modulo comunicativo digitale (o numerico) sia con un modulo analogico. L’aspetto di contenuto viene trasmesso essenzialmente con un modulo digitale, quello di relazione attraverso un modulo analogico. Quando gli esseri umani comunicano per immagini la comunicazione è analogica; questa comprende tutta la comunicazione non-verbale. Quando comunicano usando le parole, la comunicazione segue il modulo digitale. Questo perché le parole sono segni arbitrari e privi di una correlazione con la cosa che rappresentano, ma permettono una manipolazione secondo le regole della sintassi logica che li organizza. Nella comunicazione analogica questa correlazione invece esiste: in ciò che si usa per rappresentare la cosa in questione è presente qualcos'altro di simile alla cosa stessa. La comunicazione numerica possiede un grado di astrazione, di versatilità, nonché di complessità e sintassi logica enormemente superiore rispetto alla comunicazione analogica, ma anche dei grossi limiti per quanto riguarda la trasmissione dei messaggi sulla relazione tra i comunicanti; al contrario, mentre la comunicazione analogica risulta molto più ricca e significativa quando la relazione è il problema centrale della comunicazione in corso, al tempo stesso può risultare ambigua a causa della mancanza di sintassi, di indicatori logici e spazio-temporali. L’INTERAZIONE COMPLEMENTARE E SIMMETRICA Quest’ultimo assioma si riferisce ad una classificazione della natura delle relazioni che le suddivide in relazioni basate sull’uguaglianza oppure sulla differenza. Nel primo caso si parla di relazioni simmetriche, in cui entrambi i partecipanti tendono a rispecchiare il comportamento dell’altro (ad es. nel caso della diade dirigente-dipendente), nel secondo si parla di relazioni complementari, in cui il comportamento di uno dei comunicanti completa quello dell’altro (ad es. tra due dipendenti o tra due dirigenti).

13 La comunicazione efficace
Saper comunicare è un’abilità. Buoni/e comunicatori/trici si diventa. Esercitarsi e studiare migliora la capacità comunicativa, il feed back (effetto di ritorno del messaggio) e la presa di coscienza delle potenzialità comunicative.

14 di un buon comunicatore è entrare in relazione con chi ascolta.
L’obiettivo di un buon comunicatore è entrare in relazione con chi ascolta. Il risultato della comunicazione è il feed back che si riceve.

15 Elementi della comunicazione interpersonale
Messaggio: contenuto della comunicazione Fonte del messaggio: emittente Codifica del messaggio: è l'attività che svolge l'emittente per trasformare idee, concetti e immagini mentali in un messaggio comunicabile attraverso un codice condiviso Canale di trasmissione: può essere inteso sia come il mezzo tecnico esterno al soggetto con cui il messaggio arriva (telefono, fax, posta ecc.) sia come il mezzo sensoriale coinvolto nella comunicazione (udito e vista ecc.) Ricevente Decodifica: è il percorso contrario svolto dal ricevente che trasforma il messaggio da codice in idee, concetti e immagini mentali Feed back: è l'interscambio che avviene tra ricevente ed emittente quando l'informazione di ritorno permette all'emittente di percepire se il messaggio è stato ricevuto, capito ecc Rumore: disturbi della comunicazione Contesto

16 CONTESTO Ogni comunicazione avviene sempre in
un contesto caratterizzato da quattro dimensioni: Fisica Temporale Sociale Psicologica

17 La comunicazione può essere: Comunicazione verbale: utilizza le parole
Comunicazione non verbale: espressione dei volto, gesti, tono della voce, etc. E' meno facilmente sottoponibile a "censura", e quindi tradisce gli effettivi sentimenti, stati d'animo, opinioni. Comunicazione simbolica: il nostro modo di vestire, gli oggetti di cui ci circondiamo, etc, costituiscono una parte molto significativa della nostra comunicazione

18 Comunicazione verbale
In ogni caso occorre fare molta attenzione perché non tutto quello che viene comunicato arriva al ricevente. Anzi, di solito: Vuoi dire 100 In realtà dici 80 Il ricevente ne sente 50 (anche a causa dei disturbi dell’ambiente Ne capisce 30 Ne ricorda 20

19 Comunicazione non verbale
La comunicazione non verbale È contestuale (avviene sempre in un preciso contesto) È comunicativa (non si può non comunicare) È caratterizzata da più comportamenti e gesti È più credibile

20 Il linguaggio del corpo Portamento/atteggiamento
Aspetto esteriore Portamento/atteggiamento Mimica facciale Gestualità Voce (volume e tono) Distanza e gestione dello spazio

21 Quali sono i comportamenti che caratterizzano un Ascolto Attivo?

22 l’autentica forza della comunicazione:
L’ENTUSIASMO è l’autentica forza della comunicazione: “parliamo con la mente ma comunichiamo con il cuore” Una comunicazione efficace, davvero interattiva e produttiva è una comunicazione che genera un rapporto e con questo una possibilità di cambiamento, una nuova prospettiva, una nuova apertura che può diventare spesso un miglioramento.

23 Entrare in comunicazione ed in relazione con il nostro interlocutore
vuol dire cercare di far combaciare la mappa del nostro mondo con quella di chi ci sta di fronte, significa andare al passo con i suoi ragionamenti.

24 Ascolto attivo significa giungere alla
conoscenza del nostro interlocutore, calibrarci su di lui. E’ chiaro che una qualsiasi conoscenza dell’altro presuppone una preventiva conoscenza di noi stessi.

25 Ma la conoscenza dell’altro non avviene soltanto
tramite l’osservazione o l’ascolto passivo che possiamo attuare. Perché, affinché la comunicazione produca una reale e profonda conoscenza del nostro interlocutore, è essenziale entrare in un rapporto di empatia con lui.

26 “Un ascolto molto attento è un modo significativo di essere d’aiuto”
L’ASCOLTO EMPATICO è infatti il fattore cruciale di una comunicazione efficace. La comunicazione efficace si basa di fatto sull’accoglienza, sul coinvolgimento personale, sulla responsabilità, sull’empatia, sulla fiducia. “Abbiamo due orecchie e una lingua, per ascoltare il doppio e parlare la metà” (detto popolare) “Un ascolto molto attento è un modo significativo di essere d’aiuto” (C. Roger)

27 L’ASCOLTO ACCOGLIENTE
PREVEDE: - la disponibilità a fare spazio dentro di noi la valorizzazione della persona nostro interlocutore, sede di potenzialità, talenti e progetti, punti di vista differenti - l’individuazione dei suoi bisogni - la risposta accurata alle sue eventuali richieste d’aiuto, crescita, autorealizzazione.

28 “quanto ascolto l’altro?”
La domanda fondamentale che deve richiamarci alla responsabilità della comunicazione e della relazione con l’altro è dunque: “quanto ascolto l’altro?” “Il silenzio interno è una strategia importante per ascoltare gli altri facendoli accomodare nella nostra anima, e per ascoltare noi stessi, percependo il nostro dialogo interiore. Se la nostra mente è affollata, preoccupata, agitata non riusciamo ad ascoltare niente e nessuno”

29 Attuare un ASCOLTO EMPATICO
vuol dire : - “Mettersi nei panni dell’altro” - “Camminare nelle sue scarpe” - “Vedere il mondo con i suoi occhi” - “Entrare in sintonia con l’altro” - “Sentire dentro di sé come sente l’altro”

30 LE 7 REGOLE DELL’ARTE DI ASCOLTARE
1) Non aver fretta di arrivare alle conclusioni. 2) Quel che vedi dipende dal tuo punto di vista (per riuscire a vedere il tuo punto di vista, devi cambiare punto di vista!). 3) Se vuoi comprendere quel che un altro sta dicendo, devi assumere che ha ragione e chiedergli di aiutarti a vedere le cose e gli eventi dalla sua prospettiva. 4) Le emozioni sono degli strumenti conoscitivi fondamentali se sai comprendere il loro linguaggio. 5) Un buon ascoltatore è un esploratore di mondi possibili. 6) Un buon ascoltatore accoglie volentieri i paradossi del pensiero e della comunicazione. 7) Per essere un buon ascoltatore devi adottare una metodologia umoristica.

31 I maggiore OSTACOLI all’ascolto possono essere attribuiti a :
- mancanza di tempo - egocentrismo - narcisismo - presunzione - pregiudizi - agitazione - disinteresse - assenza di una visione propria - carenza d’empatia

32 l’ascolto è fondamentale.
Nella comunicazione e relazione l’ascolto è fondamentale. Esso è la metà del dialogo.

33 La comunicazione efficace deve combattere alcune BARRIERE
Il DIALOGO presuppone: 1) Parità morale dei 2 interlocutori, quindi, reciproco rispetto. 2) Tutti possono imparare e tutti possono insegnare qualcosa; in altri termini, non ci sono ruoli unidirezionali. 3) La disponibilità ad imparare attraverso la ricerca comune . 4) La reciprocità: ognuno può porre domande, fare osservazioni ed ascoltare le risposte. La comunicazione efficace deve combattere alcune BARRIERE

34 OSTACOLI ALLA BUONA COMUNICAZIONE (significati relazionali)
ESEMPI PRATICI MESSAGGI IMPLICITI (significati relazionali) Non sintonizzarsi. Non tenere conto dei feedback . Mi tengo a distanza. Non mi fido. Non provo stima. I tuoi bisogni non sono importanti. Interrompere. Sovrapporsi. Sono io che comando. Seguire il proprio pensiero. Parlare a fiume. Invadere lo spazio. Fare un monologo. Non mi interessa dialogare con te. Le mie idee sono più importanti. Non meriti attenzione. Fare pressing. Vieni al punto. Taglia corto! Sbrigati! Non sei importante. Non ho tempo per te. I tuoi bisogni non mi interessano. Mettere in dubbio. Si, ma… Come fai a dirlo? Però… Non so… Non ti credo. Hai torto. La tua parola non conta. Contraddire. No. Non è così! Ne so più di te. Ti sbagli! Correggere. Non hai capito. Ora ti spiego… Ne so più di te. Non sei capace. Criticare. Sei Sempre lo stesso. Non vai bene come persona Colpevolizzare. Rimproverare. È colpa tua. Guarda che hai combinato. Sei cattivo. Sei tu il responsabile. Lettura della mente. Reagisci così perché sei geloso!!! Io so che cosa tu pensi e provi meglio di te. (Dominio sull’altro). Etichettare. Dici così perché sei di sinistra. Non puoi capire sei un uomo! Impoverire. Sminuire. Spersonalizzare.

35 OSTACOLI ALLA BUONA COMUNICAZIONE (significati relazionali)
ESEMPI PRATICI MESSAGGI IMPLICITI (significati relazionali) Spiegare. Interpretare. Ora ti spiego. Ti faccio capire. Ti succede così perché… Sei stupido, incapace, infantile Dare consigli (non chiesti). Devi fare così. Predominio. Svalutare. Sminuire. Squalificare. Va beh, non è così grave! Ma come, non lo sapevi? Lo hai scoperto adesso? A proposito…(cambio di argomento, senza nessun nesso logico). I tuoi sentimenti non contano. I tuoi valori non mi interessano. Sei meno di quello che credi. Tu non esisti! Inibizione (bugia bianca). Non esprimere i propri sentimenti. Non dire cosa si pensa. Distanza e sfiducia. Non sei in grado di capire. Non mi interessa comunicare con te. La nostra relazione non è importante. Tratto dalla pubblicazione: Tecniche….

36 Chi riceve messaggi barriera come quelli sopra illustrati
riceve in ogni caso dei racket. I racket hanno lo scopo di togliere energia, indebolire l’altro e rafforzare il sé e non sono certo tra i presupposti di un colloquio che vuole essere una comunicazione efficace ed autentica. La conversazione dunque è tanto più produttiva quanto più è fluida e bidirezionale. È tanto più costruttiva quanto più le persone si aprono tra loro e sono pronte ad assumere temporaneamente il punto di vista e l’emozione dell’altro.

37 I fattori che sostengono una BUONA COMUNICAZIONE EFFICACE sono invece:
FACILITATORI DI BUONA COMUNICAZIONE O DIALOGO MESSAGGI IMPLICITI (significati relazionali) Segnali di sintonizzazione. Risonanza. Matching (combaciare con la mappa del mondo dell’atro). Pacing (andare al passo). Calibrazione. Attenzione ai feedback. Simpatia ed amicizia. Fiducia e accettazione. I tuoi bisogni e sentimenti sono importanti. La nostra relazione è importante. Segnali di invito. Disponibilità ed apertura. Sono pronto ad ascoltarti. Segnali di ricezione del messaggio. Attenzione. Mi interessa quello che dici. Comprensione empatica. Accettazione incondizionata. I tuoi valori e sentimenti sono importanti Sottolineare gli aspetti positivi e i punti di accordo. Vicinanza e amicizia. Stima e valore. Messaggi di genuinità e trasparenza. Autocoinvolgimento. Apertura all’altro. Impegno nella relazione. Contributing: offrire nuove prospettive da una posizione di parità. Dedizione e cura. Interesse all’altro.

38 Generalmente più che ascoltare aspettiamo con impazienza
che l’interlocutore finisca di parlare per controbattere. Accade, quindi, che mentre l’altro/a parla, noi pensiamo a ciò che vogliamo dire, mentre credevamo di Ascoltare ‘con attenzione’. Ascoltare è una delle qualità più importanti e difficili da affinare. L’ascolto richiede tempo.

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40 attenzione a partecipazione e comprensione dell’altro/a.
L’ascolto attivo è a due vie e richiede: attenzione a partecipazione e comprensione dell’altro/a. Nell’ascolto attivo si distinguono 5 tappe fondamentali: 1 Ascoltare il contenuto e fare domande di chiarimento 2 Capire le finalità della comunicazione (non interpretare) 3 Valutare la comunicazione non verbale dell’interlocutore 4 Controllare la propria c.n.v e i propri filtri 5 Ascoltare con partecipazione e senza giudicare

41 L’ascolto attivo richiede:
1. Un uso congruo e efficace della comunicazione verbale e non verbale 2. Uso di domande (chiuse/aperte) 3. Uso di tecniche specifiche: parafrasare, rispecchiare, chiarire, riassumere 4. Messaggio in prima persona 5. Uso dell’empatia (mettersi nei panni degli altri, capirne le emozioni, comunicare un atteggiamento aperto e dare messaggi di condivisione)

42 Parafrasare Riassumere con parole vostre quanto vi è
appena stato detto, crea empatia e favorisce la relazione con l’altro, in quanto dimostra che avete ascoltato e compreso. Aiuta a chiarire il contenuto di quanto comunicato

43 Ripetere in forma interrogativa l’ultima parola
Rispecchiare Ripetere in forma interrogativa l’ultima parola o frase del soggetto, fornisce un feedback. Sollecita ulteriori informazioni senza influenzarne la direzione.

44 Le espressioni del volto

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46 VOLUME E TONO DI VOCE: abilità di usare un volume adeguato e tonalità
Concludendo CONTATTO VISIVO: abilità nel cercare il contatto visivo con tutti i partecipanti. Evitare lo sguardo nel vuoto o diretto solo su alcuni. Esprimere un contatto visivo sicuro. SORRISO APERTURA: trasmettere una percezione di proiezione verso l’uditorio. GESTUALITA’: abilità nel dare forza al messaggio con una gestualità spontanea e disinvolta. POSTURA E MOVIMENTI: esprimere sicurezza e padronanza d’aula attraverso una posizione eretta e con movimenti disinvolti. Evitare le posizioni insicure di appoggio e i movimenti nervosi. VOLUME E TONO DI VOCE: abilità di usare un volume adeguato e tonalità variabili. Evitare di parlare sottovoce e con tono monocorde. PERSONALITA’ - HUMOUR - ENTUSIASMO: esprimere la propria personalità ed i propri punti di forza senza inibizioni, manifestare entusiasmo in ciò che si dice. LINGUAGGIO - NON PAROLE - PAUSE: usare un linguaggio semplice, naturale, incisivo e sintetico. Ricorrere ad aneddoti, esempi, analogie. Evitare le non parole”. Dare forza “al discorso con le pause. GESTIONE STRESS: abilità nel gestire la propria emozione utilizzandola produttivamente.

47 RACCOMANDAZIONI finali per una COMUNICAZIONE EFFICACE:
Nel rapporto con il tuo interlocutore: 1) NON PRE-GIUDICARE, NON GIUDICARE 2) NON PRE-CLASSIFICARE 3) NON AGGREDIRE 4) METTITI AL SUO PARI, IMMEDESIMATI 5) ASCOLA, ASCOLTA, ASCOLTA E POI ASCOLTA TOTALMENTE 6) COGLI ED ESALTA I PUNTI POSITIVI 7) SII TOLLERANTE ED APERTO AL CAMBIAMENTO E ALL’ACCETTAZIONE DELL’ALTRO E DELLA SUA OPINIONE 8) CONCEDI TEMPO ALL’INTERLOCUTORE 9) NON DARE NIENTE PER SCONTATO 10) INVESTI ENERGIA NELL’ASCOLTO. È IMPEGNATIVO MA MOLTO APPAGANTE.

48 una comunicazione più efficace ?
Caso 1 State facendo un lavoro di gruppo e ci tenete a fare un ottimo lavoro. Uno dei partecipanti non è puntuale, non si impegna e ciò crea difficoltà alle dinamiche interne. A causa di ciò Voi siete costretti a subire le lamentele degli altri componenti. Dopo diverse settimane nelle quali avete cercato di stabilire un equilibrio decidete di affrontare il vs. collega, e dopo avergli riferito quanto accaduto gli dite: “Sono stufo di beccarmi reclami da parte dei colleghi per i tuoi ritardi, datti una mossa perché questa non è serietà nel lavoro! Se continua così dovrò parlarne con i responsabili”. Secondo voi avete parlato o comunicato? Come impostereste una comunicazione più efficace ?

49 TECNICHE DI PROBLEM SOLVING
Generalmente il Problem Solving può essere definito come l’arte di risolvere i problemi, siano essi di natura personale, interpersonale o delle organizzazioni (aziende, enti, comunità, ecc.), mediante l’utilizzo di tattiche e tecniche per ottenere la massima efficacia ed efficienza (tempo e sforzi impiegati) e risolvere così il problema.

50 Si può pensare al problem solving, quindi,
riferendosi all’abilità in genere di trovare soluzioni in qualsiasi ambito e non tanto alla capacità di una persona di risolvere situazioni in una materia specifica. Il problem solver insomma è colui che, indipendentemente dalle risorse e dalla situazione trova il modo di uscire dal problema.

51 “come posso risolvere questa situazione?”
Se vogliamo uscire da un problema dobbiamo spostare il nostro punto di vista ad un livello di pensiero più alto, come se quel problema non fosse il nostro o come lo vediamo. Il suggerimento fondamentale è quello di spostare il focus, cambiare il punto di vista. Gli strumenti migliori che ci permettono di farlo sono le domande. Le domande devono però essere domande produttive poiché devono aiutare ad uscire dal problema. Una buona domanda da porsi è sempre: “come posso risolvere questa situazione?”

52 Tutte le domande che iniziano con “COME POSSO…?” sono molto positive.
Assolutamente da evitare invece sono frasi del genere “Perché capitano tutte a me?” visto che hanno lo straordinario potere di ributtarci subito al centro del problema.

53 molto importante è quello del linguaggio. In italiano la parola
Un secondo aspetto molto importante è quello del linguaggio. In italiano la parola problema ha una connotazione fortemente negativa. È probabilmente molto più produttivo e motivante parlare più che altro di una situazione da risolvere o di una sfida.

54 Un terzo aspetto essenziale per mettere in pratica il problem solving
è la FLESSIBILITÀ. È importante sapersi adattare alle risorse che si hanno a disposizione (risorse materiali, risorse umane, tempo, ecc…). È utile essere abili nel cambiare strategia al mutare della situazione esterna.

55 non significa tanto avere un metodo standard per risolvere i problemi,
Dire Problem Solving non significa tanto avere un metodo standard per risolvere i problemi, quanto essere in grado di creare ogni volta una soluzione diversa ed adatta alla situazione.

56 Un ulteriore aspetto importante è quello che riguarda l’Identità.
È importante avere coscienza di se stessi, avere percezione delle proprie caratteristiche, sapersi descrivere. Tutto questo va poi messo in relazione con un modellamento, va sviluppata cioè la capacità di replicare o riprodurre strategie, convinzioni ed atteggiamenti di persone che consideriamo un modello da seguire riguardo uno specifico argomento.

57 risolutore di problemi.
Sentirsi e percepirsi come un buon problem solver ci permetterà di affrontare con un atteggiamento produttivo ogni sfida, così come pensare a come si comporterebbe in quella circostanza una persona che riteniamo un eccezionale risolutore di problemi.

58 Il primo fondamentale passo nel processo di problem solving
AZIONI APPLICATIVE Il primo fondamentale passo nel processo di problem solving è quello del porsi le domande adeguate e cioè costruttive. Si è chiamati in questa prima fase alla DIAGNOSI DELLA SITUAZIONE, alla definizione del problema di lavoro o di diversa natura: tecnico-operativa, relazionale, organizzativa.

59 In questa fase sarà importante :
- diagnosticare le caratteristiche fondamentali di un contesto organizzativo o di lavoro, - diagnosticare eventuali errori nelle procedure e strategie, - identificare e consultare fonti informative dirette, letteratura e norme, osservazioni scritte, orali…, - raccogliere, classificare ed interpretare le informazioni per costruire una rappresentazione definita ed efficace del problema, - leggere ricerche e studi, - monitorare, individuare le inferenze, controllare le distorsioni, - individuare gli errori, - riconoscere e ricostruire le proprie strategie di diagnosi valutandone l’efficacia.

60 Il problem solver agirà attraverso il :
- Decidere di affrontare una situazione problematica, di coinvolgersi in una strategia d’azione e di assumersi le responsabilità. - Predisporre un piano d’azione con relativi obiettivi, vincoli e risorse, nonché un piano alternativo d’azione. - Monitorare il piano d’azione e valutarne l’efficacia.

61 Il problem solver dovrà quindi essere in grado di :
- Gestire il rapporto tra le richieste del contesto problematico e gli scopi e le capacità del soggetto stesso. - Valutare ed espletare i fattori motivanti e di coinvolgimento. - Valutare il proprio grado di investimento, di implicazione diretta e di responsabilità. - Attuare un processo di decisione. - Conoscere ed applicare i processi di delega di responsabilità ed azione ad altri. - Definire strategie d’azione ed obbiettivi. - Proporre e proporsi processi di mediazione per gestire i conflitti e processi di trasmissione di motivazione. - Applicare monitoraggio e valutazione dei progetti d’azione strategici. - Prevedere possibili esiti, valutare le conseguenze, contemplare le alternative.

62 I PRESUPPOSTI DELLE SCELTE PROFESSIONALI
L’essere Il sapere Il saper fare Il far sapere

63 RAGIONE ISTINTO …in medio stat virtus

64 unire razionalità e istinto. Istinto inteso come propensione a seguire
Per scegliere bene occorre unire razionalità e istinto. Istinto inteso come propensione a seguire le «passioni», mettere in pratica le abilità e competenze acquisite, in funzione di un obiettivo.

65 Il GRUPPO SOCIALE è l’insieme di più soggetti che:
interagiscono tra di loro in modo interdipendente per un dato periodo; b) si percepiscono come membri di un dato gruppo; c) sono percepiti come tali da individui di altri gruppi. d) compiono azioni sulla base di decisioni assunte.

66 Gruppo formale È un’unità definita dalla struttura di un’organizzazione ed ha una specifica funzione e scopi determinati. Gruppo informale Si formano in modo spontaneo (‘Se non ora quando’) e al suo interno si instaurano dinamiche e regole implicite, fino all’emergere di leader informali.

67 All’interno del gruppo in modo
formale o informale si assumono ruoli. Il ruolo è la collocazione dei membri all’interno del gruppo. Ciò determina uno status, cioè il modo di apparire di fronte agli altri. Le attribuzioni sono l’insieme di ragionamenti che si fanno su un altro soggetto e costituiscono il fulcro delle relazioni Schemi, ruoli e categorie possono dare vita a stereotipi (intesi come schemi semplificati rispetto alla complessità dei fatti) e pregiudizi.

68 Le attribuzioni Esiste una differenza tra le attribuzioni che rivolgiamo ad altri e quelle che riserviamo a noi stessi: il cd. Errore fondamentale di attribuzione. Esempio: il «capo» rimprovera un membro del gruppo Cosa si fa di solito? A. SE RIMPROVERA NOI Si tende a dare la colpa dei colleghi Si accusa il capo di essere troppo rigido Si richiamano fatti personali o fattori esterni Si pensa a imprevisti o alla sfortuna B. SE RIMPROVERA UN COLLEGA Gli attribuiamo colpe e limiti Lo accusiamo di incompetenza

69 Darsi un’organizzazione è necessario per raggiungere gli obiettivi.
Occorre prima superare alcuni ostacoli: Sovrastima di sé Chiusura mentale Stereotipi Eccesso di ottimismo sui risultati Scarsa considerazione di programmi alternativi in caso di imprevisti 6. Presenza di soggetti nel gruppo che fungono da «guardiani mentali»

70 Le dinamiche tra gli individui sono caratterizzate
dalla percezione reciproca dei ruoli e da fenomeni di stereotipizzazione e attribuzione. Esse possono essere PROPOSITIVE per l’organizzazione quando: Sostengono ogni membro del gruppo Lo motivano Permettono una risoluzione più efficace di compiti e problemi. Sono negative quando sorgono conflitti non gestiti, tra i componenti.

71 All’interno del gruppo si può verificare il
fenomeno del disimpegno dovuto alla mancanza di responsabilità individuale che genera La demotivazione «se lui non fa nulla, non faccio nulla neppure io…»

72 si rivelano migliori nella ricerca di soluzioni,
I gruppi più grandi si rivelano migliori nella ricerca di soluzioni, in quanto hanno più punti di vista, ma rischiano il fenomeno di disincentivazione e l’estraneazione di alcuni componenti. Inoltre il singolo non si sente valorizzato e premiato. Si consiglia: - il metodo di brainstorming Basato sulla produzione a ruota libera Di idee il lavoro in rete Un leader che sappia neutralizzare gli stereotipi, comunicare con tutti, far assumere responsabilità al singolo, e valorizzare ogni componente.

73 La leadership è fondamentale degli obiettivi del gruppo
per il raggiungimento degli obiettivi del gruppo

74 di guida, coordinamento e direzione di un gruppo.
Il/la leader è colui o colei che informalmente o per ruolo, ha la funzione di guida, coordinamento e direzione di un gruppo. Non è chi comanda, ma chi con autorevolezza sa indicare la giusta direzione e far conseguire il miglio risultato, valorizzando le risorse.

75 Comportamento centrato sulla RELAZIONE
È QUELLO CHE SI NUTRE DELLA FIDUCIA DEL LEADER, DEL RISPETTO DELLE IDEE DI TUTTI I COMPONENTI, CONSIDERANDO LE LORO MOTIVAZIONI Comportamento centrato sull’OBIETTIVO È ORIENTATO ALLA REALIZZAZIONE DEI COMPITI. IL LEADER DEFINISCE E STRUTTURA IL SUO RUOLO E QUELLO DEGLI ALTRI MEMBRI DEL GRUPPO IN FUNZIONE DEL RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI.

76 TIPOLOGIE DI LEADERSHIP
IL LEADER AUTORITARIO ‘MINACCIOSO’, FA LEVA SU SANZIONI, COMUNICA GLI ORDINI IN MODO UNIDIREZIONALE, E MANTIENE DISTANZA CON GLI ALTRI IL LEADER AUTORITARIO ‘BENEVOLO’, USA INCENTIVI POSITIVI, RICOMPENSE E PREMI PER MOTIVARE I COLLABORATORI, I QUALI TUTTAVIA NON PARTECIPANO AL PROCESSO DECISIONALE IL LEADER CONSULTIVO PERMETTE AI COLLABORATORI DI COMUNICARE LE OPINIONI IL LEADER PARTECIPATIVO COINVOLGE I COLLABORATORI NEL PROCESSO DECISIONALE, LI ASCOLTA E LI VALORIZZA

77 ricercando il giusto equilibrio tra
Il leader può decidere che stile adottare in base alla natura dei suoi collaboratori, ricercando il giusto equilibrio tra Relazione e Compito.

78 L’importanza dei collaboratori…
LO STILE DI LEADERSHIP BASATO SUL ‘PRESCRIVERE’ (orientato solo al compito e non alla relazione) è adatto nel caso in cui i collaboratori siano poco maturi. Il leader impartisce istruzioni. LO STILE BASATO SUL ‘VENDERE’ (orientato sia al compito che alla relazione) è valido con collaboratori che possiedono competenza limitate ma sono motivati. Il leader deve dare indicazioni specifiche, ma anche motivare ‘vendendo’ i vantaggi del risultato. LO STILE DI LEADERSHIP BASATO SUL ‘COINVOLGERE’ (orientato alla relazione, meno al compito) è adatto nel caso in cui i collaboratori siano mediamente maturi, ma insicuri. Il leader impartisce indicazioni generali, e deve motivarli e coinvolgerli nei processi decisionali. LO STILE DI LEADERSHIP BASATO SUL ‘DELEGARE’ è adatto nel caso in cui i collaboratori siano evoluti e maturi. Il leader si può fidare , affida compiti e fornisce chiarimenti.

79 Il leader come agente del cambiamento

80 Un buon leader deve dare potere
(empowerment) e investire di responsabilità i collaboratori: -potenziando il flusso informativo -facilitando i movimenti orizzontali -stimolando un senso di urgenza all’azione -valorizzando vittorie e sforzi e riconoscendo gli errori

81 Non so se cambiando, le cose miglioreranno, ma per migliorare dovranno necessariMENTE CAMBIARE!!!

82 Vi comunicano un cambiamento…
La vostra percezione è? -positiva -negativa

83 Barriere al cambiamento: Strutture gerarchiche che si autoconservano
Conservatorismo Mancanza di informazioni Abitudini

84 Sfidare il cambiamento significa non accettare lo status quo
e la mediocrità. Vuol dire mettere in discussione se stessi e ciò che facciamo. Significa non accettare un ruolo passivo dei collaboratori, ma impegnarsi nella metamorforsi e proporre nuovi metodi e soluzioni. La strada del successo richiede un atteggiamento innovativo e dinamico.

85 Un buon leader deve: - Comunicare la ‘vision’, in quanto gli permette di definire con chiarezza le regole del gioco e le aspettative. Dimostrare nei fatti la propria attitudine al cambiamento Stimolare i collaboratori attraverso il coinvolgimento nelle decisioni e nel risultato Introdurre spazi dedicati a proposte innovative Liberare i collaboratori dal rischio delle proprie decisioni Saper gestire con abilità comunicativa i cambiamenti

86 In caso di errore, dobbiamo cercare la causa e non il colpevole.
Dobbiamo imparare ad ammettere che si può sbagliare, e si sbaglia se si vuole innovare. Dobbiamo imparare a riconoscere ed ammettere l’errore.

87 La pianificazione del vostro lavoro
Individuare il progetto COSA Assunzione di responsabilità CHI Allocazione risorse e modalità operative COME Individuare tempi delle fasi e conclusione QUANDO


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