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NELLA STORIA DELLA SALVEZZA

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Presentazione sul tema: "NELLA STORIA DELLA SALVEZZA"— Transcript della presentazione:

1 NELLA STORIA DELLA SALVEZZA
IL RUOLO DELLA DONA NELLA STORIA DELLA SALVEZZA

2 Donne dell’Esodo Levatrici: obiettrici di coscienza
Madre e sorella di Mosè: coraggiose Sorella del faraone: compassionevole Introduzione Nella storia della salvezza Tanti volti femminili, tanti anonimi Protagoniste spesso nascoste ma importanti Ponte

3 Levatrici: Es 1,15-22 15 Poi il re d’Egitto disse alle levatrici degli Ebrei, delle quali una si chiamava Sifra e l’altra Pua: 16 “Quando assistete al parto delle donne ebree, osservate quando il neonato è ancora tra le due sponde del sedile per il parto: se è un maschio, lo farete morire; se è una femmina, potrà vivere”. 17 Ma le levatrici temettero Dio: non fecero come aveva loro ordinato il re d’Egitto e lasciarono vivere i bambini. 18 Il re d’Egitto chiamò le levatrici e disse loro: “Perché avete fatto questo e avete lasciato vivere i bambini? ”. 19 Le levatrici risposero al faraone: “Le donne ebree non sono come le egiziane: sono piene di vitalità: prima che arrivi presso di loro la levatrice, hanno già partorito! ”. 20 Dio beneficò le levatrici. Il popolo aumentò e divenne molto forte. 21 E poiché le levatrici avevano temuto Dio, egli diede loro una numerosa famiglia. 22 Allora il faraone diede quest’ordine a tutto il suo popolo: “Ogni figlio maschio che nascerà agli Ebrei, lo getterete nel Nilo, ma lascerete vivere ogni figlia”. contesto della schiavitù egiziana Obiettrici di coscienza: molte donne lasciano vivere i bambini, rifiutano l’aborto Non seguono l’ordine del faraone Sono furbe Temono Dio

4 Madre e Sorella Miriam: coraggiose
1 Un uomo della famiglia di Levi andò a prendere in moglie una figlia di Levi. 2 La donna concepì e partorì un figlio; vide che era bello e lo tenne nascosto per tre mesi. 3 Ma non potendo tenerlo nascosto più oltre, prese un cestello di papiro, lo spalmò di bitume e di pece, vi mise dentro il bambino e lo depose fra i giunchi sulla riva del Nilo. 4 La sorella del bambino si pose ad osservare da lontano che cosa gli sarebbe accaduto. Madre di Mosè: non uccide il figlio, rischia la vita Sorella che vigila e custodisce, si prende cura del fratello piccolo

5 Sorella del faraone: compassione
5 Ora la figlia del faraone scese al Nilo per fare il bagno, mentre le sue ancelle passeggiavano lungo la sponda del Nilo. Essa vide il cestello fra i giunchi e mandò la sua schiava a prenderlo. 6 L’aprì e vide il bambino: ecco, era un fanciullino che piangeva. Ne ebbe compassione e disse:“È un bambino degli Ebrei”. 7 La sorella del bambino disse allora alla figlia del faraone: “Devo andarti a chiamare una nutrice tra le donne ebree, perché allatti per te il bambino? ”. 8 “Và”, le disse la figlia del faraone. La fanciulla andò a chiamare la madre del bambino. 9 La figlia del faraone le disse: “Porta con te questo bambino e allattalo per me; io ti darò un salario”. La donna prese il bambino e lo allattò. 10 Quando il bambino fu cresciuto, lo condusse alla figlia del faraone. Egli divenne un figlio per lei ed ella lo chiamò Mosè, dicendo: “Io l’ho salvato dalle acque! ”. Donne sapienti

6 Sorella Miriam: intrepida
Danza e canta al Signore con tutto il popolo “Allora Miriam, la profetessa, sorella di Aronne, prese in mano un timpano: dietro a lei uscirono le donne con i timpani, formando cori di danze” (Es 15,20). “Cantate al Signore perché ha mirabilmente trionfato: ha gettato in mare cavallo e cavaliere!” (v. 21). Guida il cammino “Il popolo non riprese il cammino, finché Miriam non fu riammessa nell’accampamento” (Nm 12,15). “Ho mandato davanti a te Mosè, Aronne e Miriam” (Mi 6,4).

7 Anna: 1Samuele 1-3 donna sterile e umiliata chiede a Dio un figlio
debole e forte

8 Preghiera di Anna 1 Il mio cuore esulta nel Signore, la mia fronte s’innalza grazie al mio Dio. Si apre la mia bocca contro i miei nemici, perché io godo del beneficio che mi hai concesso. 2 Non c’è santo come il Signore, non c’è rocca come il nostro Dio. 3 Non moltiplicate i discorsi superbi, dalla vostra bocca non esca arroganza; perché il Signore è il Dio che sa tutto e le sue opere sono rette. 4 L’arco dei forti s’è spezzato, ma i deboli sono rivestiti di vigore. 5 I sazi sono andati a giornata per un pane, mentre gli affamati han cessato di faticare. La sterile ha partorito sette volte e la ricca di figli è sfiorita. 6 Il Signore fa morire e fa vivere, scendere agli inferi e risalire. 7 Il Signore rende povero e arricchisce, abbassa ed esalta. 8 Solleva dalla polvere il misero, innalza il povero dalle immondizie, per farli sedere insieme con i capi del popolo e assegnar loro un seggio di gloria. Perché al Signore appartengono i cardini della terra e su di essi fa poggiare il mondo. 9 Sui passi dei giusti Egli veglia, ma gli empi svaniscono nelle tenebre. Certo non prevarrà l’uomo malgrado la sua forza. 10 Il Signore. . . saranno abbattuti i suoi avversari! L’Altissimo tuonerà dal cielo. Il Signore giudicherà gli estremi confini della terra; darà forza al suo re ed eleverà la potenza del suo Messia”.

9 Davide e Abigail Storia di Davide 1 Samuele 25
Contesto: Davide fugge inseguito da Saul Ha bisogno di viveri Nabal marito di Abigail: proprietario di bestiame Diritto di fraternità: Davide in cambio di protezione chiede a Nabal cibo Nabal rifiuta e Davide vuole vendicarsi  Nella storia di David c’è una pagina che illustra bene quanto sia importante incontrare donna sapienza. David, lo si sa, è un uomo generoso. Pur avendo in mano il proprio nemico (il re Saul) si rifiuta di fargli alcun male (vedi 1Sam capitoli 24 e 26). Ma il grande David conosce ugualmente momenti di caduta e di meschinità. Uno di questi momenti è descritto in 1Sam 25: come una voragine tra due belle cime. David sarebbe precipitato nel terribile vortice della vendetta se in quella circostanza non avesse incontrato una donna saggia. Abigail gli ricorda ciò che l’orgoglio ferito aveva offuscato. L’antefatto: l’esasperazione di David Nel racconto di 1Sam 25 abbiamo a che fare con un David decisamente esasperato. Il nostro eroe ha bisogno di viveri per sfamare gli uomini del suo seguito. Conduce vita randagia nel deserto di Giuda con alcune centinaia di uomini pronti a difenderlo dalle insidie di Saul. Gli giunge voce che Nabal, un ricco proprietario di bestiame, sta facendo la tosatura del gregge e approfitta per mandare a riscuotere la sua parte, in base al cosiddetto diritto di “fraternità”. Una specie di “tangente” giustificata dal seguente ragionamento: David e il suo seguito hanno garantito una certa protezione ai pastori di Nabal e perciò è giusto che ora vengano retribuiti (1Sam 25,7-9). Ma Nabal non intende ragioni e David si sente respinto e umiliato: “Chi è David chi è il figlio di Iesse?”, esclama Nabal. “Oggi sono troppi i servi che scappano dai loro padroni. Devo prendere il pane, l’acqua e la carne che ho preparato per i tosatori e darli a gente che non so da dove venga?” (1Sam 25,10-11). La reazione di David è immediata e radicale: Nabal deve essere eliminato. Raccoglie i suoi uomini e parte, deciso a sterminare prima dell’alba l’intera famiglia di quell’ingrato.

10 Abigail Abigail moglie di Nabal conosce la notizia
Prepara subito una scorta: “Duecento pani, due otri di vino, cinque arieti preparati, cinque misure di grano tostato, cento grappoli di uva passa e duecento schiacciate di fichi secchi e li caricò sugli asini. Precedetemi — ordina ai servi —, io vi seguirò” (1Sam 25,18-19). La notizia giunge alle orecchie di Abigail, moglie di Nabal. Senza perder tempo a ragionare con il marito (non ne sarebbe valsa la pena), la donna allestisce prontamente una ricca scorta di vettovaglie: “Duecento pani, due otri di vino, cinque arieti preparati, cinque misure di grano tostato, cento grappoli di uva passa e duecento schiacciate di fichi secchi e li caricò sugli asini. Precedetemi — ordina ai servi —, io vi seguirò” (1Sam 25,18-19). Abigail è donna che sa il fatto suo e rischia. L’incontro tra i due è descritto in modo plastico, sullo sfondo di un ambiente austero e suggestivo, le montagne del deserto di Giuda. Lei scende da un sentiero nascosto, sul dorso di un asino. Lui dall’altura opposta, rimuginando stizza e furore. Si ripeteva la sua verità, la gonfiava e ingigantiva, quasi a scusare ciò che aveva ormai deciso di fare. Andava dicendo: “Ho dunque custodito invano tutto ciò che appartiene a costui nel deserto; niente fu danneggiato di ciò che gli appartiene ed egli mi rende male per bene. Così faccia Dio ai nemici di David e ancora peggio, se di tutti i suoi io lascerò sopravvivere fino al mattino un solo maschio!” (1Sam 25,21-22).

11 Incontro con Davide: rischio
“Sono io colpevole, mio signore”. “Lascia che parli la tua schiava al tuo orecchio e tu degnati di ascoltare le parole della tua schiava”. “Non faccia caso il mio signore di quell’uomo cattivo che è Nabal, perché egli è come il suo nome; stolto si chiama e stoltezza è in lui…”. Perché prendersela tanto? Egli è ciò che il suo nome significa: uno stolto. Quanto a lei, ecco: “io non avevo visto i tuoi giovani, o mio signore, che avevi mandato” Quasi improvvisamente i due si trovano di fronte. Veloce lei balza di sella, si prostra a terra e prende la parola: “Sono io colpevole, mio signore”. Straordinario. Abigail è del tutto innocente. Come mai si prende le colpe? “Lascia che parli la tua schiava al tuo orecchio — continua la donna — e tu degnati di ascoltare le parole della tua schiava”. Ed ecco che David si calma e comincia ad ascoltare. La donna continua a parlare con voce pacata. Passa a scusare il marito: “Non faccia caso il mio signore di quell’uomo cattivo che è Nabal, perché egli è come il suo nome; stolto si chiama e stoltezza è in lui…”. Perché prendersela tanto? Egli è ciò che il suo nome significa: uno stolto. Quanto a lei, ecco: “io non avevo visto i tuoi giovani, o mio signore, che avevi mandato” (dunque non è colpevole, ma innocente).

12 Insegna a non vendicarsi
“quando Dio ti avrà concesso tutto il bene che ha detto a tuo riguardo e ti avrà costituito capo d’Israele, non sia di angoscia o di rimorso al tuo cuore questa cosa: l’aver versato invano il sangue e l’aver fatto giustizia con la tua mano, mio signore” (1Sam 25,30-31). Davide: “Benedetto il Signore, Dio d’Israele, che ti ha mandato oggi incontro a me. Benedetto il tuo senno e benedetta tu che mi hai impedito oggi di fare giustizia da me” (1Sam 25,32- 33). David è sempre più impressionato. Ora Abigail può passare all’attacco e colpire nel segno: “quando Dio ti avrà concesso tutto il bene che ha detto a tuo riguardo e ti avrà costituito capo d’Israele, non sia di angoscia o di rimorso al tuo cuore questa cosa: l’aver versato invano il sangue e l’aver fatto giustizia con la tua mano, mio signore” (1Sam 25,30-31). Abigail insegna a rimettere a Dio la propria causa. Saul si era ostinato a non apprendere tale lezione e David stava per cadere nella stessa trappola, nonostante la prova di generosità data in precedenza. Infatti, nel caso di Nabal, egli è tutto preso dall’orgoglio ferito che esige giustizia. Abigail lo salva dal cadere nella trappola della vendetta, riconducendo il suo cuore al timore del Signore. David ne resta incantato ed esclama: “Benedetto il Signore, Dio d’Israele, che ti ha mandato oggi incontro a me. Benedetto il tuo senno e benedetta tu che mi hai impedito oggi di fare giustizia da me” (1Sam 25,32- 33). Il seguito della storia intende mostrare che Dio fa giustizia al suo servo David. Di ritorno, Abigail trovò il marito ubriaco fradicio e, saggiamente, non sprecò parole. Ma quando si fece giorno gli raccontò lo scampato pericolo e Nabal ne fu così colpito che “il cuore gli si tramortì nel petto”. Dieci giorni dopo sopraggiunse il colpo definitivo che lo portò alla morte. David allora mandò a chiedere in sposa Abigail, e lei acconsentì. Questo lieto fine corona il messaggio centrale: rimetti a Dio la tua causa. non farti giustizia da te. Lascia che sia il Signore a difendere il tuo diritto. Non voler affrettare i suoi tempi. Fidati della sua giustizia. Al fianco di David, resta una saggia consigliera e il nocciolo del suo discorso è quanto mai attuale. Rimettere a Dio la propria causa Non farsi giustizia Il Signore è difesa Abigail: saggia consigliera

13 Debora Contesto: Giudici Profetessa
Convoca Barak per combattere contro i nemici di Israele: “Se vieni anche tu con me, andrò; ma se non vieni non andrò” (Gdc 4,8). Darà coraggio all’esercito Va alla battaglia: non si tira indietro Decide il giorno della battaglia profetessa, giudice e guerriera, contesto dei Giudici Profetessa e saggia molti salivano sul monte di Efraim per consultarla sotto la palma: simbolo della gloria di Dio Convoca Barak per combattere contro i Cananei nemici “Se vieni anche tu con me, andrò; ma se non vieni non andrò” (Gdc 4,8). Sarà lei a dare coraggio a un esercito improvvisato che deve affrontare le truppe di Sisara. Debora accetta. Andrà con Barak alla battaglia. Ma annuncia una conclusione sorprendente: la palma per l’uccisione di Sisara non andrà al generale, sarà gloria di una donna. Ed eccola al fianco di Barak sulla cima del monte Tabor, certa dell’intervento divino. E’ lei che decide il giorno della battaglia (Gdc 4,14). Il Signore uscirà davanti a Barak come nell’esodo è uscito davanti al suo popolo. Destati, Debora, e intona il canto! Infine la nostra profetessa, come Maria sorella di Mosè sulle rive del Mar Rosso, canta a Dio la vittoria:

14 Dio ha agito per mano di donna!
Come Miriam canta a Dio la vittoria: “Io voglio cantare in onore di Yahweh. Io voglio sciogliere un canto a Yahweh, al Dio d’Israele” (Gdc 5,3). Sulle rive del torrente Kison si è ripetuto il grande prodigio. Ancora una volta il Dio d’Israele ha capovolto le sorti: il torrente Kison, come un tempo il Mar Rosso, ha travolto i potenti. Debora si alza, risveglia tutta la forza e l’ardore profetico e canta la mirabile vittoria che l’ha vista protagonista. “Destati, destati, Debora, e intona il canto!” Oltre i prodi d’Israele e il generale Barak, è Dio stesso che ha mirabilmente trionfato. E c’è qualcosa d’inedito in questa vittoria, qualcosa che non ha precedenti nella storia d’Israele: Dio ha agito per mano di donna! Con acuta finezza psicologica Debora chiude il suo cantico contrapponendo due donne: Giaele e la madre di Sisara. La prima è benedetta fra le donne per aver giocato d’astuzia e di coraggio: si è premurata di accogliere nella sua tenda il generale nemico e poi, durante il sonno, lo ha conficcato a terra.

15 Ci furono capi in Israele per assumere il comando; ci furono volontari per arruolarsi in massa: Benedite il Signore! Ascoltate, re, porgete gli orecchi, o principi; io voglio cantare al Signore, voglio cantare al Signore, voglio cantare inni al Signore, Dio d'Israele! Signore, quando uscivi dal Seir, quando avanzavi dalla steppa di Edom, la terra tremò, i cieli si scossero, le nubi si sciolsero in acqua. Si stemperarono i monti davanti al Signore, Signore del Sinai, davanti al Signore, Dio d'Israele. Ai giorni di Samgar, figlio di Anat, ai giorni di Giaele, erano deserte le strade e i viandanti deviavano su sentieri tortuosi. Era cessata ogni autorità di governo, era cessata in Israele, fin quando sorsi io, Debora, fin quando sorsi come madre in Israele. Dèstati, dèstati, o Debora, dèstati, dèstati, intona un canto! (Giud 5, ). Non solo grandi uomini hanno combattuto battaglie, ma anche DONNE!!! Ed ecco la madre di Sisara, intravista dietro le cortine della finestra, in attesa impaziente, quasi presagendo il pericolo. Come mai ritarda? Cercano di consolarla le damigelle: il ritardo è dovuto alla spartizione di un ricco bottino: una, due fanciulle per guerriero, e vesti variopinte e ricami per il collo del vincitore! Non sanno, povere illuse, che in Israele si è alzata una donna, si è alzata Debora. Si è alzata per risvegliare le coscienze assopite e ristabilire la giustizia, per vincere il nemico e impedire che le donne d’Israele fossero ancora umiliate e spartite come bottino di guerra! "Ci furono capi in Israele per assumere il comando; ci furono volontari per arruolarsi in massa: Benedite il Signore! Ascoltate, re, porgete gli orecchi, o principi; io voglio cantare al Signore, voglio cantare al Signore, voglio cantare inni al Signore, Dio d'Israele! Signore, quando uscivi dal Seir, quando avanzavi dalla steppa di Edom, la terra tremò, i cieli si scossero, le nubi si sciolsero in acqua. Si stemperarono i monti davanti al Signore, Signore del Sinai, davanti al Signore, Dio d'Israele. Ai giorni di Samgar, figlio di Anat, ai giorni di Giaele, erano deserte le strade e i viandanti deviavano su sentieri tortuosi. Era cessata ogni autorità di governo, era cessata in Israele, fin quando sorsi io, Debora, fin quando sorsi come madre in Israele. Dèstati, dèstati, o Debora, dèstati, dèstati, intona un canto! (Giud 5, ).

16 Ritratto di Giuditta: Controcorrente
Donna Vedova senza figli Ricca Digiuno e preghiera Amore per i poveri Madre del popolo: fede, preghiera e coraggio Giuditta: Giudea Notare il contrasto tra i personaggi Re potente: Nabucodonosor Generale: Oloferne Giuditta è una vedova senza figli e tuttavia è salutata come “madre” d’Israele, madre di un popolo che lei ha rigenerato attraverso la fede, la preghiera e il coraggio. Probabilmente la nostra eroina non è mai apparsa sul palcoscenico della storia reale. Giuditta è una donna simbolo. E’ la “giudea”, come dice etimologicamente il nome, quasi il ritratto dell’anima giudaica nella sua autenticità. La storia di Giuditta, squisitamente teologica, infonde coraggio al popolo che lotta per la propria identità e ricorda che la forza non risiede nelle armi, bensì nella fiducia incondizionata nel Signore. Quando tutto sembrava perduto, Israele è tornato a vivere per mano di una donna! Indubbiamente Giuditta evoca tante donne reali che in tempi diversi hanno salvato il popolo di Dio, e in tal senso Giuditta è più storica che mai. A questo punto entra in scena Giuditta. Il ritratto che ne fa l’autore è del tutto insolito nell’ambiente giudaico del tempo. E’ una donna vedova e senza figli, ancora giovane e molto bella, e che però non pensa affatto a nuove nozze. Il marito, morto poco dopo il matrimonio, le aveva lasciato un’ingente fortuna, ma Giuditta sembrava non accorgersene. Passava i giorni in digiuno e preghiera, ritirata in una stanzetta che si era fatta costruire sulla terrazza di casa, e amministrava i suoi beni a vantaggio dei poveri. Quasi una vita da monaca, in un tempo in cui la maternità nell’ambiente giudaico era vista come valore irrinunciabile. Una donna controcorrente, dunque, la nostra Giuditta. Una donna che ama totalmente il Dio d’Israele, che non pensa a generare figli ma diventa madre dei poveri e di tutto il popolo.

17 Contesto di sofferenza
“Nello stesso tempo ogni Israelita levò il suo grido a Dio con fervida insistenza e tutti si umiliarono con grande impegno. Essi con le mogli e i bambini, i loro armenti e ogni ospite e mercenario e i loro schiavi si cinsero di sacco i fianchi. Ogni uomo o donna israelita e i fanciulli che abitavano in Gerusalemme si prostrarono davanti al tempio e cosparsero il capo di cenere e, vestiti di sacco, alzarono le mani davanti al Signore. Ricoprirono di sacco anche l'altare e alzarono il loro grido al Dio di Israele tutt'insieme senza interruzione, supplicando che i loro figli non venissero abbandonati allo sterminio, le loro mogli alla schiavitù, le città di loro eredità alla distruzione, il santuario alla profanazione e al ludibrio in mano alle genti. Il Signore porse l'orecchio al loro grido e volse lo sguardo alla loro tribolazione …” (Giud 4,9-13). Il narratore gioca sul contrasto dei personaggi. Anzitutto c’è un re potente che ostenta la sua arrogante presunzione. E’ Nabucodonosor. Egli ha un grande esercito e un generale totalmente asservito, che obbedisce sempre, senza mai questionarsi: Oloferne. Il suo esercito avanza come un fiume in piena. Dove passa travolge. Dalla Mesopotamia all’Arabia, alle città della costa mediterranea, alla terra d’Israele. E subito il terrore si diffonde contagiando tutti gli abitanti di Giudea. Ma la paura non paralizza il popolo che invece prega e digiuna:“Nello stesso tempo ogni Israelita levò il suo grido a Dio con fervida insistenza e tutti si umiliarono con grande impegno. Essi con le mogli e i bambini, i loro armenti e ogni ospite e mercenario e i loro schiavi si cinsero di sacco i fianchi. Ogni uomo o donna israelita e i fanciulli che abitavano in Gerusalemme si prostrarono davanti al tempio e cosparsero il capo di cenere e, vestiti di sacco, alzarono le mani davanti al Signore. Ricoprirono di sacco anche l'altare e alzarono il loro grido al Dio di Israele tutt'insieme senza interruzione, supplicando che i loro figli non venissero abbandonati allo sterminio, le loro mogli alla schiavitù, le città di loro eredità alla distruzione, il santuario alla profanazione e al ludibrio in mano alle genti. Il Signore porse l'orecchio al loro grido e volse lo sguardo alla loro tribolazione …” (Giud 4,9-13).

18 Ozia capo della città “Coraggio, fratelli, resistiamo ancora cinque giorni e in questo tempo il Signore Dio nostro rivolgerà di nuovo la misericordia su di noi; non è possibile che egli ci abbandoni fino all'ultimo. Ma se proprio passeranno questi giorni e non ci arriverà alcun aiuto, farò secondo le vostre richieste” (Giud 7,30-31). Ed ecco emergere una città misteriosa (sconosciuta), a cui Gerusalemme si rivolge per chiedere aiuto: Betulia (= “casa di Dio”). Oloferne ne decreta l’assedio. La gente di Betulia digiuna e prega, apparentemente senza alcun risultato. L’assedio è implacabile e dopo 34 giorni la città è costretta alla resa per mancanza di acqua. Il popolo si raduna e grida ai capi la sua disperazione: meglio finire schiavi di Oloferne che assistere inermi alla morte dei propri figli! Ozia, il capo della città, chiede una proroga di 5 giorni in attesa di un intervento divino in extremis: “Coraggio, fratelli, resistiamo ancora cinque giorni e in questo tempo il Signore Dio nostro rivolgerà di nuovo la misericordia su di noi; non è possibile che egli ci abbandoni fino all'ultimo. Ma se proprio passeranno questi giorni e non ci arriverà alcun aiuto, farò secondo le vostre richieste” (Giud 7,30-31).

19 Intervento di Giuditta
Chiama i capi della città: “Chi siete voi?… come potrete scrutare il Signore o comprendere i suoi disegni? Se non vorrà aiutarci in questi cinque giorni, egli ha pieno potere di difenderci nei giorni che vuole … ” (Giud 8,12-15). Bisogna fidarsi di Dio Il racconto mette in luce la fede di questa donna e la sua capacità di condurre anche le guide politiche sul sentiero impervio dell’autentica fede. Come giunge a conoscenza dell’ultimatum fissato al Signore, manda subito a chiamare due ragguardevoli capi della città e li accoglie con parole di fuoco: “Chi siete voi?… come potrete scrutare il Signore o comprendere i suoi disegni? Se non vorrà aiutarci in questi cinque giorni, egli ha pieno potere di difenderci nei giorni che vuole… ” (Giud 8,12-15). Quanta sapienza teologica e quanta forza di profezia in queste parole di Giuditta! Questa donna si erge come una vetta sopra la pietà e la fede del suo popolo. Se i “cinque giorni” pattuiti da Ozia sono come un disperato tentativo di fare pressione sul cuore di Dio per ottenere salvezza, questa donna va oltre. Proclama l’assoluta libertà del Signore: Dio è Dio! Con lui non si contratta. Bisogna semplicemente fidarsi, senza alcuna esitazione. Giuditta conosce la fiducia incondizionata, quella sapienza dell’umiltà imparata nella preghiera.

20 Dalla preghiera all’azione
Rischia: si propone di andare nell’accampamento “il Signore per mia mano provvederà a Israele” (Giud 8,33). Si prepara Prega: “Tu Signore sei il Dio degli umili, il rifugio dei deboli, il salvatore dei disperati… ascolta anche me che sono vedova”(Giud 9,4.12). Ma Giuditta è anche una donna che agisce e che rischia sulla propria pelle per il bene del suo popolo. Alle parole di fede fa seguire i fatti: andrà lei stessa nell’accampamento nemico e “il Signore per mia mano provvederà a Israele” (Giud 8,33). Si fa bella Giuditta. Si toglie le vesti da lutto, si profuma e si adorna. Ma prima ancora si prostra a terra e prega il suo Dio: “Tu Signore sei il Dio degli umili, il rifugio dei deboli, il salvatore dei disperati… ascolta anche me che sono vedova”(Giud 9,4.12). Quando esce di casa con gli abiti da festa, il diadema sul capo, le collane e i vari ornamenti, gli anziani della città rimangono sbalorditi del suo fascino: si era resa così bella che attirava l’attenzione “di qualunque uomo l'avesse vista” (Giud 10,4). Comincia così la sua avventura.

21 Incontro con Oloferne E’ lo scontro di due mondi,
di due logiche diverse, due sapienze contrapposte Conseguenza: Oloferne si lascia abbindolare dalla sua bellezza Dio rivela la sua forza attraverso la debolezza di una donna Ed eccoli di fronte, Oloferne e Giuditta, il generale totalmente asservito al suo re e la donna che l’obbedienza alla Legge di Dio ha reso libera e intraprendente! E’ lo scontro di due mondi, di due logiche diverse, due sapienze contrapposte. Giuditta è anche sapienza che include astuzia. Oloferne ne è come ipnotizzato. Come è bella e come parla bene questa donna! E’ così convincente che le promette addirittura di convertirsi al suo Dio (Giud 11,23). Il seguito è noto. Come novello Davide, Giuditta chiede forza al Signore, poi brandisce la scimitarra e con mano determinata recide la testa di Oloferne. Il trionfo di Giuditta dice chiaramente quale logica e quale sapienza merita di avere successo: non quella piena di sé, ma quella che pur giocando d’astuzia, si nutre di umiltà e di fiducia in Dio. Ma questo trionfo sottolinea anche il modo paradossale con cui Dio rivela la sua forza salvatrice: “per mano di una donna”! Dio mostra la sua potenza mediante la debolezza. E’ il leitmotiv di questa storia e di altre.

22 Giuditta, donna guerriera e di pace
“Lodate il mio Dio con i timpani cantate al Signore con cembali elevate a lui l'accordo del salmo e della lode … Poiché il Signore è il Dio che stronca le guerre” (Giud 16,1-2). In questa prospettiva si comprende meglio che finalmente la stessa Giuditta si dichiara una donna di pace. Dio si è servito di lei per sollevare gli oppressi e stroncare le guerre! Perciò è una donna che suscita il canto e la festa. Come un tempo Miriam sulle rive del Mar Rosso, come Debora dopo la sconfitta del nemico e come farà Maria nel suo Magnificat, così la nostra eroina riconduce tutta la gloria al Signore e svela il suo fondamentale intento di pace: “Lodate il mio Dio con i timpani cantate al Signore con cembali elevate a lui l'accordo del salmo e della lode… Poiché il Signore è il Dio che stronca le guerre” (Giud 16,1-2). La Chiesa ha letto il libro di Giuditta in contrappunto con il Genesi. Ecco la donna bella e virile, la donna-uomo che schiaccia la testa all’insidioso serpente! Questa donna ora annuncia la pace e il suo popolo acclama: “Tu sei la gloria di Gerusalemme, tu magnifico vanto d'Israele, tu splendido onore della nostra gente” (Giud 15,9). Parole che la Chiesa dedica con altrettanto giubilo a colei che ha schiacciato la testa al nemico serpente, Maria di Nazaret, l’autentica giudea.

23 Signore, Dio del padre mio… Signore è il tuo nome
Signore, Dio del padre mio… Signore è il tuo nome! la tua forza non sta nel numero, né sugli armati si regge il tuo regno: tu sei invece il Dio degli umili, sei il soccorritore dei derelitti, il rifugio dei deboli, il protettore degli sfiduciati, il salvatore dei disperati. Sì, sì, Dio del padre mio e di Israele tua eredità, Signore del cielo e della terra, creatore delle acque, re di tutte le tue creature, ascolta la mia preghiera! Dà a tutto il tuo popolo e ad ogni tribù la prova che sei tu il Signore, il Dio d'ogni potere e d'ogni forza e non c'è altri fuori di te, che possa proteggere la stirpe d'Israele” (Giud 9, ).

24 “Lodate il mio Dio con i timpani, cantate al Signore con cembali, elevate a lui l'accordo del salmo e della lode; esaltate e invocate il suo nome. Poiché il Signore è il Dio che stronca le guerre … Signore, grande sei tu e glorioso, mirabile nella tua potenza e invincibile. Ti sia sottomessa ogni tua creatura: perché tu dicesti e tutte le cose furon fatte; mandasti il tuo spirito e furono costruite e nessuno può resistere alla tua voce. I monti sulle loro basi insieme con le acque sussulteranno, davanti a te le rocce si struggeranno come cera; ma a coloro che ti temono tu sarai sempre propizio” (Giud 16, ).

25 Ester Donna bella e virtuosa, ma anche tenera
Forza persuasiva della sua intercessione Contesto: Esilio e deportazione del popolo corte del re di Persia Assuero Ragazza orfana Come Giuditta, anche Ester spicca per bellezza e virtù. E anch’essa salva il suo popolo dalla strage. Però Giuditta è più guerriera e stratega, Ester invece è più tenera e femminile. Raggiunge il suo intento senza impugnare la spada, con la forza persuasiva della sua intercessione. La storia di Ester ci porta nei palazzi sontuosi del re di Persia, dove si fa mostra di sfarzo e di vita gaudente in un susseguirsi d’interminabili banchetti. Ma prima ancora ci lascia intuire qualcosa della vita degli stranieri, dei deportati, dei poveri… Ester infatti porta iscritta nella sua storia di ragazza orfana la sofferta realtà della diaspora giudaica. Il libro di Ester è stato tramandato sia in ebraico che in greco. La versione greca (LXX)aggiunge dei passi al testo ebraico, ugualmente riconosciuti come ispirati dalla chiesa cattolica. Qui seguiamo il racconto secondo l’ordine del testo ebraico, che inizia con il solenne banchetto organizzato dal re Assuero per tutti i suoi principi e i suoi ministri. Il re si gloria di poter mostrare ai capi dell'esercito di Persia e di Media, ai nobili e ai governatori delle province, “le ricchezze e la gloria del suo regno e il fasto magnifico della sua grandezza per molti giorni”. Il testo precisa il numero: centottanta giorni! Passati quei giorni, il re non è ancora pago. Organizza subito un altro banchetto di sette giorni, aperto a tutti. Nel giardino della reggia poteva avere accesso tutto il popolo di Susa, dal più grande al più piccolo. Più che un secondo banchetto sembra il prolungamento e coronamento del primo allo scopo di suscitare un’impressione grandiosa: non solo il re era estremamente ricco, ma munifico verso tutti. Il narratore insiste nel descrivere lo sfarzo (cf. Ester 1,6-7).

26 Vasti, la femminista Vasti, moglie del re si rifiuta di partecipare al banchetto Perde la corona Non vuole essere oggetto del marito Nel giardino paradisiaco della reggia di Assuero, nel cuore della festa, scoppia qualcosa di assolutamente inaudito: Vasti, la splendida regina, si rifiuta di comparire al banchetto del re. Sua maestà l’aveva tenuta come l’ultima grande sorpresa, la meraviglia del settimo giorno! Doveva essere condotta da sette eunuchi con in capo la corona reale: “per mostrare al popolo e ai capi la sua bellezza” (Ester 1,11). Ma la regina disse di no. Stranissima questa regina che si rifiuta di comparire! E soprattutto impudente e temeraria nel contrapporsi alle voglie del re. Una femminista prima del tempo! Vasti è bella e non si piega. Perderà la corona, ma non la sua fierezza! Forse si è stancata della vanità. Si è stancata di fare sfoggio di sé davanti agli occhi estasiati di tanti ammiratori! O forse preferisce il dialogo femminile, il banchetto per sole donne organizzato da lei nella reggia del re. E’ un’infamia, un oltraggio, gridano i sapienti di corte. Si deve immediatamente destituire quell’orgogliosa regina affinché non si estenda il pericolo di una rivoluzione femminista! “Quello che la regina ha fatto si saprà da tutte le donne e le indurrà a disprezzare i propri mariti”, conclude Memucan il più sapiente dei sette consiglieri del re (Ester 1,17). Perciò va ristabilito l’ordine, ovvero il primato dell’uomo sulla donna, del marito sulla moglie, del re sulla regina…

27 Ester, la bella sottomessa
Il re cerca moglie e Ester fu presa Inizialmente il suo ruolo è passivo Fanciulla timida Dai principi si passa ai fatti: alla caccia di belle ragazze per il re! Quella che gli piacerà di più sarà coronata regina. Ed ecco che fra le tante fanciulle “fu presa” anche Ester, la quale, senza rivelare la sua identità ebraica, si preparò come le altre ragazze al fatidico incontro col re. I preparativi alla reggia duravano dodici mesi: sei mesi per profumarsi con olio di mirra e sei mesi con altri cosmetici. La fanciulla passava quindi la notte con il re e al mattino veniva trasferita nell’harem – ormai era sua proprietà!- ma non tornava più dal re a meno che questi la desiderasse e fosse richiamata per nome (Est 2,14). Erano queste le leggi in vigore alla corte di Assuero! Quando arrivò il turno di Ester il re ne fu subito conquistato: l’amò più di tutte e la fece regina al posto di Vasti. Offrì un grande banchetto a concesse un giorno di riposo in tutto l’impero. L’ordine era nuovamente ristabilito! Ester era splendida come Vasti e, diversamente da lei, umile e sottomessa … In effetti, fin qui il ruolo di Ester è assai passivo. A prima vista è soltanto la donna “oggetto” di godimento: “viene presa e piace”. Il suo compito sembra esaurirsi nel far piacere al re. Ma la Bibbia ci riserva una sorpresa: Ester piace ancor più a un altro re, il suo Dio, il quale trasformerà questa timida fanciulla rimasta precocemente sola, in una grande protagonista. Verrà il momento in cui Ester prenderà iniziativa e riuscirà a piegare a favore del suo popolo entrambi i re: il Dio d’Israele e il temibile Assuero.

28 La minaccia di sterminio
Odio per gli ebrei da parte di Aman Odia Mardocheo, zio di Ester Editto di Sterminio Vi è un popolo segregato e anche disseminato fra i popoli di tutte le province del tuo regno, le cui leggi sono diverse da quelle di ogni altro popolo e che non osserva le leggi del re; non conviene quindi che il re lo tolleri. Se così piace al re, si ordini che esso sia distrutto” (Est 3,8-9). Alla corte di Assuero c’è un potente che odia gli ebrei. Si chiama Aman. Egli odia in prima istanza Mardocheo, il giudeo che non si prostra al suo passaggio, l’uomo che non si conforma. E’ intollerabile la sua irriverente diversità. Va eliminato insieme con tutto il suo popolo! Terribilmente ferito nel suo orgoglio, Aman si rivolge al re con queste parole: “Vi è un popolo segregato e anche disseminato fra i popoli di tutte le province del tuo regno, le cui leggi sono diverse da quelle di ogni altro popolo e che non osserva le leggi del re; non conviene quindi che il re lo tolleri. Se così piace al re, si ordini che esso sia distrutto” (Est 3,8-9). E il re acconsente. Il 13 di Nisan viene gettato il “pur” cioè la sorte per determinare il giorno e il mese in cui, in tutto l’impero, si doveva passare allo sterminio dei Giudei. La sorte cadde sul 13 di Adar, ultimo mese dell’anno. Fu allora spedita una lettera nelle 127 province dell’impero con l’ordine indiscusso di sterminare in quel giorno “tutti i Giudei, giovani e vecchi, bambini e donne” (Est 3,13).

29 Ester, la donna che libera il popolo
Rischio: va dal re Prende iniziativa per difendere il popolo Intercede per la liberazione Fu subito costernazione e grande lamento nella cittadella di Susa. Mardocheo si stracciò le vesti, si coprì di sacco e di cenere e attraversò la città alzando amare grida. Giunto alle porta della reggia, Ester gli mandò vesti per cambiarsi, ma lui non le accettò. Raccontò invece la minaccia che sovrastava il popolo e le mandò a dire tramite il custode di presentarsi al re per chiedere grazia. Ma la cosa non era affatto così semplice come a noi oggi potrebbe apparire. Chiunque si presentava al re senza essere stato chiamato veniva messo a morte. Ester confida a Mardocheo che sono già trenta giorni che non viene chiamata per andare dal re (Est 4,11). Tuttavia si facciano preghiere e digiuni e lei rischierà. Comincia qui l’avventura di Ester. Lei, che nella sua vita ha sperimentato quasi soltanto passività e sottomissione, deve ora prendere iniziativa rischiando sulla propria pelle e intercedere per la liberazione del suo popolo. Perché se è stata fatta regina, le ricorda Mardocheo, non è certo senza un disegno divino.

30 Preghiera di Ester: si fida totalmente di Dio
“sono sola e non ho altro soccorso se non te!”. Così, mentre nella cittadella di Susa la comunità ebraica vive l’incubo dello sterminio, Ester si umilia davanti al Signore e gli rivolge la sua fiduciosa preghiera. Una preghiera bellissima che fa totalmente leva sulla fiducia nel Signore, rafforzata dalla sua esperienza di orfana: “sono sola e non ho altro soccorso se non te!”. Poi, come Giuditta, anche Ester passa dalla preghiera all’azione. Si fa bella e prende l’iniziativa di comparire davanti al re. Assomiglia ormai a Vasti, benché il suo gesto sia di segno contrario. Ma a suo modo anche lei è ormai ardita. Senza che il re l’abbia chiamata osa comparire al suo cospetto, un’azione meritevole di morte. L’incontro è raccontato in forma avvincente. Il leone (re) è conquistato dalla disarmante bellezza, la forza che incute paura è soggiogata dalla tenerezza femminile (vedi Est 5,1-1d). Come in una struggente scena d’amore il re balza dal trono prende fra le braccia la sua giovane amata, ancor più bella nel pallore dello svenimento, e la rincuora con parole mai udite prima: “Che c'è, Ester? Io sono tuo fratello; fatti coraggio, tu non devi morire… Alzato lo scettro d'oro, lo posò sul collo di lei, la baciò e le disse: “Parlami!” ” (Est 5,1f-2). Il seguito mostra come la sorte di morte sia capovolta in festa (cc. 6-10). Anzitutto per Ester, sulla quale si posa dolcemente lo schettro del re, e poi per tutto il suo popolo. Il terribile Aman dovrà fare all’odiato Mardocheo ciò che aveva sognato per sé: vestirlo della veste reale, fargli cavalcare il cavallo del re, mettergli sulla testa la corona e precederlo per le vie della città gridando: “Ciò avviene all'uomo che il re vuole onorare” (6,11). E infine finirà impiccato al palo che egli aveva preparato per Mardocheo. Le sorti (purim) si sono capovolte grazie all’intervento di una donna che si è fidata totalmente del Signore e che ha saputo rischiare la sua vita.

31 Ester, come Mosè: contesto di Pasqua
"Mio Signore, nostro re, tu sei l'unico! Vieni in aiuto a me che sono sola e non ho altro soccorso se non te, perché un grande pericolo mi sovrasta. Io ho sentito fin dalla mia nascita, in seno alla mia famiglia, che tu, Signore, hai scelto Israele da tutte le nazioni e i nostri padri da tutti i loro antenati come tua eterna eredità, e hai fatto loro secondo quanto avevi promesso. Ora abbiamo peccato contro di te e ci hai messi nelle mani dei nostri nemici, per aver noi dato gloria ai loro dei. Tu sei giusto, Signore! … Vi è un altro aspetto da rilevare: il collegamento simbolico tra le feste di Pasqua e di Purim, tra le figure di Mosè e di Ester. Nel mese di Nisan gli ebrei celebrano la pasqua, la grande memoria della liberazione dall’Egitto. Ora, è proprio in quel mese che a Susa viene decretato lo sterminio del popolo. L’autore sacro precisa che l’editto dello sterminio fu redatto dai segretari del re proprio il 13 di Nisan, il giorno in cui – al tramonto – si immolava l’agnello pasquale. Paradossalmente, la fine d’Israele è decretata il giorno in cui esso celebrava la memoria della sua liberazione, la festa di pasqua! In quel contesto “pasquale” la figura di Ester appare simile a quella di Mosè: è colei che Dio ha scelto per ribaltare le sorti (purim), per capovolgere le situazioni. Ora le sorti erano cadute sul 13 di Adar, l’ultimo mese del calendario ebraico. In “quel giorno” si sarebbero dovuti sterminare tutti i giudei, dal più grande al più piccolo. E invece in quel giorno furono sterminati i nemici dei giudei, come avvenne per il Faraone e il suo esercito sulle rive del Mar Rosso. In tal senso gli Ebrei celebrano ancor oggi la festa di Purim, cioè il capovolgimento delle sorti che Dio ha operato grazie all’intervento di Ester.

32 Ester, come Mosè Non consegnare, Signore, il tuo scettro a dei che neppure esistono. Non abbiano a ridere della nostra caduta; ma volgi contro di loro questi loro progetti e colpisci con un castigo esemplare il primo dei nostri persecutori. Ricordati, Signore; manifestati nel giorno della nostra afflizione e a me dà coraggio, o re degli dei e signore di ogni autorità. Metti nella mia bocca una parola ben misurata di fronte al leone e volgi il suo cuore all'odio contro colui che ci combatte, allo sterminio di lui e di coloro che sono d'accordo con lui. Quanto a noi, salvaci con la tua mano e vieni in mio aiuto, perché sono sola e non ho altri che te, Signore! (Est 4,17l-t)


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