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Parte XXVI: Ottica Geometrica

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Presentazione sul tema: "Parte XXVI: Ottica Geometrica"— Transcript della presentazione:

1 Parte XXVI: Ottica Geometrica
Corso di Fisica Generale Beniamino Ginatempo Dipartimento di Fisica – Università di Messina Parte XXVI: Ottica Geometrica L’approssimazione dell’Ottica Geometrica Immagini reali e virtuali Il diottro I sistemi ottici centrati Piani principali e nodali Diaframmi, Brillanza e Luminosità Lenti sottili Aberrazioni

2 L’approssimazione dell’Ottica Geometrica
Lo studio generale della propagazione delle onde nella materia può essere molto complicato In generale bisognerebbe risolvere l’equazione delle onde, noti gli indici di rifrazione, le forme e le posizioni dei corpi attraversati dalla luce, e raccordare le componenti tangenziali dei campi su tutti i punti delle superfici di separazione (qualunque). Se a ciò si aggiunge che tali condizioni possono anche variare nel tempo, e che i fronti d’onda possono avere anche simmetria bassissima se le sorgenti sono estese, si capisce come tale problema possa diventare complicatissimo se non addirittura insolubile. Tuttavia, nei casi pratici, la lunghezza d’onda della luce (1mm) è di solito molto più piccola dei raggi di curvatura dei fronti d’onda come pure delle superfici di separazione fra i mezzi. L’approssimazione dell’Ottica Geometrica vale in questo frequente limite Ciò consente di introdurre il concetto di Raggio luminoso, come direzione perpendicolare al fronte d’onda (asse di un cono di apertura infinitesima dentro il quale viaggia l’onda) e l’applicazione delle leggi della riflessione e della rifrazione anche se le superfici di separazione fra i mezzi sono limitate e non piane

3 Immagini reali e virtuali
Una sorgente puntiforme (un piccolo foro in uno schermo opaco) emette onde sferiche. In ottica geometrica questa è rappresentabile mediante un fascio di raggi passanti per la sorgente. Un tale fascio si dice omocentrico Può accadere che dopo riflessioni e/o rifrazioni, anche da superfici piane, i fronti d’onda non siano più sfere, di conseguenza i raggi né i loro prolungamenti non passino più per un punto. Un tale fascio si dice astigmatico, e può essere prodotto anche da sorgenti estese. Un’onda piana è rappresentabile come un fascio di raggi paralleli, che è omocentrico, poiché i raggi si incontrano all’infinito Nel loro percorso i raggi emessi da una sorgente puntiforme si possono far passare da un altro punto detto immagine reale della sorgente. A volte è possibile solo far sì che i prolungamenti dei raggi passino per un punto: in tal caso si parla di immagine virtuale Quest’ultimo è il caso dello specchio piano L’immagine si forma in uno spazio non accessibile

4 Consideriamo il caso della rifrazione semplice, p. es
Consideriamo il caso della rifrazione semplice, p.es. raggi rifratti dalla superficie libera dell’acqua, cioè di una sorgente puntiforme in un mezzo rifrangente Osservatore h r d’ d i Possiamo determinare d’, l’avvicinamento della sorgente, usando la legge della rifrazione Ne segue che al variare di i il rapporto cosr/cosi cambia, pertanto il fascio di raggi non è omocentrico. Se però si limitano i raggi (p.es. a mezzo di un diaframma) ad angoli piccoli, il rapporto tra i coseni tende ad 1

5 Il Diottro Uno dei propositi dell’ottica geometrica è quello di ideare dispositivi per trasformare un fascio omocentrico in un altro omocentrico Un tale dispositivo consente, evidentemente, di costruire una immagine reale, tale cioè che se si scambia la sorgente con l’immagine, il vecchio punto sorgente diventa il nuovo punto immagine Consideriamo una superficie di separazione tra due mezzi di forma sferica e vediamo se e sotto quali condizioni si può verificare la situazione descritta sopra Q O C i r A’ x’ q A x R

6 Per il teorema dei seni applicato ai triangoli AQC e A’QC e tenendo conto che l’angolo AQC
è il supplementare di i È chiaro che il fascio rifratto sarà omocentrico se e solo se al variare di Q sulla superficie sferica la posizione del punto immagine, x’, non cambia. Questo non è il caso, perché il primo membro dell’ultima equazione cambia con Q mentre al secondo l’unica quantità variabile è proprio x’. Se però ci si limita a piccoli angoli di vergenza q (teoria di Gauss), il punto Q sarà molto vicino ad O, quindi si ottiene Dopo qualche semplice manipolazione si ottiene l’equazione del diottro

7 Ponendo x e/o x’ si ottengono le posizioni dei punti coniugati con l’infinito, dette
fuochi Con queste definizioni e relazioni, si ottiene, sostituendo nell’equazione del diottro Tecnicamente questa equazione rappresenta una proiettività, cioè una corrispondenza bilineare fra lo spazio sorgente e lo spazio immagine. In altre parole non è possibile Distinguere fra oggetto ed immagine, cioè il diottro consente di realizzare immagini reali (nell’ipotesi di piccoli angoli) f2 Distanza focale

8 Data la sfericità del diottro potremmo far ruotare l’asse ottico di un piccolo angolo (per
consistenza con la teoria di Gauss). Ciò ci consente di capire come si forma l’immagine di piccoli oggetti B A q’ A’ B’ ’ q O C Usando l’equazione del diottro ed il fatto che le vergenze sono piccole e la similitudine dei triangoli ABC e A’B’C, si trova una relazione che lega le dimensioni dell’oggetto e dell’immagine

9 La quantità nsinq è quindi un’invariante della proiettività
La quantità nsinq è quindi un’invariante della proiettività. Con la relazione precedente si può calcolare l’ingrandimento ’/  Con la conoscenza dei fuochi e del centro si può facimente costruire l’immagine O C Q A F2 Immagine reale x>f1 O C Q A F2 Immagine virtuale x<f1 Per uno specchio sferico le costruzioni sono analoghe: basta conoscere la posizione del fuoco e considerare che gli indici di rifrazione dello spazio oggetto e dello spazio immagine sono ovviamente uguali

10 Sistemi Ottici Centrati
Un sistema ottico centrato è una sequenza di diottri, anche con differente raggio di curvatura, che abbiano lo stesso asse ottico. Ad esempio una lente, o un obiettivo fotografico, un microscopio ottico, l’occhio, etc. Siccome le immagini che forma un diottro sono reali, l’immagine formata dal primo diottro può essere considerata come la sorgente per il secondo. L’immagine del secondo come la sorgente per il terzo e così via: è evidente che deve esistere una equazione che ha la stessa struttura dell’equazione del diottro per tutto il sistema ottico centrato Per trovare questa equazione notiamo che possiamo eseguire un cambio di coordinate per un solo diottro come segue. Notiamo che il punto O è il coniugato di sé stesso. Se di un diottro conosciamo due punti tra loro coniugati O1 ed O2, possiamo riferire le coordinate del punto sorgente (x) ad O1 e quelle del punto immagine (x’) ad O2. Se a1 ed a2 sono le coordinate dei punti O1 ed O2 deve essere Possiamo cambiare l’origine da O ad (O1,O2), semplicemente scrivendo

11 Sostituendo nell’equazione del diottro
Moltiplicando, dividendo per x1x2 e riordinando i termini Notando che il numeratore della frazione a secondo membro è nullo perché O1 ed O2 sono punti coniugati, e che i numeratori a primo membro altro non sono che le coordinate dei fuochi rispetto alle nuove origini Per un sistema ottico centrato, possiamo quindi cercare due punti coniugati qualsiasi, riferire le coordinate dei punti sorgente ed immagine a questi ed applicando la legge ad ogni diottro si troverà

12 La quantità invariante del diottro deve essere invariante anche per un sistema ottico
centrato, ossia: Con questa equazione si potrà dunque determinare l’ingrandimento del sistema ottico, nell’ipotesi che tutte le vergenze siano piccole In realtà, dato un sistema di diottri o di lenti, salvo che per modificarne se proprietà, non è per niente interessante conoscere tutto ciò che succede all’interno, ma solo la prima e l’n+1-esima distanza focale interessano, solo le dimensioni dell’oggetto e quelle della n+1-esima immagine contano, quindi scriveremo Si noti che nelle applicazioni pratiche il primo e l’ultimo mezzo sono normalmente uguali (aria).

13 I punti principali di un sistema diottrico centrato
Resta il problema di costruire l’immagine di piccoli oggetti per un sistema diottrico. La legge dei punti coniugati vale per i punti, e la costruzione dell’immagine, salvo non voler fare la costruzione penna e righello per ogni diottro, necessita della conoscenza di punti speciali, i punti cardinali, del sistema ottico Cominciamoci a chiedere se esistano due punti (o piani) coniugati, detti punti principali che godano della seguente proprietà: le dimensioni dell’oggetto e dell’immagine sono identiche Noti quindi due punti coniugati qualunque (O1, O2), da prendere come origini, e le coordinate dei fuochi rispetto a questi, F1 e F2, la situazione sarà: ’ F1 F2 O1 O2 P1 P2 q1 q2 x1 x2 Vogliamo determinare le ascisse incognite di tali punti, x1 ed x2.

14 Per definizione di punti principali e poiché le vergenze sono piccole, deve essere
L’ultima equazione accoppiata all’equazione dei punti coniugati è un sistema di equazioni nelle incognite x1 e x2. Risolvendo L’utilità dei punti principali balena subito da questa espressione. Essendo P1 e P2 punti coniugati, possiamo adesso scegliere questi come origini (x1=x2=0) inoltre ’= Siccome gli indici di rifrazione sono definiti positivi, le distanze focali devono avere lo stesso segno: o sono entrambe interne o entrambe esterne ai punti principali Se il primo e l’ultimo mezzo sono uguali (p.es. l’aria) le distanze focali sono uguali

15 La conoscenza dei piani principali e delle distanze focali è tutto ciò che serve per costruire
l’immagine P1 P2 F1 F2 Altri punti cardinali importanti sono i punti nodali, che godono della proprietà che i raggi passanti per essi sono paralleli.

16 Diaframmi, Brillanza e Luminosità
Frequentemente (si pensi ad un obiettivo di una macchina fotografica o all’occhio umano), si inseriscono dei diaframmi per limitare l’angolo di raccolta della luce. In realtà, diaframmi sono sempre presenti: si pensi alle dimensioni stesse delle lenti che non possono raccogliere luce da tutte le direzioni, perché la loro estensione è limitata L’angolo secondo cui la luce arriva al sistema ottico dipende, comunque dalla vicinanza dell’oggetto. Si dice diaframma di apertura il diaframma che fissa il massimo angolo solido per il quale si possa inviare la luce al sistema ottico, e pupille le aperture virtuali da cui la luce potrebbe essere raccolta Pupilla d’uscita a2 d2 a1 d1 Pupilla d’entrata Diaframma 2q1 2q2 A A’

17 I (piccoli) angoli q1 e q2 possono essere determinati conoscendo le aperture delle pupille
e le distanze dalla sorgente e l’immagine Gli angoli solidi corrispondenti saranno È chiaro che la quantità di energia che nell’unità di tempo fluisce dentro lo strumento sarà proporzionale all’angolo solido W1 ed all’area S1 della sorgente. La costante di proporzionalità, e cioè la potenza per unità di angolo solido ed unità di superficie si chiama brillanza (o splendore) della sorgente. Per l’immagine vale assolutamente l’analogo, pertanto si ha Dove il segno di disuguaglianza vale per tenere in conto dell’eventuale assorbimento del sistema ottico. Per un sistema ottico molto buono vale approssimativamente il segno di Uguale. Con questo in mente possiamo cercare una relazione fra le brillanze.

18 Trascurando quindi le perdite per assorbimento delle lenti
Per piccoli angoli ed usando l’equazione di invarianza Se, come di solito accade, il primo ed il secondo mezzo sono uguali possiamo concludere che la brillanza della sorgente è uguale alla brillanza della immagine (in assenza di assorbimento) Tuttavia, se il sistema ottico è l’occhio umano oppure è un obiettivo fotografico è importante conoscere l’illuminanza, cioè l’energia che giunge all’immagine per unità di superficie, ovvero l’integrale della brillanza sull’angolo solido sotteso dalla pupilla di uscita

19 Ma per l’occhio o per un obiettivo fotografico normalmente le distanze degli oggetti sono
grandi rispetto a d2 ed f (la distanza focale), quindi nella formula queste quantità si possono confondere. Inoltre la brillanza della sorgente non dipende dal sistema ottico ma dalla sorgente stessa e dalle condizioni di luce. Si definisce luminosità il rapporto Uimm/K. Si ha La luminosità dell’immagine dipende quindi dal rapporto N=f/a. Quando per un obiettivo fotografico si dice che l’apertura del diaframma è 5.6, si intende che il rapporto fra la distanza focale e l’apertura del diaframma è 5.6. Pertanto, un teleobiettivo (grande distanza focale) non può consentire grandissime aperture di diaframma, e quindi avere una grande luminosità, se non a costi elevati

20 Lenti sottili La lente è il sistema ottico più semplice (due diottri). Si dice sottile quando il suo massimo spessore è trascurabile rispetto ai raggi di curvatura delle superfici, r1 ed r2 È facile far vedere che la distanza focale dipende dai raggi di curvatura della lente O1 O2 x1 A1 A2 x2 d La legge dei punti coniugati è Applicando la legge del diottro ad entrame le superfici, e chiamando n l’indice di rifrazione relativo del vetro all’aria

21 Trascurando lo spessore della lente d e sommando
Notare che in questa equazione il segno dei raggi di curvatura è positivo (negativo) se la superficie è convessa (concava) . Una lente biconvessa si dice convergente (la sua distanza focale è positiva), una biconcava si dice divergente (f>0). Se una superficie e convessa mentre l’altra è concava, la lente è convergente o divergente in dipendenza del segno della seconda parentesi. La convergenza di una lente si misura in diottrie (m-1), ossia l’inverso della distanza focale: 5 diottrie  f=20cm Dato che lo spessore della lente è stato preso nullo, i piani principali coincidono e la costruzione dell’immagine è banalmente la stessa di quella vista per i sistemi ottici centrati Se lo spessore della lente non è trascurabile bisogna considerare la lente come un sistema ottico centrato, determinare le distanze focali in dipendenza dei raggi di curvatura ma anche dello spessore

22 Aberrazioni Spesso si vuole che il campo di un sistema ottico sia il più grande possibile, per aumentare la luminosità e per visualizzare il massimo campo di immagine (e.g. obbiettivo grandangolare). Un sistema siffatto può facilmente mostrare le cosidette aberrazioni, essenzialmente dovute alla non applicabilità della teoria di Gauss. Si possono distinguere 5 tipi di aberrazioni diverse: aberrazione sferica, coma, astigmatismo, curvatura di campo e distorsione. Alla precedente va aggiunta l’aberrazione cromatica, che si verifica quando la sorgente non emette luce monocromatica: variando l’indice di rifrazione con la frequenza, non può accadere che tutte le componenti della luce vengano focalizzate nello stesso punto. Aberrazione sferica: se l’oggetto viene inquadrato da vicino, l’angolo diventa grande e gli effetti di curvatura della lente sono importanti. Succede che i raggi che passano vicino al centro della lente sono quasi parassiali e focalizzati bene in uno stesso punto, mentre quelli che passano vicino ai bordi della lente sono focalizzati in punti più vicini alla lente: l’immagine può, quindi risultare sdoppiata o comunque si forma in una zona estesa

23 Coma: Nel caso di sorgenti estese l’aberrazione sferica produce, a causa dei punti fuori asse,
una sorta di coda dell’immagine, come la coda di una cometa, che è detta appunto coma Astigmatismo: questo difetto ottico si verifica anche con lenti di piccola apertura. Per sorgenti in asse con la lente, sappiamo tutto, ma per sorgente fuori asse (i raggi incidenti non sono paralleli all’asse ottico) non è detto che i raggi possano essere focalizzati. Cerchio di minima confusione Linea sagittale Linea tangenziale Lineette stigmatiche

24 Al crescere dell’angolo di inclinazione del raggio il luogo geometrico delle lineette
Tangenziali e sagittali differisce sempre di più da quelle delle zone di minima confusione As A0 At A Curvatura di campo: Se si corregge l’astigmatismo, facendo coincidere il più possibile le superfici stigmatiche, la superficie di miglior fuoco non sarà un piano. In altre parole un oggetto molto piccolo sarà focalizzato bene, ma un oggetto esteso può essere sfocato ai bordi

25 Distorsioni: inquadrando oggetti estesi anche con piccole aperture, siccome l’ingrandimento
trasversale può benissimo non essere costante con la distanza dall’asse ottico si verifica questa aberrazione Distorsione a barile Oggetto Distorsione a cuscino


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