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Abbigliamento spaziale Come è fatta la tuta di un astronauta

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Presentazione sul tema: "Abbigliamento spaziale Come è fatta la tuta di un astronauta"— Transcript della presentazione:

1 Abbigliamento spaziale Come è fatta la tuta di un astronauta

2 La tuta per l’astronauta è il capo di abbigliamento che gli consente di isolarsi dall’ambiente esterno, che potrebbe rivelarsi molto dannoso. Le prime tute non erano ovviamente sofisticate e tecnologiche come quelle attuali. Erano simili a quelle utilizzate dai piloti di aerei che volano in alta quota e a quelle di coloro che fanno immersioni in profondità. Erano quindi pressurizzate, leggere, dotate di maschere per l’ossigeno e respiratore.

3 La competizione tra Russia e Stati Uniti ha rappresentato un elemento di crescita costante della tecnologia alla base della composizione delle tute spaziali, anche se i modelli adottati sono alquanto diversi. Il modello americano è formato da quattro elementi: pantaloni, giacca, casco e guanti; il modello russo è costituito da un unico elemento semirigido, dotato da un’apertura attraverso la quale si introduce l’astronauta, che deve essere chiusa da una seconda persona. Anche la pressurizzazione interna è diversa: 0,30 bar per la tuta statunitense, 0,56 bar per quella sovietica.

4 La tuta deve necessariamente essere dotata della tecnologia più sofisticata per garantire la sopravvivenza e i minori danni possibili a chi la indossa. Soprattutto deve proteggere dalle pericolose radiazioni cosmiche e dalle forti oscillazioni termiche. Le radiazioni più pericolose sono rappresentate dai raggi infrarossi ed ultravioletti che nello spazio non sono schermati dall’atmosfera; la temperatura può scendere a – 100 °C nelle zone in ombra e salire a °C al sole.

5 La tuta, deve essere pressurizzata internamente, per proteggere dall'assenza di pressione all'esterno. Le tute attuali garantiscono una pressione che è pari ad un terzo della pressione interna di una navicella spaziale o di una stazione orbitante. Una pressione uguale comporterebbe una eccessiva rigidità dell'indumento con conseguente riduzione delle possibilità di movimento.

6 Prima di ogni uscita dall'abitacolo, gli astronauti devono passare un periodo di adattamento in un compartimento a tenuta stagna per equilibrare la pressione prima e dopo ogni attività compiuta all’esterno del veicolo. Questo per evitare le conseguenze da decompressione. Inoltre, nel frattempo, devono respirare ossigeno per eliminare l’azoto presente nel corpo. Prima di ogni uscita dall'abitacolo, gli astronauti devono passare un periodo di adattamento in un compartimento a tenuta stagna per equilibrare la pressione prima e dopo ogni attività compiuta all’esterno del veicolo. Questo per evitare le conseguenze da decompressione. Inoltre, nel frattempo, devono respirare ossigeno per eliminare l’azoto presente nel corpo. Indossata la tuta, l’astronauta respira ossigeno puro, per evitare problemi di embolia causati dalla presenza di azoto.

7 Una tuta spaziale viene realizzata con un tessuto che in realtà è formato da undici o dodici strati. Ogni strato presenta particolari caratteristiche.

8 Partendo dallo strato più interno:
Primo e secondo strato Copertura a raffreddamento liquido e ventilazione. Sono chiamati anche Liquid Cooling and Ventilation Garment o LCVG e servono per la regolazione termica del corpo. Sono formati da una specie di calzamaglia, in tessuto di Nylon e Spandex, che deve stare a contatto con la pelle. Si tratta di un tessuto costituito da un intreccio di tubicini di plastica per una lunghezza complessiva di circa 85 metri. All’interno di questi tubicini circola acqua fredda per eliminare il calore in eccesso. L’acqua arriva dal back pack dell’astronauta o dallo spacecraft attraverso un cordone ombelicale. Associato al primo strato c’è un tubo per recuperare l’aria proveniente dal processo di espirazione, aria che contiene anidride carbonica che deve essere eliminata.

9 Terzo strato È realizzato in Nylon e serve per garantire una buona traspirazione ed è rivestito con gomma sintetica per mantenere la tenuta stagna. Quarto strato È realizzato in poliestere e contribuisce a mantenere stabile la pressione. Fa sì che la tuta non si gonfi eccessivamente diventando un intralcio per i movimenti.

10 Quinto strato Protegge dal calore, dalle abrasioni e da eventuali perforazioni provocate dall’incontro con micro meteoriti. La funzione termica, antistrappo e antiradiazioni viene svolta da uno strato di mylar rivestito di alluminio. Sesto- decimo strato Sono strati che rappresentano una spessa barriera contro l’eccessivo calore.

11 Undicesimo strato È costituito da una o da due coperture in Goretex ed è chiamato anche TMG. Serve per proteggere dall’impatto con micro meteoriti.

12 La tuta è formata da diversi pezzi ed è corredata da numerosi strumenti ed accessori.
Il peso delle tute realizzate per le passeggiate sul suolo lunare pesavano intorno ai 100 chilogrammi. Quelle per lo Shuttle superano i 130 chilogrammi. Ogni tuta ha un costo che va dai euro a euro, oltre due milioni di dollari. In passato ogni tuta era realizzata su misura per ogni astronauta, oggi per l’aumento dei costi e la complessità dei materiali, le taglie sono state uniformate. Per questo motivo, l’altezza dell’astronauta deve essere compresa tra 167 e 187 centimetri.

13 La tuta è composta da due sezioni, una superiore e una inferiore.
La sezione superiore si compone da casco, busto e guanti.

14 Il casco è realizzato in policarbonato rigido
Il casco è realizzato in policarbonato rigido. Resiste agli impatti, al calore e garantisce una perfetta trasparenza. Per questo è rivestito all’interno da un liquido antiappannamento. È applicata una visiera mobile, costituita da due pannelli laterali e uno frontale, che si possono regolare tramite una coppia di manopole. La visiera è laminata con un sottile strato d’oro che protegge la vista dalla luce diretta del Sole e dal riverbero luminoso. È attaccato all’impianto dorsale mediante un anello di collegamento. Ha dei cuscinetti posteriori per il comfort e una valvola di scarico per eliminare l’anidride carbonica e se necessario usare la riserva di ossigeno. Prima delle passeggiate spaziali l’interno viene trattato con una miscela anti nebbia.

15 Il busto o impianto dorsale, chiamato anche HUT, Hard upper Torso, è una conchiglia in fibra di vetro a cui sono collegati tutti gli altri componenti. Fa da supporto a braccia, schiena, casco, backpak e modulo di controllo. È collegato al casco all’estremità superiore, ai guanti a livello dell’avambraccio e alle gambe a livello della vita. Le unità braccia tengono spalle, braccio e gomito e devono consentire facilità di movimento in tutte le direzioni. Sono di varie misure per poter essere adattate a persone diverse.

16 I guanti rappresentano un indumento molto importante per l’astronauta
I guanti rappresentano un indumento molto importante per l’astronauta. Sono meno spessi della tuta e anche abbastanza comodi. All’esterno sono formati da uno strato di gomma che permette una buona presa degli oggetti e da alcuni ganci per appendere eventuali utensili. L’estremità delle dita sono dotate di un dispositivo di riscaldamento che viene azionato da un interruttore posizionato sul polso. Poiché sono realizzati da un tessuto di poco spessore e molto utilizzati, sono sottoposti ad un grande logorio che può causare strappi o tagli, molto pericolosi per la perdita di pressurizzazione della tuta. Sono attaccati alle braccia attraverso degli anelli. All’interno per un maggiore confort indossano guanti più fini all’interno di questi guanti.

17 La sezione inferiore si compone da una singola unità, l’LTA.
L’LTA o Lower Torso Assembly comprende: Le gambe, ciascuna con una fascia colorata fissata con il velcro, che serve per riconoscere l’astronauta. Le articolazioni mobili di ginocchia e caviglie. Gli stivali, disponibili in due taglie e basso ventre. Un moschettone metallico consente il suo posizionamento. L’LTA collega tutti i componenti in modo da non farli fluttuare nello spazio.

18 Numerosi sono gli accessori.
Un contenitore per l’acqua potabile, l’IDB o In-suit Drink Bag, che si trova all’altezza del petto nell’HUT; ed è dotato di un tubicino per permettere all’astronauta di bere. Può contenere uno o due litri di acqua. A volte sono fornite anche delle barrette energetiche. Un pannolone, MAG o Maximum Absorption Garment, per la raccolta delle urine che vengono prodotte nelle sette-otto ore di lavoro all’esterno del veicolo spaziale. Al termine della missione viene abbandonato nello spazio.

19 La strumentazione elettrica EMU, o Electical Harness EEH, costituita da un set di fili di comunicazione e bio strumenti indossati dentro la tuta. Collega la radio e i bio strumenti nel back pack. Serve per comunicare e per controllare i segnali vitali dell’astronauta come la respirazione, il battito cardiaco, la temperatura corporea.

20 Alcune luci, posizionate dietro e lateralmente al casco, permettono una buona visibilità anche nelle zone buie e sono alimentate con batterie. L’impianto di comunicazione, CCA o Communications Carrier Assembly consiste in auricolari e microfoni incorporati in una cuffia in tessuto e consente l’utilizzo della radio. I due circuiti di alimentazione sono separati per garantire il funzionamento anche in caso di un guasto i uno di essi.

21 Sul casco si trova anche una telecamera che l’astronauta può attivare mediante un interruttore. È collegata con la base di controllo a Terra e con la navicella. Trasmette tutte le attività e le manovre dell’operatore. Il modulo di indicazione e controllo, DCM o Dislpay and Control Module, è un dispositivo che si trova sul davanti all’altezza dell’addome. È molto importante perché dotato i un complesso sistema di indicatori e spie che servono per il monitoraggio del corretto funzionamento della tuta. Un piccolo specchio montato sul polso permette all’astronauta di intervenire sul controllo e regolazione di molte impostazioni. È composto da un regolatore della temperatura, un kit elettrocardiografico, un dosimetro per misurare l’intensità delle radiazioni cosmiche, un dispositivo per controllare la quantità di ossigeno presente nella tuta.

22 Un sottosistema primario di supporto vitale, PLSS o Primari Life Support Subsistem, indossato dall’astronauta come uno zaino, contiene i serbatoi di ossigeno, i filtri dell’anidride carbonica, l’acqua per il raffreddamento, la radio, le sorgenti di energia elettrica, le ventole di raffreddamento e i sistemi di allarme, un’antenna per le comunicazioni con la navicella ola stazione spaziale. Un sistema per la rigenerazione dell’aria espirata, elimina le polveri e l’anidride carbonica emessa dall’astronauta,l’ossigeno non consumato viene reintrodotto sul retro del capo. Collegato al PLSS c’è il sistema di ossigeno di emergenza, SOP o Secondary Oxigen Pack.

23 Le tute della NASA possono essere agganciate al MMU,una poltrona a razzo che permette di muoversi liberamente nello spazio Nelle prime missioni extraveicolari, gli astronauti erano legati al veicolo per mezzo di un “cordone ombelicale” che forniva l’ossigeno ed impediva l’eventuale allontanamento nello spazio. In seguito questo dispositivo è stato sostituito da un sottile cavo di sicurezza. L’MMU è stato utilizzato per la prima volta nel 1984 per la decima missione dello Shuttle. È dotato di due bracci regolabili che hanno alle estremità dei sistemi di controllo per manovrarlo. Da 24 propulsori escono getti di azoto che possono imprimergli una velocità di 70 chilometri orari. Il suo peso è di circa 140 chilogrammi.

24 Qualità si una tuta Le tute sono progettate per essere in grado di riprodurre un ambiente il più possibile simile a quello terrestre all’interno della tuta e consentire inoltre di camminare nello spazio con una certa sicurezza. Devono fornire una pressione dell’aria sufficiente a mantenere i fluidi interni corporei allo stato liquido e impedire la loro ebollizione a causa delle elevate temperature.

25 Devono fornire ossigeno puro per la respirazione
Devono fornire ossigeno puro per la respirazione. Non è possibile usare un’aria “normale” composta dal 78% di azoto, 21% di ossigeno e 1% di altri gas perché come conseguenza delle basse pressioni si potrebbe verificare una bassa concentrazione di ossigeno nelle arterie e nelle vene. L’eccesso di anidride carbonica deve essere eliminato dall’atmosfera interna della tuta spaziale. L’anidride carbonica potrebbe altrimenti raggiungere concentrazioni letali. Viene rimossa utilizzando il litio-idrossido.

26 Quasi tutte le tute sono isolate con strati di Neoprene, Gore –Tex e Dacron per sopravvivere alle temperature estreme e sono coperte da strati riflettenti per riflettere la luce del Sole Più strati di tessuto in Dacron o Kevlar proteggono dalla collisione con micro meteoriti.

27 Strati riflettenti in Mylar proteggono in parte dalle radiazioni
Strati riflettenti in Mylar proteggono in parte dalle radiazioni. Per questo motivo le uscite dal veicolo vengono programmate in periodi di bassa attività solare. Per una visione sempre pulita, il casco è fatto in plastica o in policarbonato e dispone di coperture che riflettono la luce del Sole nonché visori oscuranti per ridurre i riflessi. Inoltre, prima i una camminata all’esterno, la parte interna del casco viene trattata con uno spray anti nebbia.

28 Senza tuta l’astronauta soffrirebbe di:
perdita di conoscenza entro 15 secondi per la mancanza di ossigeno; ebollizione del sangue e degli altri liquidi interni e successivo congelamento per la mancanza di pressione; dilatazione dei tessuti epidermici, cardiovascolari di altri organi interni; esposizione a diversi tipi di radiazioni come raggi cosmici, particelle atomiche cariche elettricamente emesse dal Sole; sbalzi estremi di temperatura: 120 gradi al sole, all’ombra; - urti contro micro meteoriti cioè minuscole particelle di polvere e roccia in movimento ad altissima velocità;

29 Ma lo spazio rimane un luogo estremamente ostile.
La tuta spaziale deve essere in grado di dare all’uomo la capacità di svelare i più grandi misteri dello spazio. Ma lo spazio rimane un luogo estremamente ostile.

30 AUTORI Cristian, Noemi, classe prima media Alessandro, Stella, Riccardo, Samira, classe seconda media di Piancavallo

31 BIBLIOGRAFIA


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