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IN DIFESA DELLA LINGUA ITALIANA
AUTORI TESTI PAROLE DAL MEDIOEVO AD OGGI EXIT L’amore La donna Gli eroi La natura Vita e morte
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IN Difesa della lingua italiana
Con il nostro lavoro abbiamo voluto mostrare il cambiamento della lingua italiana nel corso delle diverse epoche, dal Medioevo all'età moderna e contemporanea, scegliendo brani poetici di autori italiani di rilievo. Abbiamo voluto evidenziare la bellezza della poesia, rimasta immutata nel corso dei secoli, indipendentemente dal cambiamento delle parole e dei concetti. Oltre al suo valore letterario, che dalla storia è giunto fino ai giorni nostri, la nostra lingua è in potente mezzo di comunicazione, creatosi attraverso la stratificazione dei significati e dei suoni. Per questo, usando l'italiano si può parlare di tutto e in modo appropriato, ma ciò che più ci interessa è la possibilità di mostrare agli uomini di tutte le epoce la grandezza di ciò che è stato e ciò che sarà, la nostra storia e il nostro destino. Gli argomenti che abbiamo scelto sono da sempre fonti di ispirazione e ci permettono di riconoscere le vere radici della nostra letteratura. EXIT Indice per AUTORI Indice per ARGOMENTI
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INDICE PER AUTORI INTRODUZIONE ................................. p. 2
Dante Alighieri Amore p.3, Eroi p. 3 Ludovico Ariosto Amore p. 4, Eroi p. 5 Matteo Maria Boiardo Eroi p. 4 Guido Cavalcanti Vita e morte p. 3 Gabriele D'Annunzio Donna p. 6 Ugo Foscolo Eroi p. 6, Vita e morte p. 5 Francesco d'Assisi Natura p. 3 Giacomo Leopardi Donna p. 5, Natura p. 5 Alessandro Manzoni Eroi p. 7 Giambattista Marino Natura p.4 Eugenio Montale Amore p. 6, Vita e morte p. 6 Ciro di Pers Vita e morte p. 4 Francesco Petrarca Donna p. 3 Salvatore Quasimodo Natura p. 6 Ludovico Savioli Amore p. 5 Vittorio Sereni Eroi p. 8 Torquato Tasso Donna p.4
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INDICE PER ARGOMENTI INTRODUZIONE p. 2 L'Amore nella Letteratura italiana: Dante Alighieri Amore p. 3 Ludovico Ariosto Amore p. 4 Ludovico Savioli Amore p. 5 Eugenio Montale Amore p. 6 La Donna nella Letteratura italiana: Francesco Petrarca Donna p. 3 Torquato Tasso Donna p. 4 Giacomo Leopardi Donna p. 5 Gabriele D'Annunzio Donna p. 6 Gli Eroi nella Letteratura italiana: Dante Alighieri Eroi p. 3 Matteo Maria Bioardo Eroi p. 4 Ludovico Ariosto Eroi p. 5 Ugo Foscolo Eroi p. 6 Alessandro Manzoni Eroi p. 7 Vittorio Sereni Eroi p. 8 La Natura nella Letteratura italiana: Francesco d'Assisi Natura p. 3 Giovan Battista Marino Natura p. 4 Giacomo Leopardi Natura p. 5 Salvatore Quasimodo Natura p. 6 La Vita e la Morte nella Letteratura italiana: Giudo Cavalcanti Vita e morte p. 3 Ciro di Pers Vita e morte p. 4 Ugo Foscolo Vita e morte p. 5 Eugenio Montale Vita e morte p. 6
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IPSCT PALAZZOLO S.OGLIO
"In difesa della lingua italiana" A cura della classe II B a.s '96: prof. Rossana Cerretti Erica Bariselli Laura Bonanomi Annamaria Castellini Gloria Cavalleri Nadia Cavalleri Francesca De Grandi Alessandra Ferrari Michela Gualandris Luigina Lancini Melissa Lanfranchi Elena Larosa Daniela Mangini Isabella Metelli Arianna Mingardi Chiara Pagani Emanuela Rossi Claudia Urgnani Chiara Vavassori Tiziana Vezzoli Sara Zanini
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L’Amore nella Letteratura Italiana
EXIT La donna Gli eroi La natura Vita e morte
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L'AMORE NEL MEDIOEVO Amor ch'al cor gentil ratto s'apprende
prese costui della bella persona che mi fu tolta; e'l modo ancor m'offende. Amor ch'a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte, che come vedi ancor non m'abbandona. Amor condusse noi ad una morte: Caina attende chi a vita ci spense. Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno, Canto V Dominique Ingres "Paolo e Francesca sorpresi da Gianciotto" (1819), Angers, Musée Turpin de Crissé EXIT Vedi Purgatorio Inferno OPERE
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LE OPERE DI DANTE VITA NOVA: Libro di quarantadue capitoli in prosa e poesia. Narra dell'amore di Dante per Beatrice dalla prima volta che la vide (9 anni) agli anni successivi, fino alla morte della donna. Dante concepisce l'amore come mezzo con cui un cuor "gentile" può elevarsi fino alla contemplazione della perfezione divina; è la donna come una creatura angelica ("sostanza separata"), pressoché priva del corpo, che eleva l'anima a Dio, liberandola da ogni miseria umana. LE RIME: Numerose composizioni poetiche, senza un ordinamento ben preciso, prive di date e delle occasioni stesse delle composizioni. In una il poeta identifica una "donna gentile"; in altre Dante e Forese Donati si scambiano violente ingiurie; infine, le cosiddette "rime petrose" in cui si canta di una donna dura come una pietra. CONVIVIO: Opera che si collega idealmente alla "Vita Nova": infatti in quest'ultima Beatrice è una donna terrena, di natura angelica, mentre nel "Convivio" è una donna beata e perfetta. L'opera comprende tre libri più un quarto introduttivo (il titolo significa convito). Parla della necessità che in tutta la Terra ci sia la monarchia, cioè un solo principato ed un unico principe che riesca a mantenere la pace universale. Parla anche della disposizione della Divina Provvidenza di voler affidare a Roma questa monarchia universale. In generale il "Convivio" rappresenta il tentativo di divulgare la filosofia aristotelica e alcune considerazioni di carattere scientifico anche presso un pubblico non avezzo alla lettura in latino. Inoltre, il Convivio è un tentativo di nobilitare la lingua volgare nel suo uso in prosa.
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INFERNO E' un'ampia voragine a forma di cono rovesciato formatasi con la caduta di Lucifero sulla Terra a causa della sua cacciata dal cielo. L'Inferno ha un suo giudice che è Minosse, e un custode per ogni cerchio: è percorso da quattro fiumi: Acheronte, Stige, Flagetonte, Cocito, e diviso in due grandi zone: la prima comprende cinque cerchi dove sono puniti, tra gli altri, i vili, i golosi, gli avari e i lussuriosi. La seconda zona comprende quattro cerchi dove pagano le loro colpe, per esempio, i violenti, i traditori e i fraudolenti. L'inferno è completamente oscuro, i peccatori sono tutti puniti secondo i peccati commessi. La pena è corrispondente alla colpa secondo il principio del contrappasso, e le anime appaiono sempre nude. Il racconto inizia con un dato autobiografico: il poeta immagina di smarrirsi in una selva (che rappresenta lo smarrimento interiore) e di essere aggredito da tre animali, il leone, la lince e la lupa che rappresentano il potere violento, la lussuria e la cupidigia. A salvarlo interviene il poeta latino Virgilio, inviato da Beatrice e da S. Lucia per guidarlo attraverso l'Inferno e il Purgatorio, affinché Dante possa capire il vero senso della vita. All'entrata del Paradiso lo attenderà, poi, la stessa Beatrice, poiché Virgilio, non avendo conosciuto la fede cristiana, è costretto a rimanere nel Limbo che si trova nel primo cerchio dell'Inferno.
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Purgatorio E' immaginato come un'alta e ripida montagna; alla base della quale si trova una spiaggia in cui giunge la barca guidata dall'Angelo, con le anime che dovranno purgarsi nelle varie zone del Purgatorio. Il monte è formato da due grandi ripiani e da un baratro, dopo di che c'è la porta d'ingresso al vero Purgatorio, custodita da un Angelo. Il monte si divide in sette cornici, alla settima segue il Paradiso Terrestre. Il Purgatorio comprende le anime dei superbi, invidiosi, golosi, lussuriosi ecc.. Le anime, salendo per le sette cornici, acquistano l'abito delle quattro virtù cardinali che sono: la temperanza, la giustizia, la fortezza e la prudenza. Il Paradiso Terrestre è percorso da due fiumi: l'Eunoe e il Lete, che servono a completare la purificazione delle anime. Paradiso Viene immaginato come la sede dei beati, secondo quanto insegna la Chiesa. Così l'Empireo, il cielo di pura luce, appare fuori dello spazio e del tempo. Il Paradiso comprende nove cieli concentrici, dal minore al maggiore che partono dal Paradiso Terrestre e si trasformano nel cielo della Luna, dove si trovano le anime negligenti, che non sono riuscite a portare a termine i propri voti a causa della violenza altrui. C'è poi quello di Mercurio dove stanno gli spiriti che hanno desiderio di gloria. Il cielo di Venere dove sono ospitati gli spiriti che convertirono l'amore terreno in amore verso Dio. Quello del Sole dove si trovano gli spiriti sapienti, i dottori della Chiesa; quello di Marte con i combattenti per la fede in Cristo. Nel cielo di Giove troviamo, poi, i principi giusti, in quello di Saturno gli spiriti contemplanti. Nel Cielo Stellato il poeta può scorgere il trionfo di Cristo e l'incoronazione della Vergine; qui viene subito esaminato da San Pietro, San Giacomo e San Giovanni sulla fede, sulla speranza e sulla carità. Nel Cielo Cristallino Dante vede le nove gerarchie angeliche (Angeli, Arcangeli, Principati, Potestà, Virtù, Dominazioni, Troni, Cherubini e Serafini) girare come cerchi di fuoco, intorno ad un punto luminosissimo, poi sale all'Empireo dove vede i beati disposti in un immenso anfiteatro (la Candida Rosa). Infine Dante passa alla contemplazione della Trinità, momento in cui le sue parole non bastano più alla descrizione della gloria di Dio.
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Canto V Secondo Dante, l'amore è un sentimento in sé positivo, umano e divino allo stesso tempo; ma è anche un sentimento pericoloso, che, se non è contenuto entro i limiti dell'onestà e della giustizia, diventa peccato e causa di morte e dannazione. Dante in questo canto parla di Paolo Malatesta e Francesca da Rimini, che, essendosi innamorati l'uno dell'altra, hanno superato il limite del lecito e quindi sono condannati alla pena eterna. Francesca, infatti, era sposata con il fratello di Paolo, che avendoli sorpresi insieme, uccide entrambi. Francesca era andata in sposa a Gianciotto Malatesta, un uomo rozzo e violento, il matrimonio era stato deciso per motivi politici, così, dopo poco tempo fallì. Paolo e Francesca diventarono amanti, ma furono scoperti e trucidati dal marito tradito. I due amanti finiscono all'Inferno tra i lussuriosi, dove sono trascinati da un vento violento (come in vita si sono lasciati trascinare dalla tempesta della passione). Dante, nel suo viaggio all'inferno, vede queste due povere anime che procedono insieme dolcemente, allora li interroga e apprende la dolorosa e tragica vicenda d'amore e di morte di cui sono stati protagonisti e ciò turba talmente Dante che sviene. La storia di Paolo e Francesca è, infatti, l'altra faccia dell'"amor cortese" al quale Dante aveva creduto nella sua giovinezza, durante il suo periodo stilnovista. Ma nella "Commedia", Dante identifica questo amore come peccaminoso, perché fuori del matrimonio, se non è platonico, ma anche fisico. L'amor cortese, quindi, non rappresenta più un mezzo di elevazione, ma piuttosto di perdizione. Per questo Dante rimane sconvolto: una parte del suo io, infatti, resta con Paolo e Francesca e con il loro amore.
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PARAFRASI L'Amore, che nasce rapidamente in ogni cuore nobile, fece innamorare costui del mio bel corpo, di cui sono stata privata con la morte e l'intensità di tale amore anche ora mi vince. L'Amore che non permette che chi é amato non ricambi colui che ama mi fece a mia volta innamorare "dell'aspetto" di costui, in modo così intenso che, come vedi, non mi abbandona. L'Amore ci ha condotto alla stessa morte e l'Inferno dei traditori dei consanguinei (Caina) attende chi ci ha sottratto alla vita.
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Amore Amore: Personificazione del sentimento amoroso inteso come spirito di origine divina, che signoreggia l'animo umano. "'Amore e cor gentil sono una cosa sì come 'l saggio in suo dittato pone." Dante Alighieri, Vita Nuova.
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La Divina Commedia E' un poema didattico-allegorico, composto da cento canti, in terzine, a rima incatenata, che tratta di un viaggio immaginario dell'autore attraverso l'Inferno, il Purgatorio e il Paradiso. Il viaggio inizia l'otto aprile dell'anno 1300 e dura sette giorni. Non ci sono date certe di composizione, ma è ammissibile quanto dice il Boccaccio cioè che i primi sette canti dell'Inferno siano stati scritti prima dell'esilio di Dante (1302).
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L'AMORE NEL RINASCIMENTO
Assai più larga piaga e più profonda nel cor sentì da non veduto strale, che da begli occhi e da la testa bionda di Medoro avventò l'Arcier c'ha l'ale. Arder si sente e sempre il fuoco abbonda, e più cura l'altrui che 'l proprio male. Di sé non cura, e non è ad altro intenta ch'a risanar chi lei fere e tormenta. Ludovico Ariosto, Orlando Furioso, Canto XXIII, vv Giovan Battista Tiepolo "Angelica cura Medoro" (1757), Vicenza, Villa Valmarana EXIT Vedi Biografia
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Amore Amore: Attrazione verso una persona dell'altro sesso, che determina intorno ad essa una concentrazione di interessi, di pensieri, di azioni (e possono prevalervi ora i sensi ora le facoltà spirituali) "Che non è in somma amor se non insania a giudizio de' savi universale." Ludovico Ariosto, Rime. "Questo barone essendo d''amor preso più d'altro mai d'una donna valente ardeali il core come fuoco acceso" Fiore di Leggende. Cantari antichi (sec. XIV). anche: Amore: Divinità mitologica (Eros per i Greci, Cupido o Amor per i Latini), raffigurata come un bellissimo fanciullo alato, figlio di Afrodite (Venere) nudo, armato di arco e frecce con cui feriva mortali e dei, accendendo in loro la passione amorosa. Amori: i fanciulli che lo accompagnavano, formando il suo mitico corteo. "Occhi leggiadri onde sovente Amore move lo stral, che la mia vita impiaga" Pietro Bembo, Rime.
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Ludovico Ariosto - La vita
Ludovico Ariosto nacque nel 1474 da Nicolò e da Daria Malaguzzi. Il padre al servizio degli Estensi, risiedeva a Reggio Emilia dove era capitano della Rocca. A dieci anni sì trasferì a Ferrara. Il padre volle che si dedicasse agli studi di diritto, ma, infine, lo lasciò libero di seguire la vocazione letteraria. Per cinque anni si dedicò agli studi umanistici sotto la guida di Gregorio Elladio da Spoleto. Nel morì Nicolò e le cure della famiglia e l'amministrazione del patrimonio ricaddero su Ludovico. Nel Ludovico ricoprì l'incarico di capitano della Rocca di Canossa, ma per lui non furono anni felici. Nel 1509 Ludovico fu inviato presso il papa Giulio II per chiedergli aiuto nella guerra contro i Veneziani. Nel 1516 fu pubblicato per la prima volta l'Orlando Furioso. Quando nel 1517, il cardinale Ippolito decise di raggiungere il suo vescovado, l'Ariosto si rifiutò di seguirlo e fu licenziato. L'anno dopo entrò al servizio del duca Alfonso e visse per qualche anno più sereno, ma nel '22 dovette accettare l'incarico di governatore della Garfagnana. Ritornato a Ferrara, visse serenamente gli ultimi anni della sua vita attendendo alla revisione del suo poema che fu pubblicato nell'anno Il 6 giugno 1533 l'Àriosto moriva.
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Tematiche dell’Orlando Furioso
Il poema è la continuazione dell'"Orlando Innamorato" del Boiardo e, quindi, si pone come l'ideale sintesi della materia del ciclo carolingio e del ciclo bretone. Se il personaggio di Orlando, infatti, appartiene al primo, gli amori e le intricate avventure sono certamente ispirate al secondo. Del resto, la grande protagonista del poema è proprio l'avventura, sempre imprevedibile con una trama fitta di personaggi e di vicende, articolata in un una sorta di groviglio complesso e fantasioso. Di solito il poeta interrompe una vicenda nel momento più avvincente per inserire il racconto di un'altra e riprendendo poi inaspettatamente la prima. Questo "disordine" è solo apparente: in realtà, esiste un ordine ben saldo, i temi trattati dall'Ariosto si fondano su un ritmo narrativo, le vicende si vengono a raccogliere intorno ad alcune storie centrali. Il poema è un continuo susseguirsi di personaggi e di episodi, di duelli e di battaglie, imprevisti incontri, mostri e magie. Il meraviglioso, magico o fantastico, si inserisce con naturalezza nelle azioni. Il fascino maggiore del poema deriva dalla mescolanza tra realtà e sogno. Questo avviene soprattutto per il fatto che lo sguardo dell'autore sa scendere nell'animo umano. Abbiamo storie che svolgono i temi dell'amicizia, della fedeltà della lealtà, e altre, al contrario, che svolgono quelli dell'infedeltà, dell'inganno, del tradimento, della violenza; sotto il velo della favola palpita la realtà della vita. I personaggi e le vicende non rappresentano un'originale invenzione dell'Ariosto, ma aderiscono alla sua poetica, assai più della pura invenzione. Nell'"Orlando Furioso" ha assunto il vecchio schema del romanzo cavalleresco considerandolo come un mondo fantastico e letterario che gli consentisse un tipo narrazione varia e avventurosa, capace dì esprimere il movimento della vita. Al centro del poema, è l'uomo, visto nella sua libera avventura terrena, nei suoi limiti, nei suoi errori, ma soprattutto nella sua dignità. Accanto al patetico nasce il comico e la grandiosità s'intreccia alla meschinità. L'Ariosto non crea personaggi autonomi, ma delle figure che di volta in volta riflettono un aspetto tipico della natura umana. L'intervento dell'autore si avverte nella moralità rapida, nelle osservazioni che chiariscono volta per volta il significato della vicenda, in una semplice saggezza e nell'ironia, che rappresenta l'atteggiamento indulgente e comprensivo con cui il poeta contempla le azioni dei personaggi.
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Parafrasi Sentì nel cuore una ferita ben più larga e profonda causata da una freccia invisibile scagliata da Cupido attraverso i begli occhi e la testa bionda di Medoro. Bruciare si sente e sempre aumenta il fuoco della passione e si preoccupa più del dolore di Medoro che del proprio. Non si cura di se stessa ed è intenta soltanto a risanare la ferita di colui che, senza saperlo, la ferisce e la tormenta.
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L’’AMORE NEL SETTECENTO
Amor di tua vittoria come vorrei lagnarmi? Chi mai dovea resistere, potendo, a tue bell'armi? In noi t'accrebbe imperio la destra man cortese, che mossa dalle Grazie a' baci miei si stese. Risvegliator di zafiri ventaglio avea la manca, onde solea percotere la lieve gota bianca. Ludovico Savioli "Il passeggio" (vv.45-53) Jean-Antoine Watteau, "L'imbarco per Citera", 1717, Parigi, Louvre EXIT Biografia
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Amore Amore: Divinità mitologica (Eros per i Greci, Cupido o Amor per i Latini), raffigurata come un bellissimo fanciullo alato, figlio di Afrodite (Venere) nudo, armato di arco e frecce con cui feriva mortali e dei, accendendo in loro la passione amorosa. Amori: i fanciulli che lo accompagnavano, formando il suo mitco corteo. "Parean le Grazie e i faretrati Amori ministri a lei d'intorno" Girolamo Preti, Rime
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Ludovico Savioli Ludovico Savioli nacque a Bologna nel 1729 e morì nel 1804 all'età di settantacinque anni. Poeta e storiografo italiano, nel 1744 fu socio della colonia arcadica di Renia. Il Savioli nelle sue poesie fa riferimento alla corrente letteraria dell'Arcadia, la quale si svolge soprattutto in due direzioni: quella neoclassica e quella preromantica. L'Arcadia concepisce l'immagine di un classicismo ornamentale, dove la mitologia diventa un pretesto per descrivere con raffinata eleganza la vita quotidiana delle classi aristocratiche. Ludovico Savioli nelle sue poesie aggiunge all'elemento musicale il gusto di nitide immagini pittoriche. Nel 1750 esordì con il romanzo pastorale "Monte Liceo", imitazione dell'"Arcadia" del Sannazaro, cui seguì nel '61 la tragedia "Achille". Ma la fama letteraria gli venne soprattutto dagli "Amori" (1765), opera che pose Savioli fra i più raffinati interpreti del gusto rococò. Egli dipinge scene di vita settecentesca (la passeggiata, la villeggiatura, la toletta, la civetteria, le gelosie, i sospiri) adornando i quadretti con intarsi mitologici, con quell'eleganza armoniosa che allontana la scena quotidiana dalla realtà, le dà la forma di un mito aristocratico ed elegante. Un mondo poetico tenue, questo, dove la mitologia è per il piacere delle donne, ridotta a un complimento galante.
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Parafrasi Amore della tua vittoria su di me perché mi vorrei lamentare? Chi avrebbe dovuto resistere, anche potendo, alle tue armi create dalla bellezza? Il tuo potere su di me si è accresciuto per mezzo della mano destra, mossa dalle Grazie stesse, che la dama mi ha porto perché la baciassi. La mano sinistra teneva il ventaglio che crea leggere brezze profumate, ventaglio dal quale il viso candido veniva sfiorato con leggerezza.
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L'AMORE NELL'ETA' CONTEMPORANEA
Ho sceso dandoti il braccio, almeno un milione di scale e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio... Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio non già perché con quattr'occhi forse si vede di più. Con te le ho scese perché sapevo che di noi due le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate, erano le tue. Eugenio Montale "Ho sceso dandoti il braccio almeno un milione di scale" (Satura, 1971) Amedeo Modigliani, "Donna con la cravatta" (1917), Parigi, collezione privata. EXIT Vedi Tematiche Biografia
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Amore Amore: Affetto intenso che tende al possesso del suo oggetto e all'unione con esso, e spinge a preservarne il bene. Forza, legame che dà senso all'esistenza: "L'amore aiuta a vivere, a durare, l'amore annulla e dà principio." Mario Luzi, Primizie del deserto.
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PARAFRASI Ho sceso con te, dandoti il braccio, almeno un milione di scale, (ovvero: ho affrontato con te tanti aspetti e ostacoli della mia vita) e ora che tu non ci sei, sento il vuoto ad ogni gradino, come se nella mia vita non ci fossero più punti di riferimento. La nostra "strada" insieme è stata lunga, ma a me è sembrata un attimo. Ho sceso con te dandoti il braccio almeno un milione di scale, non perchè con quattro occhi (i tuoi e i miei) si può vedere meglio, ma perchè sapevo che tra le mie e le tue, le vere pupille che vedevano erano le tue, anche se in realtà erano quasi cieche. ovvero: Ho camminato al tuo fianco condividendo le difficoltà della vita, ed ora che non ci sei più, mi pesa il vuoto d'ogni momento dovuto alla tua assenza. In verità il nostro viaggio della vita è stato lungo, ma sempre troppo breve per me. Con te sono andato sicuro tra le difficoltà della vita perché anche se non possedevi la vista degli occhi possedevi quella del cuore perciò vedevi e capivi assai meglio di me.
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TEMATICHE Montale occupa nella poesia e, più in generale, nella cultura e nella vita del '900 un posto significativo come testimone e interprete della condizione spirituale dell'uomo moderno. La sua poetica è caratterizzata da un cupo pessimismo alimentato dalla dolorosa consapevolezza della tragedia del vivere e dal rifiuto d'ogni vana e illusoria consolazione. Perciò solitudine, angoscia, sfiducia lasciano nell'animo dell'uomo profonde cicatrici che la gioia d'un momento non vale certo a sanare. La tristezza di questa condizione esistenziale non genera, però, nel poeta ribellioni, ma una rassegnata disperazione che solo nel momento finale pare placarsi. Le tematiche ricorrenti della sua poesia riguardano soprattutto la negazione, l'assenza: l'uomo incapace di credere, il mondo privo di significato, il vivere inteso come male, o meglio come nulla. Un nulla manifestato, attraverso la tecniva del correlativo oggettivo, in paesaggi duri che diventano lo specchio dell'aridità interiore dell'uomo. Per il poeta vivere è un continuo perdersi in gesti inutili, dietro i quali sta il vuoto e un destino di delusione totale. La realtà è costituita da attimi insignificanti, e vano è tentare di parlare con gli altri, con se stessi, con Dio. Tuttavia in Montale c'è il desiderio di ritrovare un "passaggio" per una vita vera, totale, autentica. E' proprio quest'ansia che dà alla sua poesia un'angoscia velata che rifiuta ogni facile conforto e affronta il destino senza illusioni. Nelle più recenti liriche questa tematica emerge in modo forte e il poeta sembra proteso nella speranza di un messaggio che giunga dall'aldilà. La poesia di Montale è spesso oscura e questa oscurità si estrinseca nel succedersi di pause desolate e di silenzi, quasi a voler esprimere la tragedia dell'uomo moderno. Una tragedia che si è avverata nell'ultima guerra, e mai forse come allora, si è sentita la verità e l'attualità della disperazione di Montale.
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EUGENIO MONTALE - BIOGRAFIA
Montale è considerato un erede della poetica dell'ermetismo. Questa corrente, che non ebbe immediato successo di critica e di pubblico, trovò i suoi precursori nei simbolisti francesi e, riuscì a rappresentare il mondo oscuro e inconfessato della coscienza individuale, il mistero dell'angoscia e della solitudine come fatalità dell'esistenza e, in forme più caute, il malessere del vivere sociale. Nato a Genova il 12 ottobre 1896, da Domingo Montale e Giuseppina Ricci, ultimo dei loro cinque figli, Eugenio Montale trascorre l'infanzia e la sua giovinezza fino al tredicesimo anno, nella città natale e a Monterosso, un piccolo paese presso La Spezia. Interrotti gli studi tecnici a causa della precarie condizioni di salute, si dedicò per qualche tempo alla musica lirica e al canto. Successivamente, riprese gli studi privatamente aiutato dalla sorella Marianna, proseguì poi interamente da solo, finchè non venne chiamato alle armi nel Tornato a casa al termine della Grande Guerra entrò in contatto con gli ambienti letterari genovesi e torinesi, pubblicando, nel 1922 i suoi primi versi, gli "Accordi", sulla rivista "Primo Tempo" e successivamente, nel 1925, presso le Edizioni del "Baretti", la raccolta "Ossi di Seppia". Pochi mesi dopo, prendeva posizione contro il regime fascista, sottoscrivendo il Manifesto degli Intellettuali Antifascisti promosso dal filosofo Benedetto Croce. Trasferitosi a Firenze nel 1927, lavorò dapprima presso la casa editrice Bemporad e successivamente passò alla direzione del Gabinetto Scientifico Letterario Vieusseux, da dove fu allontanato nel 1938 per non aver accettato di iscriversi al partito fascista. Nel 1939, pubblicò la seconda raccolta di poesie "Le occasioni". Nel dopoguerra, trasferitosi definitivamente a Milano, fu assunto in qualità di redattore e critico letterario presso il "Corriere della Sera" e successivamente come critico musicale presso il "Corriere d'Informazione". Nel 1956 diede alle stampe le liriche composte dal 1940 in poi, in una raccolta dal titolo "La bufera e altro" e successivamente, dopo un lungo silenzio interrotto da due volumi di prose (Farfalla di Dinard, 1956 e Fuori di casa, 1969), le raccolte "Satura" (1971), "Diario del '71 e del '72" (1973), "Quaderno di quattro anni" (1977). Nel frattempo, dopo essere stato nominato, nel 1967, senatore a vita in riconoscimento dei suoi meriti letterari, veniva insignito nel 1975 del Premio Nobel per la letteratura. E' morto a Milano nel 1981.
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La Donna nella Letteratura Italiana
EXIT L’amore Gli eroi La natura Vita e morte
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LA DONNA NEL TARDO MEDIOEVO
Erano i capei d'oro a l'aura sparsi che'n mille dolci nodi gli svolgea e'l vago lume oltra misura ardea di quei begli occhi ch'or ne son sì scarsi e'l viso di pietosi color farsi non so se vero o falso mi parea... non era l'andar suo cosa mortale, ma d'angelica forma, e le parole sonavan altro che pur voce umana. Francesco Petrarca "Erano i capei d'oro a l'aura sparsi” (vv.1-11) Sandro Botticelli "la nascita di Venere", Firenze, Uffizi EXIT Canzoniere Biografia
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Donna: Creatura simbolica o essere soprannaturale di apparenza femminile:
"Una donna vedea vér me venire con l'ali aperte sì degna ed onesta, che per asempro a pena il saprei dire." Fazio degli Uberti, Il Dittamondo e le Rime. anche: Con intenzione elogiativa: donna savia, virtuosa, ragguardevole, stimabile, matura per senno o esperienza: "Chiare, fresche, e dolci acque ove le belle membra pose colei che sola a me par donna" Francesco Petrarca, Canzoniere, 126.
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Parafrasi Erano i capelli biondi sparsi al vento, che li avvolgeva in mille soffici nodi e la luce dei suoi occhi - che ora ne sono privati - splendeva oltre misura e il viso sembrava dipingersi dei colori della virtù, non so se mi sembrava vero o immaginato... Il suo modo di camminare non era quello di un essere mortale, ma come quello di un angelo e le parole non sembravano pronunciate da voce umana.
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Erano i capei d'oro a l'aura sparsi
Petrarca immagina Laura, come sempre, in perfetta armonia con la natura, questa volta è il vento che le muove i capelli a ricreare di lei un'immagine ideale: Laura è morta: i suoi occhi non splendono più come quando li vide il poeta, ma proprio per questo la sua forma è nella mente di lui ancora più angelica perfetta e totalmente sovrumana.
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Francesco Petrarca La vita
Francesco Petrarca nacque ad Arezzo nel Ad Avignone intraprese lo studio della retorica, della grammatica e della dialettica. Nel 1316 si recò a Montpellier a studiare legge e poi a Bologna per la stessa ragione dal 1320 al Ritornato ad Avignone nella chiesa di Santa Chiara, il 6 aprile 1327 vide per la prima volta Laura, la donna che ispirò le sue poesie più grandi. Nel frattempo cercava una sistemazione abbracciando lo stato ecclesiastico di cui prese solo gli ordini minori. Nel 1330 divenne familiare della potente famiglia dei Colonna. Francesco fece una serie di viaggi, ma poi tornò ad Avignone e si ritrò in una casetta a Valchiusa. Nel 1340 da Parigi e da Roma ricevette l'offerta della corona poetica. Il Petrarca scelse Roma e qui fu coronato in Campidoglio nel Dal '42 al '53 egli visse a Valchiusa. Dal '53 visse in Italia e morì ad Arquà nel La vita del Petrarca fu caratterizzata da un dissidio spirituale tra terra e cielo, materia e spirito, amore sacro e profano.
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Il Canzoniere "Rerum volgarium fragmenta" intitolò il Petrarca la raccolta delle sue rime in volgare; i posteri "Rime sparse" o "Canzoniere". In questa denominazione si avverte che le rime del Petrarca furono considerate per secoli come il capolavoro della nostra lirica. Le rime furono composte dal Petrarca nel corso della sua vita e le dispose secondo un approssimativo ordine cronologico. Ma soprattutto, ponendo all'inizio un sonetto che afferma la labilità di ogni sogno umano e alla fine la canzone alla Vergine, sembra ridurre il valore del suo amore per Laura, inserendolo in un contesto puramente spirituale. Si tratta, in realtà, di un ordinamento che ha poco a che fare con la poesia del Canzoniere. L'unità effettiva dell'opera è in quel continuo fluttuare dell'anima del poeta in una vicenda alterna di illusione e delusione; insomma, una storia spirituale complessa. Le liriche sono tradizionalmente divise "in vita" e "in morte" di Madonna Laura, ma, in realtà, questa definizione non corrisponde alle differenze stilistiche riscontrate dai critici. Laura sta al centro del mondo fantastico del poeta, è una figura vicina e insieme lontana, irraggiungibile. Tra le rime più note del Petrarca inserite nel "Canzoniere" troviamo: "Voi ch'ascoltate di rime sparse il suono", "Erano i capei d'oro a l'aura sparsi", "Chiare, fresce e dolci acque".
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LA DONNA NEL rinascimento
D'un bel pallore ha il bianco volto asperso come a gigli sarian miste viole, e gli occhi al cielo affisa, e in lei converso sembra per la pietate il cielo e l sole e la man nuda e fredda alzando verso il cavaliero in vece di parole gli dà pegno di pace. In questa forma passa la bella donna e par che dorma. Torquato Tasso, "La Gerusalemme liberata", canto XII, ottava 69. Jacopo Tintoretto, "Tancredi battezza Clorinda” ( ) Chicago. Collezione Logan EXIT La Poetica Biografia
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Donna Donna: Dama, gentildonna. Per estensione: donna illustre, famosa o dal nobile portamento: "Mentre dureranno le corti, mentre i principi le donne e i cavalieri insieme si raccoglieranno, mentre valore e cortesia avranno albergo ne gli animi nostri, sarà in pregio il nome del Castiglione" Torquato Tasso, Dialoghi. "Non ti maravigiar s'io piango, Tosco, quando rimembro... "Le donne e' cavalier, li affanni e li agi che n'envogliava amore e cortesia la dove i cuor son fatti sì malvagi." Dante Alighieri, Purgatorio, XIV-109 "Le donne i cavallier, l'arme gli amori le cortesie le audaci imprese io canto" Ludovico Ariosto, Orlando Furioso. I,1
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Parafrasi Il viso di Clorinda appare al Tasso di un colorito particolare: il Tasso lo spiega come se si unissero il bianco dei gigli al colore delle viole. Sul bel pallore appare già il livido della morte mentre con gli occhi fissa il cielo. In quest'atmosfera anche la natura, soprattutto il cielo e il sole partecipano alla vicenda umana e sembrano rivolti a lei in compianto. Intanto solleva la mano nuda e fredda verso Tancredi e gli porge il segno di pace. In questo modo Clorinda passa da questa all'altra vita, serenamente, e sembra solo addomentata.
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Torquato Tasso - Biografia
Torquato Tasso nacque a Sorrento nel 1544 da Porzia De' Rossi e da Bernardo Tasso. A otto anni gli morì la madre, e dovette accompagnare nell'esilio il padre che era il segretario del principe Ferrante San Severino. Nel '59 raggiunse il padre a Venezia, dove compose il primo canto di un'opera che intitolò il "Gierusalemme": poi passò a Padova, dove studiò legge e filosofia. Qui conobbe uno dei più famosi letterati dell'ambiente: Sperone Speroni, con il quale compose e pubblicò il "Rinaldo", un poema cavalleresco. Alla fine del 1565, il Tasso fu assunto al servizio del cardinale Luigi d'Este. Passò poi, nel '72 al servizio di Alfonso II d'Este, duca di Ferrara. Nel '75 compose l'"Aminta" e aveva ripreso il "Gierusalemme". che terminò nel '75 con il titolo di "Goffredo" (il titolo "Gerusalemme Liberata" compare nelle prime edizioni del poema uscite mentre il Tasso era in Sant'Anna, contro la sua volontà). Con la stesura del poema cominciò per lui un periodo di agitazione. Una prima causa di turbamento fu l'ansia di un successo difficile, tanto che aveva sottoposto a diversi letterati il poema. I revisori cominciarono ad agitarglisi contro. Nel frattempo la sua nevrastenia degenerata dava luogo ad episodi clamorosi, al punto che fu rinchiuso come pazzo nell'ospedale di S.Anna. Durante la sua degenza egli potè comporre rime e dialoghi di argomento filosofico. Nel 1586 quando la malattia era scemata, andò a Mantova. Il Tasso sembrò come risorto: meditava per il rifacimento della "Liberata" e concludeva una tragedia il "Torrismondo". Nel 1587 fuggiva da Mantova per riprendere il suo viaggio per l'Italia. La "Gerusalemme Conquistata" fu pubblicata nel La salute del Tasso peggiorò e la morte lo colpì nell'aprile 1595.
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Le tematiche Il significato e il valore del poema vanno al di là dei fatti narrati, dei duelli, delle avventure e delle battaglie. Il tema è quello della prima crociata guidata da Goffredo di Buglione ( ). La "Gerusalemme Liberata" era dedicata al duca Alfonso II d'Este: doveva, infatti, celebrare la dinastia estense e, allo stesso tempo, la fede e gli eroi della Cristianità, in perfetta coerenza con i dettami della Controriforma. Il temperamento di Torquato Tasso, però, non era né quello di un crociato né quello di un adulatore; e così la parte epico-religiosa e quella celebrativa della "Gerusalemme Liberata" sono prive di valore poetico. Tasso era un uomo appassionato, tormentato, inquieto e il suo poema raggiunge la bellezza dell'opera d'arte quando egli ne abbandona la "traccia" e dà libero sfogo alle sue fantasie e alla sua sensibilità. Le storie d'amore, i conflitti fra passione e dovere, i furbeschi incantesimi, la natura: sono queste le sue fonti d'ispirazione. Il valore poetico della "Gerusalemme Liberata" lo troviamo nelle strofe in cui l'autore "scava" nell'animo dei suoi eroi e delle sue eroine, mostrandoci la loro profonda e dolente umanità. La natura del Tasso era incerta, dubbiosa, timorosa, assillata da scrupoli morali e religiosi; ciò lo spinse ad affidare il suo capolavoro ad alcuni revisori. Successivamente, il poeta sconfessò il poema e si accinse a riscriverlo. Nel 1593 uscì la "Gerusalemme Conquistata", che l'autore definì assai più eccellente dell'originale. Ma si trattava di un giudizio insincero e forzato. La "Gerusalemme Conquistata", priva di vero sentimento poetico, è inferiore alla "Gerusalemme Liberata", l'opera in cui il Tasso espresse liberamente la sua sensibilità e umanità di grande poeta.
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La morte di Clorinda Clorinda, il più bel personaggio femminile della "Gerusalemme Liberata", è la nobile eroina pagana, amata dal cristiano Tancredi, la quale viene avvistata fuori da Gerusalemme da Tancredi che, non riconoscendola, la sfida a battaglia. Il duello che si compie senza testimoni, è furioso, ostinato e violento. Tancredi non pensa neppure per un attimo che il nemico con cui si sta battendo sia la donna che tanto ama, pensa, invece, che sia l'odiato Argante, il più forte cavaliere nemico. Il combattimento prosegue feroce tutta la notte, fino a che, all'alba, Tancredi trafigge a morte il suo avversario. Clorinda, vicina alla morte, smette di combattere e lascia apparire alla luce la sua dolcezza di donna. Chiede di essere perdonata e successivamente battezzata; la sua richiesta viene accolta da Tancredi, che quando alza l'elmo di Clorinda, riconosce nel nemico morente la donna amata. L'episodio rappresenta l'ideale unione di amore e morte, che si può rilevare anche in alcune liriche del Tasso. Per il poeta l'amore è quasi sempre impossibile, infelice o, comunque, destinato alla rovina o alla tragedia
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LA DONNA IN EPOCA ROMANTICA
Silvia rimembri ancora quel tempo della tua vita mortale quando beltà splendea negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi e tu lieta e pensosa il limitare di gioventù salivi? Sonavan le quiete stanze, e le vie dintorno, al tuo perpetuo canto, allor che all'opre femminili intenta sedevi assai contenta di quel vago avvenir che in mente avevi. Luigi Bechi ( ), "Ragazza al lavoro", collezione privata. Giacomo Leopardi "A Silvia", vv. 1-12 EXIT La Poetica Vedi
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Donna Donna: giovane fanciulla, dolce e ingenua, donzella. Anche:
Donna: figura di valore simbolico correlata alla Natura (figura della giovinezza e delle illusioni): "Chi rimembrar vi può senza sospiri, o primo entrar di giovinezza, o giorni vezzosi, inenarrabili, allor quando al rapito mortal primieramente sorridon le donzelle." Giacomo Leopardi, Le Ricordanze, vv
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Giacomo Leopardi - Tematiche
Il pensiero del Leopardi è stato spesso definito una filosofia perché è frutto di una vera e propria elaborazione razionale sulla vita e sulle sue leggi. Leopardi accoglie le proposizioni materialistiche del pensiero del Settecento che gli appaiono l'unica vera spiegazione della realtà, seppur angosciosa. L'uomo, che non ha nulla da sperare dopo la morte, gli appare travolto, come del resto tutti gli altri esseri viventi, da una forza cieca, la Natura, la quale conserva la sua stessa esistenza e l'universo, attraverso continue trasformazioni che distruggono, però, gli individui. Così il poeta non si rassegna a questo mondo e si chiede il perché della sua vita, con un'angoscia profonda, derivata dall'impossibilità di trovare una giustificazione umanamente positiva della realtà. La "filosofia" del Leopardi diventa così, un'ansia romantica, senza risposta, una domanda di felicità che e di senso che si placa soltanto in alcuni momenti, nel contatto con la natura. In seguito, però, Leopardi giunge al pessimismo contro la Natura (pessimismo cosmico), accusandola di essere la vera nemica dell'uomo, dal momento che lo fa nascere solo per il dolore, solo per soffrire, ma gli crea inutili desideri irrealizzabili, e folli illusioni. La gioia, infatti, per Leopardi non esiste in sé e per sé, ma è solo assenza temporanea del dolore della vita. Da questo atteggiamento, come conforto di fronte alla vita di ogni giorno, il Leopardi trova soltanto le illusioni, che, però, dinnanzi alla verità, si rivelano per quello che sono, lasciando così all'uomo un'esistenza infelice e noiosa, senza più speranza di felicità. Eppure nonostante tutto, per il poeta ("ciclo di Aspasia" e la "Ginastra") l'uomo deve continuare a vivere, deve creare un legame di solidarietà con i suoi simili, per difendersi, appunto, dalla terribile legge che governa la Natura "matrigna".
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Parafrasi Silvia ricordi ancora qundo eri viva e la bellezza splendeva nei tuoi occhi vivaci e timidi, quando stavi per oltrepassare la soglia della giovinezza piena di sogni e di speranze? Le stanze della tua casa e le vie intorno risuonavano sempre del tuo ininterrotto canto, quando ti dedicavi ai lavori femminili abbastanza contenta di quell'avvenire che andavi sognando e che, incerto e indefinito com'era, non poteva non sembrarti bello.
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A Silvia La canzone "A Silvia" è stata composta da Giacomo Leopardi nel 1828, sviluppa il tema del ricordo e delle illusioni della giovinezza. Silvia, nella lirica, è una giovane fanciulla che, per l'autore, è il simbolo della speranza e della giovinezza che egli non ha mai potuto avere. Qui il poeta descrive l'attesa della felicità in un'epoca ormai lontana e l'angoscia che lo opprime per la fine di tutte le sue speranze. Il parallelo ideale si stabilisce tra la primavera, stagione della rinascita e della vita per eccellenza e la vita di Silvia che è durata meno della bella stagione, ma è morta nel fiore degli anni. La Natura le ha destinato sorte peggiore di quella stessa dei fiori e delle piante inaridite dall'inverno. La morte di Silvia rappresenta, quindi, la morte della giovinezza e delle sue illusioni, e, ancora una volta l'emergere dell'"arido vero" nella vita del poeta.
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LA DONNA DEL DECADENTISMO
E piove su le tue ciglia nere sì che par che tu pianga ma di piacere, non bianca ma quasi fatta virente, par da scorza tu esca. E tutta la vita è in noi fresca aulente il cuor nel petto è come pesca intatta tra le palpebre gli occhi son come polle tra l'erbe i denti negli alveoli son come mandorle acerbe. Gabriele D'Annunzio "La pioggia nel pineto", vv EXIT Giovanni Segantini "Le cattive madri" (1896-'97), Zurigo Kunsthaus La Poetica Biografia
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Donna: come personificazione: rappresentazione archetipa femminile della forza generatrice e conservatrice dell'esistente intesa come entità materna (Dea madre) "Vede una turba magna di animali incominciarsi, finire, generarsi, morire, obbedienti tutti al cenno di una gran donna che si trasmuta continuamente e sembra ora toccare col capo il cielo e farsi di esso quasi un suo velo... E' la Natura." Giosuè Carducci, "Studi sulla letteratura italiana dei primi secoli". "Quella bianca schiena, quei capelli fulvi son come toni di colore richiamati per dolcezza d'accordo dalle ombre cerulee e dell'argento palladio: sono nel tempo stesso propri del corpo dell'estate. Anche qui paesaggio e figura svaniscono l'uno nell'altra... 'Quell'immensa nudità' è la nudità della donna o non piuttosto la nudità, cioè la luminosa ampiezza del paesaggio? A chi vi rifletta, quel piede che si torse in fallo appare dunque come la definitiva dissoluzione dell'immagine umana nella natura" Alfredo Gargiulo "Gabriele D'Annunzio" (1941)
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Parafrasi Piove sulle tue ciglia nere, così che sembra tu pianga, Ermione, ma di piacere struggente. Essendo anche tu verdeggiante, sembri uscire dalla corteccia di un'albero. E tutta la nostra vita è odorosa e arborea, il cuore nel petto è come pesca non colta e sotto le palpebre gli occhi sono come pure vene di acqua sorgiva, i denti negli alveoli sono come mandorle acerbe.
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La pioggia nel pineto Questa lirica è tutta tramata di musica e di sogno. Il poeta insieme ad una donna, Ermione, si trova in una pineta marittima durante una breve pioggia estiva. Le gocce di pioggia creano suoni sulle foglie, le fronde e la terra nel contatto. Ma l'acqua trasfigura anche i due esseri umani che si fondono in totale simbiosi con la natura. Evanescente è la situazione narrativa, psicologica dei personaggi mentre le due figure umane si fondono con la sostanza arborea del bosco. C'è qui una sensualità trasfigurata in dolcezza melodiosa, nel senso di una ritrovata e rinnovata armonia vitale.
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Tematiche La poetica e la poesia di D'Annunzio sono l'espressione più appariscente del Decadentismo italiano. Dai poeti decadenti europei egli accolse modi e forme con una notevole capacità assimilatrice, senza comunque approfondire l'intima problematica, ma usandoli come elementi decorativi della sua arte fastosa e composita. Con il Decadentismo aderisce alla tendenza irrazionalistica e al misticismo estetico, collegandoli alla propria ispirazione nativa, naturalistica e sensuale. Con il panismo dannunziano egli cerca una comunione immediata di sensi e d'animo, con le forze primigenie della vita, rivivendo l'esistenza molteplice della natura, con piena adesione fisica, ancor prima che spirituale. I due aspetti concomitanti dell'ispirazione di D'Annunzio sono rappresentati dall'estetismo, ovvero il sogno di una vita che abbia come unico scopo la creazione e il godimento della bellezza, e sia come un perpetuarsi nell'esistenza del momento in cui nasce l'intuizione artistica. Oltre all'estetismo, prevale in D'Annunzio anche l'aspetto del superomismo. Tra le sue opere ricordiamo i libri in versi, le "Novelle della Pescara", "Il Piacere","L'Innocente", le "Elegie Romane" , le "Laudi", "Il trionfo della morte" e alcuni drammi artistici come "le Vergini delle rocce" e "La figlia di Iorio".
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Gabriele D'Annunzio Gabriele D'Annunzio nacque a Pescara nel Egli fu, per anni il cronista mondano dell'aristocrazia della capitale. Dai poeti del Decadentismo europeo assorbì i motivi di sensibilità più raffinata, segnando il passaggio dal primitivo estetismo ad una diversa mitologia: quella del superuomo, che asseconda le proprie doti fuori da ogni legge morale. Dall'esaltazione del superuomo D'Annunzio passò a quella della supernazione, diventando l'esponente di un nazionalismo imperialistico e aggressivo. Il mito del superuomo ispirò tutta la produzione dannunziana; trovò piena espressione nel periodo della maturità artistica, dal 1898 al Acceso interventista prese parte alla Grande Guerra e, con le sue azioni militari solitarie e anti-parlamentari, come il volo su Vienna, la Beffa di Buccari e l'impresa di Fiume, fu precursore del fascismo. Negli ultimi anni di vita compose prose autobiografiche. Morì a Gardone Riviera nel 1938.
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Gli Eroi nella Letteratura Italiana
EXIT L’amore La donna La natura Vita e morte
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L'EROE NEL MEDIOEVO "O frati," dissi "che per cento milia
perigli siete giunti all'occidente, a questa tanto picciola vigilia de' nostri sensi ch'è del rimanente, non vogliate negar l'esperienza, di retro al sol, del mondo sanza gente. Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza." Dante, Divina Commedia Inferno, Canto XXVI, vv Pittore delle Sirene (secondo quarto del V secolo), Stamno (particolare) : "Ulisse e le Sirene", Londra, British Museum EXIT Vedi La Poetica Biografia OPERE
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EROE: Guerriero valoroso che si è distinto per le sue gesta straordinarie, chi lotta per affermare un ideale: "Per nove anni al focolar sedeva di sua casa, l'Eroe navigatore:" Giovanni Pascoli, Poesie. "La malinconia, che non è feccia, ma fiore del sangue, che non è carbone ma gemma, è quella che produce gli eroi, perciocché confinando colla pazzia, conduce gli uomini al massimo, fuori dal quale non si può passare e dentro del quale si estende tutta la latitudine della nostra sapienza." Virgilio Malvezzi, Discorsi. "Il nome d'eroe è nome che in greca favella deriva da "amore" perché il vicendevole amore fra l'iddio e l'uomo è stato cagione ch'egli sia nato" Torquato Tasso, Dialoghi.
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Inferno, Canto XXVI Dante inserisce Ulisse nell'Inferno tra i consiglieri fraudolenti insieme a Diomede. I consiglieri fraudolenti sono, infatti, coloro che proposero stratagemmi e per questo sono ora celati alla vista avvolti nelle fiamme come i loro consigli invalsero la frode. Ulisse e Diomede furono insieme nell'inganno contro Troia, sono adesso insieme nella punizione che meritano. Mentre Omero fa ritornare Odisseo a Itaca dalla moglie Penelope e lo fa restare, Dante immagina che Ulisse non possa rinunciare a nuove avventure e riprenda la via del mare. L'eroe supera così le "Colonne d'Ercole", l'attuale stretto di Gibilterra, determinato a scoprire il mondo sconosciuto al di là di esse. Naviga verso sud e dopo cinque mesi avvista un'alta montagna ma, mentre pensa di approdarvi, un turbine si alza proprio dall'isola e fa inabissare la nave. La montagna è quella del Purgatorio e per questo un pagano come Ulisse non può approdarvi perché è privo della Grazia divina. Dante ritrae Ulisse come un uomo insofferente ad ogni limite, avido di conoscere ed esperire la vita e il mondo. Ulisse, ancora una volta, sfida gli dei, ed in questo è eroico, ma Dante sembra dirci che le forze dell'uomo non bastano senza la rivelazione.
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Parafrasi O fratelli, dissi che attraverso centomila pericoli siete giunti ai confini dell'Occidente, a questa breve vita che ci rimane non vogliate negare l'esperienza di seguire il sole per conoscere il mondo disabitato. Considerate le vostre origini: non foste fatti per vivere come animali (seguendo solo l'istinto), ma per seguire l'abitudine al bene (virtù) e l'esercizio dell'intelletto (conoscenza).
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Dante Alighieri Dante Alighieri (Firenze 1265-Ravenna 1321) nacque da una famiglia guelfa. Giovanissimo si innamorò di Beatrice, che elesse ad ispiratrice di tutta la sua opera poetica. Nel 1295 per volontà paterna sposò Gemma Donati. Discepolo di Brunetto Latini fu amico dei poeti stilnovisti: Guido Cavalcanti, Lapo Gianni, Cino da Pistoia. Iscrittosi all'Arte dei Medici e Speziali, nel 1300 fu priore e nel 1301 fu mandato presso il papa Bonifacio VIII per tentare di placare la sua ira contro i guelfi bianchi dei quali faceva parte. Mentre si trovava a Roma i Neri si impadronirono del potere e Dante non poté tornare in patria. Nel 1302, a Siena, fu raggiunto, perché facente parte della fazione dei Bianchi, dalla condanna ad una forte multa e all'esilio per due anni con l'accusa di baratteria e ostilità verso il Papa. Due mesi dopo, non essendosi giustificato, fu condannato al rogo in contumacia. Dopo vani tentativi di rientrare in Firenze, si illuse di poterci riuscire quando Arrigo VII scese in Italia (1310) per farsi incoronare imperatore. Ma la morte di Arrigo fece naufragare le sue speranze. Morì a Ravenna presso Guido Novello da Polenta nel 1321.
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Tematiche Fin dalla giovinezza Dante manifestò la passione per la cultura e la conquista della verità, che rimase uno degli interessi dominanti della sua vita. La passione per la verità unita a quella per la giustizia, la moralità sostenuta da fondamenti razionali, insieme con il sentimento religioso, rivolsero la vita di Dante non a una contemplazione filosofica, ma alla ricerca di un miglioramento di se stesso e degli altri, miglioramento che egli sentì connesso con la riforma delle strutture di Firenze e dell'intera umanità. Questo divenne per lui l'ideale più grande perchè avrebbe dovuto portare gli uomini alla virtù e quindi alla conoscenza di Dio. Il simbolo di questo rinnovamento è nella "Vita Nuova" Beatrice, simbolo della ricerca del bene supremo attraverso l'amore ideale. Nella "Monarchia", invece, Dante espone il suo pensiero sul ruolo dell'Imperatore che deve essere universale nel suo potere temporale e reggere il mondo con giustizia e diritto per portare gli uomini verso il sommo bene. L'esilio per lui diventò il simbolo della corruzione del mondo e si sentì in diritto di parlare agli uomini per aiutarli a riconquistare la pace. Da questa idea nasce la Divina Commedia, come intera sintesi del pensiero umano e divino sull'universo e la creazione. Il viaggio di Dante nei regni dell'Aldilà è il viaggio della consapevolezza personale, ma anche della conoscenza delle ultime verità sul mondo, sulla storia, il destino dell'uomo, la Provvidenza e la Sapienza di Dio.
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Le opere DE VULGARI ELOQUENTIA: Opera frammentaria che comprende il primo libro più quattordici capitoli del secondo dei quattro libri stabiliti in origine. Il trattato si può dividere in due parti, una in cui si parla della natura del linguaggio, della sua origine e della sua funzione. L'altra tratta delle ricerche di Dante per individuare quale possa essere la lingua letteraria d'Italia. MONARCHIA: Trattato che espone il pensiero politico di Dante, formato da tre libri. Nel primo l'autore si chiede se il principato unico o Impero sia necessario al benessere dell'umanità, ed è chiaro che per Dante questo è l'unico governo basato sulla giustizia. Nel secondo si chiede se il popolo romano si attribuì di diritto l'ufficio dell'Impero, e nel terzo si chiede se l'autorità del monarca dipenda immediatamente da Dio oppure da un suo ministro o vicario; qui Dante sottolinea la necessità della separazione del potere civile dal potere religioso e sostiene l'indipendenza di entrambi. EPISTOLE: Sono tredici lettere che Dante scrisse durante il suo esilio: tre parlano della venuta in Italia di Arrigo VII di Lussemburgo e del futuro aspetto politico dell'Italia; una è indirizzata ai cardinali italiani che devono eleggere un pontefice che riporti a Roma la sede papale; una "all'Amico fiorentino" in cui, dopo quindici anni di esilio, respinge la possibilità offertagli di ritornare in patria; molto importante è lettera indirizzata a Cangrande della Scala al quale Dante dedica il Paradiso e spiega i significati della Divina Commedia. Le altre epistole sono di poco valore. ECLOGHE: Due composizioni scritte verso la fine della sua vita in versi latini, dirette a Giovanni di Virgilio maestro dell'Università di Bologna. Nella prima spiega perché ha composto la Commedia in volgare, anzichè in latino; nella seconda, invece, spiega le ragioni che gli impediscono di recarsi a Bologna e lasciare la quieta Ravenna. QUAESTIO DE AQUA ET TERRA: Rientra nell'ambito degli studi scientifici di Dante. In essa egli sostiene la tesi che l'acqua in nessun punto del globo è più alta della terra emersa.
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l'eroe cavalleresco nel rinascimento
Non prende alcun riposo il paladino ma fulminando mena durindana e non risguarda grande o piccolino li altri re taglia e la gente mezzana Matteo maria boiardo "L'Orlando Innamorato" dall'episodio della battaglia di Albracca Incisione dall'edizione 1505 dell'Drlando innamorato EXIT Biografia
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Eroe: Chi in un'azione guerresca si è distinto per le sue gesta straordinarie:
"Son qui gli avventurieri e invitti eroi terror dell'Asia e folgori di Marte" Torquato Tasso, Rime, 52. chi lotta per una nobile causa: "L'eroe della cavalleria è l'uomo che si sforza di realizzare in terra la verità e la giustizia" Francesco De Sanctis, Letteratura italiana, I.
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MATTEO MARIA BOIARDO Il conte Matteo Maria Boiardo nacque a Scandiano, possesso feudale della sua nobile famiglia, nel territorio di Reggio Emilia, nel Boiardo trascorse la sua fanciullezza a Ferrara, fino all'età di dieci anni, quando dopo la morte del padre, ritornò a Scandiano. A vent'anni si trovò a reggere il feudo e per parecchi anni rimase nella sua casa avita, allontanandosene solo per brevi visite a corte e per portare a termine qualche incarico al quale gli Estensi lo avevano designato. Nel 1469 accompagnò Borso d'Este a Roma dove avrebbe ricevuto la corona ducale, e nel 1473 scortò da Napoli a Ferrara Eleonora d'Aragona, sposa del Duca. Dal 1476 al 1478 fu iscritto nella lista dei cortigiani a Ferrara, poi ebbe l'incarico di governatore a Modena (1480-'82) e a Reggio (dal 1487 fino alla sua morte). Nel 1494 dovette provvedere alla sistemazione e al mantenimento delle truppe francesi di passaggio per Reggio, e forse i disagi e le preoccupazioni di quei giorni accellerarono la fine del poeta, da tempo malato, che morì nel dicembre dello stesso anno
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L'Orlando Innamorato Fu iniziato dal Boiardo intorno al 1476, la prima parte fu stampata a Reggio nel Poi, il lavoro procedette a rilento, finché rimase interrotto al canto nono del libro terzo, pochi mesi prima della morte del poeta. Il Boiardo si ispira ai due grandi cicli della letteratura francese cavalleresca del Medioevo: quello carolingio e quello bretone. L'intima ispirazione del poema è costituita dall'ideale cavalleresco, sentito come cortesia, valore, amore, generosità, disinteresse, spirito d'avventura. Così il Boiardo esprime una aspirazione sua e della nobiltà francese, ben più vicina, che non la Firenze borghese del Pulci, all'ideale cavalleresco e signorile; e diviene l'espressione dell'aristocrazia ferrarese del Rinascimento, che del proprio carattere medievale ha mantenuto il culto dell'onore, l'ardore di prodezza e di gloria, il gusto per una consuetudine elegante e raffinata di vita, fondendoli, però, con le aspirazioni dell'epoca nuova: l'adesione fervida alla natura, il libero dispiegarsi della vita dei sensi, la ricerca di una serena e armonica gioia vitale, l'affermazione della propria individualità. L'aristocrazia cavalleresca ha, insomma, perduto il senso di sacra investitura che aveva nel Medioevo e tende a coincidere con la volontà individuale di affermazione e potenza, con l'esaltazione della capacità costruttiva del singolo.
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Parafrasi Non si riposa il paladino, ma con la forza e la velocità di un fulmine piomba sui nemici, agitando la sua spada Durlindana, e non fa caso al grande o al piccolo, ferisce i comandanti come i soldati semplici.
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L'EROE CAVALLERESCO NEL RINASCIMENTO
E poi si squarciò i panni e mostrò ignudo l'ispido ventre e tutto 'l petto e'l tergo e cominciò la gran follia sì orrenda che della più non sarà mai ch'intenda. In tanta rabbia, in tanto furor venne che rimase offuscato in ogni senso Lodovico Ariosto, "L'Orlando Furioso" , canto XXIII. Giambattista Gallizzi, Illustrazione per l'edizione Labor 1945. EXIT Vedi Biografia
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EROE: Chi in un'azione guerresca si è distinto per le sue gesta straordinarie:
"Voi sentirete fra i più degni eroi che nominar con laude m'apparecchio ricordar quel Ruggier" Ludovico Ariosto, Orlando Furioso, I, 4 anche: Essere sovrumano, semidio dotato di particolari prerogative virtù, a cui si attribuiscono gesta prodigiose compiute a favore dei suoi cultori e seguaci: "Gli eroi per la fresca origine gigantesca erano in sommo grado goffi e fieri... di cortissimo intendimento, di vastissime fantasie, di violentissime passioni" Giambattista Vico, La scienza nuova.
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Parafrasi E poi si strappò i vestiti di dosso e mostrò nudo il ventre peloso e tutto il petto e la schiena e cominciò la grande follia terribile, rispetto alla quale nessuno mai sentirà parlare di una peggiore. Fu preso da una rabbia e da un furore tali che ogni suo senso ne rimase offuscato.
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Orlando Furioso Il poema ariostesco, continuazione di quello interrotto dal Boiardo, accoglie un fitto e vario intreccio di avventure mosse e governate da una straordinaria felicità inventiva. L'"Orlando Furioso" ci rappresenta la vita come il poeta l'immaginava: una scena immensa su cui passano incessantemente uomini e vicende; queste ultime sono appunto create dalla ricerca degli uomini che inseguono ideali, sogni, desideri, senza mai raggiungerli. La vicenda centrale del poema è, come è noto, molto semplice: Orlando, paladino di Carlo Magno, si innamora di Angelica regina del Catai e cerca in ogni modo di conquistarla senza successo. Quando poi scoprirà che Angelica è innamorata di Medoro, la sua mente non reggerà alla terribile rivelazione della verità. Orlando allora impazzisce vagando per la foresta e le campagne. Infine rinsavirà per merito di Astolfo che riesce a recuperare sulla Luna (dove si conservano le cose perdute sulla Terra) il senno del valoroso paladino. Il poema rappresenta tutte le varie vicende umane, sicché nasce quell'armonica visione dei sentimenti e dei toni poetici che lo ha reso inimitabile, conferendogli una mirabile perfezione artistica. In un Cinquecento profondamente vitale, l'"Orlando Furioso" si pone come un capolavoro assoluto di quella civiltà con tutte le sue aspirazioni e tutte le sue direttive di esperienza, con il suo senso inarrivabile della forma, con la classicità che non è sterile classicismo, dato che quella perfezione sale da un'esperienza diretta e totale, non da una sovrapposizione di puro decoro.
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Ludovico Ariosto Nacque l'otto settembre 1474 a Reggio Emilia, dove il padre, conte Niccolò, ricopriva l'ufficio di capitano della guarnigione estense. Ludovico aveva dieci anni, quando la famiglia si trasferì a Ferrata, qui il ragazzo compì i suoi studi. Nel 1500 la morte del padre fece ricadere sulle spalle di Ludovico una pesante responsabilità. Nel 1502 l'Ariosto ebbe l'ufficio di capitano della rocca di Canossa, l'anno seguente entrò al servizio del cardinale Ippolito d'Este. Ariosto però rimpiangeva l'indipendenza, e sopportava sempre più mal volentieri le incombenze che lo costringevano ad allontanarsi dalla sua donna amata, Alessandra Benucci. Nel 1518 il poeta passò al servizio del Duca Alfonso, che lo inviò come commissario nella turbolenta regione della Garfagnana, dove rimase fino al 1525, amministrando saggiamente la provincia e ponendo un freno alle violenze private e alle imprese dei banditi. Tornato a Ferrara, potè godere della libertà e della tranquillità, in una piccola casa di periferia, dove si dedicò all'ampliamento e alle correzioni dell'Orlando Furioso. Morì il 6 luglio 1532.
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L'EROE NELL'ETà ROMANTICA
A EGREGIE COSE IL FORTE ANIMO ACCENDONO L'URNE DE' FORTI, O PINDEMONTE, E BELLA E SANTA FANNO AL PEREGRIN LA TERRA CHE LE RICETTA. Ugo Foscolo, "Dei Sepolcri", vv Jacques Louis David, Ritratto di Napoleone primo Console" (1799), Parigi, Louvre EXIT Biografia Vedi
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Eroe: Chi nella lotta e nella sofferenza ha acquistato profonda saggezza, nobiltà e fortezza d'animo: "E me che i tempi ed il desio d'onore fan per diversa gente ir fuggitivo me ad evocar gli eroi chiamin le Muse del mortale pensiero animatrici" Ugo Foscolo, Sepolcri, "Quella tomba sei tu: e là, cenere muto, vivi ancora, operi ha un'azione sull'umanità. Là tu parli ancora a' tuoi, tu raccomandi a' concittadini la sanità della vita , tu ispiri i fatti magnanimi; là vengono a interrogarti i secoli, a evocarti i poeti e gli eroi; e tu produci ancora tu generi di te i grandi uomini." Francesco De Sanctis "Saggi Critici", III
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DEI SEPOLCRI Nel 1806 Foscolo elabora la concezione della poesia fondatrice ed eternatrice di valori umani e civili. Il motivo occasionale fu l'editto napoleonico di Saint-Cloud che proibiva la sepoltura fuori dei cimiteri suburbani. Esteriormente il carme può sembrare una protesta contro una legge iniqua; in realtà, confluiscono in esso echi della letteratura preromantica e soprattutto temi e problemi già vivi nelle precedenti opere foscoliane. Ugo Foscolo non nega la tragicità della morte come annullamento della vita individuale; ma egli tenta di creare un insieme di illusioni consolatrici di nuova vita. La prima parte è dominata da un tono di mestizia che si addice alla discussione sull'utilità o meno dei sepolcri; l'argomento è presentato prima nel suo aspetto negativo e poi nel sentimento che afferma una possibilità di colloquio tra vivi e morti. La seconda parte ne porta una poetica conferma , polemizzando contro l'uso delle fosse comuni. La terza parte dei Sepolcri si svolge con ritmi maestosi e sacrali, coerenti al significato storico, civile, patriottico della tomba. L'uso delle onoranze funebri, infatti, è legato alle origini stesse delle civiltà: religione sentita in passato e poi ripresa tra i moderni nella quale il culto degli oggetti familiari si congiunge al culto degli eroi nazionali. La quarta parte è ispirata all'esaltazione delle tombe dei grandi e del loro valore nella storia di una nazione. Proprio attraverso la scena tumultuosa del campo di battaglia di Maratona, il carme giunge all'ultima parte in cui Foscolo attinge i toni della sua elegia dall'atmosfera leggendaria del mondo antico, celebrando Ilio e soprattutto la figura di Ettore, eroe destinato alla morte, ma vivo nella poesia per la sua generosa idealità. La discussione sul valore dei sepolcri è trasformata in un inno all'eroismo sfortunato e la poesia del carme è la testimonianza più sacra e solenne che gli uomini, pur soggetti al dolore e alla morte, riescono a fondare supremi valori di vita.
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Parafrasi Le tombe degli eroi, o Pindemonte, ispirano al compimento di grandi azioni gli animi degli uomini valorosi, e rendono preziosa e sacra la terra che le ospita agli occhi di chi si trova a passarvi.
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L'EROE NELL'ETà ROMANTICA
DALL'ALPI ALLE PIRAMIDI DAL MANZANARRE AL RENO, DI QUEL SECURO IL FULMINE TENEA DIETRO AL BALENO, SCOPPIO' DA SCILLA AL TANAI, DALL'UNO ALL'ALTRO MAR. FU VERA GLORIA? AI POSTERI L'ARDUA SENTENZA. Alessandro Manzoni "Il Cinque Maggio", vv Jean-AnToine Gros, "Napoleone ad Arcole" (1796), Parigi, Louvre. EXIT La Poetica Biografia
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Eroe: Essere sovrumano, semidio dotato di particolari prerogative virtù, a cui si attribuiscono gesta prodigiose compiute a favore dei suoi cultori e seguaci: "Grande era l'uomo all'opra, fratello degli incliti eroi col piede nel solco ferace." Gabriele D'Annunzio, Laudi. In rapporto con la divinità dalla quale sarebbe stato creato: "Il nome d'eroe è nome che in greca favella deriva da "amore" perché il vicendevole amore fra l'iddio e l'uomo è stato cagione ch'egli sia nato" Torquato Tasso, Dialoghi.
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ALESSANDRO MANZONI Nato a Milano nel Le sue principali opere furono: un poemetto giovanile del 1801 "Il trionfo della libertà", l'idillio "Adda", "I Sermoni" ( ), "In morte di Carlo Imbonati" (1806 ) composti a Parigi. Nel 1809, "Urania" che propone la testimonianza del vero e del giusto. Manzoni soggiornò a Parigi alcuni anni nei quali rafforzò la sensibilità romantica più rispettosa della tradizione della storia. Nel 1809 Manzoni si sposò con Enrichetta Blondel, compagna fedelissima e amatissima. Nel 1810 l'avvenimento più importante della sua vita di poeta: si converti' al cattolicesimo. La fede cattolica consentì al Manzoni di ancorare la sua vita a una verità, di placare la sua ansia etico-religiosa nella certezza di una fede comune. non rinnegò, pero', i suoi ideali illuministici, ma questa svolta esistenziale gli diede la possibilità di fondarli più saldamente. Il Manzoni fu un cattolico liberale. Dal '12 al '15 compose gli "inni sacri" ai quali aggiunse poi "la pentecoste", la prima tragedia "Il Conte di Carmagnola" dal 1816 al '20; dal '20 al '22 "L'Adelchi" e, nel '21, due grandi odi politiche: "Marzo 1821" e il "5 Maggio". Mentre dal '21 al '23 abbiamo il primo abbozzo de "I Promessi Sposi" ( il "Fermo e Lucia" ), poi riveduto in diverse redazioni, delle quali quella definitiva, pubblicata a Milano, risale agli anni 1840-'42. Infine pubblicò la "Storia della Colonna Infame". L'attività artistica del Manzoni si concluse nel 1842; morì nel
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LE TEMATICHE L'opera letteraria del Manzoni è dominata dal valore della fede e della Provvidenza che agisce nella storia dell'uomo, secondo misteriosi disegni, verso la redenzione e l'affermazione della giustizia. Nei "promessi Sposi" questo disegno appare del tutto completo e correlato alla vittoria della Provvidenza divina sul potere umano e al valore dell'Italia visto attraverso due persone comuni, come sono i DUE protagonisti, RENZO E LUCIA. La concezione manzoniana della storia ha subito una decisa modifica rispetto alle tematiche dell'"Adelchi" dove il potere era mezzo di oppressione senza via d'uscita per il cristiano: Soltanto dopo la morte si sarebbe potuta ottenere la giustizia e la verità, poiché la storia dell'uomo era considerata DAL mANZONI intrinsecamente corrotta. Nel "Cinque Maggio" affiora il concetto del potere sempre come concesso da Dio e volutamente consegnatO dalla sua autorità ad un uomo eccezionale, predestinato, per realizzare un disegno ben più grande della sua realtà immediata.
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PARAFRASI Dall'Italia all'Egitto, dalla Germania alla Spagna, quell'uomo privo di esitazioni prima concepiva l'impresa guerresca e poi la realizzava con potente e fulminea azione. La sua potenza guerriera si espresse dall'Italia meridionale alla Russia, da una parte all'altra del mondo. Fu gloria vera? Agli uomini del futuro è riservato il difficile giudizio.
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L'EROE NELL'ETA' CONTEMPORANEA
Non sa più nulla, è alto sulle ali il primo caduto bocconi sulla spiaggia normanna. Per questo qualcuno stanotte mi toccava la spalla mormorando di pregar per l'Europa... Ma se tu fossi davvero il primo caduto bocconi sulla spiaggia normanna prega tu se lo puoi, io sono morto alla guerra e alla pace. Vittorio Sereni "Non sa più nulla è alto sulle ali", vv. 1-14 Umberto Boccioni "Stati d'animo I: quelli che restano" (1911), Milano, Galleria d'Arte Moderna EXIT La Poetica Biografia
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Eroe: Chi lotta e soffre, in generale, per una nobile causa sacrificando gli interessi personali. Chi in una impresa nobile e rischiosa paga largamente di persona. Un martire. "Io domando eroi non uomini comuni. per poter dare una fede agli uomini bisogna che alcuni uomini sappiano essere martiri" Scipio Slataper "Alle tre amiche"
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NON SA PIU' NULLA E' ALTO SULLE ALI
Il poeta, prigioniero in Algeria ha avuto il presentimento dello sbarco degli Alleati in Normandia. Nella notte, infatti, quando ancora non xi sapeva nulla di quell'avvenimento, gli è sembrato che qualcuno lo invitasse a pregare per le sorti dell'Europa. Forse chi gli ha fatto questa richiesta era il primo soldato caduto sulla spiaggia di Normandia e ora è ormai lontano dalle vicende della guerra, povera salma trasportata su un aereo. O forse è solo sulle ali del vento. Ma il poeta rimane sordo al suo messaggio, come se la voce del soldato fosse solo quella del vento di Algeria: nella condizione di prigionia in cui si trova, inaridito dalla sofferenza, non può accogliere alcun messaggio di speranza. La lirica è solo apparentemente di argomento storico: più che alla guerra fa riferimento all'amara sfiducia del poeta che senza più ideali in cui credere e umiliato dallo stato di prigionia, vive nella passività e nell'indifferenza. Rifiuta ogni illusione e si sente sconfitto. Questo è il tema dell'assenza e dell'alienazione angosciosa dell'uomo.
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Vittorio Sereni Sereni nacque a Luino nel 1913 e morì a Milano nel Partecipò alla seconda Guerra mondiale, prima in Grecia e poi in Sicilia, dove fu fatto prigioniero dagli Americani. Trascorse due anni in un campo di concentramento in Algeria. Al ritorno in patria, dopo essersi dedicato per qualche anno all'insegnamento, passò a lavorare nell'industria: prima all'ufficio pubblicità della Pirelli, poi alla casa editrice Mondadori. Tra le sue opere poetiche più significative ricordiamo il "Diario d'Algeria". Nel 1972 gli è stato assegnato il premio dell'Accademia dei Lincei per la sua attività letteraria che, oltre alla produzione poetica, comprende traduzioni, saggi e prose: "Gli immediati dintorni", "L'opzione".
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Tematiche Con "Frontiere" e "Poesie" Sereni si distingue per l'intimità del rapporto che instaura con gli aspetti della realtà che - colti nella loro oggettiva precisione e pur distanziati, rarefatti e sfumati da frequenti modulazioni elegiache - finiscono per diventare elementi di un paesaggio dell'animo, memoria, nel solco della lezione ungarettiana. Ma l'esperienza di guerra e di prigionia incide profondamente sull'uomo e sul poeta come è testimoniato dal "Diario d'Algeria": la vicenda storica, la prigionia danno luogo nel poeta ad una interiore conflittualità, che via via si configura come lacerante coscienza della propria condizione di estraneità, di assenza. Ispirato, quindi, all'esperienza di guerra il "Diario", ma proiettato in una dimensione di esistenziale angoscia, di dolorosa coscienza della propria condizione di passività, di "morte". Poi l'esperienza personale dei grandi ingranaggi dell'industria neocapitalistica, di una società e di un tempo subiti e non amati, delle fabbriche, asettici inferni, di cui il poeta vede la sostanziale realtà, la ferrea logica di sfruttamento anche se mascherata con gli allettamenti padronali. E da ciò lo sconforto e il furore, l'ostinata disperazione che, tuttavia, non spegne l'urgenza di sperare, l'amara presa di coscienza della situazione dell'intellettuale di fronte a questa nuova, problematica realtà. Per esempio "Una visita in fabbrica" testimonia la coscienza di un amaro dissidio con la società capitalistica.
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Parafrasi Non sa più niente perché è morto, è alto sulle ali della morte, sull'aereo che lo sta riportando in patria, il primo soldato morto a faccia in giù sulla spiaggia normanna. Per questo mi sembrava che qualcuno mi toccasse la spalla (cioè quel soldato stesso) e mi chiedesse di pregare per il destino dell'Europa... Ma se tu fossi davvero il primo soldato morto a faccia in giù sulla spiaggia normanna, prega tu per questo, se lo puoi, io non riesco più a pregare, il mio spirito è morto, senza speranza per la guerra e per la pace.
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La Natura nella Letteratura Italiana
EXIT L’amore La donna Gli eroi Vita e morte
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LA NATURA PER L'UOMO MEDIEVALE
Laudato sie, mi Signore cum tucte le tue creature spetialmente messere lo frate sole lo qual'è iorno, et allumini noi per lui Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore de te, Altissimo, porta significatione Francesco d'Assisi "Il Cantico di Frate Sole", vv. 5-9 Jan van Eick, polittico di Gand "L'adorazione dell'Agnello Mistico” ( ca.), Gand, Cattedrale EXIT Biografia
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Natura: Il principio della generazione, della trasformazione e della conservazione dell'esistente: La definizione aristotelica di tale concetto come causa efficiente e finale del movimento e della quiete ha inluenzato profondamente il pensiero occidentale, soprattutto attraverso il pensiero della filosofia scolastica che sotto le definizioni di natura naturans, formaliter spectata, naturante, prima universale ha individuato il complesso delle cause generatrici, esprimendo la potenza di Dio, causa prima non creata. Manifestazione, quindi, della divinità: "La natura del mondo che quieta il mezzo e tutto l'altro intorno move quinci comincia come da sua meta." Dante Alighieri, Paradiso, XXVII, 106 Natura: Complesso degli esseri animati e inanimati, delle forze, dei fenomeni e delle relazioni che costituiscono l'universo, considerato come totalità organica in divenire regolata da leggi intrinseche, prodotto dalla potenza demiurgica di una divinità: "Lo ministro maggior de la natura che del valor del ciel lo mondo impronta e col suo lume il tempo ne misura... ...si girava per le spire in che più tosto ognora s'appresenta." Dante Alighieri, Paradiso, XXVIII, 42
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IL "CANTICO DI FRATE SOLE"
Secondo l'antica leggenda francescana, San Francesco avrebbe composto questo cantico nel 1224, nell'orticello di San Damiano, dopo una notte di fortissime sofferenze fisiche, aggravate da un'invasione di topi nella sua cella. L'ispirazione del Cantico è fondata su un motivo: l'umile ma pure gioiosa accettazione di tutta la vita che palpita dentro noi e intorno a noi, perchè essa provenendo da Dio che è grande gioia, può solo avere un altissimo significato e una profonda e autentica bellezza. Bontà e bellezza che ci sono attestate da acqua, sole, terra, fuoco, fiori e stelle armoniosamente uniti in questo universo, ci vogliono mostrare da un lato la mente creatrice e dall'altro, esistono per servirci, per essere utili alla nostra esistenza. In tutto il creato, possiamo sentire la presenza paterna di Dio e sentirci tutti fratelli. Non solo la natura, ma anche il dolore e la morte fanno parte di questa armonia e hanno un significato: l'uno, se vissuto nel nome del Signore è strumento di purificazione che a lui ci avvicina, l'altra, perchè ci mette in comunicazione con un altro mondo. Giova, però, avvertire che se la natura si può presentare sotto lo sguardo del poeta in una luce di bellezza, la vita dell'uomo è vista nel suo continuo dramma di peccato.
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Parafrasi Laudato sii, mio Signore, con tutte le tue creature, specialmente Fratello Sole, il quale è la luce, e per mezzo di lui tu ci illumini. Ed egli è bello e raggiante di luce, con grande splendore di te, Altissimo, porta il segno più evidente.
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LA VITA DI SAN FRANCESCO D'ASSISI
Francesco D'Assisi nacque nell'anno 1182 nella città umbra di Assisi, figlio di un commerciante e di sua moglie Pica. I genitori si preoccuparono poco dell'educazione religiosa del giovane, essendo legati soprattutto alle cose terrene. Avvenne così che a poco a poco egli trasformò il suo carattere avvicinandosi di più alla miseria umana. Cominciò a impiegare anche il patrimonio del padre per fare del bene. Francesco, siccome il padre non era d'accordo con il suo progetto, rinunciò alla sua eredità e si allontanò dalla casa paterna. Umile ed obbediente, fedele al volere di Dio, raccolse intorno a sé una schiera di compagni e predicò la semplicità, la carità e la penitenza. Nell'anno 1224, sul monte della Verna, Francesco ricevette le stimmate di Cristo. Pochi anni dopo, il 3 ottobre 1226, morì presso la Porziuncola. Venne sepolto con grande solennità e santificato da Papa Gregorio IX. Non solo i cattolici, ma anche i non cattolici, onorano oggi Francesco D'Assisi come uno dei più grandi uomini della Terra e la letteratura italiana lo ricorda come uno dei suoi più grandi poeti poichè ci donò l'immortale "Cantico di Frate Sole" scritto nel 1224.
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La Natura nell'età barocca
Porpora de' giardin , pompa de' prati, gemma di primavera, occhio d'aprile, di te le Grazie e gli Amoretti alati fan ghirlanda a la chioma, al sen monile. Tu qualor torna a gli alimenti usati ape leggiadra o zeffiro gentile, dai lor da bere in tazza di rubini rugiadosi licori e cristallini. Gianbattista Marino "L'elogio della rosa" vv. 1-8 Francesco Guardi, "Natura morta di fiori con pappagallo" (1775-'80), Bologna, collezione privata. EXIT La Poetica Biografia
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Natura: Luogo, paesaggio, ambiente, elemento considerato soprattutto per aspetti biologici o fisici o anche psicologici, per nulla o poco condizionato o modificato dall'intervento dell'uomo: "Oda quest'inno tutta la natura oda la terra e nebulosi e foschi turbini e piove che fan l'aria oscura" Lorenzo de Medici, Rime Una bella natura, colori stupendi al punto che le farfalle sembrano di garza e si ha l'impressione che i fiori siano rpofumati di Chanel numero cinque" Alberto Arbasino, Le piccole vacanze. "Tacea spaventata natura; il ruscelletto timido e lamentevole fra l'erbe volgeva il corso né stormian le frondi per la foresta." Foscolo I, 291
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TEMATICHE Le migliori poesie del Marino, trattano e cantano la Natura con una piena adesione di vita e vivacità. La sua vasta produzione poetica è caratterizzata da un forte senso vitalistico della natura, decisamente barocco; inoltre la poesia del Marino appare influenzata anche dallo studio scientifico della natura che si può rintracciare nelle minuziose e precise descrizioni di piante, animali, paesaggi. Il suo poema più "grande" è l"'Adone", composto da 20 lunghi canti in cui racconta gli Amori di Venere e Adone, la morte di Adone, ucciso da un cinghiale mandato dal geloso Marte. La trama è costruita su un intreccio di descrizioni di luoghi, oggetti, pietre preziose,... ovvero tutto ciò che può essere visto e apprezzato per la propria bellezza. Nel caso dell'Adone il Marino non voleva solo scrivere un poema, ma il poema per eccellenza, il quale avrebbe superato la poesia passata e avrebbe lasciato una traccia indelebile per i posteri. L'opera del Marino è stata paragonata ad un' "enciclopedia del poetabile" visto che volle mettere in versi qualsiasi cosa, tutti gli argomenti, anche qualli della poesia passata. Tutto lo scritto è basato sulla ricerca di parole ed argomenti nuovi, quindi fa risplendere tutta la sua abilità di letterato "virtuoso" nell'arte poetica. La critica moderna afferma, però, che la migliore poesia del Marino è contenuta nelle liriche "minori" non per importanza, ma per ampiezza, come, ad esempio, la "Lira", la "Galleria" e la "Sampogna"; quindi l' Adone è escluso. In queste opere minori, infatti, troviamo la sua vera vena poetica, erotica e sensuale. Alle volte anche l'uso abbondante di metafore e la ricercatezza delle parole ci danno il senso della meraviglia e dell'intellettualità contenuta nelle poesie del Marino. Invece, quando frena il suo intellettualismo esprime stupore e sensibilità quasi introdotto da un'aria fiabesca e musicale.
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BIOGRAFIA DI GIAMBATTISTA MARINO
Giambattista Marino nacque a Napoli il 14 ottobre Seguì gli studi giuridici come voleva il padre, ma li abbandonò ben presto per seguire l'esercizio letterario e quindi dedicarsi alla poesia. Egli, però, non la concepì come trasporto dell'anima ma come una professione magnifica e lussuosa che gli consentisse di emergere nella società contemporanea. La sua carriera non fu priva di colpi di scena a causa del suo temperamento impulsivo, litigioso e senza tanti scrupoli che lo coinvolgeva in vicende romanzesche e avventurose. Fuggì nel 1600 da Napoli, dove aveva scontato una pena in carcere a causa della sua vita sregolata. Dapprima si rifugiò a Roma, poi a Torino, dove visse dal 1608 al 1615 alla Corte di Carlo Emanuele 1° di Savoia. Qui ebbe la sua avventura più pericolosa causata dal suo "onore" infatti Gaspare Murtola, il suo accanito avversario, tentò di ucciderlo a colpi di pistola. Ma poco dopo, finì lui stesso in carcere ( ), sotto l'accusa di aver sparlato del duca. Nel 1615, una volta liberato, si recò alla corte di Francia dove fu accolto trionfalmente, colmato di onori e di denaro dalla regina Maria de Medici che lo invitò. Ritornò in Italia nel 1623, l'anno in cui a Parigi veniva pubblicato l'"Adone", la sua opera più ambiziosa. Visse un anno a Roma e il successivo a Napoli dove fu onorato ed esaltato come il poeta del secolo. Morì nella sua città natale il 25 marzo 1625.
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ELOGIO DELLA ROSA POEMA MITOLOGICO
Mentre Venere cammina fra le selve dell'isola di Cipro, viene punta ad un piede dalle spine di una rosa candida che poi venendo bagnata dal suo sangue, s'imporpora. Recandosi alla fonte per lavare la ferita, vede Adone che dorme sull'erba e se ne innamora. Poi si volge con riconoscenza al fiore, causa involontaria del dolce incontro.
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Ornamento regale dei giardini e dei prati,
PARAFRASI Ornamento regale dei giardini e dei prati, gemma di primavera, splendore d'aprile di te le Grazie e gli Amori creano ghirlande per adornare i capelli e ornamenti preziosi come gioielli per il seno. Tu, quando l'ape bella si posa su di te cercando il polline e una brezza leggera ti scuote, a entrambi tu dai da bere il tuo profumo puro, intriso di rugiada nella tazza di rubini della tua corolla.
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LA NATURA NELL'EPOCA ROMANT ICA
Ma sedendo e mirando, interminati spazi di là da quella, e sovrumani silenzi, e profondissima quiete io nel pensier mi fingo, ove per poco il cor non si spaura. e come il vento... G. Leopardi, "L'infinito", vv. 4-8 A. Altdorfer "La battaglia di Isso" (1529), particolare. Monaco, Alte Pinakothek EXIT Vedi La Poetica Biografia
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Natura: Entità che produce sensazioni e stimoli mentali, un appagamento estetico e un'immagine interiorizzata alla quale sono riferibili stati d'animo, sentimenti emozioni indispensabili al mantenimento dell'equilibrio interiore e all'espressione dello spirito umano: "Nella natura sono certi elementi i quali pare scoprano a' sensi qualche cosa d'incorporeo, che ci tira su dalla grave materia in cui siamo e ci trasporta coll'immaginazione nell'infinito" Francesco De Sanctis, La scuola cattolico liberale e il romanticismo a Napoli. Natura: come personificazione: rappresentazione archetipa femminile della forza generatrice e conservatrice dell'esistenza, intesasia come entità materna e provvidenziale che si prende cura sollecita delle proprie creature sia come entità creatrice, ma indifferente alla sorte degli esseri in cui si manifesta, o addirittura nemica (Natura matrigna): "O natura, o natura, perché non rendi poi quel che prometti allor? Perché di tanto inganni i figli tuoi?" Leopardi, A Silvia, vv.36-39
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PARAFRASI Sempre caro mi fu questo colle solitario e questa siepe, che esclude la vista di tanta parte dell'orizzonte, ma sedendomi e guardando io nel pensiero mi raffiguro spazi senza limiti, e silenzi che superano la capacità di comprensione della mente umana, e quiete profondissima, in modo tale che per poco il cuore non si turba e si smarrisce. E quando sento il vento che fa stormire le fronde degli alberi io paragono questo suono alla sensazione d'infinito. Comincio a pensare alla vita, alle stagioni che non sono più e a quella presente, con i suoi suoni. Cosi in questa sensazione di immensità il mio pensiero si perde e per me è dolce naufragare nel mare dell'infinito.
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L'INFINITO Gli idilli esprimono momenti di contemplazione e di contatto con la natura, nei quali il poeta medita dolorosamente sulla propria infelicità. Nell'"Infinito", Leopardi cede ogni senso di infelicità per riflettere sugli "indeterminati spazi" e sui "sovrumani silenzi" presenti nell'universo. Da un momento di contemplazione della natura, da un colle da cui si ha un'ampia vista della valle (dalla quale, però, il poeta è escluso a causa della presenza di una siepe), scaturisce in Leopardi l'immagine di un orizzonte infinito, che lo fa astrarre dalla realtà, facendolo sprofondare in interrogativi sul senso della vita e della storia dell'umanità. Questa è una lirica molto semplice, ma di complessa interpretazione, in quanto nasce dai pensieri e dalle sensazioni che la natura fa scaturire nel Leopardi e poi si eleva verso realtà incommensurabili.
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BIOGRAFIA DI GIACOMO LEOPARDI
Il 2 giugno 1798 nasce a Recanati Giacomo Leopardi. Nel 1808 inizia in modo indipendente gli studi, impadronendosi in pochi anni di molte lingue. Nel 1809 compone il sonetto "La morte di Ettore", ritenuto il suo primo componimento poetico. Nel 1812 traduce l'"Arte poetica" di Orazio e compone la tragedia "Pompeo in Egitto" come dono natalizio al padre. Nel 1816, nell'anno che più tardi definirà della propria "conversione letteraria". Con 1'aggravarsi del proprio stato di salute, compone la cantica "Appressamento della morte". Del 1817 sono le prime annotazioni dello "Zibaldone". Nel 1819 compone "L'infinito" e "Alla luna". Ha inizio la "conversione filosofica". Nel 1824 scrive le prime venti "Operette morali". Nel gennaio 1826 escono sul "Nuovo Riciglitore" di Milano i primi "Idilli". Raccoglie le sue poesie, canzoni e idilli, nel volume dei "Versi". Nel 1827 Leoperdi, che proprio in questi anni esprime la convinzione che "tutto è male"; scrive, benché malato agli occhi, il "Dialogo di Plotino e di Porfirio. Nel 1826 compone "Il Risorgimento" e "A Silvia". Nel 1834 compone "Aspasia". Nel 1835 esce nel "Rhei ni sches Museum" un suo estratto filologico, "Excepta e schedis criticis Jacobi Leopardi comitis" a cura del De Sinner. Il 14 giugno 1837 morì nella città di Napoli per collasso cardiaco.
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LA NATURA NEL NOVECENTO
Là dura un vento che ricordo acceso nelle criniere dei cavalli obliqui in corsa lungo le pianure, vento che macchia e rode l'arenaria e il cuore dei telamoni, lugubri, riversi sopra l'erba. Anima antica grigia di rancori, torni a quel vento, annusi il delicato muschio che riveste i giganti sospinti giù dal cielo. Salvatore Quasimodo, "Le strade di Agrigentum", vv Giorgio De Chirico, "Cavalli antichi ai piedi di un castello" (1968) EXIT La Poetica Biografia
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Natura:In relazione con l'uomo, entità che sussiste e si trasforma senza l'intervento umano, oppure che ne subisce l'azione solo in forma indiretta, rivolta a modificazioni funzionali che non ne alterano le caratteristiche fondamentali. In rapporto anche con la storia dell'uomo: "Sta natura ognor verde, anzi procede per sì lungo cammino che sembra star. Caggiando i regni intanto passan genti e linguaggi: ella nol vede e l'uom d'eternità si arroga il vanto" Giacomo Leopardi, Canti.
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Le strade di Agrigentum
Descrive le sensazioni provate dal poeta nella valle dei Templi ad Agrigento, la visione della natura selvaggia accompagnata dalle testimonianze del passato, dai frammenti di colonne e sculture greche sparse sull'erba. Questo ambiente è come l'anima del poeta, grigia come quell'arenaria grigia, che ritorna alla sua storia, corrosa dal tempo e dalle delusioni. Così la natura comprende la storia e diventa un fatto puramente interiore dove l'antico si fonde con il presente.
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Parafrasi Là c'è sempre un vento che ricordo acceso come un fuoco dalle criniere dei cavalli in corsa lungo le pianure, vento salmastro che con il tempo corrode la pietra e le statue, che comunicano un senso di morte, riverse sopra l'erba. Anima delusa e piena di ricordi dolorosi e negativi, spesso torni a quel vento e annusi il muschio delle statue sospinte giù dal cielo (cioè i miti caduti e morti).
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Salvatore Quasimodo Salvatore Quasimodo nasce a Modica, in provincia di Ragusa nel 1901, gli spostamenti del padre per lavoro gli fanno conoscere la Sicilia. Dopo le elementari si iscrive all'Istituto tecnico e verso il 1916, inizia il suo tirocinio di poeta. Nel 1919 si iscrive al Politecnico di Roma, ma le difficoltà economiche lo costringono a lasciare l'università. Assunto come geometra nel 1926, riprende i contatti con gli amici siciliani. Nel 1929 a Firenze conosce Eugenio Montale. Nel '34 ottiene il trasferimento a Milano, lavora in Valtellina, ma tiene i contatti con l'ambiente culturale milanese. Nel '38 lascia il Genio Civile per lavorare con Cesare Zavattini. Inizia l'opera di traduzione dei Lirici greci. Nel '41 ottiene la cattedra di letteratura italiana al Conservatorio di Milano. Quasimodo ha raccolto il suo lavoro poetico da "Acque e terre" alle "Nuove poesie". Anche se Quasimodo non partecipa direttamente alla resistenza i grandi avvenimenti mondiali influirono sulle sue poesie. Nel '50 gli viene assegnato il Nobel per la letteratura. Nel '66 inizia l'ultima raccolta poetica, "Dare e avere". Nel '71 esce postuma l'edizione completa "Poesia e discorsi sulle poesie". La poesia di Quasimodo attraversa un'epoca di crisi, in cui il sentimento dell'appartenenza all'umano diventa più dubbioso e perplesso. Quasimodo si muove fra il crepuscolo della civiltà contadina e il drammatico crescere della nuova città infernale, fra violenza e pacificazione che convivono nell'uomo, fra il desiderio d'amore e odio mortale.
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Le tematiche Si parlò di un "primo" ed un "secondo" Quasimodo. Il primo evoca una realtà terrestre, le stagioni, l'amicizia; parla di solitudine e dolore individuale. In seguito il canto diviene denuncia e protesta contro quanto non dà spazio all'uomo. Il "perché si scrive" l'autore lo aveva spiegato nelle prose e nei "Discorsi sulla poesia", e perfino la traduzione (come i Lirici greci) è creazione di autonoma poesia.
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Fra i rocchi delle colonne crollate, dove, la sera, quando la spiaggia è deserta, grandi cavalli si soffermano prima di andare a brucare avidamente le tenere camomille che fioriscono all'ombra delle rovine gloriose. Giorgio De Chirico
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Vita e Morte nella Letteratura Italiana
EXIT L’amore La donna Gli eroi La natura
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VITA E MORTE NEL MEDIOEVO
Tu senti ballatetta, che la morte mi stringe sì, che vita m'abbandone e senti come 'l cor si sbatte forte per quel che ciascun spirito ragiona tanto è distrutta già la mia persona, Ch'i' non posso soffrire: Se tu mi vuoi servire, mena l'anima teco (molto di ciò ti preco) quando uscirà del core. Guido Cavalcanti "Perch'i' no spero di tornar giammai", vv Tito Lessi, "Guido Cavalcanti e i cavalieri fiorentini" EXIT La Poetica Biografia
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Morte: Tormento spirituale, afflizione dell'animo, senso di disperazione, di abbattimento (con particolare riferimento alla tradizione poetica provenzale e petrarchesca) "Fatto se' di tal servente che mai non de sperare altro che morte" G. Cavalcanti, Rime. "Invece di pensier leggiadri e gai ch'aver solea d'amore porto disir nel core che son nati da morte per la partenza, sì me ne duol forte." Cino da Pistoia, Rime.
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PERCH'I' NO SPERO DI TORNAR GIAMMAI
E' un canto d'amore e di lontananza, ed è questa forse la poesia più bella del Cavalcanti, anche perché la forma della ballata del suo ritmo delicato, lieve, ondeggiante, con la sua musica sottile e aggraziata, si presta meglio all'espansione dell'animo del poeta, alle indefinite e vaghe atmosfere interiori e a quelle tonalità sospese e sognanti che la sua poesia predilige. Il poeta è lontano dalla sua donna, malato, nel corpo forse, ma senz'altro, e soprattutto, nell'anima: malato d'amore e di passione. Cavalcanti presentisce la morte, la sente vicina: ma essa non lo sgomenta tanto come fine della vita, bensì come fine dell'amore, così divinamente dolce, pur nel dolore e nell'amarezza che porta con sé. Il fascino maggiore della ballata sta nella solitudine e nel silenzio del cuore, lontani dalla realtà quotidiana.
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PERCH'I' NO SPERO DI TORNAR GIAMMAI
Tu senti, ballata, che la morte mi è così vicina si, che la vita ormai m'abbandona, e senti come il cuore batte forte ascoltando ciò che dicono i vari spiriti vitali, cioè le potenze dell'anima. Il mio essere è talmente distrutto che io non posso più resistere: se tu vorrai essere gentile e fedele con me, o ballata, porta con te la mia anima (di ciò ti prego molto) quando uscirà dal cuore.
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TEMATICHE Cavalcanti nel suo canzoniere mette al primo posto l'esperienza dell'amore nel suo carattere di sublime avventura dell'anima, ma in essa viene espresso un intimo tormento, una tristezza accorata che rivelano una visione dolorosa non solo dell'amore, ma della vita in generale. Cavalcanti scrisse: "Donna me prega perch'eo voglia dire" considerata la canzone-manifesto, una canzone ardua e difficile. L'amore è per il poeta una forza tirannica e impetuosa, che ci affascina e allo stesso tempo ci addolora col miraggio di una felicità e di una pienezza di vita, che poi si rivelano irraggiungibili. I personaggi cavalcantiani sono le varie potenze dell'anima viste come spiriti che hanno un riscontro fisico nei quali viene manifestato lo stato d'animo del poeta. Quindi la sua poesia cerca di definire i moti inafferrabili della coscienza, ed è caratterizzata da un ritmo evanescente e gentile, sospesa in una luce ideale e indefinibile e soprattutto suggerisce un'intima musica, dolce e triste, del cuore.
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GUIDO CAVALCANTI Guido Cavalcanti nacque da una nobile famiglia fiorentina fra il 1255 e il 1259, fu guelfo di parte bianca. Cavalcanti fu fieramente avverso a Corso Donati, capo della frazione rivale, cioè dei Neri. Fu esiliato insieme agli altri capi nel 1300 a Sarzana; fu richiamato a Firenze nello stesso anno perché era malato, e morì poco dopo il ritorno. Gli amici lo consideravano un uomo inquieto e impetuoso, aristocratico nei modi di fare, cortese e ardito, ma sdegnoso e solitario. Attento allo studio, era un filosofo di grande dottrina ed era anche di spirito rigorosamente laico.
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VITA E MORTE NELL'ETA' BAROCCA
Mobile ordigno di dentate rote lacera il giorno e lo divide in ore, ed ha scritto di fuor con fosche note a chi leggerle sa:"Sempre si more." Mentre il metallo concavo percuote voce funesta mi risuona al core, né del fato spiegar meglio si puote che con voce di bronzo il rio tenore Ciro di Pers "L'orologio da rote", vv. 1-8. 1) Salvador Dalì, "La persistenza della memoria" ("Gli orologi molli") (1931), New York, Museum of Modern Art. 2) Pittore francese (sec. XVIII ), "Vanitas", collezione privata. EXIT Biografia
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Morte: Condizione di ciò che, per legge naturale, è destinato a perire, a svanire, ad avere durata effimera; labilità, caducità: "Le vostre cose tutte hanno lor morte sì come voi; ma celasi in alcuna che dura molto, e le vie son corte." Dante, Paradiso, XVI, 79 "L'anima riceve vita (se non altro passeggiera) dalla stessa forza con cui sente la morte perpetua delle cose" Giacomo Leopardi, Canti. "La vita non è in questo tremendo, cupo, battere del cuore, non è pietà, non è più che un gioco del sangue dove la morte è in fiore." Salvatore Quasimodo, Ed è subito sera. Anche come personificazione del tempo che passa inesorabile: "Verrà la morte e avrà i tuoi occhi questa morte che ci accompagna dal mattino alla sera, insonne, sorda, come un vecchio rimorso o un vizio assurdo. Cesare Pavese, Poesie edite e inedite.
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Ciro di Pers Ciro di Pers nacque nel 1599 nel castello di Pers in Friuli e morì nel 1663 a San Daniele del Friuli. Di nobile famiglia studiò letteratura e filosofia all'università di Bologna, dove divenne amico di C. Achillini e G. Pati. Tornato al castello dopo la morte del padre, fu sconvolto da un infelice amore per Taddea di Colloredo (Nicea). Seguì una profonda crisi spirituale che lo spinse a prendere i voti e a ordinarsi cavaliere gerosolimitano. Dal 1627 al 1629 risiedette a Malta e prese parte ad una spedizione contro i Turchi, quindi si ritirò nel suo palazzo di San Daniele dove si immerse negli studi e scambiò una lunga corrispondenza con C. de' Dottori e col cardinale letterato G. Maffina. Scrisse la tragedia "L'umiltà esaltata, overo Ester regina" (1664) e dei brevi trattati genealogici "Notizie storiche sulle nobili famiglie friulane di Varmo e di Pers" (postume 1875), ma è ricordato per un volume di poesie che si colloca tra le più originali e sofferte espressioni della lirica barocca italiana.
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Parafrasi Macchina mobile fatta di ruote dentate frantuma il giorno e lo divide in ore ed ha scritto di fuori con lettere scure per chi le sa leggere "Sempre si muore". Mentre la campana è battuta dal martello dell'orologio una voce di morte sento nel mio cuore e il tono e il carattere doloroso del nostro destino non può essere espresso meglio che da questa voce di bronzo dura e metallica.
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L'orologio da rote L'immagine dell'orologio meccanico è spesso ricorrente nei canzonieri barocchi ed è illustrato da una parte come macchina complessa e ingegnosa e dall'altro offre lo spunto alla meditazione sulla miseria umana, sullo scorrere della vita verso il nulla. E' il tema della vanitas, che nello stesso periodo troviamo frequentemente rappresentato nella natura morta. L'"Orologio da rote" è costruito su questo tema in modo molto ossessivo. paragonando il battito dell'orologio a un funebre rintocco che rappresenta la nostra vita che ora dopo ora si avvia verso la morte.
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VITA E MORTE NELL' EPOCA ROMANTICA
Vagar mi fai co' miei pensieri su l'orme che vanno al nulla eterno e intanto fugge questo reo tempo, e van con lui le torme delle cure onde meco egli si strugge. Ugo Foscolo, " Alla sera", vv Caspar David Friedrich "Uomo e donna in contemplazione della Luna" (ca. 1818) Berlino, Nationalgalerie. EXIT Vedi Biografia
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Morte: Condizione di inesistenza, assenza di vita
Morte: Condizione di inesistenza, assenza di vita. In particolare: cessazione totale dell'esistenza; annientamento che esclude, dopo la morte, ogni forma di sopravvivenza spirituale, di immortalità dell'anima: "Oh tempo disteso fra la terra e il cielo di pensiero e d'amore gracile velo, che in te segnato il nulla e il viver porte e l'Eterno e la Morte." Tommaseo, Poesie
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Parafrasi Mi fai fantasticare, e porti i miei pensieri sulle tracce che vanno verso la morte, che è l'annullamento di tutto per sempre. E intanto trascorre veloce questo tempo tormentoso e infelice e con lui passano tutti gli affanni insieme ai quali egli si consuma con me.
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Biografia di Ugo Foscolo
Ugo Foscolo nacque a Zante nel 1778 da padre veneziano e da madre greca. Compiuti i primi studi nel seminario di Spalato, ritornò a Zante nel 1788, e seguì poi la madre a Venezia nel Visse qui anni di dura povertà, ma, nonostante tutto, studiò molto e, ancora diciottenne, possedeva già una vasta cultura. Negli anni dell'adolescenza compose le sue prime poesie. Nel 1797, Napoleone cedette agli Austriaci l'antica Repubblica marinara (trattato di Campoformio) e il poeta, con l'animo affranto per il crollo dei suoi ideali, si trasferì a Milano lasciando Venezia. A Milano si legò d'amicizia col Monti e col Parini, rafforzò il suo ideale di austera moralità letteraria e diresse il "Monitore italiano", un giornale che fu soppresso per i suoi giudizi politici. Passò poi a Bologna, dove cominciò la pubblicazione delle "Ultime lettere di Jacopo Ortis". Dal 1804 al 1806 visse nella Francia del nord, capitano di fanteria del corpo di spedizione apprestato da Napoleone. Qui conobbe Sofia Emerytt dalla quale ebbe una figlia, Floriana. Ritornato in Italia, compose nel 1806 "Dei Sepolcri" pubblicato a Brescia dall'editore Niccolò Bettoni. Nel 1808 fu chiamato dal governo del Regno Italico alla cattedra di Eloquenza dell'Università di Pavia. Nel 1815, dopo la caduta di Napoleone, abbandonò l'Italia; morì in miseria nel 1827 a Turnham Green in Inghilterra.
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Alla Sera E' il più bel sonetto del Foscolo, e uno dei più grandi della nostra letteratura. Lo spegnersi di ogni forma di vita nell'immoto silenzio della sera, suggerisce spontaneamente il senso e l'idea della morte: ad essa si volge con nostalgia struggente il poeta, come ad una promessa suprema di pace. La morte non è più vista come una drammatica sfida al destino, ma come il dolce perdersi di una vita angosciosa nell'oblio del nulla eterno. Il poeta avverte nell'anima con un'intima gioia, la capacità di spaziare nell'eterno, di riuscire a riconoscere il proprio destino effimero, e comprendere in sé l'universo sterminato, la sua vicenda di perenne nascita, morte, trasformazione, il suo respiro infinito e, in tal modo riafferma la propria superiore dignità e nobiltà spirituale e umana. In questo fluire del ritmo più vasto dell'universo, supera ogni angoscia, in questa suprema consapevolezza del destino proprio e del mondo, ritrova la pace.
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VITA E MORTE NELL'ETA' CONTEMPORANEA
Non chiederci la parola che squadri da ogni lato l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco lo dichiari e risplenda come un croco perduto in mezzo a un polveroso prato Non domandarci la formula che mondi possa aprirti, sì qualche storta sillaba e secca come un ramo codesto solo oggi posiamo dirti, ciò che NON siamo, ciò che NON vogliamo. Eugenio Montale "Non chiederci la parola..." vv.1-8 René Magritte "Il doppio segreto" (1928), Liegi, Collezione Fernand Graindorge. EXIT Vedi Biografia
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Morte: Non essere, negazione dell'essere, nulla, contrapposto all'essere. In senso morale: male:
"Non essere mai! non essere mai! più nulla ma meno morte, che non essere più" Pascoli, Poesie Anche: Consapevolezza della caducità della vita, senso di desolazione e sgomento. "La morte si sconta vivendo" Giuseppe Ungaretti, Il taccuino del vecchio. "Oh il gocciolio che scende a rilento dalle casipole buie, il tempo fatto acqua, ... la cenere, il vento, il vento che tarda, la morte, la morte che vive." Montale, Le occasioni.
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PARAFRASI Non chiederci la parola che esprima in ogni suo aspetto l'animo nostro confuso e privo di vera realtà e a lettere di fuoco lo dichiari e risplenda come un giallo fiore di croco perduto in messo a un prato polveroso. Non domandarci la formula che possa spiegarti il senso dell'universo, ma piuttosto qualche sillaba disarmonica e secca come un ramo. Questo oggi solo possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo (ovvero: possiamo parlarti solo del nostro non-essere) .
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BIOGRAFIA Eugenio Montale nacque a Genova nel 1896 e morì a Milano nel La sua prima raccolta, "Ossi di Seppia", fu pubblicata dall'amico Piero Gobetti nel 1925; ne seguirono altre nel 1928 e nel La raccolta è ricca di richiami stilistici alla tradizione letteraria italiana ma anche ai simbolisti francesi. Lavorò a Firenze dal 1927 presso la casa editrice Bompiani e dal 1929 come direttore del "Gabinetto scientifico-letterario G. P. Viesseux" ma in seguito dovette rinunciare perchè non era inscritto al partito fascista. Nell'ambiente fiorentino maturò la seconda raccolta, "Le Occasioni", uscite nel Nel 1948 fu assunto come redattore al Corriere della Sera, si trasferì a Milano. Dal 1955 svolse l'attività di critico musicale. Nel 1956 pubblicò la raccolta di poesie "La Bufera"; il primo nucleo della raccolta era stato pubblicato nel 1943 col titolo "Finisterre". Tra le opere successive si trovano "Xenia" e il saggio "Auto da fè", usciti nel Vasta fu la produzione di versi dell'età più matura, raccolta in "Satura"e "Diario" del 1971, "Quaderno di quattro anni" del Gli furono conferiti prestigiosi riconoscimenti: la laurea "honaris causa", la nomina a senatore a vita 1967 e il premio Nobel per la letteratura
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Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
Questa lirica, ha il valore di una enunciazione poetica e, assume il significato di una "definizione esistenziale" non solo dell'animo del poeta, ma di una intera generazione, di una professione di fede, ferma e lucida nella sua negatività. La poesia, non può più dare messaggi, nè formule sicure, nè certezze, ma solo aride e contorte parole, nelle quali sia espressa questa consapevolezza negativa cioè questo crollo di ogni facile mito consolatorio. La teologia negativa di Montale, va oltre i confini della opposizione politica e non è difficile cogliere nei versi della poesia "Non chiederci la parola", quella lucida intransigenza etica che fu propria dell'ambiente gobettiano. A chi gli chiede di dare una definizione precisa e assoluta della vita il poeta risponde che la vita in questo particolare momento storico e, anche in ogni momento non è che un percorso incerto e irto di pericoli, senza mete e senza certezze indiscutibili e universali.
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