Scaricare la presentazione
La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore
1
Equity Line Solutions – Londra
Corso di Introduzione alla Finanza Quantitativa (matematica computazionale) Desenzano 10/11 Settembre 2011 17/18 Settembre 2011 A cura di: Luigi Piva Equity Line Solutions – Londra
3
ELEMENTI DI STATISTICA E PROBABILITA’
MODULO 4 - Domenica 18 settembre e ELEMENTI DI STATISTICA E PROBABILITA’ 1- La rilevazione statistica: fasi, modalità, tabelle, frequenze, le rappresentazioni grafiche dei dati; 2- Le medie e le dispersioni 3- Teoria di probabilità discreta 4- rapporti statistici 5- numeri indice: semplici, a base mobile, composti. 6- Statistica combinatoria (coefficienti binomiali, multinomiali) 7- Variabili casuali, vettori casuali 8- Teoremi fondamentali di probabilità (dipendente, indipendente,…) 9- Distribuzioni 10- Applicazione della binomiale ai modelli di prezzo azioni 11- Applicazione della binomiale ai modelli di opzioni europee.
4
Statistica Descrittiva
La statistica descrittiva studia i criteri di rilevazione, di classificazione e di sintesi delle informazioni relative ad una popolazione oggetto di studio. La statistica descrittiva raccoglie le informazioni sulla popolazione, o su una parte di essa, Campione, in Distribuzioni semplici o complesse (almeno due caratteri), e le sintetizza attraverso famiglie di indici: valori medi, indici di variabilità, indici di forma, rapporti statistici, relazioni statistiche. I risultati ottenuti in tal modo si possono definire certi, a meno di errori di misurazione, che essendo dovuti al caso, in media, si annullano per definizione.La statistica descrittiva ha come obiettivo quello di organizzare, riassumere e presentare i dati in modo ordinato; i suoi strumenti permettono quindi di sintetizzare i dati.
5
Statistica Descrittiva
Una valutazione approssimata della misura di probabilità da assegnare a un evento casuale si può effettuare in modo empirico se si determina la frequenza degli esiti favorevoli di un esperimento casuale ripetuto n volte. Se l'esperimento ripetuto consiste nella rilevazione di certe caratteristiche di una popolazione (o universo), ovvero di un generico insieme di N oggetti o individui (con N che puoò anche essere infinito), il risultato di n prove è una serie di dati, la cui analisi porta a determinare una legge di probabilità empirica per la caratteristica della popolazione che vogliamo studiare.
6
Statistica Descrittiva
Precisiamo che le serie di dati da esaminare statisticamente sono quelle che si deducono dalla osservazione di un campione della popolazione, ossia di un numero n limitato (e possibilmente piccolo) dei suoi N elementi. Per ottenere risultati attendibili sulle caratteristiche dell'intera popolazione, occorre perciò che i campioni siano adeguatamente scelti in modo da essere rappresentativi dell'universo dal quale sono stati estratti. In secondo luogo, occorre sviluppare i metodi che attraverso l'analisi dei campioni consentano di stimare in modo attendibile le caratteristiche o parametri della popolazione che si intende esaminare. Il campionamento e i metodi di stima dei parametri sono oggetto della Statistica inferenziale, di cui ci occuperemo ora.
7
Statistica Descrittiva
Ci limiteremo, invia preliminare, ad esporre le tecniche in uso per l'organizzazione degli n dati raccolti,e per la rappresentazione delle probabilità empiriche che da essi si deducono. Le n osservazioni effettuate possono avere come obiettivo la definizione di caratteri qualitativi della popolazione, consistenti in certe caratteristiche di natura non numerica (come ad esempio il colore, il grado di istruzione, l'attivita professionale, la preferenza per un candidato,...) oppure di caratteri quantitativi (ad es. il reddito,...) che si riferiscono invece a qualsiasi grandezza misurabile. A loro volta, i caratteri quantitativi possono essere discreti se assumono solo un numero limitato di valori, oppure continui con valori in un assegnato intervallo di
8
Statistica Descrittiva
Nei riguardi dei possibili risultati dell'esame di un carattere qualitativo, che sono chiamati modalità, osserviamo che in certi casi essi sono comunque suscettibili di un ordinamento (come ad esempio il grado di istruzione sopra citato), mentre spesso non hanno alcun ordinamento rispetto alle altre modalità (il colore, il sesso,...). In entrambi i casi, e sempre possibile associare a ciascuna modalità un numero reale, in modo che la serie di dati risultante dalle osservazioni sia ancora riconducibile ad un insieme di numeri reali, denito su un sottoinsieme (discreto) di
9
Distribuzioni di frequenze
Consideriamo dunque una serie di n dati numerici {x1, x2, …,xn} ricavati da altrettante osservazioni fatte sugli elementi di una popolazione, e relativi ad un suo carattere quantitativo X continuo, oppure discreto ma con un numero elevato di modalità. Questi dati si chiamano determinazioni di X oppure realizzazioni o valori empirici. Indicato con Δ ⊆ l'insieme delle modalita del carattere, definiamone una partizione {Δ i} , i = 1,2….m in m classi tra loro disgiunte, tale che la loro unione coincida con Δ , e con Δ i intervalli i aperti a destra:
10
Distribuzioni di frequenze
Ad ogni classe Δi, avente ai e bi come confini inferiore e superiore, si associa Poi la sua ampiezza bi - ai (non necessariamente uguale per ogni indice i) e il suo valore centrale xi che e la semisomma dei suoi confini. La scelta delle classi Δi è arbitraria, ma deve essere fatta in modo da ottenere una rappresentazione significativa dei dati raccolti sul carattere da studiare: è preferibile che il loro numero sia elevato, occorre evitare di definire intervalli parziali che contengano pochi dati della serie. Di regola, e bene che i dati in ciascuna classe siano maggiori o uguali a 5
11
Distribuzioni di frequenze
Se la serie si riferisce a un carattere discreto con modalità appartenenti all'insieme dei numeri naturali, si può assumere queste modalità come valori centrali di altrettante classi di ampiezza uguale e unitaria. Poiché per definizione ogni dato raccolto appartiene ad una ed una sola classe Δi della partizione, si può procedere al calcolo delle seguenti quantità: la frequenza assoluta ni di ciascuna classe (a volte chiamata anche incidenza ) che e il numero di elementi della serie che appartengono alla classe i. Si noti che si avra: n1 + n nm = n ;
12
Distribuzioni di frequenze
la frequenza relativa fi = ni/n di ciascuna classe, detta anche probabilità empirica, e tale che f1 + f2 + … + fm = 1. la frequenza cumulata Ni, somma delle prime i frequenze assolute: la frequenza cumulata relativa Fi, somma delle prime i probabilita empiriche:
13
Distribuzioni di frequenze
Con i dati raccolti si può costruire un istogramma che rappresenta la distribuzione delle frequenze per ciascuna classe del campione. Questa si ottiene riportando sulle ascisse le varie classi , e sulle ordinate i valori della funzione costante a tratti. In modo analogo si può costruire l’istogramma delle frequenze relative, chiamato anche distribuzione delle probabilità empiriche. Esso si ottiene riportando la funzione costante a tratti. La sua area complessiva e uguale ad 1, ovvero alla probabilità dell'evento certo.
14
Distribuzioni di frequenze
Esempio: se considero un certo insieme di "oggetti" : 1. alunni di una classe 2.gli studenti nati in Italia di una data università 3.i prodotti che un supermercato ha venduto in una settimana 4. ... e per ognuno di essi dispongo di una informazione dello stesso tipo: 1.altezza (degli alunni) 2.comune di nascita (degli studenti) 3.nome (dei prodotti)
15
Distribuzioni di frequenze
Per avere una idea di come si distribuiscono queste informazioni: 1.quali sono le altezze più frequenti? 2.quali sono le principali zone di provenienza degli studenti? 3.come si ripartiscono le vendite tra i diversi deneri dei prodotti? 4. ... posso fare una classificazione, cioè suddividere l'insieme delle informazioni possibili del tipo che sto studiando: 1.l'insieme dei numeri positivi (le misure in una unità fissata) 2.l'insieme dei nomi dei comuni italiani 3.l'insieme dei nomi dei prodotti in vendita nel supermercato
16
Distribuzioni di frequenze
In classi separate e contare quante informazioni del mio elenco cadono in ciascuna classe: 1.gli intervalli [0, 140), [140, 150), [150, 160), ... 2.le regioni 3.i latticini, i dolci, i detersivi, ... 4. Il numero di informazioni che cade in una modalità viene detto frequenza (assoluta) di tale modalità; il rapporto tra frequenza e numero totale delle informazioni raccolte viene detto frequenza relativa. La tabella che associa a ogni modalità la corrispondente frequenza [relativa] viene detta distribuzione relativa].
17
Distribuzioni di frequenze
In classi separate e contare quante informazioni del mio elenco cadono in ciascuna classe: 1.gli intervalli [0, 140), [140, 150), [150, 160), ... 2.le regioni 3.i latticini, i dolci, i detersivi, ... 4. Il numero di informazioni che cade in una modalità viene detto frequenza (assoluta) di tale modalità; il rapporto tra frequenza e numero totale delle informazioni raccolte viene detto frequenza relativa. La tabella che associa a ogni modalità la corrispondente frequenza [relativa] viene detta distribuzione relativa].
18
Distribuzioni di frequenze
Sotto è riprodotta una tabella che include sia la distribuzione che la distribuzione relativa delle località di nascita degli studenti dell'università della città XX rispetto alle modalità Nord, Centro, Sud (e Isole):
19
Distribuzioni di frequenze
Gli istogrammi che raffigurano distribuzioni sono chiamati istogrammi di distribuzione. Se le modalità non sono di tipo numerico, esse vengono rappresentate con segmenti di lunghezza fissata su ognuno dei quali viene tracciato un rettangolo di altezza proporzionale alla corrispondente frequenza. In genere non importa l'ordine con cui vengono disposti i diversi rettangoli. Gli istogrammi in questi casi vengono chiamati anche diagrammi a barre (essi vengono usati per visualizzare graficamente il confronto tra due o più quantità, non necessariamente tra frequenze). Se le modalità sono di tipo numerico, i segmenti vengono disposti in ordine
20
Distribuzioni di frequenze
Gli istogrammi che raffigurano distribuzioni sono chiamati istogrammi di distribuzione. Se le modalità non sono di tipo numerico, esse vengono rappresentate con segmenti di lunghezza fissata su ognuno dei quali viene tracciato un rettangolo di altezza proporzionale alla corrispondente frequenza. In genere non importa l'ordine con cui vengono disposti i diversi rettangoli. Gli istogrammi in questi casi vengono chiamati anche diagrammi a barre (essi vengono usati per visualizzare graficamente il confronto tra due o più quantità, non necessariamente tra frequenze). Se le modalità sono di tipo numerico, i segmenti vengono disposti in ordine
21
Distribuzioni di frequenze
Ad es. nel caso della distribuzione: gli intervalli [0,5), [5,10), ….. vengono rappresentati in ordine, con segmenti uguali, come nell'istogramma A, o proporzionali alle ampiezze - a [60,75) corrisponde un segmento triplo di quello scelto per [0,5) -, come nell'istogramma B:
22
Distribuzioni di frequenze
intervalli rappresentati con segmenti uguali
23
Distribuzioni di frequenze
intervalli rappresentati con segmenti proporzionali alle loro ampiezze
24
Indici di tendenza centrale e di dispersione
medie, moda, mediana quantili, varianza Così come nel calcolo delle probabilità si usano i momenti per individuare Alcune proprietà rappresentative della distribuzione probabilistica di una variabile aleatoria, nella Statistica descrittiva si definiscono i seguenti parametri di posizione per le distribuzioni di frequenze. La media pesata: dove xi e il valore centrale delle classi. Se la serie di dati non e raggruppata in classi, in modo che m = n e ni = 1 per ogni i, allora x e la media aritmetica,che in generale non e uguale alla media pesata.
25
Indici di tendenza centrale e di dispersione
medie, moda, mediana quantili, varianza La moda (Mo), che è il valore centrale della classe con la frequenza più elevata. Se esiste più di una classe con un valore massimo delle frequenze, la distribuzione e detta multimodale e questo parametro perde il suo significato di indice di posizione central La mediana si puo definire come il valore di x che divide in parti uguali la superficie coperta dall'istogramma delle frequenze relative. Se i dati xi sono n determinazioni del carattere X(ω ), la mediana è tale che.
26
Indici di tendenza centrale e di dispersione
medie, moda, mediana quantili, varianza Il quantile di ordine α è un valore qα che divide la popolazione in due parti, proporzionali ad α e (1-α) e caratterizzate da valori rispettivamente minori e maggiori di qα. I quantili di ordini "semplici", espressi come frazioni, vengono anche chiamati con altri nomi. I quantili di ordini 1/n, 2/n, ..., (n-1)/n dividono la popolazione in n parti ugualmente popolate; il quantile di ordine α=m/n è detto m-esimo n-ile. La mediana è il quantile di ordine 1/2. I quartili sono i quantili di ordini 1/4, 2/4 e 3/4.
27
Indici di tendenza centrale e di dispersione
medie, moda, mediana quantili, varianza Nel caso di una densità di probabilità la funzione di ripartizione F è continua e il quantile di ordine α è definito da F(qα)=α. Questo quantile può non essere unico se la funzione di densità è nulla in un intervallo, ovvero se la funzione di ripartizione è costante ed assume il valore α per più di un valore qα; ciononostante per ognuno di questi valori la popolazione viene correttamente divisa in due parti proporzionali ad α e (1-α). Nel caso di una densità discreta il quantile di ordine α è un valore qα nel quale la frequenza cumulata raggiunge o supera α, ovvero tale che la somma delle frequenze fino a quel valore sia almeno α e che la somma delle frequenze da quel valore sia al più 1-α. In questo caso, oltre alla non unicità del quantile si può avere una divisione non proporzionale ad α e 1-α (del resto una popolazione finita non può essere divisa che in un numero finito di modi). Nel caso di una distribuzione in classi di valori si usa talvolta "supporre" che i valori siano distribuiti in modo uniforme all'interno di ciascuna classe, in modo da calcolare il quantile (per interpolazione) su una funzione di ripartizione continua.
28
Indici di tendenza centrale e di dispersione
medie, moda, mediana quantili, varianza In teoria delle probabilità e in statistica la varianza di una variabile aleatoria X (e della distribuzione di probabilità che questa segue) è un numero, indicato con Var(X), che fornisce una misura di quanto siano vari i valori assunti dalla variabile, ovvero di quanto si discostino dalla media E[X]. La varianza di X è definita come il valore atteso del quadrato della variabile aleatoria centrata Y=X-E[X]
29
Indici di tendenza centrale e di dispersione
medie, moda, mediana quantili, varianza La deviazione standard o scarto tipo[1] o scarto quadratico medio è un indice di dispersione delle misure sperimentali, vale a dire una misura di variabilità di una popolazione di dati o di una variabile casuale. La deviazione standard misura la dispersione dei dati intorno al valore atteso ed ha la stessa unità di misura dei valori osservati (al contrario della varianza che ha come unità di misura il quadrato dell'unità di misura dei valori di riferimento). In statistica la precisione si può esprimere come deviazione standard. Il termine "standard deviation" è stato introdotto in statistica da Pearson[2] assieme alla lettera greca σ che lo rappresenta
30
Indici di tendenza centrale e di dispersione
medie, moda, mediana quantili, varianza Il termine italiano "deviazione standard" ne è la traduzione più utilizzata nel linguaggio comune; il termine dell'Ente Nazionale Italiano di Unificazione è tuttavia "scarto tipo", definito come la radice quadrata positiva della varianza Se non indicato diversamente, la deviazione standard è semplicemente la radice quadrata della varianza, la quale viene coerentemente rappresentata con il quadrato di sigma (σ²).
31
Variabili Casuali In teoria di probabilità , una variabile casuale (o variabile aleatoria o variabile Stocastica può essere pensata come il risultato numerico di un esperimento quando questo non è prevedibile con certezza (ossia non è deterministico). Ad esempio, il risultato del lancio di un dado a sei facce può essere matematicamente modellato come una variabile casuale che può assumere uno dei sei possibili valori 1,2,3,4,5,6. Possiamo definirenumero aleatorio (termine suggerito dallo stesso per denotare la variabile casuale) un numero ben determinato ma non noto per carenza di informazioni.
32
Variabili Casuali Il risultato di una prova di un generico esperimento casuale non e sempre esprimibile direttamente in termini di numeri reali (si pensi per esempio al lancio di una moneta, o all'estrazione da un'urna di palline con colori diversi). Tuttavia, nello sviluppo del Calcolo delle probabilità siamo interessati ad associare un numero reale x = X(ω) a qualsiasi risultato ω (omega) di ogni prova dell'esperimento casuale. La variabile casuale X(ω) è dunque una funzione che fa corrispondere a ciascun risultato ω dell'esperimento casuale un elemento x nel campo dei numeri Reali.
33
Variabili Casuali Esempio: nel lancio di una moneta per due volte, in cui Ω = (TT; TC;CT;CC) definiamo la variabile casuale X(ω) che a ciascuno dei 4 possibili eventi elementari associa un "guadagno" 1 se esce T, e una "perdita" di una unita se esce C. La variabile causale X(ω) assume allora tre valori discreti:
34
Variabili Casuali E l'immagine di Ω e il sottoinsieme: X(Ω) = {2; 0; 2} nel campo dei Reali. Poiché i quattro eventi elementari sono equiprobabili con probabilità P(ω) = 1/4, si ha che la probabilità immagine, indotta in X(Ω) per ciascuno dei tre valori di X, vale rispettivamente:
35
Funzione di Distribuzione
L'insieme {ω :X ≤ x } è un evento in β, che d'ora in poi scriveremo più sinteticamente con (X ≤ x). Ad esso e possibile assegnare una probabilità P(X ≤ x) che al variare di x nel campo Reale, definisce la funzione ordinaria di variabile reale: Fx(x) = P( X ≤ x) Questa funzione e chiamata funzione di distribuzione (cumulata), o funzione di ripartizione di X(ω). Dunque, FX(x) definisce la distribuzione delle probabilità di eventi in un esperimento casuale e, con riferimento alla variabile casuale X(ω) che associamo a tale esperimento, misura la probabilità che X(ω) assuma valori minori o uguali al reale x.
36
Funzione di Distribuzione
Se X(ω) assume un numero finito o una infinità numerabile di valori reali xi; i =1,… n,.. con probabilità Pi, allora è chiamata variabile casuale discreta. La sua funzione di distribuzione, illustrata in figura, è una funzione costante a tratti con punti Di discontinuità in xi :
37
Funzione di Distribuzione
Al contrario, se FX(x) è continua e derivabile ovunque tranne al più in un Insieme numerabile di punti, allora X(ω) e una variabile casuale continua, definita in un insieme continuo X(Ω) nel campo Reale come illustrato in figura :
38
Funzione di Distribuzione
Esempio: La variabile casuale definita nell’esempio a proposito del lancio ripetuto di una moneta e discreta perche può assumere solo i tre valori x1 = -2; x2 = 0; x3 = 2. La sua funzione di distribuzione vale: E il suo grafico è quello delle variabile casuale discreta di cui sopra
39
Distribuzione di probabilità
se la variabile casuale X è discreta, cioè l'insieme dei possibili valori (il rango o supporto di X) è finito o numerabile , è definita anche la funzione di massa (o funzione massa di probabilità o densità discreta), ossia la funzione di probabilità discreta p(x) = P(X = x) se la variabile casuale X è continua , cioè l'insieme dei possibili valori ha la proprietà di continuità , è definita anche la funzione di densità di probabilità , cioè la funzione f non negativa tale per cui
40
Distribuzione di probabilità
Variabili casuali continue: data una variabile casuale X(ω) continua in X(Ω)appartenente al campo Reale e scelto un insieme B ⊆ X(Ω), introduciamo la funzione integrabile fx(x) : R [0;+ ∝ ) tale che: Tale funzione fx (x) si chiama densità di probabilità o funzione di densità di X(ω),e il suo integrale misura la probabilità che X(ω) abbia valori x ∈ β.
41
Distribuzione di probabilità
Per gli assiomi del Calcolo delle probabilità, essa deve soddisfare le seguenti proprieta: dove S e il supporto di fx(x), ossia l'insieme S = { x ∈ R : fx(x) > 0 }
42
Distribuzione di probabilità
In altri termini descrivere in termini probabilistici o statistici una fenomeno aleatorio nel tempo, caratterizzabile dunque da una variabile aleatoria, vuol dire descriverlo in termini di densità di distribuzione di probabilità e dei suoi parametri di media o valore atteso e varianza. Ancorché non formalizzato, il concetto della distribuzione statistica attorno ad una media era noto fin dall'antichità
43
Teoria di Probabilità discreta
In teoria delle probabilità una distribuzione discreta è una distribuzione di probabilità definita su un insieme discreto S. In particolare questo insieme può essere finito oppure numerabile (i suoi elementi possono essere elencati tramite i numeri naturali : S = {s0,s1,s2,...}). Una variabile aleatoria (o stocastica, o casuale è discreta se segue una distribuzione di probabilità discreta. Se l'insieme S è contenuto nei numeri relai, si può definire la funzione di ripartizione della distribuzione, che assume valori su S; se viene rappresentata su tutti numeri reali allora acquista la forma di una funzione a gradini , costante sugli intervalli semiaperti [sn,sn + 1[.
44
Teoria di Probabilità discreta
In teoria delle probabilità una distribuzione discreta è una distribuzione di probabilità definita su un insieme discreto S. In particolare questo insieme può essere finito oppure numerabile (i suoi elementi possono essere elencati tramite i numeri naturali : S = {s0,s1,s2,...}). Una variabile aleatoria (o stocastica, o casuale è discreta se segue una distribuzione di probabilità discreta. Se l'insieme S è contenuto nei numeri relai, si può definire la funzione di ripartizione della distribuzione, che assume valori su S; se viene rappresentata su tutti numeri reali allora acquista la forma di una funzione a gradini , costante sugli intervalli semiaperti [sn,sn + 1[.
45
Teoria di Probabilità discreta
Particolari distribuzioni discrete di probabilità sono: La distribuzione normale La distribuzione binomiale La distribuzione multinomiale La distribuzione di Beroulli La distribuzione di Poisson (o degli eventi rari), La distribuzione geometrica La distribuzione di Pascal
46
Distribuzione Normale
In teoria della probabilità, la distribuzione normale, o Gaussiana dal matematico tedesco Carl Gauss , è una distribuzione di probabilità continua che è spesso usata come prima approssimazione per descrivere variabili casuali a valori reali che tendono a concentrarsi attorno a un singolo valore medio. Il grafico della funzione di densità di probabilità associata è a forma di campana, nota come Campana di Gauss (o anche come curva degli errori, curva a campana, ogiva). La distribuzione normale è considerata il caso base delle distribuzioni di probabilità continue a causa del suo ruolo nel teorema centrale del limite.
47
Distribuzione Normale
Più specificamente, assumendo certe condizioni, la somma di n variabili casuali con media e varianza finite tende a una distribuzione normale al tendere di n all'infinito. Grazie a questo teorema, la distribuzione normale si incontra spesso nelle applicazioni pratiche, venendo usata in statistica e nelle scienze naturali e sociali come un semplice modello per fenomeni complessi. La distribuzione normale dipende da due parametri, la media μ e la varianza σ2, ed indicata tradizionalmente con: N (μ ,σ2 )
48
Distribuzione Normale
Una variabile casuale nel campo reale X(ω) ha una distribuzione normale o gaussiana se la sua densità vale : dove i parametri mX ∈ R e σ-quadrox > 0 sono rispettivamente il valor medio e la Varianza (sigma quadro) di X(ω). La distribuzione normale ha la seguente funzione di distribuzione:
49
Distribuzione Normale
Ne segue che Fx(x), funzione di distribuzione, è monotona crescente tra 0 e 1, e vale 1/2 per x = mx perche la densità è simmetrica rispetto al suo valore medio, si veda la figura : A sinistra vediamo la densità di fx(x)
50
Distribuzione Binomiale
In teoria della probabilità la distribuzione binomiale è una distribuzione di probabilità discreta che descrive il numero di successi in un processo di Bernoulli, ovvero la variabile casuale Sn = X1+X2+…Xn che somma n variabili aleatorie indipendenti di uguale distribuzione di Bernoullii B(p). un processo di Bernoulli è un particolare processo aleatorio discreto, ovvero una famiglia numerabile (X1, X2, ...) di variabili aleatorie indipendenti aventi la medesima legge di Bernoulli B(p). Un processo di Bernoulli può essere considerato come una sequenza infinita di lanci di una moneta . Ogni singolo lancio è detto prova di Bernoulli.
51
Distribuzione Binomiale
In particolare, essendo le variabili indipendenti, vale la mancanza di memoria: La probabilità di una prova di Bernoulli non è influenzata dal risultato delle precedenti (che quindi non possono fornire alcuna informazione sulla nuova prova). Ogni singola variabile casuale Xi può fornire due soli risultati: il successo (1) o il fallimento (0), con rispettive probabilità p e q=1-p: P(Xi=1) = p P(Xi=0) = q=1- p Il numero di successi dopo n prove è dato dalla variabile aleatoria: Sn = X1 + X2+ … Xn
52
Distribuzione Binomiale
che segue la legge binomiale B(p,n), con probabilità : Esempi di casi di distribuzione binomiale sono i risultati di una serie di lanci di una stessa moneta o di una serie di estrazioni da un'urna (con reintroduzione), ognuna delle quali può fornire due soli risultati: il successo con probabilità p e il fallimento con probabilità q=1-p.
53
Distribuzione Binomiale
Esempio: Si lancia per dieci volte una moneta. In ogni lancio l'evento "testa" e l'evento"croce" sono equiprobabili, per cui la probabilità che esca "testa" per cinque volte vale: Che nel caso ad esempio equivale a
54
Distribuzione Binomiale
Per determinare la probabilità che "testa" esca non più di cinque volte, bisogna invece considerare come "successi" anche tutte le sequenze che contengono k = 0, 1,…, 4 volte "testa". Ne segue che la probabilità totale è data da :
55
Teorema Centrale del Limite
Si abbia una successione { Xi(ω) } , i ∈ N di variabili aleatorie statisticamente indipendenti, con uguali densità di probabilità fi(xi) aventi valor medio E{Xi} = μ e varianza σi quadrato = σ quadrato finite. Allora la densità di probabilità della loro somma: converge, per n che tende a + ∞, alla distribuzione normale N(μ ,σ quadrato ).
56
Teorema Centrale del Limite
Sulla base di questo Teorema, e possibile usare la legge normale per descrivere in termini probabilistici tutti quei fenomeni fisici o economici che si possono considerare come prodotti dalla sovrapposizione di un elevato numero di cause statisticamente indipendenti ed aventi la medesima natura aleatoria. In Statistica, il Teorema Limite Centrale e indispensabile, come vedremo, per definire le proprietà aleatorie dei valori medi di campioni estratti casualmente da una popolazione.
57
Distribuzioni Binomiale e Normale
Le distribuzioni normale sono continue e hanno una forma a campana. Le distribuzioni normali sorgono in tre aree generali: I processi naturali in cui il valore dei dati (ad esempio, altezza) è il risultato di tanti piccoli input casuali. 2) misura ripetuta di un fenomeno fisso (ad esempio, il periodo orbitale di Marte, la massa di una roccia lunare, o l'altezza di una montagna). La maggior parte dei fenomeni non può essere misurata con precisione, anche se abbiamo un bilancio preciso padella o telemetro laser o altro, ci sarà sempre qualche incertezza o errore nella nostra misura. Per questo motivo, la distribuzione normale è a volte chiamata "funzione di errore.“
58
Distribuzioni Binomiale e Normale
Distribuzione binomiale sono discreti , Per il teorema del limite centrale, quando n tende a infinito, lasciando fisso p, la distribuzione binomiale tende alla distribuzione normale Distribuzione binomiale sorgono ogni volta che il r.v. di interesse è il numero di successi in un numero fisso (n) di prove indipendenti. Le quattro regole sono elencate vicino l'inizio della "distribuzione binomiale" sezione, prima della seconda serie di problemi di esempio
59
Processi stocastici marokviani
Un processo stocastico markoviano o processo di Markov è un processo stocastico nel quale la probabilità di transizione che determina il passaggio ad uno stato di sistema dipende unicamente dallo stato di sistema immediatamente precedente, proprietà di Markov, e non dal come si è giunti a tale stato (in quest'ultima ipotesi si parla di processo non markoviano). Tale processo prende il nome dal matematico russo Andrej Markov che per primo ne sviluppò la teoria. Modelli di tipo markoviano vengono anche utilizzati nel progetto di reti di telecomunicazioni; la teoria delle code che ne consegue trova applicazione in molti ambiti: dalla fila alle poste ai pacchetti in coda in un router.
60
Catene di Markov Una catena di Markov è un processo di Markov con spazio discreto, quindi si tratta di un processo stocastico che assume valori in uno spazio discreto e che gode della proprietà di Markov . L'insieme S di spazio può essere finito o infinito (numerabile o continuo). Nel primo caso si parla di catena di Markov a stati finiti. Una catena di Markov può essere tempo-continua o tempo-discreta, in base all'insieme di appartenenza della variabile tempo (continuo o discreto). Formalmente, una catena di Markov è un processo stocastico Markoviano caratterizzato da un parametro ti ∈T, da un insieme S di stati e da una funzione di probabilità di transizione
61
Catene di Markov Una catena di Markov omogenea è un processo markoviano nel quale la probabilità di transizione al tempo ti non dipende dal tempo stesso, ma soltanto dallo stato del sistema al tempo immediatamente precedente S(ti − 1). In altre parole, la probabilità di transizione è indipendente dall'origine dell'asse dei tempi e quindi dipende soltanto dalla distanza tra i due istanti temporali. Per le catene omogenee vale la condizione :
62
Catene di Markov Esempio: supponiamo che una società “Marca A”controlli il 20% del mercato del succo d’arancia. Supponiamo, inoltre, che diano incarico ad una società di consulenza di prevedere l’effetto di una campagna pubblicitaria aggressiva, ma piuttosto costosa. La società di consulenza, una volta raccolti i dati conclude che, dopo la campagna: Il 90% di chi già usa i prodotti Marca A continuerà ad usarli Il 70% di quelli che non sono già clienti, dopo la campagna, passeranno a Marca A Supponiamo che una famiglia di quattro persone comprino succo d’arancia una volta alla settimana, per avere un riferimento temporale-
63
Catene di Markov Denotiamo ora con A coloro che usano Marca A e con A’ coloro che non usano Marca A . Possiamo costruire un diagramma di transizione che indica la probabilità di rimanere nello stato corrente o di cambiare stato :
64
Catene di Markov Andiamo poi a costruire la matrice relativa al diagramma di transizione: Questa viene definita la matrice delle probabilità di transizione e indica la probablità di passare da uno stato ad un altro, in forma matriciale.
65
Catene di Markov Quando usiamo la notazione S0 indichiamo la matrice di distribuzione allo stato iniziale : S0 = [ ] Volendo esprimere il fatto che all’inizio la Marca A ha il 20% della quota di mercato (A) e le altre marche l’80% (A’) . Usando la matrice delle probabilità di transizione e la matrice di distribuzione allo stato iniziale possiamo fare calcoli di probabilità. Possiamo iniziare a costruire strutture ad albero per rappresentare graficamente i cambiamenti di stato, associandoli alle rispettive probabilità
66
Catene di Markov Calcoliamo la probabilità che una famiglia usi la Marca A dopo una settimana, usando le matrici definite in precedenza, oppure attraverso la struttura ad albero come quella qui sopra.
67
Catene di Markov Calcoliamo : P(Marca A dopo un settimana) = [(.2)*(.9)]+[(.8)*(.7)]= = .74= 74% Quindi, lanciata la campagna pubblicitaria, possiamo aspettarci, dopo una settimana che Marca A abbia il 74% della quota di mercato.
68
Catene di Markov Una settimana dopo, al tempo t0+1=t1 possiamo costruire la matrice S1 : S1[ ] Con la probabilità .74 associata ad A e 0.26 ad A’. [ ] Usiamo le regole già definite per la moltiplicazioni tra matrici, per cui moltiplichiamo righe per colonne, quindi (.2*.9)+(.8*.7) = e (.2 *.1) + (.8 * .3) = .26
69
Catene di Markov Assumiamo, e questa è l’assunzione principale, che fino a quando dura la campagna pubblicitaria , di settimana in settimana, la matrice delle probabilità rimane valida. Se vogliamo capire cosa succede alle quote di mercato due settimane dopo, al tempo t3, ripeteremo il procedimento della moltiplicazione delle matrici, dove la prima matrice sarà, ovviamente, quella in t1: [ ]
70
Catene di Markov [ .74 .26 ] Il risultato sarà una matrice:
Estendiamo i calcoli al tempo t4 [ ] Otteniamo la matrice: S4 = [ ]
71
Catene di Markov A questo punto, potremmo porgerci alcune domande. Avendo notato che la quota di mercato della Marca A cresce di settimana in settimana, durante la prima settimana di campagna è passata dal 20% al 74% compiendo un grande salto. L’ultima variazione percentuale, dall’85% circa all’87% circa è sempre una crescita, ma con un incremento percentuale molto minore. Potremmo quindi pensare che esiste un limite al quale la percentuale di quota di mercato tende, minore del 100% . Le catene di Markov sono alla base dei test per la valutazione della dipendenza temporale dei risultati dalle rilevazioni passate.
72
Le Opzioni Binarie Cominciamo da una generica definizione di opzione binaria: L’opzione binaria è uno strumento finanziario il cui ritorno è collegato all’accuratezza delle previsioni fatte dal suo acquirente riguardo all’andamento del prezzo di un determinato titolo o bene sottostante lungo un orizzonte temporale predefinito. Detto ancora più semplicemente, il meccanismo fondamentale dell’opzione è il seguente: una volta scelto il bene o titolo sottostante – che può essere un’azione societaria come ad esempio quella di Google (stock), oppure un barile di petrolio (commodity), o infine una accoppiata di valute come il tasso di cambio USD/EUR (Forex)
73
Le Opzioni Binarie bisogna prendere in considerazione solo pochi elementi per poter investire con successo: il prezzo del bene al momento dell’acquisto dell’opzione, la scadenza dell’opzione stessa, e il tipo d’opzione che si sta andando a comprare. Questi tre elementi, combinati tra loro, determineranno il ritorno ottenibile dall’operazione, nonchè il tempo necessario alla conclusione dell’operazione. Il prezzo iniziale Qualsiasi sia la piattaforma che si sta utilizzando per il trading, avremo costantemente accesso al prezzo, fluttuante, di tutti i prodotti sui quali si può operare. Non ha nessuna importanza, dal punto di vista dell’investitore, quale sia il prezzo di mercato dell’attività sottostante al momento in cui si cominciano le operazioni: è importante però avere una posizione precisa riguardo all’andamento che tale prezzo avrà nel futuro immediato
74
Le Opzioni Binarie (l’orizzonte temporale di riferimento dipenderà dalla scadenza dell’opzione in questione, ma non si protrarrà mai nel medio o lungo termine). All’investitore è quindi chiesto, partendo dal prezzo iniziale dell’operazione, di elaborare una sua posizione su come si comporterà tale prezzo nel futuro. Una conoscenza quindi delle dinamiche del prezzo dell’attività sottostante (sia esso una azione, un bene o un forex) è consigliabile, pena il fallimento dell’operazione. La scadenza Ogni broker di opzioni binarie, indipendenemente da quale tipo di opzione offra, offrirà degli strumenti a scadenza. Questo perchè la scadenza dell’opzione è uno dei suoi tratti imprescindibili: lo strumento in sé prevede che l’operazione abbia una durata precisa, stabilita dalla scadenza dell’opzione.
75
Le Opzioni Binarie Come abbiamo visto, all’investitore viene richiesta, fondamentalmente, una previsione sull’andamento del prezzo di mercato dell’attività sottostante. Questa consiste nello stimare, ovviamente al massimo delle possibilità e utilizzando tutte le informazioni disponibili, se tale prezzo salirà o scenderà nell’arco temporale determinato dalla scadenza. L’opzione binaria di base, quella più semplice se vogliamo, non chiede altro; Molti broker ne offrono anche altri tipi, un po’ più complessi, che chiedono all’investitore una maggiore accuratezza nelle proprie previsioni; il meccanismo, però, non cambia. Ovviamente il ritorno sulle operazioni sarà maggiore al crescere dell’abilità richiesta all’investitore per effettuare le sue previsioni.
76
Le Opzioni Binarie C’è infine un ultimo elemento, che non abbiamo menzionato finora, che è parte integrante della struttura di un’opzione binaria e che è predefinito al momento dell’investimento: il guadagno, o meglio il ritorno, che l’opzione garantisce. Questi elementi, presi nel loro insieme, costituiscono l’asse portante su cui poggiano le opzioni binarie: risulta evidente che ci si trova davanti a uno strumento più semplice rispetto ad altri disponibili per l’investimento online, mantenendo però intatto l’elemento fondante: la necessità di essere in grado di comprendere e prevedere i meccanismi sottostanti l’andamento del prezzo di un bene, titolo o accoppiata di valute
77
Le Opzioni Binarie Per questo le opzioni binarie vengono ritenute da alcuni uno strumento finanziario di seconda categoria, da altri uno strumento più democratico nella sua approcciabilità da parte di chiunque, da altri ancora quasi un’attività ricreativa: non è raro per investitori professionisti del mercato dedicare parte del loro tempo alle opzioni binarie, mantenendo l’ebbrezza della ricerca di guadagni senza lo stress collegato ad altri metodi per raggiungerlo.
78
Le Opzioni Binarie Le opzioni ordinarie sono anche dette vanilla e sono le più comuni. In questo caso l’investitore paga per contratto, poi trarrà un profitto o subirà una perdita proporzionale al numero di punti di differenza tra il livello di scadenza e lo strike price. Le opzioni binarie sono anche dette opzioni digitali, opzioni tutto o niente, opzioni a reddito fisso (o FRO); per queste il guadagno é solo di due tipi: fisso oppure pari a zero (di qui la dicitura binarie o digitali). Il vantaggio delle opzioni binarie risiede soprattutto nel fatto che gli eventuali profitti sono noti “a monte”: non si valuta il guadagno come differenza tra il valore di mercato e lo strike price, ma si ha un ricavo fisso se il sottostante ha superato un determinato valore soglia. Esistono tre principali differenze tra le opzioni binarie e le opzioni ordinarie e riguardano: il tempo di scadenza, il versamento, l’esecuzione.
79
Le Opzioni Binarie Queste differenze hanno varie conseguenze che indicano le seconde come migliori rispetto alle prime. In primo luogo, gli intervalli di scadenza multipli a breve termine mettono l'investitore in condizione di ottenere un rendimento immediato sulle proprie opzioni binarie e garantiscono una maggiore flessibilità per gli investimenti su opzioni.Nelle opzioni vanilla, l'investitore paga per contratto (ossia per punto). Successivamente l'investitore trarrà un profitto o subirà una perdita monetaria corrispondente al numero di punti di differenza tra il livello di scadenza e il prezzo d'esercizio. Le opzioni binarie differiscono nel senso che i due risultati sono definiti sin dall'inizio.
80
Le Opzioni Binarie Infine, un investitore che acquisti un'opzione binaria deve conservarla fino alla data di scadenza. Pertanto, deve fare più attenzione in fase di acquisto delle opzioni, dal momento che non gli sarà consentito venderle dopo averle acquistate. Il trading su opzioni binarie é un modo nuovo e interessante di investire nei mercati finanziari. Queste opzioni sono più semplici e flessibili delle opzioni tradizionali, ma, come per tutti gli investimenti, è importante pianificare una strategia in anticipo per aumentare le probabilità di successo.
Presentazioni simili
© 2024 SlidePlayer.it Inc.
All rights reserved.