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COMUNICAZIONE INTERPERSONALE

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Presentazione sul tema: "COMUNICAZIONE INTERPERSONALE"— Transcript della presentazione:

1 COMUNICAZIONE INTERPERSONALE
Servizio Civile – bando 2007 – Formazione specifica Settore Assistenza a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

2 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
INTRODUZIONE Di seguito sono riportati alcuni articoli che ci serviranno per definire con chiarezza e semplicità alcuni concetti importanti sul tipo di relazioni interpersonali che si possono instaurare e sulle modalità di comunicazione al fine di poterle conoscere e disporne in modo corretto in tutti i momenti della vostra vita e in particolare qui, per le attività e gli interventi che si mettono in gioco nel percorso di servizio civile nel settore Assistenza. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

3 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
PAROLE L'uomo è un animale linguistico. Forse questa è una delle definizioni più appropriate della nostra specie. Anche gli animali, come ormai sappiamo con certezza, comunicano tra loro. solo l'uomo, però, ha costruito un sistema di suoni (fonetico), segni e regole grammaticali che fanno del linguaggio umano un grattacielo con migliaia di mattoni, uno diverso dall'altro. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

4 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
PAROLE Da questo universo di segni che hanno un senso - i significati - si sono generate le idee dell'uomo, le narrazioni, la storia e migliaia di anni di cultura. Senza linguaggio, dunque, niente cultura. Anzi, senza le parole, non saremmo neppure capaci di pensare, ovvero di mettere insieme e di confrontare significati diversi. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

5 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
PAROLE A questo proposito, generazioni di filosofi hanno cercato di venire a capo di questo dilemma: <E' il linguaggio che crea i significati, oppure sono i significati - le idee - che prendono forma nelle parole?> La tesi che oggi gode di maggiore credito, grazie alle scoperte di scienza e psicologia, è la prima. Con la nostra abilità linguistica, infatti, possiamo dischiudere il senso delle cose creando nuove parole, nuove idee, cioè nuovi modi di far esistere le cose. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

6 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
PARLARE Quando parliamo con qualcuno, la prima cosa da fare è spedire il messaggio nella porta giusta. I cinque sensi sono le nostre finestre sul mondo, le nostre porte percettive spalancate sulla realtà esterna. La vista, l’udito, il tatto, il gusto e l’olfatto sono le vie d’ingresso degli stimoli che riceviamo dal mondo esterno. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

7 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
PARLARE I sistemi sensoriali agiscono in due direzioni: ci mettono in grado di decodificare le informazioni provenienti dall’esterno e ci forniscono la materia per costruire o ricostruire le esperienze con la mente. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

8 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
PARLARE La capacità del nostro cervello di creare immagini o suoni mai vissuti si fonda proprio sulla elaborazione di esperienze sensoriali archiviate nella memoria, che sono poi assemblate secondo nuovi schemi per generare prodotti originali. Pensiamo, ad esempio, alla pittura, alla musica e a tutte le forme di creazione artistica. Con i sensi si percepiscono immagini, suoni, sensazioni, sapori e odori che, passando per i canali sensoriali, contribuiscono a costruire la nostra rappresentazione interna soggettiva della realtà esterna. Quale sia la forma di archivio preferito, però, dipende dal canale sensoriale dominante di ciascuno di noi. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

9 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
PARLARE Secondo la P.N.L (Programmazione Neuro-linguistica), infatti, le persone sviluppano una preferenza per un canale sensoriale che, intorno ai 12 anni, diventa la corsia preferenziale attraverso cui transitano le informazioni che provengono dall'esterno. La PNL ha elaborato un modello che identifica tre tipi "umani", ovvero tre principali gruppi di persone che interpretano la realtà secondo un canale sensoriale: il Visivo, V, l’Auditivo, A, ed il Cinestesico, K. Quest'ultimo fa riferimento alla preferenza per il tatto, il gusto e l'olfatto. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

10 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
PARLARE Se preferisco memorizzare le esperienze come fotografie (tipo Visivo), potrò anche aggiungere suoni o profumi, ma il primo ricordo sarà sempre fatto di forme e colori. Una persona con sistema preferenziale visivo darà maggior peso alle immagini (il concetto di ‘gatto’ richiama l’immagine dell’animale); una persona di tipo auditivo è sintonizzata sui suoni (del gatto percepisce il miagolio o il rumore delle fusa); una persona cinestesica, è concentrata sulle sensazioni (e del gatto, la prima cosa che percepisce è la sensazione del pelo al tatto o magari le vibrazioni delle fusa). a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

11 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
PARLARE Quando si conversa con qualcuno, quindi, è essenziale parlare con chiarezza e con calore al suo cervello: se entriamo dall'ingresso preferenziale, troveremo la sua disponibilità ad ascoltare tutto quello che abbiamo da dire. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

12 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
MAPPA DEL TERRITORIO E' opinione comune pensare che le mappe, le cartine geografiche, gli indici dei libri siano modalità di organizzare una realtà che già esiste per conto suo, in modo del tutto indipendente dal fatto che sia rappresentata oppure no. Ad esempio, la strada per andare da Milano a Napoli è quella che è, ovvero si presenta come una linea che collega una città all'altra. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

13 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
MAPPA DEL TERRITORIO Se riflettiamo con maggiore attenzione su questo punto, scopriamo che le cose non stanno proprio in questo modo. Qualsiasi forma di rappresentazione della realtà, infatti, come potrebbe essere un semplice specchio delle "cose come stanno"? a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

14 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
MAPPA DEL TERRITORIO La stessa scelta di <disegnare> un'esperienza, di <scriverla> oppure di <viverla> di persona cambia completamente il risultato di un avvenimento o di un "dato di fatto". Un esempio più chiaro può essere quello dell'attività giornalistica. I giornalisti, quando affermano di essere semplici testimoni 'neutrali' di un avvenimento, non possono dire la verità! Il testo giornalistico è una narrazione che mette in scena una storia, con un capo e una coda, in cui i personaggi sono caratterizzati secondo le strategie (perlomeno linguistiche e stilistiche ) che fanno più comodo all'autore. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

15 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
MAPPA DEL TERRITORIO Questo significa che un avvenimento può esistere solo come storia rappresentata da qualcuno e chi racconta - come accade in teatro o nella pagine di un libro - sceglie il suo modo di mettere in scena storia e personaggi. Allora, < la mappa non è il territorio > perchè tutti pensano e parlano secondo il loro modo di intessere la tela della realtà. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

16 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
MAPPA DEL TERRITORIO Secondo la PNL, il concetto che meglio sintetizza queste considerazioni è quello di Rappresentazione Interna. Ognuno fa prendere forma alle sue rappresentazioni interne a partire dal canale sensoriale preferenziale, ovvero dalle modalità percettive che più rispondono alle sue "preferenze". a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

17 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
MAPPA DEL TERRITORIO La Rappresentazione Interna, poi, ha una componente emotiva molto importante, che nasce dalle condizioni in cui si trovano le emozioni delle persone coinvolte nel processo comunicativo. La somma di rappresentazioni interne ed emozioni si può chiamare Stato Interno, che descrive cosa e come stiamo pensando l'esperienza di comunicazione che viviamo. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

18 MAPPA DEL TERRITORIO La comunicazione vive dunque
nella relazione che si va creando tra le rappresentazioni interne delle persone. Per questa ragione, è essenziale innanzitutto capire come sono fatte queste rappresentazioni: superato questo passaggio, si può anche imparare a controllarle e ad ottenere dalla nostra interazione comunicativa un risultato efficace. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

19 RESPONSABILITA’ DEL COMUNICARE
C'è un principio della comunicazione che va tenuto quindi in considerazione e cioè: < Il significato di una comunicazione è la risposta che riceviamo >. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

20 RESPONSABILITA’ DEL COMUNICARE
Quante volte ci è capitato di sentire qualcuno che diceva: "Ho parlato con lui, ma proprio non capisce. Gli ho ripetuto il concetto in tutte le salse, ma non ci sente da quell'orecchio!". Questo è il classico esempio di un messaggio che è caduto nel vuoto dell'incomunicabilità. Il principio di cui parliamo ci offre una chiave per capire dov'è finito il messaggio che non è arrivato a destinazione. Se la risposta della persona che vogliamo informare o convincere è assente oppure è diversa da quella che attendiamo, il significato della comunicazione è uguale a 0. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

21 RESPONSABILITA’ DEL COMUNICARE
Siamo noi i primi responsabili dell'esito delle nostre parole. Questo significa che da un lato siamo molto fortunati ma, dall'altro, adesso sappiamo che addossare sugli altri l'accusa di "non aver capito" è una solenne fesseria. Possiamo dirci fortunati perché, se la responsabilità è nelle nostre mani, possiamo procurarci tutti gli strumenti necessari per chiarire il nostro messaggio e per renderlo più efficace. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

22 RESPONSABILITA’ DEL COMUNICARE
Il primo passo da fare in questa direzione è indossare i panni dell'altro per capire quello che si aspetta da noi: ascoltiamo le sue parole, guardiamo i suoi occhi guardiamo il suo corpo a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

23 RESPONSABILITA’ DEL COMUNICARE
A questo punto, se siamo stati capaci di <vestirci > con il modo di essere dell'altro, allora smetteremo di dire che "non ha capito“ La capacità di ascolto e di scelta della strada giusta non sono abilità magiche. Lo diventano se si impara ad usarle bene, con l'esercizio e con l'umiltà nel riconoscere anche la propria responsabilità in una comunicazione che non ha funzionato. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

24 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
LE PAROLE GIUSTE Parlando, parlando... quali sono le parole giuste per ogni occasione? Le parole per tutti i giorni, per tutti gli interlocutori, semplicemente, non esistono! Una delle prime regole della comunicazione, infatti, è: <scegli le parole che piacciono al destinatario del tuo messaggio>. Quando parliamo con qualcuno, la prima cosa da fare è spedire il messaggio nella porta giusta. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

25 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
LE PAROLE GIUSTE I cinque sensi sono le nostre finestre sul mondo, le nostre porte percettive spalancate sulla realtà esterna. Ogni canale sensoriale ha le sue parole preferite, come abbiamo visto: il Visivo, V, l’Auditivo, A, ed il Cinestesico, K. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

26 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
LE PAROLE GIUSTE Se stiamo parlando con un Visivo, ad esempio, quali saranno i punti cardinali di riferimento del suo mondo di percezioni? Le luci e i colori! Una persona che fa dei suoi occhi la guida per conoscere e sperimentare gli oggetti del mondo, come costruisce il suo linguaggio, i suoi messaggi? Con parole chiare e precise, che sanno di luci, prospettive e poligoni definiti. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

27 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
LE PAROLE GIUSTE Facciamo qualche esempio dei termini che i Visivi amano sopra ogni cosa? Eccoli qui: vedere, guardare, definire, luce, colori, prospettiva, osservare, sguardo, delineare, tracciare, dipingere, disegnare... Chi utilizza la vista come canale privilegiato, quindi, si aspetta di sentir parlare con questo linguaggio, perchè è quello che conosce meglio ed è quello che rappresenta nel modo migliore le forme dei suoi pensieri. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

28 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
LE PAROLE GIUSTE Esempio visivo Vedi il mio punto di vista? Puoi immaginare come sarà? ecc... Vedo che oggi stai bene …… a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

29 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
LE PAROLE GIUSTE Un ragionamento analogo vale a proposito delle persone Auditive, ovvero quelle che descrivono le proprie esperienze soprattutto con termini come sentire, ascoltare, armonia, musica, parole, scrittura, lingua, traduzione, conversazione, audio, sintonizzarsi, cantare, leggere... a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

30 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
LE PAROLE GIUSTE Esempio uditivo :   Sento quello che stai dicendo. Mi suona bene quello che stai dicendo. .   ... è musica per le mie orecchie... In quello che dici c’è una nota stonata    Il discorso che stai facendo è in armonia con …. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

31 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
LE PAROLE GIUSTE I Cinestesici, molto numerosi nella popolazione umana (circa il 40-45%), sembrano meno facili da individuare a prima vista, ma ci sono tanti segnali che portano dritti dritti a loro. Il loro universo semantico è fatto di parole come sensazione, emozione, toccare, concreto, pratico, sentimento, percepire, solido, sperimentare, sentire, costruire, tastare, abbracciare, approfondire... a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

32 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
LE PAROLE GIUSTE Esempio cinestesico: -  Lo so dentro di me che ho ragione ….. -  Ti senti di concludere? -  Ho la sensazione di ..... -  Mi sento svuotato -  ecc... a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

33 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
LE PAROLE GIUSTE Come forse avrete immaginato, i gruppi "sensoriali" hanno un modo molto diverso di comunicare. Può capitare, quindi, che l'incontro fra persone, di gruppi differenti, generi un groviglio di messaggi che finiscono nel vuoto. Se ognuno parla il suo linguaggio, infatti, sarà impossibile capirsi. E' quello che succede tra due persone che parlano due lingue diverse a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

34 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
LE PAROLE GIUSTE Allora, prima di tutto, mettiamoci in ascolto del nostro interlocutore Afferrato questo gancio essenziale, saremo capaci di usare le parole che gli fanno comprendere al meglio quello che vogliamo dire. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

35 CERCHIO DELLA COMUNICAZIONE
Quando parliamo con qualcuno, quanto pesa il nostro stato emotivo? Molto! lo sappiamo tutti sulla pelle delle esperienze che abbiamo vissuto. Si dice, infatti, che si avvia un incontro con "il piede giusto", oppure con "il piede sbagliato" e, a seconda del caso, l'esito finale sarà ipotecato da questa scelta di partenza. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

36 CERCHIO DELLA COMUNICAZIONE
Che ne dite, ad esempio, di una conversazione che comincia con un "Adesso stai ad ascoltarmi perchè sono stufo della tua indifferenza!"? a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

37 CERCHIO DELLA COMUNICAZIONE
Insomma, per quanto un'affermazione del genere sia supportata dai fatti, si può immaginare che chi ascolta abbia già perso la voglia di stare a sentire il seguito del discorso. C'è chi sostiene che, quello che conta davvero, è la sostanza di un discorso, ovvero le informazioni e i fatti da raccontare agli altri. L'esempio qui sopra, dimostra che è la forma a contare più della sostanza. Anzi, è proprio la forma che "impacchetta" il messaggio e gli attribuisce un significato ben preciso. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

38 CERCHIO DELLA COMUNICAZIONE
Un esempio che illumina questo punto è l'uso di un linguaggio connotato dal segno + o dal segno - . perchè il linguaggio funziona come una pila: ha un polo positivo e un polo negativo. I poli opposti sono in perfetta corrispondenza con i nostri stati emotivi e mentali. Se ci sentiamo bene, in pace con l'umanità e con il sole che splende alto nel cielo, allora saremo come un meraviglioso focolare che scalda e illumina le persone vicino a noi. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

39 CERCHIO DELLA COMUNICAZIONE
Al contrario, se le cose girano dalla parte sbagliata, fuori grandina e siamo di pessimo umore, ecco che tutto si colora di grigio e diventiamo insopportabili. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

40 CERCHIO DELLA COMUNICAZIONE
La nostra comunicazione con gli altri, in questo senso, è spesso uno specchio fedele del nostro stato interno. Quando parliamo con qualcuno e "condiamo" il nostro discorso con parole come "triste", "ansioso", "incerto", si può immaginare facilmente qual è l'effetto che otteniamo sull'umore del malcapitato. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

41 CERCHIO DELLA COMUNICAZIONE
Usare un linguaggio positivo ci aiuta a far partire il discorso sempre con "il piede giusto". Chi ci sente parlare con termini come "sviluppo", "soluzione", "fiducia", è certo ben contento di starci a sentire e sarà più disponibile ad ascoltare le nostre idee. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

42 CERCHIO DELLA COMUNICAZIONE
Per chiarire meglio questo punto, è importante aggiungere altre due considerazioni: Far uso di una terminologia positiva o negativa dipende dal nostro modo di guardare e valutare le cose. Questo per dire che, se vediamo la vita come un campo minato sempre pronto a procurarci qualche ferita, sarà poi impossibile usare un linguaggio positivo. La comunicazione si poggia sempre su basi di etica. Se usiamo parole ricche di messaggi positivi per convincere il prossimo della nostra buona fede e poi commettiamo crimini di ogni genere, allora prendiamo in giro noi stessi (insieme agli altri). a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

43 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
CHIEDI E TI SARA’ DATO C'è qualcosa che fa crescere ed alimenta con passione il sapere umano e questo qualcosa è la domanda. Se fosse possibile, il punto interrogativo meriterebbe un posto d'onore in un manuale di punteggiatura. Chi domanda apre una porta, accende una luce. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

44 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
CHIEDI E TI SARA’ DATO La domanda è un segnale di vicinanza, una stretta di mano che chiede di entrare, di avvicinarsi un po' di più al mistero di chi parla con noi. Facciamo attenzione alle domande che ci incontrano. Dietro ogni richiesta, c'è un'intenzione, un obiettivo. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

45 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
CHIEDI E TI SARA’ DATO Chi ha in mente un punto interrogativo, ha un'informazione che gli manca, un'ombra che nasconde qualche oggetto che ha un significato e un valore per chi domanda. L'intenzione, talvolta, può essere piccola e poco significativa. Si esaurisce nella banale e semplice curiosità di un "che ore sono?" o di un "come si chiama il tuo cane?". a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

46 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
CHIEDI E TI SARA’ DATO Quello che ci interessa davvero, è comprendere e saper utilizzare le domande che arrivano al cuore di una questione. Un passo dopo l'altro, ci conducono proprio là dove volevamo arrivare. Questo genere di domande, prima di ogni altro requisito, mettono in cima a tutto la chiarezza dell'intenzione. Che cosa vogliamo fare con questa richiesta? Dove vogliamo arrivare? Che ci aspettiamo dall'altro? a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

47 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
CHIEDI E TI SARA’ DATO Insieme a questo passaggio essenziale, disegniamo e ricordiamo i tratti distintivi del destinatario della domanda. Che genere di persona è? Che cosa si aspetta da me? Questo genere di informazioni di base, a proposito dell'obiettivo e del destinatario del messaggio, sono scolpite nella pietra e bisogna tenerle davanti agli occhi in qualsiasi contesto di comunicazione. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

48 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
CHIEDI E TI SARA’ DATO Il contesto. Ogni relazione comunicativa ha il suo habitat, il suo specifico contesto, dove io gioco un ruolo, tu ne giochi un altro e siamo dentro un mondo di conoscenze e significati condivisi. Quando ci interessa conoscere davvero una persona, oppure scoprire fette interessanti della sua esperienza, quello che facciamo è fare qualche domanda. Dove mira la nostra richiesta? Se la domanda è ben formulata, il suo biglietto da visita è la precisione. Tanto più la richiesta è pertinente e precisa, tanto meglio correrà incontro all'esperienza e alla mappa del mondo di una persona. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

49 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
CHIEDI E TI SARA’ DATO Certo, c'è modo e modo di fare una domanda. Se siamo in rapport, se siamo in armonia con la persona, allora possiamo avanzare richieste che, altrimenti, sarebbero anticipate da una pesante e meritata porta in faccia. Si definisce rapport la situazione di disponibilità, d’attenzione e di reciproca fiducia che si riesce ad instaurare con un interlocutore (feeling), comunicando con canali comunicazionali bidirezionali. Il rapport fa riconoscere le opportunità.   Esse fanno parte delle dinamiche umane, non sono qualcosa che semplicemente accade.   Cogliere poi le opportunità ed usarle bene è una questione soggettiva. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

50 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
CHIEDI E TI SARA’ DATO E quindi se siamo in un contesto positivo e favorevole per le nostre domande ed è tempo di lasciar spazio alla curiosità, che cosa chiedere? Il contenuto non è importante o, almeno, sono fatti nostri. Quel che conta davvero, è la forma delle domande, ovvero quello che stiamo cercando, la nostra intenzione. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

51 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
CHIEDI E TI SARA’ DATO Facciamo qualche esempio. Una persona dice: "Tutte le donne che leggono riviste femminili sono superficiali e pettegole". Noi pensiamo che questa affermazione sia una fesseria. Come facciamo ad esplorarne le componenti e, di seguito, a smontarla? La prima cosa da fare è capire perché un'affermazione di questo genere è una fesseria: Lo è, innanzitutto, dal punto di vista formale. Quando qualcuno tira in ballo l'intero genere umano o buona parte di esso con un "tutti", siamo in cattiva compagnia di una generalizzazione. La persona in questione ha incontrato qualcuno con certe caratteristiche ed estende una singola esperienza alla generalità di tutte le esperienze possibili. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

52 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
CHIEDI E TI SARA’ DATO Le domande utili per aprire una crepa nella sua convinzione sono: "Proprio tutte le donne sono così? Non ti è mai capitato di conoscerne una che leggeva una rivista femminile e non era superficiale? E se la incontrassi, come sarebbe?". Da qui, è molto grande lo spazio per far correre altri punti interrogativi. Ad esempio, è interessante sapere che cosa significano gli aggettivi "superficiali" e "pettegole". a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

53 CHIEDI E TI SARA’ DATO Certo, sul dizionario della lingua italiana troviamo definizioni ufficiali e condivise di una parola. Nell'esperienza di vita, tuttavia, la faccenda si complica parecchio. Chi sa che cosa significa per me una parola? Se facciamo un esperimento e chiediamo a tre persone di definire che cosa significa per loro "superficiale", otterremo tre risposte differenti. Ogni risposta, ogni definizione è la traduzione in codice linguistico di una singolare esperienza, che ha trovato un marchio ritenuto adeguato nella parola "superficiale". a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

54 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
CHIEDI E TI SARA’ DATO Arrivati qui, che cosa val la pena di chiedere quindi? La domanda da fare è: "Che cosa significa per te superficiale? Che cosa intendi con pettegola?". Le risposte che arrivano sono fonte di un continuo stupore e di una crescita personale di valore inestimabile. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

55 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
CHIEDI E TI SARA’ DATO Quando facciamo cadere una convinzione limitante - e lo è perché nasce dalla generalizzazione di una brutta esperienza - siamo come astronauti che scoprono nuovi mondi. Se cambia una convinzione, le facce delle cose e delle persone cambiano il loro significato. Abbiamo nuove possibilità di interpretare e di vivere che non vedono l'ora di essere scoperte. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

56 POSIZIONE DELLA PERCEZIONE
L'apertura del sé nell'esperienza è un essere-nel-mondo. Con Heidegger, l'uomo è un "Esserci", perché conosce il suo essere e il suo poter essere a partire dalla sua relazione con l'altro e con le cose. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

57 POSIZIONE DELLA PERCEZIONE
Comunicare con l'altro significa dare corpo alla relazione e, insieme, modellare le sembianze del nostro "Esserci". Il volto del nostro "Esserci" si decide nella scelta delle possibilità. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

58 POSIZIONE DELLA PERCEZIONE
Quale che sia il luogo, il tempo, il contesto in cui ci troviamo ad esistere, siamo chiamati a scegliere l'una o l'altra strada. Questo processo decisionale ha il suo motore nella prospettiva da cui guardiamo il mondo. Qual è l'origine e quale la destinazione di questa prospettiva? a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

59 POSIZIONE DELLA PERCEZIONE
Il primo punto di vista, la camera che apre tutte le possibilità, è la prima apertura sul mondo: Io-con-me stesso. Questa è la posizione percettiva fondamentale, quella che viviamo quando siamo una cosa sola con le nostre emozioni, i nostri pensieri, le nostre parole. Io sono "tutto" in me stesso e sento, vedo, percepisco il mondo secondo le declinazioni delle mie credenze. Può capitare di raccogliersi in sé, fino a chiudere la porta a tutto quello che abita fuori di noi. Quando l'Io-con-me guadagna tutte le nostre energie, siamo incapaci di comunicare con l'altro, fino al punto estremo di gettare via la chiave e dimenticarci del mondo. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

60 POSIZIONE DELLA PERCEZIONE
Ad un primo sguardo, possiamo credere che l'unica "posizione" possibile sia la prima, ovvero Io-con-me stesso. Ma che succede quando siamo in relazione con l'altro? Il gioco della comunicazione dà vita a diverse modalità di stare con gli altri. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

61 POSIZIONE DELLA PERCEZIONE
Il dialogo con un altro sé, ad esempio, può condurre ad una nuova esperienza prospettica. Io-con-l'altro non sono più Io-con-me stesso. Sono una persona in un dialogo, sono in posizione di ascolto e di domanda, sono in qualche modo fuori "da me", ma ancora in rapporto con me. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

62 POSIZIONE DELLA PERCEZIONE
Quando riesco a sintonizzarmi sullo stato d'animo dell'altro, quando entro nella sua prospettiva e, per un attimo soltanto, il suo linguaggio è anche il mio, allora sono entrato in empatia. La relazione continua ad essere fra Sé ben distinti, ma si aggiunge la comprensione del mondo dell'altro. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

63 POSIZIONE DELLA PERCEZIONE
Mantenere la distinzione, la giusta distanza dall'altro, è indispensabile per comprenderlo e per conservare "intatto" il proprio Sé. Quando, al contrario, ci si identifica completamente con l'emozione e con il mondo dell'altro, si finisce per perdersi e per "annullarsi" in qualcosa che non sono più "Io". a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

64 POSIZIONE DELLA PERCEZIONE
Per questo motivo, è essenziale avere ben chiara la differenza fra empatia ed identificazione: l'empatia stabilisce la relazione e il contatto con l'altro, l'identificazione mortifica il proprio Sé e lo "scioglie" in quello di qualcun'altro. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

65 POSIZIONE DELLA PERCEZIONE
Fuori dal dialogo con l'altro, c'é la terza posizione: quella di chi osserva. Quando, come osservatori, ascoltiamo e guardiamo gli altri che comunicano, siamo in una prospettiva ancora diversa. L'osservazione richiede silenzio, ascolto, distacco emotivo e apertura di tutti i sensi. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

66 POSIZIONE DELLA PERCEZIONE
Se teniamo "svegli" i canali della percezione, catturiamo un'infinita varietà di informazioni sull' "andamento" delle relazioni comunicative. Chi frequenta spesso la terza posizione, si accomoda volentieri ad osservare gli altri che parlano. Può capitare che l'abitudine all'osservazione prenda il sopravvento sulle altre posizioni percettive e, quando accade, perdiamo pian piano contatto con le nostre emozioni e finiamo per far da spettatori alla vita degli altri. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

67 POSIZIONE DELLA PERCEZIONE
Possiamo incontrare ancora un altro modo di percepire l'esperienza di relazione con gli altri, la quarta posizione è "Insieme con gli altri", il "Noi". Quando l'Io non è più con me e si fa abbracciare da una totalità, allora siamo "Noi". Accade che usiamo espressioni linguistiche come "noi siamo", "noi pensiamo", "noi vogliamo". In tutti questi casi, il Sé individuale non è più uno, ma molteplice e unico allo stesso tempo. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

68 POSIZIONE DELLA PERCEZIONE
Quello che accade è il percepirsi come parte di un tutto, come un punto di vista più grande che ricomprende anche il nostro singolo Io. Ci sono contesti dove l'uso del "Noi" è funzionale alla generazione di appartenenza ad un mondo condiviso. Ne sono esempio gli adepti di una confessione religiosa e i gruppi sociali che si percepiscono come entità uniche e distinte. Quando il "Noi" mette in un angolo le altre posizioni percettive, ci perdiamo in un indistinto magma che conduce alla triste dimenticanza del Sé. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

69 POSIZIONE DELLA PERCEZIONE
Riassumendo: Possiamo camminare e spostarci in differenti posizioni percettive. Ogni posizione è una diversa prospettiva sull'esperienza, una fonte di ricchezza che apre sempre nuove possibilità. Quando impariamo a "saltare" con agilità dall'una all'altra, siamo capaci di raccogliere informazioni ed emozioni che, altrimenti, andrebbero perdute. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

70 SAPER ASCOLTARE Quando si parla di comunicazione, si pensa sempre che la cosa più importante sia sapersi esprimere. Ma non è così. L’arte più sottile e preziosa è saper ascoltare Questo è vero in qualsiasi forma di comunicazione, anche se apparentemente non è un dialogo. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

71 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
SAPER ASCOLTARE Naturalmente “ascoltare” non significa usare solo l’udito, ma capire ciò che gli altri dicono e quali sono le loro intenzioni. Anche quando la comunicazione si trasmette con parole scritte anziché “a voce”. E proprio perché non vediamo le altre persone (e non possono correggerci subito, con una parola a con un gesto, se le capiamo male) dobbiamo essere particolarmente attenti nell’ascoltare e capire. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

72 SAPER ASCOLTARE Il mondo è pieno di persone
che ascoltano soprattutto se stesse Di solito, se non sanno capire gli altri, non hanno neppure una percezione chiara del loro gonfiato ma confuso “io”. Passano tutta la vita a coltivare un “sé” immaginario, che cercano di imporre al prossimo. Il problema è che spesso ci riescono, perché c’è anche nella natura umana il desiderio di essere “seguaci”, di accodarsi a qualcun altro; e chi parla più forte ha ragione, anche se non sa quello che sta dicendo. Il risultato è che si può coesistere, perfino convivere, senza mai capirsi o avere alcuna vera comunicazione. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

73 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
SAPER ASCOLTARE Ogni cosa che accade è comunicazione. Prima di pensare a ciò che possiamo dire o scrivere, l’importante è saper ascoltare e capire. Chi vuole comunicarci qualcosa e perché? Siamo sicuri di aver capito bene le sue intenzioni e ciò che sta cercando di dirci? Non è una fatica, né uno sforzo, se abbiamo un atteggiamento disposto ad ascoltare. Diventa facilmente un istinto, un modo di essere. Ed è molto più interessante capire, sentire il valore e il senso della comunicazione che limitarci al significato superficiale delle parole. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

74 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
SAPER ASCOLTARE Ascoltare vuol dire, prima di tutto, mettersi nei panni degli altri. Capire le cose dal loro punto di vista. Ma si tratta anche di percepire ciò che forse un’altra persona non aveva intenzione di dirci, ma involontariamente “trasmette” con il suo stile, il suo comportamento, il suo modo di esprimersi. Il “tono di voce” si può chiaramente percepire anche in un messaggio scritto. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

75 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
SAPER ASCOLTARE Il dizionario Devoto-Oli definisce così la parola “ascoltare”: «Trattenersi volontariamente e attentamente a udire, prestare la propria attenzione o partecipazione a qualcuno o qualcosa in quanto informazione o motivo di riflessione». Certo... non tutto quello che sentiamo dire, non tutto quello che leggiamo merita di essere capito e approfondito. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

76 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
SAPER ASCOLTARE Ma ci vuole qualcosa di più di un “buon orecchio” per cogliere i segnali interessanti che spesso non sono dove ce li aspettavamo. Se entriamo in un dialogo, in uno scambio, abbiamo scarse probabilità di farci capire (e di essere ascoltati) se prima non abbiamo saputo ascoltare “con attenzione e partecipazione” – e anche riflettere. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

77 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008
SAPER ASCOLTARE Dice Karl Menninger: «Ascoltare è una cosa magnetica e speciale, una forza creativa. Gli amici che ci ascoltano sono quelli cui ci avviciniamo. Essere ascoltati ci crea, ci fa aprire ed espandere». a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

78 SAPER ASCOLTARE Ascoltare è un affettuoso regalo
che facciamo a chi sta cercando di dirci qualcosa. Ma spesso è anche un grande regalo per chi ascolta. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

79 a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

80 COMUNICAZIONE ASSERTIVA
"l'assertività è la capacità del soggetto di utilizzare in ogni contesto relazionale, modalità di comunicazione che rendano altamente probabili reazioni positive dell'ambiente e annullino o riducano la possibilità di reazioni negative". Libet e Lewinsohn a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

81 COMUNICAZIONE ASSERTIVA
La comunicazione assertiva è un metodo di interazione con gli altri fondato su alcuni elementi quali: Un comportamento partecipe attivo e non "reattivo" Un atteggiamento responsabile, caratterizzato da piena fiducia in sé e negli altri Una piena e completa manifestazione di sé stessi, funzionale all'affermazione dei propri diritti senza la negazione di quelli altrui e senza ansie o sensi di colpa Un atteggiamento non censorio avulso dall'uso di etichette, stereotipi e pregiudizi La capacità di comunicare i propri sentimenti in maniera chiara e diretta ma non minacciosa o aggressiva. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

82 COMUNICAZIONE ASSERTIVA
Lo stile assertivo si basa sul diritto di essere trattati con rispetto, di essere sé stessi e di essere liberi di credere nei propri valori. Ciascuno di noi ha uno spazio personale che gli altri debbono rispettare, ma quando ne usciamo per muoverci in pubblico, allora dobbiamo rispettare i diritti degli altri. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

83 COMUNICAZIONE ASSERTIVA
Un altro importante elemento dello stile assertivo è il senso della responsabilità delle proprie azioni, da intendersi come affermazione e difesa dei nostri diritti accettando le conseguenze delle nostre azioni a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

84 COMUNICAZIONE ASSERTIVA
Caratteristiche dello stile assertivo Il comportamento assertivo si riconosce da alcune espressioni corporali particolarmente aperte, cordiali e coerenti nei vari livelli della comunicazione. Presupposto fondamentale dell'assertività è il saper ascoltare ovvero prestare attenzione non solo al contenuto razionale ma anche a quello emotivo della comunicazione, riassumere e dare feed-back e chiedere chiarimenti. La riduzione dell'ansia e l'emergere delle convinzioni positive conseguenti al comportamento assertivo permettono lo sviluppo e la crescita della fiducia in sé stessi. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

85 COMUNICAZIONE ASSERTIVA
La componente verbale E' bene usare parole che esprimono fiducia in sé stessi e negli altri. A questo scopo è opportuno descrivere il comportamento altrui in maniera non censoria, vale a dire senza imporsi ed evitando giudizi ed ordini categorici. È importante anche evitare di ferire la sensibilità altrui con espressione o giudizio offensivo. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

86 COMUNICAZIONE ASSERTIVA
La componente cognitiva La componente cognitiva comprende tutti i pensieri che condizionano il nostro comportamento. Esistono persone talmente esigenti nei propri confronti da negarsi una possibilità di essere assertivi o che rinunciano a farsi valere per mancanza di fiducia in se stessi sconfinando in atteggiamenti rinunciatari. Sarebbe invece utile l'atteggiamento opposto: credere nella propria capacità di affermarsi e di immaginarsi nell'atto di riuscire. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

87 COMUNICAZIONE ASSERTIVA
La componente emotiva La componente emotiva comprende il livello di emotività e il tono e il volume della voce. È importante trasmettere il proprio messaggio al livello emotivo più adatto alla situazione, perché il tono di voce ha un ruolo decisivo nell'opera di persuasione. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

88 COMUNICAZIONE ASSERTIVA
La componente non verbale La componente non verbale è estremamente importante. Gran parte della comunicazione avviene infatti non verbalmente, e la comunicazione non verbale ha un forte impatto sull'interlocutore. Un'analisi dei vari comportamenti non verbali può essere basata: sul contatto visivo, sulle espressioni del volto, sul silenzio, sul tono, volume e inflessione della voce, sui gesti e sul linguaggio del corpo. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

89 LE BUGIE HANNO LE GAMBE LUNGHISSIME
Diffidate di chi afferma di dire sempre la verità. Probabilmente sta mentendo spudoratamente. Perché delle bugie - utilitaristiche, cortesi o pietose che siano - non possiamo fare a meno. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

90 LE BUGIE HANNO LE GAMBE LUNGHISSIME
Sono loro, infatti, che ci permettono di "sopravvivere" in situazioni particolarmente difficili o imbarazzanti. "Le bugie stanno alla base di tutti i gruppi sociali, tanto che non solo gli uomini ma anche gli animali ne fanno uso", a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

91 LE BUGIE HANNO LE GAMBE LUNGHISSIME
Tra gli uomini, però, le cose si complicano e assumono sfumature e motivazioni diverse. C'è la bugia "bianca", sociale, che si dice per educazione e per non ferire la sensibilità altrui ("Questo vestito ti sta benissimo"). C'è la bugia pedagogica, da raccontare ai bambini per gratificarli ("Mamma, ti piace il mio disegno?", "Certo, è meraviglioso"). a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

92 LE BUGIE HANNO LE GAMBE LUNGHISSIME
La bugia utilitaristica, usata spesso sul lavoro per evitare un incarico difficile o noioso ("Direttore, me ne occuperei volentieri io, ma devo aiutare mia zia a traslocare"). La bugia di autopresentazione, una "piccola" forzatura della realtà per apparire più interessanti o attraenti ("Ho scalato l'Everest senza ossigeno"). La bugia protettiva, classica "di coppia", alla quale si ricorre per non far scoprire un tradimento al partner ("Ieri non mi hai trovato a casa perché ho dormito da un'amica"). a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

93 LE BUGIE HANNO LE GAMBE LUNGHISSIME
L'omissione, che non è una vera e propria menzogna, ma una verità taciuta. E poi, la nobilissima bugia a fin di bene, che ha l'obiettivo di risparmiare un dispiacere a un'altra persona ("Guarda che il tuo ex fidanzato mi ha detto che ti ama ancora") ed è tipica di chi si attribuisce compiti di controllo e gestione all'interno di un rapporto. "La bugia a fin di bene riflette una visione un po' onnipotente di sé e una scarsa fiducia nelle capacità altrui di affrontare la realtà, per quanto spiacevole e dolorosa possa essere" a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

94 LE BUGIE HANNO LE GAMBE LUNGHISSIME
La bugia non è mai fine a se stessa, ma è un comportamento strategico. "L'adolescente che non racconta ai genitori cosa fa davvero la sera quando esce con gli amici mette in atto una strategia", dice Giuseppe Mantovani, docente di Psicologia degli atteggiamenti all'Università di Padova. "Mente per difendere la lealtà verso il gruppo dei coetanei". Oltretutto a volte essere bugiardi con alcune persone ci permette di essere onesti con altre. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

95 LE BUGIE HANNO LE GAMBE LUNGHISSIME
Il nodo cruciale, dunque, non è tanto l'alternativa tra mentire o dire la verità, ma la scelta dei soggetti da ingannare e di quelli con cui essere sinceri. Dilemma di difficile soluzione, soprattutto in una società come la nostra dove la verità e la massima apertura sono considerate valori morali. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

96 LE BUGIE HANNO LE GAMBE LUNGHISSIME
"Ma non si tratta certo di dogmi universali. In Cina raccontare la verità è considerato un comportamento stupido, perché significa scoprirsi, un po' come andare in giro nudi". Per gli orientali in generale, essere aperti e sinceri - anche tra persone con un certo grado di intimità - può costituire un'infrazione a regole sociali condivise. "Per i musulmani, l'inganno è condannato dal Corano", dice Jolanda Guardi, esperta di cultura araba dell'Associazione Italia-Asia di Milano. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

97 LE BUGIE HANNO LE GAMBE LUNGHISSIME
"Sono invece diffuse le omissioni, le cose che si tacciono per pudore". Basta pensare che nei Paesi islamici chiedere a un uomo come sta sua moglie è visto come un'intromissione nella sua vita privata. "Non dobbiamo stupirci, visto che la cultura è un modo di organizzare la realtà che cambia a seconda delle epoche e dei contesti", aggiunge Giuseppe Mantovani. E non serve scomodare l'Oriente. Anche senza fare tanta strada, nella cultura mafiosa - se di cultura si può parlare - l'omertà è un comportamento legittimo, socialmente approvato e incoraggiato. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

98 LE BUGIE HANNO LE GAMBE LUNGHISSIME
Insomma, se non siamo ipocriti, dobbiamo riconoscere che nel nostro sistema sociale la verità è sì un valore, ma solo a livello teorico. Un esempio: Tutti coloro che lavorano in un'azienda sanno che, nei momenti di crisi, bisogna fingere con i clienti e con la concorrenza che gli affari non sono mai andati così bene. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

99 LE BUGIE HANNO LE GAMBE LUNGHISSIME
Certo, un conto è la strategia d'impresa, un altro i rapporti interpersonali - d'amore o di amicizia - che dovrebbero essere sempre basati sulla massima onestà e chiarezza. "Ma essere leali non significa dire sempre la verità, in ogni circostanza e a qualsiasi costo“ "Tenere qualche segreto è una prova di indipendenza e maturità: sono i bambini che raccontando tutto alla mamma, gli adulti sanno anche tacere. Soprattutto, una verità sbattuta in faccia in modo brutale può essere anche un gesto aggressivo, attuato con lo scopo preciso di ferire". Un coltello per colpire alla schiena, nascosto dall'alibi della sincerità. "In amore, poi, confessare una scappatella "senza conseguenze" è anche un modo per liberarsi dei sensi di colpa e scaricarli sul partner", prosegue Roberta Rossi. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

100 LE BUGIE HANNO LE GAMBE LUNGHISSIME
Un elogio della bugia, dunque? "Sì, se si tratta di episodi singoli, parentesi che si aprono e si chiudono all'interno di un rapporto. Purché non diventino pretesti per costruire una doppia vita". La bugia, dunque, è un comportamento strategico solo se isolata. Altrimenti si innesca un circolo perverso dal quale non è più possibile uscire: menzogne sempre più grandi e gravi, usate per coprire le precedenti. E dal momento che sostenere queste complicate "sceneggiature" è stressante (oltre a richiedere una memoria impeccabile), prima o poi si finisce con l'essere scoperti. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

101 LE BUGIE HANNO LE GAMBE LUNGHISSIME
A meno che non si abbia a che fare con persone che "vogliono" credere alle menzogne. Con loro il gioco funziona a meraviglia. Ma allora si esce dall'ambito delle bugie raccontate agli altri e si entra nel campo minato degli inganni che tendiamo a noi stessi. "Bugie vitali": così le ha definite Daniel Goleman, ex docente di Psicologia all'Università americana di Harvard e "scopritore" della cosiddetta intelligenza emotiva (la capacità di riconoscere e gestire le emozioni). Secondo Goleman, la mente di ognuno di noi ha una "parte cieca", incapace di vedere le cose come stanno in realtà. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

102 LE BUGIE HANNO LE GAMBE LUNGHISSIME
E' grazie a questa "lacuna" della coscienza che possiamo raccontarci le bugie vitali: realtà negate, o alterate nel loro significato, perché troppo brutali e dolorose per essere sopportate. Così ci convinciamo che se non entriamo più in un vestito dipende da un lavaggio sbagliato e non dal fatto che siamo ingrassati. O crediamo che il partner faccia tardi la sera perché trattenuto in ufficio. Fino ad accettare situazioni gravissime. Molti psicoterapeuti riferiscono come certi pazienti, che da bambini hanno subito maltrattamenti in famiglia, tendano a descrivere i genitori violenti come persone affettuose ed espansive. Magari un po' severe, ma sempre preoccupate del benessere dei figli. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

103 LE BUGIE HANNO LE GAMBE LUNGHISSIME
Le bugie vitali sono l'equivalente psicologico delle endorfine, sostanze prodotte dal nostro corpo in situazioni di stress, che agiscono come anestetici naturali del cervello, danno un senso di euforia e riducono la percezione del dolore. Secondo Goleman, qualcosa di simile succede anche alla nostra attenzione, dotata di filtri per selezionare la realtà e farne arrivare alla coscienza solo una parte. Questi meccanismi ci proteggono da informazioni troppo disturbanti e traumatiche, che la nostra mente cancella o seppellisce nell'inconscio, impedendoci di diventarne consapevoli. Non si tratta di eventi che fingiamo di ignorare, ma di veri "buchi" nella coscienza. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

104 LE BUGIE HANNO LE GAMBE LUNGHISSIME
La bugia vitale non funziona solo a livello del singolo individuo. Intere famiglie, gruppi o sistemi sociali mettono in atto meccanismi di selezione delle informazioni, ignorando quelle potenzialmente destabilizzanti. Non bisogna quindi stupirsi se le violenze in famiglia vengono commesse per anni sotto lo sguardo di tutti prima di essere denunciate. E si può interpretare in questa chiave il fatto che, durante il nazismo, buona parte dei tedeschi negassero, in perfetta buona fede, quello che avveniva nei lager. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

105 LE BUGIE HANNO LE GAMBE LUNGHISSIME
L'autoinganno è dunque un baratto con il quale accettiamo un calo dell'attenzione in cambio del sollievo dall'ansia e dallo stress. Ma c'è un prezzo da pagare per tutto questo: la mancanza di consapevolezza. Se dunque una modica quantità di illusione può essere benefica, è altrettanto vero che ignorare i problemi ci impedisce di risolverli. Perché non possiamo cambiare ciò che non vediamo. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008

106 LE BUGIE HANNO LE GAMBE LUNGHISSIME
L'antropologo e psicologo statunitense Gregory Bateson sosteneva che "esiste sempre un valore ottimale oltre il quale ogni cosa diviene tossica: l'ossigeno, il sonno, la psicoterapia e la filosofia. Qualsiasi variabile biologica ha bisogno di equilibrio". Lo stesso vale per la sincerità e l'inganno. In qualche punto tra i due poli di comportamento - vivere una vita di bugie e dire sempre la pura verità - c'è il sentiero giusto che conduce al benessere e assicura la sopravvivenza. a cura di: Dott.ssa Sabrina Paola Banzato - marzo 2008


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