La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

Aiuto che paura! Racconti del brivido

Presentazioni simili


Presentazione sul tema: "Aiuto che paura! Racconti del brivido"— Transcript della presentazione:

1 Aiuto che paura! Racconti del brivido
I PERSONAGGI della PAURA

2 Fantasma da IL FANTASMA DI CANTERVILLE di Oscar Wilde
Alle undici la famiglia si ritirò , e alle undici e mezzo tutte le luci erano spente. Dopo un po', il signor Otis fu risvegliato da uno strano rumore nel corridoio, fuori dalla stanza. Sembrava un rumore metallico che si avvicinava ogni momento sempre di più. Il ministro si alzò subito, accese un fiammifero e guardò l'ora. Era l'una in punto. Calmissimo, si controllò il polso, che era regolare. Lo strano rumore continuava e insieme a esso udì distintamente un suono di passi. Si infilò le pantofole, prese una fiala oblunga dal suo necessaire e aprì la porta. Proprio davanti a se, nella pallida luce della luna,vide un vecchio dall'aspetto terrificante. Aveva gli occhi rossi come tizzoni ardenti, capelli grigi che gli cadevano sulle spalle in ciocche arruffate; i suoi indumenti, di taglio antico, erano sporchi e logori, e dai polsi e dalle caviglie pendevano pesanti manette e catene arrugginite. “Mio caro signore”disse il signore Otis,“ devo proprio insistere perchè oliate quelle catene, e a tale scopo vi ha portato una bottiglietta di lubrificante Rising Sun della Tammany. Dicono che funzioni fin dalla prima applicazione , e sull'etichetta ci sono parecchie testimonianze di alcuni dei nostri più eminenti esperti. Ve lo lascio qui vicino alle candele e sarò lieto di darvene ancora se dovesse servirvi.” Con queste parole il ministro degli Stati Uniti posò la bottiglia sul tavolo di marmo, e chiudendo la porta tornò a letto. Per un attimo il fantasma di Canterville rimase paralizzato dalla naturale indignazione; poi, scagliando con violenza il flacone sul pavimento lucidato, fuggì lungo il corridoio lanciando cupi gemiti ed emanando una spettrale luce verdastra. Ma non appena fu arrivato in cima all'ampio scalone di quercia, una porta si spalancò, comparvero due figurine in bianco e un grosso cuscino gli sibilò accanto al capo! Non c'era evidentemente tempo da perdere, così, ricorrendo precipitosamente alla Quarta Dimensione Spaziale come via di scampo, svanì attraverso il rivestimento di legno alla parete e la casa piombò nel silenzio.

3

4 Pipistrello da Falene di Robert Swindells
La falena tentò di infilarmisi tra un braccio e l’altro, ma le ali aperte glielo impedivano. Le chiuse e proseguì. Sentivo quel corpiciattolo guadagnare terreno e strinsi le braccia ancora più forte ma l’insetto continuò ad avanzare. Le antenne mi solleticarono la superiore, poi le zampette davanti vi si appesero, trascinandosi dietro al resto del corpo,come un siluro di liquirizia liberandosi dalla stretta delle mie braccia. Il letto girava sempre più rapidamente: dovevo respirare, altrimenti sarei morto, ma avevo le narici otturate dalla polvere della falena. Socchiusi la bocca-una fessura-succhiando l’aria. Sentii il corpuscolo fra le labbra: crema tiepida in un involucro di fragile velluto. Tossii, sputai, incapace di cacciarlo fuori. Un vortice cupo si aprì in fondo al mio cervello; mi sentii cadere e precipitare in un pozzo di acqua scura che mi sommerse e mi trascinò via. Rinvenni nell’oscurità più totale. Faceva caldo, intorno a me aleggiava uno strano odore. Avevo l’impressione di essere coricato ma, al tempo stesso, provavo una strana sensazione agli arti. Mi sembrava di avere le braccia ripiegate sul petto; però, quando tentai di distenderle, le sentii imprigionate e, inoltre, ebbi l’impressione che le dita fossero diventate incredibilmente lunghe. Avevo le gambe rigide, le dita dei piedi ripiegate su se stesse, aggrappate a qualcosa: ero certo che, se le avessi distese, sarei caduto. Per qualche strana ragione l’immagine di una camicia di forza attraversò il mio cervello. Il terrore mi raggelò il sangue. Ero impazzito. E chiamai. O meglio, tentai di farlo.

5 Quel che venne fuori fu uno squittio
Quel che venne fuori fu uno squittio. Il suono echeggiò intorno e un altro fischio stridulo mi rispose. Tremante di paura, aprii la bocca per tentare di pronunciare la parola “infermiera”. Ne uscì un suono roco e gracchiante. Ero senza voce, vittima di qualche mutilazione. Intorno a me altre voci rispondevano allo squittio e sentii ancora quell’altro rumore: una specie di fruscio, come di lenzuola smosse. Poi qualcosa colpì l’aria vicino alla mia faccia. Istintivamente alzai un braccio per proteggermi ed ebbi di nuovo la sensazione che le mie mani fossero lunghissime e rigide. Quel movimento mi fece perdere l’equilibrio. L’istinto ebbe il sopravvento e tesi le braccia. A metà caduta mi capovolsi e i miei arti superiori vennero delicatamente spinti in alto, così che le scapole si toccarono l’un l’altra dietro la schiena. Non stavo più cadendo. Spinsi le braccia verso il basso senza sapere perché. Il mio corpo si sollevò come se le mani premessero contro qualcosa di solido: ma com’era possibile? Ebbi la sensazione di prendere velocità, di slanciarmi in avanti, il viso carezzato dalla brezza. Mi sorpresi a emettere strilli: una serie di squittii brevi e acuti, come i proiettili di una pistola a ripetizione che colpivano qualcosa in lontananza e rimbombavano nella mia testa. Queste impressioni si susseguirono così rapidamente che, per un momento, annullarono la mia paura. Una parte di me realizzò che stavo volando. Al tempo stesso pensai che dovevo essere di nuovo in preda a un attacco di follia. Ero terrorizzato, euforico, confuso, accecato, affamato. E, sopra tutte queste sensazioni, l’istinto mi spingeva ad andare avanti, a precipitarmi attraverso l’oscurità disseminata di ostacoli evitandoli tutti. Cieco senza essere cieco. La realtà prese corpo gradualmente. Non fu un colpo al cuore, come quello provato poco prima. Fu piuttosto una lenta presa di coscienza del fatto che, qualsiasi cosa fossi stato prima, ora ero un pipistrello. Per poter assimilare questa consapevolezza localizzai un posto, mi fermai e mi appesi, come uno che si corichi per digerire un pasto pesante.

6

7 Lo scarafaggio da Lo scarafaggio di Dino Buzzati
Rincasato tardi , schiacciai uno scarafaggio che in corridoio mi fuggiva tra i piedi (restò là nero sulla piastrella ) poi entrai nella camera . Accesa la triste lampadina del corridoio , intravidi la macchia nera sulla piastrella e mi fermai , impaurito. O meglio se ne muoveva un pezzetto (lei sogna di morire, ulula il cane, il canarino si sveglia, gente si è alzata un mamma chiama il figlio, le porte cigolano, uno si mette a fumare,e, il pianto di un bambino). Vidi sul pavimento la bestiola nera spiaccicata muovere una zampina. Era quella destra di mezzo. Tutto il resto era immobile, una macchia d’inchiostro lasciata cadere dalla morte ma la gambina remava flebilmente come per risalire qualche cosa, il fiume delle tenebre forse. Sperava ancora? Per due ore – mi venne un brivido- l’immondo appiccicato alla piastrella dalle sue stesse mucillagini viscerali, per due ore e mezzo aveva continuato a morire, e non era finita ancora. Meravigliosamente continuava a morire, trasmettendo con l’ ultima zampina un suo messaggio. Ma chi lo poteva raccogliere alle tre di notte nel buio del corridoio di una pensione sconosciuta? Due ore e mezzo , pensai , continuamente su e giù, l’ultima porzione di vita spinta dentro alla superstite gambina per invocare giustizia. Il pianto di un bambino- avevo letto un giorno- basta ad avvelenare il mondo. In cuor suo dio onnipotente vorrebbe che certe cose non succedessero, ma impedirlo non può perché è stato da lui stesso deciso. Però un ombra giace allora su di noi. Schiacciai con la pantofola l’insetto e fregando sul pavimento lo spappolai in una lunga striscia grigia.

8

9 I Topi da I topi di Dino Buzzati
“Bravo! Dei topi! In un anno, da dieci che erano, quelle bestiacce sono diventate cento… E altro che i sorcettini d’una volta! Sembrano della tigri. Più grandi di una talpa, il pelo ispido e di colore nero. In somma i gatti non osano attaccarli ”. “ Quelli che ai sentito erano proprio topi, alle volte anche noi non riusciamo a prendere sonno. Tu li vedessi, sono dei mostri, sono; neri come il carbone, con delle sete che sembrano degli stecchi… E i due gatti, se vuoi sapere, sono stati loro a farli fuori… È successo di notte. Si dormiva già da un paio d’ore e dei terribili miagolii ci hanno svegliato. In salotto c’era il putiferio. Allora siamo saltati giù da letto, ma dei gatti non si è trovata traccia… Solo dei ciuffi di pelo… Delle macchie di sangue qua e là. “Sono laggiù adesso” mi sussurra. “da qualche mese si sono riuniti qui sotto, nella fogna. Per la casa non ne girano pochi. Sono qui sotto… ascolta…”. Tacque. E attraverso il pavimento giunse un suono indescrivibile: un brusìo, un cupo fremito, un rombo sordo come di materia inquieta e viva che fermenti;e frammezzo pure delle voci, piccole grida acute, fischi, sussurri. “Ma quanti sono?”chiesi con un brivido. “Chissà. Milioni forse...Adesso guarda, ma fa presto.” Accese un fiammifero e, sollevato il coperchio della botola,lo lasciò cadere giù nel buco. Per un attimo io vidi: in una specie di caverna, un frenetico brulichio di forme nere; accavallantesi smaniosi vortici. E c’era in quel laido tumulto di una potenza, una vitalità infernale, che nessuno avrebbe più fermato. I topi! Vidi anche luccicare di pupille, migliaia e migliaia, rivolte verso su, che mi fissavano cattive.

10

11 Gatti da Gatti di Marie-Helen Delval
Era un gatto magnifico, un gatto nero, con un pelo così liscio e brillante da sembrare laccato. Aveva gli occhi color argento e di una luce metallica che brillava nelle sue pupille. Era seduto in mezzo al viale, con la schiena eretta, le due zampe anteriori unite e la lunga coda elegantemente riportata in avanti. Stava lì, con le orecchie ritte, i baffi rigidi, e mi guardava avanzare senza battere ciglio. Mentre mi avvicinavo, notai che era completamente nero, senza nemmeno un pelo bianco. A me i gatti erano sempre piaciuti. Eppure quando gli passai accanto non mi venne voglia di chinarmi per accarezzarlo. Quel gatto mi intimidiva. Aveva un’ aria… come dire ? un’aria così sicura di sé! Da, il mio nonno adottivo, gli aveva già dato un po’ di avanzi di pollo ma non li aveva neanche toccati. Forse era un gatto selvatico, ed era abituato a procurarsi il cibo da solo. Però non aveva l’aspetto di esso. Era così curato, così liscio e non era magro. Il mio nonno diceva che era nero come un demonio ma non avevamo calcolato cosa ci aspettasse…

12

13 Il cadavere della moglie di Frankestein da Frankestein di Mary Shelley
Gran Dio! Perché non morii allora? Perché sono qui a narrare la distruzione della più bella speranza, della più pura creatura di questa terra? Ella era là, immota e senza vita, stesa di traverso sul letto, il capo rovesciato verso il basso, il viso pallido ed alterato coperto a mezzo dai capelli. Dovunque mi giri vedo la stessa cosa: le sue braccia esangui ed il suo corpo abbandonato dall’ assassino sul catafalco nuziale. Come potei vedere una cosa simile, e rimanere in vita? (Ahimè! La vita è ostinata, e si abbarbica là dove più è invisa). Ressi un momento e poi perdetti conoscenza

14

15 IL LUPETTO MANNARO da Lupetto mannaro di Paul Van Loon
Le sue mani, ancora puntellate sul davanzale, erano diventate irriconoscibili. Le mani di Dolfi erano coperte di pelo bianco e fornite di unghioni lunghi e affilati. Dolfi le esaminò attentamente, trattenendo il fiato. Pelo e unghie non scomparvero. E la stessa cosa era successa ai piedi: pelo bianco e unghioni appuntiti. Aveva capelli cortissimi ritti sulla testa, e orecchie che si drizzavano ai due lati come due penne puntute. Addosso sembrava avere una giacca di pelliccia e folti peli gli spuntavano fuori dal colletto e dalle maniche del pigiama. Aveva una coda grossa e bianca. Non era un lupo grosso; anzi, era piuttosto piccolo. Aveva due occhi grandi, tondi e luccicanti. Aveva la voce un po’ ringhiosa, una bocca grande e due orecchie grandi.

16

17 il Gabbiano da STORIA DI GORDON PYM DI EDGAR ALLAN POE
Al primo urlo di terrore che si levò dalle nostre gole, vi fu come una risposta, da presso al bompresso della nave ignota, così simile al grido di una voce umana che anche l’udito più sottile ne sarebbe stato colpito e ingannato. In quell’istante un’altra straorzata improvvisa ci lasciò intravvedere per un attimo il tratto del castello di prua, e non tardammo così a comprendere l’origine del grido misterioso. L’altra sembianza umana vista poc’anzi era tuttora affacciata alla murata, seguitava a far cenni del capo ma ora aveva distolto il viso cosicché non potevamo più vederla. Aveva le braccia distese sul parapetto, le palme delle mani penzolanti in fuori. Teneva le ginocchia su una grossa cima che dal tallone del bompresso raggiungeva, tesa sin quasi a spezzarsi, una gru d’ancora. Sulla schiena un lembo della camicia era stato strappato lasciando la carne a nudo e quivi su stava appollaiato un gabbiano immenso, in atto di satollarsi velocemente dell’orribile pasto, il becco e gli artigli affondati nella carne, il candido piumaggio tutto lordo di sangue. Mentre il brigantino andava sempre più stringendosi addosso a noi l’uccello sollevò, apparentemente con estrema fatica ,la testa invermigliata e dopo averci occhieggiati per un attimo con aria stupefatta si levò pigramente dal cadavere sul quale aveva così orrendamente banchettato e volando diritto su di noi ristette librato sul nostro ponte con nel becco un pezzo di materia coagulata che ci parve fegato. Poco dopo l’orribile brandello cadde con un tonfo sinistro proprio ai piedi di Parker. Il cadavere dal quale era strappata, per la positura in cui si trovava sulla cima, aveva potuto essere facilmente sballottato di qua e di là dalle beccate del vorace uccello, ed era stato questo movimento che sul principio ci aveva indotti a credere che l’uomo fosse vivo. Non appena il gabbiano lo ebbe liberato del suo peso esso vacillò e cadde semiriverso, in modo da scoprire alla nostra vista tutto il viso. Mai, ne sono certo, occhio umano si posò su uno spettacolo orrendamente pauroso! Gli occhi erano scomparsi, e così pure tutta la carne intorno alla bocca, intieramente scoperti. Quello dunque era il sorriso che ci aveva fatto rinascere la speranza!

18

19 … DALLE PAROLE DEI GRANDI AUTORI ALLE NOSTRE PAROLINE…

20 UN FANTASMA?! di VIOLA SESTINI
Era notte fonda. Ero in casa da sola perché i miei genitori facevano l’orario continuato all’ospedale. Non riuscivo a chiudere occhio. Mi avviai verso il bagno. Sentii dei cigolii e impaurita me ne tornai sotto le coperte e tesi l’orecchio. Ovviamente sapevo che in quella casa,narrava la leggenda, vagava il fantasma della signora Smith la vecchietta morta vent’anni prima; ma non ci avevo creduto fino a quella buia e gelida notte d’autunno. Sentii dei fruscii di tenda e il sangue mi si gelò nelle vene. Mi chiesi se fosse il mio vicino di casa William a farmi quelli scherzi , ma poi mi venne in mente che lui era partito per una vacanza. Mi feci coraggio e andai in salotto. Due mani invisibili ma gelide mi afferrarono i piedi. Gridai fortissimo mentre quella specie di fantasma mi trascinava dappertutto . Udii delle risate spaventose da tutte le parti. Poi il fantasma prese forma e vidi due occhi neri come l’inchiostro, i suoi capelli erano grigi e raccolti in una crocchia,era la Signora Smith. Lei afferrò un coltello in cucina e provò a colpirmi. Appena in tempo schivai il colpo. Il fantasma allora ci riprovò ma io riuscii a liberarmi e a scappare fuori. Con orrore vidi che in cortile era pieni di cadaveri senza testa e purtroppo tra loro c’erano anche i corpi di William,il mio vicino, e la sua famiglia inclusa nonna Irene.Gridai con tutte le mie forze finché notai la macchina dei miei genitori che stava entrando nella via. Corsi verso di loro , salii in macchina e dissi a loro di partire velocissimo . Raccontai loro la storia e i miei ci creddero così andammo ad abitare lontano,in Francia a Bergerac. Vedemmo al telegiornale le notizie dell’omicidio della famiglia di William. A Bergerac mi trovo molto bene ma una sera,mentre stavo cenando, un uomo ci bussò alla porta e ci diede una lettera che diceva: “Stanotte vi ucciderò tutti , avevate abitato nella mia casa per ben cinque anni e stanotte mi vendicherò!” Ovviamente pensammo tutti che fosse uno scherzo. Quella notte mi addormentai molto tardi e verso le due di notte senii aprire il cassetto delle posate in cucina e dopo cinque minuti vidi un ombra dirigersi verso la camera dei miei genitori. Gridai ma fu troppo tardi e macchie di sangue schizzarono sulle pareti. Erano morti, i miei genitori. Scappai dalla finestra e corsi . Adesso mi trovo in un orfanatrofio in attesa di una nuova famiglia.

21 Bibliografia BUZZATI DINO , LO SCARAFAGGIO IN LA BOUTIQUE DEL MISTERO , VERONA , MONDADORI 1968. BUZZATI DINO , TOPI IN LA BOUTIQUE DEL MISTERO , VERONA , MONDADORI 1968. DELVAL MARIE-HELEN , GATTI , PARIGI , EINAUDI RAGAZZI 2003. LOON PAUL VAN , IL LUPETTO MANNARO , FIRENZE , SALANI I CRICETI 1998. POE ALLAN EDGAR , STORIA DI GORDON PYM , MILANO, RIZZOLI 1957. SHELLEY MARY , FRANKEINSTEIN , MILANO , RIZZOLI 1952. SWINDELLS ROBERT , FALENE IN L'AQUILONE DEL DIAVOLO , MILANO , SALANI GL'ISTRICI 1980. WILDE OSCAR , IL FANTASMA DI CANTERVILLE.

22 Laboratorio di promozione della lettura Prendiamoci gusto Gossolengo – Classi I C e I D
Balestrieri Matteo Cappucciati Elisa Contini Paolo Delbò Davide Dobrozi Giovanna Nicollini Bianca Pierucci Gloria Pinotti Andrea Pinotti Sofia Scaravella Giorgia Sesenna Filippo Sestini Viola Sorrentino Roberta Viserti Matilda Zangrandi Monica


Scaricare ppt "Aiuto che paura! Racconti del brivido"

Presentazioni simili


Annunci Google