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Ricerca sugli Dei protagonisti dell’Iliade

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Presentazione sul tema: "Ricerca sugli Dei protagonisti dell’Iliade"— Transcript della presentazione:

1 Ricerca sugli Dei protagonisti dell’Iliade
Classe 1a E Ricerca sugli Dei protagonisti dell’Iliade

2 Presentazione di Mattia Oneto 1E A.S. 2007/2008
Divinita` Greche Presentazione di Mattia Oneto 1E A.S. 2007/2008

3 FINE Albero Genealogico Crono Rea Giove Giunone Ade Nettuno Afrodite
Latona Apollo Vulcano Atena Diana Ares Persefone FINE

4 Indice: Giove. Pag. 4 – 9 Giunone. Pag. 10 – 13 Apollo. Pag
Indice: Giove Pag – 9 Giunone Pag. 10 – 13 Apollo Pag. 14 – 20 Ade Pag. 21 – 29 Afrodite Pag. 30 – 34 Vulcano Pag. 35 – 39 Diana Pag. 40 – 48

5 Giove

6 Giove: la storia (1) Giove, corrispondente al greco Zeus, era il padre degli Dei e degli uomini. Giove aveva nel mondo latino molteplici aspetti e funzioni: era il dio della luce, che poteva arrestare una sconfitta, concedere una vittoria ed inoltre dare coesione ad un popolo Zeus, padre di tutti gli dei e signore dell’universo, era spesso soggetto a violente passioni, o ad impeti di collera alternati a gesti di generosità e ad atti di grande magnanimità. Il padre degli dei trascorse, la sua prima infanzia nella ridente isola di Creta, e quando nacque, sua madre Rea, per sottrarlo all’ingiustizia del padre, lo nascose in una caverna sul monte Ida affidandolo alle ninfe Adrastea ed Io, figlie del re di Creta Melisseo. La culla era stata appesa ai rami di un albero affinché Crono non potesse trovarlo né in cielo, né in terra, né in mare.

7 Giove: la storia (2) Le due ninfe allevarono il piccolo Zeus nutrendolo col latte della loro capretta Amaltea. Divenuto signore dell’universo, Zeus dimostrò la sua gratitudine sia alla capretta Amaltea immortalandola tra le stelle, sia alle due ninfe, donandogli, in segno di benevolenza, il corno che Amaltea si ruppe battendo contro un albero. Da questo corno sarebbe apparso tutto quello che le ninfe avessero desiderato; il dono di Zeus divenne così il corno dell’abbondanza o cornucopia. Zeus per diventare re dell’Olimpo dovette combattere tutta la giovinezza. Egli ha dovuto spodestare il padre, combattere contro i Titani, Tifeo e i Giganti e solo quando sul mondo iniziò a regnare la pace, decise di prendere moglie e fondare sull’Olimpo la sua dimora.

8 Giove, figlio di Saturno e Rhea
Giove Figlio di Saturno e di Rhea, assimilato al greco Zeus, re degli dei, risiedeva sull’Olimpo; il suo appellativo di «ditteo» deriva da Ditte, monte di Creta in cui si trovava l’antro dove Giove fu nascosto infante dalla madre (per sottrarlo alla voracità del padre Saturno) e allevato dai Cureti. Era sposo di Giunone , ma gli vennero attribuiti dal mito numerosissimi amori, tra i quali ricordiamo quello per Europa, che rapì e portò a Creta, dopo esserle apparso in forma di toro, e dalla quale ebbe i figli Minosse , Radamanto e Sarpedonte; quello per Latona, da cui ebbe Apollo e Diana; quello per Leda, da cui ebbe Castore e Polluce e quello per Io . Da Giove dipendevano alcuni tra i fenomeni celesti (il tuono, la pioggia, ecc.). Pur avendo il sommo potere sugli dei e sugli uomini, era considerato dio giusto e benevolo, sempre pronto a premiare i buoni e a punire i malvagi. Come tutti gli altri dei, anche Giove doveva sottostare ai voleri del Fato, divinità misteriosa e sconosciuta; a volte, tuttavia, la sua volontà si identificava con quella del Fato. In qualità di dio dei vaticini aveva il suo oracolo nel bosco delle querce sacre, a Dodona, nell’Epiro; in suo onore erano celebrati in Grecia i Giochi Olimpici. Gli attributi di Giove sono lo scettro, la folgore, l’aquila.

9 Giove nel mondo latino Giove nel mondo latino, Zeus nel mondo greco, fu considerato da entrambi i popoli il padre degli dei. Crono, dopo aver saputo che un figlio gli avrebbe tolto il trono, cominciò ha divorare tutti i suoi figli, cioè Efesto, Demetra, Era, Ade e Poseidone. Rea decise di ingannare il marito e gli consegnò una pietra avvolta in fasce: Crono la prese e la inghiottì.  Il piccolo fu allevato dalle ninfe Adrastea e Io e allattato dalla capra Adaltea. Diventò, con l'aiuto della madre, coppiere di Crono; poi mescolò alla bevanda divina e fece bere questo miscuglio a suo padre, che vomitò tutti i miracolosamente illesi.  Ma una grave minaccia pesava su tutti gli dei: i Titani capeggiati da Atlante avevano deciso di conquistare il trono. Zeus, su suggerimento della madre Terra, liberò dal Tartaro i ciclopi e i giganti centimani che Crono aveva imprigionati. I ciclopi dettero a Zeus la folgore, un'arma invincibile, ad Ade un elmo che rende invisibili e a Poseidone il tridente. La guerra fu terribile e durò dieci anni. ma i tre fratelli riuscirono, alleandosi, a vincere perché Ade si introdusse nella casa di Crono per rubargli le armi, Poseidone minacciò il vecchio dio e Zeus lo fulminò con una folgore. I giganti centimani scagliarono contro i Titani una pioggia di sassi. il loro capo fu condannato a reggere sulle spalle il peso del mondo. I tre fratelli si spartirono il potere: Poseidone divenne il signore dei mari, ad Ade venne affidato il regno dei morti e Giove diventà il dio del cielo e il re degli dei. 

10 Giove: la storia (5) Sua moglie era Giunone. Egli era onnipotente ma al di sopra di lui e di tutti gli altri dei esisteva una forza oscura e immensa chiamata Fato o Destino, davanti alla quale tutti si inchinavano; essa controllava che le leggi fisiche e morali dell'Universo non fossero eluse o trasgredite. A lui tutti dovevano obbedienza, anche gli altri dei che vivevano felici sulla sommità del monte Olimpo.  I contrasti tra gli dei non duravano a lungo ed erano simili a temporali che scoppiano d'estate con tanta irruenza, ma subito lasciano posto al sereno.  Tra le passioni che gli dei condividevano con gli uomini c'era l'amore e Zeus non era immune nonostante avesse una moglie bellissima.  Il popolo greco considerò Zeus custode dell'armonia che regnava sulla terra, supremo tra gli dei, protettore dei re che si comportavano saggiamente e che amministravano la giustizia con equità, difensore della famiglia, punitore dei malvagi.

11 Giunone Busto di Hera con diadema - Marmo –
Copia romana di epoca imperiale Musei Vaticani           Hera Campana - Copia marmorea romana di un originale ellenistico – Il secolo d.C. ‘ Museo del Louvre Parigi

12 Etimologia del nome Il nome "Era" potrebbe avere numerose diverse etimologie contrastanti l’una con l’altra. Una prima possibilità è di metterlo in relazione con "hora" (stagione), e di interpretarlo come "pronta per il matrimonio". Alcuni studiosi ritengono che possa significare "padrona" intendendolo come un derivato femminile della parola "heros" (signore). C’è chi propone che significhi "giovane vacca" o "giovenca", in conformità con il comune epiteto a lei riferito di "Boopis (greco : "βοῶπις" - dall’occhio bovino). La voce "E-Ra" è comunque già presente nelle più antiche tavolette micenee. Tutto questo indica però che, a differenza di quanto accade per altri dei greci come Zeus e Poseidone, l’origine del nome di Hera non può essere ascritta con sicurezza né alla lingua greca né in genere ad una lingua indoeuropea. Alcuni aspetti del suo culto sembrano suggerire che Hera sia in realtà una figura sopravvissuta, con alcuni adattamenti, da antichi culti minoici e pelasgi e si rifaccia ad una "grande dea madre" adorata in quelle culture. L’importanza di Hera fin dall’età arcaica è testimoniata dai grandi edifici di culto che vennero realizzati in suo onore. Gli amori di Giove e Giunone, dipinto di Annibale Carracci, conservato a Roma, Galleria Borghese.

13 Il mito Latona Quando Era venne a sapere che Latona era incinta e che il padre era Zeus, con un incantesimo impedì a Latona di partorire facendo sì che ogni terra ove si recasse risultasse ostile nei suoi confronti. Latona trovò l’isola galleggiante di Delo, che non era né terraferma né una vera e propria isola ed era troppo inospitale per poterla peggiorare. Su questa partorì mentre veniva circondata da cigni. In segno di gratitudine Zeus fissò Delo, che da allora fu sacra ad Apollo, con quattro pilastri. Vi sono anche altre versioni della storia. In una di queste Era rapì la figlia Ilizia, la dea della nascita, per impedire a Latona di cominciare il travaglio, ma gli altri dei la costrinsero a lasciarla andare. Alcune leggende dicono che Artemide, nata per prima, aiutò la madre a partorire Apollo, mentre un’altra sostiene che Artemide, nata il giorno precedente sull’isola Ortigia, aiutò la madre ad attraversare il mare fino a giungere a Delo per mettere al mondo il fratello. Latona e Apollo bambino affrescati con gusto neoclassico da Felice Giani nel palco n. 11 del primo ordine.

14 Il mito Io Un giorno Era stava per sorprendere Zeus con una delle sue amanti, chiamata Io, ma Zeus riuscì ad evitarlo all’ultimo, trasformando [Io] in una giovenca bianca. Era tuttavia era ancora insospettita e chiese a Zeus di darle la giovenca in dono. Una volta ottenutala, Era la affidò alla custodia del gigante Argo, perché la tenesse lontana da Zeus. Il re degli dei allora ordinò ad Ermes di uccidere Argo, cosa che il dio fece addormentando il gigante dai cento occhi grazie al suono del suo flauto e poi tagliandoli la testa. Era prese gli occhi del gigante e, per onorarlo, li pose sulle piume della coda del pavone, il suo animale sacro. Quindi mandò un tafano a tormentare Io, che cominciò a fuggire per tutto il mondo conosciuto, fino a giungere in Egitto dove, dopo aver partorito il figlio Epafo, riacquistò forma umana.

15 Apollo Apollo sauroctonus, copia romana, Louvre. Il nome Apollo viene solitamente associato al termine greco “poliòs” che significa “candido” o al termine latino “oculus” cioè “colui che vede”. Secondo alcuni invece deriva da “apèlla” (assemblea) per identificarlo come “parlatore” o “profeta”, oppure dal dorico “apèllon” che starebbe a significare “allontanatore dei mali” ovvero “possente”. Ma il nome Apollo è più realisticamente da ricongiungersi al verbo “apòllumi” (uccido) e quindi sarebbe etimologicamente traducibile in “sterminatore

16 Apollo Apollo è un personaggio della mitologia greca, dio della medicina, della musica e della profezia; in seguito fu venerato anche nella mitologia romana. Era patrono della poesia, in quanto capo delle Muse, e viene anche descritto come un provetto arciere in grado di infliggere, con la sua arma, terribili pestilenze ai popoli che lo contrariavano. In quanto protettore della città e del tempio di Delfi, Apollo era anche venerato come dio oracolare, capace di svelare il futuro agli esseri umani. Nella tarda antichità greca Apollo venne anche identificato come dio del Sole, ed in molti casi soppiantò Helios. Come divinità greca, Apollo è figlio illegittimo di Zeus e di Leto (Latona per i Romani) ed il fratello gemello di Artemide (per i Romani Diana). Apollo viene normalmente raffigurato coronato di alloro, pianta simbolo di vittoria, sotto la quale alcune leggende volevano che il dio fosse nato. Suo attributo tipico era la cetra. Animali sacri al dio erano i cigni (simbolo di bellezza).

17 Attributi, simboli ed epiteti di Apollo.
Apollo viene normalmente raffigurato coronato di alloro, pianta simbolo di vittoria, sotto la quale alcune leggende volevano che il dio fosse nato. Suo attributo tipico era la cetra. Animali sacri al dio erano i cigni (simbolo di bellezza). Apollo viene normalmente raffigurato coronato di alloro, pianta simbolo di vittoria, sotto la quale alcune leggende volevano che il dio fosse nato. Suoi attributi tipici erano l'arco e la cetra. Altro suo emblema caratteristico è il tripode sacrificale,simbolo dei suoi poteri profetici. Animali sacri al dio erano icigni (simbolo di bellezza), i lupi, le cicale (a simboleggiare la musica ed il canto), ed ancora falchi, corvi e serpenti, questi ultimi con riferimento ai suoi poteri oracolari. Altro simbolo diApollo è il grifone, animale mitologico di lontana origine orientale. Come molti altri déi greci, Apollo possedeva numerosi epiteti, atti a riflettere i diversi ruoli, poteri ed aspetti della personalità del dio stesso. Il titolo di gran lunga maggiormente attributo ad Apollo era quello di Febo, letteralmente "splendente" o "lucente", riferito sia alla sua bellezza che il suo legame con il sole.

18 Nascita Apollo nacque, come sua sorella gemella Artemide, dall'unione extraconiugale di Zeus con Lato. Quando Era seppe di questa relazione, desiderosa di vendetta proibì alla partoriente di dare alla luce suo figlio su qualsiasi terra, fosse essa un continente o un'isola. Disperata, la donna vagò fino a giungere sull'isola di Delo, appena sorta dalle acque e, stando al mito, ancora galleggiante sulle onde e non ancorata al suolo. Essendo perciò Delo non ancora una vera isola, Lato poté darvi alla luce suo figlio Apollo. Altri miti riportano che la vendicativa Era, pur di impedirne la nascita, giunse a rapire Ilizia, dea del parto. Solo l'intervento degli altri déi, che offrirono alla regina dell'Olimpo una collana di ambra lunga nove metri, riuscì a convincere Era a desistere dal suo intento. I miti riportano che Artemide fu la prima dei gemelli a nascere, e che abbia in seguito aiutato la madre nel parto di Apollo. Questi nacque in una notte di plenilunio, che fu da allora il giorno del mese a lui consacrato. Ancora altri dicono che Era avesse mandato un serpente sulla Terra per seguire Lato tutta la vita impedendo così a chinque di ospitarla e darle un rifugio. Lato vagò per molto tempo ma Poseidone impietosito dalla sua situazione, lasciò che si rifugiasse in mare (dato che letteralmente non era terra) visto che lui, essendo il fratello di Zeus, poteva permettersi di sfidare Era.

19 Il figlio piu` noto Il figlio più noto di Apollo è però certamente Asclepio, dio della medicina presso i greci. Asclepio nacque dall'unione tra il dio e Coronide; quest'ultima però, mentre portava in grembo il bambino, si innamorò di Ischi e fuggì con lui. Quando un corvo andò a riferire l'accaduto ad Apollo, questi dapprima penso ad una menzogna, e fece diventare il corvo nero come la pece, da bianco che era. Scoperta poi la verità, il dio chiese a sua sorella Artemide di uccidere la donna. Apollo salvò comunque il bambino, e lo affidò al centauro Chirone, perché lo istruisse alle arti mediche. Come ricompensa per la sua lealtà, il corvo divenne inoltre animale sacro del dio, e venne dotato da Apollo il potere di prevedere le morti imminenti. In seguito Flegias, padre di Coronide, per vendicare la figlia diede fuoco al tempio di Apollo a Delfi, e venne per questo ucciso dal dio e scaraventato nel Tartaro.

20 Amori Apollo e Daphne Un giorno, Eros, stanco delle continue derisioni di Apollo, che vantava il titolo di dio più bello, dio della poesia non che un arcere migliore di lui, colpì il dio con una delle sue frecce d'oro, facendolo cadere perdutamente innamorato della ninfa Daphne. Allo stesso tempo però, colpì anche la ninfa, con una freccia di piombo arrugginita e spuntata, stregandola in modo che rifiutasse l'amore di Apollo e addirittura rabbrividisse per l'orrore alla sua vista. Perseguitata dal dio innamorato, la ninfa piangendo e gridando, chiese aiuto a sua madre "madre natura appunto", che la tramutò in una pianta di lauro, o alloro. Pianse Apollo abbracciando il tronco di Daphne che ormai era un albero. Per questo il lauro divenne la pianta prediletta da Apollo con la quale era solito far ornare i suoi templi. Apollo e Giacinto Uno dei miti più conosciuti riferiti al dio è quello della sua triste storia d'amore con il principe spartano Giacinto, mito narrato, fra gli altri, da Ovidio nelle sue Metamorfosi. I due si amavano profondamente, quando un giorno, mentre si stavano allenando nel lancio del disco, il giovane venne colpito alla testa dall'attrezzo lanciato da Apollo, spintogli contro da Zefiro, geloso dell'affetto tra i due. Ferito a morte, Giacinto non poté che accasciarsi tra le braccia del compagno che, impotente, lo trasformò nel rosso fiore che porta il suo nome, e con le sue lacrime tracciò sui suoi petali le lettere ai, che in greco è un'esclamazione di dolore.

21 Miti Apollo e Pan Apollo e Pan
Apollo ebbe una sfida musicale anche con il satiro Pan, che aveva avuto l'ardire di affermare di essere più bravo del dio a suonare. Il giudice della contesa fu Tmolo, dio di una montagna omonima in Lidia; questi rimase incantato quando Pan suonò il suo strumento, incoraggiato dal sostegno del suo buon amico Mida, ma appena Apollo sfiorò le corde della sua lira, Tmolo non poté che dichiarare il dio vincitore della gara. Mida protestò vivamente per questa decisione, ed arrivò a mettere in dubbio l'imparzialità dell'arbitro. Apollo, offeso, trasformò le orecchie dell'irrispettoso umano in orecchie d'asino. Apollo e Pan Quando Zeus uccise Asclepio, figlio di Apollo, come punizione per aver osato resuscitare i morti conil suo talento medico, il dio per vendetta massacrò i ciclopi, che avevano forgiato i fulmini di Zeus. Stando alla tragedia di Euripide Alcesti, come punizione per questo suo gesto Apollo venne costretto dal padre degli déi a servire l'umano Admeto, re di Fere, per nove anni. Apollo lavorò dunque presso il re come pastore, e venne da questi trattato in modo tanto gentile che, allo scadere dei nove anni, gli concesse un dono: fece sì che le sue mucche partorissero solo figli gemelli. In seguito, il dio aiutò Admeto ad ottenere la mano di Alcesti, che per volere del padre sarebbe potuta andare in sposa solo a chi fosse riuscito a mettere il giogo a due bestie feroci: Apollo gli regalò dunque un carro trainato da un leone e un cinghiale.

22 Ade Busto di Ade, marmo, copia romana di un originale greco del V secolo a.C. (Roma, Museo Nazionale Romano).

23 Origine del nome e Mito Tremendo è l’abisso dell’Ade e inesorabile la sua discesa: perché chi vi precipita è legge che più non risalga… Ade: (in greco “Aδης, -oυ e Aϊδης, -oυ in latino Hades, -ae) è una divinità della mitologia greca, fratello di Zeus e di Poseidone, nonché degli inferi; la sua sposa è tradizionalmente Persefone. MITO: Demetra (la Cerere dei Romani dea delle messi) madre di Persefone, nel vagare a lungo alla ricerca della figlia aveva trascurato la terra, provocandone il rinsecchimento, e aveva sconvolto l’ordine del mondo, ma alla fine aveva ottenuto che Zeus ordinasse ad Ade di restituirle Persefone; Ade tuttavia aveva preso le sue precauzioni, facendo mangiare alla fanciulla un chicco di melagrana; ora, chi avesse visitato l’Impero dei morti, e qui si fosse cibato di qualcosa, non sarebbe più potutorisalire al soggiorno dei vivi. Perciò Demetra dovette addivenire a un compromesso: Persefone avrebbe diviso l’anno tra gli inferi e sua madre. Così ogni primavera Persefone fugge dal soggiorno sotterraneo insieme ai germogli che spuntano dai solchi, ma torna di nuovo fra le ombre al momento della semina; il suolo rimane sterile per tutto il tempo in cui ella resta separata da Demetra: è la stagione triste dell’inverno.

24 Ade Figlio del Titano Crono e di Rea, Ade era fratello di Zeus e di Poseidone. Dopo la deposizione di Crono e la spartizione dell’universo, Ade ottenne il mondo sotterraneo, sul quale regnò insieme alla ninfa Persefone, rapita dal mondo terreno; benché fosse un dio feroce e non si placasse né con i sacrifici né con preghiere , non era malvagio. Era noto anche come Plutone, signore delle ricchezze, perché sia i raccolti che i metalli preziosi erano considerati appartenenti al regno degli Inferi. Il mondo sotterraneo su cui regnava, nelle lontane regioni dell’Occidente, era formato dall’Erebo, luogo dove approdavano le anime dei trapassati e delle profondità del Tartaro, in cui gli dei avevano imprigionato i Titani. Era un luogo cupo, separato dal mondo da fiumi dall’aspetto triste e minaccioso; veniva custodito da Cerbero, un cane con tre teste e la coda di drago, mentre un vecchio barcaiolo, Caronte, toccava il compito di traghettare le anime dei morti attraverso le loro acque. Nell’oscurità degli Inferi aveva sede il palazzo di Ade, rappresentato come una dimora fatiscente con molti cavalli, affollata di anime e popolata di fantasmi. Nelle leggende più tarde il regno degli Inferi viene distinto in due luoghi separati: l’Elisio luogo della ricompensa ultraterrena dei buoni, e il Tartaro, dove vengono puniti i malvagi.

25 Plutone (1) Dio dei morti, sposo di Proserpina, che corrisponde al dio greco Ade. Plutone aiutò i suoi due fratelli, Giove e Nettuno a esautorare il padre, Saturno. Quando si divisero tra loro il mondo, Giove scelse la terra e i cieli come suo regno, Nettuno diventò il dio mare e Plutone ebbe il mondo sotterraneo in cui regnava sulle ombre dei morti. In origine era considerato un dio fiero e inflessibile, sordo alle preghiere e insensibile ai sacrifici. Nei culti posteriori e nelle credenze popolari vennero enfatizzati gli aspetti più miti e benefici di questo dio. Ritenuto il dispensatore dei beni nascosti nella terra, come i minerali preziosi e le messi, Plutone era noto anche come Orco o Dis, colui che dà la ricchezza. Gli antichi immaginavano Ade, detto anche Plutone, come un dio cupo e triste sempre chiuso nei suoi regni dai quali uscì solo per rapire Persefone, la bella figlia di Demetra. Aveva avuto in dono dai Ciclopi un nero elmo di pelle canina, che lo rendeva invisibile. Si è detto che Zeus concesse ad Ade il dominio del regno sotterraneo e lo e lo fece padrone e signore non solo delle ricchezze che si celano sotto terra, ma anche delle ombre dei morti. Tutti i morti, fossero o non fossero stati in vita buoni, onesti o generosi si rifugiavano nella casa di Ade giungendovi attraverso una qualsiasi voragine aperta nel terreno. Vicino alla regione che li avrebbe ospitati scorrevano, lenti e minacciosi, quattro grandi fiumi: il Cocito, fiume del pianto; il Piriflegetonte, fiume del fuoco; l’Acheronte, fiume del dolore; e lo Stige, fiume dell’odio. Arrivati lì, i morti si affollavano sulle rive dell’Acheronte, che era il più grande ed esteso, porgendo a Caronte, dio canuto e dagli occhi di fuoco l’obolo (l’obolo era un’antica moneta greca di argento o di bronzo, è una piccola offerta in denaro) che la pietà dei parenti aveva posto in bocca prima degli onori funebri. Con quell’obolo Caronte accettava di traghettare i morti al di là del fiume, nel regno che sarebbe stato il loro; chi, non avendo ricevuto gli onori funebri, vi giungeva senza l’obolo era condannato a vagare per cento anni lungo le tristi sponde del fiume infernale. Oltrepassatoli fiume, i morti percorrevano un lungo viale, traversavano un boschetto di pioppi e di salici ed infine arrivavano ad una grandissima porta da cui tutti potevano passare. Custode degli Inferi era Cerbero, un cane che, secondo alcuni, aveva due teste e un serpente per coda; secondo altri la coda era di cane, le teste tre e circondate da tanti serpenti velenosi.

26 Plutone (2) Stava sulla porta per impedire che, una volta entrati i morti fuggissero via da quella triste dimora senza sole. Alcune leggende narrano che i morti trascorrono nell’Ade l’eterna vita d’oltretomba, che si svolge monotona, senza dolori, ma anche senza gioie, priva dell’attesa del futuro. L’immensa malinconia che grava su quelle ombre è riassunta dalle parole che Achille, l’ardente e implacabile eroe della guerra di Troia, rivolge ad Ulisse che è riuscito a giungere sino all’entrata di quel regno e ad evocarne le ombre. “ Sono re qui “ dice Achille, “ Sono venerato da tutti gli eroi più grandi, ma quanto preferirei essere un misero bifolco pur di godere della dolce luce “. Perché, in quella regione immersa nelle tenebre, la mancanza del sole rappresenta l’oppressione più grande, la tristezza più profonda. Altre leggende precisano che le ombre appena entrate nel regno dei morti sono esaminate dai tre giudici infernali, e Aco, Minosse e Radamanto, e che a ciascuna ombra è assegnata una regione dove trascorrere la vita d’oltretomba. I malvagi, relegati nel Tartaro, vengono perseguitati da mostri infernali che rimproverano loro le colpe di cui sono macchiati; i buoni sono invece mandati nei campi Elisi dove, secondo Omero, la vita scorre senza affanni. Nella casa di Ade vivono le Erinni, dee spaventose che perseguitano i colpevoli nella vita dell’oltretomba. Due figli della Notte abitano in questo regno: Thanatos, il demone della morte, e Hypnos, il sonno. Figli di questi sono i Sogni, che abitano in una grande casa al di là dell’Oceano. Questa casa ha due grandi porte: una di avorio e una di corno. Da questa escono sogni premonitori dall’alta escono sogni falsi e ingannevoli. Presso i Romani il regno di Plutone, l’Ade per i greci, è l’Orco. Il dio della Morte va in giro per il mondo, silenzioso, armato di una falce e miete la vita di coloro che vuol portare con sé nella regione de lui abitata e che da lui prende il nome. Altre divinità infernali sono le Furie, simili alle Erinni, e i Sogni, le cui leggende furono ricalcate dai Romani sulle leggende greche. Nell’arte antica compare soprattutto nella pittura (ceramica, e parietale) e nei rilievi di sarcofagi. Plutone rapisce Persefone, scultura di Vincenzo de' Rossi.

27 I corsi d’acqua (1) Un tempo si pensava che tutti i fiumi della terra confluissero sottoterra nel baratro intenso del artaro,per poi defluire e assumere aspetto diverso a seconda della natura del terreno. Alcuni fiumi sotterranei, prima di riversarsi nelle profondità del Tartaro, percorrono numerose gallerie; altri ancora circondano la terra con uno o più giri a spirale, come dei serpenti, fino a scendere al centro della terra (non oltre perché altrimenti ci sarebbe una salita verso l’emisfero opposto). Quindi, è cosa certa che in Ade sono presenti diversi corsi d’acqua su, anche se la loro disposizione viene riportata diversamente a seconda delle fonti. Alcuni corsi d’acqua, che possono essere fiumi o paludi,scorrono lenti e minacciosi, altri avere correnti violente o infuocate. I principali sono: Acheronte, il fiume del dolore o dei guai: nominato per la prima volta nell’Odissea, spesso è descritto come il fiume principale che circonda l’Ade ed è situato subito dopo l’ingresso. La sua riva è sempre colma della infinita torma dei morti, in attesa di Caronte, il traghettatore. Questi è un vecchio di orribile squallore, ma dagli occhi fiammeggianti come brace e dalle membra ancor piene di vigore. Per traghettare le anime dei morti sull’altra riva, si serve di una grossa barca, vecchia e malandata. Trasporta solo i morti che possono pagarlo con l’obolo, una antica moneta greca che i parenti pongono in bocca prima degli onori funebri (secondo Virgilio, trasportano solo quelli che sono stati sepolti); gli altri devono aspettare cento anni (secondo alcuni per l’eternità), in una lunga attesa che è per loro causa di indicibile tormento anche se sanno che, al di là del fiume, li attende una pena terribile ed eterna.

28 I corsi d’acqua (2) (Piri)Flegetonte, fiume del fuoco; circonda il Tartaro (che secondo alcuni è una sezione dell’Ade) e ogni tanto lo rischiara con le sue vampe di fuoco. Secondo Omero, si unisce al Cocito nel formare l’Acheronte. Secondo Platone, si riversa in una grande pianura arsa da fuoco violento e forma una palude più grande del mare, tutta ribollente di acqua e di fango; da qui scorre circolarmente, torbido e fangoso e sempre sottoterra, volge a spirale il suo corso fino a giungere alle estreme rive della palude acherusiade, ma senza mescolare le sue acque; dopo molti altri giri sotterranei, si getta in un punto del Tartaro che è più in basso. Il Piriflegetonte riversa sulla terra torrenti di lava dovunque trova uno sbocco. I mitografi e i poeti immaginarono che vi si punirono i violenti.

29 I corsi d’acqua (3) Stige, fiume dell’odio: esistono più versioni di questo fiume che, secondo alcuni, è, invece una squallida palude. Secondo Platone, Stigia sarebbe il fiume caratterizzato da un colore blu cupo, mentre Stige sarebbe il nome dato alla palude che forma. Stige è considerata essa stessa terribile divinità (un’Oceanina figlia della Titanide Teti, oppure figlia della Notte e di Erebo). Secondo Omero ed Esiodo, la sua acqua ha proprietà magiche e proprio in questo fiume la Nereide Teti avrebbe immerso il figlio Achille per renderlo invulnerabile; e sull’acqua di Stige giurano gli dei, che subiscono castighi terribili se non rispettano il giuramento (per un anno il dio giace senza respiro, avvolto nel tepore e non può avvicinarsi al nettare e all’ambrosia poi per nove anni non può avvicinarsi agli altri dei). Gli effetti dello spergiuro sono in un brano della Teogonia di Esiodo, che offre altri particolare sulla natura di quest’acqua fatale: essa rappresenta un braccio dell’Oceano, equivalente a un decimo del fiume iniziale, e forma con gli altri nove le nove spire con cui il fiume circonda il disco della terra. Questa cifra delle nove spire si ritrova nella descrizione virgiliana dello Stige infernale, il quale circonda con i suoi meandri il regno degli inferi. Nell’Odissea lo Stige è più chiaramente definito come un fiume; poi, nella tradizione posteriore, la figura della divinità tende a scomparire e prevale un’antichissima tradizione che fa derivare dallo Stige fiumi terrestri, o addirittura l’identifica in corsi d’acqua o paludi, presso le quali sarebbe stato l’ingresso dell’oltretomba.

30 I corsi d’acqua (4) Cocito, fiume dei lamenti o del pianto: menzionato già da Omero come affluente dell’Acheronte e ramo dello Stige. In esso sono immersi, secondo la descrizione di Platone nel Fedone, gli omicidi. Il Cocito acquista una corrente violenta a partire dalla palude Stige, si inabissa e scorre a spirale, in senso contrario al Periflegetonte, fino a toccare, dalla parte opposta, le sponde della palude acherusiade; ma nemmeno questo fiume vi mescola le sue correnti e, dopo aver compiuto un largo giro, si getta nel tartaro dalla parte opposta al Periflegetonte. Secondo Virgilio, è una palude stagnante di fango nero e canne deformi. Nell’Inferno dantesco, così come in San Seiya, il Cocito è la confluenza di tutti i fiumi infernali ed è ghiacciato nell’ultimo girone dei traditori. Palude acherusiade: citata da Omero e Platone, è la palude principale situata all’ingresso dell’Ade. È formata dalle acque dell’Acheronte, del Flegentonte e del Cocito. Secondo Platone, qui si raccolgono le anime di coloro che hanno condotto una vita mediocre. Lete, fiume dell’oblio: non nominato da Omero, secondo Virgilio è il fiume che attraversa l’elisio; chi beve o si immerge nella sua acqua perde la memoria della sua vita passata e può quindi reincarnarsi in un altro corpo. In un’altra versione, non c’è il Lete, ma due cipressi bianchi dove sgorgano due fontane: quella dell’Oblio e quella della memoria. Le acque della prima cancellano il ricordo della vita passata, quelle della seconda rinnovano la memoria delle cose amate.

31 Afrodite La Venere di Milo – Museo del Louvre Parigi
La nascita de Venere di Sandro Botticelli, 1485

32 Origine del nome Venere trae il nome dalla dea romana dell'amore e della pace. Per i Greci, questa dea era Afrodite, per gli Egiziani Iside, per i Fenici Astrate. Venere era associata al rame (metallo di cui è ricca Cipro, isola natale di Afrodite) e veniva raffigurata a volte come un triangolo piatto, a volte con il numero cinque, e altre con il colore blu, e veniva identificata infine con il giorno Venerdì. I Sassoni usavano il nome della loro dea della fertilità, Fria, che si trasformò poi nel nome inglese di Friday (Venerdì), mentre il nome francese Vendredi indica la sua chiara origine greco-latina. Venere/Afrodite è nota come la figlia di Cielo e Mare, ovvero di Urano e Gaia, ma è anche conosciuta come una delle figlie di Zeus, o anche come figlia della schiuma del mare.

33 Nascita Esistono due versioni della nascita di Venere:
PRIMA VERSIONE: narrata da Esiodo, era nata prima delle altre divinità dell'Olimpo. Quando il titano Crono recise i genitali del padre di Venere (Urano) e li gettò in fondo al mare, il sangue ed il seme in essi contenuti si addensarono in forma di schiuma e galleggiarono fino all'isola di Cipro, ove Afrodite emerse dalle acque e dalla schiuma (da cui l'origine del suo nome: la parola "aphros" significa schiuma). Afrodite non aveva avuto quindi né infanzia, né fanciullezza: era venuta al mondo come una donna giovane e del tutto formata. Questa è nota come "Versione della Conchiglia". SECONDA VERSIONE: narrata da Omero, e nota come "Versione dei Cherubini", Venere era figlia di Zeus e della ninfa degli oceani, Dione. Andò poi in sposa ad Efesto (Vulcano) e diede alla luce dei figli; tuttavia trascurava i propri doveri domestici e coniugali poiché si dedicava quasi esclusivamente ai suoi amori con altri dei e mortali e, fra i numerosi amanti, le sono attribuiti Ares (il Dio della Guerra), la relazione con il quale è la più nota e la più duratura, e l'avvenente Adone. Era inoltre la madre di Eros (Cupido), Deimos (Terrore) Phobos (Paura) ed Armonia, la moglie di Cadmo. Uno dei suoi figli mortali era Enea, avuto dal suo amante Anchise, Re di Dardania. Anchise venne reso storpio da una saetta di Zeus quando rivelò a questi di aver amato la dea. SIMBOLI SACRI: Afrodite veniva associata, e spesso ritratta assieme a: mare, delfini, colombe, cigni, melograni, mele, mirto, rose e limoni.

34 Afrodite e Psiche Afrodite era gelosa della bellezza di una donna mortale di nome Psiche, così, chiese quindi a Eros di usare le sue frecce dorate per farla innamorare dell'uomo più brutto della terra. Eros accettò ma si innamorò egli stesso di Psiche. I genitori di Psiche, consultarono un oracolo che disse loro che Psiche non era destinata ad un amante mortale, ma ad un mostro che viveva in cima ad una certa montagna. Psiche era rassegnata al suo destino e scalò la cima della montagna. Lì, Zefiro, il vento dell'ovest, la sospinse gentilmente verso il basso. Psiche entrò in una caverna della montagna, sorpresa di trovarla piena di gioielli e abiti lussuosi. Eros la visitò ogni notte nella caverna chiedendole di non accendere mai alcuna lampada, poiché non voleva che lei sapesse chi era (avere le ali lo rendeva individuabile). Le due sorelle, gelose di Psiche, la convinsero a disubbidire e una notte accese una lampada, riconoscendolo immediatamente. Una goccia di olio bollente cadde sul petto di Eros svegliandolo e facendolo fuggire. Psiche andò in cerca del suo amante vagando per la Grecia, quando infine giunse a un tempio di Demetra, il cui pavimento era coperto da mucchi di cereali mischiate. Psiche iniziò a suddividere i semi per tipo e quando ebbe finito, Demetra, le parlò dicendole che il modo migliore per trovare Eros era quello di trovare la madre, Afrodite, e guadagnarsi la sua benedizione. Psiche trovò un tempio di Afrodite e vi entrò. Afrodite le assegnò un compito simile a quello del tempio di Demetra, ma le diede anche una scadenza impossibile per terminarlo. Eros intervenne, dato che la amava ancora, e fece sì che delle formiche sistemassero i semi per lei. Psiche, un’altra volta superò la prova. Afrodite, infuriata per il successo di Psiche, le ordinò di recarsi nell‘Ade e chiedere a Persefone, la regina degli inferi, un po' della sua bellezza da mettere in una scatola nera a lei destinata. Psiche avendo decise che il modo più rapido per raggiungere gli inferi era quello di morire. Una voce la fermò all'ultimo minuto e le rivelò un percorso che le avrebbe permesso di entrare e fare ritorno ancora viva. Una volta ricevuta la scatola, Psiche, decise di aprirla: all’interno c’era un "sonno infernale" che la sopraffece. Eros volò da lei e le tolse il sonno dagli occhi, quindi implorò Zeus e Afrodite affinché dessero il loro consenso al matrimonio con Psiche. Essi accettarono e Zeus la rese immortale. Eros e Psiche si sposarono e i due ebbero un figlio chiamato Piacere, o, nella mitologia romana, Volupta.

35 Adone ed il Matrimonio con Efesto
Afrodite era l'amante di Adone ed ebbe una parte nella sua nascita. Ella spinse Mirra a commettere incesto col padre Teia, Re di Assiria. Quando Teia scoprì la cosa, si adirò e inseguì la figlia con un coltello. Gli dei la trasformarono in un albero di mirra e Adone nacque da questo albero. Una volta nato Adone, Afrodite lo prese sotto la sua ala, seducendolo con l'aiuto di Elena, sua amica, e rimanendo ammaliata dalla sua bellezza ultraterrena. Afrodite lo diede a Persefone perché lo vigilasse, ma anche Persefone fu meravigliata dalla sua bellezza e si rifiutò di restituirlo. La discussione tra le due dee venne appianata da Zeus: Adone avrebbe passato quattro mesi l'anno con Afrodite, quattro con Persefone e quattro per conto suo. Adone alla fine venne ucciso dal geloso Ares. Afrodite fu avvertita di questa gelosia e le venne detto che Adone sarebbe stato ucciso da Ares trasformato in cinghiale. Afrodite cercò di persuadere Adone a restare con lei tutto il tempo, ma il suo amore per la caccia fu la sua disgrazia. Mentre Adone cacciava, Ares lo trovò e lo colpì a morte. Afrodite arrivò appena in tempo per udire il suo ultimo respiro. Si narra anche che Afrodite diede una figlia ad Adone, Beroe. Zeus diede Afrodite in sposa a Efesto, il dio del fuoco. Era, madre di Efesto, lo cacciò dall’Olimpo perché troppo brutto. Egli si vendicò intrappolandola in un trono magico e chiese la mano di Afrodite in cambio del rilascio della madre. Efesto forgiò bellissimi gioielli per la sua sposa, ma il suo amore non venne mai ricambiato da Afrodite che preferì la compagnia di Ares, di Adone, di Anchise e altri.

36 Vulcano Efesto (Vulcano) - Marmo di Guillaume Coustou –
Museo Del Louvre Parigi

37 Vulcano: origine del nome
VULCANO (dal latino vulcanus, volcanus o arcaico vulkanus ) è il dio romano del fuoco terrestre e distruttore. Appartiene alla fase più antica della religione romana; infatti narrare riferisce, citando gli ANNALES PONTIFICUM, che re Tito Tazio aveva dedicato altari ad una serie di divinità tra le quali era anche vulcano. L’ etimologia del nome non è chiara: la tradizione romana sosteneva che il dio derivasse il proprio nome da alcuni termini latini collegata al fuoco al dio. Sono attribuiti due piteti: MULCIBER cioè che “addolcisce” QUIETUS & MITIS, entrambi col inificato “ tranquillo”, tuuti questi piteti serono a congiurare l’ azione distruttiva del Dio (per esempio negli incendi). In seguito all’ identificazione di Vulcano con il greco Efesto, l’epiteto Mulciber fu interpretato come “ colui che addolcisce i metalli nella forgia “. I suoi simboli sono: il martello da fabbro, l’incudine e le tenaglie. In qualche rappresentazione è ritratto con una SCURE accanto. Questo dio non ha animali a lui sacri.

38 La leggenda (1) Vulcano era figlio di Hera e Zeus
Una leggenda narra Hera umiliata di avere dato alla luce un bambino dall’ aspetto così grottesco, lo scagliò giù dall’olimpo. Nell’Iliade Efeso stesso racconta come continuò a cadere per molti giorni e molte notti per finire nell’oceanine Teti (la madre di Achille) e Eurinome. Efesto si prese la su vendetta su itera costruendo e dandole n trono d’oro , che, non appena ella si sedette , la tenne imprigionata , non permettendole più di alzarsi. Gli altri Dei pregarono Efesto di tornare sull’olimpo eliberarla, ma egli rifiutò più volte di farlo. Allora Dioniso fece in modo di ubriacarlo e lo riportò in dietro sul dorso di un mulo. Efesto acconsentì a liberare Hera, ma solo dopo che gli venne concessa in moglie la dea Afrodite.

39 La leggenda (2) In ogni caso quello tra Efesto ed Afrodite , alla quale l’idea di essere sposata con il bruttissimo Efesto non piaceva affatto, iniziò una tresca con Ares, il dio della guerra. Alla fine Efesto venne a sapere del tradimento della moglie da Helios, il Dio del sole che tutto vede, ed organizzò una trappola per sorprenderli in un dei loro incontri. Mentre Afrodite e Ares stavano insieme a letto, Efesto lì bloccò con una catena e per punizione lì trascinò così sull’olimpo per svergognarli davanti agli altri Dei. Gli Dei però alla vista dei due amanti a liberarli, garantendoli che Ares avrebbe pagato la multa che spettava agli adulteri. La coppia potrebbe aver finito per divorziare, come suggerisce il fatto che in Omero Efesto dice che avrebbe riportato Afrodite a suo padre e avrebbe chiesto la restituzione della dote nuziale.

40 L’arte di Efesto Efesto realizzò la maggior parte dei magnifici oggetti di cui si servivano gli dei, nonché quasi tutte le splendide armi dotate di poteri magici che nei miti greci compaiono in mano agli eroi. Tra le sue realizzazioni ci sono : L'elmo e i sandali alati di Hermes L‘Egida, il fenomenale scudo di Zeus La cintura di Afrodite Il bastone di Agamennone L'armatura di Achille I battacchi di bronzo di Eracle Il carro di Helios La corazza e l'elmo di Enea La spalla diPelope L'arco e le frecce di Eros L'elmo, che rende invisibili, di Ade L'intera armatura di Memnone I suoi assistenti all'interno della fucina erano i Ciclopi, inoltre costruì degli automi di metallo che anch'essi lo aiutavano nel lavoro. Concesse il suo apprendista Cedalione al cieco Orione come guida. In una delle tante versioni del mito Prometeo rubò il fuoco che diede poi agli uomini proprio dalla fucina di Efesto. Costruì anche il maligno dono che gli dei fecero agli uomini, ovvero la donna Pandora ed il suo vaso.           Teti attende le armi di Achille nella fucina di Efesto – Affresco romano della Casa del Triclinio a Pompei – Museo archeologico - Napoli

41 Diana Statua di Diana nel Museo del Louvre

42 Diana: la storia (1) Diana, la dea della caccia e della luna, è una delle divinità più importanti della mitologia classica; secondo Esiodoo sarebbe stata generata assieme al gemello Apollo nell'Isola di Delo (esattamente sul monte Cinzio, da cui il soprannome Cinzia; ma secondo altre versioni il concepimento sarebbe avvenuto nella piccola isola di Renea) da Giove e Latona; viene identificata nella corrispondente figura greca di Artemide. Custode delle fonti e dei torrenti, è considerata anche la protettrice degli animali selvatici. Secondo la leggenda, Diana - giovane vergine abile nella caccia, irascibile quanto vendicativa - era amante della solitudine e nemica dei banchetti; era solita aggirarsi in luoghi isolati. In nome di Amore aveva fatto voto di castità e per questo motivo si mostrava affabile, se non addirittura protettiva, solo verso chi - come Ippolito e le ninfe che promettevano di mantenere la verginità - si affidava a lei. Per contro, in molte culture è ritenuta protettrice delle donne, cui assicurava parti non dolorosi. Il maggiore tempio dedicato a questa dea si trovava al tempo dell'antica Roma sul colle dell'Aventino, mentre il principale luogo di culto era presso il piccolo lago laziale di Nemi, sui colli Albani.

43 Diana: la storia (2) . Fin dal XV secolo a.C. a Creta veniva venerata una dea protettrice dei boschi e delle montagne; ugualmente, a Efeso, fu a lungo praticato il culto di una similare divinità i cui connotati conducono però alla dea frigia Cibele e, contestualmente, alla dea che in tutto il bacino dell'Egeo rappresentava la Madre Terra, vale a dire Rea. Facile comprendere, quindi, come - in base alle diverse epoche e civiltà - siano possibili diverse interpretazioni di una medesima divinità. Ed in questo contesto è possibile vedere anche una associazione della figura di Diana con quella della divinità lunare Selene: in molti riti dei romani, inoltre, Diana venerata come divinità trina, punto di congiunzione della Terra e della Luna per personificare il Cielo (in contrasto a Ecate cui era riservato il Regno dei Morti). Diana corrisponde alla dea Artemide della mitologia greca, anche se la somiglianza tra le due è molto superficiale. Il suo carattere di protettrice della partorienti è molto più accentuato.

44 Diana: il mito . Secondo il mito, nel corso di una battuta di caccia, Atteone provocò l'ira di Artemide, quando la sorprese mentre faceva il bagno insieme alle sue compagne. La dea, per impedire al cacciatore di proferir parola intorno a quello che aveva visto, trasformò il giovane in un cervo spruzzandogli dell'acqua sul viso. Atteone si accorse della sua trasformazione solo quando scappando giunse ad una fonte, dove poté specchiarsi nell'acqua. Intanto il cacciatore venne raggiunto dalla muta dei suoi 50 cani, resi furiosi da Artemide, che, non riconoscendolo, sbranarono il loro vecchio padrone. I cani, una volta divorato Atteone, si misero alla ricerca del loro padrone per tutta la foresta, riempiendola di dolorosi lamenti.Più tardi giunsero nella caverna di Chirone il quale donò loro un'immagine del loro padrone per attenuare il loro dolore.

45 Aneddoti su Artemide e gli uomini (1)
Atteone Un giorno Artemide stava facendo il bagno nuda in una valle sul monte Citerone quando arrivò il principe tebano Atteone, che stava andando a caccia. Si fermò a guardarla, affascinato dalla sua incantevole bellezza, e ne fu talmente incantato che, senza accorgersene, calpestò un ramo e per il rumore Artemide si accorse di lui. Restò così disgustata dal suo sguardo fisso che decise di lanciargli addosso dell'acqua magica e trasformarlo in un cervo: in questo modo i suoi cani, scambiandolo per una preda, lo uccisero sbranandolo. Una versione alternativa della storia narra che Atteone si fosse vantato di essere un cacciatore migliore di lei e che quindi la dea lo trasformò in cervo, facendolo divorare per vendetta. Adone Secondo alcune versioni della leggenda di Adone, Artemide mandò un cinghiale selvaggio ad uccidere il giovane per punirlo per essersi vantato di essere un cacciatore migliore della dea. Secondo altre, invece, Adone era uno degli amanti di Afrodite, così Artemide lo uccise per rendere la pariglia ad Afrodite per la morte di Ippolito, uno dei suoi favoriti. Siproite Anche un cretese, Siproite, fu trasformato in cervo da Artemide per averla vista nuda. La storia completa non è sopravvissuta in alcuna opera scritta originale, ma è riportata di seconda mano da Antonino Liberale, il che suggerisce che l'aneddoto fosse abbastanza noto.

46 Aneddoti su Artemide e gli uomini (2)
Orione Orione era un compagno di caccia di Artemide. Le versioni della leggenda sono diverse: secondo alcune fu ucciso dalla dea, secondo altre da uno scorpione inviato da Gea. Alcune storie riportano che Orione tentò di stuprare una delle ninfe di Artemide che lo uccise per punirlo, altre che tentò di stuprare la dea stessa che lo uccise per difendersi. Secondo Igino Astronomo (che a sua volta cita il poeta Istro) Artemide era innamorata di Orione e voleva sposarlo, ma lo uccise perché ingannata dal fratello Apollo che intendeva difendere la verginità della sorella. Callisto Una delle ninfe compagne di Artemide, Callisto, perse la verginità per mano di Zeus, che andò da lei trasformato in Apollo o, secondo altre versioni, in Artemide stessa: infuriata, la dea la trasformò in un orsa. Il figlio di Callisto, Arcade, per poco non uccise la madre durante una battuta di caccia, ma fu fermato da Zeus che li pose entrambi nel cielo sotto forma di costellazioni, l'Orsa maggiore e l'Orsa Minore. Altre versioni riportano invece che Artemide uccise l'orsa con una freccia. Ifigenia e Artemide a Tauride Artemide volle punire Agamennone per aver ucciso un cervo sacro oppure, secondo un'altra versione, per essersi vantato di essere un cacciatore migliore di lei. Quando la flotta greca si stava preparando per salpare verso Troia per portare la guerra, Artemide fece sparire il vento. L'indovino Calcante disse ad Agamennone che l'unico modo per placare la dea era sacrificare sua figlia Ifigenia. Quando il re era sul punto di farlo, Artemide la portò via dall'altare e la sostituì con un cervo. La fanciulla fu trasportata in Crimea e nominata sacerdotessa del tempio della dea a Tauride, nel quale gli stranieri le venivano offerti come sacrifici umani. In seguito suo fratello Oreste la riportò in Grecia dove, in Laconia, istituì il culto di Artemide Tauridea. Secondo le cronache spartane il legislatore Licurgo sostituì l'usanza del sacrificio umano con la flagellazione.

47 Aneddoti su Artemide e gli uomini (3)
Niobe Niobe, regina di Tebe e moglie di Anfione, si vantò di essere migliore di Leto perché mentre lei aveva avuto 14 figli, sette maschi e sette femmine (i Niobidi), Leto ne aveva avuti soltanto due. Quando Artemide e Apollo vennero a saperlo si affrettarono a vendicarsi: usando delle frecce avvelenate, Apollo le uccise i figli mentre stavano facendo ginnastica, badando che soffrissero molto prima di morire, mentre Artemide colpì le figlie, che si accasciarono all'istante senza un lamento. Anfione, vedendo i suoi figli morti, decise di togliersi a sua volta la vita. Niobe, distrutta, quando iniziò a piangere fu trasformata in pietra da Artemide. Secondo alcune versioni della leggenda fu scagliata in qualche luogo sperduto del deserto egiziano. Un'altra sostiene che le sue lacrime formarono il fiume Acheloo. Dato che Zeus aveva trasformato in statue tutti gli abitanti di Tebe, nessuno seppellì i Niobidi per nove giorni, quando furono gli dei stessi a provvedere a calarli nella tomba. Taigete Taigete, una delle Pleiadi, era una delle compagne di caccia di Artemide. Quando si accorse che Zeus tentava con insistenza di insidiarla, la ninfa pregò Artemide di aiutarla e la dea la trasformò in una cerva. Zeus però la possedette ugualmente mentre si trovava in stato di incoscienza, e dall'unione nacque Lacedemone il mitico fondatore di Sparta.

48 Aneddoti su Artemide e gli uomini (4)
Oto ed Efialte Oto ed Efialte erano due fratelli giganti che un giorno decisero di assaltare il Monte Olimpo e riuscirono a rapire Ares ed a tenerlo richiuso in un grosso vaso per tredici mesi. Artemide si trasformò in un cervo e si mise a correre tra di loro: I due giganti, per non non farsela sfuggire dato che erano esperti cacciatori, le lanciarono contro le loro lance, ma finirono per uccidersi l'un l'altro. Atalanta ed Eneo Artemide salvò la piccola Atalanta dalla morte per assideramento, dopo che suo padre l'aveva abbandonata, mandando da lei un'orsa che la allattò finché non venne raggiunta da alcuni cacciatori. Tra le sue avventure, Atalanta partecipò alla caccia al Cinghiale calidonio che Artemide aveva mandato per distruggere Calidone, dato che il re Eneo si era dimenticato di lei durante i sacrifici per celebrare il raccolto.

49 Diana nell’arte . Le più antiche rappresentazioni di Artemide nell'arte greca dell'età arcaica la ritraggono come "Potnia Theron" (La regina degli animali selvatici): una dea alata che tiene in mano un cervo e un leopardo, qualche volta un leone e un leopardo. Nell'arte classica greca era abitualmente ritratta come vergine cacciatrice , con una corta gonna, gli stivali da caccia, la faretra con le frecce d'argento ed un arco. Spesso è ritratta mentre sta scoccando una freccia e insieme a lei vi sono o un cane o un cervo. Il suo lato oscuro viene mostrato nelle decorazioni di alcuni vasi, dove è rappresentata come una dea portatrice di morte, sotto le cui frecce cadono giovani vergini e donne. Gli attributi caratteristici della dea variano spesso: l'arco e le frecce sono talvolta sostituiti da delle lance da caccia. Vi sono rappresentazioni di Artemide vista anche come dea delle danze delle fanciulle, ed in questo caso tiene in mano una lira, oppure come dea della luce mentre stringe in mano due torce accese e fiammeggianti. Solo nel periodo post-classico si possono trovare rappresentazioni di un'Artemide che porta la corona lunare, simbolo della sua identificazione con la dea Luna, mentre nei tempi più antichi, sebbene questa identificazione fosse già presente, questo tipo di iconografia non fu mai usata. La Signora di Efeso, che I greci identificano con Artemide - Museo archeologico di Efeso, Turchia

50 FINE


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