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Educatori e carceri [1] da Benelli C

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Presentazione sul tema: "Educatori e carceri [1] da Benelli C"— Transcript della presentazione:

1 Educatori e carceri [1] da Benelli C
Educatori e carceri [1] da Benelli C., 2008, Promuovere la formazione in carcere, edizioni del Cerro

2 indice introduzione vite di scarto, coërcere, istituzioni totali, panopticon oggi il carcere quadro legislativo codice Rocco ordinamento penitenziario del 1975 gli art. 2,3,13,27 della Costituzione art. 1 dell’ordinamento penitenziario individualizzazione trattamento di recupero, osservazione art. 13 ordinamento attività per il trattamento art. 15 pene alternative legge Gozzini legge Simeone-Saraceni regolamento del 2000 possibilità di educare educatore in carcere difficoltà del ruolo dell’educatore

3 introduzione Marginalità ed esclusione sociale anche come prodotto della globalizzazione (ma non solo), che non ha facilitato l’integrazione, favorendo una suddivisione tra produttivi (utili) e non produttivi (inutili), fra dentro e fuori, un fuori sono le carceri: luogo dove occultare i molti dei fuori; dove si supera il problema isolando i fuori.

4 Introduzione Oggi , il carcere è un luogo e un tempo di ‘transito’ verso una nuova vita, verso un recupero di ‘capacità’ di vita, allora occorre impostare in questi luoghi e durante questi tempi delle attività che possano rappresentare degli spazi educativi nei quali il detenuto sia soggetto attivo e consapevole di un processo formativo che lo condurrà verso nuovi itinerari e verso nuovi orizzonti. Questi percorsi possono svilupparsi in: ambiti formali (diversi ordini di scuola in carcere); ambiti non formali (attività di tipo laboratoriale)

5 Introduzione Perché formazione (scuola e attività extra) in carcere:
dovere costituzionale (art. 27 Costituzione) per la tutela dei diritti umani; diritto alla formazione, alla possibilità di reinserirsi nella società (“Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”); dovere educativo-formativo: dover trovare sempre strumenti e strategie formative per ciascuna persona, soprattutto nelle situazione di confine.

6 In definitiva Agire per restituire dignità agli “ultimi”; a soggetti dimenticati, situati al confine e destinati a un non ascolto; questi non dovrebbero essere visti come persone irrecuperabili (i cosiddetti delinquenti, persone marginali) ma capaci di cambiamento, capaci di trovare motivazioni per nuovi percorsi esistenziali.

7 Vite di scarto1 In periodi di contrazione economica, molte persone vengono espulse dal ciclo produttivo; in altri la società in un continuo tentativo di miglioramento (spesso solo una rincorsa ad un benessere più elevato) produce nuovi sistemi che tendono a sostituire i precedenti e, ai quali, molte persone non sempre riescono ad allinearsi; si generano degli scarti umani che debbono essere smaltiti; la società non riesce a riciclarli. Bauman Zygmunt, 2005, Vite di scarto, Laterza, Milano La modernizzazione è la più prolifica e meno controllata linea di produzione' di rifiuti e di esseri umani di scarto. La sua diffusione globale ha sprigionato e messo in moto quantità enormi e sempre crescenti di persone private dei loro modi e mezzi di sopravvivenza. I reietti, i rifugiati, gli sfollati, i richiedenti asilo sono i rifiuti della globalizzazione. […] Zygmunt Bauman è uno dei più noti e influenti pensatori al mondo. Professore emerito di Sociologia nelle Università di Leeds e Varsavia.

8 Occorrerebbe uscire dalla logica dello smaltimento ed entrare in quella del riciclo: educatori, insegnanti, formatori, volontari debbono evitare che i soggetti fuori diventino rifiuti da smaltire; l’emacipazione, termine che caratterizza qualunque forma di educazione e formazione, assume maggior valore per coloro che sono in uno stato di fuori, diviene un riscatto; sono fuori per un periodo della propria vita, però debbono tornare dentro e possono e debbono essere aiutati in questo itinerario. Coërcere e istituzioni totali …

9 coërcere Carcere: dal latino coërcere (segregare), nasce come “un’istituzione […] che ha come caratteristica la perdita della libertà delle persone e, allo stesso tempo, l’eliminazione dell’individuo da ogni aspetto della vita sociale, anche per quanto riguarda la sfera umana ed affettiva” Goffman e istituzioni totali …. Benelli C., 2008, Promuovere la formazione in carcere

10 Istituzione totale Erving Goffman* parla di istituzione totale che definisce “il luogo di residenza e di lavoro di gruppi di persone che – tagliate fuori dalla società per un considerevole periodo di tempo – si trovano a dividere una situazione comune, trascorrendo parte della loro vita in un regime chiuso e formalmente amministrato” (B. Coccia (a cura), Borghesia, pag 212 ) *E. Goffman, Asylums. Le istituzioni totali: i meccanismi dell'esclusione e della violenza, Edizioni di Comunità, Torino 2001

11 Istituzione totale Le istituzione totali “riducono completamente a sé i singoli individui che entrano in esse, li privano di ogni identità personale, di ogni personalità. Sono gli ospedali psichiatrici ma anche le caserme, i conventi, le carceri.” È totale in quanto in esse “non è una parte dell’attività del singolo ad essere regolata ma l’intera sua vita: egli viene privato di ogni tratto personale […]”1 La specifica funzione è quella di far perdere l’identità personale ….. 1B. Coccia (a cura), Borghesia, pag 212

12 Istituzione totale Gli individui nelle istituzioni totali “sono sottoposti a pratiche la cui specifica funzione è quella di far perdere loro ogni identità personale (taglio dei capelli, rinuncia ai propri abiti personali, l’essere chiamati con un numero invece che per nome, doversi privare di ogni oggetto personale, ecc.). L’istituzione totale tende ad annientare l’identità personale.”* “Goffman poi distingue quelle istituzioni che servono a isolare individui incapaci o affetti da malattie (e quindi involontariamente pericolosi) da quelle che isolano individui intenzionalmente pericolosi (detenuti)”* 1B. Coccia (a cura), Borghesia, pag 212

13 Istituzione totale carcere
Nell’istituzione totale carcere, il detenuto è privato ed espropriato dello spazio e del tempo: fissità dello spazio e rigidità e vuoto dei ritmi temporali; si ha una riformulazione del tempo: diviene un tempo del quanto manca alla fine della pena.

14 In definitiva in carcere
privazione della libertà, meccanismi rigidamente strutturati, giornate forzatamente guidate da una pianificazione spazio-temporale, interazione relazionale non in linea con la consuetudine della vita sociale, il mondo personale sotto stretto controllo e vigilanza.

15 panopticon Bentham (filosofo e giurista)progettò, alla fine del 1700, una struttura che assicurava una stretta sorveglianza

16 panopticon In Italia esiste anche il carcere di Santo Stefano (isolotto contiguo a l'Isola di Ventotene) costruito dai Borbone nel 1795, questo carcere dalla forma semicircolare[3] ha ospitato tra gli altri l'ex Presidente della Repubblica Sandro Pertini. La struttura carceraria fu dismessa nel [

17 Oggi[1] “oggi il carcere, seppur non progettato secondo il dispositivo del panoptismo, è ritenuto un sistema con al suo interno dispositivi di controllo e di sorveglianza sulla persona che lo richiamano ancora.” Tuttavia “oramai da più di un decennio, il dibattito contemporaneo sulla Pedagogia in carcere ha prodotto teorie che hanno come idea fondante il superamento dell’osservazione e controllo del detenuto legati al sistema di ‹‹buona condotta››, orientandosi verso l’attuazione di percorsi formativi che rientrano nel concetto di inclusione di ogni persona che si trova in situazione di svantaggio sociale, di debolezza individuale.” Benelli C., 2008, Promuovere la formazione in carcere

18 Oggi[2] … “Il diritto di essere accompagnati, sostenuti in un processo di formazione, di crescita e di cambiamento rientra nel concetto di formazione e di progettazione di percorsi individualizzati.” “Il sistema legislativo che orienta le linee educative si avvale del ‹‹trattamento›› come strumento riabilitativo del soggetto”; tuttavia Benelli C., 2008, Promuovere la formazione in carcere

19 Oggi[3] esistono ancora molte criticità ed occorrerebbe rianalizzare ed aggiornare gli approcci al sistema formativo in carcere; ad esempio spesso si sostiene che la detenzione: possa prevenire le condotte di soggetti percepiti come pericolosi, deviati e devianti; sia lo strumento migliore e il carcere lo spazio più adeguato per prendersi cura delle persone in difficoltà e per prestare loro un servizio. La limitazione della libertà viene così legittimata e dalla necessità della cura e da una finalità d’ordine.

20 Oggi[] Da un lato visioni ancora legate alla separazione e alla detenzione come riabilitazione, dall’altro le difficoltà di poter operare con buoni trattamenti a causa della numerosità dei detenuti e della carenza strutturale, impongono alle istituzioni di reclusione di svolgere quasi esclusivamente una funzione contenitiva.

21 Quadro legislativo

22 Codice Rocco “Regolamento per gli Istituti di pena (regolamento Rocco, n. 787 del 18 Giugno 1931); stabilisce le norme della vita carceraria tese al riconoscimento degli errori da parte del reo e al conseguente pentimento. In questo senso il carcere diventa rigidissimo, con regole ferree e tese all’espiazione della pena, senza possibilità di distrazioni o di diversivi durante la carcerazione.” Benelli C., 2008, Promuovere la formazione in carcere

23 Con la legge 354 del 1975 viene affermato il ruolo rieducativo della pena, introducendo un modo nuovo di pensare al periodo di detenzione delle persone. La stagione del ’68 ha introdotto nuovi orizzonti di studio sul versante dell’educazione, aprendo spazi di discussione al significato stesso dell'educazione in contesti istituzionali non solo scolastici, investendo il campo dell'educazione "degli esclusi".

24 l’educazione inizia ad essere vista come intervento che:
deve coinvolgere colui che è sempre stato pensato essere solo l'oggetto dell'azione educativa: l'educando; non deve essere azione di trasmissione di modelli culturali e sociali che, in definitiva, imponga un adeguamento a quelli delle classi che li propongono; non si rappresenti con forme di coercizione, imposizione, controllo, punizione, adeguamento, ripetizione e che non deve abbracciare una visione che predica una natura, quella infantile, che nasce difettosa e che va quindi recuperata, ma che deve comprenderne le caratteristiche, i bisogni, le predisposizioni, accettandone le peculiarità e promuovendo l’accettazione delle tante diversità.

25 L’apertura ad analisi sulle condizioni di diversità, di disuguaglianza, di svantaggio, internamente alla strutture scolastiche ha portato, inevitabilmente, il sistema educativo ad esplorare contesti diversi da quello scolastico; nasce l’esigenza e nasce lo spazio per aprirsi a studi sul versante sociale; l’educazione deve recuperare forme di svantaggio e di marginalità e deve entrare ed entra nel carcere, luogo di svantaggiati e di marginalizzati. Nasce la riforma penitenziaria 

26 Riforma penitenziaria 1975
Ordinamento penitenziario L luglio 1975 “[…] cambiamento radicale, anche se forse non esaustivo, nelle forme di trattamento educativo in cui il problema dell’umanizzazione del trattamento penitenziario e quello della finalizzazione della pena detentiva al recupero sociale dei condannati costituiscono il riferimento centrale della riforma. Con la nuova legge diviene fondamentale il principio sociale che privilegia la risocializzazione e la rieducazione del detenuto, all’interno di un quadro strutturato realizzato in un programma di intervento ben preciso” Il riferimento complessivo della legge è all’art. 27 della costituzione Benelli C., 2008, Promuovere la formazione in carcere

27 Costituzione Italiana
Art. 27. La responsabilità penale è personale. L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte.

28 Costituzione Italiana
Fanno da sfondo anche gli art. 2, 3, 13 della costituzione; Il 2 e il 3 colgono una nuova visione dei diritti dell’uomo nella sua personale dignità esistenziale. Sono diritti che interessano sia il condannato sia l’uomo libero e che individuano una nuova modalità di strutturare programmi sociali ed educativi in funzione dell’individuo Art. 2. La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Art. 3. Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

29 Costituzione Italiana
Art. 13. La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge. In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l'autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all'autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto. È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà. La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva.

30 E l’art. 1 dell’ Ordinamento penitenziario (Legge del 26 Luglio 1975), dice

31 Ordinamento penitenziario (Legge del 26 Luglio 1975)
Art. 1 Trattamento e rieducazione Il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto della dignità della persona. Il trattamento é improntato ad assoluta imparzialità, senza discriminazioni in ordine a nazionalità, razza e condizioni economiche e sociali, a opinioni politiche e a credenze religiose. Negli istituti devono essere mantenuti l'ordine e la disciplina. Non possono essere adottate restrizioni non giustificabili con le esigenze predette o, nei confronti degli imputati, non indispensabili ai fini giudiziari. I detenuti e gli internati sono chiamati o indicati con il loro nome. Il trattamento degli imputati deve essere rigorosamente informato al principio che essi non sono considerati colpevoli sino alla condanna definitiva. Nei confronti dei condannati e degli internati deve essere attuato un trattamento rieducativo che tenda, anche attraverso i contatti con l'ambiente esterno, al reinserimento sociale degli stessi. Il trattamento é attuato secondo un criterio di individualizzazione in rapporto alle specifiche condizioni dei soggetti.

32 “il valore aggiunto del testo dell’Ordinamento è proprio la volontà di sottolineare quanto il carattere del trattamento debba essere individualizzato, ossia condotto tenendo presente la particolare situazione della persona. Esso richiede pertanto che la situazione venga preliminarmente indagata durante una fase di osservazione che la legge stessa distingue appositamente da quella vera e propria del trattamento. L’osservazione è infatti una fase estremamente importante nel rapporto educativo in quanto, come annunciato dall’art. 13 dell’Ordinamento penitenziario, mira a individuare i percorsi personali e sociali che hanno portato ad attuare il comportamento criminoso, a rilevare carenze psico-fisiche e le altre cause del disadattamento sociale. L’osservazione è quindi finalizzata alla predisposizione di un programma rieducativo individuale, da articolare con strumenti che sono principalmente l’istruzione, il lavoro, la religione, le attività culturali, ricreative e sportive, i contatti con il mondo esterno, i rapporti con la famiglia.” Benelli C., 2008, Promuovere la formazione in carcere

33 Ordinamento penitenziario
Art. 13 Individualizzazione del trattamento Il trattamento penitenziario deve rispondere ai particolari bisogni della personalità di ciascun soggetto. Nei confronti dei condannati e degli internati é predisposta l'osservazione scientifica della personalità per rilevare le carenze fisiopsichiche e le altre cause del disadattamento sociale. L'osservazione é compiuta all'inizio dell'esecuzione e proseguita nel corso di essa. Per ciascun condannato e internato, in base ai risultati della osservazione, sono formulate indicazioni in merito al trattamento rieducativo da effettuare ed é compilato il relativo programma, che é integrato o modificato secondo le esigenze che si prospettano nel corso dell'esecuzione. Le indicazioni generali e particolari del trattamento sono inserite, unitamente ai dati giudiziari, biografici e sanitari, nella cartella personale, nella quale sono successivamente annotati gli sviluppi del trattamento pratico e i suoi risultati. Deve essere favorita la collaborazione dei condannati e degli internati alle attività di osservazione e di trattamento.

34 Ordinamento penitenziario
Ricordiamo l’ultimo comma dell’art. 1: Nei confronti dei condannati e degli internati deve essere attuato un trattamento rieducativo che tenda, anche attraverso i contatti con l'ambiente esterno, al reinserimento sociale degli stessi. Il trattamento é attuato secondo un criterio di individualizzazione in rapporto alle specifiche condizioni dei soggetti. 

35 “Il programma di trattamento deve quindi tener conto dei soggetti e delle peculiarità proprie dell’individuo in questione, delle necessità di crescita e conoscenza rispetto ad un percorso necessariamente personale e soggettivo. E le attività considerate idonee per raggiungere e maturare percorsi trattamentali utili al reinserimento del condannato, e al superamento della dimensione esclusivamente punitiva, sono annunciati dal primo comma dell’art. 15 dell’Ordinamento penitenziario.” 

36 Ordinamento penitenziario
Art. 15 Elementi del trattamento  Il trattamento del condannato e dell'internato é svolto avvalendosi principalmente dell'istruzione, del lavoro, della religione, delle attività culturali, ricreative e sportive e agevolando opportuni contatti con il mondo esterno ed i rapporti con la famiglia. Ai fini del trattamento rieducativo, salvo casi di impossibilità, al condannato e all'internato é assicurato il lavoro. Gli imputati sono ammessi, a loro richiesta, a partecipare ad attività educative, culturali e ricreative e, salvo giustificati motivi o contrarie disposizioni dell'autorità giudiziaria, a svolgere attività lavorativa o di formazione professionale, possibilmente di loro scelta e, comunque, in condizioni adeguate alla loro posizione giuridica. 

37 Ad oggi, l'attuazione pratica della legge quanto a "trattamento rieducativo" e "reinserimento sociale" non è molto presente. Il lavoro carcerario è spesso una concessione anziché l'esercizio di un diritto e di una possibilità di effettivo reinserimento.

38 Pene detentive alternative Legge Gozzini n. 669 del 1986
già la legge di riforma penitenziaria del 1975 affronta il problema quando proponeva delle pene alternative. la legge Gozzini del 1986 proponeva dei processi che potessero facilitare il reinserimento attraverso possibili percorsi alternativi alle pene detentive; queste possibilità venivano/sono subordinate alla attiva e collaborativa partecipazione del detenuto alle attività proposte e alla vita nel penitenziario

39 Legge Simeone-Saraceni
una nuova proposta che prevedeva il non ingresso negli istituti di pena per gli elementi per i quali la reclusione avrebbe peggiorato la propria situazione; per questi, la pena alternativa rappresenterebbe una possibilità di revisione personale della propria vicenda processuale.

40 Un nuovo regolamento [1]
Nel 2000 con il dpr n. 230 (regolamento esecutivo) vengono recepite le “Regole penitenziarie europee” del 1987 Il contenuto si riferisce al miglioramento delle condizioni umane all’interno degli istituti di pena. Tuttavia “l’eccessivo sovraffollamento, l’insufficienza di regole d’igiene, l’indigenza, la povertà, le perquisizioni invasive, frequenti e spesso inutili, l’isolamento, i trasferimenti incessanti dei detenuti”, limitano un adeguato lavoro educativo-riabilitativo.

41 Un nuovo regolamento [2]
Comunque, anche se molto è cambiato però non molto o non tutto è cambiato, “l’atto educativo deve divenire principio primo, in uno spazio di uomini e donne in cui è necessario passare da una giustizia centrata sul reato e sulla punizione ad una giustizia centrata sugli equilibri personali e sulla possibilità di rieducare.” Benelli C., Promuovere la formazione in carcere, 2008

42 L'art. 2 del D. L. salva carceri (Decreto Legge 1 luglio 2013, n
L'art. 2 del D.L. salva carceri (Decreto Legge 1 luglio 2013, n. 78) ha apportato modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354 (Ordinamento penitenziario).  Fonte: MODIFICHE ALLA LEGGE 26 LUGLIO 1975, n. 354 (Ordinamento Penitenziario) Sono modifiche che non riguardano l’aspetto educativo formativo.

43 Possibilità di educare
il mondo fuori è pieno di stimoli, di agganci i detenuti hanno tensioni verso queste, possono manifestare e liberare potenziali attitudini e competenze, le attività si proiettano su queste e molteplici sono quelle possibili: il teatro, la pittura, la scrittura, la poesia, la musica, laboratori espressivi, realizzazione di prodotti editoriali, multimediali

44 sono attività che possono sanare le lacerazioni di persone che tendenzialmente propendono verso l’una o l’altra e non possono esercitarle; inoltre sono attività che fanno allontanare il detenuto dalla propria situazione, così come farebbe se fosse ‘libero’.

45 In definitiva queste attività fanno ‘vivere’ il detenuto;
rappresentano una continuità giornaliera ; tendono a farlo riappropriare di una visione ‘corretta’ del tempo ; la sua giornata non continuamente scandita dal ‘fine pena’ ; fanno liberare la propria soggettività;

46 Educazione formale Anche la scuola formale partecipa al progetto educativo del detenuto. Dall’intervista di Ristretti-Orizzonti ad un detenuto : “[…] è facile immaginare che chi esce dal carcere con un titolo di studio riuscirà a trovare più facilmente un lavoro, forse non commisurato al suo grado di istruzione, ma comunque un’occupazione che gli eviterebbe di dover rubare per sopravvivere. E’ ovvio che chi passa 5 o 6 anni steso su una branda guardando la televisione 18 ore al giorno troverà difficoltà a guadagnare un posto di lavoro alla sua liberazione. Ma questo è soltanto uno dei benefici dello studio in carcere: si potrebbe parlare della crescita personale che migliora sicuramente il modo di vivere. Oppure ricordare il fatto che, studiando, si acquisiscono delle capacità di pensare e di agire nel rispetto di quelle leggi prima ignorate, con la possibilità di trovare una nuova dimensione nella società.”

47 Tuttavia La realtà non è sempre così come è stata descritta e come prevedeva ottimisticamente la legge del 1975 e il regolamento del 2000; “il carcere rimane uno spazio che tende forzatamente ad omologare la personale soggettività e a non prendere in considerazione le indiscusse differenziazioni che fanno parte di ognuno di noi; riuscire a realizzare un percorso educativo capace di valorizzare e supportare l’individuo nella sua unicità e nelle sue esigenze permetterebbe un reale risultato pedagogico molto più efficace in termini di cambiamento. Nonostante questo, tuttavia, sono state messe a punto delle «buone prassi » che si rivelano efficaci e sono percepite come tali dagli utenti. Non solo, ma anche «schegge» di attività significative, pur nella loro parzialità, sono valutate e apprezzate per l’apporto che offrono in termini di competenze relazionali e di rielaborazione dei problemi soggettivi.” Benelli C., Promuovere la formazione in carcere, 2008

48 L’educatore in carcere
professionista dell’educazione che risponde alle nuove emergenze educative della società contemporanea; professione che opera nelle cosiddette <<zone di confine>>, in un luogo educativo fra dentro e fuori; figura prioritaria nel campo dell’educazione dei soggetti detenuti, alla quale la riforma penitenziaria attribuisce il compito fondamentale di programmare e seguire i percorsi ri-educativi di possibili re-inserimenti sociale; figura significativa che necessita di una politica penitenziaria indirizzata verso un concreto e reale reinserimento di soggetti condannati.

49 L’educatore in carcere
Le caratteristiche essenziali di un educatore sono quelle riferibili alla relazione intesa come relazione educativa: “La relazione educativa è l'insieme dei rapporti sociali che si stabiliscono tra l'educatore e coloro che egli educa, per andare verso gli obiettivi educativi, all'interno di una data struttura istituzionale, rapporti che posseggono delle caratteristiche cognitive ed affettive, che hanno uno svolgimento e una storia”. Marcel Postic, La relazione educativa. Oltre il rapporto maestro-scolaro; Triple formation , lettres modernes, psychologie, sciences de l'éducation a entrepris ses études de psychologie au moment de son année de formation. Son expérience d'observateur des situations éducatives le conduit à étudier les relations qui s'établissent entre professeur et élèves ("La relation éducative"), à examiner les différentes méthodes d'observation des situations éducatives ("Observer les situations éducatives") et à étudier les relations entre parents et enseignants.

50 L’educatore in carcere
Quindi relazione educativa che ha una durata nel tempo e che ha una sua storia; nella r.e. due sono gli attori: educatore, educando; educatore: è dotato di maggior potere; è chiamato a dirigerla, finalizzando il proprio operato ad obiettivi di benessere, conoscenza reciproca, apprendimenti; l’educatore deve saper ascoltare i condizionamenti fisici, psichici e sociali dell’educando, ma questo dovrà avere una disponibilità educativa per accogliere l’influenza dell’educatore.  Luciana Bellatalla,Giovanni Genovesi, Insegnare prima d'insegnare. Fondamenti per la professionalità docente

51 L’educatore in carcere
Non basta l’intenzionalità educativa dell’educatore per far emergere le potenzialità dell’educando sia sul piano cognitivo sia su quello emotivo-affettivo e su quello sociale; occorre anche, da parte dell’educando, una intenzionalità di entrare in contatto con l’educatore, dandogli una credibilità educativamente significativa.

52 L’educatore in carcere
Quindi da parte dell’educatore: Proiettarsi verso l’educando in posizione di ascolto (osservazione, progettazione, azione, ..); da parte dell’educando: atto di fiducia, di apertura a voler collaborare con l’educatore; e allora: duplice impegno per l’educatore: intenzionalità educativa e capacità di suscitare intenzionalità anche nell’educando.

53 L’educatore in carcere
Nel contesto carcere questo aspetto è particolarmente significativo, importante, impegnativo: si ha a che fare con persone adulte che è possibile conquistare solo attraverso un profilo duplice di professionista e di persona; il detenuto deve avere l’impressione di avere di fronte non un burocrate fra tanti, non un passacarte di domandine, ma una persona che è coinvolta; una persona/professionista che riconosce i suoi bisogni perché li comprende, non perché svolge semplicemente il suo lavoro (solo perché è retribuito per questo).

54 L’educatore in carcere
“Il carcere è un contesto che presuppone reciprocità: infatti non è solo l’educatore a produrre influenzamento sull’utente, ma avviene anche il contrario e l’educatore deve essere in grado di riconoscere e utilizzare tutto ciò che proviene dall’educando, anche mettendo in gioco se stesso. Non è possibile pensare che l’equilibrio tra il coinvolgimento e il distacco non sia un aspetto da tenere sotto controllo continuamente, proprio perché chiama in causa aspetti personali a volte difficili da gestire, come ad esempio l’affettività e l’emotività.” Benelli C., 2008, Promuovere la formazione in carcere

55 L’educatore in carcere
Quindi relazione educativa come presupposto e sfondo; la relazione educativa è continuamente sostanziata dalla vita del “rapporto” durante il quale gli attori si ‘annusano’, si osservano; osservandosi, ciascuno adegua i propri comportamenti; comunque per l’educatore l’osservazione è uno strumento indispensabile ai fini di una riuscita della relazione educativa (ai fini di una possibile ri-educazione).

56 L’educatore in carcere
L’osservazione permette di strutturare e proporre una attività adeguata e calibrata alla persona in questione. Un educatore realizza l’attività trattamentale per tutti i detenuti presi in carico proprio a partire dall’osservazione della personalità del soggetto recluso e in base agli elementi di conoscenza acquisiti dagli altri ‘ambienti’ (la scuola se frequentata e altre attività), propone e rivede in corso di sviluppo il piano trattamentale. Queste ipotesi sono sottoposte a delle verifiche con colloqui e momenti di interazione con il destinatario.

57 L’educatore in carcere
Si delinea il processo e l’importanza dell’osservazione nell’art. 13 dell’Ordinamento e nell’art. 27 del Regolamento. Anche il 28 e il 29 del regolamento fanno riferimento all’osservazione.

58 Art. 27 Osservazione della personalità 1
Art. 27 Osservazione della personalità 1. L’osservazione scientifica della personalità è diretta all’accertamento dei bisogni di ciascun soggetto connessi alle eventuali carenze fisico-psichiche, affettive, educative e sociali, che sono state di pregiudizio all’instaurazione di una normale vita di relazione. Ai fini dell’osservazione si provvede all’acquisizione di dati giudiziari e penitenziari, clinici, psicologici e sociali e alla loro valutazione con riferimento al modo in cui il soggetto ha vissuto le sue esperienze e alla sua attuale disponibilità ad usufruire degli interventi del trattamento. Sulla base dei dati giudiziari acquisiti, viene espletata, con il condannato o l’internato, una riflessione sulle condotte antigiuridiche poste in essere, sulle motivazioni e sulle conseguenze negative delle stesse per l’interessato medesimo e sulle possibili azioni di riparazione delle conseguenze del reato, incluso il risarcimento dovuto alla persona offesa.

59 Art. 27 Osservazione della personalità …… 2
Art. 27 Osservazione della personalità …… 2. All’inizio dell’esecuzione l’osservazione è specificamente rivolta, con la collaborazione del condannato o dell’internato, a desumere elementi per la formulazione del programma individualizzato di trattamento, il quale è compilato nel termine di nove mesi. 3. Nel corso del trattamento l’osservazione è rivolta ad accertare, attraverso l’esame del comportamento del soggetto e delle modificazioni intervenute nella sua vita di relazione, le eventuali nuove esigenze che richiedono una variazione del programma di trattamento. 4. L’osservazione e il trattamento dei detenuti e degli internati devono mantenere i caratteri della continuità in caso di trasferimento in altri istituti.

60 Art. 28 Espletamento dell’osservazione della personalità 1
Art. 28 Espletamento dell’osservazione della personalità 1. L'osservazione scientifica della personalità è espletata, di regola, presso gli stessi istituti dove si eseguono le pene e le misure di sicurezza. 2. Quando si ravvisa la necessità di procedere a particolari approfondimenti, i soggetti da osservare sono assegnati, su motivata proposta della direzione, ai centri di osservazione. 3. L'osservazione è condotta da personale dipendente dall'Amministrazione e, secondo le occorrenze, anche dai professionisti indicati nel secondo e quarto comma dell'articolo 80 della legge. 4. Le attività di osservazione si svolgono sotto la responsabilità del direttore dell'istituto e sono dal medesimo coordinate.

61 Art. 29 Programma individualizzato di trattamento 1
Art. 29 Programma individualizzato di trattamento 1. Il programma di trattamento contiene le specifiche indicazioni di cui al terzo comma dell'articolo 13 della legge, secondo i principi indicati nel sesto comma dell'articolo 1 della stessa.  2. La compilazione del programma è effettuata da un gruppo di osservazione e trattamento presieduto dal direttore dell’istituto e composto dal personale e dagli esperti che hanno svolto le attività di osservazione indicate nell’articolo Il gruppo tiene riunioni periodiche, nel corso delle quali esamina gli sviluppi del trattamento praticato e i suoi risultati. 4. La segreteria tecnica del gruppo è affidata, di regola, all'educatore.

62 3° comma art. 13 6° comma art. 1 3° comma art. 13 6° comma art. 1
Per ciascun condannato e internato, in base ai risultati della osservazione, sono formulate indicazioni in merito al trattamento rieducativo da effettuare ed é compilato il relativo programma, che é integrato o modificato secondo le esigenze che si prospettano nel corso dell'esecuzione.   6° comma art. 1 Nei confronti dei condannati e degli internati deve essere attuato un trattamento rieducativo che tenda, anche attraverso i contatti con l'ambiente esterno, al reinserimento sociale degli stessi. Il trattamento é attuato secondo un criterio di individualizzazione in rapporto alle specifiche condizioni dei soggetti.

63 L’educatore in carcere
Viene costituito il GOT: Gruppo per l’osservazione e il trattamento; in esso l’educatore: mantiene i collegamenti fra i vari componenti del gruppo, prepara i documenti per l’osservazione del detenuto, aggiorna i casi, si assicura che venga formulato il rapporto di sintesi.

64 L’educatore in carcere
L’educatore lavora su un programma educativo che comprende diverse attività come quelle culturali, formative, lavorative, sportive nelle quali il detenuto è disposto a impegnarsi. Altre attività sono l’alfabetizzazione, soprattutto per le persone non di lingua italiana, la scuola, i corsi di orientamento al lavoro, attività teatrali, corsi di pittura, musica, biblioteca, il teatro.

65 L’educatore in carcere
Inoltre si occupa: di tenere i rapporti con le famiglie, dei permessi premio e altre misure alternative alla detenzione. In definitiva deve rapportarsi con le componenti del sistema penitenziario e delle esperienze che il destinatario porta avanti.

66 attenzione L’educatore è un riferimento essenziale per il carcerato, perché: “instaurare un contatto può significare per il detenuto avere una possibilità di relazione per verificare il proprio progetto di esistenza ed acquisire strumenti per rendere più adeguate le sue interazioni con le norme del sistema interno e dei sistemi esterni di controllo sociale” dovrebbe riuscire a far ”considerare la carcerazione non come una condizione subita passivamente dal detenuto ma, al contrario, come un’occasione per crescere e cambiare, riducendo il rischio di recidive” Benelli C., Promuovere la formazione in carcere, 2008

67 mansioni “Rimane molto difficile reperire documentazione che descrive le pratiche quotidiane, i metodi educativi, le buone pratiche aggiornate in itinere, e questo dipende dalla mancanza di un’attenta analisi dell’operato, analisi che invece andrebbe progettata in questo momento storico e in questa fase del lavoro dell’educatore in carcere” Benelli C., Promuovere la formazione in carcere, 2008

68 mansioni Attuazione dell’osservazione scientifica della personalità dei condannati e degli internati e coordinamento della sua azione con quella di tutto il personale addetto alle attività relative all’educazione (articoli 13 e 82 dell’Ordinamento e 27 e 28 del Regolamento) Partecipazione al trattamento rieducativo individuale o di gruppo, di condannati e internati, e di sostegno degli imputati (art. 82 dell’Ordinamento) Partecipazione delle attività di gruppo per l’osservazione scientifica della personalità dei detenuti e degli internati (GOT) (art. 82 dell’Ordinamento, art. 29 del Regolamento.)

69 mansioni Organizzazione del servizio di biblioteca (art. 21 del Regolamento) Partecipazione alla commissione interna all’Istituto penitenziario che predispone il regolamento interno (art. 16 dell’Ordinamento) Partecipazione al consiglio di disciplina (art. 40 dell’Ordinamento) Partecipazione alla commissione per le attività culturali, ricreative e sportive (art. 27 dell’Ordinamento, art. 59 del Regolamento)

70 mansioni Svolgimento di opera di consulenza, su richiesta della magistratura di sorveglianza, nella veste di tecnico del trattamento (art. 678 Codice procedura penale) Mansioni in delega dal direttore.

71 Difficoltà del ruolo dell’educatore
L’eccessivo carico emotivo della situazione, in cui l’emergenza legata ad atti di violenza a vari livelli è diventata regola del vivere quotidiano. Difficoltà di contenere entro limiti accettabili la diffusione e la risonanza che queste situazioni emotive hanno tra i detenuti. Le frustrazioni professionali derivanti dal contesto istituzionale, che sovente vanifica o squalifica gli sforzi operativi posti in essere in modo corretto.

72 Difficoltà del ruolo dell’educatore
Le difficoltà a reggere sentimenti di onnipotenza-impotenza che questo tipo di lavoro genera e quindi le difficoltà a elaborare la rabbia, depressione, sensi di colpa che ne conseguono. Le difficoltà nel convivere tra il ruolo che impone-prescrive certi atteggiamenti di rigidità e il desiderio di fare ciò che si vorrebbe poter fare per i soggetti. La mancanza di un valido contenitore delle ansie degli operatori quando la struttura tende a divenire o ad essere vissuta in termini persecutori.

73 Costituzione Italiana
Art. 27. La responsabilità penale è personale. L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte.

74 Pedagogia Disciplina che studia le teorie, i metodi e i problemi che concernono l’educazione (dei giovani)

75 L’educatore in carcere
“L’educatore in carcere è considerato un professionista dell’educazione che risponde alle nuove emergenze educative della società contemporanea: una recente professione che opera nelle cosiddette <<zone di confine>>, in un luogo educativo fra dentro e fuori. E’ ritenuto figura prioritaria nel campo dell’educazione dei soggetti detenuti, alla quale la riforma penitenziaria attribuisce il compito fondamentale, previsto dalla Costituzione, di programmare e seguire i percorsi ri-educativi di possibili re-inserimenti sociale: figura significativa che necessita di una politica penitenziaria indirizzata verso un concreto e reale reinserimento di soggetti condannati.”

76 globalizzazione Il termine globalizzazione, di uso recente, è stato utilizzato dagli economisti per riferirsi prevalentemente agli aspetti economici delle relazioni fra popoli e grandi aziende. Il fenomeno invece va inquadrato anche nel contesto delle complesse interazioni su scala mondiale fra i popoli; Gli aspetti negativi sono il degrado ambientale, il rischio dell'aumento delle disparità sociali, la perdita delle identità locali, la riduzione della sovranità nazionale e dell'autonomia delle economie locali

77 Art. 80 Personale dell'amministrazione degli istituti di prevenzione e di pena. Presso gli istituti di prevenzione e di pena per adulti, oltre al personale previsto dalle leggi vigenti, operano gli educatori per adulti e gli assistenti sociali dipendenti dai centri di servizio sociale previsti dall'articolo 72. L'amministrazione penitenziaria può avvalersi, per lo svolgimento delle attività di osservazione e di trattamento, di personale incaricato giornaliero, entro limiti numerici da concordare annualmente, con il Ministero del tesoro. Al personale incaricato giornaliero e' attribuito lo stesso trattamento ragguagliato a giornata previsto per il corrispondente personale incaricato. Per lo svolgimento delle attività di osservazione e di trattamento, l'amministrazione penitenziaria può avvalersi di professionisti esperti in psicologia, servizio sociale, pedagogia, psichiatria e criminologia clinica, corrispondendo ad essi onorari proporzionati alle singole prestazioni effettuate.

78 Attribuzioni degli educatori.
Art. 82 Attribuzioni degli educatori. Gli educatori partecipano all'attività di gruppo per l'osservazione scientifica della personalità dei detenuti e degli internati e attendono al trattamento rieducativo individuale o di gruppo, coordinando la loro azione con quella di tutto il personale addetto alle attività concernenti la rieducazione. Essi svolgono, quando sia consentito, attività educative anche nei confronti degli imputati. Collaborano, inoltre, nella tenuta della biblioteca e nella distribuzione dei libri, delle riviste e dei giornali.

79 “La categoria degli internati è invece costituita da coloro che, non essendo stati ritenuti responsabili della commissione di reati (o avendo già scontato la pena per il reato prevista e irrogata) sono assoggettati non ad una pena ma ad una misura di sicurezza detentiva, avendo dato adito – con il proprio comportamento – ad un giudizio di pericolosità sociale da parte dell’organo giudiziario. Si tratta del cosiddetto ‘doppio binario’ […], vero e proprio strappo dell’ordinamento giuridico liberale, residuo di oscuri periodi di segregazione per un giudizio sulla persona piuttosto che sul fatto. La gran parte degli internati risiede attualmente, negli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, veri e propri manicomi criminali sopravvissuti anche alla legislazione abrogativa dell’istituzione psichiatrica totale, approvata in Italia con la legge 180 del 1978”

80 Ordinamento penitenziario
Art. 13 Individualizzazione del trattamento Il trattamento penitenziario deve rispondere ai particolari bisogni della personalità di ciascun soggetto. Nei confronti dei condannati e degli internati é predisposta l'osservazione scientifica della personalità per rilevare le carenze fisiopsichiche e le altre cause del disadattamento sociale. L'osservazione é compiuta all'inizio dell'esecuzione e proseguita nel corso di essa. Per ciascun condannato e internato, in base ai risultati della osservazione, sono formulate indicazioni in merito al trattamento rieducativo da effettuare ed é compilato il relativo programma, che é integrato o modificato secondo le esigenze che si prospettano nel corso dell'esecuzione. Le indicazioni generali e particolari del trattamento sono inserite, unitamente ai dati giudiziari, biografici e sanitari, nella cartella personale, nella quale sono successivamente annotati gli sviluppi del trattamento pratico e i suoi risultati. Deve essere favorita la collaborazione dei condannati e degli internati alle attività di osservazione e di trattamento.


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